Capitolo 1 - Scienze e Tecniche Psicologiche

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Cap. 1 Introduzione allo studio della criminologia
1. Premesse
La criminalità non è altro che uno dei tanti modi di agire e di comportarsi nella società.
E’, dunque, fondamentale studiare le dinamiche psicologiche e delle interrelazioni fra
individui che sono alla base del comportamento umano.
2. Le scienze criminali
Scienze Criminali: studiano i fenomeni delittuosi.
Diritto penale: che studia, analizza e approfondisce il complesso delle norme
giuridiche
le quali divengono in forza di legge, regole di condotta, è in stretta relazione con la
criminologia. Il delitto, che è il campo di interesse della criminologia viene definito
dal
diritto penale.
Altre discipline: che si occupano di fatti delittuosi sono: la storia, la filosofia e la
sociologia del diritto.
Le Scienze Criminali comprendono anche:
o Diritto penitenziario: che ha come oggetto di studio l’insieme delle disposizioni
legislative
e regolamentari che disciplinano la fase esecutiva del procedimento giudiziario penale.
Attualmente questa branca del diritto comprende anche l’aspetto risocializzativo e le
misure penali in libertà e le alternative al carcere
o Psicologia giudiziaria: che studia gli attori, la persona umana quale attore (testimone,
imputato, vittima etc…. ossia, le persone umane e le interrelazioni psicologiche di
coloro
che partecipano alle indagini e al processo).
o Politica penale o criminale: configura molteplici filoni di pensiero e studia ed elabora
gli
strumenti necessari per combattere la criminalità
La criminalistica, non va confusa con le scienze criminali e con la criminologia. Essa
si occupa delle molteplici tecnologie che vengono utilizzate per l’investigazione
criminale
3. Precisazioni terminologiche
Per ciò che attiene ai fatti delittuosi bisogna precisare che:
o Reato: ha un significato meno stigmatizzante ed implica reazioni emotive meno forti
della
parola:
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o Delitto:
o Crimine: Atti particolarmente efferati accompagnati da una intesa reazione sociale di
sdegno e colpevolizzazione dell’autore.
o Atto illegale o illegalità o illeciti penali: hanno un significato meno stigmatizzante
e sono più neutri.
o Comportamento disonesto: ancor minore reazione di censura
La criminologia si occupa anche della reazione sociale al delitto.
Per quanto attiene all’uso giuridico dei termini:
o Reati: tutte le azioni penalmente perseguibili
o Delitti:
o Contravvenzioni:
Vi sono differenze di termini a seconda delle lingue e paesi di origine. Ad esempio
assasinat termine giuridicoche da noi non esiste, in Francia indica l’omicidio
premeditato.
Per quanto riguarda i termini relativi all’attore del crimine:
o Reo, delinquente, condannato: quando è stata pronunciata sentenza irrevocabile
o Indiziato, indagato,imputato, appellante, ricorrente: a seconda delle fasi del
processo.
Il criminologo deve tendere, per quanto possibile, a spogliare le parole delinquente,
criminale
etc. da implicazioni emotive e da giudizi etici.
Si effettuano differenziazioni a seconda della gerarchia dei valori violati (criminale è lo
stupratore e non chi ha commesso un illecito finanziario).
In criminologia non si deve generalizzare è inoltre opportuno utilizzare espressioni
possibilistiche.
4. Oggetto e specificità della criminologia
La criminologia si differenzia dalle altre scienze criminali per:
o Ampiezza del campo d’indagine
o studio dei fatti criminosi
o studio degli autori del delitto
o diversi tipi di reazione sociale
o conseguenze esercitate dal crimine sulle vittime
o studia il fenomeno della devianza.
o Scienza multidisciplinare: richiede competenze molteplici e deve saper
integrare in una visione sintetica, conoscenze, approcci etc…
o Scienza interdisciplinare: necessita di un dialogo con le altre scienze.
Una scienza dell’uomo: studia il comportamento umano.
5. La criminologia quale scienza
La criminologia è una scienza. Per parlare di scienza bisogna che vi siano determinate
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caratteristiche:
o Sistematicità: l’insieme delle conoscenze acquisite in determinati ambienti del
sapere
integrate in un complesso strutturato e armonico.
o Controllabilità:
o Capacità teoretica
o Capacità cumulativa: costruire teorie in derivazione l’una dall’altra.
o Capacità predittiva: con i limiti delle scienze umane.
La criminologia è ritenuta da molti una scienza empirica. Però vi sono delle eccezioni.
Il carattere avalutativo e neutrale è stato fortemente ridimensionato. E’ una scienza
descrittiva e ha il carattere di scienza eziologia nel senso che ricerca le cause dei
fenomeni
da lei osservati.
Bobbio ha distinto:
o Scienze di fatto: scienze empiriche
o Scienze di valore: scienze speculative
o La criminologia ha inoltre la caratteristica di scienza applicativa
6. Relativa neutralità della criminologia.
Popper definisce scientifiche le teorie che sono falsificabili. Non vi è una verità
assoluta,
ma piuttosto un succedersi di verità. La criminologia non può essere solo scienza
empirica,
ma è anche scienza etico-normativa.
7. Multicausalità e teorie criminologiche
Bisogna sottolineare il carattere relativo delle verità enunciate dalla criminologia, dato
che le teorie criminologiche non possono avere la certezza delle scienze esatte, dati gli
innumerevoli fattori che concorrono nel comportamento umano..
Vi sono teorie unicausali e teorie multicausali. La bontà di una teoria si misura nella sua
Utilità, se si presta cioè a essere impiegata per accrescere le conoscenze.
8. Il concetto di causa in criminologia
Abitualmente si designa come causa di un fatto un antecedente necessario e sufficiente
al suo accadimento. Ciò che si indica come causa deve costituire una condizione
sufficiente,
si deve, cioè, individuare tra gli infiniti antecedenti necessari quello che ha provocato
l’effetto: si cercherà la causa efficiente. La causalità pragmatica implica il fatto
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di poter concentrare il proprio interesse su un aspetto in particolare per poterlo
modificare.
La causalità lineare implica il derivare un effetto direttamente dalla causa,(dalla causa
A deriva l’effetto B) ma oggi, questo genere di causalità è stata superata e soppiantata
da una causalità circolare (teoria dei sistemi che considera il tutto, più della somma
delle sue parti e considera
l’interazione e l’influenza degli altri)
Il criminologo dovrà astenersi dal formulare giudizi, poiché questo compete solo al
giudice.
9. Il campo delle indagini criminologiche
Il delitto è un fatto sociale e non naturale. I criteri di pericolosità, crimini dei diritti
umani, delitti politici o terrorismo e gravità non possono essere parametri atti a definire
la competenza della criminologia. Il parametro per delimitare i confini del campo degli
interessi della criminologia può essere solo quello della legge. La definizione di un
fatto quale reato, può essere stabilito solo dalla legge.
La prospettiva giusnaturalistica prevede l’esistenza di leggi immutabili
La prospettiva antropologica prevede, al contrario, che le leggi mutano in
continuazione.
Non esiste il diritto naturale, perché altrimenti, sarebbe patrimonio ereditario presente
nel nostro DNA.
Il delitto è fatto sociale, e non fatto naturale; l’idea del delitto naturale è inaccettabile.
Anche la gravità non è un elemento valido per stabilire il campo di indagine della
criminologia. Anche i delitti politici dovrebbero essere esclusi dall’ambito della
criminologia.
Il parametro per delimitare i confini del campo degli interessi della criminologia può
essere solo quello della legge. Ciò nonostante la criminologia non si trova in una
posizione
passiva e subordinata nei confronti della legge.
10. Relatività storica del concetto di delitto
Il concetto di delitto è relativo, poiché la norma penale dipende dai valori e interessi
prevalenti in una determinata società. In larghi lassi di tempo sono stati puniti reati che
poi, in seguito, non sono più stati ritenuti tali(stregoneria etc…). Nella stessa epoca,
poi,
in Paesi diversi, vi sono concezioni difformi circa alcuni reati. Le leggi penali sono da
intendersi come uno dei numerosi sistemi di controllo sociale. Anche la definizione di
reato è mutevole, cioè non è assoluta.
Ogni condotta dell’uomo è suggerita, prevista e regolamentata da una miriade di
norme.
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La legge penale esercita un controllo. C’è inoltre, un controllo esercitato in modo
informale
dai gruppi sociali (derisione, emarginazione etc).
11. Strumenti di controllo sociale
Nessun sistema sociale può sussistere senza regole. Fondamentali sono le agenzie di
riduzione dell’ansietà (comunità, aggregazioni spontanee, partiti, organizzazioni
sportive etc…). Il loro venir meno si riflette in un aumento di ansia sociale. Tra i
sistemi di controllo sociale vanno distinti:
• Sistemi di controllo istituzionalizzati (o sistemi di controllo formale): esercitato
da organi pubblici: leggi codici etc…
• Sistemi di controllo informale: famiglia, scuola, Chiesa, sindacato, servizi sociali…
• Controllo di gruppo: si esercita da persona a persona con approvazione, derisione,
emarginazione etc.
I sistemi di controllo formali e informali sono efficienti quando vi è stabilità sociale,
quando il sistema culturale è completamente accettato e condiviso.
12. Cultura, legge e potere
Cultura: insieme di contenuti di valori, delle ideologie, delle conoscenze, dei costumi,
della morale e delle credenze caratteristici di ogni società. La definizione del bene e del
male si realizza nel contesto della società, in una data società esiste un insieme
complesso e articolatissimo di valori, taluni dei quali si concretizzano in leggi. Uno dei
fini delle leggi è quindi quello di assicurare la continua coerenza e funzionalità fra la
struttura della società e il tipo della cultura. In ogni società coesistono conflitti e
coesioni.
La piena corrispondenza culturale tra valori culturali di generale accettazione e valori
culturali dei gruppi più potenti, si ha solo nei periodi storici caratterizzati da stabilità
sociale. In società come la nostra, dove vi sono gruppi diversi e in contrasto questo non
accade.
I gruppi di potere non si identificano immutabilmente con una classe o una casta,
perché si osserva nell’evoluzione storica il susseguirsi e il subentrare di gruppi sempre
diversi, in una prospettiva dinamica.
13. Metodi e fonti della ricerca empirica in criminologia
La criminologia è una scienza empirica (cioè fondata sull’osservazione della realtà),
anche se ha anche componenti di scienza speculativa. Non vi è un esclusivo metodo di
ricerca per studiare i fenomeni delittuosi. Ci si avvale di:
• Statistiche di massa: per esaminare l’estensione dei fenomeni e le caratteristiche
più generali dei fatti criminosi (frequenza, diffusione….).
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• Osservazione individuale: per studiare caratteristiche psicologiche, tipica della
criminologia clinica. L’investigazione individuale, può ad esempio estendersi a più
soggetti
aventi la medesima caratteristica delittuosa es serial killer.
• Ricerche su gruppi campione: viene svolta su un numero di soggetti che diventa
“rappresentativo” dell’intera popolazione.
• Indagini sul campo: il ricercatore si inserisce materialmente nell’ambiente
• Ricerche settoriali: senza che il ricercatore si inserisca. Ad es. nel carcere…
Questi tipi di indagine vengono svolte con:
• Interviste dirette;
• Questionari
• Ricerche operative: controllano gli effetti degli interventi. Si tratta di indagini
catamnestiche: che analizzano i risultati a distanza di tempo.
• Studi predittivi
• Ricerche storiche
14. Il “numero oscuro”
Il numero dei delitti che vengono consumati è in genere superiore a quello che emerge
alla superficie,al punto di essere paragonato a un iceberg: la parte sommersa è
maggiore di quella che emerge. A ciò fanno riferimento gli studi sul numero oscuro.
L’indice di
occultamento (rapporto tra i reati noti e quelli effettivamente commessi) varia a
seconda dei reati:
Al numero oscuro, si aggiunge anche quello della mancata identificazione dell’autore
del crimine. La causa dell’elevato indice del numero oscuro è riscontrarsi:
• Impossibilità di identificare tutti i reati a causa dell’elevato numero e
delle scarse strutture di indagine;
• Atteggiamento della vittima e qualità del reato: non tutti i reati vengono
denunciati
dalle vittime (es. rapimenti, stupro, spaccio, racket).
• Atteggiamento degli organi istituzionali: le iniziative di indagine, a volte vengono
orientate in modo selettivo verso certi settori di delittuosità piuttosto che verso altri
(es. delittuosità dei colletti bianchi è stata a lungo tollerata).
• Qualità dell’autore del reato: si è più benevoli nei confronti degli anziani, ragazzi di
buona
famiglia, donne: è più facile che non venga denunciato un reato commesso da un
ragazzo di buona famiglia perché intervengono pressioni e risarcimenti, cosa che non
avviene per uno sbandato o un tossicomane; così come si è più benevoli verso un
pensionato.
Per ovviare al problema del numero oscuro, si ricorre ad indagini confidenziali, in cui si
chiedono informazioni con l’impegno dell’anonimato.
15. Statistiche di massa
Le statistiche di massa vengono utilizzate per fornire indicazioni circa l’entità della
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criminalità e la diffusione geografica. Di particolare interesse sono le correlazioni
statistiche che possono essere positive (aumento immigrazione+aumento criminalità),
negative e indifferenti. Si deve affermare che il fatto che due fenomeni si modifichino
con andamento parallelo, non sempre indica che l’uno sia causato dall’altro. Vi sono,
inoltre, numerosi fattori di errore (es. variabili non considerate o nascoste).
16. Inchieste su gruppi campione
Le indagini campionarie sono quelle che consentono di ricercare talune caratteristiche
su di un gruppo ristretto di persone, scelte però in modo tale da rappresentare la
totalità della popolazione (es. verifica utilità di un trattamento di risocializzazione.)
17. Le osservazioni individuali
Con questo metodo si studiano i singoli criminali o piccoli gruppi. L’indagine può essere
rivolta a fattori ereditari, psicologici, psicosociali etc. Talune indagini possono assumere
la forma di storie di vita, descrivendo minuziosamente tipi emblematici di carriere
criminali
18. Questionari e interviste
• Questionari: sono interviste strutturate scritte
• Intervista libera: colloquio (risente del grado di sincerità dell’intervistato).
• Inchieste confidenziali: es. tra le vittime che non hanno denunciato il loro carnefice.
Grazie a queste inchieste è stato possibile restringere il numero oscuro.
Cap. 2 Lo sviluppo storico del pensiero criminologico
19. Ideologia e criminologia
La criminologia nasce come scienza solo a partire dal XIX° sec. Quando per la
prima volta viene affrontato in modo empirico e sistematico lo studio degli eventi
delittuosi.
Triplice prospettiva:
- Esplicativa: perché si delinque
- Finalistica: a qual fine punire?
- Operativa: come punire?
La norma rappresenta il normale parametro regolatore della condotta degli uomini.
Prima del XVIII° sec. In ogni delitto era implicito anche un contenuto di infrazione
morale e nel passato più remoto i due concetti coincidevano. Poiché la morale etica
coincideva con quella religiosa, il delitto era identificato con il peccato. Solo col XVIII°
sec alla morale religiosa fu affiancata quella laica.
• Nell’ottica della prospettiva Esplicativa il quesito era: perché si pecca?
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• Nella prospettiva Operativa nei tempi passati era prevalente la pena capitale.
La limitazione della pena capitale avvenne con il Beccarla nel XIX° sec. Nelle epoche
più remote vennero usate pene corporali: fustigazione, lapidazione etc.Si dovrà arrivare
ai tempi nostri per individuare come pena, la detenzione e la mancanza di libertà.
• Per quel che concerne la prospettiva Finalistica bisogna premettere che il principio
sanzionatorio è irrinunciabile in qualsiasi società. Anticamente vigeva la legge del
taglione
(occhio x occhio), altra finalità fu quella della vendetta.
Solo più tardi l’autorità ha avocato a sé l’amministrazione della giustizia. La finalità
intimidativa costituiva nel passato l’unica modalità di prevenzione che veniva messa in
atto,
di solito, con la pubblicità della punizione da eseguirsi sulle pubbliche piazze. In quei
tempi
una delle finalità della punizione era anche la riconciliazione con Dio. In tutto ciò si può
ravvisare un’anticipazione delle nostre attuali finalità della pena: risocializzazione.
20. L’illuminismo e l’ideologia penale liberale
Il pensiero penalistico moderno nasce con l’Illuminismo. L’esercizio della giustizia era
arbitrario. E vari aspetti quali, l’impossibilità di difendersi, i privilegi di casta etc.
erano aspetti di un dispotismo arbitrario che si ancorava a una ideologia assolutistica
che mirava a mantenere inalterati i privilegi delle classi potenti, contro la volontà di
mutamento delle altre classi in ascesa. Il delinquente era percepito alla stregua di
un malvagio attentatore dell’autorità del sovrano. A questa situazione reagì il nuovo
indirizzo di pensiero dell’illuminismo che voleva liberare l’uomo dal mito e
dall’ignoranza proponendo tramite lo strumento della ragione, valori quali: libertà e
uguaglianza. Il principio di uguaglianza degli uomini di fronte alla legge, risale a
Voltaire e Montesquieu. Durante questo periodo, si affermò la borghesia che si
sostituì alla nobiltà e al clero. La necessità di una nuova struttura giuridiconormativa
trovò in Cesare Beccarla un valido sostenitore e la sua opera “Dei delitti
e delle pene” pubblicata anonima nel 1764 per paura della censura, rappresentò il più
valido contributo all’esposizione della nuova concezione liberale del diritto penale:
• La funzione della pena è quella di rispondere alle esigenze di una determinata
società anziché a principi morali (separando morale religiosa ed etica pubblica).
• Il diritto deve garantire la difesa dell’imputato
• I privilegi di casta devono essere aboliti e deve essere garantita a tutti uguaglianza di
trattamento penale.
• La pena deve avere un significato retributivo anziché vendicativo
• Devono essere esclusi i supplizi e le pene corporali.
• La pena deve colpire il delinquente unicamente nella misura del reato commesso.
• Il delinquente non deve essere più percepito come peccatore ,ma come individuo
dotato di
libero arbitrio.
21. La scuola Classica
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Le esigenze di un vero adeguamento del diritto penale ai principi liberali dell’illuminismo
avvennero dopo la rivoluzione francese con una prima attuazione del codice
napoleonico (1804). In Italia i nuovi principi si articolarono nel XIX sec con la scuola
Classica del diritto
penale che per quasi un secolo caratterizzò il pensiero penalistico di tutta Europa. Tale
scuola muoveva dal postulato del libero arbitrio e poneva a fondamento del diritto
penale la responsabilità morale del soggetto.
Questa scuola si incentrava su tre fondamentali principi:
1) La volontà colpevole: poiché il colpevole viene percepito come persona libera di
scegliere
2) L’imputabilita: capacità di intendere e di volere
3) Retribuzione della pena: che doveva essere: affittiva, proporzionata, determinata
e inderogabile. La pena era priva di finalità risocializzative.
Il marxismo, considero la scuola Classica la tipica espressione del capitalismo
ottocentesco.
Alla scuola Classica va comunque il merito di aver posto le basi di un sistema
normativo in difesa del cittadino e delle libertà personali, basti pensare ai suoi principi
di: legalità (nessuna azione può essere punita se non esplicitamente prevista dalla
legge come reato), non punibilità per analogia con altri reati, principio
garantistico(diritto di difesa e presunzione di innocenza), principio di certezza del diritto
(nessuna discrezionalità nell’irrogazione delle pene).
.
22. Le classi pericolose e il filantropismo
Crimine associato alla povertà. Si affermò il concetto di classi pericolose: attribuendo
agli abitanti delle zone più misere, un’innata mancanza di senso morale. Alla povertà
era associata una valenza negativa, talché i self made man” erano, invece, stimati.
Dovette passare quasi un secolo per raggiungere la convinzione che i reati quali furti,
rapine etc. erano sì prevalenti nelle classi povere, ma perché i reati dei “colletti bianchi”
come le frodi, illeciti finanziari etc. sono a lungo rimasti impuniti. Fu infatti Sutherland
che nel 1934 identificò i “delitti dei colletti bianchi” per indicare che anche gli
imprenditori compivano reati, ma che questi non venivano perseguiti e dunque non
figuravano nelle statistiche. A fianco di tale colpevolizzazione delle classi povere, sorse
un
filone ideologico cristiano e filantropico, che aveva fini assistenziali umanitari(esercito
della
salvezza etc.). Con la probation, con la quale si mirava a redimere il reo con
alternative
al carcere, si cercò di percepire il reo non come delinquente ma come persona
bisognosa di
aiuto.
All’indirizzo incentrato sul concetto di classi pericolose va il merito, comunque, di aver
dato
l’avvio alle ricerche sul campo e di aver sottolineato la connessione tra depressione
socio-ambientale e condotta criminale.
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23. Primi studi statistici e sociologici, e il determinismo sociale
Nel XIX° sec la concezione della scuola Classica quale astratta entità di diritto, fu
superata con l’utilizzo dei primi studi statistici impiegati per l’approccio scientifico
ai fatti criminosi. Prescindendo dalla questione delle classi pericolose, questi studi
chiamarono in causa l’ambiente sociale in cui l’individuo agisce, mentre in precedenza
il reato era percepito quale azione mavagia di un individuo astratto dal suo contesto.
A.j. Quételet e A.M. Guerry utlizzarono per primi i dati statistici. Fu per la prima
volta studiata l’incidenza dei reati in relazione all’età, il sesso, la razza etc. Tutto ciò
aprì la strada alla Comprensione del delitto quale fatto sociale. Con tali studi, si
apriva la strada ad un certo grado di prevedibilità e ad una percezione del crimine di
tipo deterministico.
Durkeim: fatto sociale
Tarde: si occupò di “archeologia criminale” sottolineando l’aumento del crimine nel
corso del XIX° sec. L’aumento dei delitti era, secondo Tarde, da imputare all’inizio di
una nuova prosperità con la conseguente instabilità sociale e con la generale
tendenza degli individui a migliorare il proprio status. La maggior delinquenza era il
prezzo da pagare al maggior benessere.
Con gli studi statistici si giunse alla conclusione che il crimine non dipendeva solo
dalla volontà del singolo, ma che su di lui agivano anche fattori legati alla società.
Nasce così la visione deterministica della condotta criminosa, col mutamento dalla
concezione liberale del delitto verso una percezione positivistica (XIX° sec). Con
tale visione vi era la convinzione che era all’interno della società che dovevno
ritrovarsi i fattori determinanti il crimine dunque, si negava la responsabilità
morale dell’individuo. Tale determinismo sociale si contrappose al determinismo
biologico di Lombroso.
24. Cesare Lombroso
Diede il via all’indirizzo individualistico della criminologia, secondo il quale lo studio
doveva polarizzarsi sulla personalità del delinquente; pensava fosse importante
studiare le
componenti morbose del delinquente. I suoi studi comportarono il superamento delle
precedenti visioni esclusivamente legali, morali o sociali del diritto, allora dominanti.
Applicò per primo i metodi di ricerca biologica per lo studio del singolo autore del
reato
e diede il via ad un indirizzo organico e sistemtico nello studio della delinquenza (Scuola
di antropologia criminale), cosicché la criminologia si impose come scienza. Tra le
principali
teorie:
• Teoria del delinquente nato: : un’alta percentuale di criminali avrebbe disposizioni
congenite (poca capacità cranica, scarsezza di peli, fronte sfuggente, epilessia ed altre
patologie)
Se questa teoria è decisamente superata e ridicola,moderne tecniche di neuroimaging
hanno riscontrato un’associazione tra comportamento violento e anomalie fisiche,
espressioni di un imperfetto sviluppo neurale (lobi orecchie, asimmetria facciale).
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• Teoria dell’atavismo: la condotta criminosa è data da una sorta di regressione
o di fissazione a livelli primordiali dello sviluppo dell’uomo: il delinquente è un individuo
primitivo, una specie di selvaggio nel quale la scarica di istinti e pulsioni aggressive si
realizza senza inibizioni.
Quest’applicazione grossolana delle teorie evoluzionistiche è la parte più discutibile
della sua opera, con l’interpretazione che vi fossero fattori legati a razze (neri), sesso
(donne), localizzazione geografica (meridionali) spiegati con la minore evoluzione di
costoro. Soprattutto riguardo la delinquenza femminile egli si avventurò in spiegazioni
francamente risibili, cioè che la minor propensione delle donne al crimine fosse da
ascriversi all’immobilità dell’ovulo rispetto allo spermatozoo, ma si scontrò anche con
una difficoltà teorica: se il criminale era un selvaggio ipoevoluto, la minor quota di
crimini commessi dalle donne avrebbe potuto far pensare a una loro superiorità
evolutiva, affermazione inaccetabile per l’epoca che metteva le donne più in basso degli
uomini nella scala evolutiva.
Lombroso riconobbe anche l’esistenza dei delinquenti occasionali. Carattere saliente
del pensiero di Lombroso è il determinismo biologico. Il delitto per lui rappresentava
un eveno legato a qualcosa di patologico o di ancestrale (visione manichea e
deresponsabilizzante del crimine). ). Conseguenza di ciò era l’idea che nei confronti dei
delinquenti predestinati al delitto nulla si poteva fare se non difendersi dalla loro innata
anti socialità richiudendoli nei manicomi criminali. Il reato è visto come una malattia
che va curata,
questo approccio è deresponsabilizzante nei confronti della società. Lombroso ha
ispirato
i più recenti studi di “criminologia clinica”, non più improntati all’equazione
delitto=malattia ma sul modo di correggere l’anti socialità con interventi tecnici
(medici, psicologi, pedagoghi) centrati sull’individuo.
25. La scuola Positiva
Ferri, Garofano e Lombroso divulgarono i principi di quella che prese il nome di Scuola
Positiva (che si contrapponeva alla Scuola Classica). ). La predominanza data da
Lombroso ai fattori innati della criminogenesi vennero mitigate ponendo
contestualmente in risalto le componenti ambientali. I principali postulati della Scuola
Positiva erano:
• Il delinquente è un individuo anormale
• Il delitto è la risultante di tre fattori: antropologici, psichici e sociali
• La delinquenza non è la conseguenza di scelte individuali ma è condizionata da tali
fattori
• La sanzione non deve avere finalità punitive ma deve mirare alla neutralizzazione
e alla risocializzazione.
In questo approccio veniva considerata più la personalità del criminale che il reato
commesso.
Fondamentale era considerata la pericolosità sociale (sia attuale che potenziale) del
criminale: le pene dovevano essere sostituite con misure di difesa sociale, non
commisurate alla gravità del delitto ma proporzionata alla minor o maggiore
pericolosità sociale. Le misure di difesa dovevano perdurare fino alla cessata
pericolosità dell’individuo. L’influenza che la Scuola Positiva ha avuto sia sulla
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criminologia che sull’evoluzione del diritto penale sono rilevanti: essa polarizzò
l’interesse sulla personalità del criminale, promuovendo la ricerca e lo studio delle
cause individuali di criminalità. Anche se nei paesi europei non vennero mai adottati
codici integralmente ispirati ai principi della Scuola Positiva, l’influenza ci fu con
l’introduzione del principio che nell’irrogare misure penali si doveva tener conto, oltre
che della gravità del reato anche della potenzialità criminale del reo.
La giustizia doveva proteggere la società e i cittadini seguendo due indirizzi:
1. Sistema del doppio binario: a fianco delle pene tradizionali commisurate alla gravità
del reato, venivano affiancate misure di sicurezza per i delinquenti ritenuti pericolosi
(malati di mente etc…)
2. Pena indeterminata: la cui durata effettiva non era preventivamente stabilita dal
giudice
ma dipendeva dalle possibilità di successo del reinserimento sociale.
Il contributo positivo di questa Scuola risiede nell’aver promosso l’introduzione nel
diritto penale della valutazione delle caratteristiche della persona (individualizzazione
della sanzione e del trattamento individualizzato del delinquente.
26. Primi indirizzi marxisti in criminologia
Marx ed Engels si erano occupati di della criminalità, affermando che il delitto era
una conseguenza della Società Capitalistica. I delinquenti venivano percepiti come
facenti parte, non il proletariato, ma il sottoproletariato che non aveva acquistato
coscienza di classe).
Bonger: coniugo il marxismo con il pensiero positivo sostenendo che un sistema
concorrenziale era strutturalmente contrario allo sviluppo di un’etica sociale e di
legami di solidarietà reciproca. Tutti i tipi di reato riflettevano i rapporti tra classi.
Per quel che concerne i contenuti positivistici Bonger riconosceva l’esistenza di
differenze innate tra gli individui, ma a suo avviso era solo nell’ambiente sociale che
dovevano essere ricercati i fattori atti a provocare io passaggio dalla potenziale
aggressività al comportamento criminoso.
Polemica Ferri (importanti fattori individuali)/Turati (importanti fattori ambientali).
Capitolo 3: Sociologia e criminalità
27. Integrazione fra approccio sociologico e antropologico
Fin dalle sue origini la criminologia è andata sviluppandosi secondo due filoni:
Filone sociologico: ricercare le cause nella società
Filone Antropologico: centrato sull’individuo, esaminando cio che vi è di diverso o
anormale nel delinquente che favorisce il diventare criminale.
Il reciproco collegamento e integrazione dei due filoni consente una migliore
comprensione
dei fatti legati alla criminalità.
28. Teoria delle aree criminali o teoria ecologica
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Nella prima metà del XX° sec mentre in Europa si coltivavano soprattutto gli indirizzi
antropologici, negli USA si sviluppava la sociologia criminale.
Shaw compì uno studio della criminalità nelle aree criminali, quelle aree dove si
concentra un’alta percentuale di persone bisognose di sovvenzioni assistenziali perché
disoccupati, con abitazioni sovraffollate e condizioni igieniche scadenti, dove cioè
risiede la popolazione più indigente. Studio proseguito inseguito dalla Scuola di Chicago
in quella città: nonostante il continuo ricambio degli abitanti,il tasso di criminalità
rimaneva sempre elevato. In particolare il fatto che queste aree avessero il primato di
concentrazione criminale, nonostante l’avvicendarsi della composizione etnica dovuto
alle successive ondate migratorie, contribuì a confutare ‘idea che la criminalità fosse
connaturata alla presenza di certe etnie. Per la Teoria Ecologica perciò esistono delle
aree criminali, ossia zone delle città dove risiede la maggior parte della criminalità
comune, anche se è ovvia l’importanza di altri fattori, ma l’ambiente di vita p il fattore
più importante.
E’ una teoria a medio raggio, nel senso che non rende conto di fenomeni più
generali, come il dilagare della criminalità in ogni ambiente, ma si presta bene a render
conto solo della delinquenza comune più povera.
29. Teorie della disorganizzazione sociale
Possono riunirsi qui molteplici studi sociologici che hanno posto l’accento sulle profonde
trasformazioni della società nella prima metà XX ° secolo. Tali teorie sottolineano
l’importanza del mutamento e instabilità provocati dall’industrializzazione e da tutti i
fenomeni ad essa collegati: crisi del mondo agricolo, della famiglia, emigrazioni, ecc.
Questi fattori hanno determinato la rottura dei molteplici equilibri sui quali si fondavano
i precedenti valori normativi. L’aumento della criminalità è stato dunque imputato, da
questo orientamento, al mutamento e alla conseguente instabilità.
Si tratta di“disorganizzazione sociale” in quanto perdono di efficacia gli abituali
strumenti
di controllo sociale (in particolare quello di gruppo e familiare). Con l’incertezza
aumenta la paura e crescono i conflitti tra i membri della collettività. Fra i diversi strati
della popolazione sono più a rischio quei soggetti che hanno più subito il mutamento
piuttosto che promuoverlo.
Sutherland ha parlato di disorganizzazione sociale, riferendosi però alle
contraddizioni normative.
Johnson: 1960 –ha studiato il conflitto di norme affermando che avviene quando:
- la socializzazione è difettosa o mancante
- le sanzioni sono deboli
- Inefficienza o corruzione dell’apparato giudiziario
30. Teoria dei conflitti culturali
La Teoria dei conflitti culturali (1938) dà conto del fatto che in un medesimo individuo
si contrappongano diversi sistemi culturali, e quindi normativi, e questa sarebbe una
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delle principali cause del venir meno degli abituali parametri regolatori della condotta
sociale. Sellin elaborò tale teoria analizzando l’imponente flusso immigratorio
verificatosi negli USA nei primi decenni del 1900. L’A. esaminò che questi immigrati non
diedero un grande contributo alla criminalità, mentre quelli di 2° generazione (i figli)
contribuirono in maniera massiccia alla delinquenza poiché avevano perso i valori di
origine dei padri e non avevano assimilato i valoridel paese ospitante. Sellin distingue
tra:
Conflitti culturali primari: disagio del singolo individuo per l’attrito di due sistemi
culturali; Conflitti secondari: discriminazione, disprezzo e rigetto da parte della società.
31. Strutturalfunzionalismo e teoria della devianza
Lo struttural-funzionalismo (USA anni ’30), studiò la devianza. I principali esponenti
furono Parsone, Merton, Jhonson. Secondo l’orientamento in questione, il
comportamento
sociale può andare dalla conformità alla devianza.
Conformità è lo stile di vita orientato e coerente con l’insieme delle norme. L’essere
conformi è il frutto di una socializzazione ben riuscita;dalle età più precoci, nella
famiglia, nella scuola e nel lavoro l’apprendimento delle norme avviene attraverso vari
meccanismi che promuovono la conoscenza e l’accettazione delle regole sociali: ciò si
realizza per es. mediante l’educazione; ma anche con meccanismi psicologici più
complessi come l’identificazione (cercare di essere simili a persone elette come prori
modelli) e l’interiorizzazione (includere nella propria coscienza norme e principi che
diverranno parte integrante della personalità di ciascuno).
Il rafforzamento e il mantenimento della conformità è favorito dai sistemi di controllo
sociale.(insieme di norme che consentono a ogni individuo di conoscere le conseguenze
della non osservanza di tali norme: rimprovero, ostracismo, emarginazione (nei gruppi)
e pene in senso proprio) All’interno del comportamento conforme si possono
distinguere:
• Il momento dell’apprendimento delle norme
• Mantenimento e rinforzo dell’apprendimento normativo
La devianza comprende sia le condotte che violano le norme penali, sia quelle
contrarie alle regole sociali generalmente accettate che conservino ancora credibilità e
che vengano ritenute
importanti dalla società. Sia ha devianza solo quando la violazione è frutto di una
precisa scelta e non è accidentale. La devianza presuppone nell’attore un
atteggiamento di
ambivalenza: da un lato riconosce la norma come imperativa, dall’altro non ne
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accetta l’autorità normativa: occurre dunque che la norma non sia divenuta
“indifferente”, perché in tal caso quella regola non sarebbe più “normativa” per quel
tipo di società.
32. L’anomia come causa di devianza
Allo strutturalfunzionalismo va anche il merito di essere stato il primo indirizzo
sociologico che ha fornito una teoria sulle cause della devianza. Con le norme ogni
società pone dei limiti al soddisfacimento delle aspirazioni degli individui, stabilendo
quali siano i mezzi leciti per appagarle. Quando una società è ben strutturata, i limiti
sono percepiti e accettati come giusti, e le norme sono generalmente rispettate. Si ha
anomia quando vengono a mancare tali norme.
Durkheim introdusse per primo il termine con il significato di frattura delle regole
sociali.
Per Durkheim le cause dell’anomia erano da ricercarsi nell’iperstimolazione delle
aspirazioni che la società industriale ha indotto negli individui i quali non sono mai
soddisfatti
e vogliono sempre di più.
Merton: si ha anomia quando la società propone delle mete senza che vengano forniti
a tutti i mezzi per raggiungerle.
Caratteristica strutturale della società americana degli anni trenta è stata appunto la
proposta di nuove mete culturali (acquisizione beni di consumo materiali,
miglioramento incessante proprio status…), mentre non erano uniformemente distribuiti
i mezzi legittimi per conseguirli.
La diseguaglianza nelle opportunità di successo sociale venne pertanto a stimolare la
non osservanza delle norme che regolano le modalità lecite per conseguire le mete
proposte dalla cultura.
Merton ha indicato diverse modalità di reagire alla condizione anomica: con il
comportamento di conformità che è tanto più facile e meno ansiogeno e frustrante
quanto maggiori sono le opportunità di successo offerte dal proprio status; chi invece
parte da condizioni di sfavore,se usa mezzi legittimi è obbligato a una competizione più
ardua e ansiogena oppure dovrà limitare le proprie aspirazioni con conseguente
maggior frustrazione.
Con l’innovazione se l’individuo è orientato verso i fini proposti dalla cultura, ma per
ottenerli non si pone problemi a usare mezzi illegittimi: costoro diventano dei
delinquenti, osservanti dei fini ma non dei mezzi per conseguirli.
Con il ritualismo c’è il rispetto delle norme ma vi è rifiuto di ricorrere ai mezzi
illegittimi, anche a scapito del successo sociale. Sono cioè mortificate le ambizioni, ci si
accontenta di ciò che si ha.
Con la rinuncia vengono persi di vista sia i fini che i mezzi, non impegnandosi a
raggiungere le mete e non si rispettano le norme. Tipico dei tossici, vagabondi, alcolisti.
Infine la ribellione è la devianza caratterizzata dalla sostituzione delle mete culturali
con mete diverse, da un rifiuto verso i valori della società e anche delle regole circa
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l’uso dei mezzi illegittimi: il rivoluzionario, il ribelle, il contestatore perseguono valori
diversi da quelli della cultura dominante.
Modi di adattamento
Conformità
Mete culturali
Mezzi legittimi
+
+
Innovazione
+
Ritualismo
+
Rinuncia
Ribellione
=
=
+ = accettazione; - = rifiuto; = rifiuto con sostituzione di nuovi valori.
33. Sutherland e la teoria delle associazioni differenziali
Sutherland con la Teoria delle associazioni differenziali afferma che il
comportamento
delinquenziale è appreso, non dalla semplice imitazione, ma mediante l’associazione
interpersonale con altri individui che già si comportano come delinquenti. IL termine
associazione differenziale dà conto della semplice partecipazione a certi gruppi sociali
“differenti” dagli altri per la loro incuria verso la legge.
Sutherland voleva formulare una teoria valida universalmente, capace di spiegare tutti
i tipi di condotta criminale, non solo quella delle classi sfavorite ma anche quella di
imprenditori e professionisti: negli individui si verificano atteggiamenti di rispetto o
meno della legge in funzione della frequentazione di persone osservanti o no delle
norme. Un individuo può essere circondato da persone che definiscono sempre il codice
come un complesso di norme da osservare, mentre un altro è circondato da persone
favorevoli alla continua violazione del codice stesso. Perciò non esisterebbe una
criminalità innata, ma si imparerebbe ad agire in modo criminale seguendo i modelli
proposti da un certo ambiente.
Non tutti i gruppi hanno la medesima capacità di influenzare la condotta degli individui,
dunque sono quelli frequentati con
•
maggiore intensità
•
maggiore durata e
•
anteriorità (vengono proposti in epoca più precoce).
La teoria perciò integra questi punti:
™ il comportamento criminale è appreso
™ è appreso tramite contatto con altre persone
™ vengono apprese anche le tecniche atte al compimento del reato
™ si delinque se le interpretazioni contrarie al rispetto della legge sono prevalenti
™ il processo di apprendimento del comportamento criminale è uguale a qualsiasi altro
tipo di apprendimento
Questa teoria non è però applicabile a tutte le forme di criminalità: essa è
fondamentale per spiegare i meccanismi di alcune condotte criminali tipo la delinquenza
professionale, ma è insufficiente per rendere conto dei delitti d’impeto, o di quelli
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occasionali; inoltre non spiega l’”invenzione” di talune condotte delittuose o di nuove
tecniche criminose in precedenza mai utilizzate.
34. Sutherland e la criminalità dei colletti bianchi
La criminalità dei colletti bianchi riguarda quei reati compiuti dai dirigenti delle
imprese,
industriali, finanziarie, commerciali e dai professionisti. I reati riguardano: frodi nei
bilanci,
evasioni fiscali, bancarotta fraudolenta. Questi studi aprirono la strada alle indagini sul
numero oscuro. Principali caratteristiche:
- ha luogo negli stessi ambienti dove si producono beni e servizi
- costo sociale rilevante (es. funzionario supermercato 600.000$, molto + di una rapina)
- Indice di occultamento molto elevato
- gli autori godono di alto tasso di impunità
- è minore l’atteggiamento di censura da parte della società (disonesto invece di
delinquente).
35. Gli sviluppi dell’indirizzo individualistico e la criminologia clinica
La fine della IIa Guerra Mondiale ha comportato la nascita dei due grandi blocchi USA/
URSS. Anche l’ambito della sociologia risentì di questo clima dando vita ai due filoni:
• Criminologia di sinistra: di ispirazione marxista;
• Criminologia di destra: ancorata agli ideali di democrazia e libertà.
L’indirizzo individualistico, non subì l’influsso di una particolare corrente politica,
ma fu soprattutto incentrato su una nuova politica penale di risocializzazione.
Criminologia di passaggio all’atto: spiega perché certi individui a parità di condizione
e
ambiente passano ad agire in maniera criminosa e altri no.
Criminologia clinica: Benigno di Tullio. Cultore di criminologia anche durante il
Fascismo che osteggiava tale disciplina. Questa venne concepita come volta allo studio
non dei fenomeni generali ma del singolo delinquente a fini diagnostici, prognostici e
terapeutici.
Fu molto importante la stretta collaborazione tra diritto penale e criminologia. Alla
criminologia clinica spetta il ruolo di attuare la prevenzione speciale, attraverso l’
osservazione scientifica del reo.
Il carcere serve a punire, ma soprattutto a curare, con nuove figure (psicologi,
psichiatri, assistenti sociali) che utilizzeranno moderne tecnologie e richiederanno una
nuova concezione architettonica del carcere, non più solo per custodire ma per cercare
di modificare la personalità del delinquente.
36. La nuova Difesa sociale e la politica penale della risocializzazione
Nel secondo dopoguerra si costituì un movimento di opinione che si chiamò : “Nuova
Difesa Sociale” che si innesta nel più ampio mutamento di cultura di quegli anni,,
incentrato sulla democrazia, diritto alla libertà e all’autodeterminazione, di giustizia
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sociale: principi che dovevano rappresentare l’ideologia dei paesi occidentali. Ciò si
tradurrà anche in un nuovo programma di politica penale che va ricollegato a un
fondamentale principio sociale già da qualche anno introdotto nel mondo occidentale: il
Welfare State. Il punto di partenza fu prettamente economico: un piano di risoluti
interventi statali (New Deal); lo Stato assumeva iniziative economiche per favorire i
meno abbienti.Fra le garanzie che lo Stato offriva vi era anche la fornitura, per chi
aveva commesso reati, di strumenti per essere risocializzato in modo da poter
nuovamente fruire di una vita normale. La rieducazione socializzativa costituisce un
nuovo diritto del cittadino e un nuovo impegno dello Stato.
Ciò doveva essere messo in atto con gli strumenti della psicologia clinica.
F. Grammatica (1961) con l’opera “Principi di difesa sociale”, proponeva di sostituire
il diritto
repressivo con un sistema penle non punitivo di reazione contro l’antisocialità.
37. Criminologia del consenso
Nel dopoguerra la sociologia criminale si sviluppa lungo due direttive differenti a
seconda delle ideologia politica che le ispira. Un primo gruppo, pur sottolineando gli
inconvenienti delle sperequazioni sociali del capitalismo, non assunse posizioni radicali,
pensando che il mezzo per porvi rimedio fosse quello delle riforme e non del
sovvertimento. A ciò si diede il nome di criminologia del consenso, mentre la
criminologia del conflitto si incentrò sui conflitti insiti nella divisione in classi della
società, secondo una prospettiva marxista. Vi fu anche una
Criminologia pragmatistica, di cui Leo Radzinowicz fu il più noto rappresentante,
propugnò l’abbandono delle ricerche sulle cause di criminalità, perché inutili non avendo
mai validità generale; scopo della criminologia deve essere quello di fornire conoscenze
idonee a essere usate a fini pratici.
38. Le teorie multifattoriale dell’integrazione psico-ambientale
Teorie multifattoriali: formulate tra il 1950 e il 1960 considerano contestualmente
individuo e ambiente (fanno parte della criminologia del consenso).Esse hanno come
obiettivo quello di fornire una spiegazione al fatto che non tutti gli individui reagiscono
allo stesso modo ai fattori criminogeni del lloro ambiente. Queste teorie hanno cercato
di considerare i vari fattori, capaci di dare una risposta differenziale ad analoghe spinte
criminogenetiche indicandoli come componenti di variabilità individuale e ambientali.
Queste teorie sono perciò multifattoriali:
Teoria non-direzionale dei Glueck. Volta all’identificazione dei fattori familiarisituazionali
più frequenti tra i giovani criminali. Furono posti a confronto due gruppi di giovani uno
con
precedenti penali e l’altro con condotta normale(stessa età, sesso, razza e provenienza
sociale e geografica), per scoprire quale fattore incidesse affinché un gruppo fosse
incline
alla delinquenza e l’altro no. Emerse che fondamentale era il fattore relativo alle
diverse
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caratteristiche di personalità e dell’ambiente familiare di ogni soggetto.
Le caratteristiche principali che apparvero diverse dal gruppo di controllo sono:
• corporatura robusta
• temperamento irrequieto, impulsivo, introverso
• atteggiamento ostile, pieni di risentimento, vendicativi, sospettosi.
• Capaci di apprendere con modalità concrete piuttosto che astratte.
• Per ciò che attiene all’ambiente familiare: inadeguatezza dei genitori: famiglie con
poca coesione,scarsi valori sociali, atteggiamenti troppo rigidi o permissivi; i genitori
cioè non risultavano idonei a essere guide e protettori
Tali valutazioni, hanno, però, valore solo statistico, non essendo queste caratteristiche
sempre presenti nei giovani criminali e viceversa.
Teoria dei contenitori di Reckless: mira a spiegare in generale il comportamento
sociale identificando quei fattori che favoriscono il contenimento della condotta
nell’ambito della legalità (i contenitori da cui prende nome la teoria). Distingue tra:
• Contenitori interni: aspetti della struttura psicologica (buon autocontrollo, stima di sé,
forza di volontà,resistenza alle frustrazioni, buona socializzazione, senso di
responsabilità).
• Contenitori esterni: insieme delle caratteristiche dell’ambiente nel quale il soggetto
vive: appartenenza a un gruppo sociale ben integrato,disporre di figure capaci di offrire
coerenti modelli di identificazione e una salda guida di condotta morale.
Teoria del controllo di Hirschi che ritiene che le spinte devianti siano normali in
ognuno di noi, perciò invece di chiedersi perché si delinque bisogna chiedersi perché
non lo si fa. Individua quattro fattori:
™ attaccamento con altri significativi (familiari, amici, insegnanti…)
™ impegno in attivita convenzionali, in istituzioni o nella comunità che tiene la persona
occupata e lontano dalle opportunità illecite
™ coinvolgimento nelle mete socialmente approvate (trovare lavoro, conseguire
laurea…)
™ fede nella validità delle norme sociali.
Teoria della vergogna differenziale di Braithwaite che afferma che l’esposizione
alla vergogna può essere stigmatizzante e favorire ulteriori condotte criminali
oppure reintegrativa agevolando il reiserimento sociale del soggetto.
39. Criminologia del conflitto
Gli ispiratori teorici furono gli esponenti della Scuola di Francoforte. Ideologie di sinistra
influenzate dalla teoria critica della società: il delitto non esisterebbe in sé ma come
conseguenza delle reazioni sociali (emarginazione) e istituzionali (condanna e carcere).
Delittuosità, devianza e emarginazione non sono altro che il frutto della
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discriminazione, e si giungerà pure a negare il signifacato delittuoso dei reati compiuti
dalle classi più svantaggiate.
40. Cultura, sottocultura e teorie della sottocultura giovanile
Al concetto di cultura (noto quello di Taylor “complesso insieme che include
conoscenze, fede,
arte, morale, legge e altre capacità acquisite dall’uomo in quanto membro della
società), si
associa quello di gruppo e questo ultimo si associa a quello di cultura di gruppo, nel
senso
che le particolari norme, valori e principi del gruppo sono fatti propri dai suoi
appartenenti. L’appartenenza al gruppo è fatto dinamico, si può appartenere al gruppo
degli studenti, assumendone i contenuti culturali, ma nello stesso tempo si può essere
membri di un circolo sportivo, oppure in un gruppo in funzione della propria famiglia di
origine.
In caso di gruppo con una propria cultura fortemente differenziata rispetto a quella
dominante, si parlerà di sottogruppo caratterizzato da una sua propria sottocultura,
con il carattere di contrasto e differenza di alcuni precetti normativi rispetto a quelli
della cultura generale. Così si parlerà di sottocultura dei drogati, degli alcolisti, dei
giocatori d’azzardo o
degli zingari.
Vi è una sottocultura criminale che ha una sua particolare visione normativa in
contrasto con ciò che la cultura generale considera illegale.
• Teoria della cultura delle bande criminali (Cohen 1955) volta ad identificare le
dinamiche
che portano alla delinquenza nelle grandi città i giovani delle classi più sfavorite. Per
Cohen
la sottocultura delinquenziale dei giovani di bassa estrazione sociale nasce dal conflitto
con la cultura della classe media. I giovani per riparare a ciò cercano di organizzare
nuovi e
diversi rapporti interpersonali con proprie norme, mettendo in atto un meccanismo
difensivo di formazione reattiva che consente di sostiuire nella coscienza i sentimenti
che provocano angoscia. Le azioni di questi ragazzi appaioni speso del tutto
immotivate, vandaliche, desiderose solo di arrecare danni. La condotta delinquenziale
offre quindi una soluzione alternativa, pur se illegittima, per il conseguimento del
successo, del prestigio, dei status symbol. Tale teoria non dà conto del perché alcuni
giovani che vivono nelle aree criminali
delinquano e altri no (risposta data dai Glueck con il riferimento alla famiglia).
• Teoria delle bande giovanili Cloward Ohlin 1960. Si colloca nell’ambito della
sociologia di sinistra. In questi autori è chiara l’influenza di Merton di società anomica
perché non permette
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di conseguire le mete culturali proposte. Per questi autori la limitazione delle
opportunità è data da differente razza, ceto, sesso etc. e favorisce il confluire in
sottoculture di banda.
Persiste lo stereotipo di una delinquenza esclusivamente derivante da classi sociali
inferiori.
Le Bande giovanili originano dal bisogno di aggregazione tra soggetti socialmente
sfavoriti
e possono assumere tre forme:
1. Bande criminali: dediti ad attività illecite quali il furto e la rapina
2. Bande conflittuali: dediti a violenza e vandalismo sistematico, mirano alla distruzione
di
simboli del successo.
3. Bande astensioniste: giovani che cercano di fuggire dalla società riparando nella
droga e nell’alcol.
Le delinquenze giovanili non sono necessariamente organizzate in bande, sono soggette
a costanti e rapidi mutamenti, nel giro di pochi anni le proteste giovanili hanno assunto
connotazioni politiche nel ’68, lasciando poi il posto ad altre forme come la violenza
degli stadi, o il bullismo.
41. Teoria dell’etichettamento
La Teoria dell’etichettamento (nuovo indirizzo della criminologia del conflitto)
(Becker, Kitsuse, Lemert) si basa sui seguenti punti:
• Visione rigida e dicotomica delle classi sociali
• Non univoca accettazione delle norme legali
• Valorizzazione del concetto di reazione sociale
• Percezione della devianza non quale comportamento negativo ma mero frutto di un
etichettamento negativo esercitato dal potere.
Il deviante non è tale perché commette azioni illecite, ma perché la società etichetta
come
deviante chi commette quelle azioni. Il punto focale di questo approccio è spostato
dall’atto del singolo, come era nelle precedenti teorie, alle reazioni della società nei
confronti dell’atto stesso. Il deviante è una persona alla quale l’etichettamento è
stato applicato con successo.
La condotta deviante è ritenuta necessaria e utile alla società , il deviante deve perciò
essere creato per differenziarsene e avere un termine di paragone negativo; è un
capro espiatorio, perché nel momento in cui tutti si polarizzano contro di lui non si
percepiscono come devianti altre condotte proprie delle classi dominanti, ugualmente
dannose ma coperte da immunità.
Consolidamento della devianza: colui definito come deviante si consolida in una
carriera deviante.
• Devianza Primaria: non mette in moto reazioni sociali, il deviante non si percepisce
come tale.
• Devianza Secondaria: si realizza come effetto della reazione sociale e il deviante si
percepisce tale.
Vi sono alcune critiche alla teoria:
• Non distingue tra devianza e criminalità.
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• Tale teoria ben si adatta alla microcriminalità da strada ma non alla devianza più
grave.
• Tale teoria risulta deterministica, perché la persona che ha subito lo stigma sembra
non potersi sottrarre da un destino da delinquente e deresponsabilizzante, perché
equipara
delinquenti e devianti e finisce per attenuare la colpevolezza dei primi.
42. Teoria della devianza secondo Matza
Matza (1969) superò la teoria della sottocultura (Cohen) e dell’etichettamento.
Criticò la teoria delle sottoculture criminali, poiché gli autori dei questa teoria intendono
la
sottocultura delinquenziale come il risultato di un processo di costruzione e
mantenimento di valori antagonisti a quelli della classe media. Per Matza questa teoria
è da rigettare perché il soggetto non definisce “giusto” il proprio comportamento,infatti
molti giovani esprimono vergogna e sensi di colpa dopo la commissione di un reato.
La devianza per Matza non è frutto dell’apprendimento di imperativi o di valori devianti,
ma
dell’acquisizione di particolari tecniche di auto-giustificazione.
Tecniche di neutralizzazione: sono procedimenti psicologici di autogiustificazione,
considerate valide dal delinquente ma non dal sistema giuridico:
• Negazione della propria responsabilità si sente come una palla da biliardo, trascinato
nelle diverse situazioni.
• Minimizzazione del danno provocato un furto diventa una presa in prestito
• Negazione della vittima: si afferma che la vittima meritava quel trattamento.
• Condanna di coloro che condannano: es. polizia corrotta, giudici parziali.
• Richiamo a ideali più alti fedeltà al gruppo, solidarietà agli amici
Drift: motivazione all’agire deviante non rigidamente vincolante: il giovane deviante è
nella situazione di drift che di per se stessa non produce alcuna spinta verso la
condotta delinquenziale, ma rimane in uno stato di limbo tra conformità e devianza e
reagisce, di volta in volta, alle richieste di uno o dell’altro, senza mai dirigere
definitivamente il proprio comportamento in senso deviante o in senso conforme.
43. Criminologia radicale e criminologia critica
La criminologia radicale degli anni 60 uniforma crinimalità, devianza e dissenso: i
criminali sono intesi come inconsapevoli oppositori del sistema borgese e perciò la
criminalità viene considerata un fatto sostanzialmente politico. La devianza che si trova
negli strati sociali più sfavoriti è una conseguenza del disagio che affligge questi gruppi,
dato dall’iniquità della società capitalistica; questa criminologia, carica di connotazioni
anarcoidi tipiche del radicalismo americano di quegli anni, cessa di essere scienza con
finalità di ricerca per assumere prese di posizione politiche. La criminologia critica
identificò la devianza
con la lotta che la classe operaia conduce per il socialismo; la devianza assume il
significato di lotta sociale.
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Un primo filone si sviluppa attorno al National Deviancy conference a Londra., la
devianza era vista come scelta consapevole dei singoli davanti ai disagi e alle
contraddizioni sociali. Attorno alla rivista “La questione criminale” in Italia si distingueva
una
• Devianza individuale: priva di consapevolezza ma anche di prospettive
• Devianza organizzata: politicizzata.
44. Il nuovo realismo
Seconda metà ’80. Pur rimanendo su posizioni di sinistra si diede vita al Nuovo
Realismo,
che considera la criminalità come una realtà di fatto e non solo come contestazione.
Si rivolge l’attenzione all’osservazione empirica (street crimes). Viene posto l’accento
sul malcontento, la deprivazione relativa e la marginalizzazione delle classi meno
favorite: i Nuovi Realisti “scoprono” l’elevata vittimizzazione e la richiesta di protezione
propria dei meno abbienti.
45. Neo classicismo e abolizionismo
Due correnti di pensiero degli anni 80: Abolizionismo: massima espressione della
critica alla carcerazione, ritenuta inefficace quale strumento per combattere la
criminalità, e il Neo classicismo, sorto in reazione al fallimento della politica penale
incentrata sul trattamento risocializzativo.
• Abolizionismo carcerario critica radicale al carcere con il rifiuto di infliggere
sofferenze, non tenendo conto però dell’esigenza di una giusta retribuzione davanti a
crimini violenti e efferati.
• Abolizionismo penale di Christie il più noto esponente di questo orientamento,
propone in alternativa al carcere, risoluzioni in chiave privatistico-risarcitoria quale
lavoro gratuito a favore della vittima o in attività socialmente utili, e un controllo
disciplinare
esercitato dalle comunità.
Proprio nel momento di massima affermazione dei trattamenti risocializzativi, nasce
una forte reazione con il recupero di una concezione della pena come retribuzione: il
neoclassicismo.
Punto di partenza l’emergere di problemi economici in USA con una drastica riduzione
della spesa pubblica e quindi il ridimensionamento nel settore del trattamento della
criminalità; si constatò che non vi era riduzione della delinquenza nonostante l’ingente
impegno finanziario legato ai trattamenti risocializzativi. La sproporzione tra impegno
profuso e risultati raggiunti portò a una delusione da parte degli stessi fautori del
trattamento. Così venne rivalutata la certezza della pena, con sanzioni rigidamente
prefissate.
46. Approccio economico razionale
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In seguito al declino dell’ideologia comunista i fattori legati all’economia si sono fatti
strada
pure nel pensiero criminologico. Secondo Becker, anche per l’agire criminale vi è una
valutazione in termini di costi-benefici, il delinquente caslcola, valuta e soppesa
vantaggi e svantaggi derivanti dalla commissione del fatto illecito, e se i benefici sono
superiori a costi e svantaggi decide di delinquere. Ha studiato la formula (O = P,F,U),
dove O= numero di reati commessi da una persona, P= probabilità che il crimine venga
scoperto, F= pena relativa, U= variabile ambientale che può influenzare la decisione
criminale.
Costi del delitto:
• costi diretti: connessi all’organizzazione del reato.
• costi indiretti collegati al rischio di venire 1) individuati e 2) condannati.
Benefici: più difficile calcolarli, poiché in alcuni casi, es danni a cose e persone, la
valutazione non è semplice. Per Bowls ammonta alla cifra che si potrebbe offrire al
criminale per
trattenerlo dalla sua azione. Un settore al quale sono stati brillantemente applicati
questi principi è quello dei reati dei “colletti bianchi”.
47. La criminologia in Russia
In Russia la totale assenza di pluralismo ha fatto sì che i contenuti della criminologia
si
uniformassero con l’ideologia ufficiale. Il dogmatismo ideologico è poi andato scemando
con l’89.
Cap. 4 Psicologia e criminalità.
48. La criminologia incentrata sull’individuo
Le teorie sociologiche non possono spiegare variabilità del comportamento
individuale: fattori psicologici o biologici, diversi da persona a persona che spingono
l’individuo a comportarsi secondo le norme o viceversa. Lo studio di queste componenti
di vulnerabilità è condotto su tre direttive:
• teorie psicologiche della personalità
• prospettiva biologica
• disturbi mentali
La persona umana è un’entità unica e irripetibile, è dunque necessario per un corretto
studio della criminologia considerare in modo congiunto i fattori ambientali e quelli
dovuti alle variabili individuali.
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49. Personalità, temperamento, carattere
Per comportamento si intende il complesso coerente di atteggiamenti che ogni
individuo assume in funzione dei suoi obiettivi e degli stimoli che provengono
dall’ambiente.
L’attività psichica è costituita da: 3 aspetti:
• Sfera cognitiva: conoscenza, pensiero, intelligenza.
• Sfera affettiva: umore, sentimenti, emozioni.
• Sfera volitiva: riguarda le azioni o omissioni volte a determinati fini.
Per personalità si intende l’abilità o accortezza sociale, cioè la capacità di reagire
positivamente nei contatti con persone diverse e nelle circostanze più varie. In tal
senso si dice che un soggetto è “dotato di personalità” se sa far valere le sue ragioni;
altra definizione è “impressioni che si suscitano negli altri, insieme qualità e
caratteristiche di un soggetto”, o
“ASPETTI UNICI IRRIPETIBILI E Più RAPPRESENTATIVI DI UNA PERSONA”.
Al fine della criminologia: complesso delle caratteristiche di ciascun individuo quali si
manifestano nelle modalità del suo vivere sociale.
Per temperamento ci ricollegiamo alla base innata, poco modificabile delle tendenze
individuali nel reagire all’ambiente; si ha così un temperamento mite o violento, ecc
Carattere: risultante della interazione fra temperamento e ambiente, componente
dinamica che si modifica col tempo e con le vicende della vita. Cioè le esperienze di
vita, i rapporti interpersonali, le avventure, le frustrazioni incidono sul temperamento,
facendo assumere al soggetto modi di pensare, agire e atteggiarsi diverse da quelle
innate
50. La psicoanalisi
La psicanalisi è la prima, tra le teorie della personalità, ad aver indagato sui
meccanismi psicodinamici; mentre in precedenza la personalità era identificata con la
coscienza della consapevolezza, la psicanalisi ha indicato come i pensieri, le scelte e i
bisogni dell’uomo siano collegate con forze psichiche profonde, prima sconosciute:
l’inconscio.
Freud distingue:
Es: nucleo centrale. Inconscio. Composto da fattori ereditari
IO: principio della realtà, rappresenta la componente esecutiva della personalità.
Super IO: rappresentante interiore dei valori etici e norme sociali. Arbitro morale
interno.
La concezione psicoanalitica della realtà è essenzialmente dinamica.
Quando l’IO viene sopraffatto da uno stimolo eccessivo che non riesce a dominare
subentra
l’ angoscia o ansia ( disagio e timore che sono l’espressione di una non realizzata
soluzione
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delle conflittualità tra le istanze interiori e l’ambiente), per Freud 3 tipi:
• Ansia reale: timore di un pericolo facente parte della realtà oggettiva.
• Ansia sociale: timore della riprovazione degli altri.
• Ansia nevrotica: timore della severità del SUPER-IO. La più temibile perché pone
l’individuo in stato di grave pericolo per il suo equilibrio interno.
Normalmente l’ IO è ingrado di risolvere i contrasti in modo armonico, quando non
riesce
entrano in gioco i meccanismi di difesa dell’IO:
• Rimozione respingere nell’inconscio quei contenuti che provocano allarme
• Dislocazione una pulsione inamissibile viene deviata su un altro oggetto o meta
• Sublimazione istinto utilizzato per conseguire le più alte mete
• Proiezione attribuire ad altri alcune pulsioni negative
• Formazione reattiva sostituzione di un impulso che genera angoscia con il suo
opposto.
• Identificazione quando si mira ad essere simili ad una persona eletta quale modello.
51. Psicoanalisi e criminalita’
Si possono utilizzare le chiavi di lettura della psicoanalisi anche per l’identificazione di
alcuni meccanismi della criminogenesi. Il più organico contributo psicoanalitico
nell’ambito
criminologico è quello di Alexander e Staub: la condotta criminosa è vista da questi
autori
come lo svincolo dal controllo del Super-Io seguendo lo schema:
• Normalità
• Delinquenza fantasmatica dislocazione sul piano della fantasia
• Delinquenza colposa dislocazione delle pulsioni aggressive.
• Delinquenza nevrotica delittuosità per senso di colpa.
• Delinquenza occasionale e affettiva.
• Delinquenza normale il controllo del Super-Io cessa completamente.
Secondo lo schema di Alaexander e Staub si possono distinguere due tipi di
delinquenza:
• delinquenza accidentale
• delinquenza cronica
Le recenti tendenze della psicoanalisi hanno rivalutato l’importanza e l’indipendenza
dell’IO.
Un cattivo rapporto con le figure di allevamento possono favorire la condotta criminale,
si
possono anche verificare sindromi da carenza affettiva.
Si possono distinguere:
• Delinquenza per senso di colpa: alcuni soggetti agirebbero in modo criminale per poi
essere
puniti ed espiare un bisogno inconscio di espiazione (raro)
• Fissazione alla fase del principio del piacere: dar soddisfacimento diretto alle pulsioni.
• Acting out: passaggio all’atto. Il reato rappresenta una scarica o un sollievo da una
tensione
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emotiva.
• Bassa soglia di tolleranza alla frustrazione: meccanismo di risposta violenta alla
frustrazione.
• Incapacità di identificarsi col prossimo: deficienza globale di identificazione,
identificazione
soltanto parziale, processsi di identificazione particolari.
• Proiezione: ci si sente vittime più che colpevoli.
• Incapacità di sublimazione della libido: miranti a soddisfare i bisogni nella maniera più
istintuale.
Il rischio della lettura in chiave psicodinamica, e’ quello di deresponsabilizzare l’attore,
giustificando il suo operato poiché dovuto a forze da lui non governabili.
52. Psicologia analitica e psicologia sociale
Jung ha distinto oltre ad un inconscio individuale anche uno collettivo (che trascende la
persona). Mentre Freud risale all’infanzia, Jung risale ai nostri antenati. L’individuo per
Jung vive sia di scopi che di cause. Questo autore considera sia il passato che la
proiezione vero il futuro. Gli individui rispondono ai conflitti in modo bipolare:
• Atteggiamento estroverso: orienta l’individuo verso la realtà esterna. Sofferenza per
gli
altri. Atteggiamento alloplastico, ego-sintonico.
• Atteggiamento introverso: indirizza l’attività psichica verso il mondo soggettivo.
Atteggiamento autoplastico e ego-distonico. Conflitto con se stessi.
Anche se questa bipartizione è una estremizzazione e non tutte le persone sono
collocabili in uno schema così rigido, è chiaro come sia diversa la potenzialità
criminogena; nel primo caso le condotte antigiuridiche saranno rare, proprio perché la
risposta alla tensione non si risolve in azione esterna, nel secondo caso saranno più
frequenti.
Dalla psicanalisi ha preso avvio un importante filone: la psicologia sociale definita
come lo studio delle relazioni interpersonali nel contesto sociale; le prime teorie
psicosociali risalgono a
Alfred Adler che considera l’individuo come mosso dalle prospettive e dai bisogni legati
al suo essere inserito nella società.
Ma è con la psicologia di Fromm che l’importanza del contesto sociale è ulteriormente
sottolineata: importante è il senso di solitudine che l’individuo può provare se non è
armoniosamente inserito nella società. L’UOMO HA QUINDI BISOGNO DI:
• Relazioni
• Trascendenza
• Schemi di riferimento
• Identità personale
L’inappagamento o la frustrazione possono essere possibili spinte alla compensazione
tramite la condotta delittuosa.
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53. Psicologia sociale: identità personale e ruolo
La psicologia sociale ha elaborato due concetti che hanno assunto importanza in
criminologia l’identità personale: cioè l’unicità, qualità della propria persona, e il
ruolo, che si riferisce alle aspettative relative ad attitudini che nella società si formano
nei confronti di ogni individuo
Erikson ha dedicato parte dei suoi studi alle disarmonie della identità personale. La
formazione dell’identità si realizza tramite:
• L’identificazione con successivi modelli significativi;
• Attraverso i ruoli.
Tale iter ha il suo culmine durante l’adolescenza. In tale fase e anche
successivamente un
rapporto disarmonico con la famiglia o i vari gruppi può comportare una disturbata
strutturazione dell’identità personale, poiché questa è influenzata dall’atteggiamento
degli altri
Si ha il caso di profezia che si autoadempie quando l’attore realizza stabilmente con
la
condotta criminosa il giudizio negativo che ha subito da parte della famiglia o di altri
(da te
non posso aspettarmi nulla di buono). La società, conferma continuamente il
sentimento di
identità personale con giudizi e valutazioni; ma in alcune condizioni, eclusione dal
gruppo, emarginazione, isolamento, condanna, la società provoca una serie di
mortificazioni che possono talvolta condurre ad un’immagine di sé svalorizzata, che si
denonima identità negativa.
Per Mailloux sono fondamentali le aspettative dei genitori o figure di allevamento.
La formazione dell’identità sono influenzati dallo status (posizione nella società: es
status
di padre) In tutte le società esiste un certo numero di status, tanto più elevato quanto
più la società è complessa, nel quale ognumo occupa contemporaneamente più
posizioni (es. padre e nello stesso tempo figlio del proprio padre). Il ruolo è l’insieme di
aspettative
circa l’osservanza dei compiti spettanti a chi occupa un certo status (ciò che gli altri si
attendono da lui). Una serie di status squalificanti facilitano l’assunzione di ruoli
che
favoriscono la scelta comportamentale delinquenziale.
Goffman ha parlato delle istituzioni totali in relazione alla limitazione delle prospettive
di queste strutture.
54. Psicologia sociale: devianza, emarginazione e marginalità
La devianza: originariamente (struttural-funzionalismo) era considerato tale il
comportamento anomalo sotto il profilo statistico che non si conformava alle regole. Poi
è
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stato molto generalizzato. E’ fondamentale ricordare che si devono considerare devianti
quei comportamenti che generino una reazione intensa di disapprovazione, censura e
richiesta
di sanzione.
La marginalità è la condizione statica di alcuni individui che si trovano ai margini della
società (invalidi, malati di AIDS, devianti e delinquenti).
L’emarginazione è un processo dinamico messo in atto da singoli o gruppi per
escludere
alcuni soggetti, contrariamente a coloro che si trovano ai margini della società senza
loro colpa, vecchi, malati, stranieri; l’emarginazione è il ridurre le prospettive a causa
della loro condotta riprovevole. A volte c’è sovrapposizione tra marginalità ed
emarginazione: le donne, i vecchi, gli invalidi vivono in condizioni di marginalità ma non
vengono emarginati per la propria condotta, ma solo per il fatto di essere quel che
sono; i delinquenti invece sono emarginati per la loro condotta disapprovata.
55. Altri contributi della psicologia
La fenomenologia mira a comprendere l’uomo dall’interno, mentre le altre teorie lo
spiegherebbero “dal di fuori”.
Teoria del campo (K. Lewin) Concetto ripreso dalla fisica, di campo elettromagnetico
che influenza tutto quello che è intorno. L’individuo secondo questa teoria, è
costantemente
influenzato dall’ambiente e non può essere studiato isolatamente da esso.
Teoria dei Sistemi (Bateson) : analizza l’influenza degli altri nell’ambito di un
rapporto
interpersonale. Modello mutuato dalla cibernetica feedback ogni parte è
contemporaneamente
causa e effetto. Fondamentale è il contesto (concetto di sistema), nel quale si svolge
l’interazione. Nell’ambito della criminologia, interessa il rapporto tra reo e vittima.
Studi sulla comunicazione (Haley) sia la comunicazione non verbale che quella
verbale
possono essere distorte (uomo rifiutato che poi si arrabbia e aggredisce).
Per ciò che attiene alla Psicologia della testimonianza si afferma che può accadere
che
vengano commessi errori da parte dei testimoni durante l’osservazione dei fatti.
Teoria dell’apprendimento sociale (Bandura) l’azione è sempre il risultato
dell’interazione tra persona, ambiente e condotta; il disimpegno morale consente di
mettere a tacere gli imperativi morali e di sganciare il soggetto dalla responsabilità
attraverso una serie di meccanismi ( l’ho fatto per la mia famiglia, ho solo rubato c’è
chi uccide, se l’è cercata…)
56. Comportamentismo
Il comportamentismo fornisce una teoria della personalità legata alle metodologie
empiriche delle scienze naturali. Si limita ad osservare come l’uomo reagisce agli
stimoli
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provenienti dall’ambiente.
Watson: influenza dell’ambiente (stimolo – risposta), modificando l’ambiente può
indirizzarsi
il comportamento nel senso voluto.
Skinner rinforzi sia positici che negativi che possono modificare il comportamento. In
criminologia, sono stati studiati quei rinforzi e stimoli che provenendo dall’ambiente
conducano ad un modo di agire criminoso.
Dollard: teoria della frustrazione-aggressione. L’emergere di un comportamento
aggressivo, presupporrebbe sempre l’esistenza di una frustrazione (stimolo) ed esso
condurrebbe all’aggressione (risposta). L’impedimento al raggiungimento di un intento
può essere una delle cause della condotta criminosa.
57. Nuove correnti della psicologia contemporanea: psicologia cognitiva e
psicologia costruttivistica
La psicologia cognitiva si basa sul presupposto che la mente è simile al computer. Il
cognitivismo nasce in opposizione al comportamentismo, secondo questo orientamento
la mente non è passiva, ma agisce elaborando secondo un preciso progetto
comportamentale.
Nell’ambito della criminologia: la condotta criminosa è vista come frutto di un
progetto
comportamentale, il delinquente non è più un individuo governato dalle pulsioni ma la
mente umana è programmata per risolvere i problemi mano a mano che si presentano.
La psicologia costruttivistica dice che è difficile limitarsi ad osservare il
comportamento, bisogna interpretare gli eventi valorizzando la storia individuale dei
soggetti, indagando il comportamento delittuoso da più ampia angolatura.
Cap. 4 Biologia e criminalità
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58. Approccio naturalistico
Tale approccio riserva particolari attenzioni a fattori quali istinto, ereditarietà,
predisposizione all’aggressività; può essere limitativo solo se inteso come unica fonte di
conoscenza, considerando l’uomo come essere esclusivamente biologico.
59. Teorie della predisposizione: eredità, genetica e delitto
La predisposizione innata al delitto è da escludersi; la criminalità infatti è un
comportamento definito tale per convenzione sociale e perciò variabile a seconda della
cultura e delle norme;
esistono invece delle relazioni fra la struttura
biologica degli individui e certi aspetti della loro
mente che possono favorire la criminalità: l’ereditarietà va considerata in questa
prospettiva.
L’aggressività ha una matrice genetica. Bisogna separare i fattori genetici da quelli
ambientali:
Es. gemelli omozigoti allevati in contesti familiari diversi ed esaminati a distanza di
anni,
hanno fatto rilevare alcuni tratti comportamentali e aspetti psichici simili.
Sono state anche studiate le famiglie di criminali ed è emerso che il maggior numero
di
criminali presenti all’interno di dette famiglie è dovuto, non tanto a fattori ereditari,
quanto
all’ambiente familiare depravato e al pessimo modello dei genitori. E’ semplicistico
parlare di disposizioni ereditarie al delitto, l’ereditarietà ha importanza per certi aspetti
del temperamento e del modo di reagire agli eventi della vita ma non si può invocare
per la criminalità; si possono solo studiare eventuali predisposizioni caratteriali come
l’aggressività o lo scarso controllo delle emozioni e delle pulsioni che possono favorire la
condotta criminale.
Negli anni ’60 si avanzarono ipotesi circa tendenze innate alla criminalità dovute ad
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anomalie nei cromosomi, consistente in una Y in più: questa anomalia è associata ad
altre caratteristiche come ritardo mentale e difficoltà di apprendimento; perciò il
rapporto tra XYY e aggressività è almeno concusale: non essere ben equipaggiati per
capire il mondo che ci circonda e le emozioni altrui può favorire comportamenti
anomali, anche se molti soggetti pportatori di questa anomalia non sono affatto
violenti. Studiando il DNA (programma Genoma) si è riscontrato che tratti quali
l’intelligenza, l’aggressività e la timidezza abbiano
una componente ereditaria.
60. Teorie degli istinti: l’orientamento istintivistico e quello ambientalistico
Delinquenti si nasce o si diventa?
Secondo il vecchio orientamento istintivistico per istinto si intendeva la tendenza ad
agire senza avere alcuna consapevolezza dello scopo ultimo cui il suo agire mirava; gli
istinti erano trasmessi esclusivamente per via ereditaria e che fossero in numero
relativamente scarso (istinto di conservazione, di difesa della prole, del territorio). Essi
erano concepiti come una potenzialità innata, come un’energia che spinge all’azione
senza alcun apporto dell’ambiente. Lorenz ed altri etologi hanno temperato questa
visione assolutistica,
affermando che gli istinti sono “schemi generali – schemi di azione”, cioè l’istinto è una
tendenza a fare certi atti in un certo modo quando si presenta lo stimolo ambientale
adatto a far scattare questo “bisogno di agire” secondo modalità geneticamente
predeterminate, l’istinto quindi non è più una sorta di innata saggezza che porta
l’animale a compiere ciò che è utile per lui o per la specie indipendentemente da quelle
che sono le condizioni dell’ambiente ma una modalità di azione che si innesca solo se
nell’ambiente ci sono gli stimoli adatti.
Perciò qualsiasi essere vivente e il suo ambiente naturale non sono concepibili
separatamente
e si influenzano.
L’orientamento ambientalistico si contrappone a quello istintivistico e prevede che
non si possa distinguere ciò che è innato da ciò che è appreso; la genetica si
manifesterebbe solo nella diversa capacità dell’animale di recepire e apprendere i
messaggi provenienti dall’ambiente; l’ambiente sarebbe in definitiva il principale
fattore inducente le varie
modalità di condotta.
L’orientamento correlazionistico supera la contrapposizione precedente e prevede
l’interazione tra istinto e ambiente. Gottlieb propone due distinti tipi di
comportamento:
1. Comportamento innato, dove conta la determinante ereditaria, senza intervento
dell’ambiente, tipica degli esseri viventi più semplici
2. Comportamento acquisito: risultante integrata sia dei fattori genetici sia dei fattori
ambientali, tipico degli uomini e degli animali superiori.
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Perciò alla domanda criminali si nasce o si diventa, si potrà dire che, fermo restando
che il crimine è un fatto culturalmente e non biologicamente definito, alle determinanti
genetiche si può imputare una maggiore propensione all’impulsività e all’aggressività, a
loro volta fattori predisponenti di una certa delittuosità.
61. La sociobiologia
Si è imposta all’attenzione con l’opera di Wilson Sociobiologia – la nuova sintesi.
Studio sistematico delle basi biologiche di ogni forma di comportamento sociale,
partendo dall’osservazione delle società di animali ed estendendola poi alle società
umane.
Ogni comportamento sarebbe frutto di una strategia biologica rivolta alla conservazione
della specie, dunque egoismo o altruismo non avrebbero alcuna valenza etica o morale.
In sociobiologia è fondamentale l’utilizzo della teoria dell’evoluzione quale paradigma
valido per
spiegare anche il comportamento umano: i comportamenti aggressivi, le violenze e le
prevaricazioni sui più deboli non sono comportamenti scelti e voluti ma una
conseguenza della selezione naturale che ha privilegiato i più forti, violenti e aggressivi.
62. L’aggressività nella prospettiva biologica
E’ dimostrata l’esistenza di un rapporto dinamico tra rabbia e paura e tra ansia e
aggressività (proto-emozioni). L’ambiente esercita un ruolo fondamentale.
L’aggressività in campo animale è solitamente rivolta a :
• scelta sessuale
• controllo del territorio
• organizzazione gerarchica – semplici rituali aggressivi.
• difesa della prole
Bisogna distinguere tra aggressività interspecifica (molto rara) e aggressività
intraspecifica.
Nel comportamento animale l’aggressività è sempre funzionale con finalità biologiche e
non mette mai in pericolo la specie, perché frenata da meccanismi inibitori (es lotta tra
2 lupi, il soccombente offre il collo ma il vincitore non lo morde); questi meccanismi
nell’uomo sono andati perduti, ed è perciò diventato l’essere più distruttivo presente
sulla Terra. Una spiegazione di questa distruttività è data dalla Teoria Triunitaria (Mc
Lean) che fornisce informazioni sull’organizzazione evolutiva del cervello umano che
sarebbe costituito da tre
tipi di sistemi:
1. Struttura filogeticamente più antica: attività istintuale difesa del territorio, caccia etc
2. Controllo stati emozionali (rabbia, paura etc)
3. Sistema più filogeneticamente più recente ha consentito all’uomo di sviluppare
capacità intellettive
Suddetta teoria può fornire un modello atto a spiegare taluni comportamenti delittuosi
come
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i reati d’impeto, compiuti sotto la spinta di istinti o emotività eludendo i controlli
superiori.
63. Aggressività e neuroscienze
Le neuroscienze hanno prodotto importanti ricerche tra i difetti neurologici e la
propensione all’aggressività. Il comportamento violento è stato associato a disfunzioni o
lesioni dei lobi temporali: ci può essere irritabilità, aggressività verbale (urla, linguaggio
scurrile), atti distruttivi, comportamenti bizzarri, discorsi logorroici e offensivi o
minacciosi. Anche fattori biochimici e neuroendocrini possono portare a un aumento
dell’aggressività; inoltre le
difficoltà emotive e le deprivazioni affettive danno conto di una condotta più incline
all’aggressività. Dunque, ecco spiegato il perché taluni individui, prescindendo dalle
condizioni
ambientali, sono più inclini alla violenza.
64. Aggressività umana, cultura, criminalità violenta
L’aggressività umana è ben diversa e più rilevante di quella degli animali non avendo
meccanismi di contenimento; proprio per differenziarla da quella degli animali,
l’aggressività umana è stata definita da E. Fromm aggressività maligna o
distruttiva.
Egli ha distinto due specie di aggressività:
• benigna-difensiva comune a tutte le specie animali superiori
• maligna o distruttiva non istintuale che dipende dalla struttura sociale.
L’aggressività è divenuta un valore culturale, essendosi dimostrata vantaggiosa per
acquisire potere: essa diventa violenza per distinguerla dall’aggressività istintuale e,
come violenza, è uno dei contenuti basilari di norme, valori, credenze che costituiscono
la cultura. La cultura rappresenta lo strumento fondamentale di controllo del
comportamento: per contenere
la violenza si è fatto ricorsi a strumenti quali le leggi, le norme etc. però ciò ha creato
una
situazione di contraddittorietà (messaggi contrari alla violenza e cultura della violenza
sono in contrasto) e ambivalenza (norme, leggi e religione lanciano messaggi che
mirano a
inibire l’aggressione, ma nello stesso tempo valorizzano l’aggressività nei confronti dei
nemici e dei diversi).
65. Struttura biologica e libertà
La condotta aggressiva non può essere spiegata solo in riferimento alle differenze del
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patrimonio genetico, ma devono essere considerate anche le esperienze, le
sollecitazioni e
il tipo di ambiente nel quale l’individuo ha vissuto.Se per esempio un soggetto vive in
un ambiente familiare ove l’aggressività è giudicata negativamente, è combattuta
efficacemente dalle norme o non vede intorno a sé esempi di comportamento violento,
l’eventuale maggiore predisposizione all’aggressività avrà meno possibilità di tradursi in
un comportamento violento e viceversa.
a. Cap. 5 – Tipologia e correlazioni dei crimini e criminali
66. Delinquenza e delitti
Delinquenza: termine generico per indicare comportamenti per i quali sono previste
dal
codice sanzioni penali.
Reato: usato per singoli atti delittuosi, in senso strettamente giuridico.
Delitto: per infrazione legge penale.
La fenomenologia dei delitti indica come si manifestano, seguendo un approccio
descrittivo.
CRIMINODINAMICA “COME”
CRIMINOGENESI “PERCHE’”
67. La delinquenza minorile e la delinquenza per classi di età
• Delinquenza dei minorenni rilevante: 1) per non percezione del rischio
2) per il desiderio di trasgredire
3) l’importanza del gruppo di riferimento
Sono comunque reati di poco conto, perlopiù contro il patrimonio (Mickey Mouse
crimes)
• Delinquenza infraquattordicenni : baby killers.
Fenomeno del bullismo : prepotenze di bambini o adolescenti che infieriscono su un
coetaneo indifeso.
In Italia utilizzo dei minori da parte della criminalità organizzata per bassa
manovalanza
• Adulti 18-65: fornisce il più alto contributo, culmine tra i 18 e i 30.
• più giovani: furti auto, moto, rapine, scippi, atti osceni, violenza carnale.
• più maturi: frode, bancarotta, pedofilia, esibizionismo.
• Oltre i 65 anni: i vecchi delinquono molto meno dei giovani, anche per minor smania
di accumulare denaro.
Aumentano però gli anziani che per la prima volta commettono reati, questo per
1) scadimento freni inibitori per sopraggiunti fenomeni involutivi mentali
2) l’emarginazione a cui sono soggetti e per la scarsa considerazione di cui godono nel loro
contesto
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• Meno reati contro il patrimonio ma più:
Violenza verbale
• Pedofilia e reati di natura sessuale
I recidivi persistenti, di solito hanno iniziato molto presto la loro condotta criminale: c’è
una correlazione positiva tra persistenza condotta criminale ed età in cui è stato
commesso il primo reato.
68. La delinquenza femminile
Negli ultimi anni è in diminuzion(13-15%).. Questa criminalità riguarda i reati contro il
patrimonio e meno reati contro la persona. Pochi i delitti commessi dalle donne (5%)
e soprattutto con motivazioni diverse dall’uomo. Aumentano i casi di figlicidio o per
impulso contro il pianto del bimbo o perché incapaci di affrontare i compiti relativi alle
necessità del figlio. Tra le dinamiche particolari di figlicidio:
Sindrome di Medea attuato per vendetta sul coniuge, in cui si sposta il risentimento
dal marito al figlio
Sindrome di Munchausen inventare o procurare, somministrando per es sostanze
dannose, sintomi patologici al figlio in modo da sottoporlo a esami e interventi che
finiscono per danneggiarlo se non addirittura ucciderlo.
Però il numero di reati non conosciuti (numero oscuro) potrebbe essere più elevato
rispetto a quello maschile. Tra i reati più commessi:
• Furto al supermarket, taccheggio, furti delle colf, favoreggiamento del congiunto etc.
Spiegazione in chiave biologica:
• Minore quantità dell’ormone maschile del testosterone.
69. La delinquenza comune, occasionale e colposa
Sono delinquenti comuni tutti coloro che sono stabilmente inseriti nella sottocultura
criminale (delinquenza abituale e professionale). Vi rientrano:
• Delinquenti violenti (ladri,rapinatori,ricettatori,truffatori,omicidi)
• Singoli individui o piccoli gruppi al di fuori della criminalità organizzata
• Criminalità organizzata non mafiosa.
Non fanno parte della delinquenza comune:
Delinquenza occasionale che si differenzia dalla delinquenza comune, e riguarda le
persone che non sono abitualmente dedite alla delinquenza. E’ occasionale il delitto che
appare come un fatto unico, difficilmente ripetibile.Non fanno parte della
delinquenza occasionale i reati gravi. Vi possono essere delle circostanze favorevoli alla
delinquenza occasionale riducendo le resistenze normalmenti presenti a inibire le
tentazioni:
• furti nei magazzini, uffici, colf etc
Delitti per situazioni critiche:
• situazioni difficili (bisogno di soldi).
Delinquenza colposa: quella che non riguarda un atto volontario, ma negligenza o
imprudenza.
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70. La sottocultura delinquenziale
La sottocultura si riferisce al concetto di gruppo e al senso di appartenenza che esso
comporta.
Nella sottocultura delinquenziale non costituisce motivo di discredito l’inosservanza
del
codice penale. E’ presente un gergale proprio, regole etiche non scritte dalle quali
scaturiscono valori, ritualità condivise dal gruppo e in contrasto con la morale vigente.
L’apprendimento di tali regole avviene per rapporto diretto.
• Sottocultura degli zingari: furti in appartamento, taccheggi. Elevatissimo
recidivismo.
Donne e bambini – provvedimenti detentivi
• Sottocultura dei drogati: prima c’era una sorta di ideologia (oggi non più). Cultura
Hippy.
Spaccio, furti, rapine, scippi.
• Sottoculture delle bande giovanili: hanno alla loro origini, ragioni di tipo
psicologico
e sociale: ribellione adolescenziale, bisogno di aggregazione, mancanza di ideali
collettivi,
rifiuto del mando degli adulti, marginalità dei giovani.
Shaffer e Ferracuti (1987) studianto 1300 bande minorili di Chicago ne hanno distinte
4
tipi:
1. Banda diffusa:forma rudimentale di raggruppamento giovanile con una guida labile
2. Banda solidificata:più largo sviluppo con elevato grado di lealtà
3. Banda concenzionalizzata: tipo club atletico-sportivo
4. Banda criminale
Fra i vari tipi di bande vi sono:
• Quelle che condividono una conflittualità nei confronti della società che si manifesta
con modalità meramente aggressive o distruttive
• Bande informali : piccoli gruppi occasionali con un unico obiettivo:violenza infatti
manca la finalità lucrativa (es bande di sudamericani)
• Club Ultras: calcio, si infiltrano anche soggetti violenti
71. Associazioni di tipo mafioso e criminalità organizzata
Le associazioni di tipo mafioso sono chiamate criminalità organizzata:
Mafia, Camorra, N’drangheta, Sacra Corona Unita pugliese.
• Imprese criminali: criminalità organizzata di stampo non mafioso
• Associazioni di tipo mafioso: criminalità organizzata di tipo mafioso.
Si distinguono per:
• estensione multinazionale dei loro traffici
• fonti di reddito delittuose
• riciclaggio denaro sporco
• organizzazione interna e loro struttura
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Hanno una remota origine storica:
• Mafia tradizionale dei galeotti (Sicilia) nata e cresciuta sulle spalle dei latifondisti
• Mafia Italo-americana anni ’30 emigranti siciliani
• Mafia italiana del primo dopoguerra (pubblci appalti, speculazione aree urbane)
• Mafia recente: mercato della droga e delle armi.
•
•
•
•
•
•
•
Caratteristiche della criminalità organizzata di tipo mafioso.
Edificare un impero finanziario
Fisionomia associativa gerarchicamente organizzata di grande efficacia x ottenere obbedienza
assoluta e omertà
Accumulo di enormi quantità di denaro liquido
Reinvestimeno di capitali illeciti in attività legali
Segretezza e riservatezza sulle sue strutture
Collusione con elementi governativi, capacità di influenzare le elezioni (voto di scambio)
Inquinamento della polizia e della magistratura
Il sistema criminale tende a costituire uno Stato nello Stato, fondamentale è il controllo
del
territorio. La lotta alla mafia non si piò affrontare con gli abituali sttrumenti di
repressione ma impone tecniche nuove: collaboratori di giustizia
72. Imprese criminali
Le imprese criminali si differenziano da quelle di tipo mafioso per:
• Non si propongono come Stato nello Stato
• Non trafficano in stupefacenti
• Hanno solitamente una facciata legale (aziende export etc) dirette da insospettabili
• Non hanno collusioni con il potere governativo.
• Si occupano di Auto rubate – usura – furto merci TIR – tratta prostitute
internazionali – contrabbando sigarette.
73. Criminalità economica
Riguarda illeciti realizzati nello stesso contesto dove si producono beni e servizi
(criminalità dei colletti bianchi). La diffusione telematica favorisce il compimento dei
reati economici dando la possibilità di accedere facilmente a notizie, documenti, banche
dati.
• Professionisti (corruzione, falsità, violaz segreto professionale, colpa professionale)
Pubblici funzionari (corruzione, concussione, falso in atto pubblico)
• Criminalità delle imprese:falso in bilancio, frodi sui brevetti, inquinamento
ambientale, inosservanza regolamenti antinfortunistici, concorrenza sleale, speculazioni
ed illeciti in Borsa
• Lucro personale di uno o più appartenenti allo staff dirigenziale per accrescere in
maniera
illecita il profitto di un’impresa: evasione fiscale.
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Maggiore è il prestigio del reo più facilmente mascherabile l’illecito,anche x inefficenza
dello Stato sui controlli. L’indice di occultamento di questi reati è elevatissimo. Il fine
primario non è il crimine (come x la criminalità organizzata) ma il profitto.
Anche se spesso non vi è violenza fisica, e questo spiega il minor allarme sociale, se la
criminalità economica si congiunge con quella organizzata si può arrivare anche
all’omicidio: “per un tale ammontare di denaro le persone possono uccidere” (Calvi:
infatti venne ucciso).
Danno economico molto elevato ma di minore impatto di uno scippo o una rapina a
volte non è nemmeno percepito dalle stesse vittime che diventano vittime invisibili.
La sanzione penale (scarsa) spaventa assai poco i colletti bianchi, peggio è il momento
precedente, quando si viene a conoscenza della sottoposizione a indagine,
compromettendo relazioni sociali, perdendo amici, lavoro, credito bancario e morale.
Negli USA è stato sperimentato il sistema Middleground sanctions sanzioni a metà
strada
civili-penali detti anche Ibridi di Yale (perché è stato studiato in quell’università)
vengono applicate elevate sanzioni pecuniarie come se fossero una pena (che non
potrebbero
essere applicate a una SpA o una multinazionale).
74. Il terrorismo
•
•
•
•
Il terrorismo ha assunto le attuali caratteristiche dopo la 2a guerra mondiale quando la
lotta
politica si è posta l’obiettivo di ingenerare terrore nella popolazione.
Sequestri di persona e cattura di ostaggi
Distruzione di infrastrutture e sistemi di trasporto
Sequestro di aerei o navi
Fabbrica, detenzione e uso di armi, esplosivi,armi atomiche, biologiche e chimiche.
Il terrorismo oltre a colpire gli appartenenti alla classe politica colpisce la popolazione con il
chiaro intento di destabilizzare il paese.
Il terrorismo può essere definito come un metodo di lotta che si fonda sulla violenza e che si
riversa sulla collettività creando un diffuso senso di insicurezza. Quest’ultimo aspetto è di
fondamentale importanza: colpiscono non solo persone dell’establishment ma anche ignari
cittadini. La paura provocata è forte all’indomani dell’evento ma tende poi a ridursi, perciò i
terroristi “intervengono” ogni volta che la tensione sembra diminuire.
Transnazionalità: tutti si muovono e operano in continenti e nazioni diverse.
Nel 2004 l’UE introduce il “principio di disponibilità”: i vari stati devono condividere le
informazioni di comune utilità: solo con l’intelligence si può contrastare il terrorismo. Inoltre
bisogna colpire la base di finanziamento economico cosiderando che mentre l’atto criminale
precede l’accumulo di ricchezze, nel terrorismo avviene il contrario: l’accumulo di ricchezza
precede l’atto criminale : il denaro diventa un mezzo e non fine.
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75. Delitti per lucro
Per quanto concerne una suddivisione in funzione del movente (motivazione a
delinquere
consapevole) vi sono i delitti per lucro. Il denaro e la ricchezza sono mete prioritarie
della nostra cultura perciò tutti le perseguono e se non è possibile ottenerli con mezzi
leciti questi obbiettivi vengono raggiunti con il delitto. Accade di volersi appropriare di
beni anche per altri
motivi:
• Valore simbolico di oggetti di consumo;per possederli almeno temporaneamente non
potendoli avere in modo stabile e legittimo (furti d’auto e moto tra giovanissimi)
• Delinquenza ludica: attuato per il gusto del rischio o per noia, per fare una bravata o
per affermare la propria virilità, manca lo scopo utilitaristico, ci può essere grave
danneggiamento e sadismo su persone e animali.
Quando il reddito procapite cresce, aumentano anche le rapine e i furti:scippi, borseggi
e furti sono commessi nel settentrione dove c’è più benessere.
Vi sono variazioni stagionali e orarie: + furti in appartamenti in luglio-agosto,+ rapine
in banca il 27/28 del mese…
76. I computer crimes
Elettronica e informatica hanno rivoluzionato il modo di comunicare, moltiplicando a
dismisura la diffusione delle informazioni e la possibilità di conoscenza; anche il crimine
ha approfittato dell’occasione escogitando una serie di nuovi reati: il legislatore si è
trovato a far fronte a situazioni fino a pochi anni fa impensabili, rivedendo molte norme
per poter sanzionare reati tra loro molto diversi. Sono crimini informatici
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Falso in documenti informatici
Danneggiamento dati e programmi
Sabotaggio informatico
Accesso abusivo sistemi informatici
Riproduzione non autorizzata di programmi protetti
Immissione di virus
Spionaggio elettronico
Sviluppo di reti di comunicazione tra gruppi xenofobi/pedofili/terroristi…
Questi rati presuppongono intelligenza e una preparazione notevole. Si distinguono:
crimini per mezzo del computer: reati commessi immettendo istruzioni fraudolente
nella memoria del computer
crimini che sfruttano l’uso del pc: per svolgere operazioni finanziarie illecite, cioè falsi e
truffe.
Tra questi c’è il pharming e il phishing che con dei software cercano di carpire dati
personali o aziendali finalizzati alla sottrazione di denaro o dati sensibili.
Il numero oscuro è elevatissimo (nel 2004 solo 65 autori di reati individuati su 55379
casi denunciati) ) perché:
• occorre una buona conoscenza dell’informatica per scovarli
• per scongiurare imitazioni, i fatti spesso non vengono denunciati dalle aziende.
• Sfiducia dei cittadini nelle possibilità di soluzione da parte delle forze dell’ordine.
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77. Delittuosità aggressiva e omicidio
l’aggressività è la motivazione a delinquere che nella frequenza segue subito dopo
quella del lucro, e a volte le 2 motivazioni si sommano (rapinatore che infierisce sul
rapinato).
•
•
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•
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•
Le pulsioni aggressive vengono normalmente regolate da norme, leggi e valori etici.
Accade
di sublimare tale pulsioni in attività socialmente accettate: carriera militare, caccia,
sport
competitivi etc. Il delitto per motivazione psicologica direttamente aggressiva si
realizza quando le pulsionalità violente prevalgono e si dirigono direttamente contro
l’avversario. Vi è inoltre
Aggressività fisica percosse, lesioni,sevizie fino all’omicidio
aggressività verbale ingiuria, calunnia,diffamazione, oltraggio
aggressività sulle cose distruzioni, danneggiamento, incendi
Condotta aggressiva transitoria effetto di una diminuzione temporanea dei meccanismi
inibitori (nel corso di risse, litigi, per gelosia,odio,vendetta)
Violenza culturale legata ai valori violenti del contesto sociale
Aggressività per paura,se non c’è via di fuga,per ubriachezza,droga,stress
Il più rilevante è senz’altro l’omicidio I motivi possono essere i più svariati: lucro,
amore, odio, invidia, vendetta etc.E’ definito il più “intimo” dei reati perché colpisce per
lo più familiari, amici, conoscenti. E’ il + basso reato con numero oscuro; il tasso di
omicidi nel 900 si è dimezzato, ma cresce nei periodi di crisi economica e nei periodi
post bellici.
In Italia per 100.000 abitanti tasso del 1,3 media europea 2,7; con forti differenziazioni
geografiche, nel Sud per criminalità organizzata, nel Nord in famiglia.
Ad eccezione degli USA ( forse x facile disponibilità armi da fuoco, oppure x
deprivazione sociale ed economica, specialmente nei giovani neri) il numero di omicidi è
inversamente proporzionale al benessere: si uccide di più nei paesi poveri.
Si differenziano anche a seconda dell’ambiente: ambiente mafioso, prostituzione,
famiglia etc.
Vi sono poi gli omicidi commessi dai disturbati mentali
Inoltre vi è chi compie più omicidi: serial killers, che uccidono non x raziocinio ma per
in bisogno interno psichico.
Ci sono 4 tipi di omicidi seriali:
Visionary type mosso da allucinazioni imperative che impongono di uccidere
Mission Oriented type intenzionato a ripulire il mondo
Edonistic ricerca il proprio piacere, il che comporta omicidi x il puro brivido
Power/Control type uccide perché ricava godimento dal potere assoluto sulla vittima.
Non sempre i seriali sono affetti da grave malattia mentale e incapaci di intendere.
78. I delitti sessuali
I più significativi tra i delitti sessuali sono sicuramente i delitti sessuali violenti, però
sono
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da includere nella medesima categoria anche:
• Incesto tra adulti consenzienti
• Delitti d offesa al pudore
• Atti osceni in luogo pubblico
Non vi rientrano quelli relativi alla prostituzione.
I delitti sessuali sono compresi tra i “delitti contro la persona”, prima erano “contro la
moralità”. Con la normativa del 1996 tutti i reati sessuali sono unificati e non più divisi
come nel codice Rocco. La nuova legge, ha inoltre aumentato la pena per i reati
sessuali,
che però è diminuita per quelli di minor gravità. Sono previsti aggravi di pena in caso di
minori, violenza sessuale di gruppo, induzione all’atto sessuale.
Ne sono esclusi gli atti sessuali tra minori con più di 13 anni e con meno di 3 anni di
differenza tra loro.
Di particolare gravità è la pedofilia cioè la preferenza per bambini in età pre o puberale;
anche se non sempre è associata a violenza vera e propria questa condotta è
censurabile perché si rivolge a soggetti non in grado di prestare un valido consenso non
essendo sufficientemente maturo per comprenderne le implicazioni. Numero oscuro
altissimo (90-95%)
79. La delittuosità nella famiglia
Può avere luogo per:
• Conflittualità di natura economica.: contrasti ereditari, pagamento alimenti
• Moralità: induzione alla prostituzione dei figli o moglie.
• Sessualità: incesto o violenza sessuale su figlie o moglie
• Violenza morale e psicologica
• Violenza fisica
• Conflittualità tra partner: uxoricidio. Uomo che uccide la moglie: spesso vi è una
precedente storia di abituale violenza, inoltre le donne che stanno separandosi sono
maggiormente a rischio. A proposito di ex c’è il fenomeno dello stalking, appostamenti,
pedinamenti e ricerca molesta di contatto e/o comunicazione.
Oggi sono molto più denunciati; gli omicidi tra le mura domestiche, sono per la maggior
parte compiuti dagli uomini, anche se esiste ancora il parricidio in cui il padre viene
ucciso perché ostacolo al raggiungimento della felicità o più banalmante per
impossessarsi dell’eredità
Spesso le vittime della violenza familiare fisica sono i bambini (Battered child
syndrome). Vi è anche un maltrattamento psicologico, sia nei confronti del coniuge che
dei figli, con apprezzamenti offensivi, frasi di disistima, tentativi di sminuire il ruolo del
coniuge.
Ultimamente c’è anche la sindrome di alienazione parentale cioè un genitore fa di
tutto per mettere in cattiva luce l’altro creando confusione nel bambino per l’incapacità
di fruire di solidi modelli di identificazione.
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Per ciò che riguarda l’incesto, esiste un gran numero occulto di questi casi; molto più
frequente padre/figlia che non madre/figlio. Fra i padri incestuosi frequentemente ci
sono siggetti violenti, alcolisti e padri-padroni. Vi sono anche casi di infanticidio,
in diminuzione grazie al cambiamento della morale e per la fine del discredito gettato
sulla madre nubile: questo delitto comporta una pena molto inferiore.
80. Correlazioni tra famiglia e delinquenza
La famiglia può intervenire nella condotta criminosa dei suoi membri, specialmente i
figli, per contrastarla o favorirla.
Nella prospettiva dei valori etico-culturali, la famiglia rappresenta il principale canale
di
comunicazione normativo attraverso cui sono appresi fin dall’infanzia le regole da
rispettare e le condotte da evitare, influenza perciò la formazione di chi vi cresce. La
famiglia rispecchia abitualmente i contenuti della classe o ceto di cui fa parte, perciò se
la famiglia è inserita in una sottociltura deviante può essere favorito l’apprendimento di
quei valori sottoculturali.
Inoltre opera come agenzia di controllo del comportamento, attraverso premi,
punizioni vigilanza influisce sul comportamento dei suoi componenti. La perdita
dell’autorevolezza
della famiglia è tra le cause del proliferare della delinquenza giovanile, ma anche
l’educazione eccessivamente rigida può generare future difficoltà. La famiglia fornisce,
inoltre,
le prime regole di rapporto gerarchico, definendo i prototipi dell’autorità rendendo
consapevoli che i rapporti tra gli uomini sono regolati da diversi livelli di autorità.
La famiglia rappresenta il principale nucleo di appoggio e di gratificazione
affettiva, in mancanza di questo la personalità ha più probabilità di strutturarsi in
modo scarsamente armonico, favorendo la comparsa di personalità disturbate,
immature, insubordinate con condotte violente e oppositive. Anche l’iperprotezione
però è foriera di disturbi comportamentali.
In seno alla famiglia hanno luogo i primi processi di identificazione. Tali fattori sono
tutti
importanti, perché una delle cause della criminalità è da individuarsi nella disgregazione
e
inadeguatezza della famiglia.
81. Carriera scolastica e criminalità
Nei delinquenti abituali è facilmente riscontrabile carenze nel curriculum scolastico,
soprattutto fra coloro che provengono da ambienti miseri. Spesso l’appartenere ad un
ambiente di degrado socio-economico può causare anche l’arresto precoce degli studi
scolastici. Altri fattori importanti sono alcune caratteristiche individuali: svogliatezza,
disinteresse per l’apprendimento, incapacità di tollerare le frustrazioni etc. e il ruolo
esercitato dal bambino: es escluso, marginalizzato, eterno ripetente sono condizioni
che influiscono sullo sviluppo della personalità.
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82. Condizioni economiche, delinquenza povera e delinquenza ricca
Povertà e squalificazione sociale furono a lungo considerate le principali cause della
condotta
criminale. La correlazione tra povertà e criminalità è solo in parte vera, ma l’identificare
la
criminalità come conseguenza diretta di carenze economiche è assolutamente erroneo.
• Delinquenza povera: è anche detta microcriminalità o criminalità da strada.
Procura poveri profitti es rubare ferrivecchi, scippi di catenine, etc senza procurare
sofferenza alle vittime. Delinquenza povera, commessa da poveri¨quando non si tratta
di ragazzi
alle prime armi gli autori sono persone inette, falliti e diseredati, molti sono alcolizzati
cronici o tossicomani rassegnati a una vita di stenti, oppure neoimmigrati. Tali reati
sono compiuti da chi vive ai margini, da chi integra i sussidi con i magri bottini dei
furtarelli.
• Delinquenza ricca: che produce alti proventi e commessa da ricchi es delinquenza
economica dei colletti bianchi, criminalità organizzata mafiosa e delle imprese criminali.
La criminalità è aumentata nei paesi europei più industrializzati, quindi non
è il pauperismo (mancanza di beni necessari alla sopravvivenza) a provocare la
criminalità. Il problema attuale riguarda una diversa distribuzione di beni e
opportunità=deprivazione relativa.
Non esiste quasi più la povertà ma esiste ancora distribuzione dei beni di consumo, una
sperequazione differenza tra chi possiede e chi non riesce a possedere. La povertà è
una
condizione relativa al tempo e allo spazio e va posta sempre in rapporto a certe
situazioni. Oggi è povero non chi non ha cibo o un tetto, ma chi non può permettersi
elettrodomestici,
vestiti alla moda, fare vacanze.
83. Delinquenza e primi flussi migratori
Gli emigranti sono in prevalenza uomini di giovane età, spesso sono oggetto di
discriminazione. Per ciò che riguarda il profilo storico i flussi sono molto diversi :
• - XIX° sec. Flusso immigratorio negli USA anche di italiani, soprattutto del meridione.
Questo flusso, comportò anche l’innesto della criminalità mafiosa,che si impiantò e
proliferò conservando stretti legami con la Mafia siciliana. Iniziò con la produzione e il
contrabbando di alcolici (all’epoca del proibizionismo), prostituzione e attualmente
traffico di stupefacenti. Ad eccezione di questo fenomeno, non si riscontrò un aumento
della
criminalità dovuto esclusivamente all’emigrazione, vi furono infatti altri fattori, fra i
quali
la crisi economica del 1929, come dimostra una ricerca di Sellin rivelò che la
criminalità aumentò tra i figli degli immigrati poiché tutti i fattori ambientali negativi si
ripercossero
soprattutto su di loro. Contribuirono alla criminalità soprattutto gli emigranti negli USA
provenienti dall’America latina.
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• Dopo la IIa guerra mondiale da Spagna, Grecia, Turchia e Italia verso: FRANCIA,
BELGIO,
SVIZZERA E GERMANIA. L’Italia esportava manodopera. Fu riscontrata quasi ovunque
minore criminalità. Immigrazione diversa da quella negli USA perché non comportò un
trasferimento in pianta stabile.
• Negli anni ‘50-’70 ci fu un incremento del flusso migratorio tra il meridione e il Veneto
e il
triangolo industriale del nord Italia, con discreto aumento della criminalità dovuta
anche
al rapido mutamento causato dalla rapida industrializzazione. Si è piuttosto assistito
allo
spostamento geografico dal sud al nord di criminalità organizzata mafiosa.
84. Criminalità organizzata e nuova immigrazione in Italia
i. Il traffico di stupefacenti è uno dei più lucrosi traffici in cui operano anche organizzazioni
straniere, che si sono inserite nell’ambito di attività delle associazioni mafiose autoctone,
sebbene con ruoli diversi. Circa il 30% dei denunciati per violazioni della legge sui stupefacenti è
straniero ( marocchini, tunisini, algerini) che si collocano ai più bassi livelli della rete distributiva,
occupandosi soprattutto di hashish, mentre altre etnie, per es colombiana e turca, offrono
cocaina e eroina. Anche la criminalità albanese ha assunto via via più importanza, e smercia
grandi quantità di sostanze.
Il mercato della prostituzione è estremamente dinamico e sempre in evoluzione; le
italiane diminuiscono mentre aumentano esponenzialmente albanesi,rumene, nigeriane
e ultimamente russe e moldave. Spesso queste ragazze non sono consapevoli del
mestiere che andranno a esercitare pensando di fare le colf o le badanti; vengono poi
obbligate con la violenza. Nelle nigeriane c’è il ruolo delle maman che gestiscono le
ragazze e controllano che si dedichino realmente alla prostituzione; vengono usate non
solo violenza fisica ma anche psicologica con riti vudu che vincolano la ragazza a
rispettare l’impegno altrimenti gli spiriti maligni porteranno disgrazie a lei e alla sua
famiglia.
Un altro settore in cui è impegnata la criminalità straniera è quello dell’immigrazione
clandestina che trasportano illegalmente gli immigrati con nessuna misura di
sicurezza, poca umanità e barconi sovraffollati con il rischio che ogni viaggio possa
trasformarsi in tragedia.
85. Criminalità comune e nuova immigrazione in Italia
Gli immigrati delinquono più degli Italiani? Gli stranieri sono autori di reati
convenzionali di più facile individuazione (difficilmente saranno implicati in computer
crime), spesso sono giovani maschi più disposti a rischiare, spesso la causa è da
ricercare nell’ambiente degradato in cui vivono, nell’emarginazione e nelle condizioni
socio-economiche in cui vivono.
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86. Mass media e criminalità
• I mass media sono stati accusati di proporre modelli negativi es. visione positiva del
“criminale”, il farsi giustizia da sé, il proporre dei comportamenti violenti etc.
Però, l’influenza diretta è stata da molti contestata. Si può anzi affermare che i mass
media
esprimono i disvalori insiti in una data società: se la società è violenta lo saranno pure
la sua cultura, la sua tv, il suo cinema.
Il rapporto tra mezzi di comunicazione e criminalità può essere immaginato come un
sistema
circolare: Massmedia - destinatario – valori culturali.
• Col maggiore o minore gradimento, il destinatario viene a influenzare selettivamente
il messaggio stesso.
• Karl Popper scrisse un saggio sulla deleteria influenza dei media sui bambini.
87. Delinquenti recidivi
La legge distingue gli autori di reati in:
Primari: coloro che non hanno precedenti penali
Recidivi:
• Recidivi generici: coloro che dopo essere stati condannati per un reato,ne
commettono uno diverso, indipendentemente dalla natura del primo.
• Recidivi specifici: coloro che commettono reati della stessa indole (manifestazione di
un medesimo impulso delittuoso).
Purtroppo, il recidivismo rappresenta la regola e non l’eccezione ed è la prova che per
quel singolo reo le misure penali e carcerarie non hanno raggiunto l’effetto voluto.
La criminologia considera il recidivismo non tanto come la semplice successione
cronologica di più reati, ma piuttosto come l’espressione del persistere nel tempo di
motivazioni, di aspetti della personalità, di stile di vita, per i quali il recidivo tende a
perseverare nella condotta delittuosa. Vi sono svariati fattori:
• Fattori ambientali situazionali: tornare nel medesimo gruppo delinquenziale dopo la
pena.
• Interesse economico: fonte di reddito.
• Efficienza del sistema giudiziario; tanto più le pene sono poco severe tanto meno
intimidiscono.
• Effetti della carcerazione; sottocultura carceraria con identificazione di criminali
assunti a simboli di successo; inoltre in molti la detenzione viene vissuta come
un’ingiustizia.
• Effetti della stigmatizzazione teoria dell’etichettamento, anche chi volesse reinerirsi
trova difficoltà per i molti pregiudizi.
• Aspetti personologici; alcuni disturbi della personalità, maggiore aggressività etc..
In base al modo di percepire la pena sofferta:
• motivazione frenante ma inefficace per il permanere di condizioni di pauperismo o
stabile inserimento nella sottocultura deliquenziale
• Realtà indifferente delinquenti abituali, il carcere è un rischio del mestiere.
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• Motivazione facilitante la recidiva chi ricerca la tutela offerta dal carcere perché si
sentono inadeguati a conseguire beni per la sopravvivenza, rinunciano a lottare per un
rifugio.
88. I delinquenti pericolosi
Origine positivista, questa Scuola, infatti, dava importanza alla pericolosità del
criminale,
piuttosto che al crimine stesso. L’opposizione della Scuola Classica ha fatto sì che simile
orientamento non venisse inserito nel Codice. Il codice penale del 1930 ha cercato di
fondere le due prospettive creando la figur del delinquente socialmente pericoloso.
•Delinquenti sani di mente
Delinquente professionale
Delinquente per tendenza
Delinquenti infermi di mente
Una posizione equilibrata, appare quella che consideri la pericolosità come tratto
eventuale
e non come carattere indelebile, è importante la previsione circa la condotta futura.
Secondo il codice, la gravità della persona è valutata in
base a:
• Gravità del reato
• capacità a delinquere
89. Tipologia dei deliquenti secondo il criterio della normalità
Un delitto può essere giudicato normale o anormale, secondo una prospettiva
psichiatrica. Tra i cosiddetti anormali rientrano i: delinquenti con ritardo mentale,
tossicomani, cerebropatici, alcolisti, portatori di disturbi della personalità etc.;
normalmente i reati commessi da costoro sono per la maggior parte poco gravi.
Fra i delinquenti, sono predominanti quelli considerati da una prospettiva psichiatrica
come
normali (privi di deficienze psichiche). Non si deve pensare che i crimini più efferati
siano
opera di anormali poiché, spesso tali crimini sono opera di soggetti normali. Può
parlarsi
di anormalità anche in senso psicologico. Ogni individuo è unico e irripetibile,
ciononostante, esistono dei tratti psicologici più frequenti che si possono rilevare tra
coloro
che compiono delitti (instabilità, immaturità, impulsività, scarsa tolleranza ala
frustrazione
etc). E’ erroneo voler identificare il “delinquente tipo”, vi sono piuttosto, un’infinità
variabilità di individui che compiono delitti. Non è lecito far coincidere ciò che una
persona
fa con ciò che una persona è. La confusione tra personalità e comportamento ha
causato
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esisti disastrosi quali ad es. la teoria del Tipo normativo d’autore, di origine nazista, con
la
quale si pretendeva di identificare una tipologia psicologica per ogni reato (la psicologia
del
ladro, del truffatore etc), e prevedere la pena anche per il potenziale reo. Ciò che
veramente
distingue il criminale dal non criminale è la sua condotta. Per ciò che concerne la
normalità in senso sociale solo in tale prospettiva, il delinquente può essere
considerato
anormale perché non si adegua alle norme.
90. Tipologia dei delinquenti secondo responsabilità morale
La maggior parte dei delitti sono da considerarsi quale criminalità programmata,
come scelta di uno stile di vita o di una zione programmata. Tutti i crimini qualificabili
come
frutto di un programma o di un progetto delittuoso sono la conseguenza di una scelta
che è stata effettuata prima di commettere il fatto. La criminalità come scelta
subitanea
è invece frutto di un atto non programmato in precedenza, ma emerso dalle circostanze
del momento (raptus, reato d’impeto). Le due tipologie possono anche coesistere
es. rapina (programmata) con omicidio (uccide per paura). La reazione sociale è
differente,
nel caso della criminalità come scelta subitanea, la stigmatizzazione è minore, poiché si
vede
nell’atto compiuto una minore responsabilità morale.
Capitolo 7 : I disturbi mentali in criminologia
91. Introduzione
La maggior parte dei criminali è perfettamente normale da un punto di vista di
psichiatrico,
qualcosa di anormale può essere ricercato nella: insufficiente socializzazione,
inadeguatezza
dei valori-guida, carenza morale.
92. Evoluzione nella percezione e trattamento della malattia
• Prima dell’Illuminismo, non esisteva una chiara e univoca visione di ciò che era
denominato
follia. Spesso era considerata come malattia, senza una precisa distinzione tra colpa e
malattia.
• Dopo l’Illuminismo, nei primi anni dell’800, si riconobbe il folle come “malato di
mente” e come tale curabile. I malati venivano curati in appositi ricoveri, dunque
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• Nella seconda metà dell’800, nacquero i manicomi. Era la malattia in sé, più che il
singolo
malato ad essere considerato pericoloso.
• A partire dalla prima metà del ‘900 il malato cominciò a non essere più considerato
come
persona alienata. Nacque la psicoanalisi che evidenziò l’esistenza di malattie della
psiche
dovute a fattori psicologici e non organici. Nello stesso periodo la sociologia dimostrò
l’importanza dei problemi relazionali: individuo-società, individuo-famiglia etc.
A questo periodo risale l’abbandono della visione esclusivamente manicomiale del
trattamento
dei malati e le prime iniziative per un loro reinserimento in società.
• Negli anni ’60, il movimento dell’antipsichiatria arrivò a negare l’esistenza della
malattia
mentale. Nel 1978 (legge Basaglia n. 180) venne promulgata la legge che ha sancito la
chiusura dei manicomi.
• L’introduzione della psicofarmacologia ha consentito di fare ulteriore passi in avanti
per la cura dei disturbi mentali.
E’ altresì previsto un Trattamento Sanitario Obbligatorio quando:
1) si è in presenza di alterazioni psichiche
2) non accettazione delle cure
3) assenza di condizoni per adottare tempestive ed idonee misure sanitarie
extraospedaliere.
93. Imputabilità e malattia mentale
Già nell’antica Roma il folle non era ritenuto responsabili dei reati commessi e pertanto
non
veniva condannato. Nel XIX° sec. Si è andato ovunque diffondendo il principio giuridico
della
non imputabilità dei folli o ridotta imputabilità.
• Il metodo puramente psicopatologico: non punibili il malato che ha commesso un
reato, solo per alcune particolari patologie previste dai codici (psicosi, ritardo
mentale etc).
• Metodo esclusivamente normativo: è sufficiente che al momento del fatto il soggetto
sia giudicato incapace di intendere e di volere.
• Metodo psicopatologico – normativo: richiede il ricorso di una infermità mentale e la
valutazione dell’incidenza sulla capacità di intendere e di volere.
Capacità di intendere e di volere sono requisiti indispensabili per poter essere
imputabili;
l’imputabilità in Italia si acquisisce a partire dal 14° anno di età.
L’intendere prevede la capacità di discernere il bene dal male, il lecito dall’illecito. Il
volere
implica l’esercitare in modo autonomo le proprie scelte.
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94. Vizio totale e vizio parziale di mente
Il CP distingue il Vizio totale di mente e il Vizio parziale. Il concetto di Infermità è
più
ampio di quello di malattia per il CP: qualsiasi manifestazione patologica in grado di
interferire sulla capacità di intendere e di volere. Si ha:
• Vizio totale di mente: se l’infermità comporta la totale perdita delle capacità di
intendere o di volere.
• vizio parziale di mente: se l’infermità è parziale.
Per aversi vizio di mente è sufficiente la parziale riduzione anche solo di una delle due
funzioni.
95. Pericolosità dei malati di mente
La pericolosità va accclarata caso per caso; da molti studi non c’è correlazione tra
malattia mentale e pericolosità; i fattori associati al comportamento violento sono gli
stessi nei sani
96. Elementi di nosografia psichiatrica
In psichiatria si parla di disturbo mentale e non più di malattia mentale. L’American
Psychiatric Association ha redatto il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi
mentali
IV versione (DSM-IV) per unificare a livello internazionale la terminologia
97. Ritardo mentale e demenze
Il ritardo mentale è caratterizzato da un deficit significativo rispetto alla media del
funzionamento intellettivo, comportante inadeguatezza o incapacità nell’adattamento
sociale.
Il ritardo mentale può essere:
• Lieve: alcuni casi possono dipendere da fattori extra organici: grave indigenza,
mancanza
di stimoli. Sono persone che partecipando alla vita sociale, possono avere un ruolo
anche
nell’attività criminale, ma per la loro vulnerabilità possono essere più facilmente vittime
delle
pressioni criminogenetiche del loro ambiente marginale.
Possono essere autori di crimini dettati dall’impulsività.
• Moderato: Possono essere più che altro strumento dell’attività criminosa
• Grave:
• Gravissimo: limitate possibilità di commettere reati.
I fattori causali di questo disturbo, sono prevalemente organici: alterazioni
cromosomiche,
infezioni, traumi etc.
Per quanto attiene alle Correlazioni tra intelligenza e criminalità può accadere che
oltre
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alle deficienze mentali, si unisca l’appartenenza a ceti altamente sfavoriti e questa
condizione può facilitare l’esito in senso criminale delle difficoltà del vivere. La
rilevazione
statistica su un gruppo di carcerati, indica un livello di intelligenza al di sotto della
media.
Non si può parlare in generale di correlazione fra insufficienza mentale e criminalità,
bensì
solo di una correlazione tra ritardo mentale, avverse condizioni sociali e criminalità di
basso
rango.
Le demenze implicano un deterioramento dell’attività psichica dovuta a (demenza
senile,
demenza vascolare, pre-senile alzheimer, da intossicazione alcolica o da stupefacenti o
da
trauma). La demenza è la perdita il ritardo mentale è un mancato sviluppo. I reati
messi
in atto da persone affetti da demenza sono per lo più legati allo scadimento dei freni
inibitori
e, sono, numericamente poco rilevanti.
98. Le Psicosi
Sono delle gravi patologie nelle quali la rilevante alterazione di molteplici funzioni
psichiche
impedisce l’integrazione con la realtà oggettiva.
Delirio: disturbo del pensiero che consiste in convincimenti e idee che risultano in
aperta
contraddizione con la realtà e che non recedono né all’evidenza né alla persuasione.
L’allucinazione: vedere, udire o percepire cose che non esiste.
Disturbi del pensiero: dissociazione: perdita dei nessi logici delle idee,
Incoerenza: il pensiero risulta assurdo, frantumato.
Alterazione della coscienza dell’Io: l’individuo può giungere a non riconoscersi.
La psicosi è una sindrome psicopatologica caratterizzata dal distacco più o meno
accentuato
fino alla perdita del contatto con la realtà; non è una specifica entità morbosa, ma un
insieme
di sintomi (sindrome) che si manifestano nel corso di molte affezioni es schizofrenia,
paranoia
99. Schizofrenia
La schizofrenia è uno dei più gravi disturbi psichiatrici. Tale disturbo comporta una forte
alterazione delle funzioni psichiche. Di solito esordisce nella prima adolescenza e
colpisce
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con uguale frequenza i due sessi. Questo disturba comporta un grave impoverimento
dell’intelligenza e della personalità tale da essere stato denominato demenza precoce.
Inizialmente può anche non esserci deficit intellettivo, anzi il soggetto può avere
un’intelligenza particolarmente brillante, ma poi può avvenire un deterioramento delle
facoltà intellettive. Spesso la storia infantile può essere caratterizzata da disturbi della
personalità (personalità premorbosa). L’esordio della malattia può avvenire in
concomitanza
di situazioni stressanti o di intossicazioni. Non sono ancora state scoperte le cause
primogene
di questo disturbo. Nel DSM-IV sono descritti 4 sottotipi di schizofrenia:
• Paranoide: presenza di un sistema delirante bizzarro.
• Disorganizzato: profonda disorganizzazione, può avere allucinazioni acustiche.
• Catatonico: prevalente espressione motoria catatonia con immobilismo e altro. Rara
• Indifferenziato: tipo misto.
• Residuo: meno grossolanamente alterato.
Nello schizofrenico prevale il mondo interno. Lo schizofrenico grave normalmente riceve
una
pensione di invalidità. Un aspetto clinico della schizofrenia è la mancata consapevolezza
rispetto al proprio stato. Fondamentale per la cura di questo disturbo è l’assunzione
corretta
di farmaci. Non è detto che lo schizofrenico sia pericoloso. Può verificarsi, nel caso in
cui i
sintomi psicotici prevalgano, il rischio di aggressioni a persone o cose. Può accadere
che la
schizofrenia si riveli proprio durante il compimento di un delitto violento delittosintomo.
Possono avere luogo anche psicosi reattive brevi.
100. Disturbo delirante
Il Disturbo delirante (paranoia)è caratterizzato da un sistema delirante stabile, coerente
e
duraturo, senza deterioramento della personalità. Altro tratto caratteristico è
l’esasperazione
del sentimento di certezza nei confronti dei propri convincimenti con assenza di senso
critico. Vi sono varie forme:
• Delirio da persecuzione: ci si ritiene vittime di ingiustizie, fatti di poco conto
vengono
interpretati come gravi e profonde ingiustizie verso se stessi. Spesso si ricorre alla
giustizia
per denunciare i presunti malfattori e si giunge al
• Delirio da querela:
• Delirio mistico-religioso: si atteggiano a profeti.
• Delirio erotomanico: il soggetto è convinto di essere oggetto di attenzioni amorose
da parte di un particolare individuo, spesso una star dello spettacolo.
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• Delirio di gelosia: il soggetto è infondatamente convinto che il partner gli sia
infedele.
• Paranoia involutiva o parafrenia: riguarda gli anziani afflitti da senso di
persecuzione di vicini o parenti.
I reati che può compiere il paranoico sono: la calunnia, molestia, ingiuria, le offese fino
ad
arrivare all’omicidio, magari del presunto persecutore.
101. Disturbi dell’umore
L’umore rappresenta la disposizione a provare sentimenti piacevoli o spiacevoli. I
disturbi
dell’umore riguardano la possibilità di andare da un estremo di gioia euforia al suo
opposto di sofferenza e dolore malinconia.
Umore reattivo: reazione affettiva a fatti importanti della vita.
Umore fondamentale: generale disposizione verso sentimenti piacevoli e spiacevoli.
La depressione colpisce circa il 20% della popolazione globale e interessa
maggiormente le
donne. I disturbi dell’umore hanno un substrato biologico e sono trasmessi
geneticamente.
Comunque, i disturbi depressivi si distinguono dalle normali flessioni dell’umore.
L’Episodio Depressivo Maggiore può essere accompagnato da sintomi psicotici quali
deliri
congrui e allucinazioni. Forme depressive meno gravi sono la distimia (cronica e priva
di
deliri) e disturbi dell’adattamento con umore depresso (legati ad un fatto specifico e di
breve durata).
Può accadere che il depresso arrivi a togliersi la vita unitamente a quella dei suoi cari
omicidio-suicidio. Nei disturbi bipolari gli episodi depressivi si alternano in modo
imprevedibile con quelli maniacali. La Mania è la situazione opposta alla depressione e
comporta una grande euforia. Vi possono essere forme chiaramente maniacali forme
ipomaniacali (sintomi legati alla sola loquacità ed umore elevato). Lo stato maniacale,
per la
sua iperattività può causare la commissione di reati quali: l’aggressione, ingiurie,
vilipendio,
guida spericolata. Ai fini criminologici è importante l’intervallo lucido.
102. Disturbi d’ansia
I Disturbi d’ansia sono anche denominati nevrosi (stati di sofferenza soggettiva). Il
disagio del nevrotico si esprime con modalità autoplastica o egodistonica (verso
l’interno).
Secondo la psicoanalisi la nevrosi è data da un conflitto tra l’ES e il SUPER-IO. Per altre
scuole psicologiche, in un’ottica di psico-sociale il disturbo è dovuto ad un conflitto con
l’ambiente.
• Ansia: stato d’allarme
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• Angoscia stati d’ansia particolarmente profondi
• Panico stato d’ansia estrema
Tra i disturbi d’ansia vi sono:
• disturbo d’ansia generalizzata: stato d’ansia diffuso
• Disturbi da attacchi di panico: crisi di ansia acutissima che sorgono senza segnali
di preavviso.
• Fobia: paura immotivata irrazionale di situazioni o animali etc.
• disturbo ossessivo-compulsivo: disturbo tipicamente cronico che si caratterizza
con vere e proprie ossessioni. Le compulsioni sono impulsi e possono riguardare es.
la pulizia, collocare oggetti in un determinato posto, controllare ripetutamente di
aver spento il gas etc.
La nevrosi non è condizione che favorisca condotte criminose. Vi sono però delle
eccezioni:
delinquente con senso di colpa, cleptomane, disturbi compulsivi che sfociano nella
violenza
sessuale o pedofilia.
103. Disturbi mentali transitori e stati emotivi e passionali
Gli stati emotivi e peassionali non escludono né diminuiscono l’imputabilità.
Emozioni: stati affettivi di breve durata
Passioni: condizioni affettive di maggiore durata.
Tra i reati facenti parte di questo ambito vi sono i delitti d’impeto.
Diverso è il caso di Disturbi mentali transitori per i quali è prevista una minore
imputabilità.
La discriminante tra semplice stato emotivo e disturbi mentali transitori è dato dai
seguenti
elementi:
• alterazione della coscienza durante la commissione del fatto
• frattura nei confronti della realtà
104. Disturbi di personalità
I Disturbi di personalità si riferiscono a modelli abituali di comportamento che devia
marcatamente rispetto alle aspettative culturale dell’ambiente in cui si vive. Vi sono
due
parametri per riconoscerli:
• Carattere abnorme
• Giudizi di valore negativi da parte della società
Tra le caratteristiche principali:
o Tendenza alloplastica (verso l’esterno)
o Egosintonia
o Abitualità
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Non si riscontra una propensione alla criminalità se non a talune specie di delitti. E’
scarsa
la rilevanza invece per la delinquenza occasionale, dei colletti bianchi e economica. I
disturbi
di personalità più significativi sono:
• disturbo schizoide di personalità: distacco dalle relazioni sociali, gamma ristretta
di espressioni emotive, freddezza, attività solitarie. Spesso è autore di reati violenti:
rapina,
omicidio, violenza carnale. E’ indifferente alle reazioni altrui: omicidio a freddo dei
killer.
• disturbo borderline di personalità: instabilità nelle relazioni sociali, promiscuità
sessuale, spendere oltre le proprie capacità.
• Disturbo narcisistico di personalità: tendenza a rapportarsi con gli altri in maniera
manipolatoria ed esclusivamente nel proprio interesse,tenendo a perseguire il successo
o la notorietà senza farsi scrupoli. I confronti con realtà frustranti sono da temere.
• Disturbo paranoide di personalità diffidenza e sospettosità pervasive nei confronti
della gente che possono anche condurre al delirio di querela. Affini sono poi le
personalità
fanatiche le quali si possono riscontrare tra i terroristi e gli adepti di culti religiosi.
Es. suicidi collettivi.
• Disturbo istrionico di personalità si comportano in modo drammatico, raccontano
molte bugie, spesso sono mitomani
• Disturbo antisociale di personalità spesso sono inosservanti dei diritti altrui. Già
da
ragazzi compiono atti vandalici e sono ribelli. Fanno abituale ricorso ad alcol e droghe.
Facilmente sono inseriti in ambienti di sottocultura giovanile.
• Disturbo sadico di personalità tipico di chi desidera per il proprio gusto, infliggere
sofferenza negli altri. Autori di feroci torture.
• Disturbo esplosivo intermittente: ricorso a reazioni imprevedibili e molto violente.
Lesioni, percosse, ingiurie.
105. Disturbi del controllo degli impulsi
Incapacità di trattenersi dall’agire seguendo un impulso pur percepito come sbagliato;si
ha:
™ Cleptomania: spesso donne, incapaci di resistere all’impulso di rubare.
™ Disturbo esplosivo intermittente Episodi di grande aggressività notevolmente
sproporzionata rispetto allo stimolo che l’ha provocata.
™ Piromania: tendenza a provocare intenzionalmente incendi, senza finalità lucrative
™ Disturbo da gioco d’azzardo patologico: tendenza impulsiva a spendere forti somme di
denaro al gioco.
™ Disturbi del comportamento alimentare: paura fobica di prendere peso: l’anoressia
nervosa è una condizione patologica grave, a volte mortale.
™
106. Parafilie, devianze sessuali e delitti sessuali
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Le parafilie sono particolari disturbi psichici che attengono esclusivamente alla sfera
sessuale. Sono tre i parametri cui fare riferimento per valutare un comportamento
sessuale
come abnorme:
1. Criterio medico-biologico:
2. Criterio sociologico
3. Criterio giuridico
Le Parafilie hanno come caratteristica quella di ricorrere a fantasie o comportamenti
che
vanno al di là di quelli che sono gli abituali schemi, per conseguire l’eccitazione
sessuale.
Tra le principali vi sono: Pedofilia ( di solito cronica e più frequente tra gli uomini) –
Gerontofilia – Zoofilia - Coprolatia telefonica – Frotteurismo – Necrofilia –Esibizionismo
–
voyerismo – masochismo – feticismo – Transessualismo.
• In una prospettiva biologica l’omosessualità dovrebbe essere considerata una
parafilia.
• Secondo una prospettiva sociologica il comportamento sessuale è sempre appreso e
regolato da norme della cultura.
• Secondo una prospettiva giuridica si parla di delitti sessuali (violenza sessuale, atti
osceni, incesto) che sono quei comportamenti motivati dall’impulso sessuale proibiti
dalla legge.
Vi è dunque una doppia normativa una morale ed una legale. Gli autori di Stupro sono
spesso persone normali che non presentano perversioni.
Malattia mentale e parafilia: i parafilici non vivono il proprio disturbo come malattia.
La
loro perversione non è mette in dubbio la loro capacità di intendere e di volere e
dunque
non riduce la loro imputabilità. Quando invece si manifestano in soggetti con malattie
psichiche l’imputabilità verrà valutata secondo i criteri che si adottano abitualmente.
107. Disturbi mentali carcerari
Può accadere che durante la permanenza in carcere, a causa dell’isolamento dalla
società,
del regime di vita imposto, della lontananza dagli affetti, si verifichino problemi di
patologia
mentale. Nei casi di delitto-sintomo il reo può manifestare per la prima volta ad
esempio
la schizofrenia. Può verificarsi la slatentizzazione di forme paranoiche o meccanismi
psicotici prima latenti e poi, dopo la carcerizzazione, sviluppatisi in tutta la loro
violenza. Si
possono verificare:
• Reazioni abnormi: nella fase iniziale della detenzione. A causa del particolare
ambiente
carcerario: depressione con tentato suicidio, eccitazione, autolesionismo.
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• Psicosi carcerarie: forme morbose caratterizzate dalla specificità del legame fra
disturbo
e stato di detenzione.
• Psicosi deliranti: forme paranoiche con senso di persecuzione.
• Sindrome di prisonizzazione: forma morbosa di tipo deteriorativo dovuta alla
routine e alla
mancanza di stimoli e informazioni. Prisonizzazione è un termine coniato da
Clemmer(1940)
che fa riferimento non a forme patologiche quanto a modificazioni della personalità del
detenuto. Vere e proprie modificazioni del sé.
• Sindrome di Ganser: forme di tipo isterico messe in atto al fine di essere reputati
incapaci di intendere e di volere. Si verifica soprattutto tra quei carcerati in attesa di
giudizio. Rientrano nel medesimo ambito le pseudo-demenze.
Capitolo 8 : Abuso di sostanze e criminalità
108. Sostanze voluttuarie
In tutte le epoche e civiltà si sono assunte sostanze capaci di produrre stati psichici
particolari, ricercati per fini magici, rituali o per mero piacere. Queste sostanze sono
dette sostanze psicoattive inducono una modificazione dello stato psichico che è tipica e
diversa per ogni sostanza. Ad es. l’alcol è una sostanza psicoattiva che produce
ebbrezza,
sicurezza di sé e produce effetti su varie funzioni mentali.
Tra le sostanze psicoattive si chiamano sostanze voluttuarie (alcol, tabacco, caffè, tè,
sostanze stupefacenti) quelle che producono effetti piacevoli ( insoliti fenomeni
percettivi,sensazioni nuove o piacevoli, senso di pace o serenita, eccitazione) e il cui
uso non è motivato da necessità di cure.
Alcune possono provocare seri danni se consumate a lungo nel tempo:
dannosità di ordine fisico queste sostanze hanno tutte effetti tossici ( es tabacco)
“
“ “
psichico es. eroina e altri stupefacenti
“
“ “
comportamentale negativo indotto da queste sostanze .
Tra le sostanze voluttuarie interessano, dal punto di vista criminologico, le droghe:
sostanze psicoattive di cui l’uso è illegittimo. La legge distingue tra droghe pesanti,
leggere e droghe pallide (psicofarmaci utilizzati come sostitutivi degli stupefacenti).
L’assunzione di stupefacenti può causare dipendenza fisica e/o psichica. La
mancata
assunzione può provocare la sindrome da astinenza che varia a seconda delle
sostanze e può generare ansia, insonnia, desiderio impellente della sostanza, dolori,
crampi, sudorazione e stato di grave sofferenza che si riflette su tutto l’organismo.
La capacità di uncinamento di una droga è la capacità di agganciamento nel senso di
provocare dipendenza, alcune danno dipendenza molto forte, difficile a vincere, altre
invece labile e facilmente superabile.Altra particolarità di alcuni stupefacenti è che
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l’effetto diminuisce col tempo, costringendo il consumatore ad aumentare la dose
iniziale: è l’effetto di tolleranza
perché l’organismo diventa sempre meno sensibile, più tollerante nei confronti della
sostanza.
109. Diffusione della droga e motiviazioni al consumo
Nell’800 e fino agli anni ’60 il problema sociale droga non esisteva. Si è diffusa poi negli
USA e
in Europa in concomitanza con i movimenti di contestazione e trasgressione,con la
scoperta di sostanze alternative all’alcool ( hashish, marjuana e LSD). Negli anni 70
appaiono le droghe pesanti e sparisce il progetto politico; negli anni 80 degli yuppies si
afferma la cocaina che serve loro per l’attivismo sociale, l’ambizione e il successo ad
ogni costo. Nei tempi a noi più
vicini, c’è l’uso di stimolanti sintetici (ectasy) e metamfetamine, con motivazioni
culturali: la necessità di un divertimento in tempi brevissimi e il più intenso possibile
Alcuni soggetti sono più attratti dalle droghe, non trovando nell’impegno lavorativo o
scolastico, nel volontariato, nella fede negli affetti, nell’impegno sociale uno scopo della
vita: si accontentano di una gratificazione immediata priva di significati.
110. Diverse modalità individuali di coinvolgimento con la droga
Si effettua una distinzione a seconda di due parametri: il tipo di dipendenza instaurata
e il tipo di inserimento sociale:
• Consumatori: utilizzano dosaggi innocui e saltuariamente, mantenendo la possibilità
di interrompere l’assunzione senza risentire conseguenze. Non comporta significativi
disturbi
nell’inserimento sociale. Dipende dal tipo di droga usata (droghe leggere, alcol)
• Tossicodipendenti: coloro nei quali si è instaurata la dipendenza anche se non è
ancora totalmente schiavo;. L’individuo può essere ancora recuperato anche se con
notevoli sforzi
ed è spesso in grado di mantenere ruoli e legami suoi nella società.
Può accadere che per bisogno di procurarsi denaro faccia ricorso a mezzi illegittimi.
• Tossicomani: di solito eroinomani, per loro la droga diviene l’unica ragione di vita.
Non
riescono a mantenere ruoli e legami preesistenti con la società, spesso vivono ai
margini.
111. Vari tipi di droga
• Eroina la più pericolosa è un derivato semisintetico della morfina che deriva a sua
volta dall’oppio. Su di essa gravitano i colossali interessi della grande criminalità
organizzata,
essendo venduta a prezzi molto alti, perché è quasi impossibile rimanere semplici
consumatori : il suo uso infatti induce subito una tenacissima dipendenza e chi è
rimasto uncinato è disposto a pagare qualsiasi cifra pur di averne un pò. In piccole dosi
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ha un’azione calmante, in dosi più alte produce una sensazione di euforia e la
scomparsa di ogni sofferenza o disagio, dell’ansia, delle frustrazioni: ha pertanto un
effetto gratificante. Causa gravi danni
fisici: coma o morte per overdose ( soprattutto se è tagliata male), carie, amenorrea
nelle donne e impotenza negli uomini, AIDS e infezioni come l’epatite a causa delle
siringhe infette.
Non si rilevano particolari danni psichici se non una modificazione del carattere
(irritabilità, esplosività delle reazioni) o un deterioramento intellettivo.
• Cocaina: è un alcaloide estratto dalle piante di coca. E’ eccitante del sistema
nervoso.
Secondo un primo orientamento la cocaina non avrebbe dato luogo dipendenza,
successivamente invece venne segnalata la possibilità di una dipendenza psichica.
La dipendenza è frequente ma spesso poco imperativa.
La cocaina viene utilizzata anche per migliorare le proprie prestazioni lavorative,
avendo
effetti di euforia, acutezza mentale, efficienza, resistenza alla fatica, aderendo
maggiormente così ad alcuni attuali valori sociali; il consumatore è ben diverso dal
tradizionale tossicomane
( artisti,alta moda, elevati livelli sociali).
• Cannabis indica: provengono dalla pianta della canapa sia marijuana che hashish.
L’uso è ricercato per il senso di benessere, allontanamento dell’ansia, modificazioni
uditive, alterazione del senso del tempo che sembra scorrere più lentamente.
Possono causare una dipendenza psichica perché il consumatore ne ricerca sempre più
spesso gli effetti piacevoli. mantenendo inalterato lo standard e il proprio inserimento
sociale
( perciò sono chiamate droghe leggere). In alcuni paesi europei l’uso di questa
sostanza è tollerato anche se non legalizzato. In Italia viene contrastata la
liberalizzazione per due motivi:
1) il consumatore entra in contatto con una sottocultura delinquenziale
2) l’assunzione di queste droghe può provocare a lungo andare una sindrome
demotivazionale
(indebolimento personalità eludendo gli impegni).
• Allucinogeni: sostanze in grado di provocare alterazioni delle percezioni,
allucinazioni. Oltre ai naturali es peyote c’è LSD.
I rischi sono legati al fatto che questa droga può indurre gravi disturbi dell’attività
mentale
(psicosi con manifestazioni dissociative). Non da dipendenza fisica e permette di
mantenere
i precedenti standard di vita sociale.
• Amfetamine: Sostanze chimiche ad azione eccitante sul sistema nervoso eliminando
il bisogno di sonno e sopprimendo la sensazione di fame e fatica (doping sportivo).
Inducono
dipendenza.
• Nuove droghe: ad es.l’ecstasy. Sono droghe sintetiche, possono provocare
allucinazioni,
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il loro effetto è eccitante: Può causare il colpo di calore con aumento del battito
cardiaco e innalzamento della temperatura corporea che può portare anche alla morte.
112. Abuso di sostanze, devianza, cultura
Il grado di tolleranza nei confronti delle differenti sostanze stupefacenti varia da cultura
a cultura: il loro uso è anche un fatto di costume, legato alle tradizioni, ai rituali e altri
fattori culturali perciò il grado di tolleranza è diverso.
In Italia vengono bandite soprattutto per i danni fisici e mentali che possono causare.
113. Strategie di lotta contro la droga
Nei confronti degli stupefacenti è stata da tempo fatta la scelta di ostacolarne il
consumo
e il traffico mediante il ricorso alla legge.
Strategie per contrastare l’offerta:
consiste nella lotta contro i narcotrafficanti e le organizzazioni criminali
(attraverso il
controllo dei capitali derivanti dal traffico). Vi sono normative nazionali e internazionali.
Gli
obiettivi sono:
1. Impedire o ridurre la produzione di droga: se ne occupano istituzioni
internazionali
facenti capo all’ONU, cercano di convincere i contadini a coltivare prodotti diversi.
2. combattere il trasferimento della materia prima dai luoghi di produzione:
viene messo in atto tramite la collaborazione delle polizie dei vari paesi coinvolti nel
fenomeno e mirano ad individuare i laboratori clandestini.
3. Reprimere la distribuzione capillare: si cerca di reprimere la distribuzione al
minuto (spaccio).
4. Colpire le organizzazioni criminali: legge Rognoni-La Torre per controllare i
capitali
sporchi (narcodollari) e il loro riciclaggio in attività lecite.
Strategie per contrastare la richiesta:
si attua tramite
1. Leggi inibenti il consumo:
• Proibizione dell’uso che di per sé è reato : penalizzazione
• Liberalizzazione l’uso non è reato : depenalizzazione
• Non punibilità del consumatore anche se l’uso è un reato ma è punibile con
misure diverse da quelle penali
In Italia fino al ’75 era punibile anche la sola detenzione, con la legge del 22 dec ’75
venne sancito il principio del consumo personale di per sé non punibile. Con il DPR del
’90
era stato scelto di punire penalmente la produzione e il traffico applicando sanzioni
amministrative (ritiro patente e passaporto) anche con segnalazione ai SERT dei
tossicodipendenti che facessero di sostanze stupefacenti uso personale e non
superassero
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la dose media giornaliera. Con la legge del ’93 il principio di dose media giornaliera è
stato
abrogato. Nel 2006 scompare la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti.
2. Trattamenti di recupero dei tossicodipendenti: tre modelli diversi a seconda dei
paesi:
Obbligatorietà di sottoporsi a trattamenti terapeutici la legge oggi in vigore è
orientata in senso terapeutico, considerando il drogato come malato e non colpevole.
Libertà di sottostare agli interventi (Italia DPR ’90)
Alternativa tra sanzione penale per il consumo o accettazione del programma di
recupero.
114. Modalità di trattamento, recupero e prevenzione dei tossicodipendenti
L’attuale legislazione, prevede interventi a vari livelli; anzitutto la cura è devoluta a
presidi medici, sia ospedalieri che ambulatoriali, privati o pubblici scelti dal paziente che
può richiedere l’anonimato:
o Trattamenti in ambulatori e centri specializzati
o Trattamenti farmacologici (metadone)
o Ricoveri ospedalieri per disintossicazione medica (in emergenza ma non risolve la
dipendenza, molte recidive.
o Comunità alloggio di tipo aperto
o Comunità terapeutiche chiuse (ristrutturazione della personalità e accettazione della
disciplina necessaria per vivere in una comune).
Prevenzione
Gli interventi sono rivolti ai giovani con appositi programmi. Recentemente è stata fatta
una
campagna ideata dal Ministero per la solidarietà sociale e riguarda le nuove droghe. Utli
anche le unità di strada spesso gestite da volontari educatori che avvicinano i
consumatori nei luoghi di ritrovo fornendo info ai gfiovani che altrimenti non si
avvicnerebbero ai servizi.
115. Droga e criminalità
E’ aumentata la violenza. A livello mondiale, connessioni delle imprese criminali che
gestiscono
il traffico di droga. Le lotte tra cosche sono più crudeli e non risparmiano né donne né
bambini. Per ciò che attiene alle correlazioni tra droga e criminalità del tossicomane
vanno distinte:
• Criminalità diretta: reati eseguiti sotto effetto di droghe. Molto rari.
• Criminalità da sindrome di carenza: atti delittuosi commessi dall’eroinomane in una
particolare condizione di sofferenza angosciosa (rapine, furti impulsivi con facile perdita
di controllo e urgenza di procurarsi soldi per la droga).
• Criminalità indiretta: per necessità di procurarsi il denaro per acquistare droga; si
tratta di
eroinomani che possono compiere: furti, prostituzione, rapine e scippi e sono perciò
dotati
di una particolare pericolosità sociale.
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• Criminalità da ambiente: connessa con la sottocultura e le aree criminose. Fra i
delinquenti
comuni l’uso di droghe è molto diffuso.
Non sempre l’uso di droga induce effetti immediati e diretti che favoriscano atti
violenti; le modificazioni psichiche solo raramente portano a uno stato di alterazione
facilitante gesti inconsulti. E’ l’eroina la droga più criminogena non tanto per
l’azione immediata quanto per cause indirette (procurarsi soldi per comprarla) mentre
altre droghe sono irrilevanti per il profilo criminoso
116. Alcolismo acuto e cronico
Abuso di bevande alcoliche. In Italia le bevande alcoliche sono le sostanze voluttuarie
più diffuse: il loro consumo è non solo tollerato ma anche stimolato. Può indurre
dipendenza sia fisica che psichica, anche se la maggior parte dei consumatori non è
dipendente, potendo interrompere l’assunzione senza difficoltà.
L’alcol costituisce problema medico e/o sociale solo quando ne venga fatto abuso.
Due prospettive:
1. concentrazione momentanea - Intossicazione alcolica acuta = ubriachezza (la
sintomatologia scompare in qualche ora
2. Prolungamento nel tempo : si manifesta etilismo cronico o alcolismo propriamente
detto : Intossicazione alcolica cronica vengono lese in modo più o meno
permanente certe
strutture organiche con alterazioni fisiche e psichiche che permangono anche con la
sospensione dell’assunzione di alcol.
– duplice sintomatologia: una dovuta al frequente succedersi di stati di ebbrezza acuta
e l’altra legata alle alterazioni provocate dall’abuso protratto per anni.
Tra i fenomeni psicopatologici: deterioramento intellettivo, alterazioni della memoria,
irritabilità.
Gli abusi di alcol determinano sfavorevoli conseguenze sociali: condotte antisociali,
negligenza dei doveri familiari e lavorativi, indifferenza per lo scadimento della propria
dignita’, elevata impulsività.
All’alcolismo che prima riguardava i braccianti e i contadini (diminuito) si è andato
affiancando
quell’alcolismo legato al benessere (superalcolici) che riguarda anche le donne e i
giovani.
Fra le motivazioni individuali che inducono all’alcolismo: tratti psicologici legati
all’insicurezza, depressione, immaturità. Vi è anche l’influenza di fattori sociali e
culturali
quali la tolleranza della ns cultura verso il consumo di alcol.
117. Alcolismo e criminalità
Si può considerare l’alcolismo come un fattore facilitante le condotte delittuose.
L’alcolismo è molto frequente tra gli ascendenti dei criminale, non c’è però correlazione
ma tutt’al più trasmissione di certe caratteristiche di personalità (labilità emotivoaffettiva, immaturità, passività, fragilità dell’io) responsabili sia dell’etilismo che della
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criminalità. Più frequentemente, è espressione delle gravi ripercussioni familiari se c’è
un genitore alcolista: infatti i figli vivono in ambienti miseri e diseducativi, la condotta
dei genitori fornisce modelli negatvi e valori violenti.
L’azione farmacologica dell’alcol è di tipo depressivo sui centri nervosi, agendo come
un narcotico.
Primo stadio di ubriachezza: effetto piacevole di euforia e disinibizione.
Secondo stadio: depressione dei centri nervosi, calma, rflessi lenti e insicurezza nei
movimenti
Terzo stadio: coscienza compromessa, subentra torpore sonno profondo e nei bambini
è
possibile il coma e rari casi di morte.
Si possono avere casi di ebbrezza patologica con conseguente aggressività verso
persone e
oggetti. Si può incorrere nei reati di: guida in stato di ebbrezza con conseguenti
incidenti
stradali. L’alcol è una sostanza che favorisce per effetto diretto la commissione
di reati, specialmente delitti di violenza.
I casi più gravi danno origine a : psicosi alcoliche, deliri di gelosia, delirium tremens,
demenza alcolica. Gli effetti tossici che si manifestano sul cervello danno luogo ai tipici
sintomi dell’etilismo acuto.
118. Abuso di sostanze e imputabilità
Ci sono particolari disposizioni del codice penale relative all’imputabilità di chi commette
reati mentre si trova in stato di alterazione mentale dovuta all’assunzione di alcol o
droghe; avendo queste sostanze possibilità di interferire sulla capacità di intendere e
volere. Ma dal legislatore non sono considerati rilevanti sull’imputabilità visto che
ognuno deve controllarne l’uso. La legge prevede la distinzione tra intossicazione
acuta e cronica.
Nella prima l’imputabilità è mantenuta desumendo che l’individuo è libero sia di volerla
che di non volerla assumere e che inoltre ne può prevedere le conseguenze negative:
egli è pertanto ritenuto responsabile del reato commesso. Invece nel secondo caso,
sebbene in origine il consumo fu volontario, ne è conseguita poi una malattia che non
era voluta e delle cui conseguenze il reo non è più ritenuto responsabile; questa
condizione è assimilata a un’infermità e può comportare il vizio parziale o totale di
mente. Delicata è la valutazione sulla capacità di intendere e volere della
tossicodipendenza da stupefacenti : mentre negli alcolizzati lo stato mentale è
deteriorato, nei tossicomani, specie all’inizio, è integra la capacità di comprendere le
conseguenze dei propri atti; infatti i reati non sono una conseguenza della
compromissione della capacità di intendere ma una conseguenza dovuta al bisogno di
denaro per procurarsi la droga. Perciò i tossicodipendenti sono ritenuti pienamente
capaci.
L’abuso abituale di sostanze senza essere ancora cronicamente intossicato comporta
una maggiorazione della pena: l’ipotesi è ubriachezza abituale
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Capitolo 10 : Criminologia clinica o applicata
131. Introduzione
Consideriamo ora l’applicazione pratica della criminologia nell’ambito del sistema di
giustizia; essa si avvale di particolari tecniche applicative e specifiche metodologie. E’
l’utilizzazione pratica nell’ambito del sistema della giustizia.
132. L’evolversi dei rapporti tra criminologia e sistemi di giustizia
2 fondamentali modelli di filosofia penale: il primo è il modello del fatto, (paradigma
dell’oggettività) dove l’interesse converge sul fatto/reato, mentre l’autore è più defilato.
Si rifà alla scuola Classica, con il prevalere dei principi della certezza del diritto, del
sistema tariffario= pena uguale per uguale reato, senza dar peso alle differenze
ambientali e psicologiche dei vari rei. Il secondo è il modello della persona
(paradigma della soggettività) che si rifa alla Scuola Positivista: è incentrato sulla
personalità del delinquente; la sanzione è secondo le caratteristiche dei singoli rei e non
dei reati. Laddove impera l’oggettività, la criminologia e le scienze tipo psicologia sono
messe in secondo piano, se prevale la soggettività allora la giustizia userà queste
scienze.
Nella politica penale ci sono state:
Fase della contrapposizione i due modelli sono contapposti: in Europa e Italia c’è la
Scuola Classica, epoca anteriore alla stesura del codice Rocco (1930).
Fase del compromesso viene tentata una conciliazione, in Italia c’è il codice Rocco
con il principio del doppio binario: oltre alle pene certe per i soggetti più pericolosi si
affiancano misure di sicurezza indeterminate.
Fase del connubio simbiosi tra soggettività e oggettività, diventa preponderante la
finalità rieducativa della pena; la criminologia diventa asse portante della politica
penale anche in Italia, seppur con ritardo rispetto ad altri paesi; in questi ultimi entra
anche nella fase processuale: l’esperto formula giudizi sulla personalità e pericolosita’;
in Italia invece non vi entra e c’è divieto di perizie criminologiche.
Fase del predominio dell’ideologia trattamentale in alcuni paesi (common law) c’è
il principio della pena utile che va scelta e gestita secondo criteri soggettivi mirando alla
risocializzazione : la pena è indefinita fino a che l’obiettivo non è conseguito.
Fase della crisi del trattamento fine del sistema di giustizia penale incentrato solo
sugli interventi risocializzativi con misure alternative.
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Fase della divisione dei campi nella fase processuale non c’è intervento di natura
clinico-criminologica, mentre nell’esecuzione penale si, con molte misure alternative e
premiali.
Fase del ritorno al modello del fatto in USA e Europa del Nord ritorno ai principi
oggettivi di stampo classicistico: non più sanzioni in funzione delle caratteristiche del
reo ma in rapporto alla tipologia dei reati. Maggiore severità.
133. L’osservazione criminologica
Modalità degli interventi clinico-criminologici:
Osservazione criminologica è basilare per fornire indicazioni sulla personalità, mira
a conoscere i tratti della personalità e le caratteristiche socio-ambientali, cioè il
significato che famiglia d’origine e situazioni di vita hanno avuto nel comportamento
delittuoso. L’osservazione è eseguita da più persone con diverse competenze:
educatore, assistente sociale, esperti di criminologia, psicologia e psichiatria. Momento
fondamentale è il colloquio che consente all’esperto di approfondire la conoscenza del
reo, per comprendere quei fattori che hanno avuto un ruolo nella genesi del crimine, ed
ha pertanto lo scopo di mettere in evidenza la criminogenesi ( perché del delitto).
Contestualmente il colloquio mira anche a illustrare la criminodinamica (come è stato
compiuto il delitto).
Questo colloquio non è richiesto dal reo bensì dal sistema penale in modo che
l’osservatore non possa schierarsi col soggetto come spesso accade nel caso
dell’alleanza terapeutica di una consulenza privata. Ovviamente c’è sempre il rischio di
poca sincerità dell’esaminato che sa che da cio gli possono derivare dei benefici, per cui
non si potrà dargli incodizionato credito.
Quanto al contenuto dei colloqui si tratterà di ricostruire la storia di vita con particolare
riguardo ai comportamenti rilevanti criminologicamente.
L’osservazione può avvalersi anche dell’uso dei test mentali o reattivi che possono
essere di efficienza intellettiva o di personalità.
Il primo permette una valutazione dell’intelligenza (QI) che consente di stabilire quanto
l’esaminato vari, nei valori medi, rispetto a persone della stessa età (perché l’efficienza
intellettiva varia con il passare degli anni). Il secondo fornisce più elementi per meglio
conoscere la persona mettendone in luce le caratteristiche salienti: affettività, maturità,
capacità di adattamento, capacità di sopportare frustrazioni, controllo pulsioni….Tra i
test più usati quelli proiettivi di Rorschach.
Inchiesta sociale affidata ai servizi sociali: è un’indagine condotta sull’ambiente di
vita del soggetto assumendo informazioni da parenti, amici, servizi assistenziali e
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polizia. Emergerà così lo stile di vita, legami affettivi, genere delle amicizie e
frequentazioni.
Esame comportamentale descrive la condotta, come si pone nei confronti della
disciplina carceraria, dei compagni, delle guardie; l’assiduità lavorativa, l’interesse nelle
attività, l’esito di permessi e licenze. Questo esame è delegato al personale di custodia.
Dati documentali risultanti dal curriculum del casellario giudiziario; sono
indispensabili le informazioni di polizia e carabinieri.
134. La predizione del comportamento delittuoso
E’ la possibilità di prevedere la recidiva o la valutazione della pericolosità sociale, che
viene valutata in termini probabilistici: i recidivi hanno certi tratti di personalità, certe
caratteristiche micro-sociali e certi trascorsi criminali, per cui se l’individuo in esame ha
analoghe caratteristiche si potrà prevedere una reiterazione. Non è certo però se egli
rientrerà nel comportamento dei più o se ne allontanerà; ogni individuo è dotato di
libertà di scelta influenzata da molti fattori per cui ogni predizione contiene una
possibilità di errore.
La previsione del comportamento della recidiva utilizza diversi parametri:
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•
•
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•
•
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I
•
Fattori pre e peri-natali (problemi nello sviluppo del sistema nervoso dovuto a consumo di
droga della madre, alla malnutrizione, all’esposizione alle sostanze tossiche)
Bassa intelligenza
Disturbi personalità
Irregolarità e incostanza carriera scolastica
Tossicodipendenza e alcolismo
Sfavorevoli condizioni economiche, marginalità, emarginazione, disadattamento
Ideali antisociali
Famiglia di origine
Carriera criminosa
La criminologia si è sforzata di studiare metodologie predittive più attendibili possibile; il
più noto dei sistemi predittivi è qurello dei coniugi Glueck che consiste nell’attribuire diverso
punteggio ai singoli parametri utilizzati per la previsione ricavandone tre serie di tavole di
predizione. I fattori legati alla famiglia sono:
Sistema educativo seguito dal padre (troppo severo, assente o indulgente)
Sorveglianza da parte della madre (non appropriata, media, appropriata)
Atteggiamento affettivo del padre (indifferente, ostile, iperprotettivo)
Atteggiamento affettivo della madre
Coesione famiglia( presente/assente)
fattori legati ai tratti caratteriali sono:
Desiderio di affermazione
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La
Sfrontatezza
Diffidenza
Tendenza distruttiva
Labilità emotiva
terza tavola comprende i tratti di personalità.
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•
Spirito d’avventura
Tendenza al passaggio all’atto
Suggestionabilità
Caparbietà
Instabilità emotiva
La maggior o minor frequenza dei fattori porta all’analisi matematica per il giudizio prognostico; si
possono usare una (quella dei fattori familiari) o più tavole. Questo sistema è ormai caduto in
disuso perché troppo indaginoso. Altri sistemi sono stati proposti e vengono usati come schemi di
riferimento e non più come certezze prognostiche.
135. I trattamenti risocializzativi
Sono in grado di fornire risultati positivi solo se il soggetto è disponibile a essere aiutato, si
proponga di cambiare e ponga in crisi la sua passata condotta. Molti detenuti possono accedere a
questi trattamenti solo per curiosità o per rompere la monotonia carceraria ma è quanto meno
un’occasione per constatare che esistono altre prospettive. In definitiva è una offerta di servizio
per facilitare il cambiamento se vi è la necessaria motivazione: il delinquente si recupera, non
può essere recuperato.
•
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•
•
•
In passato, per cambiare modo d’essere di una persona sono stati usati molti metodi, dalla
castrazione al lavaggio del cervello alla lobotomia oggi non più leciti. Oggi si usa:
Colloquio psicologico di sostegno che mira a fornire un appoggio per superare le difficoltà
della carcerazione o per cercare possibilità di reiserimento o per studiare nuove soluzioni di
vita. E’ in definitiva una funzione di guida.
Psicoterapia individuale o di gruppo ha lo scopo di far prendere coscienza al soggetto delle
motivazioni che lo hanno spinto alla condotta deliquenziale; egli deve iniziare il riesame critico
del passato per mettere in crisi le sue scelte precedenti.
Approcci comportamentisti con l’utilizzo di contro-condizionamento avversivo con
correzione del modo in cui i soggetti si autopercepiscono
Group counseling riunioni periodiche con discussioni collettive sotto la guida di un monitore
che modera il dibattito e il racconto delle vicende personali dei detenuti, che così prendono
coscienza dei propri errori.
Addestramento alle capacità sociali al detenuto non viene fornita la soluzione dei
problemi ma la capacità di risolverli.
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•
Comunità terapeutica sul modello di quella dei tossicodipendenti, si concretizza in
assemblee in cui partecipano sia reclusi che guardie, educatori, esperti in modo da superare le
rigide divisioni di ruolo, creando uno spirito di socialità.
• Attività scolastiche e lavorative forniscono strumenti per migliorare la vita quando
rientrerà in società.
• Trattamenti di intervento sociale rivolti ai dimessi dal carcere bisognosi di aiuto
materiale; un tipo particolare di intervento è quello attuato nei confronti dei soggetti affidati ai
servizi sociali, che verificano il comportamento dell’affidato in prova, segnalando alla
magistratura eventuali infrazioni che possono portare alla revoca del beneficio.
136. La nuova prevenzione e il problema della sicurezza
•
Oltre all’utilizzo delle sanzioni ci sono soluzioni diverse finalizzate a impedire gli atti criminosi:
la prevenzione sociale e situazionale. La prima vede il crimine come il risultato di
deprivazione e disagio, sottolineando così la correlazione tra crimine e ambiente, evidenziando
che il miglioramento del contesto sociale dovrebbe portare a un maggior benessere degli
abitanti e quindi una riduzione del rischio di sviluppo di comportamenti criminali;
un’applicazione del modello è il Chicago area project. La seconda teorizza che il reato è il
momento di convergenza di un autore, di una vittima e di specifiche circostanze di tempo e
luogo. E’ chiaro che se si riuscisse a intervenire su queste variabili si otterrebbe una riduzione
dell’attuazione dei reati, esempio utilizzando barriere fisiche che rendono difficile l’azione
criminosa o aumentando la sorveglianza del quartiere.
137. Il profilo criminale
Applicazione delle conoscenze della criminologia e della psicologia criminale per
elaborare il profilo: si analizza attentamente la scena del crimine intesa come scena
comunicativa perché essa racconti quanto più possibile sul soggetto evidenziandone il
modus operandi (comportamento per compiere il reato) e la firma (esigenza psicologica
dell’autore non essendo tecnicamente utile per il compimento del reato). Si è rivelato
utile negli omicidi seriali, violenza sessuale, incendi dolosi e attentati, anche se la
condotta umana non è solo il prodotto della personalità del reo ma anche delle varie
circostanze situazionali. Comunque il profilo può indirizzare le indagini nel caso in cui
non ci sia un sospetto, mentre non si può assolutamente fare viceversa,”confezionare”
un delitto a un sospettato.
138. La vittima
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“Compiuto il delitto la vittima non pone alcun problema: basta seppellirla”. (Versele
1994). Ogni interesse va al reo, la vittima è trascurata, a volte ignorata del tutto,
anche se ora le cose stanno mutando, si pensi alle associazioni dei familiari delle
vittime di eventi catastrofici. La vittimologia studia il crimine dalla parte della vittima.
Ci sono vittime passive nelle quali non è ravvisabile nessun comportamento che abbia
indotto l’autore a scegliere specificatamente quella vittima. In questa condizione si
colloca la maggioranza delle vittime e si possono distinguere:
•
Vittime accidentali tali per puro caso trovandosi sul cammino del delinquente, come un
passante tra conflitto a fuoco o la vittima dell’esplosione di una bomba su un treno.
• Vittime preferenziali se il delinquente la sceglie per il suo ruolo, come un porta-valori o un
gioielliere.
• Vittime simboliche quando si vuol colpire in un individuo tutto un gruppo o una ideologia, per
esempio un magistrato vittima di terroristi.
• Vittime trasversali non potendo colpire il vero bersaglio si colpisce un familiare.
Anche le vittime attive si possono classificare:
•
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Vittime per la loro professione come agenti di polizia durante una rapina
Vittima che aggredisce il cui comportamento può addirittura aver favorito il delitto, tipo una
condotta minacciosa e violenta.
Vittima provocatrice subisce violenza dopo aver suscitato esasperazione provocando una
reazione; spesso la vittima partecipa alla dinamica del delitto in modo così evidente che quasi
non la si percepisce come tale
Vittima inconsciamente provocatrice se non si rende conto di provocare e crede di dire le sue
ragioni senza offendere intenzionalmente; è comune nei delitti familiari
Vittima favorente se si comporta in modo da facilitare la commissione del delitto, per esempio
la truffa all’americana in cui viene indotta a credere di fare un affare vantaggioso invece è una
fregatura.
Vittima consenziente se acconsente o richiede che altri lo uccida, es. amanti infelici
False vittime simulatrici o immaginarie.
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