Allegato a DF.DFCPGT.REGISTRO UFFICIALE.0009005.04-06-2015-I La Corte di Giustizia e l’abuso del diritto in materia fiscale 1. La sentenza Foggia La sentenza della Corte di Giustizia del 10 novembre 2011 in causa C – 126/ 10, ( Foggia – Sociedade Gestora de Participaçoes Sociales SA c. Secretario de Estado dos Asuntos Fiscais ) offre l’occasione per fare il punto sulla tormentata questione dell’abuso del diritto in materia fiscale. Scopo di questo breve scritto è soprattutto quello di rendere testimonianza sulle prime applicazioni e sull’evoluzione del principio nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, esperienza che io ho vissuto direttamente come componente della Sezione tributaria fin dalla sua costituzione. Nella causa instaurata dinanzi al Supremo Tribunal Administrativo portoghese si discuteva del regime agevolato delle operazioni di fusione societaria transnazionale di cui alla direttiva 90/434/CEE, nella quale l’amministrazione finanziaria aveva disconosciuto gli effetti di una fusione per incorporazione, considerandola abusiva ai sensi dell’art. 11, n.1, lett. a), della direttiva, in quanto la società incorporata non esercitava alcuna attività e non deteneva partecipazioni finanziarie, per cui l’effetto consisteva soltanto nel trasferimento all’incorporante di perdite fiscali d’importo elevato e di origine indeterminata. Con la conclusione che l’operazione sarebbe stata priva di determinanti ragioni economiche diverse dal risparmio d’imposta. La sentenza non contiene particolari novità rispetto alle decisioni Leur Bloem ( C – 28/95 ) e Kofoed( C – 321/ 05 )1, salvo il ribadire che le ragioni economiche, che rendono opponibile l’operazione all’amministrazione finanziaria, conformemente a quanto espressamente previsto dalla norma della direttiva, possono consistere anche 1 Nella prima veniva considerata contraria al principio di proporzionalità una disciplina nazionale che, in materia di fusione societaria, qualificava come abusiva un’operazione priva di apparenti ragioni economiche extra – fiscali, senza consentire al contribuente di dimostrare l’esistenza di tali ragioni. La seconda prevedeva la competenza degli Stati membri sulle misure anti – abuso in materia d’imposizione diretta. La decisione ha fornito una determinante giuridica all’indirizzo interpretativo delle Sezioni Unite, secondo base cui il principio, per i tributi non armonizzati, non è di fonte comunitaria. 1 nella ristrutturazione o la razionalizzazione delle attività delle società partecipanti all’operazione. La Corte avverte, però, che i benefici economici derivanti dall’operazione non possono essere limitati al risparmio di costi e di spese gestionali conseguenti alla soppressione della società incorporata, perché in tal modo la norma antiabusiva sarebbe privata di significato. Anche in questo caso la Corte rimette al giudice nazionale la verifica in concreto dell’assenza di determinanti ragioni economiche pre tax, enunciando l’incompatibilità col principio di proporzionalità di discipline nazionali che non consentano all’operatore la prova dell’esistenza di tali ragioni. La decisione, pur priva di sostanziale portata innovativo, offre però l’occasione per riflettere sull’applicazione del principio in materia di ristrutturazione societaria. 2. I primi tentativi della Cassazione di individuare una clausola generale anti – elusiva: le sentenze in materia di dividendi Appare assai singolare che l’attenzione dei commentatori si sia risvegliata in casi di operazioni finanziarie di carattere assai prossimo alla frode e nei quali non si poneva in discussione la libertà d’impresa e di iniziativa economica, così come invece avviene nelle operazioni di ristrutturazione societaria. Mi riferisco ai casi di dividend washing e di dividend stripping, oggetto delle sentenze della Sezione tributaria della Cassazione n. 20398 e 22932 del 2005. La prima riguardava un accertamento fondato sul disconoscimento degli effetti fiscali di contratti denominati « usufrutto di azioni », stipulati da una società nazionale con società non residenti e prive di stabile organizzazione in Italia. Secondo l'ufficio finanziario, una minore ritenuta era stata applicata in esecuzione di una pattuizione contrattuale, denominata « contratto di cessione del diritto di usufrutto su azioni», il cui unico scopo era quello di godere di un più favorevole regime di tassazione dei dividendi. Le operazioni, secondo l'ufficio, si identificavano nel più generale fenomeno del c.d. « dividend stripping », ampiamente diffuso in un certo arco temporale tra grandi società italiane ed estere. I vantaggi fiscali consistevano, oltre alla minore ritenuta a titolo di acconto in luogo di quella a titolo d'imposta con maggiore aliquota, nel beneficio del credito d'imposta. Con i detti contratti i soggetti esteri avevano costituito a favore della società italiana ( o ceduto alla stessa ) l'usufrutto su azioni di società italiane da essi controllate, dietro un corrispettivo determinato dalla comune previsione di dividendi che sarebbero stati distribuiti nel periodo stabilito. L'ufficio riteneva che l'operazione e i benefici fiscali ricavati fossero in contrasto con l'art. 37, comma 3°, del d.P.R. n. 600/73, e pertanto contestava alla società il mancato versamento della maggiore ritenuta a titolo d'imposta, che doveva essere effettuata se i dividendi fossero stati erogati alle società estere titolari delle partecipazioni. 2 Nella seconda causa si discuteva sul disavanzo di fusione, ritenuto indeducibile dall'ufficio considerandosi che le operazioni di acquisto e di successiva rivendita delle azioni, intercorse con un fondo d’investimento, erano state concluse in stretta successione temporale a cavallo della riscossione del dividendo. Secondo l'ufficio, la finalità dell'intera operazione era quella di realizzare un vantaggio fiscale, mediante imputazione: a) al fondo comune d'investimento di una plusvalenza da negoziazione di titoli fiscalmente irrilevante (art. 9, 1 comma, l. n. 77/83), invece di un dividendo soggetto a ritenuta a titolo d'imposta; b) alla società di capitali, di una minusvalenza fiscalmente deducibile e di un dividendo, con relativo credito d'imposta e ritenuta d'acconto scomputabili dall'imposta stessa dovuta. Gli elementi evidenziati dall’ufficio erano: la brevità di intervallo tra le operazioni di acquisto e di cessione; la riscossione del dividendo subito dopo la prima o contestualmente alla seconda; la contestualità dell'incarico ad un intermediario per la vendita e il successivo riacquisto; la mancanza di apprezzabili ragioni non fiscali della transazione; la quasi esatta coincidenza tra l'importo del dividendo e la differenza tra prezzo di cessione e quello di riacquisto del titolo da parte del fondo. Tali circostanze dimostravano l'esistenza di un collegamento tra i due negozi, dante luogo ad un procedimento negoziale atipico rivolto al conseguimento di un vantaggio economico definibile come "scambio di reddito a scopo di guadagno fiscale", effettuato con l'interposizione della società di capitali nella riscossione del dividendo destinato al fondo d'investimento, facendone conseguire l'importo a quest'ultimo a titolo di plusvalenza da negoziazione (e quindi senza ritenuta a titolo d'imposta), con una minusvalenza deducibile ai fini i.r.pe.g. - i.lo.r. per la società di capitali, nei cui confronti il dividendo, di pari importo, era di fatto esente per effetto del credito d'imposta e non era imponibile i.lo.r.; era, inoltre, recuperabile l'importo della ritenuta d'acconto subita. Si determinava, cosi, la traslazione di una parte del reddito (i dividendi) dal suo naturale titolare (i fondi d'investimento) ad un terzo (società di capitali), al fine di conseguire il vantaggio fiscale consistente nella più favorevole tassazione riservata agli enti diversi dai fondi d'investimento; il corretto regime tributario dell'operazione doveva essere individuato nell'applicazione dell'art. 6, comma 2, del t.u.i.r. (insostituibilità del reddito) e dell'art. 37, comma 3, del D.P.R. N. 600/73 (interposizione di soggetti, quando, in base a presunzioni gravi, precise e concordanti gli stessi possono considerarsi come semplici esattori), La conseguenza è che l'importo deve essere considerato come utile da partecipazione, e non come plusvalenza da negoziazione. Nelle due vicende la ragione giuridica per cui l’ufficio disconosceva gli effetti dei negozi di vendita e di costituzione di usufrutto andava, in assenza di una codificata regola antielusione, dalla simulazione alla frode alla legge. La Cassazione, prendendo atto del riferimento contenuto nelle conclusioni dell’Avvocato Generale nella causa C – 255 / 02, Halifax, coglieva nell’ordinamento comunitario l’esistenza di una clausola generale anti - abusiva e l’esigenza di utilizzare i mezzi giuridici offerti dall’ordinamento nazionale. Così, in mancanza di un’affermazione di principio da parte della giurisprudenza comunitaria, applicava d’ufficio il regime della nullità per difetto di causa in concreto. 3 Sempre a proposito di dividend stripping mi sembra opportuno ricordare che, probabilmente, la soluzione data dalla Corte di Cassazione non teneva conto della possibilità di una soluzione intermedia, e cioè di applicare ai dividendi, ove l’azionista sia una società avente sede in un paese terzo, la disciplina prevista dalla convenzione contro la doppia imposizione ( ove esistente ), anche se tale applicazione non era stata sollecitata dalla società con specifico motivo. In proposito si deve richiamare la ricostruzione del processo tributario come processo sul rapporto, avvertendo che tale natura non può essere enfatizzata al punto di fare assumere all’amministrazione la veste di attore. la formula ha soltanto lo scopo di consentire al giudice tributario, il quale, ad esempio, constatasse che l’aliquota applicata dall’amministrazione è superiore a quella prevista, di applicare quest’ultima anche senza espressa domanda. Potere che è, ovviamente, estraneo ad un giudizio di mero annullamento. Nel caso di specie, quindi, il giudice che dovesse pervenire a ritenere il carattere abusivo del contratto di costituzione dell’usufrutto dovrebbe applicare il regime convenzionale. In materia di tassazione discriminatoria di dividendi transnazionali occorre, in proposito, ricordare le pronunce della Corte di Giustizia 6 ottobre 2009, C – 562 / 07, Commissione c. Regno di Spagna; 25 febbraio 2010, C – 337 / 08, X Holding BV; 24 giugno 2010, C – 338 e 339 / 08, P. Ferrero e C. spa.Non sto qui a riprendere il dibattito2 accesosi sulla correttezza di tale costruzione, sulla quale taluni giungevano 2 La giurisprudenza aveva inizialmente dato luogo ad incertezze in tema di onere della prova. Service Successivamente )che incombe essa ha chiarito all’amministrazione ( sentenza finanziaria, 25374 nella / 08, Part motivazione dell’accertamento e nella difesa in giudizio, spiegare le ragioni per cui la forma giuridica impiegata si presenta anomala rispetto all’affare sottostante, laddove incombe al contribuente l’onere di provare l’esistenza di valide ragioni economiche non marginali e diverse dal risparmio d’imposta. Presenta interesse, ed ha influito sulla definizione di abuso elaborata dalla Cassazione, la formulazione del § 42, comma 2, della legge generale tributaria ( Abgabeordnung ) tedesca, la quale, nel testo del 1977, prevedeva che « Liegt ein Missbrauch vor, so entsteht der Steueranspruch so, wie er bei einer den entsteht» ( wirtschaftlichen Se è presente Vorgängen angemessenen rechtlichen Gestaltung un abuso, sussiste la pretesa tributaria come se 4 esistesse una forma giuridica adeguata all’operazione economica ). La modifica del $ 42 non recepiva un progetto di legge ministeriale del 2008, secondo cui si considerava soltanto abusiva per il l’ operazione, carattere da cui non conseguiva un vantaggio usuale della forma fiscale, giuridica impiegata( « ungewöhnliche Gestaltung» ). Il nuovo testo manteneva, quindi, la precedente definizione recependo, però, l’onere il « forme progetto non nella adeguate parte in all’operazione cui addossava al economica », contribuente della prova dell’esistenza di ragioni extrafiscali. Si riporta il testo vigente: § 42 Missbrauch von rechtlichen Gestaltungsmöglichkeiten (1) Durch Missbrauch von Gestaltungsmöglichkeiten des Rechts kann das Steuergesetz nicht umgangen werden. Ist der Tatbestand einer Regelung in einem Einzelsteuergesetz erfüllt, die der Verhinderung von Steuerumgehungen dient, so bestimmen sich die Rechtsfolgen nach jener Vorschrift. Anderenfalls entsteht der Steueranspruch beim Vorliegen eines Missbrauchs im Sinne des Absatzes 2 so, wie er bei einer den wirtschaftlichen Vorgängen angemessenen rechtlichen Gestaltung entsteht. (2) Ein Missbrauch liegt vor, wenn eine unangemessene rechtliche Gestaltung gewählt wird, die beim Steuerpflichtigen oder einem Dritten im Vergleich zu einer angemessenen Gestaltung zu einem gesetzlich nicht vorgesehenen Steuervorteil führt. Dies gilt nicht, wenn der Steuerpflichtige für die gewählte Gestaltung außersteuerliche Gründe nachweist, die nach dem Gesamtbild der Verhältnisse beachtlich sind. §42 Abuso di possibili forme giuridiche (1)( La legge fiscale non può essere aggirata attraverso abuso di possibili forme giuridiche. Se si realizza la fattispecie di una disciplina in una singola legge tributaria, gli effetti giuridici devono essere determinati secondo tale disposizione. Negli altri casi la pretesa fiscale, nel caso della presenza di un abuso ai sensi del comma 2, sussiste come quella derivante da una forma giuridica appropriata all’operazione economica. ) ( E’ presente un abuso se viene scelta una forma giuridica inappropriata, la quale comporta, per il contribuente o un terzo, a differenza di una forma appropriata, ad un vantaggio fiscale legislativamente non previsto. Ciò non vale quando il debitore 5 ad affermare che il giudice tributario non aveva il potere di dichiarare la simulazione o il difetto di causa, essendo tale accertamento riservato al giudice civile. Mi limiterò a ricordare che, secondo una consolidata giurisprudenza della Cassazione, il giudice tributario, anche prima della riforma dell’art. 2, comma 3, del d.l.vo n. 546 / 1992 introdotta dall’ art.12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, aveva il potere di decidere incidenter tantum tutte le questioni attribuite ad altre giurisdizioni: così quelle sulla validità di atti amministrativi presupposti, anche a contenuto non normativo, e quelle sulla nullità di atti negoziali, con esclusione degli atti indicati nell’art. 19 del d.l.vo n. 546 / 92, per i quali è ammessa soltanto una cognizione, a titolo principale, del giudice fornito di giurisdizione. Nel frattempo, il 2 febbraio 2006, veniva emessa la sentenza Halifax, la quale conteneva un espresso riconoscimento della clausola. Al principio da essa affermato si adeguava la successiva giurisprudenza della Sezione tributaria, a partire dalle sentenze 8772, 10257 e 25374 / 08 e, quindi, con derivazione del principio dal sistema costituzionale interno, e non comunitario, le sentenze delle Sez.Un. n. 30055 e 30057 / 08. 3. L’affermazione del principio dell’abuso del diritto in giurisprudenza: ricerca della sua matrice nelle diverse aree impositive e nelle diverse tipologie di operazioni elusive L’attenzione data ai casi predetti appare, sinceramente, sproporzionata, anche perché trascurava il vero e rilevante campo in cui l’impiego dello strumento dell’abuso del diritto deve essere guidato da regole certe. Infatti, dopo l’introduzione del principio in giurisprudenza si è assistito ad un ricorso spesso non adeguatamente motivato alla figura, anche in casi nei quali la scelta – in ossequio ai principi costituzionali e comunitari ( libertà d’impresa, diritto di stabilimento e di libera circolazione dei capitali ) – non può ritenersi sindacabile, come la scelta di una forma societaria esclusivamente per ragioni fiscali. Come prima osservato, il campo degno di attenzione non è costituito operazioni finanziarie, ma dalle ristrutturazioni societarie. dalle Questa esigenza è stata avvertita anche dalla giurisprudenza della Cassazione. dà la prova di ragioni extra – fiscali per la forma scelta, che siano desumibili dall’intero quadro dei rapporti.) 6 Pur prendendo atto della giurisprudenza delle Sezioni Unite, le quali traggono la fonte del principio da quello di capacità contributiva di cui all’ art. 53 della Costituzione, posso rendere una diretta testimonianza, come estensore delle prime sentenze, che l’ispirazione è derivata dalla giurisprudenza comunitaria, e che alla definizione del principio ha contribuito anche l’esperienza giuridica tedesca, nella quale, fin dall’inizio del XX secolo, ha conosciuto il fenomeno come “ abuso di forme giuridiche”3, approccio che si è dimostrato di grande utilità, anche perché si evitavano fuorvianti commistioni con l’istituto dell’abuso del diritto elaborato in campo civilistico. Non è questa l’occasione per esaminare la regola affermata dalle Sezioni Unite, della cui correttezza non sono, peraltro, pienamente convinto. Probabilmente va ricercata una spiegazione sistematica di carattere interno: il diritto di impiegare una forma giuridica lecita o addirittura prevista dall’ordinamento comporta, come suo limite essenziale, il divieto di impiegarla al di fuori della vicenda economica che le è propria, come è avvenuto per la figura del c.d. «abuso» del processo 4. Mi sembra assai interessante l’antico dibattito tedesco tra la «Aussentheorie» e la 5 «Innentheorie» , è cioè se l’abuso di forme giuridiche desse luogo alla creazione di nuove fattispecie impositive ( con necessità, quindi, di un’espressa previsione legislativa ), o se si trattasse di una mera implicazione interna della forma giuridica impiegata. 4. Le operazioni di riorganizzazione societaria La tassazione delle operazioni di riorganizzazione societaria non è stata oggetto di molte pronunce giurisprudenziali, mentre l’area privilegiata dell’abuso, e delle relative sentenza, era costituita dalle operazioni finanziarie e dal frazionamento 3 Le prime edizioni della Abgabeordnung, risalenti agli anni XX, prevedevano l’abuso di « forme giuridiche del diritto civile ( Missbrauch von Formen und Gestaltungsmöglichkeiten des bürgerlichen Rechts )». V. Hensel, Steuerrecht, Springer, Berlino, 1933, pagg. 98 – 100. 4 Sezioni Unite, sentenza n. 23726 / 07. 5 Per una sintesi si rimanda a Lusga, Die Verhinderung von Steuerumgehungen bei Unternehmensumstrukturierungen, Verlag Dr. Kovač, Amburgo, 2006, pagg. 29 32 7 artificioso di forme giuridiche6. Sarebbe opportuno che amministrazione finanziaria e giurisprudenza - così come avviene in altri Paesi – forniscano più precise indicazioni per una tipologia di operazioni immuni da rilievi sotto il profilo dell’abuso. Nell’alveo segnato dalla pronuncia della Corte di Giustizia oggetto di commento mi sembra opportuno richiamare la sentenza n. 1372 / 11, nella quale la Cassazione affermava che il trasferimento di un ramo d’azienda, volto a rendere più efficiente la presenza sul mercato di un operatore farmaceutico in uno specifico settore, una volta non contestate le ragioni dell’operazione, non poteva essere considerato abusivo soltanto perché con lo stesso si verificava un trasferimento dei debiti, trasferimento che non si sarebbe verificato se, invece del trasferimento del ramo d’azienda, si fosse dato luogo ad una fusione ( con conseguente neutralità fiscale dell’operazione ). La sentenza conteneva anche un richiamo all’ordinamento statunitense nel quale si codificava la c.d. « economic substance doctrine», la quale ricorre quando coesistano due condizioni, una oggettiva ( l’operazione deve avere un contenuto economico diverso dal risparmio fiscale ) e una soggettiva ( deve esistere un serio intento di profitto, business purpose). Secondo la Corte, una seria finalità di riorganizzazione sociale, soprattutto nell’ambito di un gruppo d’imprese, esclude la natura abusiva dell’operazione, anche in mancanza di prospettive d’incremento reddituale in tempi brevi. Si tratta di una regola che, pur avendo matrice interna, riecheggia chiaramente i principi della giurisprudenza comunitaria, e particolarmente il dettato del già richiamato articolo della direttiva sulle fusioni. La sentenza ha fornito alcune precisazioni su principi già enunciati in precedenti pronunce, e non costituisce affatto, come sostenuto da alcuni7, un révirement della precedente giurisprudenza. In materia di riorganizzazione societaria si richiamano, fra le più recenti, le sentenze della Sezione tributaria n. 21782 e 25537 del 2011. 5. La «economic substance doctrine» Il richiamo, contenuto nella sentenza 1372/ 11, alla economic substance doctrine e alla sua recente codificazione, pur con le segnalate differenze, apre un orizzonte 6 Sul frazionamento artificioso presenta particolare interesse la sentenza della Sezione tributaria 25374 / 98, Part Service, e la decisione della Corte di Giustizia ( causa C – 425 / 06 ) sul rinvio pregiudiziale proposto dalla Cassazione nello stesso procedimento. 7 Si veda l’articolo su “ Il Sole 24 Ore “ 22 gennaio 2011, Frenata sull’abuso del diritto. 8 sull’esperienza degli USA, la quale offre interessanti spunti anche per l’ordinamento europeo ed italiano8. La economic substance doctrine è di origine giurisprudenziale. Il leading case è considerato la sentenza della U.S. Supreme Court Gregoring v. Helvering ( n. 293 U.S. 465 del 1935 ), concernente l’acquisto dell’intero capitale di una società, incorporata da altra società che deteneva un’altra partecipazione, con immediata liquidazione di entrambi i cespiti e percezione dell’importo della liquidazione. Secondo l’amministrazione finanziaria ( Income Revenue Service, IRS ), le operazioni avevano il solo scopo di evitare la tassazione sui dividendi. Il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso della contribuente; il Second Circuit Court of Appeals9 accoglieva il ricorso dell’IRS e tale decisione veniva confermata dalla U.S. Supreme Court. Interessante è anche, nella prospettiva di una codificazione del principio, quale sollecitata da diverse iniziative legislative, il dibattito che ha preceduto la riforma, nel quale si erano pronunciati in senso negativo, 8 L’utilità è stata già colta da molti Autori: si veda Prebble, Z. e J., Comparing the General Anti – Avoidance Rule of Income Tax Law with the Civil Law Doctrine of Abuse of Law, Bulletin for International Taxation, aprile 2008, pag. 151; Lampreave, Las doctrinas judiciales norteamericanas de anti – abuso fiscal ( con especial consideración a la reciente codificación de la doctrina sobre la sustancia económica ) y la doctrina sobre los acuerdos artificiales aplicable en la Unión Europea ( anti – tax avoidance doctrines in the US and the EU ), Westlawes, 2011, n.21, pag. 1; la stessa, An Assessment of the Anti – Tax Avoidance Doctrines in the United States and the European Union, Bulletin for International Taxation, marzo 2012, pag. 153. 9 E’ rimasta famosa l’opinione espressa dal giudice Hand il quale, pur ritenendo la fondatezza dell’appello dell’IRS, premetteva: « Anyone may so arrange his affairs that the taxes shall be as low as possible; he is not bound to choose that pattern which will best pay the treasury; there is not even a patriotic duty to increase one’s taxes » 9 oltre che autorevoli scrittori10 e gli uffici finanziari ( l’ Income Revenue Service per l’imposta federale sul reddito ) anche organizzazioni professionali, quali l’ American Institute of Certified Public Accountants in un documento del 2009. Anche dopo la codificazione del principio non mancano voci critiche autorevoli, e raccomandazioni ad uso cauto dello strumento: particolarmente interessanti le osservazioni della New York State Bar Association, nel suo Report on codification of the economic substance doctrine del 5 gennaio 2011. 6. La codificazione del principio dell’abuso del diritto Sull’ opportunità di una codificazione della regola esiste ormai un dibattito mondiale, il quale dovrebbe essere seguito da un legislatore accorto, anche per opportune scelte di campo. Si è constatata, infatti, un’ assenza di rigore negli interventi degli uffici finanziari, i quali sono giunti ad utilizzare lo strumento in ipotesi in cui la scelta dell’imprenditore deve essere libera, quale la scelta di una forma societaria anziché di un’altra, scelta che è limitata soltanto dai principi costituzionali in tema di libertà d’impresa, e dal rispetto delle libertà fondamentali garantite dal Trattato sull’Unione Europea, in particolare dal diritto di stabilimento, il quale garantisce, fra l’altro, una piena libertà di organizzare le forme giuridiche di impresa. Mi sembra opportuno richiamare, in proposito, anche se non riguardante il campo fiscale, la sentenza Centros,11 secondo cui può essere scelta la sede di una società in uno Stato membro anche per usufruire di una diritto societario più favorevole ( nella specie, il regime di anonimato azionario ), anche se in tale Stato la società non eserciti attività produttiva. Devo ricordare, comunque, che l’applicazione del principio in materia fiscale non è stata da tutti riconosciuta. Mi pare, a questo punto, opportuno ricordare che negli USA è stato codificato il principio della Economic Substance Doctrine, anche qui risolvendosi un acceso dibattito tra sostenitori e oppositori della codificazione Le relative norme, che si riportano testualmente in nota 12sono contenute nella riforma sanitaria ( Health 10 Di particolare interesse, Ventry, D. jr, Save the economic substance doctrine from Congress, Tax Notes, 2008, , pag 31.; Vanderwolk, Codification of the Economic Substance Doctrine: if we can’t stop it, let’s improve it, Tax Notes. 2009, agosto, pag. 547 11 Sentenza 9 marzo 1999, C – 212 / 97. 12 ( A ) ECONOMIC SUBSTANCE DOCTRINE. – The term “ economic substance doctrine” means the common law doctrine under wich tax benefits under subtitle A with 10 Care and Education Reconciliation Act of 2010 ), la cui Sezione 1409 ha introdotto una nuova sezione ( 7701 ) nell’ U.S. Tax Code. Si veda anche la relazione esplicativa del 21 marzo 2010 del Joint Committee on Taxation del Senato e della Camera dei Rappresentanti, riuniti in Congress.13 Per rendere più agevole l’applicazione della nuova norma, in considerazione dell’applicazione non sempre univoca che ne avevano fatto le Corti, l’IRS ha emanato una serie di atti interpretativi 14. respect to a transaction are not allowable if the transaction does not have economic substance or lacks a business purpose’s CLARIFICATION OF ECONOMIC SUBSTANCE DOTCTRINE (1) GENERAL RULES (A) IN GENERAL. substance In any case in which a court determines that the economic doctrine is relevant for purposes of this title to a transaction ( or series of transactions ) shall have economic substance only if the requirements of this paragraph are met. (B) DEFINITION OF ECONOMIC SUBSTANCE. For purposes of sub- paragraph ( A )(i) IN GENERAL. – A transaction has economic substance only if – (I ) the transaction changes a meaningful way ( apart from Federal tax effects ) the taxpayer’s economic position, and ( II ) subject to clause ( iii ), the tax- payers has a substantial purpose ( other than a Federal tax purpose ) for entering into a such transaction. …… ( D ) TRANSACTION. – The term “transaction” includes a series of transactions. 13 Technical explanation of the revenue provisions of the “Reconcilation Act of 2010, as amended, in combination with the “ Patient protection and affordable Care Act”. 14 for Si veda, fra tutti, la direttiva dell’IRS del 15 luglio 2011 ( Guidance Examiners and Managers on the Economic Substance Doctrine and related penalties ).Il punto 2 contiene l’indicazione di alcuni elementi rivelatori della natura elusiva di un’operazione: - Transaction is promoted/ developed/administrated by tax department or outsiders advisors Transaction is highly structured Transaction includes unnecessary steps Transaction is not at arm’s length with unrelated third parties Transaction creates no meaningful economic change on a present value basis ( pre-tax) Taxpayer’s potential for gain or loss is artificially limited 11 Il punto più significativo della riforma è costituito dalla necessaria presenza dei due presupposti ai fini della riconoscibilità dell’operazione ai fini fiscali: si richiede, infatti, non soltanto l’esistenza di una oggettiva sostanza economica, consistente in una significativa ( meaningful ) modifica della situazione economica dell’operatore, ma anche un fine di profitto ( business purpose ). Sulla necessaria compresenza delle due condizioni ( two – prongs test ) vi era stato un lungo contrasto in giurisprudenza, contrasto che aveva costituito uno dei principali motivi della codificazione. La richiamata sentenza 1372 / 11 aveva richiamato la soluzione legislativa U.S.A., proprio per significare, in armonia con la giurisprudenza comunitaria, che le operazioni di riorganizzazione, per non essere considerate abusive, non dovevano comportare una previsione di profitto. La formazione di una casistica di modelli di operazioni abusive anche in Italia offrirebbe un valido supporto alla pianificazione fiscale delle imprese ed eviterebbe un uso improprio dello strumento dell’abuso da parte dell’amministrazione finanziaria. Come si è già detto, però, dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale e dalla prassi dell’amministrazione non emergono indicazioni in tal senso. 7. La rilevabilità d’ufficio del contrasto del diritto interno col diritto comunitario Si tratta di un indirizzo ormai consolidato della giurisprudenza della Cassazione15. L’obbligo dell‘applicazione d’ufficio, con disapplicazione delle norme interne che - - - Transaction accelerates a loss or duplicates a deduction Transaction generates a deduction that is not matched by an equivalent economic loss or expense ( including artificial creation or increase in basis of an asset) Transaction holds offsetting positions that largely reduce or eliminate the economic risk of the transaction Transaction involves a tax-indifferent counterparty that recognises substantial income Transaction results in separation of income recognition from a related deduction either between different taxpayers or between the same taxpayer in different tax years Transaction has no credible business purpose apart from federal tax benefits Transaction has no meaningful potential for profit apart from federal tax benefits Transaction has no significant significant risk of loss Tax benefit is artificially generated by the transaction Transaction is pre-packaged Transaction is outside the taxpaywer’s ordinary business operations. 15 Sez. principio, Un., n. contenuto 26948 nella / 06. Il proposta divieto di legge di applicazione Leo, non può d’ufficio svolgere del alcun effetto preclusivo per i tributi armonizzati. Per gli altri tributi occorrerà 12 contrastino col diritto comunitario, opera non solo per il diritto comunitario primario e per gli atti normativi self – executing ( regolamenti e direttive contenenti norme precise e incondizionate ), ma anche per alcune categorie di decisioni della Commissione, quali quelle in tema di aiuti di Stato.16 Tale principio, che comporta anche la disapplicazione di norme processuali e procedimentali, pareva subire una flessione a seguito delle conclusioni dell’AG nella causa C – 227/08,Eva Martìn Martìn, in materia di clausole abusive dei contratti coi consumatori, secondo cui l’obbligo di applicazione d’ufficio, mirante a garantire il c.d. principio di effettività ( ex art. 10 Trattato CE ) potrebbe subire un’attenuazione, in conseguenza del diritto del singolo, riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, di ottenere dallo Stato membro il ristoro del danno cagionato da erronea o mancata applicazione del diritto comunitario da parte degli organi dello Stato stesso, ivi compresi i giudici, anche di ultimo grado17. La risposta della Corte18 è stata, però, nel senso che la materia della tutela dei consumatori costituisce oggetto di speciale interesse comunitario, per cui non può impedirsi che le norme comunitarie sulle c.d. clausole abusive dei contratti dei consumatori ( quale quella che escludesse il diritto di recesso )debbano essere applicate anche d’ufficio dal giudice nazionale. E’ evidente che allo stesso risultato non può non pervenirsi in materia tributaria, sussistendo un primario interesse dell’ordinamento comunitario, non solo per le c.d. imposte armonizzate, ma anche nel campo dell’imposizione diretta, nella quale la c.d. concorrenza fiscale tra gli Stati membri non può spingersi fino a turbare l’equilibrio del mercato unico. considerare, comunque, che tale divieto non impedirebbe al giudice tributario di dichiarare incidenter tantum la nullità dell’atto per simulazione, mancanza di causa o frode alla legge. 16 Cass., 24965 / 06 , nella quale è stata esclusa l’ imponibilità di interessi attivi prodotti da una sovvenzione pubblica, sospesa da una decisione della Commissione che ne riteneva la natura di aiuto di Stato illegale. Si veda anche la sentenza n. 17564 / 06, relativa al regime di agevolazioni fiscali per il Friuli – Venezia Giulia. 17 Sentenza 13 giugno 2006, C – 173 / 03, Traghetti del Mediterraneo 18 Sentenza 17 dicembre 2009. Si veda anche la sentenza 9 novembre 2010, C – 137/ 08, VB Penzügyi Lizing Zrt. 13 8. L’applicazione delle regole comunitarie in materia di abuso del diritto ai tributi non armonizzati Per quanto riguarda i contributi non armonizzati, in relazione a situazioni meramente interne, si deve riconoscere che la posizione delle Sezioni Unite circa la possibilità di applicazione d’ufficio, anche nel giudizio di cassazione, del principio necessiterebbe di un più articolato supporto sistematico19. E’ in tale prospettiva che si muoveva l’evoluzione del diritto comunitario. Mi limiterò a richiamare la comunicazione della Commissione in materia di abuso del diritto nell’imposizione diretta20 e la proposta della Commissione di una direttiva del Consiglio ( COM ( 2011 ) 121 del 16 marzo 2011 ) sulla base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società, la quale contiene un’ apposita norma generale anti – abusi ( art. 80 ), la quale si riferisce alle « operazioni artificiali svolte con l’esclusivo intento di eludere l’imposizione». Si deve far riferimento, a questo punto, all’ordinanza di rinvio pregiudiziale della Corte di Cassazione 4 agosto 2010,n. 18055, avente ad oggetto un caso di dividend stripping ( usufrutto di azioni costituito a da società non residenti a favore di società residenti, al fine di sottrarsi al regime impositivo dei dividendi spettanti a non residenti ), per il quale la società aveva dichiarato di volersi avvalere della misura di definizione agevolata ( pagamento del 5% dell’imposta richiesta ) dei giudizi pendenti dinanzi alla Corte di Cassazione, nei quali il contribuente aveva ottenuto le due pronunce di merito favorevoli, di cui al d.l. 25 marzo 2010,n. 40, convertito con la legge n. 73 del 2010. Nell’ordinanza di rinvio, prendendosi atto dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità circa la matrice non comunitaria della clausola antielusione in materia di imposte non armonizzate, si erano interrogati i Giudici comunitari sulla violazione, da parte di tale misura, dei principi del mercato unico e degli aiuti di Stato, nel caso di una pressoché totale rinuncia al contrasto a operazioni abusive. La Corte di Giustizia, nella recentissima sentenza del 29 marzo 2012 ( causa C 417 / 12 ), ha ritenuto, però, l’esclusiva competenza degli Stati membri in materia d’imposizione diretta, salvo il rispetto dei principi generali e dei diritti fondamentali del diritto comunitario, che nella specie non ha considerato violati. In particolare, la 19 20 Si veda la sentenza 21221 / 06 10 dicembre 2007, COM ( 2007 ) 785, al Parlamento Europeo e al Comitato Economico e Sociale Europeo, nella quale si rileva che la salvaguardia della base imponibile è un obiettivo essenziale nell’ambito del coordinamento dell’imposizione diretta, pur prendendosi atto della diversità con cui i singoli ordinamenti nazionali apprestano misure per il contrasto alle pratiche abusive 14 Corte ha escluso l’esistenza di un aiuto di Stato, disattendendo sul punto le conclusioni della Commissione21. La sentenza costituisce una chiara inversione di tendenza rispetto alla sempre maggior diffusione di General Anti Avoidance Rules su scala mondiale. Tale inversione viene attualmente considerata come frutto del principio di unanimità in materia tributaria, freno a tentativi di armonizzazione della fiscalità diretta. Dalla stessa sentenza deriva, ovviamente, un sostegno sistematico alla già citata giurisprudenza delle Sezioni Unite sulla matrice non comunitaria del principio dell’abuso del diritto in materia di tributi non armonizzati. 9. La proposta di legge Leo del 18 giugno 2009 Prendendo atto delle pronunce della Cassazione che avevano applicato i principi affermati dalla Corte di Giustizia nelle sentenze 21 febbraio 2006 in causa C – 255/02, Halifax, e 21 febbraio 2008 in causa C- 405/06, Part Service ( la seconda su rinvio pregiudiziale della Sezione tributaria della Cassazione ), introducendo nel nostro ordinamento, in difetto di previsione legislativa, un generalizzato divieto di operazioni elusive, la proposta evidenzia la necessità di distinguere tra il legittimo risparmio d’imposta e l’elusione fiscale. Il progetto modifica, quindi, parzialmente la formula dell’art. 37 – bis del D.P.R. 22 settembre 1973, n. 600, nel senso che possono essere disconosciuti dall’amministrazione finanziaria solo quei comportamenti « diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario », nei quali « il contribuente fa un uso distorto degli strumenti negoziali messi a sua disposizione dal sistema ». E’ evidente che si adotta, in tal modo, la via indicata dalla giurisprudenza della Cassazione, la quale si è richiamata al concetto di « abuso di forme giuridiche », impiegato dal legislatore tedesco in dalla Abgabeordnung ( legge generale tributaria ) del 1925 ( §5 ). Il progetto, peraltro, contiene il divieto di applicazione d’ufficio. Tale divieto, però, come si è già osservato22 porrebbe problemi di contrasto col diritto dell’UE, nelle 21 Punto 32: « Infine, e in ogni caso, è giocoforza constatare che nel diritto dell’Unione non esiste alcun principio generale dal quale discenda un obbligo per gli Stati membri di lottare contro le pratiche abusive nel campo della fiscalità diretta quella di cui trattasi e che osti all’applicazione di una disposizione nel procedimento principale, qualora come l’operazione imponibile derivi da pratiche siffatte e non sia in discussione il diritto dell’Unione ». 15 materie in cui esiste una competenza degli organi comunitari,oltre a costituire un’anomalia rispetto ad altre materie d’interesse generale. Senza considerare che, per quanto concerne i tributi non armonizzati, resterebbe comunque possibile il ricorso alternativo a regimi civilistici d’invalidità ( quali la nullità per simulazione, frode alla legge, mancanza di causa ), per i quali sarebbe discriminatorio adottare, in campo tributario, una disciplina diversa da quella generale della rilevabilità d’ufficio di cui all’art. 1421 cod.civ., operante anche nel giudizio di cassazione. 10. Il disegno di legge- delega governativo sul sistema fiscale Il disegno di legge contiene una apposita norma ( l’art. 6 ), recante il titolo « Disciplina dell’abuso del diritto ed elusione fiscale». Il testo riprende alcuni principi enunciati dalla giurisprudenza della Cassazione, particolarmente nella citata sentenza n. 1372 / 11, quali: la definizione di operazioni abusive per la presenza di prevalenti ragioni di risparmio fiscale; il divieto di considerare abusive operazioni di ristrutturazioni societaria, volte a conseguire una migliore gestione e pur non aventi un fine di immediata redditività; la distribuzione dell’onere della prova tra amministrazione finanziaria ( cui incombe la dimostrazione del carattere anomalo della forma giuridica ) e contribuente ( cui incombe l’onere di provare il reale e prevalente contenuto economico dell’operazione, diverso dal risparmio fiscale ). Nulla viene stabilito circa limitazioni processuali all’applicazione del principio. La norma contiene, inoltre, il divieto di prevedere sanzioni penali per condotte ritenute abusive, risolvendo, così un contrasto di giurisprudenza, anche di legittimità23. dar 22 V. supra, n. 7 23 Generalmente si afferma che il carattere abusivo della condotta non può luogo a dichiarazione responsabilità di cui penale all’art.4 ( ad d.l.vo esempio, 10 marzo per i 2000, reati n.74 di ) infedele perché la ricostruzione della condotta non avverrebbe alla stregua di norme di legge ( principio di stretta legalità di cui all’art. 25, comma 2°, Cost. ). In alcune sentenze, però, si è ritenuta non penalmente rilevante la condotta abusiva, non tanto per il principio di stretta legalità, quanto per l’incompatibilità col sistema della prova penale degli strumenti di presunzione legale, quale viene considerata la regola dell’ abuso ( v. Cass., Sez. III penale, n. 14486 / 09 ). 16 Interessante anche l’espresso riferimento al dovere di motivazione e alle garanzie del contraddittorio in relazione al ritenuto carattere abusivo dell’operazione. Occorrerà, a questo punto, interrogarsi quale sarà la concreta disciplina contenuta nei decreti delegati. Come è costantemente avvenuto, diverse voci critiche si sono levate contro la norma anti – abuso della legge delega, giungendosi ad affermare che la stessa costituirebbe addirittura una sorta di sanatoria di operazioni abusive precedenti. Pur dovendosi, ovviamente, attendere l’emanazione dei decreti delegati, a me non pare che la norma contenga qualcosa di diverso, e di più restrittivo, di quanto enunciato nelle sentenze della Corte di Cassazione, soprattutto in tema di operazioni societarie straordinarie. Fra l’altro essa non contiene - a differenza dei precedenti progetti di legge - alcun divieto di applicazione d’ufficio del principio, introducendo soltanto regole ( peraltro già ricavabili dal sistema ) in tema di motivazione e di garanzie del contraddittorio. Enrico Altieri 17