1 “Quanto mi appare ridicolo l’essere umano …con che facilità si lascia ingannare…. Gli uomini si credono furbi e intelligenti, sono convinti di poter ingannare gli altri, e poi cercano sempre di capire, di dare una spiegazione razionale a ciò che gli accade, al mondo intero… PSEUDOS! Che grande inganno è la vita! La condizione umana ha dell’assurdo! Ma gli uomini, questi miei deliziosi burattini, ancora non l’hanno capito, ancora non sanno, non sanno che il più grande di tutti gli equivoci è pensare che il mondo sia fatto per viverci!” Ψεῦ δος , Atto II, Scena vii 2 PREFAZIONE Il Laboratorio teatrale del Liceo Scientifico Statale “Alessandro Volta” ha voluto quest‟anno studiare una delle tematiche che da sempre ha interessato il mondo del teatro: l‟equivoco, l‟inganno inteso come falsa apparenza, illusione, mistificazione della realtà e le sue conseguenze per l‟essere umano. Da qui la scelta del titolo della pièce, la parola greca Ψεῦ δος , Pseudos, sinonimo di tutto ciò che è falso, contraffatto, ingannevole e che quindi si presta a causare fraintendimenti ed equivoci. Questo perché l‟equivoco ha costantemente ispirato la fantasia di artisti e scrittori, spingendoli ad adoperare il potere magico della parola per combattere le istituzioni, denunciare i difetti dell‟umanità o anche soltanto ironizzare bonariamente sui vezzi e le imperfezioni della società e dell‟uomo. La commedia degli equivoci, genere teatrale che ricorre ad espedienti letterari e scenici per rappresentare situazioni caratterizzate da fraintendimenti e confusione, vanta una tradizione ricchissima di grandi nomi, dal teatro greco a quello contemporaneo. Pertanto, non è stato semplice selezionare il materiale da studiare ai fini della rappresentazione scenica, ed è stato inevitabile dover escludere alcuni autorevoli rappresentanti comunemente associati a questa tipologia di commedia. Ma, come è tradizione, il nostro laboratorio è anche lettura, studio, formulazione di ipotesi, tentativi ed errori, tutte fasi che accompagnano il percorso di un intero anno di lavoro intenso, svolto come sempre in un clima di instancabile operosità, ma certamente non privo di momenti di difficoltà, in una lotta costante con tempi spesso troppo ristretti per i nostri giovani attori. La scelta del genere teatrale della commedia, inoltre, ha comportato un lavoro preparatorio di grande impegno per i nostri ragazzi perché, come è noto, fare ridere non è facile, e la finalità della commedia è invece, oggi come nel mondo greco o romano, di suscitare il riso dello spettatore e nel contempo indurlo a riflettere. Perché la commedia, pur essendo nata come componimento teatrale dalle tematiche leggere e con un lieto fine, ha poi assunto nei vari secoli diverse sfumature di significato, spesso allontanandosi di molto dal carattere della comicità: pensiamo al riso ironico che suscita il nostro connazionale Carlo Goldoni nelle sue commedie briose, dove trionfano la futilità e l‟apparenza della borghesia settecentesca italiana; o alla levigata arguzia con cui l‟irlandese Oscar Wilde riesce a smascherare l‟ipocrisia e le contraddizioni di quella classe agiata che popolava la Londra vittoriana; per poi riflettere su quali implicazioni può generare la commedia quando pian piano viene contaminata da elementi tragici, quando i suoi protagonisti sono personaggi grotteschi studiati nella loro psicologia e nel loro rapporto con il mondo che li circonda, come nel caso di Samuel Beckett e di Luigi Pirandello. Allora sì che il mondo e la vita stessa diventano il palcoscenico del più grande equivoco che l‟uomo si trova ad affrontare proprio in quanto essere umano: “Il padre di tutti gli equivoci: pensare che il mondo sia fatto per viverci”, recita il sottotitolo del nostro spettacolo, un aforisma che racchiude il senso e il messaggio profondo del nostro lavoro. Pseudos è pertanto una pièce dalle tinte variegate, che sviluppa i temi dell‟equivoco e dell‟inganno attraverso uno studio su alcuni tra i più rinomati classici del repertorio teatrale (Aristofane, Shakespeare, Wilde, Goldoni, Beckett e Pirandello). Il trait d‟union tra le scene è costituito dalla figura di un personaggio fittizio che incarna l‟Equivoco nel suo viaggio immaginario attraverso i secoli, snodandosi nelle sue varie sfaccettature: la beffa, la magia, l‟apparenza, la falsità, la simulazione della realtà, l‟assurdità della vita, la follia. Le varie fasi che hanno portato alla realizzazione del prodotto finale, dall‟ideazione del progetto didattico, alla drammaturgia ed alla messa in scena, sono state coordinate dalla referente del Laboratorio Teatrale Prof.ssa Gabriella Cucinotta, assieme alla Prof.ssa M. Cristina Meduri. Consapevoli della forte valenza formativa del teatro, hanno supportato gli studenti a misurarsi con le proprie abilità creative attraverso il linguaggio teatrale, convinte che esso costituisca un mezzo insostituibile per accrescere le proprie competenze comunicative e ampliare il proprio patrimonio culturale. Regista impareggiabile dello spettacolo Cristina Merenda, attrice, regista e docente nei Laboratori dell‟Attore per ragazzi e adulti presso l‟Associazione Culturale Spazio Teatro di Reggio Calabria, di cui è anche vicepresidente. Esperta teatrale di notevole competenza e professionalità, nonché nostra collaboratrice dallo scorso anno, Cristina Merenda ha generosamente offerto al Laboratorio Teatrale quel connubio di abile esperienza e fresca spontaneità, che ha entusiasmato e coinvolto gli allievi, permettendo loro di sperimentare che il teatro è creatività ma anche disciplina. Il tutto in un clima sereno di apertura al dialogo educativo e collaborazione fattiva con le docenti della scuola, che ha consentito la realizzazione di un prodotto finale in cui i ragazzi sono i veri protagonisti. 3 DRAMMATURGIA Il testo è strutturato in una serie di quadri scenici, ciascuno dei quali sviluppa la tematica generale dell‟opera sotto una diversa sfaccettatura, riprendendo le storie e i personaggi di note commedie e riadattandoli attraverso espedienti scenici originali. Personaggio chiave dello spettacolo l‟Equivoco, che apre la pièce con un brillante monologo in cui presenta se stesso e il suo ruolo nella finzione scenica e, come egli stesso darà a intendere, nella vita reale. E‟ lui il grande burattinaio, colui che muove i fili di quelle squallide marionette che prendono man mano vita sul palcoscenico, le inganna, le manovra, divertendosi dei loro errori e delle loro false illusioni. Presente in ogni quadro, pur se con differenti ruoli, l‟Equivoco assume forme e vesti diverse dinanzi al pubblico, a cui spesso si rivolge direttamente, sfondando la cosiddetta „quarta parete‟, per coinvolgerlo e renderlo quasi complice dei suoi inganni. Il primo quadro scenico è un adattamento della commedia greca Gli Uccelli di Aristofane (414 a.C.), un‟opera sempre attuale, perché rappresenta i sogni dell‟uomo di sempre e costituisce uno dei primi esempi di satira politica. Il tema trattato, infatti, è quello dell‟individuo che vuole fuggire dal proprio paese, perché è troppo corrotto. I due allegri protagonisti, Pistetero ed Evelpide, due Ateniesi stanchi di vivere nella propria città, cercano infatti scampo in un mondo “puro” , lontano da noie e dispiaceri, il mondo appunto degli uccelli, nel quale riescono a farsi accettare grazie alla mediazione dell‟Upupa che, secondo il mito, era in origine un uomo (il re di Tracia Tereo), trasformato poi in un uccello. Ma questo “mondo alternativo” non soddisfa ancora i due protagonisti : perché accontentarsi di pace e di riposo, quando si potrebbe ottenere il dominio del mondo intero ? Nasce così dalla mente di Pistetero il folle progetto che prevede la costruzione di un‟enorme città degli uccelli nel cielo. Si innesca allora il processo di corruzione : non c‟è luogo in cui l‟uomo, anche quando ha trovato la pace, rinunci alla sua sete di dominio assoluto. Pistetero, assunta la direzione dei lavori, si esenta da ogni fatica, preferendo cedere il compito all‟amico Evelpide. Gli dei infuriati mandano una delegazione alla nuova città (battezzata Nubicuculia), per far desistere gli uccelli dai loro propositi, ma alla fine gli abitanti di Nubicuculia avranno la meglio e in più Pistetero avrà in sposa la figlia di Zeus, Regina. La commedia si chiude con la parata trionfale dei due protagonisti, ora assisi sul trono della nuova città. Tra le battute scherzose di Evelpide e Pistetero, l‟esilarante gestualità e presenza scenica dell‟Upupa, la colorata presenza del coro degli uccelli, la divertente carrellata di personaggi stravaganti, tutti caratterizzati da accenti o movimenti scenici particolari, la commedia dimostra la futilità di ogni utopico desiderio umano; l‟uomo, infatti, sognando un mondo nuovo e perfetto, desiderando sfuggire alla scomoda realtà quotidiana, ha invece finito per ricreare egli stesso torti, ingiustizie e sete di dominio assoluto, corrompendo così il paradiso, un tempo felice e pacifico, degli uccelli. Uno degli esempi più comuni della commedia basata sull‟equivoco è quello provocato dallo scambio di persona: in tale situazione si trovano agire, alternativamente, due o più personaggi, l'uno all'insaputa dell'altro. E‟ quello che accade nella celebre commedia Sogno di Una Notte di Mezz’Estate di William Shakespeare, nostro secondo quadro scenico. La notte di mezz‟estate è una notte magica e il titolo ne svela immediatamente l‟atmosfera onirica, irreale. Due mondi si contrappongono nell‟opera: il mondo della realtà (gli artigiani che preparano una rappresentazione teatrale per le nozze del duca di Atene) e il mondo della fantasia (quello degli spiriti, delle ombre). Ma a volte il velo che separa i sogni dalla realtà può essere sollevato, con l‟intervento dell‟elemento magico, causato dal dissidio fra il re degli elfi Oberon e la regina delle fate Titania e dalle stravaganze dello spiritello birbone Puck, che altri non è se non il nostro personaggio chiave. In questo mondo stregato domina la magia, il capriccio, il dispotismo bizzarro di Oberon che attraverso Puck gioca con i mortali e con Titania, per imporre il suo dominio. Complessa è la sequenza degli scambi fra gli amanti. Si inizia con Ermia che ama Lisandro e con Elena che ama Demetrio, ma quest‟ultimo vuole invece conquistare Ermia. Si passa, attraverso l‟intervento „magico‟ di Puck, al folle girotondo in cui Ermia insegue Lisandro, Lisandro Elena, Elena Demetrio e Demetrio Ermia. E non è finita. Perché Ermia, alla quale all‟inizio aspiravano entrambi i giovani, sarà abbandonata da tutti e due, innamorati ora di Elena, e solo alla fine, dopo un nuovo intervento di Puck, si avrà la conclusione in cui gli amanti formeranno davvero due coppie. Nella grande follia della natura e dell‟amore, l‟attimo di felicità è breve, come breve è la parentesi amorosa vissuta dal povero Nico Chiappa, l‟artigiano trasformato in asino per magia di cui si innamora perdutamente la regina delle fate. Vittima di un inganno bizzarro, è l‟unico personaggio veramente beffato della commedia, come si avverte nell‟ingenua malinconia che accompagna il suo monologo finale. 4 Sul gioco di parole tra i due termini inglesi „earnest‟ e „Ernest‟ risiede il paradosso fondamentale della commedia L’Importanza di Chiamarsi Ernesto di Oscar Wilde, che costituisce il terzo quadro scenico dello spettacolo. Il titolo dell‟opera ribalta quella famosa affermazione di Giulietta sul nome di Romeo: “Che cos'è un nome? La rosa avrebbe lo stesso profumo anche se la chiamassimo in un altro modo. Dunque cambia il nome, Romeo, e amiamoci tranquillamente”. Ma come testimonia la frivola Gwendolen, nell'alta società britannica non è la persona a contare, non è l‟essere, ma l'apparire, lo sforzo d‟esser racchiuso in un nome che può rivelarsi quanto mai ingannevole, come testimonia la narrazione della commedia. Nessuna traduzione italiana può rendere appieno l‟arguto gioco di parole del titolo originale, perché la più comune traduzione, L'importanza di Chiamarsi Ernesto, sembra snaturare il messaggio stesso della commedia, non concedendo il giusto peso a quella dote di „serietà‟ che la „earnestness‟ inglese implica e la cui importanza è sottolineata nella frase conclusiva, sferzante critica alla società dell'epoca mascherata da esortazione morale. (I‟ve now realised for the first time in my life the vital Importance of Being Earnest). Vibrante di colpi di scena, scambi arguti e paradossi ironici, l‟opera prende bonariamente in giro le mode e le ostentazioni dell‟aristocrazia inglese di fine ottocento, la sua arroganza e ipocrisia, il culto dell‟apparenza e del denaro, la superficialità nel trattare istituzioni serie quali il matrimonio, visto soltanto come mezzo di elevazione sociale. Tutto sotto gli occhi di un impeccabile maggiordomo inglese (il nostro Equivoco travestito), che si diverte a muovere le sue cinque pedine su una immaginaria scacchiera. Il quarto quadro scenico è costituito da un breve estratto da Le Smanie per la Villeggiatura di Carlo Goldoni, una commedia pubblicata a Venezia nel 1761, allegra, briosissima, veloce, ricca di colpi di scena e cambi di prospettiva, in cui trionfano la futilità e l‟apparenza di un gruppo di borghesi che organizzano la propria vacanza curandone ossessivamente dettagli fastosi e dilapidando quanto accumulato in un anno di sacrifici. Giacintina e Vittorina, due giovani donne vanitose e ossessionate dal desiderio di ostentare una ricchezza più apparente che reale attraverso il possesso dell‟abito all‟ultima moda, si sfidano in scena in un simpatico duello di ventagli e battute pungenti, coinvolgendo gli spettatori con „velenosi‟ a parte, ma senza mai perdere la formale affettazione che si addice alle regole dell‟etichetta e al loro ruolo sociale. L‟entrata in scena dei due vagabondi di Samuel Beckett, i grotteschi Vladimir ed Estragon di Aspettando Godot, è preannunciata già verso la metà dello spettacolo da brevi interferenze in cui i due personaggi insinuano le loro battute apparentemente prive di senso nel tessuto di un testo ordinato e di trame ben definite. Compaiono in scena come ombre, voci indeterminate, creando negli spettatori la curiosità dell‟attesa, quell‟attesa a cui loro stessi ripetutamente accennano. Quando finalmente fanno il loro ingresso sul palco, i due riempiono lo spazio scenico di silenzi, pause, gag da cabaret, frasi incoerenti e inconcludenti, disinnescando quelli che fino ad allora erano considerati punti fermi intoccabili della convenzione teatrale (azione, trama, significato). Ciò a sottolineare il vero dramma della condizione umana: l‟assurdità della vita, l‟inganno di credere in un ordine che non esiste, in un significato che non arriverà mai; come mai arriverà Godot, il misterioso terzo uomo che Vladimir e Estragon non smetteranno mai di aspettare, vero protagonista dell‟opera. In Godot si è cercato di vedere un simbolo: Dio (il più spesso citato), il destino, la morte, la fortuna, la speranza. La grandiosità di Godot sta proprio nella sua astrattezza, o meglio nella sua totale apertura alle più personali interpretazioni: chiunque è libero di vedere in Godot quello che meglio crede, ma certamente l‟attesa di Vladimir ed Estragon è l‟Attesa con la A maiuscola, la sintesi di tutte le attese possibili, dove Beckett mette nel mirino l‟Uomo al di là di qualunque connotazione politica, sociale, geografica e storica. Il quadro finale del nostro spettacolo è occupato dal monologo di Vitangelo Moscarda, tratto e riadattato dal primo capitolo del romanzo Uno, Nessuno e Centomila di Luigi Pirandello. Guardandosi allo specchio, il protagonista scopre di non essere per gli altri quell‟ UNO che è per sé. La moglie, svelandogli che il suo naso pende verso destra, ha squarciato tutte le sue certezze, avviando una riflessione sull‟ intera esistenza. Vitangelo allo specchio, simbolo dell‟io davanti a se stesso, scopre di vivere senza „vedersi vivere‟. Si getta all‟inseguimento dell‟estraneo inscindibile da sé che gli altri conoscono in centomila identità differenti. Il protagonista si stacca dal proprio „fantoccio vivente‟, per se stesso è ormai nessuno: la distruzione dell‟ io è consumata nella follia. NOTE DI REGIA Per preparare i ragazzi all‟interpretazione dei personaggi, la nostra regista ha utilizzato costantemente particolari tecniche di training e improvvisazioni guidate finalizzate a caratterizzare ogni personaggio attraverso specifici gesti, posture e intonazioni di voce che ne esaltassero l‟individualità. Inoltre, seguendo il 5 metodo Stanislavskij, uno stile di insegnamento basato sull'approfondimento psicologico del personaggio e sulla ricerca di affinità tra il mondo interiore dello stesso e quello dell'attore, ha guidato i ragazzi a rispecchiarsi gradualmente nel ruolo assegnato, senza però ricercare stereotipi classici ma valorizzando l‟autenticità e la creatività dei giovani attori. In Gli Uccelli di Aristofane, si è cercato di garantire l‟effetto comico attraverso la prossemica, le espressioni del viso, la ricerca di particolari accenti, inflessioni, difetti di pronuncia e l‟uso calibrato dei tempi e dei ritmi nei dialoghi. La voluta esagerazione di movimenti e tratti fisici completa il quadro spingendolo fino al grottesco. Queste scelte di regia nascono dalla consapevolezza che la messa in scena canonica di commedie classiche non è più efficace come poteva esserlo ai tempi della loro composizione in quanto la comicità e i suoi ritmi sono notevolmente cambiati. Oggi la comicità richiede battute veloci, immediate, sottili, argute, spesso fuori dagli schemi, sopra le righe, al limite del demenziale. Shakespeare ad esempio, in Sogno di Una Notte di Mezz’Estate , usa una comicità d‟altri tempi che non potrebbe suscitare oggi le medesime reazioni che aveva sul pubblico elisabettiano, quindi l‟esagerazione diventa anche uno strumento per prendere in giro il modo di rappresentare la commedia nel Rinascimento inglese. L’Importanza di Chiamarsi Ernesto di Oscar Wilde utilizza un espediente tecnico di grande efficacia scenica, che ha richiesto un approfondito studio da parte dei nostri giovani attori: impersonare un gruppo di marionette, abilmente manovrate dal personaggio chiave, l‟Equivoco, che in linea con il leitmotiv dello spettacolo, muove con fili invisibili i cinque personaggi della commedia, costringendoli a movimenti legnosi e innaturali. E non è casuale che sia stato adoperato questo espediente proprio per la commedia di Wilde: il grande genio irlandese, noto per la sua arguta ribellione alle convenzioni e al falso moralismo della società vittoriana, emblema del dandismo e degli eccessi che sfidano la morale comune, finisce paradossalmente per essere imprigionato, costretto alla statica legnosità di un burattino. E il burattino che cos‟è? E‟ un‟anima in prigione, quello che forse il grande artista Wilde è realmente stato, se consideriamo la sua tanto discussa vita, il processo e le condanne subite, a fronte della sua straordinaria ironia e genialità. Le Smanie per la Villeggiatura di Carlo Goldoni ha attirato l‟attenzione della nostra regista per le possibilità che l‟opera offre alla messa in scena: la parte più interessante è infatti l‟approccio degli attori al pubblico, la possibilità di coinvolgere gli spettatori nella vicenda, sfondando la „quarta parete‟, abbracciando le tecniche proprie della commedia dell‟arte del Settecento italiano, fatta di gestualità ed espressioni del viso volutamente marcate quasi a rappresentare maschere, come avviene nel teatro giapponese Nō e Kabuki nel quale gli attori parlano soltanto con i gesti. Nel nostro caso le maschere vere e proprie non ci sono, ma le due giovani attrici che impersonano Giacintina e Vittorina riescono a sopperire abilmente a questa mancanza con posture e espressioni facciali minuziosamente studiate. La vera maschera non è, quindi, un accessorio esterno, ma è proprio il nostro essere, ed è da qui che nasce l‟equivoco. Aspettando Godot si annuncia attraverso brevi assaggi che colgono il pubblico di sorpresa provenendo da punti diversi dello spazio scenico, per dare l‟idea che il misterioso personaggio di Godot è sempre intorno a noi, in ogni luogo e in ogni istante, e che quindi potrebbe arrivare in qualsiasi momento a impossessarsi del nostro spazio vitale. Una volta che i personaggi entrano definitivamente in scena, lo spettatore potrà osservare in primo piano la presenza di un albero quasi spoglio, unico elemento scenografico previsto da Beckett per il suo capolavoro. Questa misteriosa e ingombrante presenza che non lascia mai la scena è frutto di una precisa intenzione registica: se l‟identità di Godot si presta a interpretazioni soggettive, si potrebbe anche pensare che Godot sia proprio quell‟albero, un albero „animato‟ che „osserva‟ l‟angoscia e la delirante attesa dei due vagabondi Vladimir ed Estragon e se ne fa beffa, decidendo di non svelarsi mai. Così l‟attesa è privata del suo significato, perché Godot è stato sempre presente, e magari ci si potrebbe spingere anche a pensare che sia proprio lui, Godot incarnato nell‟albero, a manovrare i pensieri, i discorsi incoerenti e le azioni dei due grotteschi personaggi. Uno, Nessuno e Centomila presenta, come d‟altra parte Aspettando Godot, un equivoco concettuale, un equivoco contro se stesso e i propri limiti mentali. L‟attrice protagonista del famoso monologo di Vitangelo Moscarda ha realizzato un egregio lavoro di introspezione e studio per riuscire a calarsi nel personaggio, spogliandosi della sua identità e adoperando abilmente fisicità e toni di voce per tenere sempre salda l‟attenzione degli spettatori. 6 MUSICHE Luci e musica giocano un ruolo fondamentale per sottolineare i momenti salienti dello spettacolo e caratterizzare i personaggi di volta in volta in scena. La decisione di utilizzare alcuni brani di Michael Jackson come leitmotiv per la colonna sonora (due canzoni in particolare vengono eseguite a cappella dai ragazzi in apertura e chiusura dello spettacolo), sembra apparentemente non pertinente alla pièce; in realtà Michael Jackson, per il suo stesso modo di essere sempre in bilico tra personaggio pubblico di fama mondiale e uomo comune dotato di straordinaria sensibilità, ha sempre incarnato l‟immagine stessa dell‟equivoco, un simbolo di contraddizione tra essere e apparire, umanità e diversità, fragilità e forza, suscitando inevitabilmente curiosità, polemiche e accuse, peraltro mai del tutto verificate. Trasgressivo, ribelle, a volte anche primordiale, il „re del pop‟ è l‟incarnazione del dualismo della natura umana; un artista indimenticabile che ha saputo inventare un suo personalissimo stile di canto e di danza, e nello stesso tempo ha sentito fortemente l‟esigenza di mettere la sua arte al servizio di tematiche forti quali la lotta contro ogni forma di violenza, il rispetto delle minoranze, l‟attenzione alle questioni ecologiche del nostro pianeta. In particolare, il brano di apertura, They don’t care about us, è una provocazione perfettamente in linea con il primo quadro dello spettacolo, Gli Uccelli di Aristofane. La canzone è il grido di rabbia e di protesta dell‟uomo comune contro il sistema, contro la corruzione del mondo della politica, di chi sta al potere e non si cura di chi vive, o forse sarebbe meglio dire sopravvive, ai margini della società. La satira politica contro la casta che deteneva il potere nell‟Atene di Aristofane è così annunciata e attualizzata dal brano di Michael Jackson, pubblica accusa al potere che inganna e tradisce il suo popolo, ignorandone esigenze e i suoi diritti fondamentali. Il brano Man in the Mirror (L’uomo allo Specchio), naturale conclusione dello spettacolo dopo il monologo di Vitangelo Moscarda, vuole lasciare agli spettatori un messaggio positivo: I'm starting with the man in the mirror/ I'm asking him to change his ways / And no message could have been any clearer / If you wanna make the world a better place / Take a look at yourself, and then make a change . È un invito a guardarsi allo specchio per mettersi in discussione, cambiare la propria strada per rendere il mondo migliore: per cambiare il mondo bisogna iniziare da se stessi, cioè dall'Uomo Nello Specchio, come recita la famosa massima socratica gnôthi seautón, conosci te stesso. SCENOGRAFIA E COSTUMI L'allestimento scenografico, minimalista e di concetto, è costituito da pannelli in legno e oggetti di scena, interamente realizzati dai ragazzi della sezione scenografia sotto la sapiente guida della prof.ssa Mirella Curatola. I pannelli formano un fondale e delle quinte laterali di cui gli attori stessi entrano in qualche modo a far parte, in base alle esigenze della messa in scena, quasi a fondersi con la scenografia stessa e diventare essi stessi una sorta di scenografia vivente. Una nota di colore traspare dagli elementi naturali del sottobosco, formato da fiori e foglie realizzati in cartapesta. I costumi di scena, piuttosto che riproporre fedelmente gli abiti corrispondenti alle epoche di composizione delle opere scelte, sono costituiti da una base neutra su cui di volta in volta vengono applicati gli elementi caratterizzanti ciascun personaggio. Particolare attenzione meritano i costumi dell‟Upupa e dell‟albero di Aspettando Godot, realizzati secondo un sapiente studio sui colori e sulle forme. Il costume dell‟Upupa, elaborato con diversi materiali, si compone di più elementi che, sovrapposti, rievocano le caratteristiche di questo peculiare uccello. L‟albero, invece, è stato costruito con intelaiature di rete, incollaggio di cartapesta e poliuretano espanso, per ottenere effetti volumetrici di estrema leggerezza. Finte gonne, crinoline e accessori vari completano di volta in volta le figure delle attrici riportando il pubblico al periodo storico in cui le opere sono state composte. Particolarmente laboriosa la realizzazione dei coloratissimi copricapi degli uccelli e dei costumi dei personaggi di Sogno di Una Notte di Mezz‟Estate. Sono stati costruiti tutti con materiale di facile reperibilità anche grazie all‟estro creativo e alla preziosa collaborazione di Roberto Cavallaro, giovane attore, scenografo e costumista nonché amico del nostro Laboratorio, che ha offerto il suo impagabile contributo a titolo gratuito. 7 INTERPRETI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 PERSONAGGI (in ordine alfabetico) Raffaella Alleva Eleonora Amoroso Davide Arcudi Tullia Attinà Gino Branca Diletta Cacciola Ilenia Calatafimi Annaelisa Cutrupi Laura Cutrupi Antonino Denaro Marco Ficara Angela Ieracitano Claudio Iero Massimo Lo Nigro Elisa Malavenda Martina Mazza Giovanna Neto Pietro Passaro Giuseppe Pelaggi Francesco Pitasi Marina Plutino Serena Praticò UllaVilkuna Simone Zampaglione Carmelo Zema Ermia Equivoco – Regina – Puck – Il maggiordomo – L‟albero Pistetero Fata - Titania Poseidone - Oberon Venditore di oracoli - Giacintina Venditore di decreti - Ragazzo al servizio di Godot Iride Poeta Zeppa il falegname Lisandro - Algernon Moncrieff Gwendolen Faifax Zufolo l‟aggiustatore di mantici - Estragon Evelpide Messaggeri Elena Cecily Cardew Prometeo – Mortoinpiedi il sarto Eracle - Tassello il carpentiere - Vladimir Demetrio Upupa – Vitangelo Moscarda Vittorina Lady Bracknell Jack Worthing Chiappa il tessitore SCENOGRAFIA Alessia Arillotta, Mariangela Bevacqua, Caterina Boschetto, Clara Calabrò, Francesco Calogero, Marco Carciotto, Giorgio Carere, Raffaele Codispoti, Giuseppe Crisalli, Simone Del Vecchio, Ilaria Delfino, Adriano Fallanca, Mariangela Foti, Bruno Gattuso, Alessia Gentile, Ilenia Lia, Federica Ligato, Diego Luppino, Marilena Martino, Anna Mate, Alessandro Morabini, Christian Oliverio, Chiara Pangallo, Giovanni Pansera, Carmen Pratesi, Giorgia Puleo, Marcel Saulea, Roberta Rodà, Antonino Scollica, Christian Tambris, Francesca Veltre. LABORATORIO TEATRALE DI ISTITUTO Docente referente: Prof.ssa Gabriella Cucinotta Docenti del progetto: Prof.ssa Mirella Curatola Prof.ssa Cristina Meduri Regia di Cristina Merenda (esperto esterno) 8 9 Produzione Laboratorio Teatrale Di Istituto 1993/94 1994/95 1995/96 1995/96 1996/97 1997/98 1998/99 1998/99 2001/02 2002/03 2003/04 2004/05 2005/06 2006/07 2007/08 2008/09 2009/10 2010/11 2011/12 A Maistra (Prof.sse Pristeri, Circosta) Medea e Monologo di Franca Rame (Prof.sse Pristeri, Circosta, Speziale) Lettere di Abelardo ed Eloisa (Prof.sse Pristeri, Circosta, Speziale, Borrello M., e con la collaborazione di Teresa Canale) Aulularia (Prof.ssa Circosta) Anna dei miracoli (Prof.sse Circosta, Ferrante, Gorgone, Rossetti) Troppa grazia San Giuseppe (Prof.ssa Circosta) La Locandiera (Prof.ssa Circosta) Edipo Re (Prof.sse Circosta, Ferrante, Praticò, Rossetti, Trapani) Il giorno della civetta (Prof.sse Circosta, Borrello A.M., Caserta, Neri G., Pesce, Praticò, Rossetti) Il brigante Musolino (Prof.ri Circosta, Borrello A.M., Califano, Caminiti, Caserta, Di Lorenzo, Pesce, Rossetti) Siamo noi (Prof.ri Circosta, Borrello A.M., Cucinotta, Di Lorenzo, Rossetti) Carpe diem (Prof.ri Circosta, Borrello A.M., Cucinotta, Di Lorenzo, Rossetti) C‟era una volta…e c‟è ancora (Prof.ri Circosta, Borrello A.M., Cucinotta, Di Lorenzo e con la collaborazione di Adele Rossetti) Il Ritratto di Dorian Gray (Prof.ri Circosta, Borrello A.M., Cucinotta, Di Lorenzo, Violi e con la collaborazione della prof.ssa Adele Rossetti) La Cavalleria Rusticana? (Prof.ri Circosta, Borrello A.M., Cucinotta, Ficara, Altimari e con la collaborazione di Adele Rossetti) Antologia di Spoon River (Prof.ri Altimari, Borrello A.M., Caccamo, Cucinotta, Ficara) Alice in Wonderland (Prof.ri Altimari, Borrello A.M., Caccamo, Cucinotta, Ficara e con la collaborazione della prof.ssa Adele Rossetti) Memorie di Casalfungo (Prof.sse Borrello A.M., Cucinotta, Curatola, Meduri M.C. e con la collaborazione della prof.ssa Adele Rossetti - Esperti esterni: Prof.ri Altimari, Marzocchi) Shakespeare in Prom (Prof.sse Cucinotta, Curatola, Meduri M.C. - Esperti esterni: Cristina Merenda) Lo spettacolo Pseudos ha ricevuto tre premi speciali nell‟ambito del Festival Teatro Scuola di Altomonte (CS), importante rassegna nazionale riservata al teatro scolastico. La giuria infatti ha attribuito una menzione speciale all‟opera con la Medaglia del Presidente della Repubblica, ha premiato l‟alunna Eleonora Amoroso assegnandole il premio quale “Migliore attrice” con una medaglia del Presidente del Senato della Repubblica ed inoltre ha assegnato alla scuola una coppa offerta dell‟Assessorato alla Cultura di Cosenza per il “Migliore progetto didattico”. 10