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“Quanto mi appare ridicolo l’essere umano …con che facilità si lascia ingannare….
Gli uomini si credono furbi e intelligenti,
sono convinti di poter ingannare gli altri,
e poi cercano sempre di capire,
di dare una spiegazione razionale a ciò che gli accade,
al mondo intero…
PSEUDOS!
Che grande inganno è la vita!
La condizione umana ha dell’assurdo!
Ma gli uomini, questi miei deliziosi burattini,
ancora non l’hanno capito, ancora non sanno,
non sanno che il più grande di tutti gli equivoci
è pensare che il mondo sia fatto per viverci!”
Ψεῦ δος , Atto II, Scena vii
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PREFAZIONE
Il Laboratorio teatrale del Liceo Scientifico Statale “Alessandro Volta” ha voluto quest‟anno studiare
una delle tematiche che da sempre ha interessato il mondo del teatro: l‟equivoco, l‟inganno inteso come falsa
apparenza, illusione, mistificazione della realtà e le sue conseguenze per l‟essere umano.
Da qui la scelta del titolo della pièce, la parola greca Ψεῦ δος , Pseudos, sinonimo di tutto ciò che è
falso, contraffatto, ingannevole e che quindi si presta a causare fraintendimenti ed equivoci.
Questo perché l‟equivoco ha costantemente ispirato la fantasia di artisti e scrittori, spingendoli ad
adoperare il potere magico della parola per combattere le istituzioni, denunciare i difetti dell‟umanità o anche
soltanto ironizzare bonariamente sui vezzi e le imperfezioni della società e dell‟uomo.
La commedia degli equivoci, genere teatrale che ricorre ad espedienti letterari e scenici per
rappresentare situazioni caratterizzate da fraintendimenti e confusione, vanta una tradizione ricchissima di
grandi nomi, dal teatro greco a quello contemporaneo. Pertanto, non è stato semplice selezionare il materiale
da studiare ai fini della rappresentazione scenica, ed è stato inevitabile dover escludere alcuni autorevoli
rappresentanti comunemente associati a questa tipologia di commedia.
Ma, come è tradizione, il nostro laboratorio è anche lettura, studio, formulazione di ipotesi, tentativi ed
errori, tutte fasi che accompagnano il percorso di un intero anno di lavoro intenso, svolto come sempre in un
clima di instancabile operosità, ma certamente non privo di momenti di difficoltà, in una lotta costante con
tempi spesso troppo ristretti per i nostri giovani attori.
La scelta del genere teatrale della commedia, inoltre, ha comportato un lavoro preparatorio di grande
impegno per i nostri ragazzi perché, come è noto, fare ridere non è facile, e la finalità della commedia è
invece, oggi come nel mondo greco o romano, di suscitare il riso dello spettatore e nel contempo indurlo a
riflettere. Perché la commedia, pur essendo nata come componimento teatrale dalle tematiche leggere e con
un lieto fine, ha poi assunto nei vari secoli diverse sfumature di significato, spesso allontanandosi di molto
dal carattere della comicità: pensiamo al riso ironico che suscita il nostro connazionale Carlo Goldoni nelle
sue commedie briose, dove trionfano la futilità e l‟apparenza della borghesia settecentesca italiana; o alla
levigata arguzia con cui l‟irlandese Oscar Wilde riesce a smascherare l‟ipocrisia e le contraddizioni di quella
classe agiata che popolava la Londra vittoriana; per poi riflettere su quali implicazioni può generare la
commedia quando pian piano viene contaminata da elementi tragici, quando i suoi protagonisti sono
personaggi grotteschi studiati nella loro psicologia e nel loro rapporto con il mondo che li circonda, come nel
caso di Samuel Beckett e di Luigi Pirandello.
Allora sì che il mondo e la vita stessa diventano il palcoscenico del più grande equivoco che l‟uomo si
trova ad affrontare proprio in quanto essere umano: “Il padre di tutti gli equivoci: pensare che il mondo sia
fatto per viverci”, recita il sottotitolo del nostro spettacolo, un aforisma che racchiude il senso e il messaggio
profondo del nostro lavoro.
Pseudos è pertanto una pièce dalle tinte variegate, che sviluppa i temi dell‟equivoco e dell‟inganno
attraverso uno studio su alcuni tra i più rinomati classici del repertorio teatrale (Aristofane, Shakespeare,
Wilde, Goldoni, Beckett e Pirandello). Il trait d‟union tra le scene è costituito dalla figura di un personaggio
fittizio che incarna l‟Equivoco nel suo viaggio immaginario attraverso i secoli, snodandosi nelle sue varie
sfaccettature: la beffa, la magia, l‟apparenza, la falsità, la simulazione della realtà, l‟assurdità della vita, la
follia.
Le varie fasi che hanno portato alla realizzazione del prodotto finale, dall‟ideazione del progetto
didattico, alla drammaturgia ed alla messa in scena, sono state coordinate dalla referente del Laboratorio
Teatrale Prof.ssa Gabriella Cucinotta, assieme alla Prof.ssa M. Cristina Meduri. Consapevoli della forte
valenza formativa del teatro, hanno supportato gli studenti a misurarsi con le proprie abilità creative
attraverso il linguaggio teatrale, convinte che esso costituisca un mezzo insostituibile per accrescere le
proprie competenze comunicative e ampliare il proprio patrimonio culturale.
Regista impareggiabile dello spettacolo Cristina Merenda, attrice, regista e docente nei Laboratori
dell‟Attore per ragazzi e adulti presso l‟Associazione Culturale Spazio Teatro di Reggio Calabria, di cui è
anche vicepresidente. Esperta teatrale di notevole competenza e professionalità, nonché nostra collaboratrice
dallo scorso anno, Cristina Merenda ha generosamente offerto al Laboratorio Teatrale quel connubio di abile
esperienza e fresca spontaneità, che ha entusiasmato e coinvolto gli allievi, permettendo loro di sperimentare
che il teatro è creatività ma anche disciplina. Il tutto in un clima sereno di apertura al dialogo educativo e
collaborazione fattiva con le docenti della scuola, che ha consentito la realizzazione di un prodotto finale in
cui i ragazzi sono i veri protagonisti.
3
DRAMMATURGIA
Il testo è strutturato in una serie di quadri scenici, ciascuno dei quali sviluppa la tematica generale
dell‟opera sotto una diversa sfaccettatura, riprendendo le storie e i personaggi di note commedie e
riadattandoli attraverso espedienti scenici originali.
Personaggio chiave dello spettacolo l‟Equivoco, che apre la pièce con un brillante monologo in cui
presenta se stesso e il suo ruolo nella finzione scenica e, come egli stesso darà a intendere, nella vita reale. E‟
lui il grande burattinaio, colui che muove i fili di quelle squallide marionette che prendono man mano vita
sul palcoscenico, le inganna, le manovra, divertendosi dei loro errori e delle loro false illusioni. Presente in
ogni quadro, pur se con differenti ruoli, l‟Equivoco assume forme e vesti diverse dinanzi al pubblico, a cui
spesso si rivolge direttamente, sfondando la cosiddetta „quarta parete‟, per coinvolgerlo e renderlo quasi
complice dei suoi inganni.
Il primo quadro scenico è un adattamento della commedia greca Gli Uccelli di Aristofane (414 a.C.),
un‟opera sempre attuale, perché rappresenta i sogni dell‟uomo di sempre e costituisce uno dei primi esempi
di satira politica. Il tema trattato, infatti, è quello dell‟individuo che vuole fuggire dal proprio paese, perché è
troppo corrotto. I due allegri protagonisti, Pistetero ed Evelpide, due Ateniesi stanchi di vivere nella propria
città, cercano infatti scampo in un mondo “puro” , lontano da noie e dispiaceri, il mondo appunto degli
uccelli, nel quale riescono a farsi accettare grazie alla mediazione dell‟Upupa che, secondo il mito, era in
origine un uomo (il re di Tracia Tereo), trasformato poi in un uccello. Ma questo “mondo alternativo” non
soddisfa ancora i due protagonisti : perché accontentarsi di pace e di riposo, quando si potrebbe ottenere il
dominio del mondo intero ? Nasce così dalla mente di Pistetero il folle progetto che prevede la costruzione di
un‟enorme città degli uccelli nel cielo. Si innesca allora il processo di corruzione : non c‟è luogo in cui
l‟uomo, anche quando ha trovato la pace, rinunci alla sua sete di dominio assoluto. Pistetero, assunta la
direzione dei lavori, si esenta da ogni fatica, preferendo cedere il compito all‟amico Evelpide. Gli dei
infuriati mandano una delegazione alla nuova città (battezzata Nubicuculia), per far desistere gli uccelli dai
loro propositi, ma alla fine gli abitanti di Nubicuculia avranno la meglio e in più Pistetero avrà in sposa la
figlia di Zeus, Regina. La commedia si chiude con la parata trionfale dei due protagonisti, ora assisi sul trono
della nuova città.
Tra le battute scherzose di Evelpide e Pistetero, l‟esilarante gestualità e presenza scenica dell‟Upupa, la
colorata presenza del coro degli uccelli, la divertente carrellata di personaggi stravaganti, tutti caratterizzati
da accenti o movimenti scenici particolari, la commedia dimostra la futilità di ogni utopico desiderio umano;
l‟uomo, infatti, sognando un mondo nuovo e perfetto, desiderando sfuggire alla scomoda realtà quotidiana,
ha invece finito per ricreare egli stesso torti, ingiustizie e sete di dominio assoluto, corrompendo così il
paradiso, un tempo felice e pacifico, degli uccelli.
Uno degli esempi più comuni della commedia basata sull‟equivoco è quello provocato dallo scambio di
persona: in tale situazione si trovano agire, alternativamente, due o più personaggi, l'uno all'insaputa
dell'altro. E‟ quello che accade nella celebre commedia Sogno di Una Notte di Mezz’Estate di William
Shakespeare, nostro secondo quadro scenico.
La notte di mezz‟estate è una notte magica e il titolo ne svela immediatamente l‟atmosfera onirica, irreale.
Due mondi si contrappongono nell‟opera: il mondo della realtà (gli artigiani che preparano una
rappresentazione teatrale per le nozze del duca di Atene) e il mondo della fantasia (quello degli spiriti, delle
ombre). Ma a volte il velo che separa i sogni dalla realtà può essere sollevato, con l‟intervento dell‟elemento
magico, causato dal dissidio fra il re degli elfi Oberon e la regina delle fate Titania e dalle stravaganze dello
spiritello birbone Puck, che altri non è se non il nostro personaggio chiave.
In questo mondo stregato domina la magia, il capriccio, il dispotismo bizzarro di Oberon che attraverso
Puck gioca con i mortali e con Titania, per imporre il suo dominio. Complessa è la sequenza degli scambi fra
gli amanti. Si inizia con Ermia che ama Lisandro e con Elena che ama Demetrio, ma quest‟ultimo vuole
invece conquistare Ermia. Si passa, attraverso l‟intervento „magico‟ di Puck, al folle girotondo in cui Ermia
insegue Lisandro, Lisandro Elena, Elena Demetrio e Demetrio Ermia. E non è finita. Perché Ermia, alla
quale all‟inizio aspiravano entrambi i giovani, sarà abbandonata da tutti e due, innamorati ora di Elena, e
solo alla fine, dopo un nuovo intervento di Puck, si avrà la conclusione in cui gli amanti formeranno davvero
due coppie.
Nella grande follia della natura e dell‟amore, l‟attimo di felicità è breve, come breve è la parentesi
amorosa vissuta dal povero Nico Chiappa, l‟artigiano trasformato in asino per magia di cui si innamora
perdutamente la regina delle fate. Vittima di un inganno bizzarro, è l‟unico personaggio veramente beffato
della commedia, come si avverte nell‟ingenua malinconia che accompagna il suo monologo finale.
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Sul gioco di parole tra i due termini inglesi „earnest‟ e „Ernest‟ risiede il paradosso fondamentale della
commedia L’Importanza di Chiamarsi Ernesto di Oscar Wilde, che costituisce il terzo quadro scenico dello
spettacolo. Il titolo dell‟opera ribalta quella famosa affermazione di Giulietta sul nome di Romeo: “Che cos'è
un nome? La rosa avrebbe lo stesso profumo anche se la chiamassimo in un altro modo. Dunque cambia il
nome, Romeo, e amiamoci tranquillamente”. Ma come testimonia la frivola Gwendolen, nell'alta società
britannica non è la persona a contare, non è l‟essere, ma l'apparire, lo sforzo d‟esser racchiuso in un nome
che può rivelarsi quanto mai ingannevole, come testimonia la narrazione della commedia. Nessuna
traduzione italiana può rendere appieno l‟arguto gioco di parole del titolo originale, perché la più comune
traduzione, L'importanza di Chiamarsi Ernesto, sembra snaturare il messaggio stesso della commedia, non
concedendo il giusto peso a quella dote di „serietà‟ che la „earnestness‟ inglese implica e la cui importanza è
sottolineata nella frase conclusiva, sferzante critica alla società dell'epoca mascherata da esortazione morale.
(I‟ve now realised for the first time in my life the vital Importance of Being Earnest).
Vibrante di colpi di scena, scambi arguti e paradossi ironici, l‟opera prende bonariamente in giro le
mode e le ostentazioni dell‟aristocrazia inglese di fine ottocento, la sua arroganza e ipocrisia, il culto
dell‟apparenza e del denaro, la superficialità nel trattare istituzioni serie quali il matrimonio, visto soltanto
come mezzo di elevazione sociale. Tutto sotto gli occhi di un impeccabile maggiordomo inglese (il nostro
Equivoco travestito), che si diverte a muovere le sue cinque pedine su una immaginaria scacchiera.
Il quarto quadro scenico è costituito da un breve estratto da Le Smanie per la Villeggiatura di Carlo
Goldoni, una commedia pubblicata a Venezia nel 1761, allegra, briosissima, veloce, ricca di colpi di scena e
cambi di prospettiva, in cui trionfano la futilità e l‟apparenza di un gruppo di borghesi che organizzano la
propria vacanza curandone ossessivamente dettagli fastosi e dilapidando quanto accumulato in un anno di
sacrifici. Giacintina e Vittorina, due giovani donne vanitose e ossessionate dal desiderio di ostentare una
ricchezza più apparente che reale attraverso il possesso dell‟abito all‟ultima moda, si sfidano in scena in un
simpatico duello di ventagli e battute pungenti, coinvolgendo gli spettatori con „velenosi‟ a parte, ma senza
mai perdere la formale affettazione che si addice alle regole dell‟etichetta e al loro ruolo sociale.
L‟entrata in scena dei due vagabondi di Samuel Beckett, i grotteschi Vladimir ed Estragon di
Aspettando Godot, è preannunciata già verso la metà dello spettacolo da brevi interferenze in cui i due
personaggi insinuano le loro battute apparentemente prive di senso nel tessuto di un testo ordinato e di trame
ben definite. Compaiono in scena come ombre, voci indeterminate, creando negli spettatori la curiosità
dell‟attesa, quell‟attesa a cui loro stessi ripetutamente accennano.
Quando finalmente fanno il loro ingresso sul palco, i due riempiono lo spazio scenico di silenzi, pause,
gag da cabaret, frasi incoerenti e inconcludenti, disinnescando quelli che fino ad allora erano considerati
punti fermi intoccabili della convenzione teatrale (azione, trama, significato). Ciò a sottolineare il vero
dramma della condizione umana: l‟assurdità della vita, l‟inganno di credere in un ordine che non esiste, in
un significato che non arriverà mai; come mai arriverà Godot, il misterioso terzo uomo che Vladimir e
Estragon non smetteranno mai di aspettare, vero protagonista dell‟opera. In Godot si è cercato di vedere un
simbolo: Dio (il più spesso citato), il destino, la morte, la fortuna, la speranza. La grandiosità di Godot sta
proprio nella sua astrattezza, o meglio nella sua totale apertura alle più personali interpretazioni: chiunque è
libero di vedere in Godot quello che meglio crede, ma certamente l‟attesa di Vladimir ed Estragon è l‟Attesa
con la A maiuscola, la sintesi di tutte le attese possibili, dove Beckett mette nel mirino l‟Uomo al di là di
qualunque connotazione politica, sociale, geografica e storica.
Il quadro finale del nostro spettacolo è occupato dal monologo di Vitangelo Moscarda, tratto e riadattato
dal primo capitolo del romanzo Uno, Nessuno e Centomila di Luigi Pirandello. Guardandosi allo specchio,
il protagonista scopre di non essere per gli altri quell‟ UNO che è per sé. La moglie, svelandogli che il suo
naso pende verso destra, ha squarciato tutte le sue certezze, avviando una riflessione sull‟ intera esistenza.
Vitangelo allo specchio, simbolo dell‟io davanti a se stesso, scopre di vivere senza „vedersi vivere‟. Si getta
all‟inseguimento dell‟estraneo inscindibile da sé che gli altri conoscono in centomila identità differenti. Il
protagonista si stacca dal proprio „fantoccio vivente‟, per se stesso è ormai nessuno: la distruzione dell‟ io è
consumata nella follia.
NOTE DI REGIA
Per preparare i ragazzi all‟interpretazione dei personaggi, la nostra regista ha utilizzato costantemente
particolari tecniche di training e improvvisazioni guidate finalizzate a caratterizzare ogni personaggio
attraverso specifici gesti, posture e intonazioni di voce che ne esaltassero l‟individualità. Inoltre, seguendo il
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metodo Stanislavskij, uno stile di insegnamento basato sull'approfondimento psicologico del personaggio e
sulla ricerca di affinità tra il mondo interiore dello stesso e quello dell'attore, ha guidato i ragazzi a
rispecchiarsi gradualmente nel ruolo assegnato, senza però ricercare stereotipi classici ma valorizzando
l‟autenticità e la creatività dei giovani attori.
In Gli Uccelli di Aristofane, si è cercato di garantire l‟effetto comico attraverso la prossemica, le
espressioni del viso, la ricerca di particolari accenti, inflessioni, difetti di pronuncia e l‟uso calibrato dei
tempi e dei ritmi nei dialoghi. La voluta esagerazione di movimenti e tratti fisici completa il quadro
spingendolo fino al grottesco.
Queste scelte di regia nascono dalla consapevolezza che la messa in scena canonica di commedie
classiche non è più efficace come poteva esserlo ai tempi della loro composizione in quanto la comicità e i
suoi ritmi sono notevolmente cambiati. Oggi la comicità richiede battute veloci, immediate, sottili, argute,
spesso fuori dagli schemi, sopra le righe, al limite del demenziale. Shakespeare ad esempio, in Sogno di Una
Notte di Mezz’Estate , usa una comicità d‟altri tempi che non potrebbe suscitare oggi le medesime reazioni
che aveva sul pubblico elisabettiano, quindi l‟esagerazione diventa anche uno strumento per prendere in giro
il modo di rappresentare la commedia nel Rinascimento inglese.
L’Importanza di Chiamarsi Ernesto di Oscar Wilde utilizza un espediente tecnico di grande efficacia
scenica, che ha richiesto un approfondito studio da parte dei nostri giovani attori: impersonare un gruppo di
marionette, abilmente manovrate dal personaggio chiave, l‟Equivoco, che in linea con il leitmotiv dello
spettacolo, muove con fili invisibili i cinque personaggi della commedia, costringendoli a movimenti legnosi
e innaturali. E non è casuale che sia stato adoperato questo espediente proprio per la commedia di Wilde: il
grande genio irlandese, noto per la sua arguta ribellione alle convenzioni e al falso moralismo della società
vittoriana, emblema del dandismo e degli eccessi che sfidano la morale comune, finisce paradossalmente per
essere imprigionato, costretto alla statica legnosità di un burattino. E il burattino che cos‟è? E‟ un‟anima in
prigione, quello che forse il grande artista Wilde è realmente stato, se consideriamo la sua tanto discussa
vita, il processo e le condanne subite, a fronte della sua straordinaria ironia e genialità.
Le Smanie per la Villeggiatura di Carlo Goldoni ha attirato l‟attenzione della nostra regista per le
possibilità che l‟opera offre alla messa in scena: la parte più interessante è infatti l‟approccio degli attori al
pubblico, la possibilità di coinvolgere gli spettatori nella vicenda, sfondando la „quarta parete‟, abbracciando
le tecniche proprie della commedia dell‟arte del Settecento italiano, fatta di gestualità ed espressioni del viso
volutamente marcate quasi a rappresentare maschere, come avviene nel teatro giapponese Nō e Kabuki nel
quale gli attori parlano soltanto con i gesti. Nel nostro caso le maschere vere e proprie non ci sono, ma le due
giovani attrici che impersonano Giacintina e Vittorina riescono a sopperire abilmente a questa mancanza con
posture e espressioni facciali minuziosamente studiate. La vera maschera non è, quindi, un accessorio
esterno, ma è proprio il nostro essere, ed è da qui che nasce l‟equivoco.
Aspettando Godot si annuncia attraverso brevi assaggi che colgono il pubblico di sorpresa provenendo
da punti diversi dello spazio scenico, per dare l‟idea che il misterioso personaggio di Godot è sempre intorno
a noi, in ogni luogo e in ogni istante, e che quindi potrebbe arrivare in qualsiasi momento a impossessarsi del
nostro spazio vitale.
Una volta che i personaggi entrano definitivamente in scena, lo spettatore potrà osservare in primo
piano la presenza di un albero quasi spoglio, unico elemento scenografico previsto da Beckett per il suo
capolavoro. Questa misteriosa e ingombrante presenza che non lascia mai la scena è frutto di una precisa
intenzione registica: se l‟identità di Godot si presta a interpretazioni soggettive, si potrebbe anche pensare
che Godot sia proprio quell‟albero, un albero „animato‟ che „osserva‟ l‟angoscia e la delirante attesa dei due
vagabondi Vladimir ed Estragon e se ne fa beffa, decidendo di non svelarsi mai. Così l‟attesa è privata del
suo significato, perché Godot è stato sempre presente, e magari ci si potrebbe spingere anche a pensare che
sia proprio lui, Godot incarnato nell‟albero, a manovrare i pensieri, i discorsi incoerenti e le azioni dei due
grotteschi personaggi.
Uno, Nessuno e Centomila presenta, come d‟altra parte Aspettando Godot, un equivoco concettuale, un
equivoco contro se stesso e i propri limiti mentali. L‟attrice protagonista del famoso monologo di Vitangelo
Moscarda ha realizzato un egregio lavoro di introspezione e studio per riuscire a calarsi nel personaggio,
spogliandosi della sua identità e adoperando abilmente fisicità e toni di voce per tenere sempre salda
l‟attenzione degli spettatori.
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MUSICHE
Luci e musica giocano un ruolo fondamentale per sottolineare i momenti salienti dello spettacolo e
caratterizzare i personaggi di volta in volta in scena.
La decisione di utilizzare alcuni brani di Michael Jackson come leitmotiv per la colonna sonora (due
canzoni in particolare vengono eseguite a cappella dai ragazzi in apertura e chiusura dello spettacolo),
sembra apparentemente non pertinente alla pièce; in realtà Michael Jackson, per il suo stesso modo di essere
sempre in bilico tra personaggio pubblico di fama mondiale e uomo comune dotato di straordinaria
sensibilità, ha sempre incarnato l‟immagine stessa dell‟equivoco, un simbolo di contraddizione tra essere e
apparire, umanità e diversità, fragilità e forza, suscitando inevitabilmente curiosità, polemiche e accuse,
peraltro mai del tutto verificate. Trasgressivo, ribelle, a volte anche primordiale, il „re del pop‟ è
l‟incarnazione del dualismo della natura umana; un artista indimenticabile che ha saputo inventare un suo
personalissimo stile di canto e di danza, e nello stesso tempo ha sentito fortemente l‟esigenza di mettere la
sua arte al servizio di tematiche forti quali la lotta contro ogni forma di violenza, il rispetto delle minoranze,
l‟attenzione alle questioni ecologiche del nostro pianeta.
In particolare, il brano di apertura, They don’t care about us, è una provocazione perfettamente in linea
con il primo quadro dello spettacolo, Gli Uccelli di Aristofane. La canzone è il grido di rabbia e di protesta
dell‟uomo comune contro il sistema, contro la corruzione del mondo della politica, di chi sta al potere e non
si cura di chi vive, o forse sarebbe meglio dire sopravvive, ai margini della società. La satira politica contro
la casta che deteneva il potere nell‟Atene di Aristofane è così annunciata e attualizzata dal brano di Michael
Jackson, pubblica accusa al potere che inganna e tradisce il suo popolo, ignorandone esigenze e i suoi diritti
fondamentali.
Il brano Man in the Mirror (L’uomo allo Specchio), naturale conclusione dello spettacolo dopo il
monologo di Vitangelo Moscarda, vuole lasciare agli spettatori un messaggio positivo: I'm starting with the
man in the mirror/ I'm asking him to change his ways / And no message could have been any clearer / If you
wanna make the world a better place / Take a look at yourself, and then make a change . È un invito a
guardarsi allo specchio per mettersi in discussione, cambiare la propria strada per rendere il mondo migliore:
per cambiare il mondo bisogna iniziare da se stessi, cioè dall'Uomo Nello Specchio, come recita la famosa
massima socratica gnôthi seautón, conosci te stesso.
SCENOGRAFIA E COSTUMI
L'allestimento scenografico, minimalista e di concetto, è costituito da pannelli in legno e oggetti di
scena, interamente realizzati dai ragazzi della sezione scenografia sotto la sapiente guida della prof.ssa
Mirella Curatola. I pannelli formano un fondale e delle quinte laterali di cui gli attori stessi entrano in
qualche modo a far parte, in base alle esigenze della messa in scena, quasi a fondersi con la scenografia
stessa e diventare essi stessi una sorta di scenografia vivente.
Una nota di colore traspare dagli elementi naturali del sottobosco, formato da fiori e foglie realizzati in
cartapesta.
I costumi di scena, piuttosto che riproporre fedelmente gli abiti corrispondenti alle epoche di
composizione delle opere scelte, sono costituiti da una base neutra su cui di volta in volta vengono applicati
gli elementi caratterizzanti ciascun personaggio.
Particolare attenzione meritano i costumi dell‟Upupa e dell‟albero di Aspettando Godot, realizzati
secondo un sapiente studio sui colori e sulle forme. Il costume dell‟Upupa, elaborato con diversi materiali, si
compone di più elementi che, sovrapposti, rievocano le caratteristiche di questo peculiare uccello.
L‟albero, invece, è stato costruito con intelaiature di rete, incollaggio di cartapesta e poliuretano
espanso, per ottenere effetti volumetrici di estrema leggerezza.
Finte gonne, crinoline e accessori vari completano di volta in volta le figure delle attrici riportando il
pubblico al periodo storico in cui le opere sono state composte.
Particolarmente laboriosa la realizzazione dei coloratissimi copricapi degli uccelli e dei costumi dei
personaggi di Sogno di Una Notte di Mezz‟Estate. Sono stati costruiti tutti con materiale di facile reperibilità
anche grazie all‟estro creativo e alla preziosa collaborazione di Roberto Cavallaro, giovane attore,
scenografo e costumista nonché amico del nostro Laboratorio, che ha offerto il suo impagabile contributo a
titolo gratuito.
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INTERPRETI
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PERSONAGGI (in ordine alfabetico)
Raffaella Alleva
Eleonora Amoroso
Davide Arcudi
Tullia Attinà
Gino Branca
Diletta Cacciola
Ilenia Calatafimi
Annaelisa Cutrupi
Laura Cutrupi
Antonino Denaro
Marco Ficara
Angela Ieracitano
Claudio Iero
Massimo Lo Nigro
Elisa Malavenda
Martina Mazza
Giovanna Neto
Pietro Passaro
Giuseppe Pelaggi
Francesco Pitasi
Marina Plutino
Serena Praticò
UllaVilkuna
Simone Zampaglione
Carmelo Zema
Ermia
Equivoco – Regina – Puck – Il maggiordomo – L‟albero
Pistetero
Fata - Titania
Poseidone - Oberon
Venditore di oracoli - Giacintina
Venditore di decreti - Ragazzo al servizio di Godot
Iride
Poeta
Zeppa il falegname
Lisandro - Algernon Moncrieff
Gwendolen Faifax
Zufolo l‟aggiustatore di mantici - Estragon
Evelpide
Messaggeri
Elena
Cecily Cardew
Prometeo – Mortoinpiedi il sarto
Eracle - Tassello il carpentiere - Vladimir
Demetrio
Upupa – Vitangelo Moscarda
Vittorina
Lady Bracknell
Jack Worthing
Chiappa il tessitore
SCENOGRAFIA
Alessia Arillotta, Mariangela Bevacqua, Caterina Boschetto, Clara Calabrò, Francesco Calogero, Marco
Carciotto, Giorgio Carere, Raffaele Codispoti, Giuseppe Crisalli, Simone Del Vecchio, Ilaria Delfino,
Adriano Fallanca, Mariangela Foti, Bruno Gattuso, Alessia Gentile, Ilenia Lia, Federica Ligato, Diego
Luppino, Marilena Martino, Anna Mate, Alessandro Morabini, Christian Oliverio, Chiara Pangallo, Giovanni
Pansera, Carmen Pratesi, Giorgia Puleo, Marcel Saulea, Roberta Rodà, Antonino Scollica, Christian
Tambris, Francesca Veltre.
LABORATORIO TEATRALE DI ISTITUTO
Docente referente:
Prof.ssa Gabriella Cucinotta
Docenti del progetto:
Prof.ssa Mirella Curatola
Prof.ssa Cristina Meduri
Regia di Cristina Merenda (esperto esterno)
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Produzione Laboratorio Teatrale Di Istituto
1993/94
1994/95
1995/96
1995/96
1996/97
1997/98
1998/99
1998/99
2001/02
2002/03
2003/04
2004/05
2005/06
2006/07
2007/08
2008/09
2009/10
2010/11
2011/12
A Maistra (Prof.sse Pristeri, Circosta)
Medea e Monologo di Franca Rame (Prof.sse Pristeri, Circosta, Speziale)
Lettere di Abelardo ed Eloisa (Prof.sse Pristeri, Circosta, Speziale, Borrello M., e con la
collaborazione di Teresa Canale)
Aulularia (Prof.ssa Circosta)
Anna dei miracoli (Prof.sse Circosta, Ferrante, Gorgone, Rossetti)
Troppa grazia San Giuseppe (Prof.ssa Circosta)
La Locandiera (Prof.ssa Circosta)
Edipo Re (Prof.sse Circosta, Ferrante, Praticò, Rossetti, Trapani)
Il giorno della civetta (Prof.sse Circosta, Borrello A.M., Caserta, Neri G., Pesce, Praticò,
Rossetti)
Il brigante Musolino (Prof.ri Circosta, Borrello A.M., Califano, Caminiti, Caserta, Di Lorenzo,
Pesce, Rossetti)
Siamo noi (Prof.ri Circosta, Borrello A.M., Cucinotta, Di Lorenzo, Rossetti)
Carpe diem (Prof.ri Circosta, Borrello A.M., Cucinotta, Di Lorenzo, Rossetti)
C‟era una volta…e c‟è ancora (Prof.ri Circosta, Borrello A.M., Cucinotta, Di Lorenzo e con la
collaborazione di Adele Rossetti)
Il Ritratto di Dorian Gray (Prof.ri Circosta, Borrello A.M., Cucinotta, Di Lorenzo, Violi e con la
collaborazione della prof.ssa Adele Rossetti)
La Cavalleria Rusticana? (Prof.ri Circosta, Borrello A.M., Cucinotta, Ficara, Altimari e con la
collaborazione di Adele Rossetti)
Antologia di Spoon River (Prof.ri Altimari, Borrello A.M., Caccamo, Cucinotta, Ficara)
Alice in Wonderland (Prof.ri Altimari, Borrello A.M., Caccamo, Cucinotta, Ficara e con la
collaborazione della prof.ssa Adele Rossetti)
Memorie di Casalfungo (Prof.sse Borrello A.M., Cucinotta, Curatola, Meduri M.C. e con la
collaborazione della prof.ssa Adele Rossetti - Esperti esterni: Prof.ri Altimari, Marzocchi)
Shakespeare in Prom (Prof.sse Cucinotta, Curatola, Meduri M.C. - Esperti esterni: Cristina
Merenda)
Lo spettacolo Pseudos ha ricevuto tre premi speciali nell‟ambito del Festival Teatro Scuola di Altomonte
(CS), importante rassegna nazionale riservata al teatro scolastico.
La giuria infatti ha attribuito una menzione speciale all‟opera con la Medaglia del Presidente della
Repubblica, ha premiato l‟alunna Eleonora Amoroso assegnandole il premio quale “Migliore attrice” con
una medaglia del Presidente del Senato della Repubblica ed inoltre ha assegnato alla scuola una coppa
offerta dell‟Assessorato alla Cultura di Cosenza per il “Migliore progetto didattico”.
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