46 - Filins

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F.I.L.I.N.S.
Federazione Italiana Licei Linguistici e Istituti Scolastici non Statali
(C.F.: 97248130581) - e-mail: [email protected]______________
Il Presidente
CONFAPI
SOCIO AGGREGATO
ASSOCIATA ALLA
CASA D’ EUROPA
Monterotondo, 10 Novembre 2009
Prot.: 542/09
Al Ministro del MIUR
Al Capo di Gabinetto
Al Capo Dipartimento per l’Istruzione
Al Direttore Generale – Direzione Generale agli Ordinamenti
Al Direttore Generale – Direzione Generale per lo Studente
Viale Trastevere, 76/A - 00100 ROMA
Oggetto: Convegno nazionale delle scuole paritarie – Desenzano del Garda, 30 e 31 ottobre
2009 - Istanze e proposte.
La FILINS ha organizzato il convegno di cui all’oggetto, a cui hanno partecipato oltre 200
dirigenti scolastici delle scuole paritarie, con l’intento di analizzare in senso critico e
propositivo l’attuale normativa del settore, in relazione sia all’esperienza maturata in questi
primi nove anni di applicazione della legge 62/2000, che alle recenti pronunce
giurisprudenziali.
Il convegno, in cui sono intervenuti fra gli altri l’On. Cristiana Muscardini (eurodeputato), l’On.
Dario Rivolta, il dott. Giovanni Trainito e il prof. Raffaele Di Lecce (Segr. Naz. CISAL-Scuola),
ha elaborato un documento conclusivo (basato su considerazioni pratiche di fatto e su
valutazioni giuridiche) che si sottopone all’attenzione di codesto Sp.le Ministero.
Il documento si compone di quattro parti: la prima riguarda alcune proposte di modifica delle
“Linee Guida” del Regolamento per le scuole paritarie e del D.M. 267/2007; la seconda si
riferisce a due chiarimenti da inserire nell’annuale O. M. per gli esami di Stato e a due mozioni
di emendamento della norma che pone ulteriori limiti ai candidati esterni; la terza riguarda
alcune proposte d’ integrazione sia della legge 62/2000 che della legge 27/2006; la quarta
espone l’ingiusta discriminazione del personale ATA delle scuole paritarie relativamente al
punteggio.
Dalla discussione è emerso un principio generale: ciò che è consentito alla scuola statale deve
esserlo anche per la scuola paritaria: di conseguenza la normativa scolastica deve essere unica.
Le varie ordinanze e circolari emanate dal MIUR, per frenare alcune patologie individuate nel
settore della scuola non statale, hanno invece stravolto il dettato costituzionale e la stessa legge
62/2000, discriminandola con ulteriori limitazioni.
In particolare, la scuola paritaria, grazie ad una concessione amministrativa di delega, entra a far
parte del sistema nazionale d’istruzione con un ruolo che ubbidisce essenzialmente al principio di
sussidiarietà, mantenendo tuttavia la sua natura di ente privato e autonomo: in quanto tale,
mentre svolge una funzione pubblica di rilevanza giuridica che le impone una conformità di
requisiti e di prestazioni didattiche, gode di quella libertà organizzativa, progettuale e contrattuale
che la stessa legge le conferisce.
Ma la reale parità potrà essere raggiunta solo quando le famiglie potranno scegliere liberamente
per i loro figli la scuola paritaria senza ulteriori spese per la retta scolastica.
I convegnisti hanno fermamente espresso l’auspicio che il Governo mantenga fede alle aspettative
e risolva questo annoso problema, cominciando quanto meno dalla fascia dell’obbligo.
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1) PROPOSTA PER LA MODIFICA DELLE “LINEE GUIDA” E DEL D.M. 267/2007
PREMESSA
Con l’emanazione dei decreti 29 novembre 2007, n. 263 e 267 e del decreto del Presidente della
Repubblica 9 gennaio 2008, n.23, atti regolamentari emessi in attuazione dell’articolo 1 bis della legge 3
febbraio 2008, n.27, di conversione del decreto legge 5 dicembre 2005, n. 250, si è completato il quadro
normativo delle disposizioni in materia di parità scolastica.
I sopracitati regolamenti sono stati oggetto di linee guida adottate con i decreti ministeriali nn. 82,
83, 84 del 10 ottobre 2008 finalizzati a fornire indicazioni operative agli uffici scolastici regionali
competenti ad emettere i correlati provvedimenti amministrativi di gestione. Tuttavia continuano a
manifestarsi comportamenti amministrativi differenziati sul territorio a fronte di casi analoghi quando non
addirittura identici. Tale circostanza unita ad un rilevante tasso di soccombenza dell’amministrazione in
sede giustiziale consiglia di ritornare sulla materia facendo leva sull’esperienza fin qui maturata,
affrontando una serie di temi che nel tempo si sono andati evidenziando come quelli che alimentano i
maggiori fronti di conflittualità fra l’amministrazione e gli istituti paritari. Si tratta di aree tematiche che non
trovano sempre una puntuale disciplina normativa e la cui corretta impostazione va affidata ad
un’interpretazione sistematica del complesso delle norme che nel tempo hanno regolamentato la materia.
Un’interpretazione generalizzata, mirata quindi a comportamenti amministrativi uniformi e non
meramente meccanicistici e spesso arbitrari, necessita di punti di riferimento certi, desumibili da
un’attenta lettura della legge 10 marzo 2000 n. 62, da collocare nell’ambito delle disposizioni
costituzionali in materia nonché, in mancanza di specifiche indicazioni, dalla complessiva normativa del
sistema nazionale di istruzione e formazione, di cui fanno parte le istituzioni scolastiche paritarie.
L’articolo 33 della Costituzione nel sancire che l’arte e la scienza sono libere e libero ne è
l’insegnamento prevede che la Repubblica istituisce scuole statali di ogni ordine e grado e che enti e
privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione. In sostanza la Costituzione attribuisce alle
scuole statali e alle scuole paritarie, in virtù del pluralismo democratico, una funzione strumentale per
l’attuazione del principio contenuto nel comma 1 dell’articolo 33. Occorre sottolineare, tuttavia, che detto
articolo attribuisce ad enti e privati il diritto di istituire non solo scuole, ma anche istituti di educazione.
Tale funzione deve essere svolta secondo le norme generali dettate dalla Repubblica ai sensi del
comma 2 dello stesso articolo 33; norme che pertanto si indirizzano ad entrambe le tipologie di istituzione
scolastica, salvo quanto si riferisce alla specificità di ciascuna di esse. Per le scuole paritarie l’articolo 33,
al comma 4, aggiunge ulteriori garanzie precisando che: La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle
scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un
trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
Da questo quadro normativo si evince che la libertà garantita dalla Costituzione alle scuole non
statali non può essere minore di quella di cui godono le istituzioni statali. Gli istituti paritari e le scuole
statali fanno parte quindi di un unico sistema nazionale di istruzione, impostato sul pluralismo dell’offerta
formativa rispetto al quale le famiglie operano le scelte educative per i propri figli, nella piena libertà delle
opzioni culturali ed educative. Dal quadro costituzionale e dalle norme attuative di legislazione primaria
emerge dunque la funzione pubblica delle rispettive istituzioni, pur tenendo conto della loro diversa natura
gestionale e finanziaria. Da qui scaturisce un primo fondamentale principio guida: agli istituti paritari deve
essere consentito tutto ciò che è consentito alle scuole statali, secondo un’unica normativa, anche per
quanto concerne il trattamento scolastico riservato agli alunni.
Altro principio guida che va sottolineato, strettamente connesso al primo, è quello in base al
quale alle scuole paritarie deve essere assicurata una prospettiva di graduale sviluppo nel tempo rispetto
alle situazioni osservabili nel momento iniziale del riconoscimento. Si tratta, com’è noto, di un principio
cardine delle istituzioni scolastiche, anche ai fini dell’attribuzione dell’autonomia scolastica. Le norme che
prescrivono i requisiti sostanziali e le modalità procedurali per il riconoscimento si riferiscono
esclusivamente al momento in cui il soggetto privato richiede il riconoscimento della parità, pertanto
hanno un carattere essenzialmente “statico” descrivendo le condizioni che debbono ricorrere nel
momento iniziale nel quale il soggetto privato richiede il riconoscimento della parità. Ma la vita di
un’istituzione formativa è destinata a protrarsi nel tempo e in questa proiezione “dinamica”
l’amministrazione è chiamata a garantire la piena libertà delle istituzioni paritarie nel loro sviluppo,
unitariamente alla tutela della fede pubblica di coloro che percorrono il proprio iter formativo negli istituti
paritari. Occorre in altri termini che l’azione amministrativa si inserisca in una visione “dinamica” della vita
delle scuole paritarie ed affronti gli eventi successivi al primo riconoscimento in un’ottica tale da non
compromettere prospettive di crescita, intervenendo con provvedimenti di revoca del riconoscimento solo
nei casi in cui sussistano fondati e motivati elementi che consentano di affermare che la funzione
pubblica svolta possa ricevere gravi pregiudizi.
Alla luce di tali principi guida, possono individuarsi canoni ermeneutici della legislazione coerenti
con un sistema nazionale pluralistico di istruzione e tali da conferire certezza del diritto e omogeneità
territoriale all’azione amministrativa, fornendo adeguati supporti motivazionali ad ogni provvedimento
adottato. Ciò premesso si forniscono gli indirizzi operativi cui gli uffici scolastici regionali dovranno
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attenersi sui diversi temi che sono sin qui stati all’origine di divergenze interpretative e di conseguenziale
conflittualità.
a) PROCEDURA PER IL CONFERIMENTO DELLA PARITÀ SCOLASTICA
Il decreto 29 novembre 2007, n. 267, disciplina gli aspetti procedurali relativi al riconoscimento,
mantenimento e revoca della parità scolastica, prevedendo un iter amministrativo che si svolge prima
dell’inizio dell’anno scolastico dal quale è destinato a produrre effetti l’eventuale riconoscimento
Giova precisare che l’intendimento implicito nel testo vigente è quello di fornire ai genitori che
intendano iscrivere i propri figli ad una scuola non statale un elemento di affidamento, ancorché non
definitivo, ove la scuola prescelta abbia ancora in corso, al momento dell’iscrizione degli studenti, la
procedura per il riconoscimento della parità scolastica. In ciò va rinvenuto il senso della disposizione che
prevede, per taluni requisiti che non possono essere posseduti prima dell’emissione dell’atto
amministrativo di riconoscimento, il ricorso ad autodichiarazioni e a formali assunzioni di impegno da
parte del gestore. In questa prima fase gli organi dell’amministrazione emettono atto di riconoscimento
della parità entro il 30 giugno di ciascun anno in modo da realizzare l’intento di fornire un primo
consistente affidamento ai genitori, che la scuola che i figli frequenteranno dal successivo anno
scolastico, rivesta la natura giuridica di scuola paritaria. Peraltro, subito dopo l’inizio dell’anno scolastico
sussiste il dovere dell’amministrazione di verificare che gli impegni assunti dal gestore nelle proprie
dichiarazioni si siano effettivamente tramutati in requisiti realizzatisi nei fatti. Trattasi di una fase di
necessario svolgimento che, se conclusa definitivamente (all’esito delle necessarie interlocuzioni con il
gestore sulla base dei principi di partecipazione del cittadino alla formazione del provvedimento
amministrativo) con esito negativo, deve portare alla revoca della parità concessa sulla base di
potenzialità astratte.
In tali casi dovrà peraltro essere salvaguardata l’aspettativa degli studenti frequentanti in ordine
alla piena validità dell’anno scolastico ai fini della prosecuzione degli studi in altra scuola statale o
paritaria.
b) NUMERO MINIMO DI ALUNNI PER CLASSE
Il citato D.M. n. 267/2007, al sesto comma dell’articolo 1 lettera f, indica, fra le dichiarazioni che
devono essere rese dal soggetto abilitato a presentare la domanda di riconoscimento della parità “
l’impegno a costituire corsi completi e a formare classi composte da un numero di alunni non inferiore ad
otto”. Tale numero minimo riferito alla scuola dell’infanzia va “computato con riferimento alle sezioni
complessivamente attivate”. La ratio della disposizione, è quella di indicare condizioni potenziali ritenute
idonee e rendere efficace l’organizzazione degli insegnamenti e delle attività didattiche, finalità che,
peraltro, non viene indicata come non realizzabile anche in presenza di classi costituite con un numero di
alunni minore. Del resto, i requisiti fondamentali ed indispensabili per il riconoscimento della parità sono
contenuti nella legge istitutiva n. 62/2000 e fra di essi non è previsto il numero minimo di alunni, introdotto
nella norma emanata per regolamentare la stessa legge. Ne consegue che, trattandosi di elemento cui
non è attribuibile carattere di requisito, la disposizione va applicata nel suo significato letterale nel senso
di un’assunzione di impegno teso alla costituzione di un corso completo e alla formazione di classi con un
numero non inferiore ad otto. Il mancato raggiungimento di tale indicazione non può assurgere ad
elemento decadenziale del riconoscimento, tanto più che trattasi di un impegno che il gestore assume
prima del verificarsi di un evento la cui realizzazione non dipende dalla sua volontà.
Appare coerente con il sistema complessivo ritenere che trattasi di una norma di garanzia mirata
a porre un principio tendenziale, ovvero un obiettivo verso cui il gestore deve tendere per realizzare
quello sviluppo dell’istituzione nel quale l’interesse del privato e l’interesse pubblico ad una formazione di
qualità trovano un significativo momento d’incontro.
Ad ulteriore rafforzamento dell’indicazione fornita si consideri che un’interpretazione letterale
porterebbe a considerare il profilo numerico di cui trattasi in modo svincolato da ogni considerazione, pur
doverosa, relativa al contesto territoriale di ubicazione della scuola nonché all’ordine e grado di istruzione
in cui la stessa si colloca.
Ferma restando l’auspicabile realizzazione effettiva del principio tendenziale esplicitato nella
norma, mancati riconoscimenti o revoche della parità non debbono essere fondati tanto sul numero degli
alunni in sé, considerato in modo avulso dal contesto complessivo di riferimento, quanto sulla verifica
dell’efficienza e dell’efficacia dei percorsi formativi potenzialmente garantite dalla permanenza nel tempo
dei requisiti fondamentali individuati dalla legge n. 62/2000.
c) REQUISITI DEI DOCENTI E NATURA DEI RAPPORTI DI LAVORO
La normativa vigente prevede che i docenti ai quali i gestori degli istituti paritari affidano gli
insegnamenti siano forniti di abilitazione.
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Trattandosi di mera circostanza di fatto, la norma non richiede particolari indirizzi applicativi
quanto considerazioni di ordine meramente pratico mirate ad agevolare il rispetto dell’obbligo imposto da
parte degli uffici dell’amministrazione scolastica periferica. Questi ultimi, a richiesta delle scuole paritarie
interessate, dovranno predisporre ogni utile supporto mirato a fornire, nel rispetto delle norme della
privacy, alle stesse i nominativi dei docenti abilitati, nonché i rispettivi recapiti.
Inoltre non appare del tutto inutile ricordare che ogni obbligo può essere rispettato nella misura in
cui sussistano le condizioni di fatto per ottemperare, sicché in caso di graduatorie esaurite a livello
provinciale, o in caso di indisponibilità degli interessati ad accettare la nomina, non può ragionevolmente
imputarsi al gestore l’assunzione di personale docente non abilitato purché fornito della laurea di accesso
alla classe di abilitazione interessata, in parallelo a quanto avviene nel circuito delle scuole statali.
Per quanto attiene alla natura dei rapporti di lavoro attivati dai gestori delle scuole paritarie, va
ricordato che la legge n. 62/2000 pone la sola condizione che tali rapporti siano conformi ai contratti
collettivi di settore e non fa riferimento alla loro specifica natura. Il complesso tema ha evidenziato
difficoltà di uniforme orientamento dell’azione amministrativa sul territorio, in particolar modo a seguito
dell’entrata in vigore della legge 30/2003 che, nell’introdurre principi di flessibilità nel mercato del lavoro,
ha disciplinato una vasta tipologia di rapporti di lavoro di natura parasubordinata che, rispetto alle due
tradizionali categorie del lavoro autonomo e del lavoro subordinato, presentano caratteristiche che ne
rendono non agevole la riconducibilità all’una o all’altra, del resto non necessaria.
La previsione della legge n. 62 e la pluralità delle tipologie di rapporti di lavoro oggi esistente
induce a ritenere che non assuma particolare rilevanza svolgere indagini particolari sulla natura dei
rapporti di lavoro attivati dai gestori degli istituti paritari nei confronti dei propri docenti. Accertato che la
condizione posta dalla legge istitutiva di una loro disciplina affidata ad un contratto collettivo nazionale di
settore sia rispettata sembra più aderente al quadro normativo vigente, verificare il contenuto dei contratti
individuali di lavoro e la concreta organizzazione delle attività educative e didattiche, essendo in tali
elementi che si coglie la sussistenza di garanzie per gli studenti di un servizio scolastico erogato con
modalità equipollenti a quelle delle corrispondenti scuole statali come è previsto dalla Costituzione.
E’ infatti in tali contratti individuali che debbono essere specificati gli obblighi che il docente
assume all’interno dell’organizzazione scolastica e che devono essere tali da assicurare, nel pieno della
sua ampiezza, lo svolgimento della funzione docente. Quindi, non solo l’attività di insegnamento, ma
anche tutte quelle attività collaterali che i docenti sono chiamati a svolgere nella scuola dell’autonomia e
della flessibilità organizzativa (partecipazione collegiale all’elaborazione del piano dell’offerta formativa,
rapporti con le famiglie, flessibilità di utilizzo, interazione con il territorio, personalizzazione dei piani di
studio, ecc.). Tali adempimenti, peraltro, sono assegnati al docente da specifiche disposizioni ministeriali.
d) CLASSI COLLATERALI ED ESAMI D’IDONEITÀ
Il principio su cui la parità scolastica si fonda è quello in base al quale la stessa è riconosciuta per
corsi interi o con la prospettiva della loro realizzazione nei casi di scuole nuove che inizino dalla prima
classe di un corso.
Il principio, già sancito dalla legge n.62/2000, è ribadito dal più volte citato D.M. 267/2007
(articolo1, comma 8) il quale afferma che non può essere riconosciuta la parità a singole classi.
Peraltro ai fini di un approfondimento interpretativo della reale portata da attribuire a tale
disposizione sovvengono le considerazioni svolte nelle premesse delle presenti linee guida.
Il regolamento 267/2007 disciplina la procedura per il riconoscimento della parità scolastica e
quindi regola l’azione amministrativa che si esercita sulla situazione iniziale esistente al momento della
richiesta di riconoscimento da parte del gestore. In tale momento, di carattere statico, il legislatore ha
inteso porre il divieto di istituzione di classi singole per fare in modo che potessero entrare a far parte del
sistema nazionale di istruzione soggetti con una struttura iniziale di erogazione del servizio certa, definita
e fornita di visibile organicità.
Il tema della formazione di classi collaterali deve però essere esaminato anche sotto il profilo
dinamico, ovvero inquadrato negli eventi della vita della scuola paritaria successivi al primo
riconoscimento. In tale prospettiva le cautele adottate con riferimento alla “nascita” della scuola paritaria
debbono tener conto della necessità di non pregiudicare lo sviluppo dell’istituzione, introducendosi
altrimenti contraddizioni in un sistema pluralistico nato per consentire ai genitori di esercitare in piena
libertà le proprie scelte educative.
Ne deriva che in presenza di fatti che si verificano negli anni successivi al riconoscimento e che si
legano ad eventi del tutto ordinari e disciplinati da altre norme (ripetenze, nuove iscrizioni, scelte dei
genitori orientate sul passaggio dei propri figli dalle scuole statali a quelle paritarie, esami di idoneità,
ecc..) appare necessario mantenere comportamenti amministrativi coerenti con i principi generali della
materia. Possono infatti verificarsi situazioni che, per le sopraindicate circostanze, inducano la necessità
di sdoppiare le classi facenti parte del corso paritario, portando alla costituzione di classi collaterali. In tali
casi è del tutto corretto ritenere che tali classi abbiano natura paritaria quale automatica proiezione di
quella o quelle già riconosciute paritarie.
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In questa linea, appare incongruo contingentare la formazione delle classi collaterali, sia per la
scuola statale che paritaria, mentre è doveroso intervenire in modo fermamente sanzionatorio nei casi in
cui la loro nascita ed il loro eccessivo numero siano legati agli esami d’idoneità e alla strumentale
erogazione di titoli di studio, eludendo le finalità proprie dell’azione formativa del servizio scolastico.
Questa impostazione consente di inquadrare nella giusta luce anche la questione degli esami di
idoneità presso le scuole paritarie, che spesso costituiscono l’evento principale cui si ricollega la
necessità di sdoppiare alcune classi intermedie o finali appartenenti al corso completo già paritario.
Al pari delle iscrizioni, manifestazioni della libera scelta dei genitori rispetto alle opzioni formative
dell’ordinamento, anche la scelta della sede per sostenere gli esami di idoneità è espressione della
libertà delle scelte educative, a maggior ragione in un contesto nel quale l’autonomia delle scuole
consente di fornire specifiche curvature ai curricoli. La scelta della sede nella quale sostenere gli esami di
idoneità prefigura quindi, in misura ancora maggiore rispetto al passato, una volontà di frequenza, in caso
di esito positivo, della scuola prescelta. Ove ciò dovesse portare allo sdoppiamento di classi del corso
paritario e quindi alla formazione di classi collaterali, appare preminente non disattendere le aspettative
dei genitori e degli studenti.
Da tutto quanto sopra considerato deriva che la costituzione di classi collaterali incontra il suo
limite soltanto nella disponibilità di locali nei quali collocarle. Non deve trattarsi peraltro di spazi qualsiasi,
ma di locali idonei a realizzare una didattica efficace da rapportare alla specifica tipologia di istruzione.
Inoltre, non potranno essere sacrificati a tali esigenze quegli spazi comuni destinati a laboratori o ad
attività di arricchimento dell’offerta formativa, né potranno essere costituite classi collaterali finali del
percorso di studio in numero tale da prefigurare comportamenti chiaramente strumentali non riconducibili
al fisiologico sviluppo dell’istituzione.
2) PROPOSTA D’INTEGRAZIONE DELL’ANNUALE O.M. PER GLI ESAMI DI STATO
Per evitare difformità di comportamento da parte degli uffici scolastici periferici occorre:
a) chiarire che il compenso per i commissari interni sia per gli esami preliminari che per quelli di
Stato è a totale carico dello Stato;
b) chiarire che il requisito della residenza non è richiesto per i candidati privatisti che intendono
sostenere gli esami di Stato presso scuole a scarsa diffusione sul territorio e per coloro che
effettuano servizio ecclesiastico o militare;
c) estendere per i candidati esterni la scelta della scuola dove sostenere gli esami in ambito
regionale;
d) la norma che assegna esclusivamente alle scuole statali la possibilità di costituire commissioni
per soli candidati privatisti, escludendo le scuole paritarie, appare illegittima in quanto
incostituzionale e contraddittoria rispetto alla legge 62/2000.
3) PROPOSTA PER GLI EMENDAMENTI DELLA LEGGE 10 MARZO 2000, N. 62 E DELLA LEGGE 3
FEBBRAIO 2006, N. 27.
Art. 1
1. Le scuole paritarie di cui alla legge 10 marzo 2000 n. 62 partecipano alla realizzazione dell’obbiettivo
prioritario di espansione dell’offerta formativa e degli obbiettivi prioritari di generalizzazione della
domanda di istruzione dell’infanzia lungo tutto l’arco della vita.
2. Ai fini del riconoscimento della parità, le lettere f) ed h) del comma 4, art. 1 della legge 10 marzo 2000,
n. 62 sono così modificate:
f) l’organica costituzione di corsi completi: non può essere riconosciuta la parità a singole classi, tranne
che in fase di costituzione di nuovi corsi completi ad iniziare dalla prima classe. La parità si estende a
singole classi collaterali formate per sdoppiamento di classi appartenenti al corso completo già paritario;
lo sdoppiamento è consentito qualora il numero degli alunni iscritti ad una determinata classe supera la
capienza dell’aula che ospita la classe stessa.
La consistenza delle classi in termini di numero minimo di alunni deve rispondere a criteri tecnici di
efficacia dell’azione didattica ed educativa; inoltre, dovrà essere rapportata al tipo di scuola e al territorio
in cui essa è insediata.
h) l’applicazione per tutto il personale di contratti individuali che rispettino i contratti collettivi nazionali di
lavoro subordinato o parasubordinato, stipulati per lo specifico settore e regolarmente registrati secondo
la normativa vigente in materia, nella misura di almeno il 75% delle ore lavorative totali.
Art. 2
1. All’art. 1 bis del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, come modificato dalla legge di conversione 3
febbraio 2006, n. 27, dopo l’ultimo periodo del comma 3, sono aggiunti i seguenti periodi:
“Gli alunni che hanno superato esami di idoneità presso scuole statali o paritarie possono iscriversi ad
altre scuole a condizione che il percorso di studio verificato in sede di esame di idoneità sia coerente con
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quello dell’eventuale altra scuola prescelta per la prosecuzione degli studi. Tale condizione deve essere
espressamente comunicata per accettazione al candidato all’atto dell’iscrizione all’esame di idoneità.
Il numero di candidati privatisti ammessi agli esami di idoneità è programmato dalla scuola in rapporto
alle iscrizioni che potranno essere accolte, nell’anno scolastico successivo, a completamento dei posti
disponibili previsti per ogni singola classe già appartenente al corso completo e/o che potrà funzionare
mediante sdoppiamento della classe medesima”.
Art. 3
1. Gli interventi finanziari per il diritto allo studio e all’istruzione per gli alunni delle scuole statali e paritarie
di cui all’art. 1 commi 9, 10 e 11 della legge 10 marzo 2000, n. 62 sono finalizzati anche a sostegno della
spesa sostenuta e documentata dalle famiglie per la frequenza delle scuole paritarie.
4) SPEREQUAZIONE DEL PUNTEGGIO ASSEGNATO AL PERSONALE ATA DELLE PARITARIE
La FILINS, inoltre, lamenta come l’attuale discriminazione tra scuola statale e scuola paritaria per quanto
attiene la valutazione del servizio del personale ATA, non sia ulteriormente tollerabile sia sotto il profilo
giuridico-legale che sotto il profilo morale.
Le attuali norme amministrative, che attribuiscono al personale ATA delle scuole paritarie un punteggio
del tutto residuale, sono inaccettabili perché prive di ogni legittimità giuridica.
Alcuni riferimenti giurisprudenziali:
Per il numero minimo di alunni per classe:
Tar Lazio n. 7265/09 (ricorso FILINS-FIINSEI)
Cons. di Stato n.1394/09 (ricorso ITC Maria Montessori srl – Marcianise)
Cons. di Stato n. 1529/09 (ricorso Fondazione San Costanzo che gestisce l’Istituto
Scolastico Santa Teresa di Capri).
Tar Campania n.11287/2003 e Cons. di Stato n.1529/09
Per corsi completi e pari diritti per le scuole paritarie:
Cons. di Stato n. 6260/2008 (ricorso dell’Ist. Salesiano Don Bosco)
Per rapporto di lavoro parasubordinato:
Ordinanza Cons.di Stato n.1438/2006
Cass. Lav. n. 16661/2005
Nota MIUR n. 11477 del 6 dicembre 2005
Per le classi collaterali vi sono numerose sentenze a favore, oltre a ordinanze di sospensiva dei
provvedimenti di diniego di parità da parte dei Direttori Scolastici Regionali.
Ad esempio si riportano due risoluzioni una del TAR Lazio ed una del Cons. Di Stato:
Ordinanza del TAR Lazio – Sez.III/Bis n. 548/2009 del 29/01/2009
Ordinanza del Cons. di Stato n.6364/2007 del 04/12/2007
Il presente documento scaturisce anche dall’elaborazione effettuata dal gruppo di consulenza
formato per iniziativa della FILINS e costituito da:
Dott. Giovanni Trainito, Dott. Pier Giorgio Cataldi, Dott. Rocco Calogero.
Nell’attesa di cortese riscontro e nell’auspicio che il lavoro svolto possa contribuire ad uniformare e
migliorare la normativa scolastica, il sottoscritto invia, anche a nome del Consiglio Direttivo e di
tutti gli associati, i più cordiali saluti.
Prof. Giovanni Piccardo
PRESIDENZA: - IST. TECN. AERONAUTICO “S. MARIA” - VIA TICINO, 45 - 00015 MONTEROTONDO (RM) - TEL./FAX 06.90.62.77.93
VICE PRESIDENZE: - IST. CHIRON SCHOOL S.C.D. - VIA a. SAFFI, 15 - 58100 GROSSETO - TEL.: 0564.411011 - FAX: 0564.414820
- iST. Jack london – Via G. Giolitti, 1 – 74015 Martinafranca (Ta) – tel.: 080.4305511 – fax: 080.4832955
- Ist. Cavallotti – Via Confalonieri, 9 – 21013 gallarate (va) --- tel.: 0331.776368 – fax: 0331.701146
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