Afghanistan e diritti delle donne: domande e risposte Cosa chiede ActionAid al governo italiano? La fase di transizione che prevede il progressivo ritiro delle truppe internazionali è cominciata nel 2011 e terminerà nel 2014. ActionAid chiede a tutta la comunità internazionale, incluse le istituzioni italiane, di non abbandonare l’Afghanistan al proprio destino. Al ritiro delle truppe internazionali devono seguire investimenti nella lotta alla povertà, da un lato sostenendo gli sforzi delle istituzioni afghane nell’assicurare la tutela dei diritti umani e una pace inclusiva, dall’altro finanziando le organizzazioni della società civile impegnate per la promozione e tutela dei diritti delle donne. Una grande importanza ha il riconoscimento del ruolo delle donne nella ricostruzione del paese, favorendo la loro partecipazione ai processi di costruzione della pace e l’implementazione della legge contro la violenza e del piano di azione nazionale per le donne afghane. In particolare, ActionAid chiede che i progressi raggiunti negli ultimi anni in termini di avanzamento nella promozione e tutela dei diritti delle donne non vadano perduti. In questo senso, chiede che vi siano finanziamenti adeguati e prevedibili, in particolare per il contrasto della violenza sulle donne, per il quale ActionAid ha stimato che lo stanziamento minimo indispensabile da parte della comunità internazionale è di 90 milioni di dollari in 5 anni (circa 70 milioni di euro). Affinché l’Italia possa tornare a livelli di finanziamento più consistenti per la tutela dei diritti delle donne, registrati nel 20081, dovrebbe investire 28,4 milioni di euro aggiuntivi rispetto al 20112 (ultimi dati resi disponibili dall’OCSE/DAC e pubblicati nel 2013 relativi all’aiuto aiuto bilaterale settoriale). Con parte di queste risorse l’Italia potrebbe finanziare diverse iniziative per contrastare la violenza; ad esempio: 750 1 Nel 2008 l’Italia ha stanziato circa 50 milioni di euro per promuovere i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere in Afghanistan; negli anni successivi le risorse investite sono diminuite fino a un picco negativo di 6 milioni nel 2010. Nel 2011 si è registrata una ripresa che ha portato a un investimento di circa 20 milioni di euro (dati riportati dall’Italia all’OCSE/DAC e relativi all’aiuto bilaterale). Ritornare ai livelli di stanziamento del 2008 per i diritti delle donne in Afghanistan rappresenterebbe un segnale concreto da parte del nostro paese nel dare seguito alle dichiarazioni in recenti appuntamenti internazionali di voler investire nel settore anche dopo il ritiro delle truppe. 2 http://stats.oecd.org/Index.aspx?DataSetCode=GENDER . mila euro l’anno è l’ammontare minimo per fornire supporto legale a gruppi di donne nelle 34 province afghane; con altri 750 mila finanziare campagne di sensibilizzazione sulla violenza e sui diritti delle donne3. Ma perché sono così tante le donne che subiscono violenze in Afghanistan? La violenza sulle donne è un fenomeno che non ha confini geografici o di reddito: è frutto di una cultura patriarcale profondamente radicata nella società, che è alla base degli squilibri di potere nelle relazioni tra donne e uomini. E’ difficile rilevare con esattezza l’estensione del fenomeno dato che in gran parte rimane sommerso; secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel mondo una donna su tre subisce violenza fisica e/o sessuale nel corso della propria vita4. Anche in Italia la violenza sulle donne è un fenomeno diffuso5. Non ci sono statistiche ufficiali a livello nazionale sulla violenza di genere in Afghanistan anche perché, secondo uno studio del 2012 dell’UNAMA (United Nations Assistance Mission in Afghanistan), la maggior parte delle violenze contro donne e bambine non vengono denunciate. I dati a nostra disposizione sono forniti da alcune ONG e organizzazioni internazionali; in sintesi dicono che: - l’87,2% delle donne afghane ha subito nella vita almeno una forma di violenza, che sia fisica, sessuale, psicologica o matrimonio forzato6 (stimato in 16 province su 34) - l’84.9% delle donne che vivono in zone rurali ha subito almeno una forma di violenza (fisica, psicologica o sessuale), contro il 69,4% delle donne che vivono in aree urbane7 3 Fonti per il calcolo: per le risorse alla cooperazione dell’Italia per l’uguaglianza di genere il database CRS dell’OCSE/DAC; per le risorse necessarie a contrastare la violenza studio di ActionAid del 2012. 4 WHO, Violence against women: global picture health response, 2013. 5 La prima e ultima rilevazione dell’ISTAT risale al 2006 (è in corso una nuova rilevazione) e rileva che il fenomeno della violenza fisica e sessuale degli uomini contro le donne ha riguardato un terzo delle donne che vivono in Italia. Si mette in evidenza inoltre come la maggior parte delle violenze avvenga tra le mura domestiche. Ad esempio il 70% degli stupri avviene ad opera del partner. 6 Global Rights: Partners for Justice, Living with violence: a national report on domestic abuse in Afghanistan, marzo 2008. - la metà delle ragazze afghane si sposa a un’età inferiore ai 15 anni8. - i matrimoni precoci o forzati espongono donne e ragazze a un rischio maggiore di subire violenza domestica9 - alle ragazze che si sposano precocemente spesso è negato il diritto all’istruzione10 e altrettanto spesso sono costrette a sposare uomini molto più vecchi11 - le ragazze sono spesso costrette a matrimoni forzati per sanare debiti di ordine finanziario o politico dei loro familiari12 Perché secondo ActionAid il governo italiano dovrebbe continuare a mandare i soldi all’Afghanistan anche dopo il ritiro delle truppe? ActionAid ritiene che sia compito del governo italiano, come degli altri governi dei paesi più ricchi, contribuire al rafforzamento dei diritti umani in tutto il mondo, in particolare quelli delle donne. Per questo motivo la cooperazione allo sviluppo dovrebbe essere il cuore della politica estera di un paese: solamente con la cooperazione è possibile finanziare interventi che altrimenti non vedrebbero mai la luce. In questo contesto, gli interventi in cooperazione allo sviluppo e per la tutela e promozione dei diritti umani sono un investimento vero e proprio per la stabilità globale. 7 Global Rights: Partners for Justice, Living with violence: a national report on domestic abuse in Afghanistan, marzo 2008. 8 UNAMA/OHCHR, Harmful Traditional Practices and Implementation of the Law on Elimination of Violence against women in Afghanistan, 2010 9 Global Rights: Partners for Justice, Living with violence: a national report on domestic abuse in Afghanistan, marzo 2008. 10 Oxfam High Stakes, Girls Education in Afghanistan, 2011. 11 Human Rights Watch, 2012. 12 Medica Mondiale/UNFPA, The Impact of Gender Based Violence on Females Reproductive Health, 2008. Ma siete sicuri che interventi di cooperazione possano migliorare la situazione dei diritti delle donne? In qualsiasi paese del mondo dove avvengano violazioni dei diritti delle donne, inclusi quelli più industrializzati, è un fenomeno nel quale è presente una componente di tipo culturale, come si accennava in precedenza a proposito del patriarcato. Nei paesi dove vige la Shari’a - il diritto sacro dell’Islam, che è anche fonte principale del diritto di famiglia – lo status delle donne può differire a secondo che questa sia interpretata in maniera più o meno restrittiva13. I progetti di cooperazione in favore dei diritti delle donne possono avere un effetto positivo, in Afghanistan come in qualunque altro paese, perché possono contribuire a combattere stereotipi e pratiche patriarcali radicate. Quali sono i diritti che tutelano le donne nel contesto afgano? Purtroppo l’accesso delle donne ai diritti sociali, civili e politici in Afghanistan è stato limitato da un’interpretazione della legge islamica dettata dai Talebani anche se la nuova costituzione afghana (introdotta nel 2004) sancisce sulla carta pari diritti per uomini e donne. Nel 2009 il Parlamento afghano ha approvato una legge contro la violenza sulle donne - conosciuta come “The Elimination of Violence against Women Law (EVAW)” che mira a proteggere donne e ragazze da “usanze, tradizioni e pratiche che generano violenza sulle donne e che sono contrarie alla religione dell’Islam”. Per esempio, la legge definisce reato trattare donne e ragazze come merce di scambio a fini matrimoniali o per risolvere dispute, e proibisce i matrimoni forzati e i matrimoni con minori. 13 Si veda ad esempio su questo tema il rapporto dell’UNAMA Harmful Traditional Practices and Implementation of the Law on Elimination of Violence against Women in Afghanistan, 2010. Cosa sta facendo ActionAid per i diritti delle donne in Afghanistan? ActionAid è presente in Afghanistan dal 2002 ed è attiva in 7 province (Bamyan, Kabul, Jawzjan e Balkh, Kandahar, Ghazni, Kunduz, Herat), raggiungendo con i suoi interventi più di 800 mila beneficiari. Nel corso di questi anni, ActionAid ha sollecitato il governo afghano affinché i processi di pace e riconciliazione fossero trasparenti e prevedessero maggiore partecipazione della società civile e in particolare delle donne. Al governo afghano abbiamo chiesto e chiediamo di rispettare gli impegni presi con la ratifica della Convenzione ONU per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (CEDAW) e con l’adozione di leggi e piani d’azione (es.: NAPWA – National Action Plan for Women of Afghanistan; EVAW) a favore dell’uguaglianza di genere in tutti gli ambiti della vita, sia pubblica che privata. E per quelle donne che in Italia che magari subiscono violenza o hanno figli a carico esattamente come quelle afghane? ActionAid ritiene che la giustizia sociale e i diritti umani siano valori universali validi a ogni latitudine. Per questo è impegnata in attività di sensibilizzazione e dialogo politico per il rispetto e la promozione dei diritti delle donne italiane e non che vivono nel nostro paese, in particolare facendo pressione sul governo per la concreta attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite per l’Eliminazione di Ogni Discriminazione nei Confronti delle Donne, che l’Italia ha ratificato nel 1985, ma che resta ancora ampiamente sconosciuta sia a livello istituzionale sia dalla popolazione stessa (donne incluse). ActionAid ha avviato in Emilia Romagna un progetto per il contrasto dei matrimoni forzati nel nostro paese, che riguardano molte donne migranti che vivono in Italia. Il progetto mira a far emergere il fenomeno – che rimane ampiamente sommerso e su cui non esiste una rilevazione statistica. Inoltre i matrimoni forzati non sono spesso riconosciuti come violazione dei diritti umani dalle istituzioni ma per lo più relegati a problema confinato alle relazioni famigliari, fatto dal quale deriva una presa in carico inadeguata da parte delle istituzioni. A Reggio Calabria e a Crotone, in due quartieri poveri e periferici, abbiamo avviato un progetto pilota per rendere le città sicure per le donne, secondo un concetto di sicurezza che ha un più ampio senso della semplice tutela dalla violenza e include l’accesso ai servizi pubblici essenziali, dall’illuminazione ai trasporti pubblici, dall’accesso all’acqua potabile alla presenza di servizi e strutture per l’infanzia. Abbiamo utilizzato metodologie partecipative sperimentate da ActionAid nel sud del mondo per far emergere i bisogni delle donne e a partire dai risultati chiederemo alle istituzioni interventi che rispondano alle esigenze delle donne.