LEZIONE N. 10 Moto vario nelle correnti a superficie libera 1) Nozione elementare di onda 2) Equazioni del moto vario 3) Propagazione delle piene Moto vario nelle correnti a superficie libera Nozione elementare di onda In termini generali un'onda consiste nella propagazione di un segnale attraverso un mezzo (nella fattispecie un liquido) con una certa velocità di propagazione, detta anche celerità. Il segnale (qui una variazione di quota della superficie libera), può subire, nel corso della propagazione, variazioni di forma, intensità e celerità. Le onde possono essere classificate sulla base dei meccanismi fisici che sottendono i diversi fenomeni di propagazione: si parla così di onde elastiche, onde acustiche, onde elettromagnetiche, onde di gravità (nei fluidi), onde di densità (nei fluidi non omogenei), etc. Nell’ambito delle onde appartenenti ad una delle classi menzionate si possono poi distinguere tipologie diverse sulla base della causa primaria della perturbazione: onde di gravità nei liquidi sono in particolare le onde di mare (generate dall’azione del vento sulla superficie libera), le onde di marea (generate dall’attrazione lunare), le onde di piena nei corsi d’acqua (generate dagli afflussi provenienti dalle diverse porzioni del bacino di alimentazione di un corso d’acqua). Equazioni del moto per onde lunghe Una classe molto importante di onde nei moti a superficie libera è quello delle onde lunghe cioè delle cosiddette onde su acqua bassa, di grande rilievo per la loro applicabilità allo studio delle onde di piena nei corsi d’acqua, delle onde di marea nonché della propagazione delle onde di mare sotto costa. Secondo la trattazione unidimensionale, le variabili dipendenti del problema, dunque la portata volumetrica Q (o la velocità media nella sezione U) ed il carico piezometrico h (o l’area della sezione A o ancora la profondità della corrente Y) risultano ora funzioni di due variabili: la coordinata longitudinale x ed il tempo t. Occorre dunque derivare le forme che il principio di conservazione della massa, cioè l’equazione di continuità, ed il principio della quantità di moto assumono nel caso di moto non stazionario. Equazione di continuità per le correnti non stazionarie. Consideriamo, dunque, un tronco di corrente a superficie libera di lunghezza infinitesima dx delimitato da sezioni prossime. Sia dt l’intervallo temporale nel quale effettuiamo un bilancio di massa riferito ad un volume di controllo delimitato dalle due sezioni della corrente considerate, dalla superficie dell’alveo e dalla superficie libera nella sua configurazione relativa all’istante t (un’onda si sta propagando nella corrente, l’assetto della superficie libera va quindi mutando nel tempo in ciascuna sezione). Il bilancio di massa relativo al volume di controllo precedentemente definito e per fluido incomprimibile si formula immediatamente considerando i seguenti contributi: - portata massica entrante attraverso la sezione x nell'intervallo infinitesimo dt: Qdt - portata massica uscente attraverso la sezione x+dx nell'intervallo infinitesimo dt: Q Q dx dt x - massa liquida immagazzinata (o sottratta) nel volume di controllo nell'intervallo infinitesimo dt per effetto dell'innalzamento (o abbassamento) della superficie libera: Adx dt t Sommando tali contributi si ottiene: Q Adx Qdt Q dx dt - dt = 0 x t e quindi: Q A dxdt 0 x t e data l'arbitrarietà delle grandezze dx e dt, si ottiene la formulazione dell'equazione di continuità per i moti non stazionari: Q A 0 x t (1) L'equazione di continuità traduce matematicamente il principio per il quale in un moto non stazionario un aumento della portata volumetrica nella direzione x deve essere bilanciato da un abbassamento del pelo libero nel tempo e viceversa. Equazione del moto L’equazione del moto delle correnti non stazionarie si può derivare applicando il principio della quantità di moto al volume di controllo considerato in precedenza (equazione di de Saint Venant (1871)). H 1 V 0 x g t R dp V2 con H z , R il raggio idraulico (R=A/P) e 0 lo 2g sforzo tangenziale alla parete (0/R=J). Introducendo il carico piezometrico h z dp , e ricordando che è poco diverso dall'unità, si ottiene: h V V 1 V J x g s g t Per la valutazione della cadente si utilizzano ancora le formule valide in moto uniforme in modo però da evidenziare il segno del vettore velocità: J V V 2gD Se la pendenza del fondo è abbastanza piccola da poter confondere la tangente con il seno dell'angolo, si può porre: dz i tan sin dx Nel caso di alveo rettangolare, essendo il carico piezometrico dp h z =z+Y, l'equazione del moto diventa: Y V V 1 V iJ x g x g t (2) Il sistema completo delle equazioni di continuità e del moto è dunque: Q A 0 x t Y V V 1 V iJ x g x g t Metodo delle caratteristiche Il sistema delle equazioni alle derivate parziali in s e t si può trasformare in un sistema alle derivate totali rispetto ad una sola variabile (t) utilizzando il legame tra s e t rappresentato da una coppia di equazioni differenziali ordinarie che definiscono due famiglie di curve dette caratteristiche. Le linee caratteristiche sono linee di discontinuità del problema differenziale. Dal punto di vista fisico rappresentano il percorso seguito dalle perturbazioni. Per la rappresentazione lungo le linee caratteristiche è più conveniente scegliere come variabili dipendenti Y e V, e quindi modificare l'equazione di continuità, nell'ipotesi di alveo prismatico (dA=BdY, dB=0): V Y A V Y 0 x B x t Anche nel caso di moto vario a superficie libera il sistema delle equazioni del moto e di continuità è di tipo iperbolico e può essere trasformato in un problema differenziale ordinario lungo le linee caratteristiche. Una combinazione lineare delle equazioni porge: V V Y Y A V Y V g V g(i J) t x x t x B x riordinando i termini: V A V g Y Y V V g (i J ) t B x x t con l valore arbitrario. Affinché l'equazione possa trasformarsi in un problema differenziale ordinario occorre che: V A g dx V B dt ovvero che: gB g A c e dx Vc dt Le equazioni del moto vario dunque si trasformano: dV g dY g(i J) dt c dt (3) valendo il segno + lungo la linea caratteristica positiva dx/dt=V+c e il segno - lungo quella negativa dx/dt=V-c. Occorrerà poi specificare le condizioni iniziali e al contorno. Differenza tra correnti lente e veloci. Propagazione delle onde di piena Nell’ambito della presente trattazione elementare considereremo una forma approssimata dell'equazione del moto, fondata su un’ipotesi che si avvale del carattere lentamente variabile nello spazio e nel tempo tipico delle onde di piena dei corsi d’acqua. Tale caratteristica suggerisce la possibilità di trattare il moto come una successione lentamente variabile nello spazio e nel tempo di moti uniformi con le caratteristiche istantanee e locali. In altre parole si assume che portata e area della sezione siano legate in ogni sezione ed in ogni istante dal legame caratteristico del moto uniforme. Tale schema equivale a due sostanziali approssimazioni: - da una parte viene trascurata l’inerzia della massa fluida (accelerazione locale e convettiva); => modello parabolico - dall’altra si trascura il non parallelismo fra superficie libera e fondo, si confonde cioè la pendenza motrice con la pendenza del fondo, cosicché l'equazione del moto si traduce in un bilancio tra effetti gravitazionali associati alla pendenza del fondo e azioni tangenziali sul perimetro bagnato. => modello cinematico Il modello dell'onda cinematica Ne consegue, con tali ipotesi, la possibilità di sostituire l’equazione completa del moto, cioè l’equazione di de Saint Venant, con la scala di deflusso (tipica del moto uniforme): Q kA m (4) Malgrado i limiti di tale schema, esso si rivela molto utile perché consente una trattazione elementare del fenomeno della propagazione delle onde di piena. Sia assegnato l’andamento della variazione nel tempo dell’area della sezione (o della portata volumetrica) del corso d’acqua in una sezione iniziale in cui collochiamo l’origine della coordinata spaziale x (per esempio, in corrispondenza di una sezione in cui è localizzato un idrometrografo). Il problema della propagazione consiste nella ricerca della funzione A(x, t) (o Q(x, t)) in ogni sezione x localizzata a valle della sezione iniziale ed in ogni istante t successivo all’istante iniziale . Utilizziamo allora la scala di deflusso e assumiamo l’alveo cilindrico: il carattere cilindrico dell’alveo implica che la scala deflusso non cambi al variare della coordinata spaziale x, cioè le quantità m e k possono trattarsi come costanti. La scala di deflusso istituisce una relazione biunivoca fra area della sezione e portata volumetrica, che può essere interpretata come una funzione composta della forma: Q Q[A( x, t )] (5) La portata dipende dunque dalla coordinata spaziale x e dal tempo t solo implicitamente attraverso la sua dipendenza dall’area della sezione. Ne consegue che: Q dQ A x dA x e ricordando la scala di deflusso: (6) dQ mQ mkA m 1 dA A (7) Sostituendo le (6) e (7) nell'equazione di continuità si ottiene infine la cosiddetta equazione dell’onda cinematica: A A c(A) 0 t x (8) dove c(A) rappresenta la quantità: c(A) dQ mQ mkA m 1 dA A (9) c rappresenta la celerità con cui l'onda si propaga. Il caso delle onde di piccola ampiezza Le onde di piena nei corsi d’acqua non sono quasi mai ‘onde di piccola ampiezza ’: la superficie libera subisce infatti oscillazioni confrontabili o addirittura superiori alla profondità iniziale della corrente. E’ tuttavia di qualche utilità considerare un caso particolare, ancorché poco realistico se riferito alle onde di piena: quello in cui le oscillazioni di livello sono piccole rispetto alla profondità iniziale. In questo caso, trascurando l’effetto delle variazioni di area A sulla valutazione della quantità c, è lecito assumere: c c0 cos t (10) In tal caso l'equazione dell'onda cinematica assume una forma molto semplice: A f ( x c0 t ) (11) con f funzione arbitraria. In altre parole, qualsiasi funzione cosiddetta propagatoria, cioè del tipo (11) soddisfa l'equazione del modello cinematico. La soluzione andrà poi scelta dunque in modo da soddisfare le condizioni iniziali. Deve risultare dunque: f ( x c0 t ) x 0 A 0 () (12) In conclusione la soluzione si scrive: A A0 ( x c0 t ) (13) La (11) descrive un’oscillazione del pelo libero identica a quella che si realizza nella sezione iniziale traslata nel tempo: più precisamente, nella sezione x si realizza all’istante ( + x/c0) lo stesso valore di A che, nella sezione iniziale si realizza all’istante . Reciprocamente, la (13) descrive un profilo iniziale A0(x) che, all’istante generico t, è traslato verso valle di una distanza c0 t mantenendo inalterata la sua forma. Dunque: un’onda di piccola ampiezza si propaga con celerità c0 costante senza subire variazioni di ampiezza (non si attenua né si amplifica) o di forma (non si irripidisce) Il caso delle onde di grande ampiezza L’equazione dell’onda cinematica, nella sua forma generale è un’equazione differenziale non lineare poiché contiene termini (il secondo a primo membro) in cui compaiono prodotti fra la funzione incognita e se stessa o le sue derivate. Tale equazione, ancorché assai semplice, contiene molti degli ingredienti tipici delle onde non lineari e si incontra in numerosi campi dell’Ingegneria. La soluzione della (8) si ottiene immediatamente osservando che lungo ciascuna curva del piano orario (x, t) su cui vige la condizione: dx (14) c( A ) dt l'equazione (8) diventa: A A dx dA 0 t x dt dt (15 ) In altre parole la derivata totale della funzione incognita rispetto al tempo è nulla per un osservatore che si muove lungo una curva del piano orario definita dalla (12), ovvero lungo una cosiddetta curva caratteristica. Su ciascuna di tali curve, dunque, l’area della sezione A (e, quindi, la portata Q) si mantiene costante. Ma se si verifica tale condizione anche c, cioè la celerità, risulta costante, dunque le curve caratteristiche sono in realtà rette caratterizzate dalla pendenza costante c(A). Ciò suggerisce un procedimento grafico per la costruzione della soluzione. Si considera il piano orario (x, t) e si rappresenta lungo l’asse delle ordinate l’andamento della funzione A0() che identifica l’idrogramma iniziale. Da ciascun punto dell’asse delle ordinate (cioè a ciascun istante iniziale ) è quindi possibile far partire una retta di pendenza costante 1/ c(A0()). Su ciascuna di tali rette il valore di A si mantiene costante e pari ad A0(). Tale condizione consente di costruire l’idrogramma in ogni sezione x semplicemente traslando i valori iniziali di A lungo ciascuna curva caratteristica. La costruzione grafica illustrata nella figura mostra che: - nella fase crescente della piena, la celerità cresce e la pendenza delle linee caratteristiche diminuisce, sicché esse convergono: l’effetto della convergenza è un irripidimento del fronte dell’onda; - nella fase decrescente della piena, la celerità cresce e la pendenza delle linee caratteristiche cresce, sicché esse divergono: l’effetto della divergenza è un appiattimento della coda dell’onda. Il modello dell’onda parabolica Le equazioni alla base del modello dell’onda parabolica sono: Q h B 0 x t h iJ x (16) Supponiamo che la larghezza superficiale B si possa ritenere costante e deriviamo l’equazione di continuità rispetto a x e quella del moto rispetto a t. 2Q 2h B 0 2 xt x 2h J xt t Eliminando la derivata mista l’equazione di continuità diventa: 1 2Q J 2 B x t (17) La cadente J è funzione della portata e del tirante, ovvero: J J Q J h t Q t h t che, sostituendo l’espressione di h / t fornita dall’equazione di continuità, cioè: h 1 Q t B x diventa: J J J Q 1 J Q J Q 1 h Q t Q t B h x Q t B J x Q Sostituendo nell’equazione di continuità 1 2Q J B x 2 t quest’ultima diventa: J 1 Q Q 1 h Q J x 2 t B J x B Q Q 2 (18) Questa si può riscrivere nella forma: D 2Q x 2 Q Q c t x (19) avendo posto: J 1 1 D , e c h , funzioni di h e Q. J B J B Q Q La quantità c rappresenta la celerità dell’onda cinematica. Infatti l’espressione di J / t si può riscrivere nella forma: J J Q Q c t Q t x che nel caso di onda cinematica, per cui è J=i e quindi indipendente dal tempo, diventa: Q Q c 0 t x Ricordando ora che è dQ Q Q c dt t x dall’equazione del modello parabolico si ricava che un osservatore che scende lungo il corso d’acqua con velocità c, vede variare la portata secondo la legge: dQ 2Q D 2 dt x Nell’intorno del massimo spaziale della portata la derivata 2Q / x 2 è minore di zero. Pertanto l’osservatore che scende lungo il corso d’acqua con celerità c osserva una diminuzione della portata nell’intorno del colmo. => L’onda si appiattisce. (come nella propagazione reale). Esprimendo la cadente J mediante la formula di Chezy, valida nel moto uniforme, dall’equazione del moto semplificata adottata dal modello parabolico si ottiene: Q CA RJ CA R i h / x Q0 1 h / x i Il legame tra le portate e le altezze d’acqua durante il moto vario non è più biunivoco, come nel modello cinematica. In particolare la portata che corrisponde all’altezza d’acqua h in una data sezione è uguale a quella fornita dalla formula di moto uniforme solo se la sezione è quella in cui l’altezza d’acqua raggiunge, nell’istante considerato il massimo valore nello spazio ( h / x 0 ). Nelle sezioni più a valle del massimo spaziale del tirante => h / x 0 => Q Q0 ; Nelle sezioni più a monte => h / x 0 => Q Q0 . Segue quindi che la sezione in cui si osserva il massimo spaziale della portata ( Q / x 0 ) si trova più a valle di quella in cui si osserva il massimo del tirante ( h / x 0 ). Dall’equazione di continuità: Q h B 0 x t segue poi che nella sezione dove si verifica il massimo spaziale della portata ( Q / x 0 ) si verifica anche il massimo temporale del tirante ( h / t 0 ). Consideriamo ora la sezione in cui la portata assume il massimo valore nel tempo ( Q / t 0 ). Dall’equazione del modello parabolico segue che D 2Q Q 2 c x x E’ logico supporre che questa sezione si trovi in un intorno del massimo di portata nello spazio, in corrispondenza del quale 2Q / x 2 <0. Essendo D e c entrambi positivi, segue che nella sezione dove si raggiunge il massimo temporale della portata, Q / x 0 . => La sezione in cui si presenta il massimo temporale della portata si trova a valle di quella in cui la portata assume il massimo valore nello spazio. Fig. 7.4 Da monte verso valle si incontrano quindi successivamente: - il massimo livello nello spazio - la massima portata nello spazio (massimo livello nel tempo) - la massima portata nel tempo. Nella generica sezione si susseguono: - la massima portata tra tutte quelle osservate nella sezione - il livello massimo tra tutti quelli osservati (contemporaneamente la portata è la massima tra tutte quelle osservabili lungo tutto il corso d’acqua => ciò è possibile perché l’onda si lamina) - il massimo livello nello spazio. In questo istante la portata è quella corrispondente all’altezza di moto uniforme. Massimo locale: valore di una particolare grandezza cinematica (profondità, portata, velocità) che si verifica in una sezione fissata quando si annulla la derivata temporale della stessa grandezza. Colmo: valore di una particolare grandezza cinematica (profondità, portata, velocità) che si verifica ad un istante fissato nella sezione in cui si annulla la derivata spaziale della stessa grandezza. L’andamento delle portate in funzione dei tiranti può essere confrontato con quello tipico del moto uniforme. Cappio di piena 1. Massimo locale di velocità ( V / t 0 ). Si costruisce graficamente cercando la linea a velocità costante che risulta tangente alla curva che rappresenta la scala di deflusso della piena: tale linea è identificata dalla condizione Q/A(Y ) = costante. 2. Massimo locale di portata ( Q / t 0 ). 3. Massimo locale di profondità ( Y / t 0 ) che coincide, per l’equazione di continuità, con il colmo della portata ( Q / x 0 ). 4. Colmo della profondità ( Y / x 0 ): si può dimostrare che tale colmo si realizza in prossimità dell’istante corrispondente all’intersezione fra scala di deflusso di moto uniforme e scala di deflusso della piena. Equazione dei serbatoi Uno degli effetti principali dei serbatoi, siano o meno progettati per questo esclusivo scopo, è quello di laminazione delle onde di piena, cioè l'attenuazione delle portate di piena al colmo, per effetto dell'invaso di parte del volume di piena e della sua restituzione al corso d'acqua in un tempo successivo. I fenomeni di moto vario all'interno dei serbatoi possono essere studiati prescindendo dagli aspetti propagatori (essendo trascurabili le velocità e quindi i termini inerziali e le resistenze). L'unica equazione significativa è l'equazione di continuità, che si può scrivere: dV Qe Q u dt essendo V il volume all'interno del serbatoio, Qe e Qu rispettivamente le portate entranti e uscenti. L'unica variabile indipendente è il tempo. La portata entrante è descritta in genere tramite un idrogramma, ricavabile sulla base delle piogge sul bacino (metodo delle fasce isocorrive o dell'idrogramma unitario). La portata uscente è legata alla quota in funzione del tipo di luce di efflusso dal serbatoio. Se la luce è a battente (scarico di fondo) la portata è legata alla radice quadrata del carico sulla luce: Qu f A 2gh h f A è l'area della luce e hf la quota del baricentro della luce. Il coefficiente di efflusso f tiene conto dell'eventuale contrazione e di tutte le perdite concentrate e distribuite. Nel caso di luce a stramazzo (scarico di superficie) la portata è legata al carico sulla soglia dalla legge: Q u s L 2g h h s 3 / 2 dove L è la larghezza della luce e hs è la quota della soglia. Il coefficiente di efflusso s dipende dalla conformazione della soglia oltre che dal carico. Nel caso che l'efflusso avvenga da entrambe le luci, la portata uscente è data dalla somma dei due contributi. Il volume del serbatoio è legato alla quota del pelo libero attraverso la cosiddetta curva dei volumi, che può essere espressa mediante una funzione monomia del tipo: V ah n con a e n coefficienti ricavabili tramite interpolazione. Crollo di diga Si integrano le equazioni del moto vario a superficie libera nelle ipotesi che: - la corrente sia unidimensionale, cioè la vallata si sviluppi prevalentemente in direzione longitudinale; - la pendenza sia uniforme; - la distribuzione delle pressioni sia idrostatica; - la componente verticale della velocità sia nulla. Il problema si affronta ipotizzando la rimozione istantanea della diga. Tale ipotesi consente di prescindere dalle modalità di rottura della diga. (non sono simulati bene i crolli parziali). In laboratorio si simula rimuovendo velocemente una paratoia che sbarra la zona con acqua ferma. Le resistenze possono essere calcolate in prima approssimazione con le formule valevoli per il moto uniforme, anche se queste non sono tanto attendibili nei transitori rapidi. Le condizioni iniziali sono quelle di acqua ferma a monte della diga e alveo secco a valle. A volte si considera una portata minima a valle (deflusso minimo vitale). L'immediata rimozione della diga provoca un'onda positiva che si propaga a valle e un'onda negativa che si propaga a monte. La soluzione analitica esiste solo nel caso di alveo rettangolare con pendenza nulla e resistenze trascurabili. (Può servire per verificare eventuali modelli più complessi). In tal caso si ottiene: 2 x Y Y0 3 3t gY0 2 x V gY0 3 t Y Y0 V0 Y0 V0 2 per gY0 per x 2 gY0 t x gY0 t per 2 gY0 x t