SOMMARIO I paesi del nostro comune In giro per Varmo Il municipio e gli uffici municipali La chiesa Il borgo di Varmo dalle origini ad oggi Itinerario architettonico nel borgo di Varmo Ville e case padronali a Varmo Case rurali Il plastico del borgo 1 I PAESI Il comune di Varmo è costituito dal capoluogo e dalle frazioni: Gradiscutta, Canussio, Belgrado, Romans, Roveredo, Santa Marizza, Madrisio, Santa Marizutta e Cornazzai. Gradiscutta, deriva dal nome di origine slava “Gradisce” che significa luogo fortificato ,o castello. Il termine corretto è “Piccolo luogo fortificato” come troviamo nei documenti a partire dal 1289. Nel 1533 è diventato “Gradisca di Belgrado”; nel 1710 viene ufficialmente chiamata “Gradiscutta Imperiale”, nome utilizzato fino alla fine del 1700 , inizio del 1800 . Poi la località prende il nome di “Gradiscutta”, in friulano “Gardisciute” o “Gridisciute”. Gradiscutta era una giurisdizione imperiale. Esistevano case fortificate con torri difensive. Una abitazione del passato Il mulino sul Varmo Belgrado da “Bel = bianco” e da “Grad = castello” dall’omonima capitale della Jugoslavia, è un toponimo di origine slava. Il castello di Belgrado era feudo dei conti di Gorizia, ma nel 1468 divenne proprietà della contessa Caterina di Cilli. Nel 1515 il castello divenne proprietà di Girolamo Savorgnan. L’attuale torre campanaria è il resto di una costruzione castellana. Il castello di Belgrado Belgrado è posto tra due corsi d’acqua, la roggia di Belgrado e il Varmo. Belgrado anticamente era detto “Belgrado dei 7 castelli”. Confrontando la mappa del 1766 con quella del 1831 possiamo osservare che la frazione conserva l’assetto viario del XVII sec. Reperti bronzei preistorici rinvenuti a Belgrado L’abitato si dispone su una strada principale che lo attraversa secondo un andamento sinuoso. Recentemente nuovi insediamenti residenziali sono sorti a ovest sino ad urbanizzare l’intero territorio che divide Belgrado da Straccis. 2 Romans deriva dal nome latino “Romanus” e significa “Discendente dai Romani”. Il toponimo designa un centro abitato dai Latini Friulani , in opposizione agli insediamenti popolati da famiglie slave, dopo le incursioni ungare. Gli abitanti dalla frazione usano ancora oggi arbitrariamente la “z” al posto della “s”. Romans è la seconda frazione del comune per numero di abitanti. Fino al 1275 Romans appare sotto la giurisdizione di Varmo e così rimane fino alla metà del 1700. Romans era una comunità rurale; probabilmente si trattava di Il castello di Sterpo una zona fortificata, collegata con il castello di Sterpo. La popolazione ha avuto una sua spiccata individualità. Oggi l’insediamento abitativo si è esteso grazie ad un’economia agricola e artigianale abbastanza fiorente. Roveredo deriva il suo nome dal latino “roboreto=querceto”, questo indica che all’inizio Roveredo era circondato da querce. Roverdo. Nel 1350, è documentato con il nome di “in villis de Romans et Roverito”, poiché nelle visite pastorali la frazione veniva chiamata Rovereto, mentre nella descrizione del Vicariato la frazione è detta Roveredo. In friulano si denomina “Lavoret”. Roveredo è la terza frazione del comune. L’economia è agricola, ma ci sono anche attività artigianali e commerciali. Lo sviluppo urbanistico si svolge lungo via Belvedere e va verso Romans. Un primo insediamento divise il paese in due settori staccati; nel 1600 si è formata l’attuale via Borgo. Chiesa cinquecentesca Canussio deriva dal latino “Canna” con il suffisso friulano – us poiché dove ora sorge il paese, un tempo c’erano canneti. Il nome è forse ha attinenza con la famiglia dei Canussi originari di Oblizza. Molto probabilmente i signori avevano nella frazione un loro immobile e magari un castello. Canussio è a ridosso dell’argine del fiume Tagliamento. L’economia è legata all’agricoltura. La chiesetta del 1500 è stata demolita da pochi anni. Canussio al cadere della repubblica veneta, era una comunità rurale. Nella Stemma degli Ungrispach di Cormons frazione, anticamente, sorgeva un castello appartenente agli Ungrispach, dai quali è disceso il ramo dei conti di Madrisio. 3 Il toponimo di Madrisio deriva dal latino “Mater”, madre. Nel 1390 i nobili Ungrispach detengono il solo cognome Madrisio. La zona era caratterizzata dalla presenza di alberi da frutto. Madrisio è a ridosso dell’argine, lungo i fiumi Varmo e Tagliamento. Prima dell’alluvione del 1492 Madrisio aveva circa 1000 abitanti. Nel 1596 un'altra alluvione distrusse interamente l’abitato e ulteriori danni furono causati nelle alluvioni successive. Le case sono disposte lateralmente all’unica via che presenta Stemma dei conti di Madrisio Il portale della chiesa strutture architettoniche tipiche. Cornazzai deriva dal latino “cornus” = corniolo, letteralmente significa che la zona era caratterizzata dalla presenza di alberi da frutto. S. Marizzutta, piccolo borgo a ridosso del paese di Corazzai, è di origine slava, denominata “S. Marizza in fiore “ o di “sotto” per distinguerla da S. Marizza. Uno scorcio del piccolo borgo Varmo veniva chiamata “villa di Varmo” il cui significato era “paese dei conti di Varmo” e con questo nome fu chiamato fino all’inizio del 1800. In friulano si dice “Vil di Var”. Varmo, sede del Municipio, è ubicata nel centro del territorio comunale ed è posta a breve distanza dal fiume Tagliamento. Ha tracce di insediamenti del 1500, e di questo periodo ci sono anche alcuni documenti di archivio, ma la parrocchia risale Ciro di Varmo -Pers all’anno 1000. La forma urbana fu modificata nel 1600-1700 e dopo l’alluvione del 1596, che distrusse i due castelli. Ultimamente il paese si è ampliato poiché si è sviluppata una struttura residenzialepadronale di nuova architettura. 4 S. Marizza appartiene all’insieme dei paesi ripopolati da coloni slavi dopo le distruzioni e le devastazioni perpetrate dagli Ungari. In origine il paese era denominato S. Maria di Sopra, come appare dai documenti d’archivio parrocchiale. Il centro storico era delimitato dalla roggia che isolava il paese in un agglomerato rurale chiuso. In età medioevale apparteneva alla giurisdizione dei conti di Varmo Nella chiesetta dell’Assunta, risalente al quindicesimo secolo, sono conservati gli affreschi di G. Paolo Thanner, artista minore rinascimentale. Altro elemento caratteristico del piccolo borgo è la bella villa di proprietà del noto scrittore Elio Bartolin detta il “Palassàt”, risalente al XVII secolo. Uno degli affreschi del Thanner, all’interno della chiesa 5 IN GIRO PER VARMO Muniti di matita e blocnotes, siamo andati ad esplorare il territorio urbano circostante alla scuola media. Abbiamo ricostruito la mappa dell’abitato di Varmo, il borgo vecchio e il centro del paese, individuando alcuni punti di riferimento personale. Abbiamo scoperto che i nostri punti di riferimento sono molto simili a quelli che venivano utilizzati per redigere le carte del 1500. Fig.1 Mappa del borgo di Varmo realizzata da Giada Frappa Fig.2 Mappa dei vari percorsi del Tagliamento dal 1400 al 1700 6 In quell’epoca non avevano strumenti per il rilievo topografico del territorio e le carte venivano riprodotte con l’osservazione diretta sul posto. I risultati erano molto approssimati. Fig. 4 Mappa seicentesca di Sterpo Il disegno è realizzato dal conte Vettore Savorgnan di Belgrado Fig. 5 Carta del Friuli del 1600 realizzata da Vincenzo Coronelli, Cosmografo Ufficiale della Serenissima 7 Ora invece si utilizzano carte molto precise sulle quali sono riportati i riferimenti convenzionali che servono per orientarci sul territorio. Fig. 6 Carta al 5000 del Comune di Varmo. . L’abitato è riprodotto con estrema precisione, così come la campagna circostante e la rete idrografica naturale e artificiale Sono queste ultime che ci servono per lo studio del nostro territorio, ma prima di utilizzarle abbiamo imparato a conoscerle. 8 Dalle carte abbiamo imparato ad usare i segni convenzionali che ci indicavano le caratteristiche essenziali del territorio di studio e che ci sono serviti anche per inquadrare il nostro comune, utilizzando anche la lingua francese. Nord Udine Ovest Est Codroipo Pordenone Linea delle risorgive Varmo Latisana Sud Il comune di Varmo è situato nel settore meridionale della regione Friuli Venezia Giulia, nella Bassa Pianura friulana, a sud della linea delle risorgive. Si trova sulla direttrice Codroipo Latisana, a circa metà percorso, pressoché equidistante da Udine e Pordenone, situati rispettivamente a nord est e nord ovest rispetto al comune. Varmo est au Frioul, dans la partie sud occidentale; et plus précisément,dans la zone dite “la bassa friulana”. Varmo est donc à mi-chemin, entre “Codroipo” et “Latisana”.La commune de Varmo se trouve dans la “bassa friulana”,plongée dans la plaine dite “Padana”. Près du village, dans la partie orientale, passe le fleuve “Tagliamento”. L’agglomération de Varmo se trouve au sud de Codroipo. Par rapport à Udine, Varmo se trouve plus au nord-ouest.À l’occident de Varmo, il y a “Pordenone” et au sud, “Latisana”. 9 Nelle successive uscite in paese abbiamo fotografato alcune belle abitazioni e particolari caratteristiche architettoniche del borgo. Foto 1 -Villa Di Gaspero Rizzi Foto 2 Particolare della barchessa della villa Foto 3. Villa dei conti di Varmo di Sopra Foto 4 Municipio Foto 5 Villa Canciani Florio (ex Co. Varmo di Sotto) Foto 6 Casa Turco Foto 7 Portone a sud ovest di casa Piacentini Foto 8 Vecchia casa forse seicentesca 10 Foto 9 Campanile Foto 10 Particolare della villa dei co. di Varmo di Sopra Sulla piazza centrale del nostro paese si affacciano il Municipio e la Chiesa . 11 IL MUNICIPIO E GLI UFFICI MUNICIPALI 12 Il calendario delle nostre uscite didattiche sul territorio prevede la visita agli uffici municipali,e, in particolare, all’ anagrafe che accoglie e certifica tutti gli atti più importanti della nostra vita. Franco Gover ci presenta l’organizzazione degli uffici : anagrafe e ufficio tecnico al pianoterra, uffici amministrativi, di segreteria e del sindaco, al primo piano, e sala consiliare al secondo piano. L’archivio, ci spiega, è diviso in corrente e storico; quello corrente non è accessibile al pubblico e contiene atti, comunicati e disposizioni che fanno parte della vita di ogni persona, l’altro, invece, contiene atti che hanno più di 50 anni di archiviazione ed è accessibile al pubblico. Da qualche tempo l’anagrafe è cambiata : tutte le certificazioni sono registrate al computer e l’attestato di nascita ora rilasciato dall’ospedale, viene protocollato ed inserito nell’archivio del comune di residenza, mentre fino a tre anni fa, l’atto veniva registrato nel comune di nascita. L'ufficio tecnico, che per motivi di tempo non abbiamo potuto visitare, serve per l’approvazione degli interventi di edilizia pubblica e privata del territorio : se una persona, ad esempio, desidera ampliare la propria abitazione presenta il suo progetto all’ufficio tecnico, che concede o meno di fabbricare, mediante una apposita commissione che si riunisce ogni qualvolta ci sia necessità. Al primo piano del municipio, come abbiamo detto, ci sono gli uffici della ragioneria, della segreteria e del sindaco. La ragioneria si occupa della gestione del bilancio comunale, mentre la segreteria e l’ufficio del sindaco, con a capo rispettivamente il segretario comunale e il sindaco stesso, dirigono tutti gli uffici e gli atti che vengono svolti in comune. Per deliberare, il sindaco, il segretario e la giunta, composta dagli assessori, si riuniscono in una sala apposita sempre al primo piano. 13 Tutto il consiglio si riunisce invece nella sala consigliare, al secondo piano, dove un settore separato accoglie i documenti dell’archivio e i cartolari che li contengono. Questi sono divisi per ordine di materia in 15 categorie per decisione unificata dalla formazione del Regno d’Italia ad oggi. La prima categoria comprende gli atti relativi a giunta, sindaco, commissione, concorsi ; la seconda si occupa di assistenza, opere di beneficienza e lotterie. La terza categoria raccoglie tutto ciò che riguarda la materia di vigilanza e polizia, cioè atti di ordinanza del sindaco per viabilità, multe, verbali, contestazioni. La quarta si occupa di problemi sanitari, quindi ordinanza in materia di sanità e verbali dell’assessorato alla sanità, ma anche di problemi con medici, veterinari e altri operatori in campo sanitario. La quinta categoria riguarda le finanze e comprende tutti gli atti dell’ufficio di ragioneria, tasse, pratiche di mutui, di proventi, di entrate, di spese gestionali del municipio, delle scuole, delle strade e dell’ufficio personale. La sesta categoria è legata ai problemi di natura elettorale e raccoglie i documenti relativi alle liste elettorali, di coloro che sono cancellati dalle liste di leva per motivi di residenza o perché cancellati dal tribunale. Questo può interdire la lista elettorale per cinque anni a chi è stato soggetto al fallimento o chi si è macchiato di un qualsiasi delitto o chi è residente all’estero ed è iscritto al registro dell’AIRE. Qualsiasi reato è trascritto nel casellario giudiziale di Udine. La settima categoria comprende gli atti giudiziari e di culto, i primi legati all’ufficio del giudice di pace che risolve le piccole controversie giudiziarie, i secondi sono invece legati a particolari problemi religiosi o disposizioni legislative o comunicazioni della curia. La cattolica non è più religione di stato, ma c’è comunque un rispetto particolare dello stato verso la religione che è più praticata in Italia. In periodo fascista in questa categoria rientrava un registro particolare dove venivano inseriti i nominativi degli ebrei residenti nel nostro comune. L’ottava categoria riguarda la leva militare e raccoglie tutte le liste di leva dal periodo post napoleonico ad oggi ; ci sono circolari dei distretti militari, il carteggio dei morti 14 in guerra (187 solo a Varmo)e gli atti connessi ai fatti di guerra e ai danni, ad esempio tutto il carteggio che riguarda la ricostruzione delle campane nel 1919. La nona categoria si divide in due parti : una raccoglie tutti gli atti della scuola come edificio e come istituzione e comprende fra l’altro gli elenchi degli scolari, gli atti della direzione didattica e i finanziamenti che vengono erogati in base al numero degli scolari. L’altra comprende le attività culturali, quindi il funzionamento della biblioteca e le manifestazioni culturali. La decima categoria si occupa di edilizia pubblica e privata, la prima è destinata a strade, illuminazioni, ponti, sede del municipio, la seconda a ristrutturazione di case, nuove edificazioni ecc . Vi rientrano anche danni da alluvioni o da altre catastofi naturali. L’undicesima categoria si rivolge all’artigianato e al commercio e comprende attivittà commerciali come negozi, bar, botteghe artigiane e attività produttive in genere. La dodicesima categoria accoglie tutti gli atti dei cittadini dalla nascita alla morte e i dati dei censimenti decennali della popolazione. La tredicesima categoria comprende molteplici atti e riguarda i rapporti con stanieri o con l’estero. Riguarda inoltre il rilascio dei passsaporti, carte d’identità dei cittadini italiani. In questa categoria sono contenuti anche un dossier degli immigrati (120 con permessi regolari e 50 irregolari ) ;l’anagrafe stranieri che stabilisce che nel caso nasca un maschio prende la nazionalità del padre mentre se nasce femmina si sceglie. Per le contestazioni i genitori si devono rivolgere alla questura. Se una persona appartiene ad un paese dove si possono avere più mogli qui in italia non è ammesso. Il matrimonio si può svolgere in comune o in chiesa ; il matrimonio religioso vale anche per quello civile. La quattordicesima categoria riguarda atti di varia natura. La quindicesima categoria riguarda la pubblica sicurezza : incidenti stradali, pericolo di infarti sul lavoro, circolo delle questure e delle prefetture, vigili del fuoco e protezione civile. 15 L’armadio che accoglie l’archivio dell’anagrafe è stato utilizzato fino all’avvento del computer, quando i documenti cartacei sono stati sostituiti dalla memoria di un “ hard- disk”. A sua volta l’armadio è entrato in uso quando sono aumentati i documenti a carico dell’anagrafe e non si potevano più raccogliere nei libroni che fanno parte dell’archivio più antico. Si trova nel Municipio, in un piccolo ufficio dove spicca per le sue particolarità, rispetto ai più moderni accessori. È formato da una serie di cassettini all’interno dei quali ci sono gli schedari delle persone che abitano nel comune. Questi riportano gli atti essenziali della vita negli anni del dopoguerra fino a quando l’anagrafe è stata modernizzata e sono importanti perché possono fornire preziose informazioni sul passato più recente. I cassettini possono essere appoggiati su mensole che escono dall’armadio. Sotto ci sono cassetti più lunghi che contengono documenti formati da fogli più grandi. Questo armadio in un certo senso ha precorso i tempi perché ha una saracinesca di legno che nasconde completamente l’interno, nel rispetto più completo della “privacy”dei cittadini. 16 17 La chiesa è posta nel nodo urbano centrale di Varmo, con la facciata a est, rivolta verso Piazza Municipio e via Roma. E’ una grande e massiccia costruzione, composta da una sola navata alla quale è addossata una lunga sacrestia ; dietro l’abside, si erge la vecchia mole del campanile che domina il paese e la zona circostante. La facciata della chiesa Origini L’edificio è una pieve, cioè una chiesa madre e risale al XV secolo, ma la parrocchia è ritenuta più antica; alcuni storici fanno risalire l’origine all’anno 1000. E’ stata modificata nel 1800; infatti l’antica chiesa aveva la facciata rovesciata rispetto a quella attuale perché seguiva l’orientamento delle antiche chiese. Anche l’interno era più basso ed aveva un tetto a capriate, il presbiterio era poligonale. Il presbitero è stato costruito sul luogo della Il campanile vecchia piazzetta, antistante il campanile. La chiesa primitiva portava il titolo di S. Giacomo, poi è passata ad assumere il nome di S. Lorenzo Martire 18 La facciata Nell’edificio sacro, dedicato a S. Lorenzo, è certamente notevole la semplicità della facciata, che prende a modello le costruzioni dell’architettura greca e romana. Infatti il progetto iniziale prevedeva un pronao neoclassico a quattro campate (spazio tra due travi), prendendo a modello edifici e forme dell’antichità. La facciata però non è stata completata per mancanza di fondi . Le due statue della facciata Nel 1948 furono costruite le due nicchie ai lati del portale d’ingresso, che accolgono le due statue di S. Lorenzo martire e S. Michele Arcangelo, inizialmente situate ai lati dell’altare centrale all’interno. La prima a sinistra è San Lorenzo martire con in mano lo strumento di martirio, aggraziata dagli splendidi pizzi nelle vesti. A destra è situato Michele Arcangelo al quale hanno tolto le ali e la bilancia in ferro battuto, per farlo entrare nello spazio della nicchia. L’interno L’interno della chiesa di Varmo è in stile fiorentino perché composto da un insieme architettonico di forme classiche del terzo periodo rinascimentale, imbevute di elementi gotici ed ornamentazioni barocche. La costruzione sacra ha un’unica navata, perché quelle laterali sono state abolite in modo che da ogni punto si possa vedere il predicatore. L’ampia volta della navata e del vasto presbiterio creano un grande vuoto spaziale, ricco di contrasti. Le grandi paraste (colonne poco sporgenti) di ordine toscano, danno animosa vigoria architettonica. L’arcone trionfale immette la navata al complesso presbiterale, composto dal coro e dall’abside ripetendo il motivo utilizzato dal Pordenone nella cornice e nelle tele. L’interno 19 Il soffitto della navata è stato dipinto da Fabris di Osoppo e si svolge nell’intero spazio centrale dividendosi in tre settori: due tondi e uno ovale, al centro. Nella figura centrale è dipinto San Lorenzo quando stava entrando nel Viminale per subirvi il martirio, nel tondo verso il coro è raffigurato San Marco, simbolo dell’amicizia e dell’alleanza del popolo varmese con la Repubblica di Venezia. Verso l’ingresso principale sono dipinti Ermacora e Fortunato, segno della sottomissione religiosa dei pievani foranei di Varmo all’arcivescovo di Udine. Il pavimento, come quello ancora presente nel coro, era in terrazzo veneziano e venne sostituito con uno nuovo, negli anni ‘40, da Mons. F. Donato. Egli ordinò il materiale in marmo, perché il pavimento esistente era logorato da tempo e lo fece posare in opera a scacchiera bianco-rossa, ispirandosi al pavimento dipinto nella tela centrale del trittico. L’idea sarebbe stata apprezzabile solo se avesse spostato o comunque recuperato le numerose lastre tombali delle antiche famiglie nobili varmesi, esistenti nel vecchio pavimento. Da pochi anni sono state abbattute le balaustre marmoree e, con questa mancanza, l’interno esprime tutta la propria spazialità architettonica. La sacrestia è addossata longitudinalmente alla parete destra della chiesa e si compone di quattro stanze. 20 FONTE BATTESIMALE DI BENEDETTO DEGLI ASTORI A destra della porta maggiore , è conservato il battistero, un’opera del M.o lapicida B. Astori , donato nel 1541 alla chiesa di Varmo dai conti di Varmo di sopra e di Varmo di sotto. Per quest’opera non c’è alcun documento. Il battistero si completa con il coperchio di rame , sulla cui sommità si vede una splendida statuetta , raffigurante S. Giovanni Battista. ACQUA SANTIERA L’opera risale al 1500 e di essa non c’è alcuna documentazione. Nel 1859 la pila venne divisa in due e queste parti sono ancora affisse nel muro mentre il fusto e il basamento sono dispersi. L’impostazione è una semplice fioritura plastica. L’ALTARE MAGGIORE Venne eretto nel 1853; è formato con materiale di riporto e ora l’altare è adornato della mensa, ai lati su delle colonne si ergono due statue lignee. Le due statue della seconda metà del 700, sono in legno ed imitano il marmo. Al centro dell’altare troneggia il ciborio a forma di tempietto, con decorazioni marmoree. GLI ALTARI LATERALI La navata si adorna di due monumentali altari laterali, che si possono definire “gemelli”, in quanto molto simili, della più raffinata composizione altaristica veneta della seconda metà del ‘600. Gli altari si compongono della splendida mensa tipo “sarcofago”, il cui palliotto è riccamente decorato con testine di cherubini e motivi floreali; in entrambi i monumenti c’è la Madonna con il Bambino a graffito con il marmo bianco e madreperla. L’altare di sinistra ,altare di S. Luigi , è dedicato fin dal 1542 alla B. V. del Rosario, mentre l’altare di destra è dedicato alla trasfigurazione di N.S. 21 IL CONFESSIONALE Nella parte sinistra della navata sono addossati due confessionali della stessa fattura ma di età diversa. Quello posto verso l’ingresso principale viene chiamato confessionale vecchio, l’altro è stato eseguito ai primi del 900. È una opera di Matteo Deganutti, rinomato intagliatore e stipettaio cividalese, conosciuto come: “Brustolòn del Friuli”. L’ORGANO Il confessionale Lo strumento è sistemato sulla cantoria, sopra la porta maggiore, entro l’artistica composizione lignea degli Sgobaro (1913),sostenuta da modiglioni e da colonne della sottostante bussola. In esso appare, oltre alla ricca ornamentazione aurea, un trionfo felicissimo di putti musicanti ed oranti di fattura molto plastica. 22 Il Trittico di Giovanni-Antonio de' Sacchis, detto "il Pordenone" (Pordenone 1483/84Ferrara 1549), è l'opera più importante conservata nella chiesa parrocchiale di Varmo. È stato commissionato al “Pordenone” nel 1502 dai conti di Varmo di Sopra e pagato per 300 ducati d'oro, come si legge sul contratto stipulato nel castello di Varmo. Inizialmente l'opera era collocata sulla mensa dell'altare e occupava tutto il vecchio coro; ora si trova sopraelevato e posto dietro all'altar maggiore. La pala è divisa in tre parti: al centro è raffigurata la Madonna col Bambino, con sotto i tre angeli musicanti. A sinistra appare San Giacomo con San Lorenzo martire, nella parte destra sono raffigurati San Michele Arcangelo nell’atto di pesare le anime e scacciare il demonio, e Sant’Antonio abate con il maialino. Nei volti dei santi sono raffigurati i conti di Varmo, ciò per ribadire al popolo che essi erano i veri padroni. Tutta l’opera è incorniciata da una composizione lignea intagliata con elementi fogliacei dorati, realizzata da Girolamo da Udine; alla base vi sono tre scomparti : quello centrale, apribile, con raffigurato il Cristo morto e due angeli. Nella parte sovrastante, fra due volute si trovano l’Angelo Annunciante e la Madonna; sopra vi è raffigurato Dio Padre, e, fino all’epoca napoleonica si potevano notare gli stemmi dei conti di Varmo , tolti ,quindi, per rendere l’opera per così dire “più popolare”. La composizione è pregevole, anche se ha subito ridipinture, sia per l’uso del colore , sia per le immagini che appaiono in prospettiva dando l’illusione di emergere dal fondo. 23 La posizione maestosa della Madonna è ripresa nella figura del San Lorenzo, il cui libro “di taglio” sembra uscire dalla pala. Si tratta di un effetto ottico. Si intravede, alle spalle di questi, San Giacomo. L’immagine di San Michele è dinamica, cioè gli arti superiori e inferiori sembrano in movimento. È la qualità del colore che colpisce l’osservatore. Si osserva lo strano accostamento. La fiamma di Sant’Antonio spicca contro le ali e le brune carni del demonio. Dallo sfondo si staglia la damascata d’oro del San Lorenzo, da cui sembra emergere il grande libro verde e i polsi scuri della veste. Secondo alcune note di archivio, a parte il ritocco operato dagli austriaci dopo il terremoto del 1976, l’ultimo restauro vero e proprio della Pala del Pordenone avvenne nel 1831. Non vi è infatti altra documentazione, all’infuori delle note riguardanti il lavoro del 1831. Consultando però il “Giornale Parrocchiale” tra il 1877 e il 1939, si ricavano informazioni sui costi sostenuti per lavori di restauro, che fanno supporre interventi successivi. Il 22 giugno 1891 per il “ringiovanimento” della Pala vennero pagate al conte Giuseppe Umberto Valentinis, che effettuò il lavoro, L. 250; per 6 fotografie della Pala furono richieste L. 50 e l’acquisto della legna, necessaria per riparare gli schienali delle cornici, costò L. 19.47; in tutto dunque furono spese L. 320. Per il restauro, Valentinis usò una tecnica che non faceva uso di pennelli e nemmeno di colori e si serviva di un balsamo, composto per metà circa di resina e per l’altra metà di olio essenziale. Si prendevano delle cassette più o meno grandi di forma rettangolare, alte dieci centimetri e foderate nel fondo con panno feltrato. Si inumidiva il panno spruzzandolo con il balsamo, quindi si capovolgeva la cassetta sul quadro. Dopo circa mezz’ora, la rigenerazione era avvenuta senza aggiunta di colori. 24 I sette dolori di Maria Si tratta di un ciclo pittorico costituito da sette dipinti realizzati da Vincenzo Orelli (un pittore lombardo del 1700) e risalgono al 1751. La presentazione al tempio L’episodio si svolge all’interno del tempio, alla destra di due larghi gradini dove Simeone tende le braccia per accogliere il bambino che la Vergine inginocchiata gli porge. In questa scena c’è un’atmosfera tra il sacro il profano e i personaggi vestono ricchi abbigliamenti. Nel dipinto si raffigura Maria con in braccio il bambino che lo presenta ai sacerdoti, dietro ad essa c’è San Giuseppe con in mano una gabbia di colombi. La fuga in Egitto Questo dipinto appartiene al periodo giovanile dell’artista. Qui si raffigura Maria con il bambino sull’asino cui San Giuseppe sta guidando il passo sopra una passerella di legno; fanno da sfondo, da un lato alcune torri che si vedono in lontananza, dall’altro una variata vegetazione arborea Gesù fra i dottori L’opera raffigura Gesù fra dei dottori che discutono nel tempio. L’artista ci dà un particolare: sullo sfondo a destra raffigura Maria e Giuseppe che assistono alla scena. 25 L’incontro del figlio con la madre Nel quarto quadro la scena, vede da un lato Cristo mentre porta la Croce pressato da un gruppo di soldati con sullo sfondo le insegne dell’aquila romana e alcune alabarde; dall’altro, la Vergine con le braccia protese verso il Figlio; alle sue spalle San Giovanni. All’incontro fatto di sguardi, assistono più lontani alcuni membri del Sinedrio. La crocifissione La pianeta cucita con intarsi d’oro in occasione del matrimonio dei conti Florio. Questo dipinto raffigura da vicino la crocifissione di Gesù con ai suoi piedi Maria la madre, San Giovanni e Maria Maddalena. Lo sfondo raffigura una cittadina medievale dalle alte torri che potrebbe identificarsi con Udine. La luce si riflette soprattutto sul corpo di Gesù e sui volti delle persone ai suoi piedi. La pietá Maria in questo dipinto è disperata per la morte del figlio: tutti i personaggi che la circondano cercano di consolarla. La Vergine con lo sguardo rivolto verso l’alto è in posizione centrale della tela, attorno a lei ci sono le pie donne e San Giovanni. Dietro come sfondo si intravede la croce insanguinata con appoggiate due scale. Deposizione nel sepolcro L’ultimo dei quadri di Lorenzo Orelli rappresenta la sepoltura di Gesù nel sepolcro. Il centro di attenzione è Gesù e le persone che lo attorniano stanno piangendo: molto bello è il gruppo delle tre “Marie” situate sulla destra. Trasfigurazione 26 Il dipinto è datato nel 1584. La tela venne commissionata al pittore udinese Francesco Floreani, della “Veneranda fabriceria di S. Lorenzo martire”. Nella smarginatura centrale del dipinto si leggono i nomi dei committenti: “Zvanne de Pavlo, Mvsilet et Odorigo Rafin Camerari agnolo Mathion Gastaldo”. Segue la firma del pittore: Franciscvs Floreani Vtinensis, “1584”. In questo dipinto c’è la figura di Cristo avvolto in un lenzuolo bianco che emana tutta la forza luminosa della scena. Il pittore porta in primo piano la concitatissima azione di tutti i soggetti, articolandoli in diversi orientamenti, colpendoli con varie luci sugli abiti dai colori clamorosi, tutti però sullo stesso tono. I tre apostoli, collocati nella parte inferiore del dipinto, sono l’unico elemento stabile della raffigurazione. La solennità di questi personaggi pare alludere all’eroica lotta dell’uomo per il conseguimento di una piena libertà. Fino al 1907, la tela fungeva da pala nell’altare dell’Immacolata. Ora il dipinto è appeso all’ingresso destro della chiesa Madonna con bambino Il dipinto, realizzato da Pomponio Amalteo, è collocato nel lato sinistro della navata. Le figure della tela sono disposte a piramide, secondo la tipica concezione rinascimentale. Al vertice troneggia la Madonna col bambino; alla base del trono, si legge la data di esecuzione: << MDXLII >> (1542). In alto, sono raffigurati due tipici angeli reggi-drappo, mentre ai lati sono ritratti i santi Gregorio XIII, Giovanni evangelista, Giuseppe, Stefano. Ai piedi del trono, dietro ai santi che, in proporzione, sembrano giganteschi, si notano sei piccole persone in atto di preghiera. Si tratta dei donatori, appartenenti alla confraternita di Villa di Varmo. Gli studiosi sostengono che la figura di sinistra, quella più avanzata, sia l’autoritratto del pittore. Le teste dei santi sono disegnate in maniera diligente. Si notano molte reintegrazioni, specialmente nelle vesti della Madonna. 27 Da due articoli pubblicati su “La vaga riviera” ricaviamo informazioni sui lavori di ristrutturazione della chiesa di Varmo. Il lavoro costò molti soldi. Il parroco Giovanni Tel di Bicinicco aveva preventivato la spesa di 12.000 lire austriache. Fino al 1866, infatti, il comune di Varmo era sotto l’Austria. Con una lira austriaca si pagava una giornata lavorativa di un manovale e con una lira e mezza un muratore. Le ore di lavoro, ogni giorno, erano dieci. Il parroco Tel aveva previsto di spendere 12.000 lire, ma poi ne dovette sborsare 24.000 per il lavoro complessivo! Le voci di spesa riguardavano l’acquisto del materiale e la paga dei lavoratori. Il materiale usato era costituito da legname per l’armatura della Chiesa e da coppi di mattoni, che venivano trasportati con carri e barche. Un murero, cioè un muratore, riceveva 17.75 lire austriache, oppure poteva essere ricompensato con sorgoturgo (granoturco), anziché con denaro. Per le famiglie dell’epoca, per le quali la polenta era il cibo base, il granoturco fu spesso la moneta di paga. Nel 1857 fu avviata la seconda fase dei lavori e dal registro “di fabbrica” si scopre che il capo mastro era di Gradiscutta ( Macoratti). Questi lavori erano i seguenti: trasporto dell’altare maggiore dal vecchio al nuovo coro; costruzione della facciata dalle fondamenta; rialzo del vecchio fabbricato di metri 4.50; costruzione di 12 colonne; due nicchie per collocare i due altari laterali. Dal registro si legge che la somma totale per i lavori sopra indicati ammontavano a lire austriache 8982.63. Bibliografia: Gover F., La chiesa di Varmo e le sue opere d’arte, Tipo Sanvitese Elleroni, 1978. “Una Vaga Riviera la quale chiamano il Varmo”, n. 6, n. 7-8 1983. 28 Come tutti i cimiteri d’Europa fino al tempo di Napoleone, anche quello di Varmo era situato attorno alla chiesa parrocchiale. Quella posizione era comoda perché permetteva ai fedeli di entrare in cimitero, uscendo direttamente dalla chiesa. Una legge napoleonica impose di seppellire i morti fuori dal centro abitato. Pochi paesi si salvarono da questa norma, come ad esempio Camino al Tagliamento, dove il cimitero è ancora vicino alla chiesa. Il comune di Varmo, invece, si adeguò a questa disposizione e decise di spostare il cimitero lontano dalla chiesa, nella sede attuale. Leggendo il catasto napoleonico, si vede chiaramente che il vecchio cimitero si trovava tra il campanile e la parete di fondo della precedente chiesa parrocchiale. In pratica, il vecchio cimitero occupava il posto in cui ora si trova il coro della chiesa. In più, attorno al precedente cimitero si estendeva una parte di terreno, come si deduce dalla pianta qui a fianco riportata. Bibliografia: “Una Vaga Riviera”, n. 11, (novembre), 1982, pagg. 50-51 29 Il giorno di San Lorenzo, il 10 agosto, è l’anniversario della costruzione del nostro maestoso campanile. La Pieve di Varmo non volle mai essere seconda a nessuno per quanto riguarda le strutture del culto e dell’arte. Anzitutto non esisteva l’attuale coro e la stessa chiesa era di ben quattro metri e mezzo più bassa di quella odierna. La chiesa aveva la stessa altezza dell’ex fienile , trasformato ora in sala parrocchiale. In fatto di campanili, forse non ce n’è altri più vecchi, ad eccezione di quello di Codroipo, che avrà senza dubbio stimolato i varmesi a non essere da meno. E’ da ricordare che stiamo parlando di campanili a fusto, non a vela, come lo sono tutti i campanili delle chiese nei nostri cimiteri. Inoltre, il campanile di Varmo non è mai stato una torre di guardia, cioè una costruzione per scopo di difesa contro gli attacchi esterni, come invece quello di Belgrado. A Varmo, le due torri di vedetta erano già nei due castelli, distrutti dalle acque del Tagliamento. Il paese non aveva bisogno di altre fortificazioni. Comunque siamo sicuri che l’odierno campanile ha le fondamenta fatte appositamente per un’altissima costruzione di uso religioso. Bibliografia: “Una vaga riviera la quale chiamano il Varmo”, n. 56, maggio-giugno 1984, pagg. 20-21. 30 Durante le nostre escursioni in centro paese abbiamo scoperto che Varmo è ricco di storia. Le case, le ville, le vie, la struttura del centro abitato ci raccontano l’evoluzione del borgo. IL BORGO DI VARMO DALLE ORIGINI AD OGGI 31 IL Reperti bronzei preistorici nella braida di S. Gottardo a Belgrado (1876) nostro borgo ha origini antiche, ma poco si sa dei primi insediamenti protostorici che si sono sviluppati in questa parte della bassa pianura friulana occidentale. I reperti archeologici rinvenuti nella zona di Belgrado e Gradiscutta rivelano presenze neolitiche probabilmente in prossimità dei corsi d’acqua, di cui la nostra zona è particolarmente ricca. Il tipo di abitazione comune si rifà alla capanna neolitica, con tetto spiovente in paglia, formata da un ambiente unico, di forma rettangolare e pareti lignee, o intessute con vegetali e terra, simile al casone ancora esistente nella zona lagunare Questa abitazione essenziale di forma quadrangolare semplice Capanna neolitica rimane fino al sedicesimo secolo, variando solo per l’aggiunta di una stalla all’edificio originario. Casoni nella zona lagunare 32 IN epoca romana l’insediamento segue e riprende le stesse caratteristiche di crescita di un qualsiasi villaggio rurale germanico o slavo: dapprima le abitazioni si dispongono lungo il fronte strada o lo slargo, solcato da canali di scolo, roje, che il più delle volte conferiscono al villaggio un andamento sinuoso, poi le abitazioni vengono costruite in linea con la divisione dei fondi, Villaggio di tipo agglomerato centrale perpendicolari rispetto al percorso stradale. Il modello prevalente nella Bassa sembra il lungostrada o Strassendorf, ma Varmo, in particolare, assomma anche il tipo agglomerato circolare, contraddistinto dal richiudersi delle strade in anelli, caratteristico delle zone di risorgiva, per la presenza di anse fluviali, rogge e canalicoli. La colonizzazione romana nella nostra zona è senz’altro limitata dalla presenza massiccia di acque, acquitrini e foreste che richiedono, per la loro conversione all’agricoltura, lunghi lavori di bonifica protratti per diverse generazioni. Tuttavia al momento della costruzione della via Postumia, nel 148 a.C, la centuriazione aquileiese sembra essersi spinta anche ai terreni posti tra la linea delle risorgive e l’entroterra lagunare per una superficie di 600-700 kmq su un totale di 2000 Kmq. Ricordiamo che l’agro centuriato di Aquileia è diviso in centurie di 710 metri di lato per una superficie di 504.000 metri quadrati, corrispondenti a 200 iugeri. La centuria produce il podere: ogni centuria è divisa in quattro parti, ciascuna delle quali rappresenta appunto un podere. In epoca medioevale il maso corrisponde al podere romano ed è diviso in 24 campi grandi, di 5250 mq. E’ durante il periodo 33 longobardo che al cjamp grant furlan viene prelevato un terzo della superficie, originando così il cjamp piçul furlan con i due terzi rimanenti di 3.500 mq. Della centuriazione nella nostra zona non c’è traccia, ma, testimonianze della presenza romana sono la frazione Romans e la via Crescentia che attraversa il territorio comunale ed univa il porto di Latisana a Codroipo. Oltre all’insediamento abitativo dei coloni, sul territorio, si diffonde anche la villa rustica romana, formata da una struttura semplice che si chiude intorno ad una corte, modello ripreso in epoca medioevale, con la corte rurale friulana. L’abitato in cui risiedono i coloni sfrutta lo slargo come luogo comunitario, forse per l’allevamento collettivo del bestiame ed è aperto alla campagna circostante alla quale si accede attraverso gli orti che rappresentano un elemento importante nell’economia della vita contadina. Nel secolo VIII, durante il periodo longobardo, Varmo e Belgrado sono segnati sulla carta come borghi di una certa rilevanza, mentre non appaiono paesi grossi come Latisana e Codroipo. 34 Nel periodo compreso fra il quattrocento e la fine del seicento il borgo si modifica raddoppiandosi in lunghezza e si articola in forme a “Y” e “C”, sempre mantenendo il frontestrada di tipo Strassendorf, con le varianti agglomerato e cruciforme (ad esempio Codroipo). La coltivazione, da comunitaria Frontestrada di tipoStrassendorf a “Y” passa a individuale famigliare e si organizza in casa, corte ed orto. L’abitazione si innalza a due piani e include una stalla e un fienile. L’influsso della Repubblica Veneta produce alcune modifiche nell’architettura e nei materiali di costruzione: dal tetto in paglia si passa a quello in tegole e viene introdotto il camino, con creazione Stalla e fienile a Cornazzai dello spazio fogolâr, tante volte sporgente dalla casa, come nel casolare veneto. Casa Venuti, a Varmo, con fogolar sporgente Anche sul frontestrada ci sono novità di rilievo: la chiusura verso la strada con la costruzione di muri e portoni e a volte con la restrizione dello slargo. Anche gli orti vengono cintati con muretti o steccati di legno. I nuovi materiali di costruzione sono pietrame e laterizio. Dal sedicesimo secolo in poi, alla struttura antica dei villaggi si sovrappone la corte friulana con abitazione e rustici, si diffondono palazzi padronali, chiese e cimiteri. Il tessuto urbano s’infittisce perché cambiano le condizioni di vita, soprattutto le attività delle famiglie 35 che da esclusivamente agricole, con l’avvento della rivoluzione industriale, passano gradualmente ad artigianali e commerciali. Le testimonianze di questa nuova situazione si rinvengono anche a Varmo, nel borgo storico, cui si accede attraverso la cosiddetta Janua ad orientem versa, meglio conosciuta come Arc dai faris. La loggia delle mercanzie L’arc dai fâris Un cortile a Romans All’interno si sviluppano modeste abitazioni dove si svolgono attività artigianali e commerciali, accanto alle storiche case dei nobili, e , proabilmente si affacciano su una strada che attraversa il borgo Androna in Via del Puartin Vecjo a Gradiscutta 36 stesso, cancellata dal tempo e dalla ridefinizione dei confini delle varie proprietà. Le corti diventano cortili e con la comparsa dei salariati (sotàns), si edificano nuove abitazioni piuttosto povere all’interno delle corti padronali. A Romans, nel centro del borgo, c’è il cosiddetto Curtilàt, che accoglie molte case rurali povere addossate le une alle altre e tutte affacciate su un grande cortile, che probabilmente rappresenta un residuo della vecchia corte. Anche le case degli artigiani sono modeste e si rifanno alla semplice casa a pianta quadrangolare a due piani, con la variante, rispetto all’originaria, delle scale interne. Queste case, il più delle volte, portano motivi architettonici imitanti i segni di ricercatezza tipici delle case più signorili, con la presenza di false cornici in pietra a porte e finestre. Casa del 18° secolo in via Ne è un esempio un rustico situato in Borgovecchio a Varmo via Borgovecchio, a Varmo, con porta ad arco e cornice intonacata. Le nuove edificazioni vanno a riempire gli spazi vuoti sul frontestrada, mentre aumentano le case dominicali e i palazzi all’interno del borgo. Portone di casa Lenarduzzi a Roveredo 37 Le ville padronali subiscono l’influenza architettonica delle ville venete, le porte sono ad arco, le aperture grandi e regolari, ornate di cornici in pietra. La villa dei conti di Varmo di Sotto La barchessa di villa Di Gaspero Rizzi Villa dei Conti di Varmo di Sopra 38 Nel diciottesimo e diciannovesimo secolo il borgo di Varmo è urbanizzato solo nei due borghi storici. Sulla piazza si affacciano la chiesa e i palazzi storici, mentre il maggior accentramento di case è nel Borgovecchio (Borc dai pulzs). Il paese di Varmo nella carta napoleonica La carta napoleonica mostra come il paese è contenuto e si sviluppa principalmente entro i due borghi storici, con un maggior accentramento di case in via Borgovecchio. Il cimitero, addossato all’edificio della chiesa, non è stato spostato all’esterno del paese come imporrà di lì a poco l’editto di Napoleone. 39 Un nostro concittadino, anni addietro, ha condotto una piccola ricerca sulle abitazioni censite a Varmo nel 1810. La cosa ha destato il nostro interesse e così abbiamo rielaborato i dati e prodotto una mappa delle abitazioni che ci ha offerto qualche spunto di riflessione. Il signor Glorialanza ci riferisce che a quel tempo, come tutta l’Italia, il Friuli era sotto il dominio napoleonico e cosi fu predisposto un censimento urbano ed Rustico nella corte della ex canonica prima agrario. I dati furono della ristrutturazione in via dei Pascoli aggiornati al 1830 dopo il restauro. Come punto di riferimento per la stesura della mappa si parte dalla piazza della chiesa che, a quel tempo aveva ancora l’ingresso principale dalla parte del campanile, cioè verso ovest, come voleva la tradizione eccelesiastica. Infatti l’altare maggiore doveva essere sempre rivolto ad est, verso Gerusalemme. Il rustico posto attualmente su una fiancata della chiesa era già esistente all’epoca, mentre il muro di cinta di casa Ostuzzi era collegato direttamente con l’edificio della chiesa. Dalla piazza partivano le strade comunali: quella dei Pascoli, molto stretta perché parzialmente occupata dal cimitero, corrispondeva all’attuale via Tagliamento; Borgovecchio si chiamava strada dei Varmo; quella delle “Pignolis”, strada comunale della Levada; quella verso Belgrado, strada comunale del Trozzo; l’attuale via villa Canciani e proseguimento “daûr i Vars” strada comunale di San Martino; quella di fronte alla farmacia vecchia strada per Madrisio, detta Braida; le attuali via Roma e Roveredo strada comunale che mette a Roveredo; via Latisana, strada comunale della via di Madrisio; alla biforcazione della pesa pubblica si dipartiva la Particolare di un annesso dello stesso rustico prima e dopo la ristrutturazione. strada comunale Rivignano. per 40 C’erano, infine, due altre strade comunali, una che portava dalla strada di Roveredo verso “lis stuartis” detta di San Salvadore, titolo della omonima chiesetta campestre e l’altra verso levante detta strada comunale del Cragno. L’abitato a quei tempi finiva in via Latisana, con la casa di Biagio Vatri, a sinistra, col rustico di Cimoli a destra; con la vecchia stalla di Gaspero Rizzi verso Roveredo; il Borgovecchio con la casa di Muzzolini, Via Tagliamento con la Mansioneria , Lis Pignolis con l’abitazione Lotti. L’affresco di S. Eustachio sulla facciata della casa di Matilde di Varmo nell’antico borgo del paese 13 41 Mappa delle principali proprietà immobiliari al censimento16 del 1830 5 2 111 1 4 161 19 131 151 141 3 3 201 121 10 1 7 6 9 8 17 18 Legenda 14 14 1 2 3 7 Valussi 14 Lotti Sebastiano 8 Mattiuzzi Conti Rota Di Monte 9 10 Zuzzi e don Zucco Conti di Varmo di Sopra Fabris Bartolomeo 4 Don Giovanni Turloni Fabris Pancini 15 16 Conti Detalmo Cirio 17 11 18 12 19 Sivi lotti 42 Conti di Varmo di Sotto Maddalini Tubaro 5 De Simon 6 Proprietà Chiesa 13 20 Spangaro Giacomo 11 borgo ci indica come, nel La mappatura delle proprietà nel vecchio 1830, i fondi erano concentrati in poche importanti famiglie, che, comunque andavano lentamente sgretolandosi, per lasciar posto ai nuovi proprietari, piccoli artigiani, lavoratori autonomi. Rimangono a spartirsi ancora una buona fetta di paese le due famiglie dei Varmo di Sopra e di Sotto. A proposito di questi ultimi, il signor Glorialanza, nel suo articolo, racconta un curioso aneddoto della contessa Rosa, appartenente al casato dei di Varmo e proprietaria della antica osteria adiacente all’attuale bar “De Giusti”. La nobildonna riteneva il denaro cosa vile, tanto da mettersi i guanti quando lo contava. La sua famiglia finì in miseria: il figlio all’ospedale, lei in un ospizio per nobili signore, a Mogliano Veneto. Altra famiglia notabile, cui apparteneva un grande appezzamento, con molteplici case, in via Tagliamento e Borvecchio, è quella dei Cirio, spariti dal paese, come i di Varmo. L’ala orientale del paese apparteneva per buona parte Antica osteria della contessa ad una famiglia de Simon, anch’essa Rosa di Varmo sparita, che fra l’altro possedeva il caseggiato adibito a convento, in via Latisana. Il settore opposto del borgo, andando verso Belgrado era, invece, di proprietà delle famiglie Valussi. Altre famiglie importanti sono i Maddalini, i Mattiuzzi e gli Spangaro. I primi erano gli antichi proprietari della attuale villa Piacentini, I Mattiuzzi erano i padroni della filanda e gli Spangaro possedevano alcuni importanti immobili, fra cui la nota Villa Ostuzzi, attuale canonica, adiacente alla chiesa, in via Villa Canciani. Altre piccole proprietà erano possedute dal clero, da artigiani o da qualche altra famiglia di origini nobili, come gli Strassoldo, i conti Detalmo o i signori Pancini. Questa massiccia presenza di famiglie nobiliari indica il privilegio e il potere che Varmo conservava ancora in epoca recente. 43 Fino al secondo dopoguerra, il borgo sostanzialmente non cambia. Nel 1940 Varmo si presenta come ai tempi di Napoleone: nella cartolina illustrata di quell’anno, Via Latisana è occupata, su un lato, dalle case storiche censite nel 1810 mentre il lato opposto è del tutto sgombro di edifici. Qualche anno più tardi, passata la seconda guerra mondiale, parte la Il municipio è rimasto così fino al 1986, quando ricostruzione e con sono iniziati i lavori di ristrutturazione essa le prime case popolari, le cosiddette “Case Fanfani”, composte da 4- 6 appartamenti per fabbricato. L’edilizia però stenta a decollare e, solo quando il progresso economico del paese porta condizioni di vita migliori e permette la frammentazione delle grandi famiglie Via Latisana patriarcali, si assiste a un lento ma costante incremento dell’edificazione. Negli ultimi anni il paese si amplia verso la periferia con la costruzione di villette unifamiliari, dapprima erette in modo disordinato, poi regolate da un piano urbanistico comunale, a partire dagli anni settanta. 44 L’attuale via Roma negli anni 60. In fondo si intravede una delle due case Fanfani Varmo in una foto aerea negli anni settanta 45 Varmo in una foto aerea negli anni ottanta Varmo oggi 46 ITINERARIO ARCHITETTONICO NEL BORGO DI VARMO : DAL CLAP AL MADON La mappa riporta il borgo vecchio del paese di Varmo. L’area segnalata da una freccia corrisponde alla corte di proprietà del signor Coleto Coradazzi. 47 Una serie di escursioni in paese ci ha permesso di analizzare alcuni particolari architettonici che avevamo guardato sempre con occhio distratto, sottovalutandone il pregio. In essi abbiamo scoperto la storia quotidiana dei nostri antenati, le loro fatiche, l’ingegno per ricavare qualcosa di piacevole anche da materiali poveri, ricercati sul posto: il legno dei boschi, i sassi del Tagliamento, pezzi di tegole rotte, utilizzati per decorare muri o altre piccole strutture. L’itinerario si snoda lungo le vie che racchiudono il borgo vecchio del paese: via Villa Canciani, via Robbiani e via Tagliamento, dove abbiamo fotografato e successivamente disegnato gli elementi architettonici che hanno maggiormente destato la nostra curiosità. Il fienile all’interno della corte di proprietà del signor Coradazzi La corte di proprietà del signor Coradazzi vista dall’alto Finestrella su un fabbricato annesso alla casa 48 Ci ha attirato in modo particolare la proprietà del sig. Coletto Coradazzi, al centro del borgo vecchio del paese. Si tratta di un fabbricato a tre piani che da un lato si affaccia sul borgo, mentre sul retro racchiude una bellissima corte, dove il tempo sembra essersi fermato. Sulla facciata interna e nell’edificio annesso, che un tempo era il fienile, rimangono intatti alcuni particolari architettonici che portano i segni distintivi di un’epoca oramai persa: gli architravi e le grate in legno nelle piccole finestre o altre aperture nei muri, i mattoni disposti in modo ordinato a fare da soglia, le grandi finestre del Piccola finestra con grata fienile tappate con eleganti decorazioni di mattone. Proseguendo l’itinerario per via Villa Canciani, abbiamo incontrato un’altra vecchia residenza di valore, ora parzialmente ristrutturata dai signori Vidoni. In essa abbiamo ritrovato tutti gli elementi della casa Pertugio nel muro di di un tempo descritti confine nei testi: le aperture allineate verticalmente e generalmente della stessa larghezza, le finestre delle soffitte più basse delle altre, le porte d’ingresso a forma rettangolare o ad arco, i vani spesso incorniciati con pietra. Le finestre più antiche o quelle appartenenti a fabbricati annessi alla Il muro di cinta della corte abitazione principale sono realizzate con Particolare del muro di cinta materiale di recupero, ma, anche nella loro veste più povera mantengono un certo tratto di signorilità, come nell’esempio sotto, dove l’architrave e il davanzale sono in legno e le imposte in legno poco pregiato. 49 Finestrella in un fabbricato accessorio nella proprietà Coradazzi. I portoni carrai sono gli elementi più caratteristici dell’architettura rustica friulana e danno accesso attraverso un porticato passante (androne) al cortile retrostante. 50 51 Villa Piacentini Sei Ottobre 2003, ore 14.00: siamo in visita alla villa Piacentini, dove ci aspetta Franco Gover, la nostra guida, che ci introduce all’ interno del piccolo parco antistante al fabbricato. Subito la nostra attenzione è attirata dal tronco enorme di un albero secolare da tempo abbattuto, poco distante dall’ingresso. Sul lato destro del grande cancello, addossato all’alto muro di cinta in sassi, si erge un piccolo fabbricato accessorio, chiamato foresteria, forse residuo di una barchessa, un tempo presente su entrambe le ali della villa. Ci incamminiamo lungo il viale che ci conduce all’ingresso del corpo principale, dove ci attende la gentile proprietaria, alla quale abbiamo portato in dono un mazzo di rose. Entrata posteriore della villa Franco ci spiega che la casa, tipica villa rustica padronale, è stata costruita in seguito alle alluvioni del 1596 e del 1597, che avevano distrutto i castelli dei signori di Varmo, inducendoli, nel corso del 1600, a spostare le loro residenze nel borgo. I Il caratteristico fogolâr baroni di Belgrado ristrutturarono poi la villa, dove, alla fine del 1800 si stabilì la famiglia Piacentini, tuttora proprietaria. L’edificio è costituito da una parte centrale color mattone e da una barchessa, costruzione accanto alla casa signorile. Il portale di entrata è ad arco con delle profilature in pietra, sovrastato da una balaustra, costituita da una costruzione orizzontale sostenuta da una Il muro di cinta della proprietà 52 serie di colonnette sagomate in varie forme. Essendo una villa padronale nel giardino c’ è anche il pozzo. Entrando nel corpo centrale possiamo notare la rusticità della villa, basti pensare al pavimento in pietra viva, cioè levigata a secco oppure alla semplicità della cucina. In quest’ ultima, c’è una grande varietà di utensili, soprattutto un enorme collezione di pentole di rame, di varie dimensioni e di secchi chiamati ”cjardêrs”. Un oggetto particolare è la mandibola di animali che veniva usata per rimuovere le macchie del bucato. Nella cucina c’è anche il tipico fogolâr, la cui La Madonna attribuita al Pilacorte base fu costruita nel 1600 mentre la parte superiore fu costruita agli inizi del secolo. Non mancano neanche i cjadreôns, grandi sedie molto usate a quei tempi. I proprietari amavano collezionare chiavi e ceramiche. La villa della famiglia Piacentini è sempre stata al centro di una grande estensione territoriale alla quale si accede, a sud, attraverso un portone secondario che assieme ad un muro di sassi limita una grande corte. Sul cortile interno sono conservati gli oggetti che servivano per lavorare prodotti agricoli, aratri, botti ed altro, addossati agli edifici connessi al corpo della villa. Infatti dietro la barchessa e la casa padronale c’era una filanda che lavorava L’affresco di S. Eustachio, in casa De Monte appositamente per la villa e una grande cantina, con 53 funzioni anche di magazzino. Addossato al corpo principale della villa, e sempre affacciato sulla corte, sorge un altro edificio, non molto grande, che una volta era una foresteria, riservata appunto, alla gente di passaggio e alla servitù. L’opera più importante che conserva la villa è la scultura di Giovanni Antonio Pilacorte, ultimata nel 1490; essa rappresenta la Madonna col bambin Gesù. Quest’opera evidenzia una notevole innovazione plastica e ciò possiamo dedurlo guardando come è scolpita la pietra; dai vestiti riusciamo a capire, più o meno, a quale epoca appartiene, basta guardare la camicia damascata della Madonna, la cui corona riporta un diadema: è infatti vestita come una donna del 1400. il bambino è molto tornito ed ha i piedi che sporgono dal basamento. Le donne con problemi andavano a accendere un lume ad olio davanti a questa Madonna, che interpretavano come Sant’Anna. Dopo aver visitato Villa Piacentini, sempre guidati da Franco Gover, siamo andati a vedere, in un cortile privato, un affresco di San Eustachio martire nel momento in cui ebbe la visione del cervo illuminato dalla croce; sopra è rappresentata la Madonna. Nel 1500 i nobili ambivano a trarre origine genealogica da un martire latino: la famiglia dei conti di Varmo di Sopra e di Sotto pensava di avere come capostipite San Eustachio. L’arco dei fâris Quella casa, è significativa perché era una residenza minore dei Varmo. Prima di ritornare a scuola, siamo andati a vedere ciò che rimane di un caseggiato del 600’; all’antica loggia dove si svolgevano i piccoli commerci sono rimaste due colonne che sorreggevano un arco sotto il quale si apriva un portone, tanto che questo veniva chiamato “Janua ad orientem versa” cioè “ Porta ad oriente” . Questa è purtroppo stata demolita negli anni ’50. 54 I conti di Belgrado,durante il Medioevo,erano i feudatari di Varmo e possedevano due castelli che furono distrutti nel 1596,a causa dello straripamento del Tagliamento. I Varmo costruirono questa villa che passò ai Canciani Florio e attualmente è di proprietà dei Cisilino. Il complesso è immerso in un grande parco a cui si accede da una tripla cancellata, sorretta da pilastri adorni di pigne lapidee. Il corpo abitato dai proprietari ha una pianta rettangolare, con un’altezza di tre piani. Le aperture sono tutte rettangolari,riquadrate in pietra chiara e rendono semplice la facciata, sulla quale si trova il portale d’accesso arcuato, sormontato da una portafinestra. Villa Canciani-Florio ripresa dal portale d’entrata. 55 Lungo la strada per Roveredo, si trova la Villa di Gaspero Rizzi, che risale al XVII secolo e ha subìto nel corso degli anni parecchie modifiche. Il complesso è costituito da un grande corpo principale, affiancato, a sinistra, dalla barchessa rustica, che congiunge l’abitazione alla strada e alle dipendenze della ex azienda agricola. Il corpo dominicale ha la pianta rettangolare e si innalza di tre piani dal terreno. La facciata principale ha un portale sovrastato da una triplice balconata ed è segnata da un marcapiano. L’interno della villa ha i soffitti dipinti e contiene il caratteristico “fogolâr”, che è ben conservato. L’orientamento dell’edificio, verso nord, rende l’architettura maggiormente fredda e severa. La muraglia alta, con cancellata centrale, cinge il breve cortile antistante. I corpi rustici sono molto caratteristici. 56 57 COM’É FATTA ESTERNAMENTE - La villa è quadrangolare e si compone di tre piani. La base è di 15mx10m e l’altezza è di oltre 10m al timpano. Queste misure danno un aspetto di possanza - - - Timpano: la parte di muro che sormonta la linea di gronda del tetto fino alle imposte di esso; Marcapiano: cornice che segna la divisione fra un piano e l’altro; Lesina: risalto verticale con funzione decorativa; Modanatura: elemento sagomato di una membratura di una architettura ridimensionata dal vasto cortile che ne permette una visione in lontananza più ridotta. I diversi piani sono evidenziati dai marcapiani. Assieme alle lesene incorniciano le finestre poste ai lati. Le finestre del primo piano in facciata sono tutte timpanate, quella centrale ha un timpano spezzato che porta un vaso in rilievo e quelle sopra e sotto hanno semplici modanature lineari. Negli altri lati le finestre sono ornate semplicemente da una fascia. Le modanature timpanate sono realizzate con mattoni e malta, mentre le altre semplicemente con l’intonaco. 58 PAR FÛR La vile e je quadrangolâr , tirade su su tre plâns. Lis misuris a son di 15mx10 m e l’alteze e je passe dîs metris al timpano. Chestis misuris a fasin semeâ la vile plui imponente di chel che je, se no fos pal curtîl che la ridûs. I tre plans a son segnâts di curnîs clamadîs ‘’ marcapiani’’. Cu lis ‘’lesenîs’’ a incurnisein i barcôns che a stan su lis flancadis de cjâse. I barcons dal prim plan a son ducj timpanâts, chê tal mieç e à un timpano rot che al puarte un vâs in riliêf e chê disôre e chê di sot e an des semplicis modanaduris. Su lis flancadis i barcons a son contornâts di une fasse. Lis modanadurîs timpanadis a son fatis cun madons e malte, invessit che altris dome cun l’intonacadure. 59 COM’E’ FATTA INTERNAMENTE - Al piano terra si trovano: l’atrio, tre grandi sale, una a nord e due a sud dell’ingresso. Entrando a destra c’è il bagno e a sinistra le scale che portano sia ai piani superiori, sia alla cantina. Al primo piano: salite le scale, ci si trova in un pianerottolo che porta alle tre sale esistenti. - Al secondo piano: un unico salone. 60 - Scorporare togliere dei beni da un Secondo alcune fonti la villa è stata costruita verso la complesso fine dell’Ottocento dalla famiglia Balestra che ogni patrimoniale anno veniva per alcuni mesi in villeggiatura a Varmo. unitario CENNI STORICI Questi signori, residenti a Trieste, dove svolgevano attività commerciale, avevano conosciuto il nostro paese grazie ad amici che avevano parenti a Varmo e, attratti dalla bellezza del luogo avevano deciso di risiedervi definitivamente, acquistando il terreno dove sorge ora la villa, in quel tempo proprietà dei conti di Varmo di Sotto. L’architetto che nel 1988 ha preso parte al progetto di ripristino della villa non si è però accontentato di questa versione storica ed ha compiuto delle ricerche personali per risalire alla data di edidificazione, allo scopo di proporre un riuso e ripristino più cosciente e rispettoso del passato. Così, scartabellando tra gli antichi documenti , ha scoperto 61 che nella mappa di Varmo del 1766 il fabbricato in questione non esisteva, ma nella mappa del Catasto Austriaco del 1844 è già riportata l’esistenza dell’edificio, e, dunque, la sua costruzione, se non proprio agli ultimi del 1700, risale comunque ai primi anni dell’800 . Con tutta probabilità i Balestra, alla fine di quel secolo hanno operato un consistente intervento di ripristino, come sembra attestato dalla data 1897 riportata sul camino. Tra il 1902 e il 1903 l’abitazione venne venduta a Piacentino Piacentini, che la dotò di una dipendenza rustica. Alla morte di Piacentini, la casa andò ai figli Girolamo, Giobatta e Pietro, ma in seguito, per motivi di divisioni familiari e scorpori, la proprietà passò a Girolamo Piacentini, che la vendette a sua volta, nel 1937, ad Amedeo Giacomini. Durante l’ultimo conflitto mondiale ospitò intere famiglie di profughi e, nel dopoguerra, diventando proprietà diretta del comune di Varmo, venne prima adibita a scuola per muratori e poi a scuola elementare e per un certo tempo, anche scuola media. 62 Le case dei nostri paesi rispecchiano l’anima della gente friulana, il suo attaccamento al territorio, al calore del fogolâr, bene insostituibile sia per la famiglia modesta, sia per quella signorile. Nella Bassa Friulana, così come in altri luoghi della regione, le numerose testimonianze di architettura spontanea hanno una importante funzione di confronto tra passato e presente. Il passato ci consegna la casa rurale, che rappresenta la dimora contadina, ma anche quella del piccolo artigiano e del sotàn, cioè del servo, accanto alle più sontuose ville padronali legate a grossi possedimenti. Le dimore contadine più antiche e più semplici sono a pianta quadrata o rettangolare, ad un solo un piano, con il tetto di paglia, una stanza abitata dalla famiglia e utilizzata per mangiare, un angolo dispensa e, di lato, la Corte rurale stalla condivisa con gli animali per ripararsi dal freddo. Nel sottotetto c’è il fienile. Il pavimento è quasi sempre in terra battuta, le aperture sulle pareti ridotte al minimo: una porta e qualche piccola finestrella. Verso il XV secolo, con l’avvento della Serenissima, la casa è organizzata in corte. Si Costruzione accessoria nella casa Cimoli a sostituisce la paglia con le tegole, frequente è il Varmo pavimento in mattoni ed i 63 piani diventano due. Il collegamento tra i due piani è assicurato da una scala esterna in legno. Le pareti esterne di solito non sono intonacate. Lo è solo la cornice delle finestre, imbiancata con calce viva, per tenere lontani gli insetti molesti dalla casa. Al muro esterno della cucina spesso si addossa una costruzione accessoria quadrata che ospita il focolare e si aggiunge il camino, per far fuoriuscire il fumo. La parete esterna d’ingresso, orientata a sud-ovest, al riparo dalla bora e dai venti di tramontana (in recès, in bonasse) riporta a volte qualche simbolo religioso: un’icona devozionale (ancone) o una semplice immagine sacra o un’acquasantiera in pietra. Nei secoli successivi la vita continua a svolgersi intorno al fogolâr dove la famiglia si raccoglie per mangiare, discutere, scaldarsi. Il focolare è fatto con il materiale che si ha a disposizione: più spesso in mattoni, e per i signori, invece, di pietra. Di fronte c’è l’acquaio (seglâr) con lo sgocciolatoio in legno . Appesi sopra l’acquaio si allineano i secchi per l’acqua (ciard Madonna con Bambino- Casa Teghil a Varmo êrs) e il mestolo (cop)La stanza è povera di mobili: l’essenziale, cioè la tavola, le sedie e una madia (panàre) , dove si mette la farina, alimento indispensabile nell’economia della casa, e qualche utensile. Sopra il mobile, la piattaia. Accanto alla cucina c’è sempre uno stanzino poco illuminato che serve da dispensa(camarìn), per le poche scorte che la famiglia può permettersi: qualche frutto, il grasso conservato crudo, oppure fuso, un po’ d’orzo, qualche legume secco. La camera è al piano superiore, dove divide lo spazio con il solaio, che serve per Fogolâr a Canussio 64 la conservazione delle pannocchie (panôlis) di granturco. Queste vengono scartocciate (scartossadis) dalle donne di casa, mentre i bimbi giocano a farsi i baffi e i capelli finti con i fili rossicci del mais. Intanto gli uomini fanno la treccia (reste) con le pannocchie. Nella camera c’è un letto in legno o in ferro, con il materasso di cartocci di granoturco (scùs). Su un lato del letto è appesa una piccola acquasantiera in ceramica o porcellana. (singlùz) I pochi mobili della camera sono: l’armadio (armaròn) e i comodini (comodîns) La stanza da letto è sempre addossata al corpo stalla-fienile, al riparo dal freddo che ghiaccia le pareti esterne rivolte verso nord. Nelle vicinanze della casa c’è l’orto, anche questo fondamentale nell’economia della famiglia, così come l’allevamento di animali da cortile (galline, anatre, oche). L’orto confina con la braide. La cort dal ledam (Varmo) All’ampio cortile delle corti si accede attraverso un portico ( puartin) che isola la casa dalla strada. All’interno c’è una concimaia (ledamâr), sopra la quale spesso viene eretto un piccolo manufatto in legno, che ha funzioni di latrina (cesso, gabinét). Accanto alla stalla ci sono piccoli fabbricati accessori per il ricovero del pollame (pulinâr) e dei maiali (ciôt), ma anche degli attrezzi. Sempre nel cortile, in un angolo o in un manufatto, c’è la “lisivare”, dove una cucina in mattoni, con una grande recipiente (cjardere) serviva a mettere in ammollo il maiale Il cjôt (Cornazzai) ammazzato, ma anche per fare la “lisciva” (lisive). 65 In tempi successivi la casa non cambia nella disposizione dei vani; diventa solo più capiente, per ospitare le grandi famiglie patriarcali contadine del secolo scorso. In queste famiglie tante sono le braccia che lavorano, ma tante anche le bocche da sfamare e a volte il cibo non basta. I bambini accuditi dalla famiglia “allargata” crescono in fretta perché devono andare a lavorare, ma quando il lavoro non c’è bisogna andare a cercarlo altrove. Ecco allora che piccoli di 11-12 anni emigrano in Germania dove vanno a lavorare nelle fornaci. Ma questa è un’altra storia….. La lisivare di casa Jop a Varmo 66 Sotto la guida dell’ insegnante di Educazione artistica, abbiamo realizzato il plastico del borgo centrale di Varmo. IL RILIEVO FOTOGRAFICO 67 Piazza Municipio Il complesso degli edifici che compongono la piazza è stato ricostruito utilizzando una serie di scatti in sequenza, in modo da ricoprire tutta l’area delle facciate. Le foto sono state poi rielaborate al computer con il metodo del “riduci, taglia e incolla” per rendere uniforme l’insieme degli edifici. Il rilievo fotografico è poi servito come base di riferimento per ricostruire il plastico del borgo di Varmo. Si è cercato di rifare il colore reale degli edifici, utilizzando le tempere e il professore ha poi scelto i disegni più accurati. L’ esempio, qui a fianco riportato , mostra la facciata della chiesa, con varie tonalità di colore. Sopra: Il municipio A sinistra: il campanile e la chiesa 68 VIA TAGLIAMENTO La ricostruzione del complesso degli edifici si è ottenuta elaborandone al computer il rilevamento fotografico.Si é utilizzato lo stesso metodo della piazza Municipio, ma non avendo lo spazio sufficiente per inquadrare tutto l’edificio, abbiamo dovuto spezzare la sequenza con l’inquadramento prima della parte inferiore e poi di quella superiore. Il tutto poi è stato unito, ottenendo la successione delle facciate. In questo secondo rilievo abbiamo incontrato molte difficoltà, prima fra tutte la diversità dell’altezza degli edifici, l’inquadramento non sempre frontale e la differenza nelle strutture delle case. 69 Accanto al rilievo fotografico si è fatta anche un’osservazione degli edifici; in questo caso la scheda riporta i dati e le caratteristiche della casa Turco. La scheda contiene la misura della lunghezza della facciata, la misura di un particolare di essa, il colore, il numero di finestre, il numero di porte e ulteriori elementi. Inoltre è stato realizzato anche uno schizzo dell’edificio trattato. All’interno della corte c’è un rustico che è stato recentemente ristrutturato come abitazione. Rovistando fra le istantanee scattate anni addietro, in occasione di un concorso fotografico qui a Varmo, abbiamo ripescato questo fabbricato, appartenente alla famiglia Turco, prima dell’intervento e così abbiamo potuto fare un confronto con l’attuale. Il rustico di proprietà della famiglia Turco, prima e dopo l’intervento di ristrutturazione 70 Via villa Canciani Canciani Via Villa Canciani inizia con il muro di cinta di villa Ostuzzi. La villa Ostuzzi è l’attuale canonica e sorge accanto alla chiesa plebanale di Varmo. Le caratteristiche della villa sono simili a quelle della casa padronale rurale Ci sono due cortili: la corte e il curtilat. La villa è distribuita su tre piani; sulla facciata sono evidenti delle profilature in pietra alle finestre. C’è poi un lungo muro di cinta, che scorre lungo la strada, che si apre con due alti portoni ad arco prottetti da un tettuccio. Nel XIX secolo c’è stato un ampliamento del corpo gentilizio e l’elevazione della soffitta. La villa originariamente era residenza dei conti Belgrado, successivamente della famiglia Ostuzzi e degli Spangaro e solo negli anni 70 ne è diventata proprietaria la parrocchia. L’annesso fienile, ristrutturato, ora è utilizzato come oratorio. Caseggiato di Via Villa Canciani A fianco della canonica c’è un fabbricato sulla cui facciata d’angolo c’è la Porta ad oriente cioè la Janua ad orientem versa, intatta fino agli anni 50. All’interno di questo rudere, un tempo si apriva una strada che attraversava tutto l’antico borgo di Varmo e che probabilmente portava ad un punto della Via Canciani. Attualmente non ci sono tracce che confermino l’esistenza di questa strada perché sono stati costruiti dei fabbricati che hanno cancellato tutto. Nel cortile interno a questa porta, un tempo si svolgeva la povera attività di alcuni 71 artigiani. LA LOGGIA DELLE MERCANZIE E’ un fabbricato basso all’interno della porta ad oriente e si affaccia sulla roggia Pedrade. Al piano terra sono evidenti i segni di un loggiato ad archi , entro il quale, probabilmente in epoca rinascimentale, si svolgevano attività artigianali E’ certamente una delle più vecchie case di Varmo. 72 VIA LATISANA Via Latisana, dal punto di vista topografico, è formata da due strade ben distinte fra loro, che sono però associate nella toponomastica del paese. Il troncone nord è la parte più antica e comprende le case che hanno formato il borgo primitivo di Varmo mentre il braccio Sud è stato urbanizzato solo ai primi anni del nostro secolo,come pure le adiacenti Via S.Rocco e la via Rivignano. Il braccio nord della Via ha la caratteristica presenza delle case poste solo sul lato di sinistra, nella tipica forma a schiera Fra esse merita particolare attenzione Via Latisana , nel 1940 si chiamava via la casa di epoca rinascimentale di Italo Balbo Teghil Oliviero, che rappresenta un esempio significativo per il patrimonio ambientale locale. Sulla facciata rivolta verso la strada si stacca una nicchia racchiusa da una cornice in rilievo e riportante al suo interno un affresco mal conservato e raffigurante una Madonna con bambino. La ricerca sui proprietari delle case di Varmo, al censimento napoleonico del 1810 ci dice che la casa apparteneva alla famiglia De Simon, che Madonna con bambino possedeva gran sulla facciata della casa parte delle Teghil abitazioni affacciate su questa via. Casa Teghil 73 Nella parte sud, casa Gover ha un caratteristico muro della facciata eretto con ciottoli di fiume spaccati, listati con cocci di tegole e file di mattoni. Sul lato opposto della strada, si staglia la “villa del medico”, una delle poche costruzioni in stile liberty del comprensorio, caratterizzata da varie cornici, marcapiani, archi e trifore. Nell’ interno si conserva ancora un soffitto affrescato, raffigurante un’enfasi floreale. Infine, sempre in questa strada, la villa Di Gaspero Rizzi, in mattoni rossi, è un tipico esempio di architettura borghese del primo novecento. Nella piazzetta della pesa pubblica, che divide i due tronconi della via Latisana, si erge una vecchia ancona che in realtà rappresenta un antico oratorio sabbatico campestre. Al suo interno si conservano dei lacerti pittorici del quindicesimo secolo che si possono avvicinare allo stile dei Thanner. Claudia , Giada F. e Giada S. , assieme alla professoressa di matematica, allestiscono i cartelloni che illustrano il lavoro del plastico. 74 Dal rilievo fotografico al plastico plastico Una volta rilevate le vie principali del nucleo storico di Varmo si è passati a all’esecuzione pratica del plastico, utilizzando il polistirolo, per formare i cubetti dei fabbricati. Pian piano il borgo prende forma…. Marco,Rudi,Desirèe e Marina rifiniscono i blocchetti di polistirolo che Alberto ha tagliato grossolanamente, mentre Kevin e Giacomo ritagliano i pezzetti di cartone che servono per la costruzione dei tetti. 75 Giacomo dipinge i tetti con colori a tempera, Massimiliano incolla Municipio è quasi completa. …. le parti . 76 Sul fondo si staglia il campanile, dietro la chiesa, a sinistra i palazzi dei conti di Varmo di Sopra e di fronte a questi il Municipio. 77 Via Tagliamento 78 79 Nello stesso tempo il gruppo di seconda A ha realizzato alcuni edifici della piazza in scala diversa: il municipio, la chiesa e il campanile. Pierpaolo ci spiega le varie fasi dell’allestimento: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. abbiamo abbiamo ci siamo abbiamo abbiamo abbiamo abbiamo abbiamo abbiamo fotografato due facciate della chiesa, del campanile e del municipio trovato le proporzioni procurati il polistirolo e l’abbiamo tagliato nella giusta grandezza usato del cartone per fare il tetto degli edifici rivestito il polistirolo con carta da giornale incollato la carta da giornale con la vinavil aspettato che il tutto si asciugasse dipinto il tetto e le varie facciate degli edifici aspettato che il colore si asciugasse e cosĺ abbiamo finito il plastico I risultati del nostro lavoro: Giada F., Giada D. e Claudia ascoltano attentamente gli utili suggerimenti dell’insegnante di Educazione Artistica che ha curato la realizzazione del plastico. 80 La facciata laterale della chiesa che dà su via Tagliamento;, dietro: il campanile che ricalca la forma del campanile di S. Marco a Venezia. 81 82