SOMMARIO
I paesi del nostro comune
In giro per Varmo
Il municipio e gli uffici municipali
La chiesa
Il borgo di Varmo dalle origini ad oggi
Itinerario architettonico nel borgo di Varmo
Ville e case padronali a Varmo
Case rurali
Il plastico del borgo
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I PAESI
Il comune di Varmo è costituito dal capoluogo e dalle frazioni: Gradiscutta, Canussio,
Belgrado, Romans, Roveredo, Santa Marizza, Madrisio, Santa Marizutta
e
Cornazzai.
Gradiscutta, deriva dal nome di origine slava “Gradisce” che
significa luogo fortificato ,o castello. Il termine corretto è “Piccolo
luogo fortificato” come troviamo nei documenti a partire dal 1289.
Nel 1533 è diventato “Gradisca di Belgrado”; nel 1710 viene
ufficialmente chiamata “Gradiscutta Imperiale”, nome utilizzato fino
alla fine del 1700 , inizio del 1800 . Poi la località prende il nome di
“Gradiscutta”, in friulano
“Gardisciute” o “Gridisciute”.
Gradiscutta
era
una
giurisdizione
imperiale.
Esistevano case fortificate
con torri difensive.
Una abitazione del
passato
Il mulino sul Varmo
Belgrado da “Bel = bianco” e da “Grad
= castello”
dall’omonima capitale della Jugoslavia, è un toponimo di
origine slava. Il castello di Belgrado era feudo dei conti di
Gorizia, ma nel 1468 divenne proprietà della contessa
Caterina di Cilli. Nel 1515 il castello divenne proprietà di
Girolamo Savorgnan. L’attuale torre campanaria è il resto di
una
costruzione
castellana.
Il castello di Belgrado
Belgrado
è
posto tra due corsi d’acqua, la roggia di
Belgrado e il Varmo. Belgrado anticamente
era detto “Belgrado dei 7 castelli”.
Confrontando la mappa del 1766 con quella
del 1831 possiamo osservare che la frazione
conserva l’assetto viario del XVII sec. Reperti bronzei preistorici rinvenuti a Belgrado
L’abitato si dispone su una strada principale che lo attraversa secondo un andamento
sinuoso. Recentemente nuovi insediamenti residenziali sono sorti a ovest sino ad
urbanizzare l’intero territorio che divide Belgrado da Straccis.
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Romans deriva dal nome latino “Romanus” e significa “Discendente
dai Romani”. Il toponimo designa un centro abitato dai Latini Friulani ,
in opposizione agli insediamenti popolati da famiglie slave, dopo le
incursioni ungare. Gli abitanti dalla frazione usano ancora oggi
arbitrariamente la “z” al posto della “s”. Romans è la seconda frazione
del comune per numero di
abitanti. Fino al 1275 Romans
appare sotto la giurisdizione di
Varmo e così rimane fino alla
metà del 1700. Romans era
una
comunità
rurale;
probabilmente si trattava di Il castello di Sterpo
una zona fortificata, collegata
con il castello di Sterpo. La popolazione ha avuto una sua spiccata individualità. Oggi
l’insediamento abitativo si è esteso grazie ad un’economia agricola e artigianale
abbastanza fiorente.
Roveredo deriva il suo nome dal latino “roboreto=querceto”, questo
indica che all’inizio Roveredo era circondato da querce. Roverdo.
Nel 1350, è documentato con il nome di “in villis de Romans et
Roverito”, poiché nelle visite pastorali la frazione veniva chiamata
Rovereto, mentre nella descrizione del Vicariato la frazione è detta
Roveredo. In friulano si denomina “Lavoret”. Roveredo è la terza
frazione del comune. L’economia è agricola, ma ci sono anche
attività artigianali e commerciali. Lo sviluppo urbanistico si svolge
lungo via Belvedere e va verso Romans. Un primo insediamento
divise il paese in due settori staccati; nel 1600 si è formata l’attuale
via Borgo.
Chiesa cinquecentesca
Canussio deriva dal latino “Canna” con il suffisso friulano – us poiché
dove ora sorge il paese, un tempo c’erano canneti. Il nome è forse ha
attinenza con la famiglia dei Canussi originari di Oblizza. Molto
probabilmente i signori avevano nella frazione un loro immobile e magari
un castello. Canussio è a ridosso dell’argine del fiume Tagliamento.
L’economia è legata all’agricoltura. La chiesetta del 1500 è stata
demolita da pochi anni. Canussio al cadere della
repubblica veneta, era una comunità rurale. Nella Stemma degli Ungrispach di Cormons
frazione, anticamente, sorgeva un castello
appartenente agli Ungrispach, dai quali è disceso il ramo dei conti di Madrisio.
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Il toponimo di Madrisio deriva dal latino “Mater”, madre. Nel
1390 i nobili Ungrispach detengono il solo
cognome
Madrisio.
La
zona
era
caratterizzata dalla presenza di alberi da
frutto. Madrisio è a ridosso dell’argine,
lungo i fiumi Varmo e Tagliamento. Prima
dell’alluvione del 1492 Madrisio aveva
circa 1000 abitanti. Nel 1596 un'altra
alluvione distrusse interamente l’abitato e
ulteriori danni furono causati nelle alluvioni
successive. Le case sono disposte
lateralmente all’unica via che presenta
Stemma dei conti di Madrisio
Il portale della chiesa
strutture architettoniche tipiche.
Cornazzai deriva dal latino “cornus” = corniolo, letteralmente
significa che la zona era caratterizzata dalla presenza di alberi da
frutto.
S. Marizzutta, piccolo borgo a ridosso del paese di Corazzai, è di
origine slava, denominata “S. Marizza in fiore “ o di “sotto” per
distinguerla da S. Marizza.
Uno scorcio del piccolo borgo
Varmo veniva chiamata “villa di Varmo” il cui significato era
“paese dei conti di Varmo” e con questo nome fu chiamato
fino all’inizio del 1800. In friulano si dice “Vil di Var”. Varmo,
sede del Municipio, è ubicata
nel centro del territorio comunale ed è posta a breve distanza
dal fiume Tagliamento. Ha tracce di insediamenti del
1500, e di questo periodo ci sono anche alcuni
documenti di archivio, ma la parrocchia risale Ciro di Varmo -Pers
all’anno 1000. La forma urbana fu modificata nel
1600-1700 e dopo l’alluvione del 1596, che
distrusse i due castelli.
Ultimamente il paese si è ampliato poiché si è sviluppata una struttura residenzialepadronale di nuova architettura.
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S. Marizza appartiene all’insieme dei paesi ripopolati da coloni
slavi dopo le distruzioni e le devastazioni perpetrate dagli
Ungari. In origine il paese era denominato S. Maria di Sopra,
come appare dai documenti d’archivio parrocchiale. Il centro
storico era delimitato dalla roggia che isolava il paese in un
agglomerato rurale chiuso. In età medioevale apparteneva alla
giurisdizione dei conti di Varmo
Nella chiesetta dell’Assunta, risalente al quindicesimo secolo,
sono conservati gli affreschi di G. Paolo Thanner, artista minore
rinascimentale. Altro elemento caratteristico del piccolo borgo è
la bella villa di proprietà del noto scrittore Elio Bartolin detta il
“Palassàt”, risalente al XVII secolo.
Uno degli affreschi del Thanner,
all’interno della chiesa
5
IN GIRO PER VARMO
Muniti di matita e blocnotes, siamo andati ad
esplorare il territorio
urbano circostante alla
scuola media.
Abbiamo ricostruito la
mappa dell’abitato di
Varmo, il borgo vecchio
e il centro del paese,
individuando
alcuni
punti
di
riferimento
personale.
Abbiamo scoperto che i
nostri
punti
di
riferimento sono molto
simili a quelli che
venivano utilizzati per
redigere le carte del
1500.
Fig.1 Mappa del borgo di Varmo realizzata da Giada Frappa
Fig.2 Mappa dei vari percorsi del Tagliamento dal 1400 al 1700
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In quell’epoca non avevano strumenti per il rilievo topografico del
territorio e le carte venivano riprodotte con l’osservazione diretta sul
posto. I risultati erano molto approssimati.
Fig. 4 Mappa seicentesca di Sterpo
Il disegno è realizzato dal conte Vettore
Savorgnan di Belgrado
Fig. 5 Carta del Friuli del 1600 realizzata
da Vincenzo Coronelli, Cosmografo
Ufficiale della Serenissima
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Ora invece si utilizzano carte molto precise sulle quali sono riportati i
riferimenti convenzionali che servono per orientarci sul territorio.
Fig. 6 Carta al 5000 del Comune di Varmo. . L’abitato è riprodotto con estrema precisione, così
come la campagna circostante e la rete idrografica naturale e artificiale
Sono queste ultime che ci servono per lo studio del nostro territorio,
ma prima di utilizzarle abbiamo imparato a conoscerle.
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Dalle carte abbiamo imparato ad usare i segni convenzionali che ci
indicavano le caratteristiche essenziali del territorio di studio e che ci
sono serviti anche per inquadrare il nostro comune, utilizzando anche la
lingua francese.
Nord
Udine
Ovest
Est
Codroipo
Pordenone
Linea delle risorgive
Varmo
Latisana
Sud
Il comune di Varmo è situato nel settore meridionale della regione Friuli Venezia Giulia, nella Bassa
Pianura friulana, a sud della linea delle risorgive. Si trova sulla direttrice Codroipo Latisana, a circa
metà percorso, pressoché equidistante da Udine e Pordenone, situati rispettivamente a nord est e
nord ovest rispetto al comune.
Varmo est au Frioul, dans la partie sud occidentale; et plus précisément,dans la zone dite “la bassa friulana”.
Varmo est donc à mi-chemin, entre “Codroipo” et “Latisana”.La commune de Varmo se trouve dans la “bassa friulana”,plongée
dans la plaine dite “Padana”.
Près du village, dans la partie orientale, passe le fleuve “Tagliamento”.
L’agglomération de Varmo se trouve au sud de Codroipo.
Par rapport à Udine, Varmo se trouve plus au nord-ouest.À l’occident de Varmo, il y a “Pordenone” et au sud, “Latisana”.
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Nelle successive uscite in paese abbiamo fotografato alcune belle
abitazioni e particolari caratteristiche architettoniche del borgo.
Foto 1 -Villa Di Gaspero Rizzi
Foto 2 Particolare della barchessa della villa
Foto 3. Villa dei conti di Varmo di Sopra
Foto 4 Municipio
Foto 5 Villa Canciani Florio (ex Co. Varmo di
Sotto)
Foto 6 Casa Turco
Foto 7 Portone a sud ovest di casa Piacentini
Foto 8 Vecchia casa forse seicentesca
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Foto 9 Campanile
Foto 10 Particolare della villa dei co. di Varmo
di Sopra
Sulla piazza centrale del nostro paese si affacciano il Municipio e la
Chiesa .
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IL MUNICIPIO E GLI UFFICI MUNICIPALI
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Il calendario delle nostre
uscite
didattiche sul territorio prevede la visita
agli uffici municipali,e, in particolare,
all’ anagrafe che accoglie e certifica
tutti gli atti più importanti della nostra
vita.
Franco Gover
ci presenta
l’organizzazione degli uffici : anagrafe
e ufficio tecnico al pianoterra, uffici
amministrativi, di segreteria e del
sindaco, al primo piano, e sala
consiliare al secondo piano. L’archivio,
ci spiega, è diviso in corrente e storico; quello corrente non è accessibile al pubblico
e contiene atti, comunicati e disposizioni che fanno parte della vita di ogni persona,
l’altro, invece, contiene atti che hanno più di 50 anni di archiviazione ed è accessibile
al pubblico.
Da qualche tempo l’anagrafe è cambiata : tutte le certificazioni sono registrate al
computer e l’attestato di nascita ora rilasciato dall’ospedale, viene protocollato ed
inserito nell’archivio del comune di residenza, mentre fino a tre anni fa, l’atto
veniva registrato nel comune
di
nascita.
L'ufficio tecnico, che per motivi di
tempo non abbiamo potuto visitare,
serve per
l’approvazione degli
interventi di edilizia
pubblica e
privata del territorio : se una persona,
ad esempio, desidera ampliare la
propria abitazione presenta il suo
progetto all’ufficio tecnico, che
concede o meno di fabbricare, mediante una apposita commissione che si riunisce
ogni qualvolta ci sia necessità.
Al primo piano del municipio, come abbiamo detto, ci sono gli uffici della
ragioneria, della segreteria e del sindaco.
La ragioneria si occupa della gestione del
bilancio comunale, mentre la segreteria e
l’ufficio del sindaco, con a capo
rispettivamente il segretario comunale e
il sindaco stesso, dirigono tutti gli uffici e
gli atti che vengono svolti in comune.
Per deliberare, il sindaco, il segretario e
la giunta, composta dagli assessori, si
riuniscono in una sala apposita sempre
al primo piano.
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Tutto il consiglio si riunisce invece nella sala consigliare, al secondo piano, dove un
settore separato accoglie i documenti dell’archivio e i cartolari che li contengono.
Questi sono divisi per ordine di materia in 15 categorie per decisione unificata dalla
formazione del Regno d’Italia ad oggi.
La prima categoria comprende gli atti relativi a giunta, sindaco, commissione,
concorsi ; la seconda si occupa di assistenza, opere di beneficienza e lotterie.
La terza categoria raccoglie tutto
ciò che riguarda la materia di
vigilanza e polizia, cioè atti di
ordinanza del sindaco per
viabilità,
multe,
verbali,
contestazioni.
La quarta si occupa di problemi
sanitari, quindi ordinanza in
materia
di sanità e verbali
dell’assessorato alla sanità, ma
anche di problemi con medici,
veterinari e altri operatori in campo sanitario. La quinta categoria riguarda le finanze
e comprende tutti gli atti dell’ufficio di ragioneria, tasse, pratiche di mutui, di
proventi, di entrate, di spese gestionali del municipio, delle scuole, delle strade e
dell’ufficio personale.
La sesta categoria è legata ai problemi di
natura elettorale e raccoglie i documenti
relativi alle liste elettorali, di coloro che
sono cancellati dalle liste di leva per
motivi di residenza o perché cancellati
dal tribunale.
Questo può interdire la lista elettorale
per cinque anni a chi è stato soggetto al
fallimento o chi si è macchiato di un
qualsiasi delitto o chi è residente
all’estero ed è iscritto al registro
dell’AIRE. Qualsiasi reato è trascritto
nel casellario giudiziale di Udine.
La settima categoria comprende gli atti giudiziari e di culto, i primi legati all’ufficio
del giudice di pace che risolve le piccole controversie giudiziarie, i secondi sono
invece legati a particolari problemi religiosi o disposizioni legislative o
comunicazioni della curia. La cattolica non è più religione di stato, ma c’è comunque
un rispetto particolare dello stato verso la religione che è più praticata in Italia.
In periodo fascista in questa categoria rientrava un registro particolare dove venivano
inseriti i nominativi degli ebrei residenti nel nostro comune.
L’ottava categoria riguarda la leva militare e raccoglie tutte le liste di leva dal periodo
post napoleonico ad oggi ; ci sono circolari dei distretti militari, il carteggio dei morti
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in guerra (187 solo a Varmo)e gli atti connessi ai fatti di guerra e ai danni, ad
esempio tutto il carteggio che riguarda la ricostruzione delle campane nel 1919.
La nona categoria si divide in due parti : una raccoglie tutti gli atti della scuola come
edificio e come istituzione e comprende fra l’altro gli elenchi degli scolari, gli atti
della direzione didattica e i finanziamenti che vengono erogati in base al numero
degli scolari. L’altra comprende le attività culturali, quindi il funzionamento della
biblioteca e le manifestazioni culturali.
La decima categoria si occupa di edilizia pubblica e privata, la prima è destinata a
strade, illuminazioni, ponti, sede del municipio, la seconda a ristrutturazione di case,
nuove edificazioni ecc . Vi rientrano anche danni da alluvioni o da altre catastofi
naturali.
L’undicesima categoria si rivolge all’artigianato e al commercio e comprende attivittà
commerciali come negozi, bar, botteghe artigiane e attività produttive in genere.
La dodicesima categoria accoglie tutti gli atti dei cittadini dalla nascita alla morte e i
dati dei censimenti decennali della popolazione.
La tredicesima categoria comprende molteplici atti e riguarda i rapporti con stanieri o
con l’estero.
Riguarda inoltre il rilascio dei passsaporti, carte d’identità dei cittadini italiani.
In questa categoria sono contenuti anche un dossier degli immigrati (120 con
permessi regolari e 50 irregolari ) ;l’anagrafe stranieri che stabilisce che nel caso
nasca un maschio prende la nazionalità del padre mentre se nasce femmina si sceglie.
Per le contestazioni i genitori si devono rivolgere alla questura.
Se una persona appartiene ad un paese dove si possono avere più mogli qui in italia
non è ammesso.
Il matrimonio si può svolgere in comune o in chiesa ; il matrimonio religioso vale
anche per quello civile.
La quattordicesima categoria riguarda atti di varia natura.
La quindicesima categoria riguarda la pubblica sicurezza : incidenti stradali, pericolo
di infarti sul lavoro, circolo delle questure e delle prefetture, vigili del fuoco e
protezione civile.
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L’armadio
che
accoglie
l’archivio
dell’anagrafe è stato utilizzato fino
all’avvento del computer, quando i
documenti cartacei sono stati sostituiti dalla
memoria di un “ hard- disk”.
A sua volta l’armadio è entrato in uso
quando sono aumentati i documenti a
carico dell’anagrafe e non si potevano più
raccogliere nei libroni che fanno parte
dell’archivio più antico.
Si trova nel Municipio, in un piccolo ufficio
dove spicca per le sue particolarità, rispetto
ai più moderni accessori.
È
formato da una serie di cassettini
all’interno dei quali ci sono gli schedari
delle persone che abitano nel comune.
Questi riportano gli atti essenziali della vita
negli anni del dopoguerra fino a quando
l’anagrafe è stata modernizzata e sono
importanti perché possono fornire preziose
informazioni sul passato più recente.
I cassettini possono essere appoggiati su
mensole che escono dall’armadio.
Sotto ci sono cassetti più lunghi che
contengono documenti formati da fogli più
grandi.
Questo armadio in un certo senso ha precorso i tempi perché ha una saracinesca di legno
che nasconde completamente l’interno, nel rispetto più completo della “privacy”dei
cittadini.
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La chiesa è posta nel nodo urbano centrale di
Varmo, con la facciata a est, rivolta verso Piazza
Municipio e via Roma. E’
una
grande
e
massiccia costruzione, composta da una sola
navata alla quale è addossata una lunga
sacrestia ; dietro l’abside, si erge la vecchia
mole del campanile che domina il paese e la
zona circostante.
La facciata della chiesa
Origini
L’edificio è una pieve, cioè una chiesa madre e
risale al XV secolo, ma la parrocchia è ritenuta più
antica; alcuni storici fanno risalire l’origine all’anno
1000.
E’ stata modificata nel 1800; infatti l’antica chiesa
aveva la facciata rovesciata rispetto a quella
attuale
perché
seguiva l’orientamento
delle
antiche chiese. Anche l’interno era più basso ed
aveva un tetto a capriate, il presbiterio era
poligonale.
Il presbitero è stato costruito sul luogo della
Il campanile
vecchia piazzetta, antistante il campanile.
La chiesa primitiva portava il titolo di S. Giacomo,
poi è passata ad assumere il nome di S. Lorenzo Martire
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La
facciata
Nell’edificio sacro, dedicato a S. Lorenzo, è certamente notevole la semplicità della
facciata, che prende a modello le costruzioni dell’architettura greca e romana.
Infatti il progetto iniziale prevedeva un pronao neoclassico a quattro campate
(spazio tra due travi), prendendo a modello edifici e forme dell’antichità. La
facciata però non è stata completata per mancanza di fondi .
Le due statue della facciata
Nel 1948 furono costruite le due nicchie ai lati del portale d’ingresso, che accolgono
le due statue di S. Lorenzo martire e S. Michele Arcangelo, inizialmente situate ai
lati dell’altare centrale all’interno.
La prima a sinistra è San Lorenzo martire con in mano lo strumento di
martirio, aggraziata dagli splendidi pizzi nelle vesti.
A destra è situato Michele Arcangelo al quale hanno tolto le ali e la bilancia in
ferro battuto, per farlo entrare nello spazio della nicchia.
L’interno
L’interno della chiesa di Varmo è in stile
fiorentino perché composto da un insieme
architettonico di forme classiche del terzo
periodo rinascimentale, imbevute di elementi
gotici
ed
ornamentazioni
barocche.
La
costruzione sacra ha un’unica navata, perché
quelle laterali sono state abolite in modo che da
ogni punto si possa vedere il predicatore.
L’ampia volta della navata e del vasto presbiterio
creano un grande vuoto spaziale, ricco di
contrasti.
Le grandi paraste (colonne poco sporgenti) di
ordine toscano, danno animosa vigoria
architettonica.
L’arcone trionfale immette la navata al
complesso presbiterale, composto dal coro e
dall’abside ripetendo il motivo utilizzato dal
Pordenone nella cornice e nelle tele.
L’interno
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Il soffitto della navata è stato dipinto da Fabris di Osoppo e si svolge nell’intero
spazio centrale dividendosi in tre settori: due tondi e uno ovale, al centro.
Nella figura centrale è dipinto San Lorenzo quando stava entrando nel Viminale per
subirvi il martirio, nel tondo verso il coro è raffigurato San Marco, simbolo
dell’amicizia e dell’alleanza del popolo varmese con la Repubblica di Venezia.
Verso l’ingresso principale sono dipinti Ermacora e Fortunato, segno della
sottomissione religiosa dei pievani foranei di Varmo all’arcivescovo di Udine.
Il pavimento, come quello ancora presente nel coro, era in terrazzo veneziano e
venne sostituito con uno nuovo, negli anni ‘40, da Mons. F. Donato.
Egli ordinò il materiale in marmo, perché il pavimento esistente era logorato da
tempo e lo fece posare in opera a scacchiera bianco-rossa, ispirandosi al pavimento
dipinto nella tela centrale del trittico.
L’idea sarebbe stata apprezzabile solo se avesse spostato o comunque recuperato
le numerose lastre tombali delle antiche famiglie nobili varmesi, esistenti nel
vecchio pavimento.
Da pochi anni sono state abbattute le balaustre marmoree e, con questa mancanza,
l’interno esprime tutta la propria spazialità architettonica.
La sacrestia è addossata longitudinalmente alla parete destra della chiesa e si
compone di quattro stanze.
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FONTE BATTESIMALE DI BENEDETTO DEGLI ASTORI
A destra della porta maggiore , è conservato il battistero, un’opera del M.o lapicida
B. Astori , donato nel 1541 alla chiesa di Varmo dai conti di Varmo di sopra e di
Varmo di sotto.
Per quest’opera non c’è alcun documento. Il battistero si completa con il coperchio
di rame , sulla cui sommità si vede una splendida statuetta , raffigurante S. Giovanni
Battista.
ACQUA SANTIERA
L’opera risale al 1500 e di essa non c’è alcuna
documentazione.
Nel 1859 la pila venne divisa in due e queste parti
sono ancora affisse nel muro mentre il fusto e il
basamento sono dispersi.
L’impostazione è una semplice fioritura plastica.
L’ALTARE MAGGIORE
Venne eretto nel 1853; è formato con materiale di riporto e ora l’altare è adornato
della mensa, ai lati su delle colonne si ergono due statue lignee.
Le due statue della seconda metà del 700, sono in legno ed imitano il marmo.
Al centro dell’altare troneggia il ciborio a forma di tempietto, con decorazioni
marmoree.
GLI ALTARI LATERALI
La navata si adorna di due monumentali altari laterali, che si possono definire
“gemelli”, in quanto molto simili, della più raffinata composizione altaristica veneta
della seconda metà del ‘600.
Gli altari si compongono della splendida mensa tipo “sarcofago”, il cui palliotto è
riccamente decorato con testine di cherubini e motivi floreali; in entrambi i
monumenti c’è la Madonna con il Bambino a graffito con il marmo bianco e
madreperla.
L’altare di sinistra ,altare di S. Luigi , è dedicato fin dal 1542 alla B. V. del Rosario,
mentre l’altare di destra è dedicato alla trasfigurazione di N.S.
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IL CONFESSIONALE
Nella parte sinistra della navata sono addossati
due confessionali della stessa fattura ma di età
diversa.
Quello posto verso l’ingresso principale viene
chiamato confessionale vecchio, l’altro è stato
eseguito ai primi del 900.
È una opera di Matteo Deganutti, rinomato
intagliatore e stipettaio cividalese, conosciuto
come: “Brustolòn del Friuli”.
L’ORGANO
Il confessionale
Lo strumento è sistemato sulla cantoria, sopra la porta
maggiore, entro l’artistica composizione lignea degli
Sgobaro (1913),sostenuta da modiglioni e da colonne della sottostante bussola.
In esso appare, oltre alla ricca ornamentazione aurea, un trionfo felicissimo di putti
musicanti ed oranti di fattura molto plastica.
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Il Trittico di Giovanni-Antonio de' Sacchis, detto "il Pordenone" (Pordenone 1483/84Ferrara 1549), è l'opera più
importante
conservata
nella
chiesa parrocchiale di Varmo.
È stato commissionato al
“Pordenone” nel 1502 dai conti
di Varmo di Sopra e pagato per
300 ducati d'oro, come si legge
sul contratto stipulato nel
castello di Varmo.
Inizialmente l'opera era collocata
sulla
mensa
dell'altare
e
occupava tutto il vecchio coro;
ora si trova sopraelevato e posto
dietro all'altar maggiore. La pala
è divisa in tre parti: al centro è
raffigurata la Madonna col
Bambino, con sotto i tre angeli
musicanti.
A sinistra appare San Giacomo
con San Lorenzo martire, nella
parte destra sono raffigurati San
Michele Arcangelo nell’atto di
pesare le anime e scacciare il
demonio, e Sant’Antonio abate
con il maialino. Nei volti dei santi
sono raffigurati i conti di Varmo,
ciò per ribadire al popolo che
essi erano i veri padroni.
Tutta l’opera è incorniciata da una composizione lignea intagliata con elementi
fogliacei dorati, realizzata da Girolamo da Udine; alla base vi sono tre scomparti :
quello centrale, apribile, con raffigurato il Cristo morto e due angeli. Nella parte
sovrastante, fra due volute si trovano l’Angelo Annunciante e la Madonna; sopra vi
è raffigurato Dio Padre, e, fino all’epoca napoleonica si potevano notare gli
stemmi dei conti di Varmo , tolti ,quindi, per rendere l’opera per così dire “più
popolare”.
La composizione è pregevole, anche se ha subito ridipinture, sia per l’uso del colore ,
sia per le immagini che appaiono in prospettiva dando l’illusione di emergere dal fondo.
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La posizione maestosa della Madonna è ripresa nella figura
del San Lorenzo, il cui libro “di taglio” sembra uscire dalla
pala. Si tratta di un effetto ottico. Si intravede, alle spalle di
questi, San Giacomo. L’immagine di San Michele è
dinamica, cioè gli arti superiori e inferiori sembrano in
movimento. È la qualità del colore che colpisce
l’osservatore. Si osserva lo strano accostamento. La fiamma
di Sant’Antonio spicca contro le ali e le brune carni del
demonio. Dallo sfondo si staglia la damascata d’oro del San
Lorenzo, da cui sembra emergere il grande libro verde e i
polsi scuri della veste.
Secondo alcune note di archivio, a parte il ritocco operato dagli austriaci dopo il
terremoto del 1976, l’ultimo restauro vero e proprio della Pala del Pordenone
avvenne nel 1831.
Non vi è infatti altra documentazione, all’infuori delle note riguardanti il lavoro del
1831. Consultando però il “Giornale Parrocchiale” tra il 1877 e il 1939, si ricavano
informazioni sui costi sostenuti per lavori di restauro, che fanno supporre interventi
successivi.
Il 22 giugno 1891 per il “ringiovanimento” della Pala vennero pagate al conte
Giuseppe Umberto Valentinis, che effettuò il lavoro, L. 250; per 6 fotografie della
Pala furono richieste L. 50 e l’acquisto della legna, necessaria per riparare gli
schienali delle cornici, costò L. 19.47; in tutto dunque furono spese L. 320.
Per il restauro, Valentinis usò una tecnica che non faceva uso di pennelli e
nemmeno di colori e si serviva di un balsamo, composto per metà circa di resina e
per l’altra metà di olio essenziale.
Si prendevano delle cassette più o meno grandi di forma rettangolare, alte dieci
centimetri e foderate nel fondo con panno feltrato.
Si inumidiva il panno spruzzandolo con il balsamo, quindi si capovolgeva la
cassetta sul quadro.
Dopo circa mezz’ora, la rigenerazione era avvenuta senza aggiunta di colori.
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I
sette dolori di Maria
Si tratta di un ciclo pittorico costituito da sette
dipinti realizzati da Vincenzo Orelli (un pittore
lombardo del 1700) e risalgono al 1751.
La presentazione al tempio
L’episodio si svolge all’interno del tempio, alla
destra di due larghi gradini dove Simeone tende le
braccia per accogliere il bambino che la Vergine
inginocchiata gli porge.
In questa scena c’è un’atmosfera tra il sacro il
profano
e
i
personaggi
vestono
ricchi
abbigliamenti.
Nel dipinto si raffigura Maria con in
braccio il bambino che lo presenta ai
sacerdoti, dietro ad essa c’è San
Giuseppe con in mano una gabbia di
colombi.
La fuga in Egitto
Questo dipinto appartiene al periodo
giovanile dell’artista.
Qui si raffigura Maria con il bambino
sull’asino cui San Giuseppe sta
guidando il passo sopra una
passerella di legno; fanno da sfondo,
da un lato alcune torri che si vedono
in lontananza, dall’altro una variata
vegetazione arborea
Gesù fra i dottori
L’opera raffigura Gesù fra dei dottori che discutono nel tempio.
L’artista ci dà un particolare: sullo sfondo a destra raffigura Maria e Giuseppe che
assistono alla scena.
25
L’incontro del figlio con la madre
Nel quarto quadro la scena, vede da un lato Cristo
mentre porta la Croce pressato da un gruppo di soldati
con sullo sfondo le insegne dell’aquila romana e
alcune alabarde; dall’altro, la Vergine con le braccia
protese verso il Figlio; alle sue spalle San Giovanni.
All’incontro fatto di sguardi, assistono più lontani
alcuni membri del Sinedrio.
La crocifissione
La pianeta cucita con
intarsi d’oro in occasione del
matrimonio dei conti Florio.
Questo dipinto raffigura da vicino la crocifissione di Gesù con ai suoi piedi Maria la
madre, San Giovanni e Maria Maddalena.
Lo sfondo raffigura una cittadina medievale dalle alte torri che potrebbe identificarsi
con Udine.
La luce si riflette soprattutto sul corpo di Gesù e sui volti delle persone ai suoi piedi.
La pietá
Maria in questo dipinto è disperata per la morte del figlio: tutti i personaggi che la
circondano cercano di consolarla.
La Vergine con lo sguardo rivolto verso l’alto è in posizione centrale della tela,
attorno a lei ci sono le pie donne e San Giovanni.
Dietro come sfondo si intravede la croce insanguinata con appoggiate due scale.
Deposizione nel sepolcro
L’ultimo dei quadri di Lorenzo Orelli rappresenta la sepoltura di Gesù nel sepolcro.
Il centro di attenzione è Gesù e le persone che lo attorniano stanno piangendo:
molto bello è il gruppo delle tre “Marie” situate sulla destra.
Trasfigurazione
26
Il dipinto è datato nel 1584.
La tela venne commissionata al pittore udinese Francesco Floreani, della
“Veneranda fabriceria di S. Lorenzo martire”.
Nella smarginatura centrale del dipinto si leggono
i nomi dei committenti: “Zvanne de Pavlo, Mvsilet
et Odorigo Rafin Camerari agnolo Mathion
Gastaldo”. Segue la firma del pittore: Franciscvs
Floreani Vtinensis, “1584”.
In questo dipinto c’è la figura di Cristo avvolto in
un lenzuolo bianco che emana tutta la forza
luminosa della scena.
Il pittore porta in primo piano la concitatissima
azione di tutti i soggetti, articolandoli in diversi
orientamenti, colpendoli con varie
luci sugli abiti dai colori clamorosi, tutti però sullo
stesso tono.
I tre apostoli, collocati nella parte inferiore del
dipinto, sono l’unico elemento stabile della
raffigurazione.
La solennità di questi personaggi pare alludere
all’eroica lotta dell’uomo per il conseguimento di
una piena libertà. Fino al 1907, la tela fungeva da
pala nell’altare dell’Immacolata.
Ora il dipinto è appeso all’ingresso destro della chiesa
Madonna con bambino
Il dipinto, realizzato da Pomponio Amalteo, è
collocato nel lato sinistro della navata.
Le figure della tela sono disposte a piramide,
secondo la tipica concezione rinascimentale.
Al vertice troneggia la Madonna col bambino;
alla base del trono, si legge la data di
esecuzione: << MDXLII >> (1542). In alto, sono
raffigurati due tipici angeli reggi-drappo, mentre
ai lati sono ritratti i santi Gregorio XIII, Giovanni
evangelista, Giuseppe, Stefano.
Ai piedi del trono, dietro ai santi che, in
proporzione, sembrano giganteschi, si notano
sei piccole persone in atto di preghiera. Si tratta
dei donatori, appartenenti alla confraternita di
Villa di Varmo. Gli studiosi sostengono che la
figura di sinistra, quella più avanzata, sia
l’autoritratto del pittore.
Le teste dei santi sono disegnate in maniera
diligente.
Si notano molte reintegrazioni, specialmente
nelle vesti della Madonna.
27
Da due articoli pubblicati su “La vaga riviera” ricaviamo informazioni sui lavori di
ristrutturazione della chiesa di Varmo.
Il lavoro costò molti soldi. Il parroco Giovanni Tel di Bicinicco aveva preventivato la
spesa di 12.000 lire austriache.
Fino al 1866, infatti, il comune di Varmo era sotto l’Austria.
Con una lira austriaca si pagava una giornata lavorativa di un manovale e con una
lira e mezza un muratore.
Le ore di lavoro, ogni giorno, erano dieci.
Il parroco Tel aveva previsto di spendere 12.000 lire, ma poi ne dovette sborsare
24.000 per il lavoro complessivo!
Le voci di spesa riguardavano l’acquisto del materiale e la paga dei lavoratori.
Il materiale usato era costituito da legname per l’armatura della Chiesa e da coppi di
mattoni, che venivano trasportati con carri e barche.
Un murero, cioè un muratore, riceveva 17.75 lire austriache, oppure poteva essere
ricompensato con sorgoturgo (granoturco), anziché con denaro.
Per le famiglie dell’epoca, per le quali la polenta era il cibo base, il granoturco fu
spesso la moneta di paga.
Nel 1857 fu avviata la seconda fase dei lavori e dal registro “di fabbrica” si scopre
che il capo mastro era di Gradiscutta ( Macoratti). Questi lavori erano i seguenti:
trasporto dell’altare maggiore dal vecchio al nuovo coro; costruzione della facciata
dalle fondamenta; rialzo del vecchio fabbricato di metri 4.50; costruzione di 12
colonne; due nicchie per collocare i due altari laterali.
Dal registro si legge che la somma totale per i lavori sopra indicati ammontavano a
lire austriache 8982.63.
Bibliografia:
Gover F., La chiesa di Varmo e le sue opere d’arte, Tipo Sanvitese Elleroni, 1978.
“Una Vaga Riviera la quale chiamano il Varmo”, n. 6, n. 7-8 1983.
28
Come tutti i cimiteri d’Europa fino al tempo di Napoleone, anche quello di Varmo era
situato attorno alla chiesa parrocchiale.
Quella posizione era comoda
perché permetteva ai fedeli di
entrare in cimitero, uscendo
direttamente dalla chiesa.
Una legge napoleonica impose
di seppellire i morti fuori dal
centro abitato. Pochi paesi si
salvarono da questa norma,
come ad esempio Camino al
Tagliamento, dove il cimitero è
ancora vicino alla chiesa.
Il comune di Varmo, invece, si
adeguò a questa disposizione e
decise di spostare il cimitero
lontano dalla chiesa, nella sede
attuale.
Leggendo il catasto napoleonico, si vede chiaramente che il vecchio cimitero si
trovava tra il campanile e la parete di fondo della precedente chiesa parrocchiale. In
pratica, il vecchio cimitero occupava il posto in cui ora si trova il coro della chiesa.
In più, attorno al precedente cimitero si estendeva una parte di terreno, come si
deduce dalla pianta qui a fianco riportata.
Bibliografia: “Una Vaga Riviera”, n. 11, (novembre), 1982, pagg. 50-51
29
Il giorno di San Lorenzo, il 10 agosto, è l’anniversario della costruzione del nostro
maestoso campanile. La Pieve di Varmo non volle mai essere seconda a nessuno
per quanto riguarda le strutture del culto e dell’arte.
Anzitutto non esisteva l’attuale coro e la stessa chiesa era di ben quattro metri e
mezzo più bassa di quella odierna. La chiesa aveva la stessa altezza dell’ex fienile ,
trasformato ora in sala parrocchiale.
In fatto di campanili, forse non ce n’è altri più vecchi, ad eccezione di quello di
Codroipo, che avrà senza dubbio stimolato i
varmesi a non essere da meno. E’ da ricordare
che stiamo parlando di campanili a fusto, non a
vela, come lo sono tutti i campanili delle chiese
nei nostri cimiteri.
Inoltre, il campanile di Varmo non è mai stato
una torre di guardia, cioè una costruzione per
scopo di difesa contro gli attacchi esterni,
come invece quello di Belgrado.
A Varmo, le due torri di vedetta erano già nei
due castelli, distrutti dalle acque del
Tagliamento. Il paese non aveva bisogno di
altre fortificazioni. Comunque siamo sicuri che
l’odierno campanile ha le fondamenta fatte
appositamente per un’altissima costruzione di
uso religioso.
Bibliografia: “Una vaga riviera la quale chiamano il Varmo”, n. 56, maggio-giugno 1984, pagg. 20-21.
30
Durante le nostre escursioni in centro paese abbiamo scoperto che
Varmo è ricco di storia. Le case, le ville, le vie, la struttura del centro
abitato ci raccontano l’evoluzione del borgo.
IL BORGO DI VARMO DALLE ORIGINI
AD OGGI
31
IL
Reperti bronzei preistorici nella
braida di S. Gottardo a Belgrado
(1876)
nostro borgo ha origini antiche, ma
poco si sa dei primi insediamenti
protostorici che si sono sviluppati in
questa parte della bassa pianura
friulana
occidentale.
I
reperti
archeologici rinvenuti nella zona di
Belgrado e Gradiscutta
rivelano
presenze neolitiche probabilmente
in prossimità dei corsi d’acqua, di
cui la nostra zona è particolarmente
ricca.
Il tipo di abitazione comune si rifà
alla capanna neolitica, con tetto
spiovente in paglia, formata da un
ambiente
unico,
di
forma
rettangolare e pareti lignee, o
intessute con vegetali e terra,
simile al casone ancora esistente
nella zona lagunare
Questa abitazione essenziale di
forma quadrangolare semplice
Capanna neolitica
rimane fino al sedicesimo secolo,
variando solo per l’aggiunta di
una stalla all’edificio originario.
Casoni nella zona lagunare
32
IN
epoca
romana
l’insediamento segue e riprende
le stesse caratteristiche
di
crescita
di un qualsiasi
villaggio rurale germanico o
slavo: dapprima le abitazioni si
dispongono lungo il fronte
strada o lo slargo, solcato da
canali di scolo, roje, che il più
delle volte conferiscono al
villaggio
un
andamento
sinuoso, poi le abitazioni
vengono costruite in linea con
la
divisione
dei
fondi, Villaggio di tipo agglomerato centrale
perpendicolari
rispetto
al
percorso stradale. Il modello prevalente nella Bassa sembra il
lungostrada o Strassendorf, ma Varmo, in particolare, assomma anche
il tipo agglomerato circolare, contraddistinto dal richiudersi delle strade
in anelli, caratteristico delle zone di risorgiva, per la presenza di anse
fluviali, rogge e canalicoli. La colonizzazione romana
nella nostra zona è senz’altro limitata dalla presenza
massiccia di acque, acquitrini e
foreste che richiedono, per la
loro conversione all’agricoltura,
lunghi lavori di bonifica protratti
per diverse generazioni. Tuttavia
al momento della costruzione
della via Postumia, nel 148 a.C, la
centuriazione aquileiese sembra
essersi spinta anche ai terreni posti tra la linea delle
risorgive e l’entroterra lagunare per una superficie di
600-700 kmq su un totale di 2000 Kmq.
Ricordiamo che l’agro centuriato di Aquileia è
diviso in centurie di 710 metri di lato per una
superficie
di
504.000
metri
quadrati,
corrispondenti a 200 iugeri. La centuria produce
il podere: ogni centuria è divisa in quattro parti,
ciascuna delle quali rappresenta appunto un
podere.
In epoca medioevale il
maso
corrisponde al podere romano ed è diviso in 24
campi grandi, di 5250 mq. E’ durante il periodo
33
longobardo che al cjamp grant furlan
viene prelevato un terzo della
superficie, originando così il cjamp
piçul furlan con i due terzi rimanenti
di 3.500 mq. Della centuriazione
nella nostra zona non c’è traccia,
ma, testimonianze della presenza
romana sono la frazione Romans e
la via Crescentia che attraversa il
territorio comunale ed univa il porto
di Latisana a Codroipo. Oltre
all’insediamento abitativo dei coloni,
sul territorio, si diffonde anche la
villa rustica romana, formata da una
struttura semplice che si chiude intorno ad una corte, modello ripreso
in epoca medioevale, con la corte rurale friulana.
L’abitato in cui risiedono i coloni sfrutta lo slargo come luogo
comunitario, forse per
l’allevamento
collettivo
del bestiame ed è aperto
alla
campagna
circostante alla quale si
accede attraverso gli orti
che rappresentano un
elemento
importante
nell’economia della vita
contadina.
Nel secolo VIII, durante il
periodo
longobardo,
Varmo e Belgrado sono
segnati sulla carta come borghi di una certa rilevanza, mentre non
appaiono paesi grossi come Latisana e Codroipo.
34
Nel
periodo
compreso
fra
il
quattrocento e la fine del seicento il
borgo
si modifica raddoppiandosi in
lunghezza e si articola in forme a “Y” e
“C”, sempre mantenendo il frontestrada di
tipo Strassendorf, con le varianti
agglomerato e cruciforme (ad esempio
Codroipo). La coltivazione, da comunitaria
Frontestrada di tipoStrassendorf a “Y”
passa a individuale famigliare e si
organizza in casa, corte ed orto.
L’abitazione si innalza a due piani
e include una stalla e un fienile.
L’influsso della Repubblica Veneta
produce
alcune
modifiche
nell’architettura e nei materiali di
costruzione: dal tetto in paglia si
passa a quello in tegole e viene
introdotto il camino, con creazione Stalla e fienile a Cornazzai
dello spazio fogolâr, tante volte
sporgente dalla casa, come nel casolare veneto.
Casa Venuti, a Varmo, con fogolar
sporgente
Anche sul frontestrada ci sono
novità di rilievo: la chiusura verso
la strada con la costruzione di muri
e portoni e a volte con la
restrizione dello slargo. Anche gli
orti vengono cintati con muretti o
steccati di legno. I nuovi materiali
di costruzione sono pietrame e
laterizio.
Dal sedicesimo secolo in poi, alla
struttura antica dei villaggi si
sovrappone la corte friulana con
abitazione e rustici, si diffondono
palazzi padronali, chiese e cimiteri.
Il tessuto urbano s’infittisce perché
cambiano le condizioni di vita,
soprattutto le attività delle famiglie
35
che da esclusivamente agricole, con l’avvento della rivoluzione
industriale, passano gradualmente
ad artigianali e commerciali. Le
testimonianze di questa nuova
situazione si rinvengono anche a
Varmo, nel borgo storico, cui si
accede attraverso la
cosiddetta
Janua ad orientem versa, meglio
conosciuta come Arc dai faris.
La loggia delle mercanzie
L’arc dai fâris
Un cortile a Romans
All’interno si sviluppano modeste
abitazioni dove si svolgono attività
artigianali e commerciali, accanto
alle storiche case dei nobili, e ,
proabilmente si affacciano su una
strada che attraversa il borgo
Androna in Via del Puartin Vecjo a
Gradiscutta
36
stesso, cancellata dal tempo e dalla ridefinizione dei confini delle varie
proprietà.
Le corti diventano cortili e con la
comparsa dei salariati (sotàns), si
edificano nuove abitazioni piuttosto
povere all’interno delle corti padronali.
A Romans, nel centro del borgo, c’è il
cosiddetto Curtilàt, che accoglie molte
case rurali povere addossate le une
alle altre e tutte affacciate su un grande
cortile, che probabilmente rappresenta
un residuo della vecchia corte.
Anche le case degli artigiani sono
modeste e si rifanno alla semplice casa
a pianta quadrangolare a due piani, con
la variante, rispetto all’originaria, delle
scale interne. Queste case, il più delle
volte, portano motivi architettonici
imitanti i segni di ricercatezza tipici
delle case più signorili, con la presenza
di false cornici in pietra a porte e
finestre.
Casa del 18° secolo in via
Ne è un esempio un rustico situato in
Borgovecchio a Varmo
via Borgovecchio, a Varmo, con porta
ad arco e cornice intonacata.
Le
nuove
edificazioni
vanno a riempire gli spazi
vuoti
sul
frontestrada,
mentre aumentano le case
dominicali e i palazzi
all’interno del borgo.
Portone di casa Lenarduzzi a
Roveredo
37
Le ville padronali subiscono
l’influenza architettonica delle
ville venete, le porte sono ad
arco, le aperture grandi e
regolari, ornate di cornici in
pietra.
La villa dei conti di Varmo di
Sotto
La barchessa di villa Di
Gaspero Rizzi
Villa dei Conti di Varmo di
Sopra
38
Nel
diciottesimo e diciannovesimo secolo il borgo di Varmo è
urbanizzato solo nei due borghi storici. Sulla piazza si affacciano la
chiesa e i palazzi storici, mentre il maggior accentramento di case è nel
Borgovecchio (Borc dai pulzs).
Il paese di Varmo nella carta napoleonica
La carta napoleonica mostra come il paese è contenuto e si sviluppa
principalmente entro i due borghi storici, con un maggior
accentramento di case in via Borgovecchio. Il cimitero, addossato
all’edificio della chiesa, non è stato spostato all’esterno del paese come
imporrà di lì a poco l’editto di Napoleone.
39
Un nostro concittadino, anni addietro, ha condotto una piccola ricerca
sulle abitazioni censite a
Varmo nel 1810. La cosa ha
destato il nostro interesse
e così abbiamo rielaborato i
dati e prodotto una mappa
delle abitazioni che ci ha
offerto qualche spunto di
riflessione.
Il
signor
Glorialanza ci riferisce che a
quel tempo, come tutta
l’Italia, il Friuli era sotto il
dominio napoleonico e cosi
fu
predisposto
un
censimento
urbano
ed
Rustico nella corte della ex canonica prima agrario.
I
dati
furono
della ristrutturazione in via dei Pascoli
aggiornati al 1830 dopo il
restauro. Come punto di
riferimento per la stesura della mappa si parte dalla piazza della chiesa
che, a quel tempo aveva ancora l’ingresso principale dalla parte del
campanile, cioè verso ovest, come voleva la tradizione eccelesiastica.
Infatti l’altare maggiore doveva essere sempre rivolto ad est, verso
Gerusalemme. Il rustico posto attualmente su una fiancata
della
chiesa era già esistente all’epoca, mentre il muro di cinta di casa
Ostuzzi era collegato direttamente con l’edificio della chiesa. Dalla
piazza partivano le strade comunali: quella dei Pascoli, molto stretta
perché parzialmente occupata dal cimitero, corrispondeva all’attuale via
Tagliamento; Borgovecchio si chiamava strada dei Varmo; quella delle
“Pignolis”, strada comunale della Levada; quella verso Belgrado, strada
comunale del Trozzo; l’attuale via villa Canciani e
proseguimento “daûr i Vars” strada comunale di
San Martino; quella di fronte alla farmacia vecchia
strada per Madrisio, detta Braida; le attuali via
Roma e Roveredo strada
comunale che mette a
Roveredo; via Latisana,
strada comunale della
via di Madrisio; alla
biforcazione della pesa
pubblica si dipartiva la
Particolare di un annesso dello stesso rustico
prima e dopo la ristrutturazione.
strada comunale
Rivignano.
per
40
C’erano, infine, due altre strade comunali, una che portava dalla strada
di Roveredo verso “lis stuartis” detta di San Salvadore, titolo della
omonima chiesetta campestre e l’altra verso
levante detta strada comunale del Cragno.
L’abitato a quei tempi finiva in via Latisana,
con la casa di Biagio Vatri, a sinistra, col
rustico di Cimoli a destra; con la vecchia
stalla di Gaspero Rizzi verso Roveredo; il
Borgovecchio con la casa di Muzzolini, Via
Tagliamento con la Mansioneria , Lis Pignolis
con l’abitazione Lotti.
L’affresco di S. Eustachio sulla facciata della
casa di Matilde di Varmo nell’antico borgo del
paese
13
41
Mappa delle principali proprietà immobiliari al
censimento16 del 1830
5
2
111
1
4
161
19
131
151
141
3
3
201
121
10 1
7
6
9
8
17
18
Legenda
14 14
1
2
3
7
Valussi
14
Lotti Sebastiano 8
Mattiuzzi
Conti Rota
Di Monte
9
10
Zuzzi e don Zucco
Conti di Varmo di Sopra
Fabris Bartolomeo
4 Don Giovanni Turloni
Fabris
Pancini
15
16
Conti Detalmo
Cirio
17
11
18
12
19
Sivi
lotti
42
Conti di Varmo
di Sotto
Maddalini
Tubaro
5
De Simon
6 Proprietà Chiesa
13
20
Spangaro Giacomo
11 borgo ci indica come, nel
La mappatura delle proprietà nel vecchio
1830, i fondi erano concentrati in poche importanti famiglie, che,
comunque andavano lentamente sgretolandosi, per lasciar posto ai
nuovi proprietari, piccoli artigiani, lavoratori autonomi. Rimangono a
spartirsi ancora una buona fetta di paese le due famiglie dei Varmo di
Sopra e di Sotto. A proposito di questi
ultimi, il signor Glorialanza, nel suo
articolo, racconta un curioso aneddoto
della contessa Rosa, appartenente al
casato dei di Varmo e proprietaria della
antica osteria adiacente all’attuale bar
“De Giusti”. La nobildonna riteneva il
denaro cosa vile, tanto da mettersi i
guanti quando lo contava. La sua famiglia
finì in miseria: il figlio all’ospedale, lei in
un ospizio per nobili signore, a Mogliano
Veneto. Altra famiglia notabile, cui
apparteneva un grande appezzamento,
con molteplici case, in via Tagliamento e
Borvecchio, è quella dei Cirio, spariti dal
paese, come i di Varmo. L’ala orientale
del paese apparteneva per buona parte
Antica osteria della contessa
ad una famiglia de Simon, anch’essa
Rosa di Varmo
sparita, che fra l’altro possedeva il
caseggiato adibito a convento, in via
Latisana. Il settore opposto del borgo, andando verso Belgrado era,
invece, di proprietà delle famiglie Valussi. Altre famiglie importanti sono
i Maddalini, i Mattiuzzi e
gli Spangaro. I primi erano gli antichi
proprietari della attuale villa Piacentini, I Mattiuzzi erano i padroni della
filanda e gli Spangaro possedevano alcuni importanti immobili, fra cui
la nota Villa Ostuzzi, attuale canonica, adiacente alla chiesa, in via Villa
Canciani. Altre piccole proprietà erano possedute dal clero, da artigiani
o da qualche altra famiglia di origini nobili, come gli Strassoldo, i conti
Detalmo o i signori Pancini. Questa massiccia presenza di famiglie
nobiliari indica il privilegio e il potere che Varmo conservava ancora in
epoca recente.
43
Fino al secondo dopoguerra, il borgo sostanzialmente non cambia. Nel
1940 Varmo si presenta come ai tempi di Napoleone: nella cartolina
illustrata di quell’anno,
Via
Latisana
è
occupata, su un lato,
dalle case storiche
censite
nel
1810
mentre il lato opposto
è del tutto sgombro di
edifici. Qualche anno
più tardi, passata la
seconda
guerra
mondiale,
parte
la
Il municipio è rimasto così fino al 1986, quando
ricostruzione e con
sono iniziati i lavori di ristrutturazione
essa le prime case
popolari, le cosiddette “Case Fanfani”, composte da 4- 6 appartamenti
per fabbricato. L’edilizia però
stenta a decollare e, solo
quando
il
progresso
economico del paese porta
condizioni di vita migliori e
permette la frammentazione
delle
grandi
famiglie
Via Latisana
patriarcali, si assiste a un lento ma
costante incremento dell’edificazione.
Negli ultimi anni il paese si amplia
verso la periferia con la costruzione di
villette unifamiliari, dapprima erette in
modo disordinato, poi regolate da un
piano urbanistico comunale, a partire
dagli anni settanta.
44
L’attuale via Roma negli anni 60. In
fondo si intravede una delle due case
Fanfani
Varmo in una foto aerea negli anni settanta
45
Varmo in una foto aerea negli anni ottanta
Varmo oggi
46
ITINERARIO ARCHITETTONICO NEL BORGO DI VARMO : DAL CLAP
AL MADON
La mappa riporta il borgo vecchio del paese di Varmo. L’area
segnalata da una freccia corrisponde alla corte di proprietà del signor
Coleto Coradazzi.
47
Una serie di escursioni in paese ci ha permesso di analizzare alcuni
particolari architettonici che avevamo guardato sempre con occhio
distratto, sottovalutandone il pregio. In essi abbiamo scoperto la storia
quotidiana dei nostri antenati, le loro fatiche, l’ingegno per ricavare
qualcosa di piacevole anche da materiali poveri, ricercati sul posto: il
legno dei boschi, i sassi del Tagliamento, pezzi di tegole rotte, utilizzati
per decorare muri o altre piccole strutture.
L’itinerario si snoda lungo le vie che racchiudono il borgo vecchio del
paese: via Villa Canciani, via Robbiani e via Tagliamento, dove abbiamo
fotografato
e
successivamente disegnato
gli elementi architettonici che
hanno maggiormente destato
la nostra curiosità.
Il fienile all’interno della corte di
proprietà del signor Coradazzi
La corte di proprietà del signor
Coradazzi vista dall’alto
Finestrella su un fabbricato annesso alla
casa
48
Ci ha attirato in modo particolare la proprietà del sig. Coletto
Coradazzi, al centro del borgo vecchio del paese.
Si tratta di un fabbricato a tre piani che da un lato si affaccia sul borgo,
mentre sul retro racchiude una bellissima corte, dove il tempo sembra
essersi fermato. Sulla facciata interna e nell’edificio annesso, che un
tempo era il fienile, rimangono intatti alcuni particolari architettonici che
portano i segni distintivi di un’epoca oramai persa:
gli architravi e le
grate in legno nelle
piccole finestre o
altre aperture nei
muri,
i
mattoni
disposti in modo
ordinato a fare da
soglia, le grandi
finestre del Piccola finestra con grata
fienile
tappate con eleganti decorazioni di mattone.
Proseguendo l’itinerario per via Villa
Canciani, abbiamo incontrato un’altra
vecchia residenza di valore, ora parzialmente
ristrutturata dai signori Vidoni. In essa
abbiamo ritrovato tutti
gli elementi della casa
Pertugio nel muro di di un tempo descritti
confine
nei testi: le aperture
allineate verticalmente
e generalmente della stessa larghezza, le finestre
delle soffitte più basse delle altre, le porte
d’ingresso a
forma
rettangolare o ad arco,
i
vani
spesso
incorniciati con pietra.
Le finestre più antiche
o quelle appartenenti a
fabbricati annessi alla Il muro di cinta
della corte
abitazione principale sono realizzate con
Particolare del muro di cinta
materiale di recupero, ma, anche nella
loro veste più povera mantengono un certo tratto di signorilità, come
nell’esempio sotto, dove l’architrave e il davanzale sono in legno e le
imposte in legno poco pregiato.
49
Finestrella in un fabbricato accessorio nella
proprietà Coradazzi.
I portoni carrai sono gli elementi più caratteristici dell’architettura
rustica friulana e danno accesso attraverso un porticato passante
(androne) al cortile retrostante.
50
51
Villa Piacentini
Sei Ottobre 2003, ore 14.00: siamo in
visita alla villa Piacentini, dove ci aspetta
Franco Gover, la nostra guida, che ci
introduce all’ interno del piccolo parco
antistante al fabbricato. Subito la nostra
attenzione è attirata dal tronco enorme di
un albero secolare da tempo abbattuto,
poco distante dall’ingresso. Sul lato destro
del grande cancello, addossato all’alto muro
di cinta in sassi, si erge un piccolo
fabbricato accessorio, chiamato foresteria,
forse residuo di una barchessa, un tempo
presente su entrambe le ali della villa. Ci
incamminiamo lungo il viale che ci conduce
all’ingresso del corpo principale, dove ci
attende la gentile proprietaria, alla quale
abbiamo portato in dono un mazzo di rose.
Entrata posteriore della
villa
Franco ci spiega che la casa,
tipica villa rustica padronale, è
stata costruita in seguito alle
alluvioni del 1596 e del 1597, che
avevano distrutto i castelli dei
signori di Varmo, inducendoli,
nel corso del 1600, a spostare le
loro residenze nel borgo. I
Il caratteristico fogolâr
baroni di Belgrado ristrutturarono poi la
villa, dove, alla fine del 1800 si stabilì la
famiglia Piacentini, tuttora proprietaria.
L’edificio è costituito da una parte
centrale color mattone e da una
barchessa, costruzione accanto alla casa
signorile. Il portale di entrata è ad arco
con delle profilature in pietra, sovrastato
da una balaustra, costituita da una
costruzione orizzontale sostenuta da una
Il muro di cinta della proprietà
52
serie di colonnette sagomate in varie forme. Essendo una villa
padronale nel giardino c’ è anche il pozzo. Entrando nel corpo centrale
possiamo notare la rusticità della villa, basti pensare al pavimento in
pietra viva, cioè levigata a secco oppure alla semplicità della cucina. In
quest’ ultima, c’è una grande varietà di utensili, soprattutto un enorme
collezione
di
pentole di rame,
di
varie
dimensioni e di
secchi chiamati
”cjardêrs”. Un
oggetto
particolare è la
mandibola
di
animali
che
veniva
usata
per rimuovere le
macchie
del
bucato.
Nella
cucina
c’è
anche il tipico
fogolâr, la cui
La Madonna attribuita al Pilacorte
base
fu
costruita nel 1600 mentre la parte superiore fu costruita agli inizi del
secolo. Non mancano neanche i cjadreôns, grandi sedie molto usate a
quei tempi. I proprietari amavano collezionare chiavi e ceramiche. La
villa della famiglia Piacentini è
sempre stata al centro di una
grande estensione territoriale
alla quale si accede, a sud,
attraverso
un
portone
secondario che assieme ad un
muro di sassi limita una grande
corte. Sul cortile interno sono
conservati
gli oggetti che
servivano per lavorare prodotti
agricoli, aratri, botti ed altro,
addossati agli edifici connessi al
corpo della villa. Infatti dietro la
barchessa e la casa padronale
c’era una filanda che lavorava
L’affresco di S. Eustachio, in casa De
Monte
appositamente per la villa e
una grande cantina,
con
53
funzioni anche di magazzino.
Addossato al corpo principale della villa, e sempre affacciato sulla
corte, sorge un altro edificio, non molto grande, che una volta era una
foresteria, riservata appunto, alla gente di passaggio e alla servitù.
L’opera più importante che conserva la villa è la scultura di Giovanni
Antonio Pilacorte, ultimata nel 1490; essa rappresenta la Madonna col
bambin Gesù. Quest’opera evidenzia una notevole innovazione plastica
e ciò possiamo dedurlo guardando come è scolpita la pietra; dai vestiti
riusciamo a capire, più o meno, a quale epoca appartiene, basta
guardare la camicia damascata della Madonna, la cui corona riporta un
diadema: è infatti vestita come una donna del 1400. il bambino è molto
tornito ed ha i piedi che sporgono dal basamento. Le donne con
problemi andavano a accendere un lume ad olio davanti a questa
Madonna, che interpretavano come Sant’Anna.
Dopo aver visitato Villa Piacentini, sempre guidati da Franco Gover,
siamo andati a vedere, in un cortile privato, un affresco di San
Eustachio martire nel momento in
cui ebbe la visione del cervo
illuminato dalla croce; sopra è
rappresentata la Madonna. Nel 1500
i nobili ambivano a trarre origine
genealogica da un martire latino: la
famiglia dei conti di Varmo di Sopra
e di Sotto pensava di avere come
capostipite San Eustachio.
L’arco dei fâris
Quella casa, è significativa perché
era una residenza minore dei Varmo.
Prima di ritornare a scuola, siamo
andati a vedere ciò che rimane di un
caseggiato del 600’; all’antica loggia
dove si svolgevano i piccoli
commerci sono rimaste due colonne
che sorreggevano un arco sotto il
quale si apriva un portone, tanto che
questo veniva chiamato “Janua ad
orientem versa” cioè “ Porta ad
oriente” . Questa è purtroppo stata
demolita negli anni ’50.
54
I conti di Belgrado,durante il Medioevo,erano i feudatari di Varmo e
possedevano due castelli che furono distrutti nel 1596,a causa dello
straripamento del Tagliamento.
I Varmo costruirono questa villa che passò ai Canciani Florio e
attualmente è di proprietà dei Cisilino.
Il complesso è immerso in un grande parco a cui si accede da una tripla
cancellata, sorretta da pilastri adorni di pigne lapidee.
Il corpo abitato dai proprietari ha una pianta rettangolare, con un’altezza
di tre piani.
Le aperture sono tutte rettangolari,riquadrate in pietra chiara e rendono
semplice la facciata, sulla quale si trova il portale d’accesso arcuato,
sormontato da una portafinestra.
Villa Canciani-Florio ripresa dal
portale d’entrata.
55
Lungo la strada per Roveredo, si trova la Villa di Gaspero Rizzi, che
risale al XVII secolo e ha subìto nel corso degli anni parecchie
modifiche.
Il complesso è costituito da un grande corpo principale, affiancato, a
sinistra, dalla barchessa rustica, che congiunge l’abitazione alla strada
e alle dipendenze della ex azienda agricola. Il corpo dominicale ha la
pianta rettangolare e si innalza di tre piani dal terreno. La facciata
principale ha un portale sovrastato da una triplice balconata ed è
segnata da un marcapiano.
L’interno della villa ha i soffitti dipinti e contiene il caratteristico
“fogolâr”, che è ben conservato. L’orientamento dell’edificio, verso
nord, rende l’architettura maggiormente fredda e severa. La muraglia
alta, con cancellata centrale, cinge il breve cortile antistante. I corpi
rustici sono molto caratteristici.
56
57
COM’É FATTA ESTERNAMENTE
-
La villa è quadrangolare e si compone di tre piani. La
base è di 15mx10m e l’altezza è di oltre 10m al timpano.
Queste misure danno un aspetto di possanza
-
-
-
Timpano: la
parte di muro
che sormonta
la linea di
gronda del tetto
fino alle
imposte di
esso;
Marcapiano:
cornice che
segna la
divisione fra un
piano e l’altro;
Lesina: risalto
verticale con
funzione
decorativa;
Modanatura:
elemento
sagomato di
una
membratura di
una architettura
ridimensionata dal vasto cortile che ne permette una
visione in lontananza più
ridotta. I diversi piani sono
evidenziati dai marcapiani.
Assieme
alle
lesene
incorniciano
le
finestre
poste ai lati.
Le finestre del primo piano
in facciata sono tutte
timpanate, quella centrale
ha un timpano spezzato che
porta un vaso in rilievo e
quelle sopra e sotto hanno
semplici modanature lineari.
Negli altri lati le finestre
sono ornate semplicemente
da una fascia.
Le modanature timpanate sono realizzate con mattoni e
malta, mentre le altre semplicemente con l’intonaco.
58
PAR FÛR
La vile e je quadrangolâr , tirade su su tre plâns. Lis
misuris a son di 15mx10 m e l’alteze e je passe dîs metris
al timpano. Chestis misuris a fasin semeâ la vile plui
imponente di chel che je, se no fos pal curtîl che la ridûs.
I tre plans a son segnâts di curnîs clamadîs ‘’
marcapiani’’. Cu lis ‘’lesenîs’’ a incurnisein i barcôns che
a stan su lis flancadis de cjâse.
I barcons dal prim plan a son ducj timpanâts, chê tal mieç
e à un timpano rot che al puarte un vâs in riliêf e chê
disôre e chê di sot e an des semplicis modanaduris. Su
lis flancadis i barcons a son contornâts di une fasse.
Lis modanadurîs timpanadis a son fatis cun madons e
malte, invessit che altris dome cun l’intonacadure.
59
COM’E’ FATTA INTERNAMENTE
- Al piano terra si trovano: l’atrio, tre grandi sale, una a
nord e due a sud dell’ingresso. Entrando a destra
c’è il bagno e a sinistra le scale che portano sia ai
piani superiori, sia alla cantina.
Al primo piano: salite le scale, ci si trova in un
pianerottolo che porta alle tre sale esistenti.
- Al secondo piano: un unico salone.
60
- Scorporare
togliere dei
beni da un
Secondo alcune fonti la villa è stata costruita verso la
complesso
fine dell’Ottocento dalla famiglia Balestra che ogni
patrimoniale
anno veniva per alcuni mesi in villeggiatura a Varmo.
unitario
CENNI STORICI
Questi signori, residenti a Trieste, dove svolgevano
attività commerciale, avevano conosciuto il nostro
paese grazie ad amici che avevano parenti a Varmo e,
attratti dalla bellezza del luogo avevano deciso di
risiedervi definitivamente, acquistando il terreno dove
sorge ora la villa, in quel tempo proprietà dei conti di
Varmo di Sotto. L’architetto che nel 1988 ha preso
parte al progetto di ripristino della villa non si è però
accontentato di questa versione storica ed ha compiuto
delle ricerche personali per risalire alla data di
edidificazione, allo scopo di proporre un riuso e
ripristino più cosciente e rispettoso del passato. Così,
scartabellando tra gli antichi documenti , ha scoperto
61
che nella mappa di Varmo del 1766 il fabbricato in
questione non esisteva, ma nella mappa del Catasto
Austriaco del 1844 è già riportata l’esistenza
dell’edificio, e, dunque, la sua costruzione, se non
proprio agli ultimi del 1700, risale comunque ai primi
anni dell’800 . Con tutta probabilità i Balestra, alla fine
di quel secolo hanno operato un consistente intervento
di ripristino, come sembra attestato dalla data 1897
riportata sul camino.
Tra il 1902 e il 1903 l’abitazione venne venduta a
Piacentino Piacentini, che la dotò di una dipendenza
rustica. Alla morte di Piacentini, la casa andò ai figli
Girolamo, Giobatta e Pietro, ma in seguito, per motivi di
divisioni familiari e scorpori, la proprietà passò a
Girolamo Piacentini, che la vendette a sua volta, nel
1937, ad Amedeo Giacomini. Durante l’ultimo conflitto
mondiale ospitò intere famiglie di profughi e, nel
dopoguerra, diventando proprietà diretta del comune di
Varmo, venne prima adibita a scuola per muratori e poi
a scuola elementare e per un certo tempo, anche
scuola media.
62
Le
case dei nostri paesi rispecchiano l’anima della gente friulana,
il suo attaccamento al territorio, al calore del fogolâr, bene insostituibile
sia per la famiglia modesta, sia per quella signorile. Nella Bassa
Friulana, così come in altri luoghi della regione,
le numerose
testimonianze di architettura spontanea
hanno una importante
funzione di confronto tra passato e presente.
Il passato ci consegna la casa rurale, che
rappresenta la dimora contadina, ma anche
quella del piccolo artigiano e del sotàn,
cioè del servo, accanto alle più sontuose
ville
padronali
legate
a
grossi
possedimenti. Le dimore contadine più
antiche e più semplici sono a pianta
quadrata o rettangolare, ad un solo un
piano, con il tetto di paglia, una stanza
abitata dalla famiglia e utilizzata per
mangiare, un angolo dispensa e, di lato, la Corte rurale
stalla condivisa con gli
animali per ripararsi dal
freddo. Nel sottotetto c’è il
fienile. Il pavimento
è
quasi sempre
in terra
battuta, le aperture sulle
pareti ridotte al minimo:
una porta e qualche
piccola finestrella.
Verso il XV secolo, con
l’avvento
della
Serenissima, la casa è
organizzata in corte.
Si
Costruzione accessoria nella casa Cimoli a sostituisce la paglia con le
tegole,
frequente è il
Varmo
pavimento in mattoni ed i
63
piani diventano due. Il collegamento tra i due piani è assicurato da una
scala esterna in legno. Le pareti esterne di solito non sono intonacate.
Lo è solo la cornice delle finestre, imbiancata con calce viva, per tenere
lontani gli insetti molesti dalla casa. Al muro esterno della cucina
spesso si addossa una costruzione accessoria quadrata che ospita il
focolare e si aggiunge il camino, per far
fuoriuscire il fumo. La parete esterna
d’ingresso, orientata a sud-ovest, al riparo
dalla bora e dai venti di tramontana (in
recès, in bonasse) riporta a volte qualche
simbolo religioso: un’icona devozionale
(ancone) o una semplice immagine sacra
o un’acquasantiera in pietra. Nei secoli
successivi la vita continua a svolgersi
intorno al fogolâr dove la famiglia si
raccoglie
per
mangiare,
discutere,
scaldarsi. Il focolare è fatto con il materiale
che si ha a disposizione: più spesso in
mattoni, e per i signori, invece, di pietra.
Di fronte c’è l’acquaio (seglâr) con lo
sgocciolatoio in legno . Appesi sopra
l’acquaio si allineano i secchi per l’acqua
(ciard
Madonna con Bambino- Casa
Teghil a Varmo
êrs) e il mestolo (cop)La stanza è
povera di mobili: l’essenziale, cioè
la tavola, le sedie e una madia
(panàre) , dove si mette la farina,
alimento
indispensabile
nell’economia
della
casa,
e
qualche utensile. Sopra il mobile,
la piattaia. Accanto alla cucina c’è
sempre
uno
stanzino
poco
illuminato
che
serve
da
dispensa(camarìn), per le poche
scorte che la famiglia può
permettersi: qualche frutto, il
grasso conservato crudo, oppure
fuso, un po’ d’orzo, qualche
legume secco. La camera è al
piano superiore, dove divide lo
spazio con il solaio, che serve per
Fogolâr a Canussio
64
la conservazione delle pannocchie (panôlis) di granturco. Queste
vengono scartocciate (scartossadis) dalle donne di casa, mentre i bimbi
giocano a farsi i baffi e i capelli finti con i
fili rossicci del mais. Intanto gli uomini
fanno la
treccia (reste)
con le
pannocchie. Nella camera c’è un letto in
legno o in ferro, con il materasso di
cartocci di granoturco (scùs). Su un lato
del letto
è appesa una piccola
acquasantiera in ceramica o porcellana.
(singlùz)
I pochi mobili della camera
sono: l’armadio (armaròn) e i comodini
(comodîns) La stanza da letto è sempre
addossata al
corpo
stalla-fienile, al
riparo dal freddo che ghiaccia le pareti
esterne rivolte verso nord. Nelle
vicinanze della casa c’è l’orto, anche
questo fondamentale nell’economia della
famiglia, così come l’allevamento di
animali da cortile (galline, anatre, oche).
L’orto confina con la braide.
La cort dal ledam (Varmo)
All’ampio cortile delle corti si accede
attraverso un portico ( puartin) che isola
la casa dalla strada. All’interno c’è una concimaia (ledamâr), sopra la
quale spesso viene eretto un
piccolo
manufatto in legno,
che ha
funzioni di latrina
(cesso, gabinét). Accanto alla
stalla ci sono piccoli fabbricati
accessori per il ricovero del
pollame (pulinâr) e dei maiali
(ciôt), ma anche degli attrezzi.
Sempre nel cortile, in un
angolo o in un manufatto, c’è
la “lisivare”, dove una cucina
in mattoni, con una grande
recipiente (cjardere) serviva a
mettere in ammollo il maiale
Il cjôt (Cornazzai)
ammazzato, ma anche per fare la
“lisciva” (lisive).
65
In tempi successivi la casa non
cambia nella disposizione dei vani;
diventa solo più capiente, per
ospitare
le
grandi
famiglie
patriarcali contadine del secolo
scorso.
In queste famiglie tante sono le
braccia che lavorano, ma tante
anche le bocche da sfamare e a
volte il cibo non basta. I bambini
accuditi dalla famiglia “allargata”
crescono in fretta perché devono
andare a lavorare, ma quando il
lavoro non c’è bisogna andare a
cercarlo altrove. Ecco allora che
piccoli di 11-12 anni emigrano in
Germania dove vanno a lavorare
nelle fornaci. Ma questa è un’altra
storia…..
La lisivare di casa Jop a Varmo
66
Sotto la guida dell’ insegnante di Educazione artistica, abbiamo
realizzato il plastico del borgo centrale di Varmo.
IL RILIEVO FOTOGRAFICO
67
Piazza Municipio
Il complesso degli edifici che compongono la piazza è stato ricostruito utilizzando
una serie di scatti in sequenza, in modo da ricoprire tutta l’area delle facciate. Le
foto sono state poi rielaborate al computer con il metodo del “riduci, taglia e
incolla” per rendere uniforme l’insieme degli edifici.
Il rilievo fotografico è poi servito come base di riferimento per ricostruire il plastico
del borgo di Varmo.
Si è cercato di
rifare il colore
reale degli edifici,
utilizzando
le
tempere
e
il
professore ha poi
scelto i disegni
più accurati. L’
esempio, qui a
fianco riportato ,
mostra la facciata
della chiesa, con
varie tonalità di
colore.
Sopra: Il municipio
A sinistra: il campanile e la
chiesa
68
VIA TAGLIAMENTO
La ricostruzione del complesso degli edifici si è ottenuta elaborandone al computer
il rilevamento fotografico.Si é utilizzato lo stesso metodo
della piazza Municipio, ma non avendo lo spazio
sufficiente per inquadrare tutto l’edificio, abbiamo dovuto
spezzare la sequenza con l’inquadramento prima della
parte inferiore e poi di quella superiore. Il tutto poi è stato
unito, ottenendo la successione delle facciate. In questo
secondo rilievo abbiamo incontrato molte difficoltà,
prima fra tutte la diversità dell’altezza degli edifici,
l’inquadramento non sempre frontale e la differenza nelle
strutture delle case.
69
Accanto al rilievo fotografico si è fatta anche un’osservazione degli edifici; in
questo caso la scheda riporta i dati e
le caratteristiche della casa Turco. La
scheda contiene la misura della
lunghezza della facciata, la misura di
un particolare di essa, il colore, il
numero di finestre, il numero di porte
e ulteriori elementi. Inoltre è stato
realizzato
anche
uno
schizzo
dell’edificio trattato.
All’interno della corte c’è un rustico
che è stato recentemente ristrutturato come
abitazione.
Rovistando fra le istantanee
scattate anni addietro, in occasione di un
concorso fotografico qui a Varmo, abbiamo
ripescato
questo fabbricato, appartenente
alla famiglia Turco, prima dell’intervento e così abbiamo potuto fare un confronto
con l’attuale.
Il rustico di proprietà della
famiglia Turco, prima e dopo
l’intervento di ristrutturazione
70
Via villa Canciani
Canciani
Via Villa Canciani inizia con il muro di cinta di villa Ostuzzi.
La villa Ostuzzi è
l’attuale
canonica e sorge
accanto
alla
chiesa plebanale
di Varmo. Le
caratteristiche
della villa sono
simili a quelle
della
casa
padronale rurale Ci sono due cortili: la corte e il curtilat. La villa è distribuita su tre
piani; sulla facciata sono evidenti delle
profilature in pietra alle finestre. C’è poi un
lungo muro di cinta, che scorre lungo la
strada, che si apre con due alti portoni ad
arco prottetti da un tettuccio.
Nel XIX secolo c’è stato un ampliamento
del corpo gentilizio e l’elevazione della
soffitta. La villa originariamente era
residenza
dei
conti
Belgrado,
successivamente della famiglia Ostuzzi e
degli Spangaro e solo negli anni 70 ne è
diventata proprietaria la parrocchia.
L’annesso fienile, ristrutturato, ora è
utilizzato come oratorio.
Caseggiato di Via Villa Canciani
A fianco della canonica c’è un fabbricato sulla cui facciata
d’angolo c’è la Porta ad oriente cioè la Janua ad orientem
versa, intatta fino agli anni 50. All’interno di questo rudere, un
tempo si apriva una strada che attraversava tutto l’antico
borgo di Varmo e che probabilmente portava ad un punto della
Via Canciani. Attualmente non ci sono tracce che confermino
l’esistenza di questa strada perché sono stati costruiti dei
fabbricati che hanno cancellato tutto. Nel cortile interno a
questa porta, un tempo si svolgeva la povera attività di alcuni
71
artigiani.
LA LOGGIA DELLE MERCANZIE
E’ un fabbricato basso all’interno della porta ad oriente e si affaccia sulla roggia
Pedrade. Al piano terra sono evidenti i segni di un loggiato ad archi , entro il quale,
probabilmente in epoca rinascimentale, si svolgevano attività artigianali
E’
certamente una delle più vecchie case di Varmo.
72
VIA LATISANA
Via Latisana, dal punto di vista topografico, è formata da due strade ben distinte fra
loro, che sono però associate nella toponomastica del paese. Il troncone nord è la
parte più antica e comprende le case
che hanno formato il borgo primitivo
di Varmo mentre il braccio Sud è
stato urbanizzato solo ai primi anni
del nostro secolo,come pure le
adiacenti Via S.Rocco e la via
Rivignano.
Il braccio nord della Via ha la
caratteristica presenza delle case
poste solo sul lato di sinistra, nella
tipica forma a schiera
Fra esse merita particolare attenzione
Via Latisana , nel 1940 si chiamava via
la casa di epoca rinascimentale di
Italo Balbo
Teghil Oliviero, che rappresenta un
esempio significativo per il patrimonio ambientale
locale. Sulla facciata rivolta verso la strada si stacca
una
nicchia
racchiusa da una
cornice in rilievo e
riportante al suo
interno un affresco
mal conservato e
raffigurante
una
Madonna
con
bambino. La ricerca
sui proprietari delle
case di Varmo, al
censimento
napoleonico
del
1810 ci dice che la
casa
apparteneva
alla
famiglia
De
Simon,
che
Madonna con bambino
possedeva gran
sulla facciata della casa
parte
delle
Teghil
abitazioni
affacciate
su
questa via.
Casa Teghil
73
Nella parte sud, casa Gover ha un caratteristico muro della facciata eretto con
ciottoli di fiume spaccati, listati con cocci di tegole
e file di mattoni. Sul lato
opposto della strada, si staglia la “villa del medico”, una delle poche costruzioni in
stile liberty del comprensorio, caratterizzata da varie cornici, marcapiani, archi e
trifore. Nell’ interno si conserva ancora un soffitto affrescato, raffigurante un’enfasi
floreale.
Infine, sempre in questa strada, la villa Di Gaspero Rizzi, in mattoni rossi, è un tipico
esempio di architettura borghese del primo novecento.
Nella piazzetta della pesa pubblica, che divide i due tronconi della via Latisana, si
erge una vecchia ancona che in realtà rappresenta un antico oratorio sabbatico
campestre. Al suo interno si conservano dei lacerti pittorici del quindicesimo
secolo che si possono avvicinare allo stile dei Thanner.
Claudia , Giada F. e Giada S. , assieme alla professoressa di matematica,
allestiscono i cartelloni che illustrano il lavoro del plastico.
74
Dal rilievo fotografico al
plastico
plastico
Una volta rilevate le vie principali del nucleo storico di Varmo si è passati a
all’esecuzione pratica del plastico, utilizzando il polistirolo, per formare i cubetti dei
fabbricati. Pian piano il borgo prende forma….
Marco,Rudi,Desirèe e Marina rifiniscono i blocchetti di polistirolo che
Alberto ha tagliato grossolanamente, mentre Kevin e Giacomo ritagliano i
pezzetti di cartone che servono per la costruzione dei tetti.
75
Giacomo dipinge i tetti con colori a
tempera, Massimiliano
incolla
Municipio
è quasi completa.
…. le parti .
76
Sul fondo si staglia il campanile, dietro la chiesa, a sinistra i palazzi dei conti di
Varmo di Sopra e di fronte a questi il Municipio.
77
Via Tagliamento
78
79
Nello stesso tempo il gruppo di seconda A ha realizzato alcuni edifici della piazza in
scala diversa: il municipio, la chiesa e il campanile. Pierpaolo ci spiega le varie fasi
dell’allestimento:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
abbiamo
abbiamo
ci siamo
abbiamo
abbiamo
abbiamo
abbiamo
abbiamo
abbiamo
fotografato due facciate della chiesa, del campanile e del municipio
trovato le proporzioni
procurati il polistirolo e l’abbiamo tagliato nella giusta grandezza
usato del cartone per fare il tetto degli edifici
rivestito il polistirolo con carta da giornale
incollato la carta da giornale con la vinavil
aspettato che il tutto si asciugasse
dipinto il tetto e le varie facciate degli edifici
aspettato che il colore si asciugasse e cosĺ abbiamo finito il plastico
I risultati del nostro lavoro:
Giada F., Giada D. e Claudia ascoltano attentamente gli utili
suggerimenti dell’insegnante di Educazione Artistica che ha curato la
realizzazione del plastico.
80
La facciata laterale
della chiesa che dà su
via
Tagliamento;,
dietro: il campanile
che ricalca la forma
del campanile di S.
Marco a Venezia.
81
82