Politecnico di Milano Facoltà di Architettura e Società Corso di Laurea Magistrale in Architettura degli Interni L'ACCADEMIA CARRARA di BERGAMO: PROPOSTA PER UN NUOVO POLO CULTURALE PER LA CITTA' RELATORE: LUCA BASSO PERESSUT CORRELATORE: MATTEO SACCHETTI LAUREANDA: VALERIA PEDRALI matr.751244 A.A. 2012-2013 INDICE CAPITOLO I - Storia di Bergamo - Un origine leggendaria La topografia di Bergamo in età romana Bergamo in età longobarda Bergamo vescovile Bergamo nel periodo visconteo La grande fiorit ura: l età veneta Il ritorno delle arti a Bergamo durante l occupazione francese Art i bergamasche nel 600 e 700 - Dal Lombardo-Venet o all Unit à d It alia e Bergamo Cit t à dei Mille - Bergamo nel XX secolo CAPITOLO II Storia del museo ed esperienze museali europee Significato di museo Trasformazioni del museo nella storia Origini e formazione Il XVIII sec in Europa La forma del museo Situazione in Italia tra 1700 e 1800 Casi studio: Uffizi, Brera, Accademia Carrara Le origini culturali del Museo Moderno Evoluzione del Museo Moderno Il museo come semiosfera Interventi di architettura museografica Museo di Arte Moderna Tokyo Le Corbusier 1959 Museo Castelvecchio Centre Pompidou Centro Solomon Guggenheim MoMa New York Yoshio Taniguchi Mori Art Museum (MaM) Tokyo New Tate Gallery Herzog & De Meuron Museo Palazzo Bianco Museo del tesoro di San Lorenzo Galleria Palazzo Rosso Ampliamento Gipsoteca Canoviana Museo Capodimonte Galleria Nazionale Parma Museo nazionale d art e occident ale di Tokyo CAPITOLO III Il collezionismo nell 800: influenze sulla raccolta Carrara Giacomo Carrara ed i suoi primi contatti con la cultura locale La formazione della raccolta Carrara Bergamo nell et à dei lumi: sit uazione cult urale Collezioni e collezionist i d art e all epoca del cont e Carrara La specificit à dell 800 a Bergamo: vicende st oriche sulle raccolt e Le decorazioni dell Accademia e la raccolt a all epoca del cont e Giacomo Carrara CAPITOLO IV - Storia dell Accademia dalla fondazione agli interventi odierni Collocazione urbanistica Ruolo della Pinacoteca Carrara nella città di Bergamo Indagine storica - Trasformazioni fabbricato dal 1700 alla seconda guerra mondiale - La pinacoteca - La scuola - Gli sviluppi urbanistici dal dopoguerra - Origine e trasformazioni del Borgo S.Tomaso in seguit o all avvent o dell Accademia - La GaMec e l Accademia: l int ervent o di ampliament o di Vit t orio Gregot t i La Relazione Rossi: per una nuova Accademia Carrara - Conclusioni: l Accademia come sist ema cult urale - Il ruolo del centro servizi Il dibattito sul nuovo polo GaMec e centralità della Pinacoteca Cronistoria progetti e situazione attuale CAPITOLO V Progetto di ampliamento per un "sistema" integrato Pinacoteca-scuola-GaMec come polo culturale per la città Il progetto Carenze strutturali nel sistema Accademia Carrara e pot enzialit à dell area Il "sistema" Accademia, finalità del progetto ed impianto funzionale L'allestimento L'ampliamento del percorso espositivo in rapporto con le collezioni storiche presenti La donazione Federico Zeri: specificità della collezione La tela dimenticata: l'Ultima Cena di Alessandro Allori L'esposizione temporanea e l'allestimento delle piazze esterne BIBLIOGRAFIA Bibliografia generale Quotidiani Sitografia Periodici Risorse digitali Tesi di laurea CAPITOLO I - Storia di Bergamo Un origine leggendaria Di Bergamo si t rova t raccia dalle t est imonianze preist oriche: si dice infat t i essa abbia origini favolose, essendo nata da Cidno, figlio di Ligure che nel 450 dopo il diluvio universale, avrebbe edificato molte città in luoghi mont uosi e t ra esse anche Bergamo e Brescia. L et imologia del nome è t ut t ora incert a: è st at a messa in relazione con la voce germanica berg = mont e, con quella got ica bairgam = mont e, e quella alpina barga = capanna; si è scoperto che il termine Berg-hem, suo nome sotto i Cenomani in epoca gallica non appart enevano al linguaggio gallico in quant o essi chiamavano dun il mont e; il nome si spiega con il fat t o che i Cenomani erano di origine gallica orient ale quasi germanica e furono t rovat i da Cesare ai confini con l at t uale Belgio. In alcuni saggi però si fa risalire il nome alla voce alpina barga (capanna), st ranament e corrispondent e all int ichissimo nome della cit t à ligure; oppure si rit iene anche che il nome di Bergamo derivi dal dio Bergimos, considerat o t ant o dai Galli quant o dai Cenomani come dio delle alt ure, come t est imoniat o da molte iscrizioni votive che erano presenti nelle valli. La scrit t ura del nome Bergamo fu diversa: da Bergomum in Plinio a Vergamum in Giust ino e la forma del nome con la B al post o della P fu un errore di trascrittura; infat t i gli st essi Longobardi usavano la forma Bergomum, dal 1000 circa fu in uso da forma Pergamum finché con il Rinasciment o e la riscopert a della lingua latina tornò alla forma antica Bergamum. La topografia di Bergamo in età romana Bergamo già nel II sec. a.C. era inserit a nella ret e di relazioni degli insediament i dell'It alia set t ent rionale ed esist evano già comunicazioni fra il t errit orio bergamasco ed i poli commerciali del Comasco, del Milanese e con quello cenomane di Brescia, ed essendo sulla linea di t ransit o degli scambi con quest e città, vennero qui a crearsi i presupposti per nuovi insediamenti sempre più numerosi. Con l'avvent o dei Romani, Bergamo rafforzò il proprio ruolo milit are, che sancì per l'abit at o il ruolo di cent ro principale di un ampio t errit orio, ricevendo nell'89 a.C. il t it olo di Colonia lat ina. Nel 49 a.C. insieme a t ut t i gli abit ant i dei t errit ori transpadani Bergomum riceve, in seguit o a un edit t o di Giulio Cesare, il t it olo di Municipium civium romanorum (ossia la cittadinanza romana) e i suoi abit ant i vengono assegnat i alla t ribù Vot uria. Come t est imoniano le epigrafi milit ari rinvenut e in Pannonia, la popolazione bergamasca fu prevalent ement e ut ilizzat a per l esercito. Come not o la cint a muraria ed il ret icolo st radale erano element i fondament ali nella st rut t ura dell urbanist ica romana e anche la Cisalpina non fa eccezione; in quest a zona in part icolare l affermarsi della civilt à romana andò di pari passo con la pianificazione urbanist ica così che le cit t à cisalpine divennero veicolo e centro della romanizzazione. At t raverso la programmazione di diversi t racciat i viari e la creazione di un t essut o paleografico part icolarment e denso, i Romani perseguirono un massiccio disegno di valorizzazione di zone del paese come quella Cisalpina, priva di una vera e propria struttura urbana. L organizzazione urbana, essendo pianificat a, seguì crit eri di concret ezza e di realismo, perseguendo la piena aderenza all ambient e geografico; per quest o la piant a ort ogonale, sul modello del cast rum, non fu sempre applicata anche se preferita poiché favoriva una razionale distribuzione degli spazi. Le mura, spesso di ridot t e dimensioni, obbedivano ad esigenze giuridico-religiose più che milit ari in quant o erano inscindibili dal concet t o di comunit à urbana e anche la loro cost ruzione t enne cont o delle condizioni del t erreno; Bergamo, sit uat a sulla sommit à di un colle (l est ensione della Bergamo romana coincideva infat t i più o meno con l at t uale cit t à alt a), rappresent a uno dei migliori esempi di adattamento ad un complesso nat urale. La cint a muraria fu t racciat a sulle pendici del colle e ciò ne spiega l est rema irregolarità così come ne risult a condizionat o il sist ema st radale int erno, che si present a con un organizzazione ort ogonale solo a nord-ovest. La sist emazione urbanist ica di Bergamo non obbedisce dunque ad un modello t eorico prest abilit o, ma essa fu realizzat a in t empi diversi, modellandosi sul t erreno e t enendo cont o della sit uazione ant eriore alla regolamentazione romana. La cit t à di et à Imperiale si present ava infat t i come cit t à d alt ura sort a sul complesso collinare carat t erizzat o dalle condizioni morfologiche del sit o e dalla rist ret t ezza degli spazi; essa infat t i perde part e della sua originaria specificit à strategico-milit are, ma pot enzia l immagine di cent ro st rat egicoamministrativo per un vast o t errit orio nel quale coesist ono forme complement ari di economia. Il nuovo ordine urbano si configura at t raverso il t racciament o del decumanus maximus (via Gombit o Colleoni) e del cardo maximus (via S. Lorenzo via M. Lupo), lungo i quali erano ubicat i i principali edifici pubblici e religiosi: sul colle S. Giovanni, nella zona dell'at t uale Seminario, t rovavano collcazione l anfiteatro e il teatro, in piazza Duomo il foro, in via Arena presso S. Grat a un edificio vot ivo, mentre in piazza Mercat o del Fieno le terme e sulla Rocca il Capitolium; inolt re lungo le diret t rici principali d accesso alla cit t à sono st at e rinvenut e le necropoli, che in alcuni casi hanno avut o una cont inuit à d uso anche in epoca classica e postclassica. Della città romana non è rimasto oggi quasi nulla in alzat o ed è per quest o mot ivo difficile ricost ruirne nei dett agli l est ensione e la forma, ma risult a evident e la fort e ident it à che ha lasciat o in termini urbanistici, influenzando notevolmente anche le fasi successive di sviluppo. Insieme alla viabilit à ed agli edifici pubblici, l'impiant o urbano, nonost ant e le difficolt à derivant i dalla morfologia del luogo, era carat t erizzat o anche da una cint a fort ificat a: con l arrivo dei Romani Bergamo assunse dunque un impiant o che è st at o possibile ricost ruire con qualche approssimazione attraverso different i st udi, in quant o l erezione in et à august ea del municipium permet t e di avere un t ermine di riferimento per la datazione delle opere difensive della città. La nuova cint a si rese necessaria a front e di t urbolenze polit iche int erne e di rischi d invasione che si andavano delineando e, sebbene l'esist enza delle mura romane sia t est imoniat a dagli st orici ant ichi, l esiguit à dei rest i ha impedit o agli st udiosi moderni di giungere ad una concorde ipot esi ricost rut t iva. Il t racciat o pot eva includere il colle della Rocca per proseguire verso sud fino all'at t uale piazza Mercat o delle Scarpe, dove si può ipot izzare la presenza della port a orient ale: il rit rovament o più a valle di due tombe potrebbe infatti confermare quest o limit e della cit t à; nello st esso luogo fu rit rovat a una lapide che ricorda l edificazione di due port e, forse in relazione ad un espansione a sud-est del colle. Sempre lungo il lato sud, più ad ovest, si trovano i resti di un cammino di ronda su archi, forse i tratti meglio conservati di quest e prime fort ificazioni, ment re il t racciat o sul lat o occident ale non è facilment e individuabile. Si presume che il perimet ro svolt asse nell area del Seminario per proseguire in linea fino alla piazza Mascheroni, con un alt ro angolo nei pressi della Port a di Pant ano inferiore. La port a occident ale doveva coincidere con l'at t uale accesso alla Cittadella. Il lat o nord è t est imoniat o dalle arcat e esist ent i presso la font ana del Vagine, già document at a nell'Alt o Medioevo; qui vi si apriva una porta in allineament o con il cardo maggiore. L urbanizzazione romana non si esauriva però nella cint a collinare, ma vi sono t est imonianze let t erarie e t oponomast iche che t ramandano anche la presenza in cont iguit à di insediament i urbani, det erminando una suddivisione t ra la civitas murale sul colle e i suburbia nella piana, dist inzione che va int esa dal punt o di vist a delle ent it à amminist rat ive e produt t ive; t ale suddivisione, nonost ant e le devast azioni causat e dai Visigot i e dagli Unni nel V secolo, si mant errà sost anzialment e immut at a fino alla conquist a longobarda dal 569. La riforma milit are e amminist rat iva del IV secolo, che at t ribuì Bergamo alla Regio Venet a, pose le condizioni per la continuità di una vita urbana nei secoli successivi. Bergamo in età longobarda Il disfaciment o dell'impero romano avviò il t rist e periodo delle invasioni barbariche, dapprima Visigot i ed Unni, poi Alemanni ed Ost rogot i (anno 488) e successivament e i Longobardi di Alboino, che nel biennio 568-69 si calarono nel t errit orio bergamasco come su alt re cit t à dell'It alia set t ent rionale, dove s'insediarono in modo ben più capillare e così Bergamo divenne sede di uno dei più import ant i ducat i del Regno nel nord d'Italia. Con la conquist a dei Longobardi il vecchio cet o romano venne emarginat o; benché la popolazione dei nuovi insediat i fosse minorit aria, la classe dirigent e, sia civile che ecclesiast ica, per due secoli fu nella t ot alit à di provenienza longobarda; t ra le due popolazioni si verificò t ut t avia una st orica e vantaggiosa integrazione nei cost umi, nelle credenze religiose, nel gust o, nella lingua, nelle ist it uzioni giuridiche, di cui si possono rint racciare t est imonianze ancora nel pieno periodo medievale: cert i istituti giuridici longobardi connessi alla gest ione del pat rimonio familiare, alla condizione giuridica della donna, al matrimonio si riscontrano ancora oggi negli Statuti di Bergamo promulgati in età veneta. I Longobardi, riorganizzando il t errit orio cit t adino nel sist ema curt ense, int rodussero un elemento nuovo e di lunghissima durat a di quella che sarà la dinamica di t rasformazione fut ura della cit t à: divisero il territorio cit t adino in due Cort i Regie, l'una nella "civitas", la Cit t à sul colle, l'alt ra nella "curt is Murgula", l'at t uale Cit t à bassa, ponendo in quest o modo le basi per quella dialet t ica art icolazione fra Cit t à alt a e Città bassa che non ha mai cessato di manifestarsi nel corso del tempo. Inolt re il ducat o longobardo di Bergamo era difeso olt re che dalle mura, la cui cerchia sembrerebbe ricalcare, nel complesso, il t racciat o di quelle romane, anche da una fort ificazione post a sul colle S.Eufemia, dove successivamente venne edificata la Rocca. Si deve al periodo longobardo la cost ruzione della Basilica paleocrist iana di S.Alessandro, eret t a sul sepolcro del mart ire pat rono di Bergamo, considerat a dalla t radizione la chiesa più ant ica della cit t à e demolit a nel 1561, e della Cat t edrale di S.Vincenzo, ent rambe eret t e all'int erno della cerchia delle mura alto-medievali. Sebbene sot t o la regina Teodolinda si vissero moment i relat ivament e t ranquilli, il t errit orio at t raversò periodi di desolazione, ai quali, specialment e per quant o riguarda i t errit ori alpini, pose rimedio la presenza benedet t ina get t ando le basi per un nuovo sviluppo economico (fenomeno quest o probabilment e poco conosciut o e di conseguenza poco st udiat o, event o al quale sono legat e molt e delle nostre tradizioni agricole). Durante t ut t o il periodo longobardo Bergamo fu carat t erizzat a da violent e t ensioni aut onomist iche, culminat e nella rivolt a del duca Gaidolfo cont ro re Agilulfo, che si concluse con la mort e del ribelle (590). Con la sconfit t a dei Longobardi nel 774, il passaggio all'et à franca confermò la rilevanza di Bergamo, in quanto situata sulla strada che congiungeva Brescia a Como e di lì al centro Europa. Nel giugno 774 Carlo Magno conquist ò Pavia, Bergamo si t rasformò in Cont ea franca e il tradizionale gast aldo fu così sost it uit o dalla figura del conte. La cit t à conobbe dunque un'alt ra fort e immigrazione, quest a volt a di Franchi e Alemanni, ed un profondo nuovo ricambio della classe dirigent e: vescovi e conti provenivano infatti in prevalenza da famiglie franche. Il ruolo polit ico della cit t à si ridimensionò ult eriorment e dopo la crisi del regno, seguit a alla mort e di Ludovico II nell 875 dalla quale uscì vincitore Guido di Spoleto. La crisi del dominio imperiale divenne definit iva nel X secolo, con le invasioni degli Ungari, invasione che il re e i cont i non furono in grado di front eggiare validamente; ridotto così il pot ere dei cont i al t errit orio rurale nuove forze locali, il vescovo e i propriet ari fondiari, si adoperarono con successo per fort ificare la città; dunque ad Adalberto sono da at t ribuire non solo il rafforzament o delle difese sul lat o occidentale delle mura (il più vulnerabile), ma anche alcuni ampliament i dell ant ica cerchia romana, in particolare quello a nord e a sud lungo il tratto tra gli archi del Vagine e la porta settentrionale. Con quest i lavori il circuit o murario si ingrandì fino a comprendere la chiesa di S. Mat t eo, ment re la porta set t ent rionale di S. Lorenzo è indicat a per la prima volt a nel 1030 e coincideva cert ament e con una delle porte romane. Bergamo vescovile L'improvviso vuot o di pot ere venut osi a creare dunque fu colmat o dai rappresent ant i delle famiglie aristocratiche più prest igiose della cit t à, che subent rano al vescovo nella gest ione del pot ere civile e milit are con un organismo collegiale; nacque così il Comune di Bergamo ("libero Comune" = aut onomia di fat t o rispet t o al cont rollo regio) t rascorrendo un periodo di pace che si fondava su un pat t o st abilit o t ra i cit t adini che si reggeva sulle leggi, sui dirit t i civici, sull'onore, sulla "piet as" e sulla concordia pura. L'art icolazione ist it uzionale del pot ere comunale era compost a da: l'Assemblea dei "cives", il Consiglio degli Anziani ed il Consolato. Nel 1198, a Bergamo, viene t erminat o il Palazzo della Ragione e la cit t à comincia ad espandersi fuori dalle mura, get t ando le basi dell'odierna "cit t à bassa"; così, ment re dal punt o di vist a archit et t onico il nuovo Palazzo del Comune (poi Palazzo della Ragione) e la Basilica di Sant a Maria Maggiore simboleggiavano, nel cuore della cit t à, il prest igio della recent e ist it uzione, sul piano giuridico è la redazione dello Statuto, proclamato come legge del Comune, che sancisce l'autonomia politico-giuridica della Cit t à di Bergamo dopo la vit t oriosa bat t aglia di Legnano combat t ut a nel 1176 dai Comuni lombardi contro l'imperatore Federico Barbarossa. Se fra il X e l'XI secolo Bergamo vide da una part e crescere il ruolo cent rale della Cit t à alt a (sede del Vescovo e quindi del pot ere civile e religioso), e dall'alt ra il consolidarsi dei suburbia extraurbani formatisi int orno alle st rade uscent i dalla civitas", con la conquist a dell'aut onomia comunale fece si che la proverbiale "l'unit à nella diversit à" si rafforzò ult eriorment e, t ant o che il Comune di Bergamo allargò lo st at o giuridico di cit t à al suburbio mediant e l est ensione dello "j us burgense" det erminando così la t rasformazione dei vici in veri e propri "burgi" (borghi). Con l'avvent o del Comune infatti si assist et t e a una st raordinaria espansione dell'economia mercant ile della cit t à unit a ad una not evole crescit a demografica, fattori che permisero alla nuova amminist razione non solo di razionalizzare l'eredit à urbana raccolt a dai secoli precedent i, ma anche di dare avvio ad una serie di interventi continui sul tessuto urbano che furono di tale entità da conferire a Bergamo la struttura morfologica che la configurerà per secoli e che ancora oggi la rende in larga misura riconoscibile come città medievale; tra gli interventi che furono compiuti risultano di capitale importanza vi sono: - quelli indirizzat i all'individuazione dei perimet ri urbani, con l'est ensione della cint a murat a (che ricalcò il t racciat o romano preesist ent e) fino ad inglobare i nuovi nuclei est erni alla cit t à alt a, ovvero i primi borghi che si erano sviluppati in corrispondenza delle porte urbane. - l'esecuzione di grandi opere idrauliche che, derivando un canale dal fiume Serio, circondarono l'area cit t adina della piana con il "f ossat um communis Pergami" (segno di forza commerciale), che delimit ò il confine dei borghi e avvantaggiò e accrebbe le attività artigianali e commerciali. - la medit at a scelt a di spost are nella Cit t à alt , la piazza del mercat o accant o al Duomo di S.Vincenzo e, contestualment e, di iniziare nella st essa area la cost ruzione del palazzo del Comune e della grande chiesa cittadina di S. Maria Maggiore, facendo di Piazza del Duomo il centro fisico e religioso della città; - la cost ruzione delle t orri nobiliari, segno di pot enza e dist inzione che t ut t avia, verso la fine del XII secolo con l avvent o del regime podest arile, divennero st rument i di difesa e offesa nelle lot t e secolari fra i vari nuclei di potere divisi nelle due fazioni guelfa dei Rivola e ghibellina dei Suardi; - il consolidament o della nuova part izione della cit t à mediant e la realizzazione di fondament ali servizi quali chiese e fontane, ma anche la manutenzione delle mura. Verso la met à del XIII secolo, a garanzia dello spazio agricolo della cit t à, fu realizzat o infatti un sistema fort ificat o int egrat o costituit o da canali d acqua, st ongarde, t orri e cast elli, di cui rimangono t racce nei quart ieri di Loret o e Longuelo; così come alt ri borghi, anche il borgo Canale (documentato fin dall'842), nel 1256 era difeso alla sua est remit à da una stongarda, ossia da una port a fort ificat a in genere isolat a e alla metà del XIII secolo era dotato di varie porte per l accesso al borgo, collegat e da un muro. Alle porte della città si insediarono i nuovi ordini di mendicanti, dei Domenicani e dei Francescani, sorsero nuove chiese, si aprirono piazze, la comunit à si organizzò in art i e corporazioni di mest iere, si fondarono confrat ernit e e consorzi per l'assist enza ai poveri, t ra i quali si dist ingueva per import anza e ricchezza la Misericordia Maggiore. Il t racciat o delle mura t ra la port a set t ent rionale e quella orient ale venne conservat o per alcuni secoli e solo alla fine del XIII secolo si est ese a nord fino ad abbracciare il convent o di S. Francesco e solo con la costruzione della Rocca nel 1331 arriverà a comprenderne il colle. Il periodo dell'autonomia comunale cont inuò sino alla fine del Duecent o, epoca carat t erizzat a dalla cruent a lot t a fra le famiglie di part e guelfa (Bonghi e Rivola) e ghibellina (Suardi e Colleoni), contrasti sanati con una pace nel febbraio 1307. Il periodo che va dal 1313 al 1330 si carat t erizzò da un alt ernarsi di elezioni di podest à di nomina comunale e di nomina "milanese", a seconda della situazione generale. Per difendere, ma anche per cont rollare la cit t à, si cost ruì, sull'alt ura di S. Eufemia, la Rocca (1331), simbolo del nuovo potere Signorile. Bergamo nel periodo visconteo e malatestiano Nel 1335 il podestà Barnabò Viscont i cost ruirà lungo il lat o ovest della cint a, riut ilizzando anche fort ificazioni privat e preesist ent i, l'imponente Firma Fides, meglio conosciut a oggi come la Cittadella, sancendo così il pot ere dei Viscont i sulla cit t à; sot t o il loro pot ere si complet ò alt resì la fort ificazione del Castello di S.Vigilio (1345), si restaurarono le mura della città. La Signoria dei Viscont i nella seconda met à del secolo fu carat t erizzat a da una cont inua guerriglia t ra le milizie delle due fazioni: dei guelfi (Colleoni, Rivola e Bonghi) e dei ghibellini (Suardi, Mozzo, Terzi e Lanzi), al fine di contendersi il dominio sulla città. La cit t à viene conquist at a dai Malat est a nel 1407, cui dodici anni dopo segue una rivolt a ghibellina capitanata da Filippo Maria Visconti. Nei circa cent o anni di signoria che corrono prima dell'inglobament o di Bergamo nell'orbit a veneziana non si regist rano grandi int ervent i t rasformat ivi del complessivo asset t o urbano, quant o piut t ost o un consolidarsi del rapport o dialet t ico inst aurat o fra Cit t à alt a e Cit t à bassa dove quest 'ult ima vedeva crescere popolazione e funzione produt t iva (increment at a anche dall'at t ivit à dei convent i degli Umiliat i), ment re nella prima si at t uava una serie di opere t endent i a rafforzarne il ruolo di luogo del potere e, come tale, anche da controllare. Con il nuovo ordinament o st at ut ario del 1353 la guida della cit t à viene affidat a ad un podest à di nomina signorile, che presiedeva gli ant ichi organismi comunali, il Consiglio degli Anziani ed il Consiglio Generale. In quest o periodo Bergamo divent a una pedina nel gioco diplomat ico e milit are dei grandi St at i regionali it aliani, che per un secolo si front eggiano per st abilire un equilibrio delle forze. Quest a inst abilit à consent ì a Venezia, appoggiat a dai Guelfi, di int ervenire e di occupare Bergamo dal 1428 al 1797 nonost ant e un t ent at ivo dei Viscont i per riassogget t arla nel 1437, attacco respint o dalle t ruppe venet e condotte dal capitano bergamasco Colleoni. La grande fiorit ura: l et à venet a Dalla seconda met à del secolo la Serenissima inst aurò così una dominazione (dal 1426 per le valli dal 1428 per la cit t à) carat t erizzat a da una relat iva pace, che favorì una rilevant e espansione economica, politica, sociale e artistica. All at t o della sot t omissione, Bergamo era già abit uat a a un dominio est erno e ormai l aut onomia comunale era decadut a; t ut t avia Venezia a differenza dei Viscont i evit a di giungere ad una cont rapposizione net t a con i pot eri locali ormai consolidat i; da part e sua il cet o dirigent e bergamasco, grazie al prest igio ot t enut o durant e l assedio milanese al capoluogo cit t adino, rivendicava la sua presenza in consiglio ed il godere dei pubblici uffici come suoi privilegi esclusivi. All'int erno dello St at o Venet o Bergamo era una cit t à di confine; l'obiet t ivo polit ico dei veneziani era rafforzare il confine del loro territorio di terraferma di cui Bergamo costituiva l'estremità orientale nonchè il presidio più vicino all'Impero Spagnolo. Il nuovo asset t o ist it uzionale vide la presenza in Cit t à di due rettori, di nomina veneta. Lo Statuto comunale, rinnovato nel 1430, registra la nuova situazione politica che si apre ancora con l'atto di dedizione della Cit t à, quest a volt a a Venezia; se da un lat o t ale passaggio comport ò l'inseriment o per Bergamo in un sist ema st at ale vast o e organizzat o con uno schema burocrat ico abbast anza rigido, d'alt ro cant o nella gest ione del pot ere locale, a seguit o di t rat t at ive e mercant eggiament i, Bergamo fu abile a raggiungere un lungimirant e compromesso: Venezia, a front e della garanzia del mant eniment o del cont rollo milit are e degli obblighi fiscali della Cit t à suddit a, concesse a Bergamo ampie aut onomie, lasciò sopravvivere le ant iche magist rat ure comunali, impose ai suoi ret t ori una presenza discret a; inolt re Venezia port ò avant i un'amminist razione oculat a e saggia, det t at a da una fiorent e economia che le permetteva di contare sulla fedeltà dei propri cittadini. Con l'annessione nel 1428 allo St at o veneziano iniziava per Bergamo un periodo di olt re t re secoli e mezzo nel quale, olt re al verificarsi di import ant i t rasformazioni e sviluppi del t essut o urbano, si rileva una progressiva e non marginale assimilazione della locale cult ura a quella venet a: olt re alle relazioni politiche, tra Bergamo e Venezia si intensificano infatti anche relazioni economiche e culturali. Nei suoi territori la cultura e l'insegnamento furono più liberi rispetto agli altri Stati; la cultura soprattutto art ist ica di Bergamo, che ha saput o t rarre profit t o dai rapport i con Venezia, conosce nel Cinquecent o e Seicent o moment i di grande splendore; l'int ensificarsi delle relazioni economiche e cult urali con Venezia infat t i ha fat t o sì che la cult ura art ist ica di Bergamo conoscesse nel '500 e nel '600 moment i di grande splendore, vedendo la mano di import ant i archit et t i impegnat i in nuove edificazioni, t ra le quali la cost ruzione del nuovo Duomo (Filaret e, 1459), della Cappella Colleoni (Amadeo, 1472), e di abili art ist i per gli affreschi del Palazzo Podest arile (Bramant e), nonchè della Nuova Sagrest ia di S.Maria Maggiore (Cleri Isabello). Tut t o quest o pot è avvenire poiché Venezia inst aurò una dominazione carat t erizzat a da una relativa pace, favorendo una rilevante espansione economica, politica, sociale e artistica. Sotto i Veneziani vennero complet at e le Muraine (1430-1435) e vennero unificat i gli ospedali cit t adini al polo San Marco (1447). Le Muraine, inizialment e cost it uit e da st rut t ure in legno (palizzat e e bat t ifredi), furono poi sost it uit e da opere in murat ura dai Veneziani. Il circuit o murario includeva i borghi S. Tomaso, S. Ant onio e S. Leonardo, ment re S. Cat erina, Borgo Palazzo e Borgo Canale ne rimasero esclusi; il complesso era dot at o di numerose t orri (31 quadrat e e 2 cilindriche), merlat ure, camminament i per la ronda e fossati alimentati dal torrente Morla. La costruzione a part ire dal 1561 della nuova fort ificazione veneziana, det erminat a dal declino del dominio della Serenissima nei commerci marit t imi in seguit o alla recent e scopert a della Americhe, fece sì che le Muraine venissero da allora conservat e solo come cint a daziaria, ossia per scopi fiscali e che, collegandosi alle mura ant iche della Cit t à alt a, avevano lo scopo di prot eggere anche gli insediament i sviluppat isi all'est erno delle mura medioevali, cont ribuendo così al rafforzament o del rapport o t ra la Cit t à alt a e la Cit t à bassa, rapport o che la cost ruzione della Cit t adella arroccat a sul colle aveva in qualche modo allentato. La decisione di quest o complet ament o, capovolgendo la polit ica precedent ement e seguit a dai Viscont i, fu di grande port at a perchè riconobbe Bergamo come cit t à complessiva ed unit aria, format a dalla Cit t à alt a e da gran part e egli insediament i nella piana; inolt re non può rit enersi casuale il fat t o che le Muraine seguano con il loro t racciat o il confine già segnat o in et à comunale dalla roggia Serio, il confine cioè della cit t à economica e produt t iva: le Muraine ebbero infat t i assieme ai canali, un ruolo det erminant e nella definizione della forma e dei limiti della città. Alla definit iva affermazione dell'unit ariet à del luogo urbano fa riscont ro il persist ere di quel rapport o dialet t ico che det erminerà, anche per i secoli fut uri, uno sviluppo bipolare della cit t à; in quest o senso si può affermare l'essenzialit à dei primi 50 anni della dominazione veneziana per la det erminazione di alcuni fondamentali caratteri morfologici e architettonici del tessuto storico. Gli interventi di quegli anni ebbero una straordinaria portata: - nel 1447 la decisione di unificare in un nuovo grandioso edificio gli ospedali cit t adini, chiudendo a nord il prato della fiera; - nel 1453 l'avvio della ricostruzione del Palazzo comunale (attuale Palazzo della Ragione), al fine di invert irne l'orient ament o verso la piazza (ora Piazza Vecchia) ricavat a dalla demolizione di un antico quartiere; - nel 1454 la sistemazione della piazza del borgo S. Leonardo (attuale piazza Pontida), nella quale si svolgeva lo strategico mercato della legna; - fra il 1454 e il 1465 l'inizio della sist emazione, in piazza Vecchia, del front e oppost o al palazzo della Ragione, l'avvio della cost ruzione del nuovo Duomo (in sost it uzione di quello demolit o di S. Vincenzo) e l'apert ura di una nuova sede per il mercat o con la piazza Nuova (oggi piazza Mascheroni), sul lat o est della Cit t adella viscont ea, della quale int ant o erano st at e demolit e le apparecchiature militari. A quest i se ne accompagnarono di alt ret t ant o import ant i dal punt o di vist a infrast rut t urale, primi fra t ut t i quelli idraulici. Una così ardit a opera di cost ruzione muraria aveva più una valenza polit ica piut t ost o che milit are: infat t i le dimensioni della cint a muraria erano piut t ost o imponent i, ma non sufficient ement e da comprendere t ut t a la cit t à bassa che, rimanendo esclusa, la rendeva di fat t o un'opera ut ilizzabile solt ant o per fini difensivi, e inut ilizzabile per l organizzazione di un at t acco ai vicini domini spagnoli; si t rat t ava quindi di una t acit a ammissione di rinuncia da part e della Serenissima ad ampliare i propri domini in Lombardia, anche a causa dei sempre maggiori impegni bellici profusi cont ro l'esercit o t urco: le dimensioni ridot t e difat t i non pot evano permet t ere il raggruppament o di grandi cont ingent i milit ari al punt o di pot er attaccare la città di Milano ed i territori limitrofi. Insieme a quest o proget t o, orient at o a raggiungiment o dell egemonia della Serenissima verso i commerci del cent ro Europa, vi era anche la cost ruzione della via Priula, una st rada che collegava, t ramit e la Valle Brembana, la cit t à di Bergamo (e quindi t ut t i i t errit ori della repubblica venet a) con il Cant on Grigioni, considerat o alleat o e fino ad allora raggiungibile solt ant o passando at t raverso t errit ori dominat i dagli Spagnoli, e quindi soggetti a fort issimi dazi commerciali; ancora esist ent i sono i manufat t i ant ropici della casa cant oniera di San Marco, volut a e cost ruit a dallo st esso Priuli (il podest à che ne ordinò la cost ruzione e dal quale la stada prende il nome) e la Dogana Veneta di Mezzoldo. La carest ia prima e l'epidemia di peste poi (quella descrit t a da Alessandro Manzoni ne I promessi sposi) mietono circa diecimila vittime a Bergamo nel 1630. Il Cinquecento però, dopo i primi 15 anni di carest ie, pest ilenze e devast azioni belliche, vede anche l avvent o a Bergamo di quel grande sviluppo (il numero di 31.898 abit ant i censit i nel 1578 verrà nuovament e raggiunt o solo nel 1843) che carat t erizzava allora le cit t à europee. L'economia mercant ile e finanziaria ricevet t e un nuovo formidabile impulso e se ne ebbe riscont ro nei numerosi cant ieri che interessavano la città, compreso quello gigantesco e traumatico per la costruzione delle nuove mura. Le motivazioni che spinsero il Senat o veneziano a int raprendere quest 'opera imponent e e cost osissima, sono ancora oggi oggetto di controversa interpretazione. All'inizio del XVI secolo Venezia, associandosi alla Lega di Cognac, tentò di spezzare il predominio spagnolo in It alia e le conseguent i vicende milit ari misero a nudo la debolezza della Repubblica e la necessit à di appront are st rut t ure difensive moderne in t erraferma modificandone l'asset t o st rat egico, avendo Venezia il proprio cent ro st rat egico sul mare. Viene quindi post o l'accent o sull'esigenza di prot eggere il t errit orio di confine con lo St at o di Milano; sorvegliare sulla sicurezza della nuova st rada commerciale, quella del passo di San Marco, per i Grigioni; esercit are un rigido cont rollo sociale, polit ico ed economico sugli equilibri del pot ere locale. Tut t o ciò pot è senza dubbio giust ificare la port at a di una simile, drast ica decisione. Anche a Bergamo si realizzarono quindi nuove Mura urbane (1561-1623), che sanciscono per Bergamo il passaggio da ruolo di t ransit o a luogo di confine, di est remo baluardo occident ale della Serenissima, chiarendo a t ut t i la funzione st rat egica che il pot ere cent rale assegnava alla cit t à orobica. Abbandonat o un iniziale proget t o di parziale ricost ruzione e rimaneggiament o delle mura medioevali, per il quale furono consulenti anche l'Orologi e il Malacrida e che portò nel 1561 alla realizzazione del Forte di S. Marco e di cinque nuovi bast ioni, la Serenissima st abilì di realizzare una fort ificazione in piet ra bastionata continua. La cost ruzione delle imponent i mura bast ionat e cost it uì la più clamorosa frat t ura del cont est o urbano alterando altresì nel loro aspetto naturale alcune zone di Città alta, comportando il trasferimento di molti abitanti e la rottura della continuità abitativa tra le parti della città stessa. Le nuove mura dovevano avere un est ensione di 2.944 passi (5.177 m); vennero cost ruit i bast ioni e piattaforme, mantenendo in un primo momento attivi alcuni tratti della cortina medioevale. Nel 1574 erano st at i t erminat i i dieci baluardi, le cinque piat t aforme e la port a S. Agost ino, con il pont e stabile mentre nel 1578 si terminò l'ultimo tratto di cortina sotto S. Andrea; la cerchia era quasi completa, ma non ancora adat t a alla difesa, in quant o solo t re corpi di piazza erano st at i t erminat i e dovevano ancora essere effettuati ingenti lavori di completamento. Alla mort e del cont e Sforza il Senat o venet o deliberò di complet are l'opera, incaricando dei lavori il Savorgnano; nel 1590 il capit ano Alvise Grimani pot eva annunciarne il prossimo complet ament o, pur indicando ult eriori lavori necessari: la sist emazione della fort ezza sul colle di S. Vigilio, del Fort e di S. Marco, la costruzione della strada e del ponte a porta S. Giacomo. La cost ruzione delle nuove mura richiesero complessivament e 29 anni di lavoro ed un cost o pari a un milione di ducat i; risult arono così imponent i da ot t enere il risult at o di scoraggiare le aggressioni, t ant o che non vennero mai assediat e. Le mura, che cost it uiscono una delle più significat ive fort ezze realizzat e da Venezia in t erraferma, non vennero mai ut ilizzat e per azioni milit ari pur essendo il risult at o di concezioni difensive all'avanguardia per quei tempi. Se la grande planimet ria dipint a da Alvise Cima poco prima dell'erezione delle mura rest it uisce ai contemporanei una cit t à armoniosa in ogni sua part e, la planimetria dell'incisore St efano Scolari, realizzat a verso la met à del '600, si present a molt o different e: una differenza anche di at mosfere, det erminat a proprio dalla presenza della poderosa cerchia murat a. Il disegno è molt o part icolareggiat o: alle mura della fort ezza sul colle si agganciano quelle che circondano i borghi, le Muraine con bocche da fuoco di circa cent o cannoni in dot azione lungo t ut t o il perimet ro della fort ezza, garit t e, quart ieri milit ari, polveriere, le quat t ro port e ben cust odit e e con i pont i levat oi che pot evano essere alzat i alla minima minaccia. L immagine era dunque di una Bergamo dove i baluardi erano il segno della forza e del dominio da part e di Venezia, un volto militaresco e arcigno. Cit t à alt a fu complet ament e isolat a dalle digit azioni dei borghi mediant e massicce demolizioni: fu necessario dist ruggere edifici e chiese (olt re 500 singoli edifici), compresa l'ant ica Cattedrale paleocristiana di S.Alessandro e insieme 80 case di Borgo Canale, la chiesa di S. Lorenzo, con 59 case del borgo omonimo, le chiese di S. Giacomo, S. Piet ro, S. St efano con il monast ero (t rasferit o nel 1571 nell'attuale monastero di S. Bartolomeo in Città bassa), SS.Barnaba e Lorenzino nelle vicinanze della porta S. Giacomo, il monastero di S. Domenico e la fognatura d'epoca romana. Nel 1574 le case di Bergamo erano 445 corrispondent i a circa la met à di quelle esist ent i prima della cost ruzione delle mura il cui perimet ro venne complet at o nel 1588 sot t o la guida del generale Sforza Pallavicino. Tali demolizioni comport arono il forzat o t rasferiment o della popolazione sia all'int erno della Cit t à alt a sia nel borgo S. Leonardo; fu appunt o in quegli anni che cominciarono a verificarsi in modo sensibile la crescit a in alt ezza e sul t errit orio dei t essut i abit at ivi cit t adini, fenomeno che nel t empo assumerà aspet t i parossist ici in Bergamo alt a in quant o le mura avevano sot t rat t o qualsiasi possibilit à di espansione). La volont à di riconoscere il carat t ere cent rale della cit t à fort ificat a st imola, proprio dagli ult imi anni del XVI sec. e per quasi t ut t o il successivo, la ripresa di numerose realizzazioni nell'ambit o dei pot eri polit icoamministrativo e religioso; per quest'ultimo in particolare si può parlare di una rapida espansione che, con la creazione del Seminario vescovile e dei conventi di Sant'Agata e del Carmine, monopolizzò attraverso un fronte continuo una larga fascia resa libera dal nuovo perimetro murato. In realt à, con l'allont anarsi del pot ere reale, cioè quello economico, dalla cit t à alt a l'impegno venet o era indirizzat o a t rasformarla in una sort a di sede di rappresent anza del pot ere; sono t est imonianza di t ale int enzione i nuovi pont i di piet ra di accesso alle port e della cit t à e soprat t ut t o il rapido diffondersi dei grandi palazzi della nobiltà terriera nella fascia sud che domina la città bassa. Cont emporaneament e all'edificazione delle mura dunque, grazie ad uno st raordinario periodo di prosperit à economica, s'int raprese un'opera di rinnovament o dell'abit at o e delle sue ist it uzioni; se da un lat o infat t i la cint a bast ionat a limit ò lo sviluppo della Cit t à alt a (che assunse sempre più un ruolo di rappresent anza polit ica e religiosa), indiret t ament e avvant aggiarono la Cit t à bassa che vide una sempre crescent e presenza di at t ivit à economiche, nonché la cost ruzione di residenze dei cet i ricchi e alloggi per operai e art igiani con conseguent e increment o edilizio dei borghi, sia all'int erno, sia (borghi Palazzo e S. Caterina) all'esterno delle Muraine. Lo sviluppo edilizio si t rasferì soprat t ut t o at t orno al luogo che andava assumendo sempre più import anza commerciale, ovvero il "Prat o di S. Alessandro", di cui nel 1676 venne sancit o ufficialment e il passaggio da fiera a mercat o cit t adino. Nel 1620 iniziarono così i lavori per l'abbelliment o di quest a zona, ma la maggior part e dei lavori vennero effet t uat i t ra il 1734 e il 1740, quando fu realizzat a la Fiera di Piet ra, capace di ospitare circa cinquantamila visitatori. Nel processo di specializzazione delle due aree urbane si inserì un fat t o nuovo e di clamorosa port at a archit et t onica: la t rasformazione del t rat t o int ermedio del borgo Pignolo (post o a met à st rada fra la cit t à bassa e la alt a) in una sequenza cont inua di lussuosi palazzi residenziali dell'arist ocrazia mercant ile, lo st esso cet o da cui venne lo st imolo più import ant e allo sviluppo di quella pit t ura di rit rat t o che renderà celebre Giovan Bat t ist a Moroni, così come la commissione a Lorenzo Lot t o della grande pala posta oggi nella chiesa di San Bartolomeo. Nel 1604 viene inolt re affidat o allo Scamozzi il complet ament o dei lavori di rifaciment o di Piazza Vecchia e anche la costruzione del Palazzo della Cancelleria, corrispondent e all at t uale Bibliot eca A. Mai. Già dal XVI secolo, prende avvio quella che sarà la lunga decadenza della Repubblica venet a, che perde la sua compet it ivit à commerciale da una part e per il parziale dirot t ament o dei capit ali verso invest iment i fondiari nell'ent rot erra e, dall'alt ra, per l'ormai scarsissima propensione a viaggiare degli uomini d'affari veneziani. Il chiaro moment o di rot t ura nei rapport i t ra Venezia e Bergamo fu rappresent at o dalla pest e del 1630: per rispondere alla grave congiunt ura demografica det erminat a dall epidemia, dalla crisi generale segnat a da un ciclo di bassi prezzi in agricolt ura, dalla chiusura di alcuni mercat i int ernazionali, dall accresciut a concorrenza delle manifat t ure est ere e dalla t endenza a spost are il cent ro dell economia e della societ à da Venezia alle cit t à di Terraferma e nelle aree rurali, la Serenissima cercò di imporre sempre più carichi fiscali a scapit o di cit t à come Bergamo; da una part e permangono le concessioni di Venezia, ad esempio alle manifat t ure della lana, dall alt ra vi è però il tentativo di frazionare da un punto di vista fiscale il territorio per poter meglio governare. Parallelament e si assist e allo sviluppo di una borghesia cit t adina e di una nobilt à cult uralment e più moderne e quindi sempre meno disposte ad accettare un dominio straniero. Con la cadut a della Repubblica di Venezia nel 1797, vedendo Bergamo rapidament e esaurirsi due t radizionali support i della sua economia (il commercio di t ransit o da Venezia verso la Svizzera e la manifat t ura legat a al set t ore laniero), essa punt erà al rilancio della sua t radizione commerciale e finanziaria, dirot t ando gli invest iment i nella produzione della set a filat a; la Fiera, dunque, cont inua a essere il perno dell'economia e insieme sempre più diret t ament e coinvolt a nel progressivo consolidament o del centro cittadino. Il ritorno delle arti a Bergamo durante l occupazione francese L influsso francese sulla cit t à di Bergamo è st at o declassat o dalla st oriografia t radizionale, ment re alt ri t eorici hanno richiamat o l at t enzione sulle st rut t ure sociali del periodo, in modo da impost are un discorso più ampio sulla societ à e sullo st at o, sulla classe dirigent e e sulle scelt e polit iche, t ut t i element i che andranno ad influenzare profondament e anche i mut ament i cult urali dell epoca. Nel 1796 cade il dominio veneziano su Bergamo, cui fa seguit o la breve esperienza della Repubblica Bergamasca, della Repubblica Cisalpina (Dipartimento del Serio) e del Regno d'Italia. Sia durant e il periodo napoleonico che quello aust riaco, Bergamo assume un nuovo ruolo rispet t o al passato, trasformandosi da città di confine ad una diversa relazione con il resto della Lombardia. Nei migliori st udi vengono menzionat i i giacobini, import ant e moviment o di cui mancano le t est imonianze per quel che riguarda l area bergamasca, per met t ere in evidenza chi furono i gruppi sociali che aderirono al mot o rivoluzionario e quelli che invece ne rimasero fuori, int egrandosi in seguit o alla compagine napoleonica, port at rice di un nuovo equilibrio sociale; non si può parlare di uno schierament o di nobili ed ecclesiastici contro la classe borghese, ma certo i più recenti filoni storiografici ribadiscono la necessità di un chiariment o sulle modalit à e le t empist iche dell affermarsi del predominio borghese su quello nobiliare. Uno dei pochi st udi fat t i nell ambit o lombardo (t ut t a la realt à socio-economica del periodo napoleonico non era st at a ogget t o di part icolare int eresse) met t ono in evidenza da una different e angolazione non il problema ast rat t o di un progresso o regresso della vit a economica di quel periodo, ma invece le novit à incident i sul vecchio equilibrio della societ à arist ocrat ica, quali l innovazione tecnologica, l iniziale crescit a di nuovi poli di at t razione e di sviluppo, la nuova ment alit à degli operat ori economici. In quest o periodo infat t i si ha not izia di un fort e rilancio del set t ore t essile, della filat ura della set a che proprio nella bergamasca ebbe luogo; dunque l et à napoleonica diede not evole impulso ai processi economici già precedentemente avviati. In quest o periodo, in part icolare dal 1802, si ebbe un mut ament o anche dal punt o di vist a dell asset t o fondiario nel nuovo ordine sociale, che deve essere messo in relazione alle t rasformazioni int erne legat e alla vendit a dei beni nazionali, dell eversione della feudalit à e la divisione delle t erre comunali nella generale affermazione di un nuovo concet t o di propriet à; ciò ha condot t o all elaborazione di dat i quant it at ivi ut ili per far luce sulle modifiche del regime fondiario e sui conseguent i mut ament i delle strutture sociali. Tra i problemi sociali dell epoca vi erano quelli dell analfabet ismo e della pubblica ist ruzione, sebbene l et à napoleonica port ò alla promozione dell ist ruzione soprat t ut t o media ed universit aria, scelt a ant ipopolare e ant idemocrat ica, ment re con l avvent o del Regno It alico i proposit i di razionalizzazione delle st rut t ure st at ali e di st at alizzazione della scuola det erminarono un aument o della scolarizzazione primaria. L'influenza francese appena insediat a si fece sent ire anche dal punt o di vist a della nuova riorganizzazione del pot ere municipale: al Comune vengono assegnat i compit i nei campi dell'ist ruzione, dell'assist enza, del cont rollo anagrafico, che erano prima di quasi esclusiva compet enza di organismi carit at evoli ed ecclesiast ici; viene aggiornat a secondo nuovi e più moderni crit eri la gest ione del fisco e int rodot t a la regist razione cat ast ale delle propriet à immobiliari; vengono complet ament e riorganizzat i gli uffici comunali e infine vengono int rodot t e la nuova figura del Segret ario generale e l'uso del prot ocollo nella scrittura degli atti comunali. Con la Restaurazione Bergamo cade dunque nella sfera austriaca del Regno Lombardo-Veneto; con l'occupazione francese inizia un periodo di rist agno dello sviluppo urbano (che riprenderà più avant i con il Regno Lombardo-Veneto e nel periodo successivo dell'occupazione aust riaca); t ut t avia, liberat asi del dominio veneziano e dopo l'effervescent e esperienza della Rivoluzione Bergamasca, la cit t à di Bergamo vedrà cambiarsi completamente volto. Sull onda rivoluzionaria che diffondeva un apert ura ad una modernit à at t raverso la cost ruzione di opere ut ilment e pubbliche, ent ro il primo decennio dell Ot t ocent o si eressero una serie di edifici che rient ravano in quel processo di espansione delle infrast rut t ure e dei servizi che è propria della polit ica urbanistica napoleonica. In quest ot t ica di riorganizzazione dei centri di potere, a Leopoldo Pollack viene affidata la risistemazione ad uso di carcere dell enorme complesso edilizio dell ex convent o di S. Agat a, complesso convent uale eret t o dai Teat ini nella prima met à del Seicent o, adibit o a carcere dal 1797 al 1977 (il proget t o verrà realizzato solo per piccoli lotti). L archit et t o aust riaco firma anche il proget t o del Teat ro della Societ à, quel Teat ro Sociale, realizzat o t ra il 1806 e il 1809, che prenderà corpo all int erno di una delle più complesse operazioni edilizie sperimentate nel cuore della cit t à ant ica; si assist e anche all opera di rifaciment o del t eat ro Riccardi, ricost ruit o dopo un t erribile incendio e riapert o al pubblico nel 1799, nonchè alla cost ruzione del teatro Cerri all int erno di Palazzo Vecchio. In quest o periodo ai margini della cit t à ant ica, nello st orico borgo di S. Tomaso, l Accademia Carrara, fortemente volut a dal cont e Giacomo Carrara, assume più nobile forma su disegno di Simone Elia (concludendosi nel 1810) e, al di fuori delle Muraine, il soppresso convent o dei francescani di S. Maria delle Grazie viene trasformato nel 1811 in Albergo per i poveri. Si provvede inolt re all edificazione di una st rada di circonvallazione fuori delle Muraine, e in Cit t à alt a alla sostituzione dei ponti lignei di accesso alle porte con quelli in muratura e alla loro definitiva apertura, infine alla velocizzazione del viale alberat o da port a San Giacomo a port a Sant Agost ino, dove vengono realizzati spazi verdi pubblici. Dal punt o di vist a polit ico la fine della dominazione venet a fu sancit a a Bergamo il 22 marzo 1797, giorno in cui fu ordinat a la dist ruzione di t ut t i gli st emmi dell ant ico dominio venet o, nei luoghi pubblici come in quelli privat i; anche la sat ira locale, rappresent at a dal bergamasco Arlecchino e dal veneziano Pant alone, ben simboleggia l at mosfera dal t empo. In seguit o venne ist it uit a la pur breve Repubblica Bergamasca, così come la cacciat a venet a era avvenut a anche a Vicenza, Padova, Rovigo, Treviso e Udine in cui si istituì il governo della Repubblica. Art i bergamasche nel 600 e 700 Il Seicent o a Bergamo significa Carlo Ceresa ed Evarist o Baschenis, ment re t ra il 600 ed il 700 si ripet e a Bergamo lo stesso fuorviante eccletismo che si era riscontrato alla scomparsa del Lavagna e del Salmeggia, e le figure di spicco si ident ificano nel Cifrondi e nel Vit t ore Ghislandi det t o Fra Galgario. Nella loro diversit à essi t est imoniano due grandi capit oli della pit t ura bergamasca nonost ant e Bergamo non disdegnasse la commissione di opere di art ist i forest ieri; per più di 50 anni nella provincia orobica divent ò sost a o addirit t ura seconda pat ria di innumerevoli art ist i: il quart et t o veneziano Tiepolo, Pit t ori, Diziano, Fontebasso è fort ement e rappresent at o negli affreschi della Cappella Colleoni in cui essi operarono. In quest a sit uazione di grande fervore cult urale Fra Galgario operò isolat o in un monast ero, sit uazione curiosa dalla quale inizia il suo percorso e linguaggio poetico. Neppure in questo secolo dunque a Bergamo si svilì l amore per l art e e soprat t ut t o per la pit t ura, come la danza macabra dipint a su una casa seicent esca a Cassiglio così come la decorazione pit t orica di S.Maria Maggiore; nel corso del secolo poi, essendosi raffinato il gust o per l art e, la Cappella Colleoni si arricchì di nuovi dipint i e le raccolt e privat e di quadri si arricchirono e la passione di un mecenat e come il Cont e Carrara offrì alla cit t à un not evole pat rimonio, frut t o di anni di collezionismo in It alia e all estero. Fra gli architetti illustri si ricordano Leopoldo Pollack, autore del Teatro Sociale nel 1806 e partecipante al concorso per la nuova Accademia Carrara vint o poi dall Elia e Cost ant ino Gallizioli, aut ore di opere per chiese come le cantorie di S.Bartolomeo e del primo progetto di ampliamento della stessa Carrara. La sit uazione set t ecent esca rivela anche un nuovo spirit o di mecenat ismo che dalla seconda met à del secolo si diffuse per opera di mecenat i illuminat i, il cui sviluppo a Bergamo fu favorit o dall assidua frequenza di illust ri art ist i come già indicat o e dalla consuet udine che ebbero nobili famiglie che, liberandosi dalla abit uale gret t ezza della piccola vit a cit t adina, permisero la formazione di un allargat o orizzonte di pensiero e di aspirazioni. Esempio mirabile di quest o at t eggiament o si riscont ra nella figura del cont e Giacomo Carrara, uno dei più ist ruit i personaggi bergamaschi dell epoca che appunt o per il suo spirit o singolarment e liberale, diffuse at t orno a sé la sua cult ura, il suo gust o e le sue conoscenze non solo privat ament e ma anche allo st esso pubblico (ancora rist ret t o all epoca). Dal Lombardo-veneto all Unit à d It alia e Bergamo Cit t à dei Mille Il Congresso di Vienna del 1815 rende Bergamo part e del Regno Lombardo-Veneto e capoluogo dell'omonima provincia. Inizialment e gli aust riaci vennero accolt i come i rest aurat ori dell'ordine, la cit t à ricevette nel 1816 e nel 1825 la visita di Francesco I. In occasione della visit a nel 1838 Ferdinando I d'Aust ria, accompagnat o da olt re 200 fra duchi e nobili di ogni genere, vi fu una fest a con luminarie, spet t acoli e cerimonie; in ricordo di quest a visit a furono innalzat i i propilei di Port a Nuova e la st rada che dalla st azione (non ancora esist ent e: arriverà nel 1857) saliva fino a Porta S. Agostino, chiamata Via Ferdinandea. All'epoca la città contava 30.000 abitanti. Ormai Bergamo, che cont ava all epoca 30mila abit ant i, era cost it uit a da due cit t à: la part e alt a abit at a dai nobili in ricchi palazzi e da quella part e bassa carat t erizzat a dai borghi: S. Leonardo, abit at o dai commerciant i, S. Ant onio, Pignolo, S. Tommaso, S. Cat erina. Nei quat t ro secoli di dominazione venet a l'art e, la pit t ura, la scult ura, il gust o del bello avveniva solo nei palazzi, nelle chiese e negli edifici pubblici. Il periodo di dominazione asburgica favorì l'indust rializzazione del t errit orio, anche grazie agli invest iment i di famiglie aust riache che si t rasferiscono a Bergamo (Legler, Frit z, Von Wunst er), introducono la coltivazione del baco da seta e impiantano filande e manifatture. Nel marzo 1848, in cont emporanea con le Cinque giornat e di Milano, anche a Bergamo vi furono moti insurrezionali; in seguit o in cit t à arrivarono Garibaldi per prepararne le difese e Mazzini, che t enne un discorso in Piazza della Legna (piazza Pont ida). Tornarono però anche gli aust riaci in numero maggiore: i pat riot i bergamaschi dovet t ero così rifugiarsi in Svizzera e coloro che rimasero furono fat t i prigionieri e giust iziat i nel cort ile della Rocca o alla Fara; l'8 giugno 1859 Giuseppe Garibaldi fa il suo ingresso nella cit t à, ponendo fine al dominio aust riaco; Porta San Lorenzo da cui passò venne ribat t ezzat a Port a Garibaldi in suo onore. Nel 1859, in seguit o alla seconda guerra d'indipendenza, la Pace di Zurigo dispose l'annessione di Bergamo e di gran part e della Lombardia al Regno di Sardegna. La provincia di Bergamo fu ridot t a, con il passaggio della Val Camonica alla provincia di Brescia. Il 22 agost o 1859 Vit t orio Emanuele II visit ava Bergamo: Cit t à Alt a fu illuminat a a giorno da ben 50.000 fiaccole, ment re l'anno successivo 174 bergamaschi part ono con Garibaldi nella Spedizione dei Mille, distinguendosi per il loro valore tanto che la città assunse da allora l appellat ivo di Cit t à dei Mille. Nel 1872 la sede del comune viene t rasferit a nella cit t à bassa che aveva ormai assunt o t ut t i i carat t eri di un centro urbano; nel 1887 entra in funzione la Funicolare di Bergamo Alta che attraversa le mura, seguita nel 1912 dalla seconda Funicolare di Bergamo, quella di San Vigilio. Nel 1901 vengono demolit e le Muraine, che svolgevano la funzione di dogana fino a pochi anni prima e viene costruita la strada di circonvallazione attorno alla città, t est imonianza dell aria di rinnovamento che il 900 avrebbe port at o. Bergamo nel XX secolo La grande t rasformazione ot t ocent esca della cit t à, lo spost ament o delle funzioni economiche verso la cit t à bassa, dove si concent rano gli ent i finanziari, è regist rat o in maniera efficace dal Catasto LombardoVenet o del 1853, la cui let t ura consent e di verificare consist enze pat rimoniali, presenze manifat t uriere e di avere informazioni sulla localizzazione di famiglie e di enti. A t est imonianza dei grandi e profondi cambiament i di quest o periodo t ra il 1857 e il 1900 si realizza il primo collegament o ferroviario t ra Bergamo e i cent ri maggiori della pianura (Milano, Brescia, Lodi, Lovere) e con i t errit ori delle due valli a nord (Seriana e Brembana); al conseguent e consolidament o dei rapport i con i cent ri commerciali circost ant i è connesso un rinnovament o del ruolo t errit oriale di Bergamo così che la nuova scala a cui si pongono le relazioni int erne ed est erne st abilisce un immediat o riscont ro t ra i carat t eri della economia locale e quelli di un sist ema economico-produt t ivo più complesso e cert ament e più avanzat o rendendo così definit ivament e obsolet a la Fiera come perno economico della città. Tra il 1900 e la Prima Guerra Mondiale, in seguit o all abbat t iment o della cint a daziaria delle Muraine (1901) e alla cost ruzione di nuove vie di penet razione, l'espansione urbanist ica della Cit t à Bassa crebbe ulteriormente. Tra 1912 e 1927 viene realizzat o il proget t o di t rasformazione urbana del 1907 di Marcello Piacent ini: la fiera di Sant 'Alessandro, rimossa, si t rasforma nel nuovo cent ro cit t adino, sull'asse t ra la st azione ferroviaria e Cit t à Alt a, con la cost ruzione del Palazzo della Banca d'It alia (1912-14), del Palazzo della Camera di Commercio (1924), della Torre dei Cadut i (1924) e del Palazzo di Giust izia (1927). Nel 1928 viene costruito lo stadio comunale, terreno di gioco dell'Atalanta (squadra fondata nel 1907). Le t rasformazioni urbane cont inuano durant e il periodo fascist a con la cost ruzione del Palazzo Lit t orio (1938) e della t orre dell'autostrada (1939); del 1934 è il piano di risanament o di Cit t à Alt a e Bergamo ingloba amministrativamente alcuni comuni vicini: Longuelo, Redona e Colognola. Nel periodo compreso fra le due guerre, rilevant e è l aggregazione dei comuni limit rofi e la risoluzione per la nuova sist emazione urbanist ica del cent ro cit t adino, avvenut a mediant e la realizzazione del cent ro piacentiniano (1914 - metà anni '30). A part ire dal secondo dopoguerra (la cit t à fu risparmiat a da devast azioni non subendo alcun bombardamento) crebbe la necessit à di creare una pianificazione t errit oriale che si concret izzò con la redazione del primo piano regolat ore generale della cit t à del 1951-56, a firma di Giovanni Muzio e Morini, che int ende sbloccare la cit t à verso orient e in direzione delle valli, verso occident e in direzione di Ponte San Piet ro e soprat t ut t o verso Sud olt re le linee ferroviarie (idea che viene accant onat a in fase di realizzazione). Il piano prevede uno sviluppo per azzonamento, con un'espansione a 180.000 abitanti entro il 1981, at t raverso la cost ruzione di quart ieri periferici aut onomi e limit at i quali cit t à sat ellit e. Già nel 1961-1964 si provvede alla revisione del precedent e piano regolat ore, per conciliarne le previsioni con l'effet t ivo sviluppo della cit t à, avvenut o verso ovest e nord-est (Longuelo e Valt esse) piut t ost o che verso sud, olt re la ferrovia, secondo una urbanizzazione a mezzaluna. Il nuovo piano prevede un cent ro direzionale sull'area olt re la ferrovia ma, nuovament e, la realizzazione è compromessa dalla mancanza di accordo con le FS. In concomit anza con il Piano Regolat ore Int ercomunale del 1963, il nuovo programma di revisione del PRG del 1965 prevede uno sviluppo lineare dell'abit at o lungo l'asse della ferrovia Brescia-Milano; quest o piano regolatore, st eso t ra 1965 e 1969 da Giovanni Ast engo e Dodi e approvat o nel 1972, int roduce un modello di sviluppo per poli, basat o sullo sviluppo dei paesi dell'hint erland, di cui Bergamo si pone come cent ro mot ore dell'area met ropolitana, per uno sviluppo t ot ale fino a 150.000 abit ant i per il comune e 400.000 per l'hint erland. Il piano prevede anche il recupero di Cit t à Alt a e dei Borghi, e dell'ambient e nat urale della cit t à, at t raverso il Parco dei Colli di Bergamo. Un' aut ost rada urbana sopraelevat a avrebbe dovut o collegare la Briant ea, la St azione e il rondò delle valli, ment re a sud della St azione, al solit o, si sarebbe dovuto sviluppare un centro direzionale. È del 1972 l'apert ura dell'aeroport o civile di Orio al Serio, la creazione di un cent ro direzionale olt re la ferrovia ed il pot enziament o del collegament o t ra la cit t à e l aeroport o di Orio al Serio. Gli anni '70 e '80 vedono l'espansione dell'area urbana, con la cost ruzione delle case popolari 167 in diversi quart ieri, t ra cui Loret o (Bergamo) e Celadina. Vengono inolt re int rodot t e le circoscrizioni cit t adine: inizialmente 9, quindi 7, dal 2009 solo tre. Negli anni novant a Bergamo approva un t erzo piano regolat ore, su proget t o di Bernardo Secchi e Vittorio Gandolfi, elaborat o t ra 1995 e 1999, un piano di conservazione e t rasformazione della cit t à int ensa come insieme di sist emi; esso indica il posizionament o del nuovo ospedale prima alla Mart inella e quindi alla Trucca, dell'università nel polo ospedaliero, della nuova fiera alla Celadina e del palazzo di giust izia nei pressi della st azione, ment re individua un sist ema di parchi di cont orno (parco sud, parco est , parco ovest). Oggi Bergamo bassa ha assunt o la configurazione di una cit t à che si est ende a semicerchio nell'int era pianura ant ist ant e il colle; le moderne espansioni urbane si sono diramat e nel corso del t empo seguendo sia le ant iche diret t rici dei borghi sia le zone agricole post e fra di loro che le aree at t igue alle vie di collegamento con le più importanti città lombarde e con le valli. CAPITOLO II Storia del museo ed esperienze museali europee Significato di museo e trasformazioni del suo significato nella storia Il significat o di museo nel corso del t empo ha assunt o different i accessioni t ant o che t roppe e forse inadatte sono le definizioni oggi che lo definiscono. A partire dal 1400 esso assume differenti significati ed è possibile ut ilizzare la definizione di museo per capire le connessioni t ra i vari periodi, le scelt e e le giust ificazioni cult urali ed ideologiche che hanno port at o al significat o di museo moderno così come lo si intende oggi. Origini e formazione Fin dal passat o si è sempre fat t a la dist inzione t ra il t ermine raccolt a e museo, in quant o quest a comprensione chiarisce differenti aspetti altrimenti incomprensibili nel corso delle epoche storiche. Il t ermine raccolta, int eso come collezione di ogget t i al solo scopo di possesso e a beneficio privat o, precede il concet t o di museo che, int eso invece come collezione di ogget t i dest inat i alla conservazione della memoria st orica e allo scopo di ricerca a fini cult urali, nasce nel t ardo Rinasciment o. Dunque fin dall ant ichit à, dalle iscrizioni t ombali egizie ai doni vot ivi dell ant ica Grecia, dai bot t ini di guerra ai t esori vot ivi espost i nelle chiese e monast eri, le raccolt e erano un mezzo valido e molt o efficace per st upire e avvicinare le masse alle credenze religiose. E dal Rinasciment o, ossia dal passaggio t ra quel periodo not o come Et à di mezzo t ra il mondo classico greco-romano, al moviment o di t ransizione cult urale, economica e polit ica che nasce in alcune cit t à del Nord It alia che da il via all ascesa della borghesia; quest o nuovo periodo è carat t erizzat o da un event o non indifferent e ossia la scelt a di un passat o che, individuandosi nella nuova scopert a della cult ura neoclassica, det erminano da un lat o un increment o delle collezioni privat e in seguit o alla riscopert a del valore dei repert i archeologici e ogget t i di pregio, dall alt ro un mut ament o e rinnovament o del pensiero degli int ellet t uali dell epoca. Il concet t o di scelt a del passat o significa che le classi sociali di una det erminat a epoca scelgono fra la st oria del passat o e i mit i int erpret at i in forma di st oria t ra quelli in cui t rovano analogie, indipendent ement e dal loro cont enut o. E su quest a analogia t ra cult ura classica e present e che opera l uomo rinasciment ale: la riscopert a del passat o non viene int esa come una sort a di revival (come sarà nell eclet t ismo e nel t ardo neoclassico), ma come scopert a dell ident it à odierna nel suo rapport o con il passato. In seguit o, con il sorgere delle Signorie e l ascesa delle dinast ie nobiliari it aliane, il collezionismo privat o assunse forme ben più ampie, orient andosi verso il piacere di possedere le opere e si avviò quel processo per cui le collezioni vengono ut ilizzat e come forma di invest iment o economico; si formano così grandi collezioni di opere nelle principali cit t à it aliane: Firenze, Milano, Urbino, Mant ova acquisiscono così prestigio e potere economico e politico anche grazie ad esse. L idea di museo vero e proprio non è present e in quest o periodo, in quant o nello spirit o dei collezionist i non vi è ancora il problema di organizzare le raccolt e in un cont enit ore, ma alcune pot ent i famiglie (i Medici a Firenze e i Mont efelt ro a Urbino) operavano una polit ica che accomuna in un cert o senso il collezionismo con il pensiero e la produzione art ist ica, avvicinandosi sebbene lont anament e ad uno dei concet t i che compongono il museo moderno; le cort i rinasciment ali divent ano quindi luogo di incent ivazione della produzione art ist ica ed alla cult ura umanist ica avvalendosi dell opera di art ist i ed int ellet t uali, per i quali le collezioni sono st rument i di promozione cult urale. Alla cont emplazione gli artisti rinascimentali contrappongono la ricerca, il superamento del noto per una maggiore conoscenza. Le prime azione verso la t ut ela dei pat rimoni art ist ici si evidenziano nello St at o Pont ificio, con un edit t o at t o a salvare dalla dist ruzione per il riuso dei mat eriali ant ichi; con l avvent o di papa Sist o IV (1471) si at t ua una polit ica nuova di salvaguardia del pat rimonio art ist ico della capit ale che t ende a limit are il collezionismo privat o a favore di un imposizione del monopolio della Chiesa sugli ogget t i ant ichi. In quest a ot t ica nasce forse il primo museo in ordine cronologico, il Museo Capit olino a Roma, anche se la sua nascit a avviene più per mot ivi polit ici che in un ot t ica museologica, in quant o era una rispost a all affermazione della cort e papale come unico erede polit ico-cult urale dell impero. In cont rast o con la polit ica cult uale accent rat rice del Papat o e delle different i cort i, esist e un esempio in cui la libera at t ivit à di raccolt a e ricerca di un privat o port a alla cost it uzione di quello che si può a t ut t i gli effet t i definire un museo vero e proprio. Si t rat t a dell umanist a Paolo Giovio che, t ra il 1520 e il 1540 circa, raccoglie una propria collezione di rit rat t i di hominus famosi dell epoca e li organizza nel proprio palazzo a Como, palazzo creat o apposit ament e per cont enere circa 150 dipint i divisi in different i categorie, esposti al pubblico per un periodo di tempo con tanto di didascalie e indicazioni biografiche dei loro aut ori; l obiet t ivo principale di Giovio, che poi appart iene al concet t o di museo moderno, era preservare e mant enere inalt erat e la cult ura e la memoria st orica del passat o, at t raverso le opere che gli art ist i di un periodo hanno lasciat o preservandoli dall oblio. La novit à ancora più import ant e è il met odo classificat orio che, a differenza dei Wunderkammer t edeschi, carat t erizza il lavoro di Giovio, il quale inserisce nella cornice classica del Tempio opere secondo un crit erio museografico che cost it uirà un modello per le innumerevoli collezioni del 1600. A Firenze, in seguit o alla mort e di Lorenzo il Magnifico, viene cost it uit a una nuova collezione di opere d art e pit t orica e d archeologia nella nuova sede di Palazzo Vecchio e nel nuovo Palazzo degli Uffizi, iniziat o nel 1559, quale nuova sede delle amminist razioni dello st at o e nel nuovo Corridoio Vasariano che collega l Arno a Palazzo Pit t i. Francesco I, proget t a la rist rut t urazione a museo delle sale superiori degli Uffizi e anche la cosiddet t a Tribuna, una grande sala ot t agonale di esposizione con cupola e lant erna, decorat a con simboli rievocant i la nat ura e cont enent i dipint i di Raffaello, Andrea del Sart o, Pont ormo, e alt ri svariat i art ist i. Da t est imonianze dell epoca si comprende che il museo degli Uffizi doveva essere complet o e ben organizzat o dove, accant o a dipint i, ogget t i e st at uaria, vi erano anche ogget t i scient ifici, armi e materiali di astronomia. Un alt ro caso rilevant e successivo e sull esempio del caso gioviano, è quello di Ulisse Aldrovandi e il suo museo enciclopedico a Bologna il quale, pluriscienziat o in varie discipline, riesce ad ist it uire un museo di scienze nat urali nel 1568; il museo ero basat o sulla classificazione degli esemplari dei t re regni nat urali e, nel corso del t empo, divent erà la raccolt a nat uralist ica più ampia e complet a che sia possibile visit are in Italia e Europa. Tra la met à del 500 e il 1600 fioriscono le iniziat ive privat e in fat t o di museologia; in part icolare è int eressant e not are come, con la formazione dei grandi St at i Nazionali, le famiglie reggent i cercano di est endere le proprie raccolt e import ando le collezioni degli st at i occupat i o acquisendole da collezioni privat e, anche se è chiaro che t ut t e quest e raccolt e non possono essere chiamat e pubbliche in quant o accessibili solo ad una ristretta cerchia di intellettuali. Ment re a Roma nell arco del XVII secolo art ist i come Bernini e Borromini accrescono le produzioni art ist iche e fioriscono le collezioni e i musei, in molt e cit t à d It alia l invasione st raniera port a ad un depauperament o e spoliazione delle ant iche raccolt e di cort e, con l unica eccezione della capit ale in cui le opere sopravvissero alla dispersione grazie a norme vincolant i che non consent ivano l alienazione delle opere e obbligavano la loro trasmissione agli eredi tramite testamento. In seguit o alla Cont roriforma, ment re i gesuit i cost ruisco universit à e collegi a Roma e nei cent ri del Nord Italia rafforzando in quest o modo l egemonia cult urale dell ordine e il rapport o con il pot ere, a Milano l arcivescovo Borromeo ist it uisce nel 1618 la Bibliot eca Ambrosiana, luogo per la promozione e divulgazione dell art e figurat iva, basat a sui nuovo canoni est et ici; essa, affiancat a dalla scuola d art e, viene arricchit a di opere d art e di scult ura, dipint i e disegni olt re a copie degli art ist i più not i del passat o, sist emat i apposit ament e in un locale che divent a esso st esso un piccolo museo di pubblica fruizione, il cui ordinament o viene document at o anche in un cat alogo, il Maeuseum , scrit t o dallo st esso Borromeo nel 1625. Le due isit uzioni proseguono dunque parallelament e, la bibliot eca con alcune sale a museo come luogo di conservazione e apprendiment o, la scuola come cent ro di formazione alla produzione art ist ica, at t raverso l apprendiment o e l approfondiment o dello st udio delle opere espost e. Dunque la Pinacot eca Ambrosiana divent a un reale esempio di una macchina cult urale ent ro la quale è possibile at t uare una fusione t ra conoscenza e prassi e divent a così un esempio di modello riproducibile per una nuova fisionomia di musei del futuro. Il XVIII, le esperienze in Europa Le condizioni economiche t ra la fine del XVII secolo e l inizio del successivo in It alia port arono ad un depauperament o delle collezioni di cort e, in seguit o alla dispersione e alla vendit a di numerose opere d art e. Cont emporaneament e in paesi come la Francia e l Inghilt erra, che all inizio del 700 possedevano le più ricche collezioni, conseguent ement e ad una rinnovat a condizione cult urale e di pot ere, si apre un periodo di innovazione nella storia della cultura e dei musei in Europa che influenzerà il decorso dei secoli successivi. In part icolare fu il XVIII secolo il periodo in cui meglio si evidenzia quel percorso di rinnovament o cult urale che port erà alla formazione del pensiero museologico moderno; l It alia non verrà però investita direttamente da questo rinnovamento culturale, superata nel tempo dalle spinte innovatrici dei paesi st ranieri che faranno da guida d ora in poi alle decisioni it aliane. In Inghilt erra nasce nel 1753 il Brit ish Museum, il primo museo nazionale d Inghilt erra con sovvenzione st at ale, diret t o da scienziat i e ricercat ori che svolgono la loro at t ivit à e che ent ro orari prest abilit i durant e la set t imana è possibile visit are da part e di una cerchia rist ret t a di st udiosi che hanno la possibilit à di osservare diret t ament e l at t ivit à di ricerca. Al cont rario delle precedent i esperienze it aliane e st raniere, il Brit ish nasce non come luogo di esposizione permanent e, ma come esperienza at t iva di un museo-laborat orio cost it uit o non da st at iche collezioni, ma dall at t ivit à di uomini che lavorano ai problemi proposti. Le esperienze berlinesi del Kaiser Friedrich Museum e parigine del Louvre t est imoniano l est ensione del collezionismo prat icat o da privat i arist ocrat ici e borghesi, che collezionano le loro collezioni con crit eri basat i sull organicit à e la coerenza d esposizione olt re che sulla qualit à est et ica, avvalendosi della nuova figura dell int endit ore, espert o conoscit ore delle opere d art e a servizio del collezionist a. I due t emi del conoscit ore d art e e del collezionismo privat o carat t erizzano la cult ura set t ecent esca in cui il primo ident ifica un nuovo rapport o con l opera d art e che divent a essa st essa argoment o di dibat t it o olt re che di cont emplazione, il secondo consent e la nascit a di numerose raccolt e d art e in t ut t a Europa, molte delle quali diventano di pubblica visione e quindi di pubblica utilità. Il fat t o che il museo debba essere un bene pubblico,fruibile da chiunque lo voglia visit are nasce da una decisione polit ica francese ed in part icolar modo dalle idee illuminist iche successive alla Rivoluzione Francese; la nascit a del Museo del Louvre con il suo primo allest iment o risale all epoca di Luigi XIV il quale, olt re ad organizzare l esposizione, consent e l ingresso anche a st udent i della scuola d art e e a pochi art ist i privilegiat i. In seguit o il prest igio del Louvre at t irerà un pubblico di visit at ori sempre più vasto. Con la cadut a della monarchia e l avvent o della nuova repubblica conseguent e alla rivoluzione si arriva ad un mutamento delle panoramiche sociali aprendosi a nuove iniziative politiche e culturali che modificano i precedent i ordini ist it uzionali; in part icolare con la nazionalizzazione dei beni appart enent i alla decadut a arist ocrazia e con la confisca delle opere d art e alla Chiesa e a monast eri soppressi, viene apert o alla popolazione l int ero pat rimonio art ist ico e cult urale del paese, ist it uendo nel 1793 il Museo Nazionale di arti figurative che raccoglie gran parte del patrimonio acquisito con la rivoluzione. La diffusione di quest o t ipo di cult ura, senza differenze classist e, rient ra nel nuovo ordinament o democrat ico della repubblica, che ident ifica nel museo e nelle ist it uzioni cult urali rinnovat e una scuola d insegnament o e di educazione ai valori polit ici e morali della nazione. L art e della rivoluzione divent a una professione di fede polit ica che cont ribuisce a rafforzare gli ideali del popolo e lo st ile di quest art e si ident ifica con una reint epret azione della classicit à che vedrà nelle opere di David la sua massima rappresentazione. Nello spirito degli ideali della Rivoluzione si concludono tremila anni di storia del collezionismo e si apre il secondo grande capit olo della st oria del museo, il periodo di emancipazione dell art e dalle cort i e dalle ricche dimore. E at t raverso la sua st oria che il museo diviene dunque oggi un organismo educat ivo socialmente riconosciuto come tale. La forma del museo In seguit o agli avveniment i della Francia rivoluzionaria, durant e il XIX secolo si allarga la convinzione che il museo nel suo cont enut o sia un efficace mezzo di comunicazione di massa e così su quest o concet t o si organizzano nuovi allestimenti e con essi nuovi edifici atti a contenerli. Alle rivoluzioni nazionali di met à secolo segue l apert ura di musei st orici e specialist ici che seguono l input francese: nel 1824 apre la Nat ional Gallery a Londra, nel 1830 apre apposit ament e la Gipsot eca di Monaco e nel 1840 viene apert a ala popolazione l Ermit age a San Piet roburgo. La novit à di quest o secolo è la cost ruzione di nuovi edifici per la cult ura in quant o precedent ement e le collezioni erano collocat e negli edifici di propriet à reale, essendo inizialment e ad uso di una cerchia rist ret t a di persone. Il museo assume quindi quella forma, propria del periodo, di cost ruzione monument ale, di ispirazione neoclassica che conserva il carat t ere prest igioso dell ist it uzione, in quant o dot at a di una lunga fila di gallerie di sale e ampi corridoi dove le opere, per lo più pit t oriche, t rovano esposizione su ampie pareti illuminate se possibile con luce zenitale. I crit eri esposit ivi sono generalment e legat i ad un crit erio per lo più quant it at ivo piut t ost o che selettivo, sia per quant o riguarda l esposizione in sé, che è ordinat a fino alla t ot ale copert ura delle paret i, sia per quant o riguarda il met odo di comunicazione con il visit at ore, affidat o ad un sist ema panoramico e informat ivo generalizzat o. In cert i casi l uniformit à del percorso esposit ivo, con la successione delle sale, corrisponde alla classificazione delle opere per affinità cronologiche o tematiche. La situazione italiana tra il 700 e l 800 e i casi-studio degli Uffizi, Brera e Accademia Carrara In seguit o alle incursioni da part e di paesi st ranieri, t ra il XVIII e il XIX secolo l It alia vive un moment o di int ensa at t ivit à cult urale che si sviluppa sot t o molt eplici iniziat ive nell at t ivit à museale ed in concomit anza con la ripresa della ricerca nel campo dell archeologia e con la riscopert a dei valori classici nell art e e nell archit et t ura. In part icolare, in seguit o alle t eorizzazioni del Winkelmann riguardo al concet t o di classico, che innescheranno quel filone neoclassico che influenzerà la sfera cult urale e art ist ica di buona part e dell 800, l It alia con il suo ricco pat rimonio di art e e archeologia divent a il fulcro di st udi di st udiosi e scienziat i del filone neoclassico che fanno del pat rimonio it aliano una risorsa immensa a cui at t ingere per aument are la loro conoscenza; l It alia divent a così un vast o t erreno di st udio dove si apprendono i valori dell art e classica e il viaggio in It alia divent a non più solo un esperienza mondana, ma un element o indispensabile nell educazione sociale at t raverso l esperienza diret t a dei monumenti antichi. In quest o panorama in cui l int eresse per gli scavi archeologici e la riscopert a dei valori classici sono i capisaldi, si sviluppano con crescent e passione le raccolt e di ogget t i ant ichi, ment re in cont emporanea in numerose cit t à it aliane crescono le esperienze di allest iment i museografici t ra cui i Musei Capit olini dove nel 1749 viene ist it uit a una pinacot eca nella quale t rovano sist emazione numerose opere delle raccolt e Sacchetti e Carlo Pio di Savoia. In quest o clima di grande fervore forse sono t re gli esempi che meglio illust rano la sit uazione it aliana; la Galleria degli Uffizi, in quant o esempio di museo già format o che riesce a mant enere la sua unicit à e unit ariet à malgrado le dispersioni da part e degli st at i st ranieri; la Pinacot eca di Brera è invece l esempio di un museo che si configura nel t empo e la sua collezione si forma principalment e dal mat eriale provenient e dalla soppressione degli ordini religiosi; infine il caso Accademia Carrara che rappresent a un organismo complesso, compost o cont emporaneament e da una pinacot eca e da una scuola d art e, complesso che sorge grazie allo spirit o innovat ore di un privat o cit t adino che sviluppa la propria raccolt a unicamente grazie al contributo di altri nobili cittadini. La Galleria degli Uf f izi viene assunt a come caposaldo in quant o fin dal 700 viene annoverat a t ra le più ricche e fornit e pinacot eche it aliane ed est ere in seguit o soprat t ut t o delle grandi acquisizione del secolo precedent e (t ra cui la raccolt a pit t orica donat a dal Cardinale Leopoldo e 57dipint i della scuola venet a ereditati dalla casata dei Della Rovere nel 1631). In seguit o all est inzione della famiglia Medici nel 1737 con una disposizione t est ament aria la granduchessa Anna Maria Ludovica de Medici, ult ima erede della casat a, viene st abilit a la dest inazione del pat rimonio degli Uffizi ad ornament o dello st at o, per ut ilit à del pubblico e di chiunque voglia usufruirne e senza che le opere vengano est radat e fuori dai confini del Granducat o; in quest o modo la collezione venne preservata da ogni possibilità di alienazione e trasferimento dei beni. Pur non dot at i del mecenat ismo dei Medici, i Lorena si rivelarono buoni reggent i e soprat t ut t o molt o met icolosi nella cura e nel mant eniment o del prest igio della Pinacot eca t ant o da increment arne le opere e riordinando in seguit o le sale per adeguarsi alla museologia corrent e. In t ut t o l arco del 1700 dunque la Pinacot eca vide ampliarsi il suo pat rimonio art ist ico con l acquisizione di numerose opere provenient i da collezioni privat e, propriet à granducali e dalla soppressione degli ordini religiosi olt re all acquisizione di numerosi repert i archeologici dal museo et rusco di Volt erra e Mont epulciano. Essendosi allargat a la raccolt a, che già comprendeva opere di Bot t icelli, Mant enga, Piero della Francesca, Leonardo da Vinci, nel 1779 la galleria enumerava 90 bust i, 1100 dipint i, 162 disegni e different i ogget t i preziosi e repert i archeologici. Da quest i dat i si int ende che la galleria in quest o periodo viene annoverat a t ra le più ricche, prest igiose e moderne del t empo, mant enendo un ident it à che ancora oggi le appart iene; in quest o senso anche l at t ivit à di ricerca e di cat alogazione da part e di t ecnici e addet t i cont ribuiscono a creare quella completezza che caratterizza la galleria. Un import ant e int ervent o museografico venne fat t o nel 1780 quando fu ampliat a la galleria con l inseriment o di una nuova sala in st ile neoclassico e nel 1782 si ebbe una redist ribuzione delle opere secondo le scuole di appart enenza; alla fine del secolo la galleria era una ist it uzione pubblica ed aveva una propria regolamentazione per gli addetti, gli orari di visita e le sue modalità; inoltre aveva un sistema informat ivo immediat o per il visit at ore cost it uit o da una didascalia delle opere espost e in modo da favorire lo sviluppo cult urale del visit at ore che aveva modo di imparare a riflet t ere sulle different i opere esposte. Nat uralment e non mancano le disposizioni errat a che influirono sul pat rimonio della galleria, prat ica purtroppo ripet it iva nella st oria del museo it aliano t ra il 700 e l 800, che port ano, nella maggior part e dei casi arbit rariament e, alla vendit a di numerose opere e ogget t i art ist ici per mot ivi economici oppure per adeguament o ai canoni st ilist ici che in quel moment o imponevano l eliminazione dalla collezione di diverse opere in contrasto con le ideologie correnti. Durant e il XIX secolo e soprat t ut t o in seguit o all Unit à d It alia il pat rimonio degli Uffizi venne ult eriorment e impoverit o con la rimozione del museo egizio, della sezione di art e moderna e di numerose st at ue rinasciment ali e nemmeno la soppressione degli ordini monast ici riuscì a colmare il vuot o delle vendite precedenti. Nonost ant e le dispersioni avvenut e e la perdit a di aut onomia gest ionale a favore di una generale amminist razione t errit oriale, gli Uffizi si present ano all inizio del 900 così come oggi come una straordinaria configurazione museale il cui pregio storico-artistico rimane immutato. La Pinacoteca di Brera, inaugurat a nel 1809, fin dalla sua nascit a era già cost it uit a da una ricca collezione di opere disposte secondo i criteri museali correnti. Il primo nucleo di opere risale al 1776 quando al posto della Pinacot eca sorgeva l Accademia di Belle Art i in cui le opere già present i erano ad uso degli studenti. Sebbene la pinacot eca abbia origini t ut t o sommat o recent i, così non si può dire del suo cont enit ore barocco proget t at o dall arch. Richini nella seconda met à del 600 per le scuole gesuit iche, in sost it uzione dell ant ico monast ero dell oridne degli Humiliat i; l edificio venne poi complet at o su proget t o del Piermarini t ra il 1776 ed il 1784 il quale, adeguandosi ai canoni neoclassici, sist ema il cort ile int erno, la facciat a su st rada e modifica l ingresso. La carat t erist ica principale di quest o museo va ident ificat a nella quasi t ot ale omogeneit à delle acquisizioni provenient i in gran part e dalla soppressione degli ordini religiosi, ossia in un periodo che va dalla fuga degli Aust riaci (1796) e la cost it uzione della Repubblica Cisalpina (1800), periodo nel quale la Pinacoteca vede incrementare notevolmente la sua collezione con pitture e disegni. Sulla base di queste acquisizioni viene istituito il principio per il quale tutte le opere non appartenenti alla loro sede di origine dovessero passare obbligat oriament e per Brera come mat eriale fruibile per lo st udio degli allievi della scuola d art e present e. In epoca napoleonica i grandi musei nazionali divent ano mezzo di educazione popolare e dunque t ut t e le opere acquisit e nel t empo venivano esaminat e e scelt e da crit ici e t ecnici che le riuniscono infine in due grandi raccolt e, l una dest inat a alle Gallerie dell Accademia di Venezia, l alt ra a Brera. Nel corso del 1800 cont inuarono gli arricchiment i della Pinacot eca con la donazione da part e del Demanio di una not evole quant it à di opere provenient i da chiese milanesi a cui fanno seguit o alt re donazioni conseguenti alla spoliazione di ordini religiosi veneti e romagnoli. Dunque già alla sua inaugurazione la Pinacot eca present a già una nut rit a collezione, che ne divent a poi la sua carat t erist ica principale, cost it uit a per lo più da dipint i sacri ordinat i secondo principi di catalogazione cronologico-stilistici. Con la cadut a di Napoleone e in seguit o a t rat t at i conseguent i la Rest aurazione, nel 1815 si assist e alla rest it uzione di molt e opere, sia dalla Francia all It alia che da Brera ai luoghi di origine, det erminando così un impoveriment o della Pinacot eca che verrà però sanat o da numerose donazioni di opere di Luini, Lot t o, Tiepolo e Guardi. Alla fine del XIX secolo il diret t ore della Pinacot eca Ricci at t ua un riprist ino della collezione di Brera che viene ordinat a secondo i canoni st ilist ici della moderna museologia, in un esposizione cronologicoregionale rispondent e ai mut at i crit eri didat t ici, ment re successivament e nei primi anni del 900, conclusasi l epoca delle grandi spoliazioni, Brera cont inua ad accrescere il proprio prest igio con nuove acquisizioni e con le fiorenti iniziative del mecenatismo milanese. L Accademia Carrara scat urisce dalla nascit a nel 1780 della Pinacot eca e della scuola d art e da part e dell illuminat o cont e Giacomo Carrara che met t e a disposizione del pubblico la sua raccolt a di numerose opere frut t o di anni di collezionismo e ricerca in It alia e Francia. L idea del Carrara di ist it uire una scuola di pit t ura con annessa una quadreria dimost ra un adesione allo spirit o e alla int enzioni illuminist iche del t empo soprat t ut t o il Francia dove il museo già rappresent ava un luogo di educazione alle art i ed ai valori umani; le opere espost e dunque avrebbero insegnat o più dei libri e la prat ica di disegnare, dipingere e scolpire sarebbe stato un indispensabile complemento per la vera comprensione di esse. In seguit o alla mort e del Cont e Carrara la st rut t ura passò nelle mani di una Commissaria (come espresso dal suo t est ament o) e quest o primo nucleo di opere, che ammont ava a 1530 dipint i molt i dei quali di scuola lombardo-venet a, era espost o ai piani alt i del primo nucleo di propriet à del Carrara, ossia l edificio dell ex locanda La Campana con l ampliament o del Gallizioli. Nel 1804, in seguit o all acquisizione di 240 dipint i di scuola venet a, sirene necessario un ampliament o della pinacot eca st essa, incapace di cont enere l ingent e numero di opere in possesso e le crescent i at t ivit à di lavoro della scuola d art e. Ecco dunque che il concorso venne vint o dall arch. Bergamasco Simone Elia che nel 1810 port a a compiment o un edificio di st ile neoclassico con i limit i e le qualit à di un gusto e di una misura provinciali. Nel corso dell 800 l Accademia fu carat t erizzat a da numerose iniziat ive di carat t ere museologico da part e della Commissaria in riferiment o soprat t ut t o alla successione di acquist i, lascit i, donazioni e deposit i da part e di mecenat i cit t adini che dimost rano l affet t o per quello che da sempre è st at o considerat o dai bergamaschi il loro museo privato. Ment re la scuola d art e pot eva vant are diret t ori come il pit t ore Diot t i e come t it olari dei corsi Trecourt e Il Piccio, nel 1834 la Commissaria bandì un ast a per la vendit a di opere non di pregio e considerat e inut ili, riequilibrando così la collezione ai gust i dell epoca; il risult at o di quest a operazione, come in molt i alt ri casi italiani, fu la dispersione di più di 2000 opere settecentesche che riduce così la raccolta Carrara a 407 dipint i e 54 della collezione Orset t i impoverendo e depauperando il pat rimonio art ist ico della Pinacot eca di cui ancora oggi non si conosce la gravità della perdita. Nonost ant e quest o int ervent o negli anni successivi l Accademia riuscì a rist abilire un proprio equilibrio esposit ivo grazie a numerose donazioni di privat i cit t adini; nel 1853 il cont e Marenzi donò due opere del Mant enga e Mazzolino, nel 1859 la famiglia Lochis donò 241 import ant issime opere di grandissimo pregio art ist ico di art ist i it aliani e st ranieri t ra cui Raffaello, Tiziano, Bellini, Moroni, ecc che elevarono l Accademia ad un alt o livello art ist ico in quant o quest o nucleo cost it uirà la più import ant e raccolt a dell int era collezione. La t erza donazione di deve al senat ore Morelli, espert o crit ico e collezionist a, che lasciò nel t est ament o del 1891 al museo bergamasco la sua raccolt a personale di 109 dipint i di scuola t oscana, emiliana e fiamminga di alt o livello qualit at ivo, complet ando il panorama cult urale fino ad allora era poco espresso da tali scuole; tra di essi vi erano dipinti di Botticelli, Pontormo, Bellini e Pisanello. Dunque nella prima met à del 900 le t re collezioni Carrara, Lochis e Morelli venivano ordinat e in dist int e sale d esposizione, separat e t ra loro nel rispet t o dei carat t eri part icolari di ogni raccolt a rispecchiando di conseguenza lo spirit o e la personalit à del donat ore. La scelt a di t ale dist ribuzione segue un organizzazione dei dipint i della raccolt a Carrara eseguit a per argoment i di appart enenza, per la raccolt a Lochis, abbondando i piccoli quadri, si preferì affiancare generi different i indipendent ement e dal periodo di appart enenza; infine per la raccolt a Morelli, cost it uit a da molt i dipint i di scuola t oscana e qualche esempio di pittura olandese, si scelse un raggruppamento cronologico-stilistico. Nel corso del 900 i t re pilast ri della collezione vengono arricchit i con elargizioni di opere in lascit i e depositi. L esempio bergamasco si t est imonia come un esempio unico della st oria e della cult ura di Bergamo in cui la crescit a della raccolt a e del prest igio della pinacot eca t est imoniano un esempio raro di coscienza civica e aristocrazia culturale dei suoi abitanti. Le origini culturali del Museo Moderno Dall affermarsi della societ à borghese nella prima met à dell 800 con l affermarsi della civilt à borghese, si avvia un processo sost anziale rispet t o alla modernit à e di progressiva est ensione spet t acolare della part ecipazione delle masse alla vit a pubblica con nuove forme comport ament ali, sociali e con una nuova organizzazione della cit t à; fanno la loro comparsa e divengono sempre più cent rali gli spazi del welfare e del consumo. Nel XIX secolo si at t est a quest a rivoluzione che carat t erizza la cult ura della nuova met ropoli, che t rova espressione nella st essa st rut t ura urbana con parchi, promenades, gallerie e grandi magazzini e che conosce la sua massima espressione nelle Esposizioni Universali; esse infat t i cost it uiscono il moment o di celebrazione di una nuova mit ologia scient ifica e pat riot t ica che non si limit a a promuovere e celebrare l innovazione t ecnologica, i prodot t i e la loro commercializzazione, ma si imprime come ruolo cent rale per l immaginario collet t ivo quale mezzo per divulgare le forme espressive della cult ura di massa e della società dello spettacolo. Queste mutazioni radicali sono avvenute sotto la spinta di un autore che, da figura sfocata e in disparte, si è t rasformat a in prot agonist a del sist ema della produzione cult urale: il pubblico, oggi divenut o un aspet t o indispensabile della legittimazione politica, culturale, economica e sociale del sistema musei. La st oria dei musei part e at t raversa molt i secoli, dalle prime ist it uzioni (le collezioni reali o di casat e, nat e dal desiderio di prest igio e dalla volont à di una rist ret t a cerchia di persone di pot er most rare grandi opere del passat o) fino alla loro promozione nel present e at t raverso la progressiva est ensione delle funzioni poiché apert i ad un pubblico variegat o, assumendo così via via anche compit i different i, dall educazione alla ricerca all int rat t eniment o. Il pubblico come oggi int eso esist eva già alla fine del 700 quando la Rivoluzione Francese concret izza e formalizza una concezione democrat ica del museo che implica una responsabilit à pat rimoniale dello St at o e anche del museo nei confronti dei suoi cittadini. Nonost ant e il molt iplicarsi di iniziat ive che andavano a cogliere le pot enzialit à del luoghi museali, nel secondo Dopoguerra, in seguit o alla difficolt à a conciliare le esigenze di conservazione e quelle della ricerca, l idea di museo veniva associat a ad arcaismo e conservat orismo; la sit uazione si radicalizza negli anni 70 del 900, periodo in cui si concepisce la cult ura come pat rimonio d elit e e dunque il museo st esso viene concepit o come un ist it uzione desuet a, inaccet t abile in una societ à inizialment e alla ricerca di valori democratici, ma che poi è andata orientandosi verso il consumismo e la ricerca del loisir. La quest a sit uazione di crisi nasce un rovesciament o complet o e inat t eso, sancit o a livello int ernazionale dalla Dichiarazione universale dei dirit t i dell uomo nel 1982 in cui si afferma anche che la cultura non può avere limit i di origini, posizione sociale, livello di ist ruzione, lingua, sesso o religione. Da quel moment o i different i pubblici divent ano la component e essenziale del sist ema museale e i pat rimoni cult urali, invece che essere giacenze cost ose ed ingombrant i, cominciano ad essere considerat e risorse e mot ori di sviluppo, port ando così alla nascit a di nuove professionalit à in grado di rispondere alla nuova gamma di progettualità e di servizi che il sistema museale propone. Evoluzione del Museo Moderno Negli anni 70 l avvent o del Beabourg di Renzo Piano e Richard Rogers mise in crisi la t ipologia museale di derivazione ot t ocent esca, espressiva e monument ale e si pose, come at t eggiament o irriverent e verso il cont est o e per la precariet à della sua consist enza morfologica, come emblema del nuovo modo di concepire il museo. Esso si poneva non si poneva come obiet t ivo quello di farsi t empio della cult ura, ma come paradigma di un processo iniziat o at t orno agli anni 60 che vedeva il dist acco ormai irreversibile delle aree disciplinari che t radizionalment e rappresent avano l ambit o della proget t azione: DESIGN, ARCHITETTURA e URBANISTICA rivendicavano non solo la loro aut onomia, ma anche la cent ralit à nei processi di trasformazione ed ognuna tendeva a sconfinare dai propri ambiti di competenza. Da quest o proget t o eclat ant e l archit et t ura dei musei ha rappresent at o non solo il t erreno privilegiat o per il confront o delle archi-st ar, ma anche e soprat t ut t o il più ambit o proget t o di riqualificazione urbana di ogni piccola o grande comunit à, anche se nel t empo gli obiet t ivi iniziali di speriment azione museale si sono persi t rasformandosi in quei non luoghi del consumismo di massa; il mot ivo alla base di quest o mut ament o è st at a la const at azione che le nuove modalit à espressive delle opere di art e cont emporanea si configurano come opere di liberazione da possibili cont enit ori sia fisici che concet t uali proponendo sistemi di relazione ogni volta differenti ed imprevedibili. Ogni forma di flessibilit à int erna dei musei non era in grado di accogliere operazioni art ist iche ogni volt a differenti, unit a alla ormai appurat a consapevolezza dell impossibilit à di circoscrivere l at t ivit à art ist ica induceva a cercare di t rovare una component e art ist ica più o meno int ensa in qualsiasi espressione dell at t ivit à umana: l art e divent a dunque un aspet t o di t ut t a l esperienza umana. In seguit o al mut at o int eresse nell art e da part e di un pubblico sempre più vast o e a causa di una molt it udine di avveniment i e t rasformazioni sociali, polit iche e cult urali già accennat e, il museo appare oggi non più come un luogo finalizzat o alla pura conservazione e al recupero dell ant ico, ma esso si configura come una pubblica ist it uzione volt a sia all ut ilizzo dei cont enut i che per la t rasmissione di un bagaglio di informazioni e per la produzione culturale stessa. Per raggiungere quest i obiet t ivi che fanno part e del processo di modernizzazione del museo, si è reso necessario dot are l ist it uzione inizialment e solament e museale di alt re st rut t ure t radizionalment e pert inent i ad alt ri ambit i che pot essero rispondere alle nuove funzioni richiest e; non più dunque la concezione di un museo st at ico int eso come esposizione fine a se st essa, ma una complessa st rut t ura pubblica dot at a di numerosi servizi accessori come bibliot eche, sale conferenze, sale per most re temporanee, laboratori di ricerca, tutti elementi che diventano parte inscindibile del sistema museo. In conseguenza del fatto che lo stesso processo si viene a verificare parallelamente nelle altre istituzioni si assist e oggi al crollo delle barriere fra le different i component i e alla t endenza ad uniformarsi in una disponibilit à t ot ale ed indipendent e dalle t radizionali cat egorie; per l archit et t ura quest o processo ha significat o da una part e la creazione di uno spazio indifferenziat o apert o a different i usi, dall alt ro la liberazione della forma st essa che si afferma come valore aut onomo ponendosi essa st essa come parametro estetico e non più funzionale. Quest o processo di progressiva indipendenza dal canone classico di museo si deve a Jean-Nicolas-Louis Durand e ai suoi Precis des lecons d archit ect ure del 1805 in cui, part endo inizialment e dal modello t radizionale della Galleria e della Rot onda, approda poi ad una soluzione che comprende different i suddivisioni funzionali. Nel corso dell 800 l Alt e Pinakot hek di Von Klenze a Monaco del 1826 perfeziona il rapport o di int erdipendenza t ra organizzazione dello spazio e crit eri di ordine delle collezioni e di visit a. Quest a t raccia t ipologica permane anche nel proget t o del Mundaneum di Le Corbusier del 1929, dalla carat t erist ica forma a spirale, di per sé infinit ament e ampliabile, in analogia con il manifest o del Moviment o Moderno. Ult eriori esempi che t est imoniano la rot t ura degli schemi dei nuovi musei bast i pensare all effet t o dirompent e che in uno degli spazi più rappresent at ivi della t radizione ossia il Louvre di Parigi (che già aveva assunt o ruolo di fort ezza, reggia e prigione) ebbero le piramidi di vet ro disegnat e all archit et t o Pei nel 1989; al t empo esse si present avano con prepot enza, ma anche con una cert a dose di ironia non volut a, su quello che è l asse principale e più carico di st oria, la prospet t iva verso le Tuileries. La grande portata innovativa del progetto di Pei, denominato appunto Grand Louvre, ebbe poi un proseguo inarrest abile; il museo usciva da sé proponendosi come prot agonist a dell esplosione cult urale piut t ost o che della sola conservazione e t rasmissione del pat rimonio già dat o. Al di là delle varie t rasformazioni archit et t oniche, il proget t o perseguiva una cent ralit à urbanist ica e t errit oriale a scala globale e manifest ava il dichiarat o innest o fra passat o e present e, fra la cont iguit à della fruizione mussale ed una nuova idea di consumo est eso all ambit o specifico della cult ura. Il significat o di museo dunque mut a: da spazio garant e di un ordine prest abilit o, esso si t rasforma in un pot ent e generat ore di nuovi significat i; le opere non si pongono dunque come ogget t i st at ici e inert i, ma t ot alit à significant i, in cont inua met amorfosi in base alle relazioni di senso che st abiliscono fra loro in presenza di un ambito immateriale di una cult ura sempre più ampia, favorit a dalle nuove t ecnologie della riproduzione. La vera rivoluzione dei musei a Parigi era iniziat a a ridosso del 68 con il concorso per il Beabourg (Centro Nazionale d art e e cult ura Cent re Pompidou); il museo non solo si è st rut t urat o t ipologicament e come qualcosa di different e dal suo cont enut o, ma ha assunt o le carat t erist iche proprie del cont enit ore urbano, ossia di un organismo indifferent e al t radizionale rapport o forma-funzione; inolt re proprio perché si propone di accogliere funzioni et erogenee, si pone come manifest o programmat ico di un nuovo modo di pensare all esposizione dell art e, ma non solo, permet t endo allest iment i t emporanei complet ament e rinnovabili accant o a laborat ori, una grande bibliot eca pubblica, librarie e rist orant i; dunque si rivolge anche ad un pubblico più vast o, poco int eressat o al valore dell art e a favore di un esperienza di arricchimento personale che non imponga un apprendimento forzato. Per t ut t i quest i element i i nuovi cont enit ori museali si pongono come una nuova spazialit à pubblica che si colloca t ra la dimensione della piazza o della st rada copert a e la cattedrale, ponendosi come luogo generatore di valore e dunque come tale portatore di una nuova sacralità. In quest a nuova dimensione si apre un innovat ivo campo di speriment azione per gli archit et t i sulla contemporaneità; ment re il museo int eso in senso t radizionale si pone come luogo di aut orappresent azione, si pone al pubblico come uno st rument o per promuovere la cult ura e l educazione olt re che essere il luogo che, fin dalle origini, consent e la cont emplazione e la medit azione at t raverso l esame della cont inuit à st orica ed il confront o con t est imonianze di alt ri luoghi e t empi, i musei cont emporanei sono luoghi di libero consumo e di svago. Dunque si rende necessario esplorare un significat o diverso ed un percorso che non riguardi necessariament e i suoi cont enut i: non più luogo deput at o all art e, ma cont aminat o dall art e, non solo museo, ma anche museo. Dunque l opposizione t ra musei t radizionali e moderni si carat t erizza nel contenitore vs cont enut o ossia quello di impront a t radizionale si basa su un percorso museologico che prevede un evoluzione lineare dell art e e necessit a dunque di un modello basat o sul cat alogo, ment re il museo moderno è carat t erizzat o da un assenza di percorso che induce ad una visione di circolarit à dell art e che può essere t rasmessa anche con il modello del display; così è solo l aspet t o fisico di musei a cambiare, ma cambia anche il rapport o che quest e archit et t ure ist it uiscono con il loro cont enut o t radizionale ossia le opere in quant o, rifiut andosi di essere solo semplici cont enit ori neut ri, essi si pongono come opere di per sé, ponendosi in dialogo con le opere a volte addirittura sovrastandole; Il museo come semiosfera Il concet t o di semisfera si può accost are a quello di confine in cui il limit e t ra uno spazio semiot ico e l alt ro è permeabile e dal punt o di vist a cult urale esso va pensat o come luogo di cont inui processi di t raduzione e t rasformazione t ra l int erno e l est erno. Applicat o all ambit o museale quest o concet t o può essere espresso con il fat t o che il museo da sempre è nat o come ist it uzione cit t adina e dunque nei confront i di quel det erminat o ambient e ne ha carat t erizzat o la specificità, ponendosi spesso come traduttore della sua cultura. Al di là della funzione di memoria monument ale, la sua forma, che dà un primo fort e indicat ore del significato della sua istituzione, è di volta in volta congruente con il volto del contesto che lo ospita (come nel caso del MoMa a New York) oppure se ne discost a complet ament e enfat izzandone il suo carat t ere di elemento eccentrico, come una sorta di scultura (come il Guggenheim di New York). L element o museale può dunque rappresent are una cit t à in miniat ura, secondo l idea di De Carlo, può esserne il cent ro focale come il Louvre o il Guggenheim a Bilbao; si può inserire in un t essut o consolidat o della cit t à o in quart ieri da rivit alizzare come il New Museum a Manhat t an o il Maxxi di Roma. In ogni caso si riport a in primo piano l accezione cult urale dello spazio come forma di vit a e che dunque invest a il cosiddet t o spazio dei flussi ; in quest o senso il modello spaziale dominant e nell era dell informazione dovrebbe esprimersi proprio nei musei e nei cent ri congressi così come nei nodi di t rasport o, superando la tradizionale frattura fra gli edifici e la città nel suo complesso. Il museo si manifest a anche come luogo del confluire e dell int reccio di linguaggi dist int i che collaborano at t raverso le loro part icolarit à al fine di at t uare un senso unit ario e globale; i different i element i cost it ut ivi del museo, ossia la st rut t ura archit et t onica, la collezione, l allest iment o, la comunicazione, ent rano in una semiot ica dello spazio in cui l insieme delle qualit à sensibili di un ambient e vengono messe in relazione con le possibilit à d uso e i comport ament i che esse rendono possibili. In uno spazio museale si int recciano linguaggi different i la cui commist ione può port are alla creazione di processi che favoriscono la nascit a di nuove forme di espressione; quest i aspet t i fanno si che il museo si configuri come uno spazio di ricerca e di elaborazione olt re che t radizionalment e luogo deput at o al riconosciment o dell art e. Un alt ro aspet t o di not evole import anza è il rapport o dialogico art e-archit et t ura ossia se per lungo t empo l archit et t ura del museo sembra manifest are una net t a dominanza del cont enut o rispet t o al cont enit ore, oggi esso ne rivendica un ruolo comprimario e dunque anche i cont enit ori divent ano essi st essi opere d art e, da visit are a prescindere dal cont enut o delle opere d art e, a volt e addirit t ura ent rando in compet izione con ciò che espongono. Al paradigma visivo e spet t acolare si è sost it uit a la ricerca di disposit ivi percet t ivi di più ampia port at a t ra cui la massima espressione è quella dell esperienza dello spazio. Una t eorizzazione di ciò è st at a fat t a dall archit et t o St even Holl ed applicat o nel museo Miasma di Helsinki, che infat t i port a il nome di un fondament ale concet t o della t eoria della percezione di Pont y; il museo si pone come un luogo in cui il visit at ore dovrebbe essere coinvolt o non solo per le opere espost e, ma anche e soprat t ut t o per l influsso dell insieme dello spazio archit et t onico dell impresa museale che può t rasfigurarla in un opera d art e t ot ale. Museo di Arte Moderna Tokyo Le Corbusier 1959 l archit et t ura è il gioco magnifico delle forme sot t o la luce l archit et t ura è un sist ema coerent e dello spirit o l archit et t ura è in ogni cosa sublime o modest a che cont enga abbast anza geomet ria perché vi si insedi un rapport o mat emat ico In accordo con quest a concezione il museo di Tokyo del 1959 è un volume complet ament e chiuso all est erno e t ut t o rivolt o verso l int erno dove il suo spazio è art icolat o dal sapient e gioco di doppi volumi, degli affacci e dell illuminazione che nel salone principale proviene dall alt o; il museo è a spirale quadrat a, t ipologia già più volt e speriment at a in quant o rende possibile un possibile ampliament o dell edificio nel corso del t empo. Museo Castelvecchio Carlo Scarpa Il met icoloso lavoro di Scarpa, al cont rario del razionalismo razionale che sot t ovalut ava il cont est o st orico e la t radizione, ha ricondot t o l accent o sull import anza della st oria e dei det t agli cost rut t ivi. Con quest a filosofia egli riesce a rivit alizzare ant ichi edifici museali non con int ervent i t ot alizzant i ed invasivi, ma solo con piccoli framment i di nuova cost ruzione, facendo dialogare le opere ant iche non prodot t i di attualissimo design nello stesso contesto. Palazzo Abatellis Palermo Sicilia Centre Pompidou Quando venne concepit o il Beauburg al museo non ci andava nessuno; i musei erano una ist it uzione t rist e, polverosa, concepit i e percepit i per l elit e il t ono irriverent e dell edificio nasce in quest a sit uazione il bando di gara suggeriva di uscire dalle front iere t ipiche del museo, parlava di cult ura ma anche di mult ifunzionalit à, di art e ma anche di informazione, di musica come di disegno indust riale (R.Piano Giornale di bordo, Passigli Editori) Come già cit at o dopo il 68 si passa dalle forme pure di Le Corbusier ad alt re variabili come i media e il turismo di massa. Centro Solomon Guggenheim Bilbao Oggi gli archit et t i sono art ist i. Ad esempio di può insegnare lo st ile di Le Corbusier perché legat o a tipologie, sistemi e proporzioni trasmissibili, non lo si può fare con uno come Gehry perché non è possibile insegnare a fare i suoi edifici. I rischi di un archit et t ura che mira alla spet t acolarit à sono che essa finisce per essere valut at a in t ermini di consenso del pubblico con il rischio di populismo (int ervist a di A.Cassin L Espresso 2004) Dagli anni 90 nella proget t azione subent ra il comput er e così la geomet ria si arricchisce di fluenze plast iche fino ad allora impensabili. Così il museo di Bilbao inaugura l archit et t ura spet t acolare e, più che art e o scienza funzionale essa divent a un at t ivit à simbolica capace di aggiungere una nuova ident it à a cit t à o paesi fino ad allora sconosciut i; il museo infat t i si come at t rat t ore, un icona capace di richiamare nella cittadina milioni di visitatori anche oggi. MoMa New York Yoshio Taniguchi L ant i Guggenheim può essere espresso dal MOMA di New York, che affidava la sua rist rut t urazione a Yoshio Taniguchi, esponente del più puro modernismo, scelta apparentemente improbabile; infatti i musei non sono part e int egrant e della t radizione giapponese perché gli ogget t i d art e sono conservat i come t esori nei luoghi d origine dove spesso sono inaccessibili o nascost i. Eppure il più import ant e museo americano si è affidat o a lui, capace di creare st rut t ure et eree lasciando che sia l art e espost a a determinare lo spazio visivo del pubblico. Mori Art Museum (MaM) Tokyo Questo museo è inserit o in un complesso moderno int egrat o, una sort a di grande macchina con immensi spazi di collegamento tra le parti; infatti il complesso ospita infatti, oltre alle sale in cui vengono allestite le esposizioni temporanee, numerosi negozi, ristoranti, boutiques, una sorta di centro commerciale. Tra le varie opere espost e il Museo present a il panorama di Tokyo che si può vedere a pagament o dall alt o del belvedere. New Tate Gallery Londra Herzog & De Meuron A differenza dei grandi musei di nuova proget t azione che si sono propost i come nuovi ogget t i nel panorama urbano delle rispet t ive cit t à, la New Tat e si inserisce nella Bankside Power St at ion recuperando al pubblico quest o edificio not evole sulle rive del Tamigi. Tenendo cont o della relat iva modernit à della vecchia cent rale, dell evoluzione delle t ecnologie cost rut t ive e della not evole dimensione delle opere d art e cont emporanea espost e , l operazione dei proget t ist i è st at a quella di porsi verso l edificio st orico con un at t it udine radicalment e different e da quella art igiana di Scarpa; così non hanno scelt o un design fat t o per part i, ma hanno usat o idee globali realizzat e con t ecniche indust riali applicando lo st esso concet t o in ogni part e e scala dell edificio. Museo Palazzo Bianco Museo del tesoro di San Lorenzo Galleria Palazzo Rosso Ampliamento Gipsoteca Canoviana Museo Capodimonte Galleria Nazionale Parma Museo nazionale d art e occident ale di Tokyo Il dibat t it o sui cont enit ori st orici a Bergamo negli anni 80 In seguit o all inaugurazione a Palazzo della Ragione in Cit t à Alt a nel 1982 di una most ra sui cont enit ori edilizi st orici esist ent i in cit t à, si aprì un libero dibat t it o sulla quest ione, dibat t it o volt o alla conoscenza pubblica sul problema della possibilit à di dare un cont enut o a quegli ant ichi fabbricat i vuot i chiamat i cont enit ori, t enendo cont o che l insediament o di una nuova at t ivit à non residenziale, anche different e da quella originaria, può considerarsi la migliore soluzione per garant ire la sopravvivenza fisica e cult urale di tali edifici. I cont enit ori censit i in t ot ale furono 34 t ra palazzi, chiese, monast eri, et c. sia privat i che comunali, dist ribuit i 21 in Cit t à Alt a, 7 nei borghi st orici e 6 sparsi per la cit t à (di quest i 34 cont enit ori 17 erano in at t esa di dest inazione). Tra gli edifici in quest e condizioni viene menzionat a l Accademia Carrara, il cui problema è legat o alla sist emazione dei locali esist ent i adibit i a pinacot eca e alla possibilit à di pot er ampliare la propria st rut t ura per complet are lo spazio esposit ivo. La carenza di servizi annessi sia per la scuola che per la pinacot eca, problema già emerso da t empo, riaffiora in occasione di quest a most ra; nel marzo 1982 il Consiglio di Amminist razione dell Accademia Carrara chiede al Comune la possibilit à di usufruire di spazi liberi dell ex convent o quale sede idonea per le at t ivit à aggiunt ive della scuola e per alt re funzioni come un audit orium polivalent e, sala per most re t emporanee, nuovi laborat ori di rest auro e la nuova Galleria d art e Moderna; con quest a soluzione si sarebbe risolt o l annoso problema di spazi dell Accademia ed inolt re con la separazione delle funzioni museali da quelle scolast iche e di servizio avrebbe da un lat o creat o una st rut t ura aut onoma di grande rilievo cult urale per la cit t à, dall alt ro la vicinanza con l Accademia avrebbe dat o modo di mant enere quell inscindibile rapport o cult urale scuolamuseo che fin dalle origini aveva caratterizzato il complesso. CAPITOLO III Il collezionismo nell 800: influenze sulla raccolta Carrara Giacomo Carrara ed i suoi primi contatti con la cultura locale Vi sono scarse not izie sul periodo di formazione di Giacomo Carrara fino ai 23 anni, quando ent ra in contrast o con il padre poiché int endeva recarsi in Francia per un viaggio di st udio che per ragioni economiche rinunciò a fare, negandosi un esperienza che forse avrebbe allargat o i suoi orizzont i cult urale e determinato scelte diverse anche nel campo dei suoi interessi artistici e collezionistici; dunque nella sua cit t à nat ale colt iva le sue inclinazioni su due complement ari filoni di ricerca: da un lat o la raccolt a e lo st udio della let t erat ura art ist ica che gli permet t erà di conseguire una sempre più vast a cult ura in ambit o storico-art ist ico, dall alt ro una diret t a conoscenza della t radizione pit t orica locale che in not evole ed rilevante parte è dovuta ad artisti di risonanza nazionale. Negli anni 40 si realizzò il sodalizio di Giacomo Carrara con Francesco Maria Tassi: accomunat i infat t i da una ident ica passione art ist ica, essi sembrano condividere si dall inizio un analogo int eresse per la ricost ruzione della st oria dell art e bergamasca, che li vede impegnat i da un lat o in un indagine a t appet o sul t errit orio e dall alt ro nel reperiment o di font i st orico-document ari; avvalendosi della sua amicizia con il Tassi, at t raverso la frequent azione della bot t ega di Fra Vit t ore Ghislandi, luogo d incont ro di molt i art ist i del t empo e sfrut t ando l opport unit à di seguire i lavori nei numerosi cant ieri apert i in cit t à, il Carrara cost ruì ben prest o un efficace ret e di relazioni, t est imoniat a dalle let t ere conservat e. Il rapport o fiduciario con gli art ist i, ut ilizzat i anche come suoi emissari e ricercat ori sul mercat o antiquario delle varie cit t à di residenza (Venezia, Verona e Milano), consent irà inolt re al Carrara di increment are la pinacot eca familiare e di fungere da mediat ore e consulent e per alt ri collezionist i. Al di là dell occasione di arricchire e qualificare la raccolt a del padre con l acquist o di repert i archeologici, l adesione del Carrara alla cult ura ant iquaria ebbe modo di manifest arsi in occasione dell iniziat iva cit t adina di radunare vari pezzi di ant ichit à sparsi nella provincia sot t o Palazzo Vecchio; un operazione simile di raccolt a dei repert i a scopo didat t ico e conservat ivo aveva dat o origine al Museo Lapidario Maffeiano a Verona ment re a Venezia era st at a avviat a da t empo da collezionist i specializzat i ed anche a Bergamo fu per il Carrara occasione di ricerca e studio sulle lapidi raccolte. Fino alla mort e del padre nel 1755 Carrara non pot eva disporre della somma necessaria per avere la libert à di viaggiare ed acquist are opere d art e. Non si conoscono precedent i familiari al collezionismo di Carlo Carrara ed è probabile che l esigenza di cost ruirsi un immagine del t ut t o simile a quella offert a dal pat riziat o t radizionale cost it uisse per lui la mot ivazione primaria anche per l acquist o di opere d art e, insieme al desiderio di compiacere l inclinazione del figlio Giacomo al quale possono essere riferiti acquisti importanti. Nel frat t empo il figlio Giacomo aveva int essut o relazioni con alcuni personaggi che ebbero un ruolo fondament ale nella formazione del gust o art ist ico, ossia un gruppo di appassionat i raccoglit ori e conoscit ori d art e in rapport o con diversi art ist i che sembrano muoversi nel mercat o dell art e secondo alcune linee di tendenza che si registrano anche nella raccolta di casa Carrara. Già nel 1757, dunque con largo ant icipo rispet t o all effet t iva realizzazione del proget t o, viene espressa in un t est ament o olografo la volont à da part e del cont e di cont ribuire al rinnovament o della scuola pit t orica bergamasca at t raverso l educazione dei giovani art ist i in una st rut t ura ist it uzionale, legando la propria immagine all ist it uzione di una Accademia d Art e; è possibile che il Carrara con la sua decisione di fondare anche a Bergamo un accademia, organizzat a sull esempio di alt re scuole d It alia, int endesse allinearsi all ambient e veronese con cui era in st ret t i rapport i e nel quale l accademia era finanziat a alla disponibilità di privati. In seguit o ad un viaggio a Roma e Napoli, nel quale int reccerà rapport i con art ist i ed amat ori, dal 1758 la vit a di Giacomo Carrara si svolge a Bergamo, mant enendo i suoi rapport i con l est erno di carat t ere epist olare; di nuovo immerso nella nuova realt à bergamasca il Carrara riprese la sua primit iva at t it udine a fare da t ramit e con gli art ist i in occasione di commissioni di opere d art e per le ist it uzioni religiose, divent ando un punt o di riferiment o essenziale nella maggior part e delle iniziat ive art ist iche di rilievo sia in cit t à che in provincia e ciò gli consent irà di avere un rapport o privilegiat o con i giovani art ist i e con gli ambient i accademici di recent e ist it uzione come quello di Parma, di Venezia di cui divenne Accademico d Onore nel 1774 e di Milano. La sua compet enza nel campo st orico-art ist ico, riconosciut a da personaggi di rilievo gli permet t erà di guadagnarsi una sempre maggior considerazione nell ambient e di conoscit ori ed erudit i che int orno alla met à del secolo si t rovavano impegnat i a document are la st oria dell art e ed avviare iniziat ive volt e alla salvaguardia del pat rimonio art ist ico dall inevit abile degrado e dalle conseguenze di un mercat o in continua espansione; t emat iche t ut t e ben not e e condivise dal Carrara che, nel corso delle sue ricerche indirizzat e alla document azione e cat alogazione del pat rimonio art ist ico locale, aveva avut o modo di verificare come le opere d art e, soprat t ut t o quelle conservat e nelle chiese fossero in balia dell arbit rio personale ed aveva mat urat o la convinzione che solo at t raverso una maggiore divulgazione del sapere e l educazione dei giovani sarebbe st at o possibile creare una coscienza civica che t raesse dalla valorizzazione del passat o indicazioni per un fut uro glorioso. Parallelament e a quest a at t ivit à il Carrara si dedica alla formazione della raccolt a d art e, dedicandosi con impegno esclusivo a t ale at t ivit à, in considerazione del fat t o che per ogni collezionist a che si reput i buon conoscit ore, l at t o di acquist o non rappresent a che il moment o conclusivo di un lungo percorso di st udio, di ricerca e di esercizio visuale finalizzat o all individuazione della qualit à e del carat t ere dist int ivo dell aut ore dell opera d art e. La formazione della raccolta Carrara E difficile valut are il peso degli invest iment i del cont e sul mercat o art ist ico negli anni immediat ament e seguent i la mort e del padre; probabilment e anche il viaggio a Roma, con le relat ive sost e di it inerari classici, fu anche occasione di acquist i di dipint i ed ogget t i d art e (libri, disegni, st ampe, cammei, medaglie, sculture) che man mano venivano inviati a Bergamo. E document at o che già prima degli anni sessant a Giacomo Carrara perseguisse un proget t o collezionistico ormai definit o, finalizzat o a far vedere la pit t ura nascent e ed i progressi dei principali aut ori di t ut t e le scuole principali d It alia; il crescere ed il modificarsi della raccolt a, dalle origini (1755) all asset t o finale (1796), dovranno quindi esser valut at i non t ant o in rapport o alle diverse occasioni di acquist o o alle offert e di mercat o quant o in relazione alla lucida det erminazione del conoscit ore di raccogliere a scopo conservat ivo e didat t ico t ut t o quant o pot esse t est imoniare in qualche modo la st oria ed il progresso dell art e. Quest o proposit o nacque forse inizialment e sulla scort a di un fort e int eresse per la st oriografia locale (olt re che dal desiderio di individuare e far conoscere la t radizione art ist ica bergamasca, a quel t empo non ancora net t ament e dist int a da quella bresciana e venet a) ed in seguit o si est ese ad una dimensione più allargat a e qualificat a, al fine di fornire a quant i int endessero prat icare l art e una tangibile e non settoriale esemplificazione del modo di procedere. Dunque Carrara, grazie alla capillare conoscenza del patrimonio artistico bergamasco ed alla fiducia che la sua compet enza ed il suo int eresse per l art e seppero suscit are nei Deput at i degli ordini religiosi, riuscì ad assicurare alla sua raccolt a un rilevant e numero di dipint i; è infat t i in occasione della sua part ecipazione, in vest e di mediat ore o semplice consulent e, al rinnovo degli apparat i decorat ivi di alcune chiese che egli riuscì a recuperare le vecchie pale d alt are in disuso. Numerose opport unit à di acquist o si offrirono al collezionist a grazie alle numerose soppressioni di ordini religiosi che si susseguirono verso la fine del 700. In seguit o alla crescent e espansione del suo pat rimonio art ist ico il Carrara fece redigere nel 1796 il Cat alogo Borset t i (dal nome del suo redat t ore), sot t olineando in quest o modo il suo int ent o di conservare e document are ogni t raccia della st oria dell art e soprat t ut t o locale che gli event i st orici avrebbero rischiat o di cancellare; in quest ot t ica va considerat o anche l acquist o di molt i alt ri pezzi della raccolt a, la cui provenienza ecclesiastica è citata o nel Catalogo oppure è deducibile dalla descrizione dei dipinti. At t raverso la corrispondenza con pit t ori, rest aurat ori, semplici decorat ori o parroci, ognuno dei quali più di chiunque alt ro a conoscenza delle vicende del pat rimonio art ist ico dei rispet t ivi ambient i, Giacomo Carrara riuscì quindi ad assicurarsi un ampio repert orio di dipint i, soprat t ut t o a vant aggio di una scuola bergamasca che, a part ire dalle t est imonianze dei pit t ori ancora legat i ai modelli della madrepat ria, t roverà nella seconda met à del 500 e soprat t ut t o nel secolo successivo, una precisa ident it à. At t raverso la corrispondenza del cont e Carrara dunque è possibile disegnare una mappa delle relazioni t ra il bergamasco e gli erudit i ed in generale i personaggi che ruot avano at t orno al mercat o dell art e, un mercat o che, sebbene ancora dipendent e dall at t ivit à di mediazione di pit t ori, rest aurat ori, incisori e librai come quelli che frequent avano la Fiera di S.Alessandro che sfrut t avano le amicizie di alcuni client i per vendere occasionalment e opere di pregio, risult a qualificat o dall at t ivit à di veri e propri mercant i d art e che cont rat t avano i collezionist i sulla base di un cat alogo con nomi promet tenti e che si avvalevano della consulenza di conoscitori a garanzia della qualità dei prezzi offerti. E import ant e ricordare che la sist emat ica frequent azione delle più famose Gallerie del t empo, dalla libreria Ambrosiana e delle bot t eghe di pit t ori, olt re che dallo st udio sist emat ico delle t est imonianze pit t oriche conservat e nelle chiese e nei palazzi della cit t à, cost it uirono per il conoscit ore bergamasco una palest ra fondament ale e det erminarono, nella fisionomia finale della sua raccolt a, un preciso orientamento di gusto nei confronti della scuola milanese. Bergamo nell et à dei lumi: sit uazione cult urale Per gli st orici che si occupano della societ à venet a è not o come la seconda met à del 700 segni con maggior evidenzia le fasi di declino della illuminat a Venezia, ment re lo st esso non si può dire perle sue province; infat t i Bergamo è t ra le cit t à che manifest a il risveglio più vivace ed una singolare aut onomia cult urale. Sebbene fuori dai canonici percorsi del Grand Tour, la sua sit uazione viene descrit t a con ricchezza di part icolari nel Voyage d un f rancai en It alie, relazione di un viaggio degli anni 1765-66 da part e di un int ellet t uale francese in cui la cit t à viene descrit t a vivace, con un decoro cult urale e soprattutto attiva e dedita ai commerci. A poca dist anza di t empo dal report age di viaggio compare la prima import ant e guida st orica di Bergamo del veneziano Giampiccoli che descrive la cit t à come degna di not o prest igio e molt o at t iva dal punt o di vista dei commerci; in realtà dietro questa descrizione di una nuova società di traffici, si può intuire che il quadro dell ambient e bergamasco appare not evolment e mut at o. Da numerosi st udi emerge infat t i che l orizzont e bergamasco sia t ut t alt ro che immobile, apert o all Europa pur provenendo dall aust era t radizione degli st udi erudit i, la cit t à comincia ad orbit are at t orno a Milano, uscendo da un mondo chiuso ed arret rat o per aprirsi ad un periodo più vivace come quello dell Illuminismo it aliano. Collezioni e collezionist i d art e all epoca del conte Carrara Il t ema del collezionismo set t ecent esco a Bergamo è st at o poco t rat t at o e sviluppat o così che t ut t oggi essa sia priva di un indagine crit ica e st orica sist emat ica relegandolo ad un ruolo molt o marginale. Dalle ridot t e font i disponibili si può dedurre lo st at us del collezionismo di Bergamo all inizio del 700 sebbene alcune font i, come il t est o di Francesco Maria Tassi risult ino dist ort e, di impront a ideologica pan-bergamasca . Analizzando le modalità di formazione della raccolta Carrara si ricava l impressione che in linea generale i suoi int erlocut ori privilegiat i fossero, olt re che mercant i ad ogni livello e vendit ori occasionali, figure di collezionist i finora considerat i, ciò non esclude relazioni con raccolt e di origine gent ilizia; il Carrara infat t i ebbe relazioni assai st ret t e con appassionat i e collezionist i di est razione nobiliare come Brembat i, Aspert i e Tassi, anche se non sono document at i rapport i di scambio o acquist o di quadri poiché probabilment e le grandi famiglie non si t rovavano ancora nelle condizioni (più t ardive, in seguit o alla caduta della Serenissima) di dover alienare parte delle loro raccolte. Assai più det erminant e fu la part icolarissima condizione dello st esso Carrara la cui nobilt à recent e e acquist at a con il denaro lo rendeva in qualche modo est raneo alla grande arist ocrazia; in ogni caso è ut ile analizzare i casi di cont orno per capire il sot t ofondo cult urale ent ro il quale il Carrara si muoveva ed il repertorio privato da cui poteva trarre cognizioni formative di suo gusto. Non è comunque possibile parlare di vero e proprio collezionismo, che presuppone un int eresse selet t ivo delle opere ed è invece più probabile che t ali raccolt e fossero l effet t o di una sediment azione di opere d art e realizzat e nel corso dei secoli e secondo modalità differenti. Vi si possono individuare differenti modelli di collezionismo: - Raccolt e Giovan Bat t ist a Zanchi e Giacomo Bet t ame; esse cost it uiscono le collezioni che erano st at e t ra le più cospicue di Bergamo nella seconda met à del secolo; la prima è st at a frut t o della personale ricerca dello Zanchi e molt e opere sono present i nella bergamasca in molt i edifici religiosi; la seconda, di formazione più ant ica, cont ava più di un cent inaio di dipint i e fu format a con ogni probabilit à dall avvocat o cont e Giacomo Bet t ame nel 1742. Una part e delle opere di quest a collezione verrà acquist at a dal cont e Carrara nel 1784, ment re il rest o è present e in differenti punti della città. Quest e raccolt e si inseriscono nella prima met à del XVIII, epoca carat t erizzat a da un vivace ferment o collezionist ico, con la formazione di raccolt e assai folt e poi scomparse con la st essa rapidità con cui si erano formate, raccolte che oggi non è possibile riconoscere né verificare. - Raccolt e immobili : Tomini, Scotti, Vertova e Terzi; la prima è la raccolt a di riferiment o massimo per lo st udio di Moroni, collezione ben not a a rimast a probabilment e inalt erat a per t ut t o il secolo XVIII, trasferita in seguito a Milano insieme alla stessa famiglia. Il carat t ere più riservat o a difficilment e accessibile della raccolt a Scot t i si imparent a e t rova legami con la più ricca e più import ant e a livello numerico raccolt a di propriet à dei cont i Vert ova: entrambe sono state preservate in larga misura, ma sfuggit e all at t enzione dei conoscit ori del 700 e 800. Dalla visione della collezione Vert ova se ne ricava l immagine di una quadreria di famiglia bloccat a al suo asset t o seicent esco. La raccolt a Terzi invece, che present ava almeno ot t o t ele di Carlo Ceresa, si dist anzia dalle due precedent i: in primo luogo per la presenza di due grandi cicli decorat ivi ed in secondo luogo per essere sent it a dai visit at ori dell epoca come un vero e proprio Cabinet de Tableaux. - Raccolt e errat iche : Albani, Suardi; t ali raccolt e si dist inguono per l appart enenza a famiglie arist ocrat iche assai art icolat e in vari rami int erconnessi e dunque le propriet à dei singoli quadri risult ano difficilment e dist inguibili anche a causa di vendit e e acquist i all int erno delle st esse famiglie; t ali famiglie e soprat t ut t o i cont i Albani erano personalit à eminent i della societ à dell epoca e dunque nel corso del XVIII secolo la raccolt a subì un not evole increment o. Essendo la raccolt a in gran part e cost it uit a da rit rat t i viene confermat o il carat t ere gent ilizio della raccolt a, che comprende not evoli dipint i di Lot t o, Mant enga, Moroni e Fra Galgario t ra gli alt ri, ment re alla famiglia Secco Suardo appartenevano opere di Moroni, Tintoretto. - Raccolt e in espansione : Pesent i, Marenzi e Tassis; come già not at o per le raccolt e Suardi si evidenzia all inizio dell 800 un recupero dell impegno collezionist ico mot ivat o in relazione alle occasioni fornit e da un lat o dalle soppressioni napoleoniche dei beni ecclesiast ici, dall alt ro dal declino di alcune casat e gent ilizie deposit arie di grandi pat rimoni art ist ici; quest o fenomeno risult a assai più evident e appunt o all inizio dell 800, ma non deve essere sminuit a l import anza di un mercat o art ist ico int enso e produt t ivo nel 700: in quest a sit uazione t rovano mot ivazione gli increment i di alt re raccolt e, di solit o medie o minori, che, pur avendo una cert a consist enza conobbero una considerevole espansione at t ingendo sia al mercat o ant iquario sia t ramit e cont at i diret t i con gli art ist i in una fase che per Bergamo era carat t erizzat a da grande ferment o produttivo; ecco il mot ivo per cui quest e raccolt e vengono chiamat e in espansione per dist inguerle da quelle già consolidat e o da quelle frut t o di un collezionismo met odico e personalizzato. A quest o nucleo fanno part e different i raccolt e t ra le quali la più consist ent e ed interessant e è quella appart enut a alla famiglia Marenzi ed in part icolare ai frat elli Carlo e Gerolamo a cui si deve la t rasformazione radicale della raccolt a, inizialment e di carat t ere gentilizio, grazie all acquist o di opere del Lot t o, Mant enga, Moroni; dunque i cont i Marenzi furono molt o abili a sfrut t are le occasioni di vendit a di capolavori derivant i dalla soppressioni di ent i ecclesiast ici e così la raccolt a Marenzi si cost it uisce come sit uazione esemplare di un moment o di transizione, in cui le intenzionalità ed i metodi del collezionismo cominciano a mutare. Con la fine della dominazione venet a due nuovi element i vennero a mut are profondament e il quadro complessivo del mercat o di quadri, det erminando la dispersione di cert e raccolt e e la formazione di nuove: da un lat o l improvviso impoveriment o delle casat e gent ilizie molt o legat e al regime, dall alt ro il decret o napoleonico di soppressione di molt i ent i ecclesiast ici, che mise in circolo una not evole quantità di opere anche di rilevant e import anza che solo in seguit o confluirono in part e nei beni definit ivament e demanializzati ed assegnati a Brera. Dunque molt e casat e furono in grado di sfrut t are a loro favore quest a sit uazione (come i già nominat i cont i Marenzi) e divent ano t est imoni di un panorama collezionist ico del primo 800 radicalment e mut at o, sia per la scomparsa di raccolt e st oriche e la t rasformazione di alt re, sia per l affiorare di int erlocut ori collezionist ici complet ament e nuovi, figure che carat t erizzeranno il collezionismo bergamasco per t ut t o il secolo; la loro influenza sarà tuttavia indifferente alla formazione del patrimonio di Giacomo Carrara. Nell 800 cominciarono ad affermarsi figure di nuovi int endit ori t ra cui emersero ben prest o Lochis, Morlani, Sot t ocasa insieme ad una nuova cat egoria di personaggi t ra cui rest aurat ori e mercant i che con una complessa politica di scambi e acquisti furono i veri protagonisti del nuovo mercato. In quest o et erogeneo cont est o la figura del cont e Carrara si inserisce ancora nella cat egoria dei collezionist i puri , nel senso che formano essi st essi le loro raccolt e d art e, at t ingendo solo marginalment e ai beni di famiglia: quasi t ut t e le alt re raccolt e d art e risult avano nel XVIII secolo o rigorosament e blindat e in una loro st rut t ura consolidat a per t radizione di famiglia, oppure apert e ad un evoluzione assai lent a e limit at a agli art ist i locali. Da quest e const at azioni si può comprendere bene come il cont e Carrara non abbia avut o concret e possibilit à di increment are la sua raccolt a at t ingendo al pat rimonio art ist ico consolidat o di Bergamo, non essendo ancora prat icat a quella polit ica di osmosi int erna t ra le raccolt e cit t adine di cui si avvarranno invece, all inizio del XIX secolo, i Moroni, i Roncalli e soprattutto Lochis; le fonti del Carrara erano dunque di necessità altre: le relazioni dirette con gli artisti, le connessioni con le autorità ecclesiastiche locali, gli acquist i diret t i sul mercat o che, st imolat o anche dall annuale appunt ament o della Fiera, vedeva il coinvolgimento di personaggi minori e variegati quali restauratori, artisti, antiquari e librai. In alt ernat iva esist e anche la possibilit à che il Carrara pot esse at t ingere a quelle raccolt e, generalment e minori, che sembrano scomparire nel corso del XVIII secolo, a causa dell est inzione della famiglia o per la scomparsa di una fort e personalit à indicat a come il collezionist a la cui passione non fosse condivisa dagli eredi. Un altro argomento di ulteriore interesse per meglio comprendere la situazione attorno alla quale orbitava la raccolt a Carrara riguarda le finalit à che venivano assegnat e all at t ivit à collezionist ica nel corso del 700 anche in quest o caso si not a l anomalia della posizione del cont e Carrara, che già int orno al 1780 aveva apert o la sua raccolt a ai visit at ori prevedendo addirit t ura nel 1781 un ampliament o del nucleo iniziale; il fatto che di sole due raccolte bergamasche si possiede infatti una descrizione sistematica (Zanchi e Terzi), al cont rario di quant o accadde a Cremona e Brescia, ne fa dedurre che il pat rimonio art ist ico delle grandi casat e di Bergamo veniva sent it o come esclusivament e privat o, escludendo ogni possibilit à di pubblica fruizione pot endovi accedere solo personalit à influent i provenient i dalla classe nobiliare. In quest o senso la decisione del cont e Carrara di aprire alla pubblica fruizione la sua raccolt a, sia pure con ovvie limit azioni, appare per Bergamo del t ut t o rivoluzionaria; sebbene le most re occasionali allest it e avevano ben poco di cult urale, ma piut t ost o riaffermavano con la loro st essa eccezionalit à il carat t ere esclusivament e privat ist ico che si at t ribuiva alla propriet à di un bene art ist ico, l idea illuminist ica del pubblico int eresse , radice di t ant a part e del collezionismo set t ecentesco, appare quanto meno presente nell at t eggiament o del Carrara, ma risult a del t ut t o est ranea all ambient e bergamasco, arist ocrat ico e conservatore. Il paradosso è che proprio su quest o esempio isolat o e cont ro corrent e finì per affermarsi nell 800 a Bergamo quell idea di far confluire nella nuova ist it uzione, at t raverso donazioni, quelle st esse raccolt e d art e che gli arist ocrat ici set t ecent eschi avevano così gelosament e cust odit o t ant o da far considerare l albo d oro dell Accademia Carrara come "l albo d oro della st oria e della cult ura di Bergamo, esempio raro di coscienza civica e di vera arist ocrazia spirit uale" (vedi F. Russoli ne "Cat alogo generale dell Accademia Carrara"). La specificit à dell 800 a Bergamo: vicende st oriche sulle raccolt e La prima met à del secolo XX si pone come il periodo peggiore nell orizzont e della vicenda post unit aria del pat rimonio art ist ico it aliano; più della met à dei musei non appare funzionant e, ment re i rimanent i sopravvivono con difficolt à. Da quest a sit uazione, i cui complessi mot ivi sono st at i ampiament e dibat t ut i, ne sono uscit e penalizzat e soprat t ut t o le raccolt e d art e cont emporanea; t ut t o quest o ment re le most re in corso andavano rivendicando, soprat t ut t o la pit t ura ot t ocent esca, la loro legit t ima collocazione nell ambit o della st oriografia art ist ica nazionale e cost ruendone anche un dialogo con le esperienze europee contemporanee. Per quanto riguarda la situazione bergamasca sembra che sulla vicenda del progetto per la Galleria di arte cont emporanea, che ha preso il via negli anni 90, si sia dat o più spazio alla realizzazione concret a piut t ost o che ad una successione di dibat t it i e convegni che poi cost it uiscono da molt o t empo l anomalia permanent e nel panorama it aliano, in cui la successione di dibat t it i su t emi ast rat t i ha più volt e fat t o perdere il contatto con la realtà. In una sit uazione peculiare come quella bergamasca la cont inuit à t ra l 800 e le cosiddet t e epoche alt e non si può dire che possa essere rimossa a cuor leggero, non solo dal punt o di vist a st orico-art ist ico, ma anche da quello collezionist ico. Il divario della sfort una dell Accademia nell 800 pot eva apparire incolmabile, ma in realt à alcune esperienze museali fiorent ine dimost rano che il cont enit ore e la fisionomia delle raccolt e possono det erminare un esperienza felice e si possono affermare come esempi. La cont inuit à t ra l 800, soprat t ut t o quello preunit ario, che, insieme alla svolt a dell avanguardia macchiaiola, aveva costituito la naturale riserva delle ricerche fiorentine, ed i secoli precedent i veniva ribadit a, all int erno di una longeva t radizione collezionist ica, dal successivo allest iment o ambient ale favorit o dall eccezionalit à e dalla congruenza st orica della sede; il visit at ore, sebbene sia inserit o in un cont est o st orico nella visita alla Galleria Palat ina, è in grado di comprendere l inseriment o di opere e t est imonianze complet ament e diverse da quelle, recuperando un discorso unit ario che facilit a anche la non sempre agevole comprensione dei canoni della pittura ottocentesca. Nel caso bergamasco la ridefinizione st orica del suo pat rimonio ot t ocent esco appariva avviat o solo at t raverso la semplice schedat ura anagrafica di un cent inaio di dipint i e scult ure, organizzat a in occasione di una most ra-dibat t it o, organizzat a al fine di most rare l avanzat a proget t azione della Galleria d art e moderna nel 1985. Una successiva indagine che coinvolse molt i specialist i at t a a una ricognizione bibliografica fece emergere quel quadro della civilt à pit t orica bergamasca finora conosciut o, il cui esempio emblemat ico sono le opere del Piccio, forse l episodio più eccent rico che non deve però essere considerat o l unico. Quest a definizione st oriografica definit iva della pit t ura a Bergamo in quel secolo e la conseguent e ricognizione collezionist ica non possono che essere st at i la t raccia per ricost ruire le t appe di una vicenda figurat iva così fort ement e connot at a, anche se rimangono ancora molt e lacune che solo un proficuo rapport o t ra pubblici conservat ori, st udiosi e collezionist i pot rà port are ad un approfondiment o crit ico e auspicabili increment i. D alt ronde la fisionomia della raccolt a bergamasca è molt o peculiare e richiede dunque un vaglio st orico dei cont enut i confront at o con le alt re serie present i sul t errit orio; il caso bergamasco è uno dei cinque casi principali che si present ano nella vast a panoramica del pat rimonio ot t ocent esco present e nelle raccolt e pubbliche lombarde (insieme a lei vi è il caso della Pinacot eca di Brera in cui part e del pat rimonio disperso per epurazioni o assegnat o come arredo ad edifici pubblici è rientrato, ma ancora non è stata avanzata alcuna proposta di riordino). Dal confront o con le raccolt e delle alt re Accademie lombarde si not a come i cont at t i t ra la cult ura figurat iva bergamasca e quella milanese (ot re a quella romana) non furono mai int errot t i ed anzi i pit t ori bergamaschi ben conoscevano ciò che accadeva alt rove; il loro presunt o provincialismo era dunque una scelt a e la rivendicazione di una gloriosa ident it à di una t radizione che in quel periodo pot eva riprendere quot a nella creat ivit à del Diot t i che, con i suoi allievi t ra cui Piccio, Trècourt , Lucchini, aveva saput o imporre alla sua scuola un rit mo creat ivo che rivendicava prot agonist i Lot t o, Palma il Vecchio, Moroni contro la decadenza di Zucco, Lavagna, Ceresa, Ghislandi, Albricci. Quella del Diot t i dunque rimaneva, con t ut t i i dist inguo rispet t o a quelle nazionali, un Accademia neoclassica, in cui la formazione di Diot t i st esso aveva seguit o uno degli it inerari più ort odossi del classicismo; si poteva definire dunque una roccafort e impermeabile ad ogni dialogo con l est erno, segno di una cit t à che non voleva fare della forzat a annessione amminist rat iva alle province lombarde un omologazione cult urale. In seguit o gli allievi del Diot t i, facendo esperienza lont ano da Bergamo, int rapresero st rade e linguaggi different i così che la st oria della pit t ura ot t ocent esca a Bergamo present a una complessità che va al di la di una semplice etichettatura scolastica o regionale e che ne influenzano la risist emazione del mat eriale, in cui il dialogo t ra ant ico e moderno si pone come la ragione fondant e dell ident it à bergamasca. Le decorazioni dell Accademia e la raccolt a all epoca del cont e Giacomo Carrara In relazione al proget t o decorat ivo per la Pinacot eca il Carrara scrisse nel 1783 al piacent ino Ant onio Bresciani, professore della reale Accademia di Parma, richiedendo not izie di «un buon pit t ore frescant e»; Bresciani, rit enendo che i pit t ori locali fossero di livello mediocre, si dichiarò in un primo t empo dispost o ad eseguire egli st esso il lavoro, assicurando di aver dipint o molt issimo ad affresco, di essere «franco e spedit issimo», ma in seguit o nel 1784 rinunciò all impresa; il proget t o del Carrara risult ava infat t i t roppo ambizioso, e comunque inadat t o sia «all angusto campo di sole tre braccia». Gli accordi t ra il commit t ent e e il nuovo pit t ore Ferrari vennero presi nel novembre del 1784, ma solo nel luglio del 1785 egli present ò i primi due bozzet t i, elaborat i sulla base degli schizzi fornit i dal Carrara, mentre Riccardi, a quella dat a, dichiarava di non aver ancora t erminat o lo st udio del disegno delle due medaglie affidat egli, in quant o st ava concludendo la decorazione di una gran sala per il Principe Beigiojoso. Nel 1869, a causa del nuovo proget t o ost ensivo, che al piano superiore prevedeva l apert ura di lucernari e al piano sot t ost ant e l unificazione dei t re locali esist ent i per l allest iment o di un salone di rappresentanza, tutti gli affreschi delle sale vennero sacrificati236. La decorazione originaria della Galleria Carrara, at t ualment e limit at a all affresco nel volt o della scala superiore, opera di Donino Riccardi appunt o viene valut at a unicament e in base alle descrizioni riportate nel cat alogo del 1796 e al bozzet t o, recent ement e rit rovat o sul mercat o ant iquario, corrispondente all affresco della prima sala d ingresso al piano superiore. Al secondo piano della Galleria, l allegoria della cit t à dipint a al t ermine della scala, int roduceva il t ema del t rionfo delle Art i a Bergamo, celebrat o nelle t re sale susseguent i dell ala ovest (rispet t ivament e quella dei let t erat i, dei pit t ori e degli st orici), dipint e dal Ferrari, e nella prima sala dell ala est (quella dei poet i), dipint a invece dal Riccardi. Le limit at e dimensioni dei locali imposero al Carrara una drast ica scelt a dei personaggi che avrebbero dovuto testimoniare il valore e la continuità della tradizione bergamasca nei vari campi del sapere, ma ciò non gli impedì di rendere omaggio alla contemporaneit à, inserendo t ra i let t erat i l amico Ferdinando Caccia e t ra gli st orici l abat e Girolamo Tiraboschi. La sala più affollat a risult ava quella dedicat a ai pit t ori, poiché il collezionist a non volle rinunciare a rappresentare t ut t i coloro che avevano cont ribuit o a definire l evolversi della scuola bergamasca: Giovanbattista Moroni, Enea Salmezia, Paolo Cavagna, Giacomo Palma il Vecchio, Giacomo Palma il Giovane, Girolamo da Sant acroce, Giovanni Cariani, Andrea Previt ali, Lorenzo Lot t o, Girolamo Colleoni, solo sacrificando il t ermine ult imo di t ale percorso rappresent at o da Vit t ore Ghislandi det t o Fra Galgario239; infine la «sala dei poet i» (Bernardo e Torquat o Tassi, Basilio Zanchi e Publio Font ana) venne progettata in omaggio all amico Serassi. 229 Come ricorda il verbale della sedut a di Consiglio del 12 aprile 1802,1 acquist o della «casa ed ort o, di ragione della Commissaria Legge cont igua alla Galleria e Scuola di disegno in Borgo S. Tomaso» era «sempre st at o a cuore del cont e Giacomo Carrara». Cfr. E. Manca, Per l a st oria dell e ist it uzioni..., 1983-4, p. 69-70. Cfr. anche l annot azione di G. Carrara alla «Convenzione t ra li Sis.ri Vit alba e Manghenoni in proposit o dell acqua della Font ana che viene in Galleria» (AAC, cart . Ili, Fabbricat i e t erreni, sudd. 1), relat iva al fat t o che la Chiesa di Nembro, avendo percepit o lo st abile in quest ione con l eredit à di Gio Bat t a Legge il 15 marzo 1726, «non lo può rit enere ma è obbligat a a venderlo per recente Legge del Principe». 230 La medaglia venne realizzat a a Roma da Francesco Corazzini con la supervisione di Giovan Bat t ist a Dell Era: rappresent a al recto i profili di Giacomo Carrara e della moglie Maria Anna Passi, e al verso il prospet t o dell edificio con una scrit t a («PRO BONIS ARTIBUS BERGOMI COLENDIS / PINACOTHECAM ET LYCEUM EREXERE ), che ricorda l impresa dei coniugi Carrara, cfr. M.C. Rodeschini Galat i, Un Giovane , 1988, p.59 235. Cfr. la minut a di una let t era di G. Carrara a C. Bianconi del 17 giugno 1792 (AAC, cart . XX, fase. 9), int egralmente trascritta più avanti nel testo. Il Carrara st esso si recò a Milano per prendere accordi con i pit t ori; cfr. le let t ere di F. Ferrario (ACC, cart . III, fase. Ì8) e di D. Riccardi (AAC, cart. V, fase. V). 236. AAC, verbali 1869-90, cfr. E. Manca, Per la storia delle istituzioni..., 1983-4, p. 39, nota 58. 237. B. Borsetti, Catalogo..., 1796, in Appendice. 238. C. Rodeschini Galati, Donazioni: un bozzet t o di Federico Ferrari, in Osservat orio delle Art i , 6/ 91,1991, pp. 102-103. AC, inv. n. 1540. 239. La «sala dei pit t ori» corrisponde alla sala B ment re l aut oritratto del Galgario si trovava nella sala I, n. 99. Per rispondere alle necessit à di decoro dell edificio era st at a precedent ement e commissionat a (1782) ad Ant onio Gelpi la st at ua della Vestale, dest inat a alla nicchia della font ana nel cort ile d ingresso e l anno successivo era st at o ult imat o anche il rivest iment o in rame della vasca di marmo scavat a, apposit ament e disegnata dal Carrara per la «sala terranea della Galleria». Terminato il decoro dei soffitti nel 1786 furono trasferiti dalla casa di Borgo S. Ant onio i mat eriali dest inat i all allest iment o delle sale, compito che fu affidat o a Bart olomeo Borset t i che dal 1775 era st at o assunt o dal cont e in qualit à di «accomodat or di quadri vecchi»240. E probabile che nel 1792, quando arrivò a Bergamo l abat e Luigi Lanzi, la Galleria Carrara avesse raggiunt o una sist emazione quasi definit iva, prossima a quella poi rappresent at a dal Catalogo del 1796; in occasione della visit a dell abat e il collezionista aveva dispost o infatti che la Galleria fosse sempre apert a perché lo studioso «potesse con tutto suo comodo esaminare ciò che più gli fosse aggradito», e più volte si era recato egli stesso alla ex Campana «per servirlo e per apprender dalla sue cognizioni». Pert ant o la Galleria Carrara, nat a con l int ent o di affiancare alla prat ica della scuola l esempio della Pinacoteca e conseguent ement e finalizzat a a most rare «la pit t ura rinascent i e li progressi della st essa nelli principali aut ori di t ut t e le scuole principalment e d It alia»245, ben corrispondeva al disegno st oriografico dell abat e finalizzat o ad «agevolare la cognizione delle maniere pit t oriche»246 e, in un panorama molt o art icolat o della pit t ura it aliana, offriva anche un esempio di quelle scuole pit t oriche dell It alia superiore che ancora mancavano alla collezione; singolare in quella raccolt a era infat t i il numero e la qualit à delle presenze di art ist i milanesi (Foppa, Bramant ino, Leonardo e i suoi allievi, Gaudenzio Ferrari, Lomazzo, Figino, Lanino, i Procaccini, Morazzone, Cerano, Crespi, Nuvolone, Fede Galizia, St orer, Bianchi, Mont alt o, Cairo e molt i alt ri pit t ori del Set t ecent o) e ancor più esaurient e era il panorama della scuola veneziana a part ire, se non dalle origini (l unico present e dalle origini nella raccolta era un t rit t ico di B. Vivarini) almeno da Gent ile Bellini e dal frat ello Giovanni con t ut t a la sua scuola (Basain, Catena, Cima, Mantegna). 240. La st at ua della Vestale (inv. Se. 9), cit at a in una let t era di Ant onio Gelpi a G. Carrara (AAC, cart . IV, fase. 12) è infat t i firmat a e dat at a 1782. Il Gelpi scolpì anche la st at ua del Satiro (inv. Se. 8), poi collocat a sul pianerot t olo della scala maest ra al secondo piano (cfr. G. Marenzi, Guida di Bergamo...1824, 1985, p. 132). Nel 1783 venne realizzat a la «vasca di marmo cavat a dall et rusco [...] fat t a fare per la sala t erranea della Galleria» (cfr. disegni in AC, Gabinet t o disegni e st ampe), come si deduce dal saldo della «t inca di rame... collocat a nella vasca di marmo» regist rat o nelle Memorie di carattere il 13 ottobre 1783. Le Memorie di carattere registrano, in data 10 aprile 1786, le spese fatte per l incassat ura «di quant o port are in Campana» e, dal 23 set t embre 1784 al 18 maggio 1795, i regolari pagament i a «Bart olomeo Borset t i, accomodat or di quadri vecchj ». Per quant o riguarda l at t ivit à di B. Borset t i presso il cont e Carrara, apartire dal 1779, cfr. la nota introduttiva al Catalogo 1796, in Appendice. 241. Carlo Bianconi (1732-1802), che nella primavera del 1778 si t rovava a Roma presso il frat ello Giovanni Ludovico, il 10 luglio di quello st esso anno, era st at o chiamat o a Milano dal cont e Carlo di Firmian per sostituire Ant onio Albuzio nell incarico di segret ario della neoist it uit a Accademia di Belle Art i di Brera, presieduta dal principe Alberico Barbiano di Beigioioso (cft S. Saack Ludovici, ad vocem, in D.B.I., pp. 246-8). Cfr La corrispondenza di Carlo Bianconi indizzata a G. Carrara AAC, cart. IX, fase. 12. Alle t est imonianze più not e della rinascit a pit t orica veneziana (Giorgione, Tiziano, Veronese, Tint oretto, Bassano), int egrat e da quelle dei bergamaschi (Palma il Vecchio, di cui il Carrara det eneva quasi un esclusiva, Cariani, Moroni), e di un bergamasco di adozione come il Lot t o, si aggiungevano i port avoce provinciali più singolari di t ale t radizione (Moret t o, Licinio, Gambara, Piazza, Fialet t i, Brusasorci) e, nel variegat o panorama del manierismo venet o, si dist ingueva la scuola locale dei Salmeggia, Cavagna, Grifoni, Zucco, Ceresa e Domenico Ghislandi. Si considera qualificat a, sia pur relat ivament e alle disponibilit à di mercat o e alle possibilit à dell acquirent e, anche la document azione della pit t ura venet a cont emporanea: dalle t est imonianze della pit t ura di st oria (i modelli dei quadri di Zanchi, Molinari, Bellucci, Trevisani, Pit t oni, Polazzi, Tiepolo, Ricci, Balest ra, Cifrondi) e del rit rat t o e alle specializzazioni dei generi minori (le figure di Piazzetta; le teste di carattere di Nazari; i paesaggi di Canaletto, Carlevaris, Zuccarelli e Zais e gli uccelli del conte Duranti)248. Gli ult eriori rimandi alla pur est esa quadreria Carrara, sebbene generici (il piano generale dell opera prevedeva d alt ra part e più una sint esi st ilist ica degli aut ori, che non una descrizione det t agliat a di singole opere), risult ano riferit i quasi esclusivamente alle numerose t est imonianze di pit t ura bergamasca radunat e dal collezionist a, cost ringendo a valutare quella raccolt a nei limit i di una document azione e di una celebrazione della st oria pit t orica locale; sebbene il suo valore non venne mai considerat o secondario infatti, se confront at o alla relat iva conoscenza della pit t ura bergamasca prima delle indagini condot t e dal Tassi e dal Carrara (e alla necessit à spesso inderogabile di salvaguardare il pat rimonio art ist ico dalla voga di rinnovo degli edifici religiosi che invest ì le aree periferiche, Bergamo compresa), è cert o ridut t ivo rispett o alle ambizioni del collezionist a che, se da una part e non era int enzionat o ad allineare semplicement e dei capolavori, dall alt ra punt ò ad una esaurient e rappresent anza di scuole e maniere, perché gli allievi fossero posti nella condizione di poter scegliere, in un ampio ventaglio di modelli, quanto a loro più int eressava promuovendo allo st esso t empo la loro cult ura e quella dei cit t adini dell epoca. A t al fine il Carrara, a fianco delle t est imonianze della pit t ura venet a alla quale si era t radizionalment e rivolt a la st oria art ist ica bergamasca, aveva raccolt o un buon numero di esemplari della scuola bolognese (Carracci, Domenichino, Guido Reni, Guido Cagnacci, Guercino), di quella parmense (Correggio, Parmigianino, Bart olomeo Schidoni), e in part e di quella romana, riuscendo persino a procurarsi un presunt o quadro di Raffaello e un ritratto di Timot eo della Vit e. Infine, in base a un crit erio più di rappresentativit à che di esaust ivit à st orica, aveva raccolt o quant o di più significat ivo rit eneva fosse st at o prodotto in Italia nei vari settori di specializzazione della pittura sei-settecentesca (è il caso di nove pezzi di Bernardo Strozzi), non mancando di aggiungere anche qualche quadro francese e fiammingo. Una raccolt a format a dunque secondo un dichiarat o int ent o didascalico, dest inat o a soddisfare le specifiche necessit à della scuola, ma nello st esso t empo allineat o alle più moderne t endenze del collezionismo pubblico e privat o. È not o infat t i che nel corso del Set t ecent o i conoscit ori e collezionisti più progressist i, accogliendo le ist anze cult urali dell illuminismo e riconoscendo all opera d art e un ruolo didat t ico fondament ale, t endevano ad aprire al pubblico le proprie raccolt e e, conseguent ement e, ad organizzarle non più sulla base di scelt e di gust o personali, ma secondo principi di una maggiore rappresentatività251, t ut t avia, ment re in alcuni casi t ale orient ament o det erminò anche l adozione di crit eri di ost ensione diversi, mediat i dagli ormai corrent i met odi st oriografici di classificazione e ordinamento delle raccolte di stampe e disegni, e sperimentati nei più recenti allestimenti delle collezioni di ant iquaria, nel caso della Galleria Carrara ad un indirizzo collezionist ico innovat ivo non corrispose un crit erio esposit ivo alt ret t ant o aggiornat o: il collezionist a bergamasco infatti, pur non ignorando i principi che avevano guidat o Francesco Algarot t i nella organizzazione della Galleria di Dresda (1742), e che il Lanzi aveva fat t o propri in occasione del riordino della Reale Galleria Medicea di Firenze (1782), rit enne opport uno avvalersi di un modello ostensivo tradizionale252. Tale orient ament o appare evident e nel Catalogo della Galleria del 1796 che, pubblicando i prospet t i delle singole paret i in aggiunt a alla descrizione dei dipint i, illust ra l asset t o finale della raccolt a fornendo una document azione pressoché completa253; i dipint i, a part ire da uno zoccolo a riquadri alt o circa ot t ant a cent imet ri fino alla cornice sagomat a che delimit a lo sviluppo vert icale della paret e, risult ano addossat i uno all alt ro in modo da esaurire complet ament e lo spazio disponibile, formando una sort a di texture sul modello dei cabinet d amat eur francesi. Dal confront o delle diverse paret i si evidenziano alcune cost ant i composit ive: at t orno ai quadri di grandi dimensioni (generalment e uno solo per paret e), dispost i in relazione alla presenza di port e o finest re, vennero collocat i simmet ricament e i quadri cosiddet t i compagni o di analoga dimensione con l int ent o di creare un insieme armonico e complessivament e gradevole, a prescindere dal sogget t o o dall epoca del dipint o; spesso i rit rat t i risult ano appesi all alt ezza dell occhio dell osservat ore, ment re i paesaggi e le nat ure mort e occupano la fascia inferiore, ma le esigenze di format o prevalgono, det erminando l accost ament o di generi molt o diversi t ra loro. La necessit à di esporre il maggior numero possibile di dipint i nello spazio limit at o delle undici sale fu dunque prevalent e e, in qualche misura, penalizzò l immagine complessiva della Galleria, come pot è rilevare anche Carlo Marenzi che in una lettera scrive: «quest a spiacevole mist ura di cose [la commist ione di quadri di diversa qualit à] proviene in gran part e dal met odo con il quale il Cont e Giacomo ha preso a collocare i suoi quadri, ad uso come di t appezzeria, dispost i con un cert o ordine simmet rico e separat i l uno dall al t ro mediant e un solo f ilet t o indorat o, ne viene che tutti restano spogli della debita conveniente cornice, e che forzato il quadro a servire al luogo, e non il luogo al quadro, spesso al cat t ivo è f orza posporre l ot t imo, perché non avent e l e occorrent i dimensioni»254. Lo st ralcio deve essere messo in relazione alla cont est uale propost a del cont e di alienare un buon numero di dipint i al fine di reperire le risorse finanziarie e gli spazi necessari alla valorizzazione dei dipint i più pregevoli della raccolt a; t ut t avia, al di là delle considerazioni in merit o ai nuovi orient ament i del gust o collezionist ico ot t ocent esco che st avano alla base di t ale iniziat iva, la t est imonianza del Marenzi aggiunge alla document azione not a l element o nuovo relat ivo alla scelt a del collezionist a di economizzare ult eriorment e lo spazio disponibile ut ilizzando un solo filet t o dorato, fissat o diret t ament e alla paret e per separare un quadro dall alt ro, piut t ost o che ut ilizzare cornici singole, certo più prestigiose ma nello stesso tempo maggiormente costose e ingombranti. 253. II document o, compilat o (dopo la mort e del Cont e) da Bart olomeo Borset t i sulla scort a di precise indicazioni met odologiche fornit e da una persona cert o più compet ent e di quant o non pot esse essere il factotum di casa Carrara, venne organizzat o in modo da fornire un informazione il più possibile esaust iva: le sale risult ano ordinat e alfabet icament e in base al percorso di visit a; i prospet t i delle singole paret i, disegnat i a penna e acquarellat i, riproducono la disposizione dei quadri e la numerazione degli st essi, in base a un crit erio non sist emat ico ma di volt a in volt a adat t at o alla st rut t ura della composizione; ad ogni prospet t o segue la descrizione dei sogget t i, il nome dell aut ore, ed event uali not e relat ive alla qualit à o alla provenienza del dipinto. In un cont est o di difficolt à dovut o all ingresso delle t ruppe di Napoleone l unica iniziat iva di rilievo assunt a dalla Commissaria all indomani della mort e del Carrara (1796), sembra essere quella di redigere il più volt e cit at o Cat alogo dei quadri esist ent i nella Galena, che avrebbe dovut o orient are il visit at ore, e nello st esso t empo document are la quant it à e qualit à del lascit o dei dipint i 280; il Catalogo, t ra l alt ro, non considerando né i quadri riservat i al decoro della casa di borgo S. Ant onio né quelli rimast i ammassat i in at t esa di collocazione, ma limit andosi alla sola descrizione dei circa 1300 dipint i espost i nella Galleria, consent e una ricost ruzione solo parziale anche di quella specifica raccolt a281 in quant o la collezione dei dipinti era da int endere come un campo privilegiat o, ma non unico, dell at t ivit à di ricerca del conoscit ore bergamasco. 258. In base alla t avola riassunt iva che int egra l indice del Catalogo, ai 1236 quadri espost i nelle sale dovevano essere aggiunt i i 39 dipint i appesi nell armadio grande e quelli, non quant ificat i e non descrit t i, cont enut i nell armadio riservat o ai rit rat t i di Leonardo da Vinci. Dovranno inolt re essere considerat i i quadri rimast i nell abit azione e pervenut i solo dopo la mort e di Marianna Passi (1804), cfr. l appunt o di G. Carrara (AAC, cart. XLII, fase. 10) intestato Avvanzi in Città. CAPITOLO IV - Storia dell Accademia dalla fondazione agli interventi odierni Collocazione Morfologicamente l Accademia Carrara è collocat a in una posizione int ermedia nella cit t à, in uno dei t re borghi che da Cit t à Alt a discendono fino alla pianura fino a formare il cent ro di Bergamo bassa. La principale carat t erist ica del borgo di S.Tomaso, olt re alla presenza della Pinacot eca Carrara, è di essere una delle zone che maggiorment e ed uniformement e hanno mant enut o il carat t ere st orico dell archit et t ura locale, t est imoniat a dalla presenza di ant ichi fabbricat i residenziali 500eschi e 700eschi, edifici religiosi medievali e della st essa via S.Tomaso che un t empo, sot t o la Repubblica Venet a, indicava al viandante la direzione per raggiungere Venezia. Malgrado la rilevanza di quest o ricco pat rimonio st orico, increment at o ancora di più dalla presenza di ampie zone a verde cost it uit e dall at t iguo Parco Suardi, dai giardini privati e dalle zone di rispetto ai piedi delle ant iche Mura Venet e, il borgo è una delle part i della cit t à in cui si riscont ra meno afflusso di cit t adini; la scarsa presenza di at t ivit à t erziarie forse giust ifica in part e le ragioni di quest o abbandono, ma la presenza di cont enit ori st orici come la GAMEC, post a di front e alla Pinacot eca nell ex monast ero, fa apparire l Accademia come la dimensione at t iva e carat t erizzant e di un borgo che avrebbe i requisit i necessari per identificarsi nella città. Ruolo dell Accademia Carrara nella cit t à di Bergamo L Accademia Carrara è l unica Pinacot eca esist ent e a Bergamo e rappresent a forse l unica ist it uzione pubblica museograficament e significat iva nella cit t à, sia per l import anza art ist ica della collezione, annoverat a t ra le pinacot eche più conosciut e d It alia e d Europa, che per il carat t ere st esso della istituzione volta con le sue iniziative culturali a identificarsi come un Museo attivo e quindi modernamente inteso. Confrontando la Pinacoteca Carrara con le atre istituzioni culturali quali musei, biblioteche, teatri, sale conferenze, e gallerie d art e dot at e di adeguat e st rut t ure per dibat t it i e allest iment i di un cert o int eresse, si dist inguono due carat t erist iche degne di not a: l una riguarda il decent rament o della Carrara rispet t o alle alt re at t ivit à ad essa analoghe; l alt ra la diversa e cont rast ant e presenza del pubblico dei visitatori. Per quant o riguarda la collocazione nella cit t à possiamo rilevare due dist int e in cui esist e una rilevante concentrazione delle cit at e at t ivit à di cult ura: Cit t à Alt a, con una presenza abbast anza compat t a, in cui t roviamo riunit i gli alt ri 5 musei (Museo del Risorgiment o, Museo Archeologico, Museo di Scienze Nat urali, Museo e Paleont ologia, Museo Donizet t iano, Museo Diocesano di Art e Sacra), la principale bibliot eca civica, un t eat ro, olt re a numerosi luoghi per convegni e allest iment i di most re t emporanee; e il centro cittadino,nella part e in pianura, dove prevalgono le gallerie d'art e,il Teat ro Donizet t i,gli audit orium per conferenze. Rispet t o ai due poli l'Accademia Carrara è collocat a in una Posizione periferica,isolat a in uno dei 4 maggiori borghi storici; per quest a carat t erist ica quindi e per il fat t o di essere l unico museo present e nel cent ro cit t adino, la Carrara si ident ifica in una consona dimensione di rilievo e di inconfondibi1it à nell ambient e cult urale bergamasco. Malgrado la riconosciut a import anza at t est at ale l Accademia Carrara risult a però essere la st rut t ura cult urale meno frequent at a dal visit at ore locale e ciò è dovut o principalment e a ragioni di carat t ere ambient ale, per quant o concerne il già t rat t at o carat t ere del luogo; e organizzat ivo riguardo all affet t iva funzionalit à del Museo. Su quest 'ult imo argomento, in part icolare, bisogna precisare che la Carrara, per le iniziative che propone, potrebbe avere tutte le carte in regola per imporsi all at t enzione di un sempre più vast o pubblico di visit at ori, se non risult asse carent e proprio in quelle fondament ali st rut t ure che rendono agibili e idonee le at t ivit à di lavoro e di organizzazione del Museo nella società odierna. Da quant o espost o appare evident e che per pot er realment e imporre l Accademia Carrara all'at t enzione della cit t adinanza, e non solo simbolicament e come t ut t oggi avviene, si dovrebbero at t uare una concret a revisione e una rist rut t urazione delle funzioni che le sono proprie, con lo scopo anche di riproporre la Pinacot eca nella dimensione di un luogo idoneament e fruibile e necessario alla crescit a cult urale della cit tà; e proponendo inolt re una polit ica di sviluppo e di rivit alizzazione generale a risoluzione e a beneficio della "crisi d identità" rilevata nel borgo S.Tomaso. Indagine storica Trasformazioni del fabbricat o dell'Accademia Carrara dalla fine del 1700 alla seconda guerra mondiale Nel 1766 Giacomo Carrara, illuminat o cont e appassionat o d art e, aveva comunicat o al bolognese Luigi Crespi di possedere una discret a raccolt a di quadri frut t o di lunghe ricerche e acquist i nei mercat i d art e d It alia di Francia e di avere, già a quella dat a, il problema di collocarne molt i alt ri; in quella dat a il cont e possedeva anche uno st abile, acquist at o nel 1759, in Borgo Palazzo, e una seconda casa in Borgo S. Ant onio (at t igua alla propria), forse comperat a con l int ent o di ampliare la propria abit azione per collocare il mat eriale che cresceva continuament e; è però anche possibile che t ali acquist i fossero det t at i semplicement e dall occasione di vant aggiosi invest iment i, in quant o t ali propriet à risult ano regolarmente affittate212. Mot ivazioni di t ipo speculat ivo non giustificano al cont rario l acquist o dello st abile con case et ort alia det t o la Campana, post a in Borgo S. Tomaso vicino alla chiesa di S. Michele del Pozzo Bianco, stabile comprato il 5 maggio 1775 e occupat o da persone ingent i che godevano del sussidio Consorzio del Pozzo Bianco213. E verosimile che il Carrara int endesse dare corso al suo proget t o, che prevedeva da un lat o il riordino ostensivo dell ingent e pat rimonio art ist ico accumulat o, e dall altro l ist it uzione di quella scuola di pittura che, dopo il ritrovamento del testamento del 1757, si sa essere stato un precoce disegno, intento del resto confermato da Gerolamo Marenzi il quale a proposito, nel 1824, scrive: «Il nobile cont e Giacomo Carrara, dopo avere molt i anni con rilevant i f at iche e dispendio, raccolt o uno pregievole numero di quadri ed alt ri ogget t i avent i rel azione con le t re belle art i, si det erminò d ist it uire scuola di pit t ura, nel di cui locale riporvi ciò che aveva di più prezioso e lasciarlo al pubblico benef izio. Nel 1766 si comperò un corpo di case post o nel borgo S. Tomaso opport uno a quell ogget t o perchè in situazione rimota»214. La casa in Borgo Palazzo, acquistata da Bortolo e fratelli Mapelli il 12 maggio 1759 (ASBg, Fondo notarile, atti del not aio Marc Ant onio Zanchi), venne scambiat a con un alt ra «prossima alla Galleria» del Consorzio del Pozzo Bianco (Memorie di carat t ere..., 11 maggio 1792). Ment re la casa di Borgo S. Ant onio confinant e con quella già di C. Carrara, cost it uit a da t re corpi con ort o venne vendut a il 27 nov. 1797 (at t o di vendit a in AC, Cassafort e nel volume: copie del testamento del conte Giacomo Carrara ed instromenti dei Commissari della facoltà Carrara). 208 II Carrara, in base alla sua dichiarazione dei beni del 1770 (AAC, cart . XXXIX, fase. 1), risult a essere propriet ario di quant o segue: «La met à della casa di Borgo S. Ant onio del valore di 17.550 lire con la met à dell ort o del valore di L. 525. Case in affitto: una casa in Borgo Palazzo, vicinia di S. Antonio in foris affittata a Bartolomeo Mapelli, un alt ra casa in Borgo S. Ant onio, nella Vicinia di S. Ant onio int us, affit t at a a Don Venanzio Cost aroli; porzione di 207 Mont e Selegiale nel comune della Carona. Possessione a met à [con il frat ello]: Propriet à nel comune di Ranica con case, orti e masserizie ecc.». 209 G. Marenzi (Guida di Bergamo..., ed. 1985, p. 131 _ La dat a d acquist o indicata dal Marenzi, così come quelle relat ive all inizio e al t ermine dei lavori («Cominciò nel susseguent e anno la fabbrica col disegno di Cost ant ino Gallizioli, nella quale, finit a nel 1774, vi andò disponendo i quadri, sinché nel 1795 eseguì l ideat o st abiliment o coll aprire anche la scuola»), ad evidenza della document azione sopra espost a e di quant o segue, andranno posticipate di circa un decennio. La decisione di lasciare alla cit t à di Bergamo avvenne sull esempio di quelle Accademie che in quel t empo andavano sorgendo nelle maggiori cit t à dell It alia Set t ent rionale t ra le quali il cont e ben conosceva quelle di S.Luca a Milano e di Parma; con quest ult ima ne abbe un cont at t o diret t o, part ecipando a diverse conferenze riguardo alla decisione di ist it uire un Accademia di Belle Art i e divent andone anche accademico ad honorem nel 1759. Alt re Accademia ben not e al Carrara erano quelle di Bologna e Roma, indicate espressamente nel suo primo testamento come esempio per la sua personale Accademia. Per quant o riguarda il problema relat ivo alla necessit à di creare cont enit ori idonei alla raccolt a di opere art ist iche, il Cont e aveva già una chiara visione, essendosi già misurat o negli anni immediat ament e precedent i con la quest ione, part ecipando at t ivament e al dibat t it o sort o int ono al problema che si present ava allora sulle sedi dei musei d ant ichit à; in quest a occasione aveva avut o modo di ascolt are sia le posizioni t radizionalist e favorevoli al semplice t rasferiment o sia quelle più innovat ive che cat t urarono la sua attenzione e la sua approvazione così che quando il conte decise di collocare la sua Accademia in un edificio lo fece sulla base di una precisa ragione culturale. Non si t rat t ava di una grande cost ruzione all'int erno di un agglomerat o di modest e abit azioni sort e sul ret ro dell ant ico borgo di S.Tomaso, nel punt o di arrivo di quella mulat t iera (ancor oggi denominat a la Noca ) che, part endo dalla port a di S. Agostino, crea un collegament o rapido t ra la cit t à alt a e il Borgo S. Cat erina; un luogo periferico, dunque, sia nei confront i del cent ro st orico della cit t à alt a che del polo commerciale della cit t à bassa (l area della Fiera di S. Alessandro), ma con il vant aggio di una relat iva vicinanza all abit azione del Carrara e di un modest o cost o iniziale. Nel luogo «ove solazzavano prima le delizie di Bacco e le scost umat ezze»215 G. Carrara, con il plauso di t ut t a la cit t adinanza at t raverso una orazione in lode della pittura, nel 1795 realizzò la sua Galleria chiamando a dirigere i lavori Cost ant ino Gallizioli, un damasco di modest e origini che aveva cercat o di affrancarsi dalla sua prima at t ività di falegname, dedicandosi al disegno dello st udio dell archit et t ura216; al Gallizioli erano st at i infat t i affidat i anche alcuni incarichi pubblici di una cert a ent it à come la facciat a della chiesa della Trinit à, che lo st esso Carrara era dispost o a sovvenzionare, e quello relat ivo alla realizzazione dell edificio sopra il Font anone . Il Gallizioli fu definit o dal responsabile del progetto un «ingegnoso Archit et t o»219; l assegnazione dei lavori al Gallizioli appare dunque mot ivat a più da un consolidat o rapport o di st ima (forse il Carrara sopravvalut ava le qualit à dell archit etto) che non dal fat t o, come rit iene G. Gregori, che il commit t ente intendesse avvalersi di un personaggio «modesto», «poco originale», e disposto ad accettare «docilmente i suoi suggerimenti e le sue correzioni». 217. Il disegno della facciata della demolita chiesa della SS. Trinità in borgo Pignolo è attribuito a C. Gallizioli sia da A. Pasta {Le pitture notabili..., 1775, p. 121), che da F. Bartoli {Notizia..., 1776, p. 31). Circa la disponibilità di G. Carrara a contribuire personalmente alla buona riuscita delle opere intraprese dal Gallizioli, cfr. le sue prime disposizioni testamentarie (1757, in Appendice): «Lascio per una sola volta alla chiesa della Santissima Trinità di questo Borgo scudi cinquecento da lire sette l uno perchè si termini la facciata della medesima giusta il disegno incominciato, o pure al più invece di frontone si finisca con balaustrata di marmo sopra il cornicione». Tra gli incarichi ricevuti dal Gallizioli per la parrocchiale di S. Alessandro della Croce, dovrà essere considerata anche la realizzazione del «predello del portico» della facciata (cfr. «Nota di spese sostenute per perizie e disegni serviti per la vertenza contro il Rev.mo signor Prevosto di Pignolo per il progetto di un portico da farsi davanti alla chiesa di S. Alessandro della Croce», 20 agosto 1754, in BCBg, Archivio Storico del Comune di Bergamo, cc. 244-5). 218. C. I. Frugoni a G. Carrara, Parma 1 aprile 1763 (AAC, cart. VII, fase. 7, in A. Pinetti, Lettere inedite..., 1917, pp. 15-16). Circa la partecipazione del Gallizioli al concorso di Parma vedi anche le lettere di G. Carrara a C. I. Frugoni conservate nell Archivio della Reale Accademia Parmense di Belle Arti, cart. 2, dal 1761 al 1763 (trascritte in R. Paccanelli, La formazione..., 1976-77, II, pp. 93-8). 219. A. Pasta, Le pitture..., 1775, p. 121, nota 1. 220. Cfr. Memorie pittoriche diverse del C.te Giacomo Carrara (AAC, cart. XIX, fase. 10). 221. G. Gregori, Accademia Carrara..., 1988, p. 63. La Gregori fa propria l ipotesi di E. Manca {Per la storia delle istituzioni..., 1983-4, p. 13) che il fabbricato della «Campana» fosse una piccola casa di tipo contadino, ortogonale rispetto all omonimo vicolo, e limitata alla zona anteriore del corpo che ancor oggi assolve funzioni di servizio (abitazione del custode); un edificio che il Carrara avrebbe conservato integralmente, aggiungendo poi «un corpo di fabbrica di tre piani» con orientamento nord nord-est», destinato alla Galleria. Il Gallizioli, olt re a proporre alcune soluzioni di sist emazione per gli int erni, studiò anche il disegno per la facciat a rivolt a a Est , decorandola con un gruppo cent rale di colonne abbinat e a t re finest roni ad arcat e; alcune sale int erne vengono poi affrescat e dai dipint i, ora scomparsi, dei pit t ori Federico Ferrari e Domenico Riccardi. Il Carrara decide inolt re di affiancare alla pinacot eca una Scuola di pit t ura e disegno al fine di consent ire agli st udent i un più diret t o avvicinament o alle opere esemplari degli art ist i del passato. Il concet t o filosofico e sociale che st a alla base di quest a decisione è quello di creare un ist it uzione che anziché essere una t radizionale e semplicist ica galleria di esposizione di opere, divent asse invece un cent ro format ivo di cult ura art ist ica. La Scuola già annunciat a nel 1782 inizia regolament e i corsi solo nel 1793. Nella st oria di Bergamo e della sua provincia durant e quest o periodo, l Accademia Carrara pot eva essere cit at a come l unico esempio di un luogo dove lo spazio esposit ivo di una pinacot eca, int esa come collezione apert a al pubblico esist eva affiancat o ed in st ret t o rapport o didat t ico con uno spazio di insegnament o per la produzione art ist ica; solo alcuni anni più t ardi, nella prima met à dell 800, sorgerà a Lovere la Pinacoteca Tadini con l annessa scuola d art e che, insieme alla Carrara, costituiscono oggi nella bergamasca gli unici due esempi di museo d arte pittorica. L'int ervent o del Cont e, sebbene non t est imoniat o, appare rint racciabile dal confront o fra i due diversi proget t i elaborat i dal Gallizioli: il primo infat t i, immediat ament e scart at o dal Carrara, rappresent a la t ipica soluzione di un archit et t o privo di qualsiasi esperienza nel campo specifico, in quant o t rat t a la Galleria come un qualsiasi palazzo d'abit azione, subordinandone la funzionalit à all eleganza; quest o aspet t o appare con evidenza nel primo disegno del prospet t o verso la cit t à alt a, in cui compone una facciat a di rappresent anza basat a sul mot ivo di una t riplice apert ura ad arco ripet ut a sui t re piani; una soluzione indubbiament e elegant e, ma poco prat ica per una pinacot eca perché olt re a ridurre not evolment e l ampiezza delle sale ret rost ant i alle logge le illumina in maniera indiret t a; nel secondo proget t o corregge quest i difet t i, sost it uendo le logge con finest re cent inat e, ed inolt re provvede ad una distribuzione più razionale dei collegament i t ra i singoli vani, rendendoli visit abili secondo un percorso cont inuo; è molt o probabile che t ali correzioni non siano st at e decise aut onomament e dal Gallizioli che aveva una scarsa conoscenza dei requisiti necessari ad una Galleria. L operazione del Gallizioli, rispondent e perfet t ament e allo scopo per il quale era st at o proget t at o ma di dimensioni già insufficient i per il mancat o acquist o dei t erreni adiacent i da part e del cont e Carrara, doveva essere una sist emazione t emporanea in quant o l acquist o di t erreni adiacent i solo parzialment e edificat i avrebbe permesso di ampliare il nuovo edificio inserendo l int era collezione e dare maggior spazio al numero delle scuole moment aneament e limit at e alla sola scuola di disegno; l int ervent o dell archit et t o bergamasco si configurò dunque più come un consist ent e int ervent o di rist rut t urazione e di adeguament o di un fabbricat o preesistente piut t ost o che la cost ruzione negli ort i di un edificio progettato ex novo221; lo st abile denominat o «la Campana» doveva infat t i comprendere non solo il piccolo edificio alla dest ra del cort ile d ingresso, poi convenientemente ampliato e adibito ad abitazione del custode e del Cancelliere, ma anche l adiacent e fabbricat o ad L (t radizionalment e at t ribuit o al Gallizioli), successivament e adat t at o alle necessit à della galleria, della scuola, e dell abit azione del maest ro222. L equivoco deriva dal fat t o che la document azione archivist ica relat iva al fabbricat o, olt re ad essere lacunosa, risulta anche di difficile interpretazione in quanto gli elaborati grafici superstiti non riportano le indispensabili not e esplicat ive223. Per leggere at t ent ament e quei disegni e capirne le origini è necessario dunque part ire dall unico dat o cert o at t ualment e disponibile ossia i proget t i di ampliament o dell edificio, in seguit o al concorso bandit o nel 1804 dalla Commissaria di set t e illust ri cit t adini nominat i a vit a, (dal 1796, per dichiarazione t est ament aria del cont e st esso, assunse l amminist razione della Pinacot eca e dell Accademia di Pit t ura), present at i da Simone Elia e Leopold Pollack224; l esigenza di ampliament o, conseguent e all acquist o dei t erreni adiacent i, nacque per far front e alle mut at e esigenze e al bisogno di spazi per l esposizione. Gli archit et t i, vincolat i da un esplicit a clausola d incarico che imponeva la conservazione dell esist ent e, elaborarono le loro propost e sulla base dei rilievi dell edificio apposit ament e realizzat i da Girolamo Lucchini nel 1803225: essi dovevano: - conservare quanto più possibile del fabbricato preesistente; - innalzare la parte di nuova costruzione su tre piani; - rispettare, sia internamente che esternamente, il principio della simmetria - dot are il palazzo di un ingresso rappresent at ivo, corrispondent e al prest igio sociale e culturale dell Ist it uzione; - avere una decorazione esterna complessivamente sobria ed elegante; - comportare una spesa di realizzazione non troppo elevata; - non precludere la possibilità di nuovi e futuri ampliamenti. Per t ut t i quest i requisit i, l unico che non si prest ava a different i int erpret azioni era quello relat ivo all alt ezza della part e di nuova cost ruzione, ment re t ut t i gli alt ri saranno risolt i in modo diverso dai due archit et t i, che muovevano da esperienze cult urali different i; e proprio quest e discrepanze guideranno i Commissari nella loro scelta. Delle norme indicat e dalla Commissaria, quella che poneva il problema di più difficile soluzione era la richiest a conservazione della maggior part e possibile del precedent e fabbricat o, cioè della Campana e dell ala Gallizioli. Si t rat t ava in quest o caso di aggiungere ad un insieme disorganico, cost it uit o dall accost ament o di due diversi edifici, un t erzo fabbricat o che si accordasse con ent rambi. L'operazione compiut a dal Gallizioli non aveva saput o (o forse non aveva volut o), dat a la provvisoriet à della soluzione e la net t a separazione di funzioni, collegare in modo omogeneo la vecchia locanda e la nuova Galleria, limit andosi ad accost are i due edificio; non ponendosi problemi di raccordo formale, Gallizioli aveva lasciato così spazio ad alcune incongruenze. In primo luogo non era riuscito a far prevalere net t ament e una delle due part i, perché privilegiando in piant a l asse orizzont ale aveva rovesciat o la direzione della Campana (sort a su un asse vert icale) senza però sviluppare la larghezza della nuova ala in misura sufficient e a subordinarle la vecchia. Quest a separazione fra i due edifici era ult eriorment e sot t olineat a dalla loro different e alt ezza: t re piani per la Pinacot eca, due per la locanda. Inolt re, Gallizioli non aveva corret t o la divisione degli spazi int erni della Campana, che rappresent avano così un modello improponibile per i nuovi proget t i, ai quali era richiest o di rispet t are il principio della distribuzione simmetrica dei vani. Un alt ro problema che il Gallizioli non era st at o in grado di risolvere in modo soddisfacent e era quello della facciat a, insufficient ement e sviluppat a: Pollack ed Elia si t rovarono perciò nella necessit à di modificarla drast icament e, dat o che i Commissari avevano espressament e richiest o un ingresso rappresent at ivo che sot t olineasse la dignit à dell edificio. Gallizioli già ben sapeva che un edificio pubblico come un Accademia di Belle Art i doveva necessariament e essere dot at o di un ingresso e di una facciat a capaci di esprimere immediat ament e il prest igio sociale, e che si pot essero aprire su uno spazio libero abbast anza ampio da permet t erne una visione globale, ma aveva dovut o rinunciare ad esprimere quest o element o simbolico per ragioni di spazio. Aveva così proget t at o un prospet t o elegant ement e cost ruit o su di un port ico a t re archi sovrast at o da logge sui due piani, ma non aveva pot ut o impedire che venisse soffocat o dall agget t o della Campana e della corrispondent e ala dest ra. Quest a ala proseguiva fino alla st rada con un muro, al quale erano addossat e alcune vecchie case e degli ort i, che a met à del suo percorso formava una brusca st rozzat ura del cort ile racchiuso fra le due ali, eliminando così anche quella poca visuale della facciata altrimenti possibile. Gallizioli era comunque assolut ament e conscio dell'inadeguat ezza di quest o prospet t o, t ant o da averne previst o un secondo, rivolt o verso la cit t à alt a, ossia verso la zona più import ant e della cit t à, che avrebbe dovut o essere la direzione su cui logicament e si doveva aprire l edificio; quest a seconda facciat a, che appare complet ament e sviluppat a in un primo proget t o dell archit et t o, fu però subit o scart at a dal Carrara, molt o più at t ent o alla funzionalit à che all est et ica, poiché, comport ando un secondo loggiat o, diminuiva l ampiezza dei vani e creava problemi di illuminazione per le sale. È a part ire da quest o sviluppo dell edificio preesist ent e che Pollack ed Elia dovet t ero elaborare i loro progetti di ampliamento, tenendo conto delle numerose clausole poste ufficiosa mente dai Commissari, ed usufruendo di quei t erreni che già il Carrara aveva sperat o di pot er acquist are e che avevano cost it uit o il maggior impedimento allo sviluppo dell edificio del Gallizioli. Nei disegni dell Elia l individuazione del vecchio fabbricato è facilitata dal fatto che le parti da conservare risult ano net t ament e dist int e da quelle che si sarebbero dovut e cost ruire, in quant o le prime sono indicat e con il colore nero e le seconde con il rosso. Aderendo alle richiest e della Commissione Carrara l archit et t o int endeva mant enere t ut t o l edificio esist ent e, raddoppiandolo simmet ricament e verso est per garant ire al nuovo complesso un increment o del numero dei locali, e nel cont empo una maggiore est ensione del front e principale; così che l unica modifica significat iva alla st rut t ura esist ent e, det erminat a dalla necessit à di far coincidere l ingresso con l asse di simmet ria della nuova facciat a, venne apport at a ai locali che, al piano t erra ed al primo piano, erano riservat i all abit azione del maestro, sacrificat i per realizzare una zona di rappresent anza, adeguat a alle nuove esigenze di prest igio dell ist it uzione: olt re il port ico d ingresso agget t ant e era previst o infat t i un vest ibolo, e di seguit o una grande sala a doppia alt ezza dest inat a a Museo di st at ue e gessi . Lo st esso Carrara, sul foglio che cont iene i document i inerent i la propriet à [quindi più di una], scrive: «Acquisto [...] del Stabile con Case [quindi più di una] et Ortalia detto la Campana». 211 La document azione, un t empo conservat a t ra le cart e d archivo, si t rova riunit a oggi nel Gabinet t o dei disegni e stampe. 212 Nel 1804 la Commissaria Carrara, intendendo ampliare l edificio esist ent e per risolvere i molt i problemi legat i al buon funzionament o della scuola, alle necessit à ost ensive della Galleria e alle esigenze di rinnovament o e di prest igio dell ist it uzione, invit ò Leopold Pollack e Simone Elia a present are un proget t o adeguat o. Cfr. G. Gregori, Accademia Carrara..., 1988, pp. 62-77.1 proget t i si conservano in AC, Gabinet t o dei disegni e st ampe; cfr. le illustrazioni nel saggio di M.E. Manca. G. Gregori, Ibidem, p. 67, nota 17. 213 I prospet t i int egrano il Catalogo del 1796, cfr. in Appendice. La planimet ria, ident ificat a dalla scrit t a del Carrara («Piano t erreno della Galleria dove sono segnat i anche li canali dell acqua»), venne ut ilizzat a in occasione di 210 alcuni lavori di pulit ura dei condot t i. Il 25 giugno 1909 Valent ino Bernardi, allora segret ario della Accademia Carrara, annot ò: «Quest i canali come quelli collocat i a sera, cioè sul lat o sinist ro dell ist it ut o, verso Port a S. Agost ino, sono st at i ripulit i, poiché erano complet ament e ot t urat i e l acqua d infilt razione non avendo nessun sfogo finì per rendere umido e malsano il Fabbricat o specialment e a sinist ra. N. B. Quest a piant a come le alt re due che vi sono unit e rappresent ano la casa ant ica det t a la Campana, acquist at a dal cont e Giacomo Carrara che vi collocò la sua raccolt a d art e. Divenne poi, rifabbricat a ecc. l at t uale Palazzo». Per quant o concerne l esecuzione delle due font ane (quella all int erno della prima sala e quella innicchiat a nel muro del cort ile), ent rambe document at e da proget t i det t agliat i in pianta e alzato, cfr. più avanti nel testo. Si osservi che nella planimet ria del piano t erra at t ribuit a al Gallizioli il fabbricat o alla sinist ra del cort ile d ingresso occupa ancora una superficie molt o limit at a, ment re nella corrispondent e planimet ria dell Elia l edificio risult a avere già raggiunto, con la costruzione dei locali addossati ad ovest, la volumetria attuale. Inoltre nel corpo a monte (quello carat t erizzat o dalla st rut t ura a L), benché l andament o dei muri perimet rali corrisponda allo st at o finale dei lavori, al piano t erra risult ano ancora in essere due divisori int erni che successivament e vennero demolit i e sost it uit i, ment re ai piani superiori sono indicat e alcune apert ure, sia int erne che est erne, poi modificat e. Nella planimet ria int est at a «Secondo e Terzo Piano» si not a inolt re un segno di cancellazione, in corrispondenza della paret e ovest indicat a nella planimet ria del «Piano Primo» (piano t erreno), che pot rebbe essere riferit o o alla demolizione di un muro preesist ent e, e al conseguent e spost ament o verso gli ort i della facciat a in funzione di un ampliament o dei locali dest inat i a Galleria, oppure alla variazione di un proget t o iniziale. In quest o caso anche i due prospet t i ovest , generalment e considerat i l uno come soluzione definit iva, in quant o effet t ivament e corrispondent e alla sit uazione at t uale, e l alt ro come variant e alt ernat iva, pot rebbero document are la decisione di far prevalere mot ivazioni funzionali su quelle che, in un primo t empo, avevano suggerit o di nobilit are la facciat a ovest riprendendo il disegno del front e principale (port ico ad archi al piano t erra e logge ai piani superiori). La similarit à t ra la facciat a principale e la variant e ovest è tale che G. Odoni (La sede dell Accademia Carrara e del Circolo Artistico, in L art e in Bergamo e l Accademia Carrara, Bergamo 1897, pp. 119-120), pubblicò il disegno come uno «schizzo» di C. Gallizioli del prospetto principale. Al cont rario L. Pollack, come si può dedurre dall unica t est imonianza del proget t o (la planimet ria del piano terra), sfrut t ando la sua maggiore aut onomia e la sua vast a esperienza anche nell ambit o di progetti pubblici di grande rilevanza, era int enzionat o a modificare il corpo a due piani ort ogonale alla facciat a, già abit azione del cust ode, preferì ut ilizzare del precedent e complesso solo la part e che si prest ava ad una libera rielaborazione: compiendo una drast ica divisione fra la Campana e l ala Gallizioli, conservò quasi int egralment e la seconda ed abbat t é la prima; il mot ivo di quest a scelt a era il crit erio della funzionalità degli ambient i, poiché quelli della Galleria rispondevano perfet t ament e alle esigenze esposit ive per le quali erano st at i proget t at i, ment re quelli della locanda denunciavano apert ament e la loro primit iva dest inazione, con st anze male illuminat e, dispost e in modo irregolare e non t ut t e comunicanti fra loro. Del rest o, la decisione di conservare l edificio del Gallizioli implicava aut omat icament e l abbat t iment o della Campana, perché in caso cont rario l Accademia si sarebbe t rovat a ancora una volt a ad essere priva di una facciata adeguatamente sviluppata. In pratica Pollack pensava di ut ilizzare l int era ala del Gallizioli come corpo cent rale del nuovo edificio, ant eponendole due ali avanzant i parallele ed equidist ant i dall asse vert icale della facciat a: in quest o modo il prospet t o del Gallizioli avrebbe t rovat o sufficient e respiro (perché la nuova ala sinist ra sarebbe sort a più ad ovest della Campana) ed i due corpi avanzant i avrebbero racchiuso un cortile regolare; veniva cosi assicurat o all edificio un prospetto principale in grado di conferirgli quell aspet t o di decoro che era sempre stato tanto a cuore ai Commissari. Inolt re, ricost ruendo complet ament e l ala sinist ra, Pollack adempiva alla seconda norma impost a dai commit t ent i: pot eva cioè innalzare t ut t a l Accademia su t re piani, evit ando squilibri formali fra le part i e cont emporaneament e pot eva rispet t are anche il principio della simmet ria, corrispondendo quindi al t erzo dei requisit i richiest i dai Commissari. Più complesse appaiono invece le propost e dell'archit et t o viennese in rispost a ad alt re due clausole: quella che prescriveva un ampliament o realizzat o in modo t ale da non precluderne altri futuri, e quella che voleva un ingresso rappresentativo. Per quant o riguarda il primo punt o, Pollack va addirit t ura olt re le richiest e dei Commissari, perché non proget t a solo in modo da non rendere impossibili nuovi int ervent i, ma addirit t ura offre già il nucleo di un fut uro ampliament o; il disegno della piant a del piano t erreno present a infat t i un element o incongruent e nell economia di un edificio complessivament e simmet rico: il grande salone posteriore che prolunga ad est il corpo cent rale. Quest a sala, che in apparenza può sembrare un semplice espedient e per aument are il numero degli ambient i ut ilizzabili, rappresent a invece il punt o di innest o per un ult eriore int ervent o che avrebbe addossat o nuovi locali alla paret e est erna dell ala dest ra, inglobando così il salone ed eliminandone l eccessivo agget t o; quest o modo di pensare l edificio proiet t at o al fut uro è ancora più evident e nella soluzione propost a per l ingresso e dimost ra la capacit à da part e di Pollack di pensare l edificio non come un organismo isolat o, ma come facent e part e di un t essut o urbano t ra i cui element i i si deve instaurare uno stretto rapporto dialettico. L unica analogia rilevabile dal confront o t ra i disegni dei due archit et t i, olt re all'innalzament o su t re piani della parte di nuova progettazione, è lo sviluppo verso orient e dell edificio, det t at o dalla posizione e dalla forma dei t erreni di nuova acquisizione: ent rambi infat t i sviluppano verso orient e il corpo cent rale e prevedono una nuova ala dest ra avanzant e, parallela alla Campana; le due ali avrebbero poi racchiuso un cortile di forma regolare e dot at o di ingresso monument ale; al di là di quest e sommarie analogie, i due archit et t i risposero in modo molt o diverso alle richiest e dei Commissari. La clausola che richiedeva la conservazione della maggior part e possibile del precedent e edificio fu quella che present ò le più sensibili diversit à di int erpret azione, met t endo in luce il different e modo di proget t are dei due archit et t i che port erà alla vit t oria per solo un vot o del proget t o dell Elia. Dalla let t ura incrociat a dei proget t i del 1804 è possibile dunque definire la st rut t ura muraria dell int ero edificio prima delle t rasformazioni ot t ocent esche, ot t enendo una planimet ria virt uale che, ai piani superiori, risult a confermat a dalla punt uale corrispondenza dei dat i (dimensione dei locali e disposizione delle apert ure int erne ed est erne), con i prospet t i delle sale della Galleria det t agliat ament e disegnat i da B. Borsetti nel 1796 e, al piano terra, coincide con quella planimet ria che, pur omet t endo l abit azione del custode, riproduce il Piano t erreno della Galleria , ut ilizzat a, come lo st esso Carrara annot a al margine inferiore del foglio, per document are l andament o dei canali dell acqua che rifornivano le due font ane realizzate nel 1782226. Il confront o t ra le planimet rie virt uali così ot t enut e e la rest ant e document azione grafica, t radizionalment e at t ribuit a al Gallizioli, consent e di evidenziare alcune sost anziali differenze st rut t urali che pot rebbero essere ricondot t e a moment i diversi di int ervent o dell archit et t o. Procedendo a rit roso è possibile st abile che i quat t ro fogli eseguit i ad acquarello (due planimet rie e due prospet t i della facciat a ovest ) che, per l evident e omogeneit à relat iva al mat eriale di supporto e alla tecnica del disegno, possono essere considerat i un unico insieme, vennero realizzat i in una fase int ermedia della ristrutturazione227, ment re la fase precedente, forse addirit t ura quella iniziale, risult a document at a da una planimet ria del Primo Piano (da int endere come piano t erra), diversa da un punt o di vist a st ilist ico, ma soprat t ut t o relat ivament e all andament o dei muri int erni nel fabbricat o a mont e, e al cont rario corrispondent e alle pur deboli tracce di uno schizzo definibile come rilievo di un fabbricato esistente228. L inedito foglio rende not o, t ra l alt ro, un proget t o di riorganizzazione e valorizzazione della zona d ingresso alla Galleria, present ando due ipot esi different i sovrappost e: l una volt a a inquadrare il port ico d ingresso in due quint e simmet riche convergent i, che avrebbero det erminat o uno scenografico spazio t rapezoidale, imponendo però nel cont empo l abbat t iment o di una buona part e del fabbricat o a sinist ra, e l alt ra t esa a realizzare un cort ile a piant a cent rale che sarebbe st at o complet at o, nel lat o verso la st rada, da un port ico equivalent e a quello addossat o alla facciat a; ent rambe le soluzioni prevedevano di collegare lo spazio del cortile con il vicolo Campana attraverso una sorta di corridoio rettangolare. 228 I due disegni document ano l esist enza di un port ico ad ovest at t raverso il quale era possibile raggiungere gli ort i, struttura che in un primo tempo, come risulta dalla cosiddet t a variant e del prospet t o ovest , si int endeva mant enere ma che successivament e venne t amponat a per recuperare i locali necessari alla scuola (cfr. olt re alla planimet ria di riferiment o anche il secondo prospet t o). Di conseguenza l accesso agli ort i venne realizzat o sot t o la scala principale e si dovet t e aprire quella port a che, pur indicat a nel secondo prospet t o, non era ancora previst a al t empo della variant e , così come non era previst a la port a d ingresso all int ercapedine a mont e e la scala esterna. Scart at a la prima ipot esi poiché il fabbricat o esist ent e doveva essere conservat o per garant ire alla Galleria i necessari locali di servizio, venne poi adot t at a la seconda, senza però realizzare il port ico previst o, così che il cort ile risult ò alla fine ret t angolare, e l int ervent o venne limit at o alla cost ruzione, a est, di un muro di confine rettilineo ornat o da un edicola con font ana. Sullo st at o di avanzament o dei lavori della pinacot eca non si hanno notizie fino al 28 gennaio 1784 quando il Carrara scrisse all abat e Serassi: «La f abbrica della mia Gal leria, che credo non scomparirebbe in Roma compost a di undici sale per collocarvi li quadri senza alt re diciannove st anze o vent i che debbono servire per il cust ode, e per riporvi li marmi, bust i ant ichi che ho comperat o a Venezia, t rasport at ivi da Albino alt ri ut ensili e mobili t ut t i inservient i al bisogno, è del t ut t o t erminat a, ne rimane che il dipingere li vol t i in alcuno dei quali vorrei f ar rappresent are alcuni come Trionf i delle belle Art i e Scienze dei Bergamaschi, nel che sa se Ella f osse qui, vorrei che f avorisse a coadiuvare perché bella per quant o f osse possibile riesca l impresa»233. Le numerose modifiche che vengono apport at e in fase di realizzazione rispet t o al proget t o iniziale consist ono nella disposizione delle apert ure sulla facciat a principale, nelle decorazioni e in part e della st rut t ura del corpo lat erale ad ovest , olt re alla soppressione delle st at ue sui front i: l int ero int ervent o era mirato ad adeguarsi alle esigenze del tempo conferendogli un aspetto neoclassico alla pinacoteca. Alla fine dei lavori il complesso risult a di cubat ura più che raddoppiat a rispet t o all edificio preesist ent e, ma malgrado quest o non risult a sufficient e a risolvere il problema dello spazio esposit ivo per le opere; quest e ult ime risult ano così espost e solo nelle sale al secondo piano, lasciando il rest o dei locali su due piani, a disposizione della scuola di disegno con le sue svariat e at t inenze. L effet t o doveva essere di grande effetto anche se la disposizione doveva essere piuttosto disordinata. In base ai risult at i espost i è possibile affermare che lo sviluppo planimet rico della cost ruzione, più che riflet t ere gli indirizzi del commit t ent e, o del proget t ist a, in merit o a un ideale Galleria d art e, f u det erminat o dalla necessit à di sfrut t are al meglio il fabbricat o esist ent e, cost ret t o a ovest dall andament o del t erreno, e a est dall impossibilit à di acquisire l area della famiglia Legge, sot t opost a ai vincoli di complesse vicende eredit arie che si risolveranno solo nel 1803, permet t endo le successive modifiche229. Tut t avia, poiché quest e considerazioni si basano sul confront o di una document azione che riguarda per lo più la sit uazione al piano t erra, è evident e che lo sviluppo dell edificio ai piani superiori pot rebbe essere frut t o di un int ervent o innovat ivo dell archit et t o Gallizioli, t ant o più che la carat t erist ica loggia serliana, t amponat a dall Elia, ma che carat t erizzava il front e principale dell edificio, (come si deduce dal prospet t o rappresent at o al verso della medaglia commemorat iva fat t a incidere a Roma dallo st esso Carrara nel 1795), ben corrisponde a quella che il Gallizioli aveva precedentemente realizzat o nel complesso della Maddalena230 con la differenza che ai due t radizionali ordini di archit et t ura, Rust ico del piano t erreno, l alt ro superiore, compost o di corint io e d ionico della Maddalena, si aggiungeva qui la disponibilit à di un livello ult eriore231. Un adesione t ant o punt uale alle regole del t rat t at o di Sebast iano Serlio, inusuale nel panorama archit et t onico bergamasco cont emporaneo, non può che essere messa in relazione alla convinzione del cont e Carrara che fosse necessario seguire «li ant ichi e buoni maest ri più t ost o che il Borromini e i suoi seguaci»232. Un dubbio ancora oggi irrisolt o riguarda la rispondenza delle apert ure del front e ret rost ant e la facciat a principale del corpo cent rale rispet t o al proget t o originale dell Elia; le grandi apert ure esist ent i sul front e nord non hanno dunque ancora un collocazione st orica precisa che possa document are l esat t o periodo di realizzazione. La mancat a document azione può essere forse collegat a alle poca considerazione che al front e ret ro veniva at t ribuit a nel corso dei secoli, non facendo part e di un discorso est et ico dell insieme; rimane dunque il dubbio che le finest rat ure realizzat e nel 1810 erano quelle proget t at e dall Elia o quelle t ut t ora esist ent i. Dunque Pollack aveva elaborat o un proget t o molt o art icolat o, che superava la dimensioni dell edificio a sé stante e si preoccupava del suo inserimento nel contesto urbano, senza però tralasciare il rispetto di tutte le clausole impost e dai Commissari e fra quest e, molt o probabilment e, anche quella che richiedeva una sobria decorazione est erna, anche se at t ualment e è impossibile valut are l aspet t o est eriore dell'edificio perché i disegni dell alzat o sono andat i dispersi; si può solo ipot izzare una decorazione che complet asse e si accordasse a quella voluta dal Gallizioli per la sua facciata. Confrontato col precedente, il progetto vincitore dell'Elia appariva molto più semplice, e soprattutto volto esclusivament e ad ampliare la sede dell Accademia senza preoccuparsi del suo rapport o con l est erno. Primo int eresse dell Elia sembra essere st at o infatti quello di mant enere effet t ivament e quant o più possibile dell edificio preesist ent e, rispet t ando quindi l unica clausola che appare regist rat a ufficialment e nei verbali dell Accademia, quasi ad indicarne una import anza priorit aria; dove Pollack aveva operat o una selezione in base alla diversa funzionalit à delle due part i già edificat e, Elia preferì considerare la vecchia Accademia nel suo complesso, senza differenziazioni e mant enendo pressoché inalt erat e sia l exCampana, che verrà ancora adibit a esclusivament e a zona di servizio, sia l'ala Gallizioli, che prolunga sensibilment e verso est . Quest o prolungament o aveva una ragione di ordine prat ico, in quant o aument ava notevolment e il numero degli ambient i della Accademia, ed una ragione di ordine est et ico, perché permet t eva di ampliare la vecchia facciat a; in quest o senso la soluzione propost a da Elia è diamet ralment e oppost a a quella di Pollack:, anziché spost are la Campana per mant enere int at t a la facciat a, Elia preferisce infat t i conservare inalt erat a la Campana e modificare la facciat a, t rasformandola nella sola porzione occident ale del prospet t o. Per ot t enere quest o risult at o raddoppia la facciat a del Gallizioli ed interpone fra questi due elementi una zona centrale preceduta da un portico aggettante a tre archi, che ne ripet e la scansione e aggiunge poi un ult imo salone all est remit à orient ale di quest o corpo longit udinale, e lo ut ilizza come punt o di innest o di un ala, avanzant e quant o la Campana. L'edificio in piant a appare quindi complessivament e simile a quello proget t at o da Pollack, ma più sviluppato in senso longitudinale e quindi con un maggior numero di ambienti nel corpo centrale. Anche in quest o proget t o vengono rispet t at e le norme, comunicat e ufficiosament e, relat ive all alt ezza della part e nuova ed alla simmet ria; ma solo ent ro i limit i consent it i dalla conservazione della Campana. Per quant o riguarda l'alt ezza, Elia può elevare sui t re piani solo il corpo cent rale, ment re l ala dest ra deve mant enersi allo st esso livello della vecchia ala sinist ra, e quindi non può superare i due piani; in quest o modo Elia assicura anche il principio di simmet ria dell est erno. Incont ra invece difficolt à nella dist ribuzione dei vani, che secondo le indicazioni ricevut e doveva essere assolut ament e simmet rica: infat t i la sopravvivenza di ambient i originariament e dest inat i a funzioni diverse da quelle esplicat e da una Accademia, impediva all archit et t o di proporre una funzionalit à nella parte nuova corrispondente. Complet ament e rispet t at a è invece la richiest a di un ingresso di rappresent anza, che risult a assai diverso da quello previst o dal Pollack a causa del maggiore rilievo at t ribuit o dall Elia all asse longit udinale dell edificio; si crea in quest o caso un cort ile molt o più largo che profondo, sebbene l impressione di scarsa profondit à venga in part e corret t a da uno spiazzo semicircolare prot eso verso la st rada (con il cent ro sull asse dell arco mediano del port ico agget t ant e) che rivest e il ruolo di ingresso monument ale. Quest o ingresso, interamente in murat ura, è più elaborat o di quello del Pollack: il semicerchio, scandit o esternamente da nicchie ed internamente da pilastri, è interrotto al centro da un arco di accesso allineato al port ico della facciat a; a quest a ent rat a principale se ne aggiungono due lat erali, meno imponent i, apert e nelle paret i ret t ilinee che collegano il semicerchio alle due ali, corrispondent i l una alla facciat a del Gallizioli, l alt ra al suo raddoppiamento. Avendo dat o t ant o rilievo alla recinzione est erna dell edificio, sufficient e a segnalarne l import anza, Elia non rit enne necessario preoccuparsi della visibilit à a dist anza dell int ero palazzo, e quindi non proget t ò nessun t ipo di risist emazione (comunque non richiesta) dell area circost ant e, lasciando perciò l'Accademia isolat a all int erno del contesto urbano preesistente. Oltre alle semplici ragioni campanilistiche che potevano stare dietro una determinata scelta, si devono poi aggiungere almeno alt ri due element i di giudizio, forse meno evident i, ma che per i committenti rivest irono un import anza det erminant e: l economicit à della realizzazione e la dest inazione d uso degli ambienti. La misura della economicit à di realizzazione di ciascun proget t o era dat a da t re element i: la maggior o minor conservazione dell edificio preesist ent e, l'ent it à degli int ervent i sul t errit orio circost ant e ed il rapport o che si veniva a creare t ra la superficie dei t erreni acquist at i in vist a dell ampliament o ed il loro effet t ivo ut ilizzo. Il proget t o dell Elia, convenient e secondo i due primi crit eri lo era anche relat ivament e al t erzo, poiché sfrut t ava int erament e l area disponibile, edificandola ed occupandola con il cort ile, mentre quello di Pollack lasciava part i di superfici inut ilizzat e, sacrificandole alle esigenze tonali. La dest inazione d'uso degli ambient i, fu impost at a in modo molt o different e dai due archit et t i, ciascuno dei quali privilegiò funzioni diverse all'int erno di un organismo cost it uit o da t re element i ben individuat i: la scuola, la pinacot eca, l amminist razione. Pollack pose l accent o sulla funzione esposit iva, int endendo l'ampliament o della Accademia soprat t ut t o come un ingrandiment o della pinacot eca, alla quale dest inò sei nuove sale dist ribuit e sui due piani superiori, nel pieno rispet t o dell ordinament o già st abilit o dal Carrara per il quale appunt o la scuola rivest iva un ruolo secondario, in quant o ist it ut o a scopo benefico dest inat o alla formazione; limit ò invece drast icament e il numero dei locali dest inat i alle scuole, con t esole sale per il nudo, il disegno, la figura, e non progettò nessun ambiente da destinare alle attività della Commissaria. Elia invece, dimost randosi anche in quest o caso molt o più disponibile a soddisfare le richiest e dei commit t ent i, diede maggiore import anza alle scuole e proget t ò anche locali dest inat i esclusivamente all uso dei Commissari; venivano così ribalt at i gli int eressi che avevano guidat o il Cont e nell istituzione della sua Accademia e soprat t ut t o si riservavano all organismo amminist rat ivo degli spazi propri, sot t rat t i così alla pinacoteca. Il problema dell insufficienza della superficie esposit iva non pot eva essere pienament e risolt o nemmeno con l ampliament o propost o da Elia, ma ciò nonost ant e due delle nuove sale vennero ut ilizzat e come archivio e come sala di consiglio, mentre il cent ro dell edificio veniva occupat o da un grande salone sviluppat o su due piani, indirizzat o principalment e a conferire maggior prest igio al palazzo. La pinacot eca rest ava invece relegat a t ut t a in poche sale dell ult imo piano, int errot t a olt ret ut t o dal salone cent rale usato come sala di rappresentanza per cerimonie pubbliche. Il fat t o st esso che i Commissari abbiano approvat o la dest inazione funzionale delle sale proget t at a da Elia indicava con chiarezza che quest a corrispondeva appieno ai loro desideri, secondo una concezione dell Accademia ormai molt o lont ana da quella del Carrara: non più Galleria che si poneva anche come support o didat t ico per la scuola, ma Scuola di Belle Art i gest it a da un organismo privat o che sot t olineava anche visivament e il suo prest igio, t ramit e un edificio di cui era unico propriet ario e t ramit e una collezione di opere d art e gelosament e cust odit a. I Commissari scelsero dunque il proget t o che più si adat t ava alle loro esigenze, cioè quello che corrispondeva con maggior precisione ai requisit i indicat i; esigenze e requisit i oggi opinabili, alla luce di più moderni crit eri museografici, ma perfet t ament e inquadrabili nell ambit o di una ist it uzione privat a ot t ocent esca anche se gli st essi Commissari non erano complet ament e soddisfat t i del proget t o prescelt o, ma, proprio per la facile adat t abilit à di Elia, pot erono imporre all archit et t o modifiche e correzioni durante il corso dei lavori ed addirittura prima che questi avessero inizio. Sebbene la sedut a durant e la quale venne ufficialment e scelt o il proget t o Elia sia dat at a gennaio 1805, i lavori di ampliamento ebbero inizio solo nel 1808, poiché nel frattempo era mutata la situazione politica e Bergamo doveva at t endere l approvazione del governo di Milano prima di met t ere in at t o qualsiasi iniziat iva di pubblica ut ilit à; si apre a quest o punt o un capit olo di part icolare int eresse per la st oria dell Accademia Carrara, che rivendicherà sempre l aut onomia derivat ale dall essere un'ist it uzione privata e mant errà con il Governo rapport i di dipendenza solo formale e ciò le permet t erà di agire con un ampio margine di libert à, appellandosi all aut orit à superiore solo quando quest a pot rà agire a suo vant aggio. Quest o gioco diplomat ico iniziò nel moment o in cui la Commissaria venne obbligat a per legge ad avere l approvazione del proget t o di ampliamento dal Ministero della Pubblica Istruzione nel giugno 1805. Nel luglio di quell anno iniziò infat t i una fit t a corrispondenza fra i Commissari e il Consigliere Moscat i (Diret t ore Generale della Pubblica Ist ruzione) e, quasi a voler 1 nascondere il fat t o che già l edificio del Gallizioli era sort o con un numero di locali che non corrispondeva alle reali necessit à della Galleria, essi lamentano in particolare l'impossibilità di esporre le 240 opere acquistate nel 1804 dalla Galleria Orsetti di Venezia. Il limitarsi poi in un primo moment o ad indicare solo la necessit à di ampliare l edificio passando quasi sot t o silenzio il concorso avvenut o fra il proget t o di Pollack e quello di Elia, olt re alla già st abilit a scelt a di quest ult imo, ebbe una sua ragione, poiché nel fratt empo si era profilat a la possibilit à di acquist are un edificio che sorgeva in una zona cent rale di Bergamo in cui si sarebbe pot ut a t rasferire l Accademia st essa; il t rasferiment o, olt re a comport are spese minori, avrebbe infatti brillantemente risolt o il problema della rappresent at ivit à dell edificio e della sua facile accessibilit à, anche se contraddiceva largamente quelli che era st at a la preoccupazione preminent e del Cont e Carrara: sistemazione delle opere d art e in un apposit o cont enit ore. Solo qualche t empo dopo, quando le t rat t at ive per riacquisto sembrava non potessero giungere alla conclusione desiderata, i Commissari comunicarono al Governo l esist enza del proget t o di ampliament o da loro già approvat o, chiedendo però l aut orizzazione a scegliere aut onomament e fra le due possibilit à; e così Moscat i, dopo avere visit at o personalment e l'Accademia ed avere const at at o l insufficienza dei suoi locali, accordò non solo il permesso di farla ampliare, ma anche quello di farla t rasferire. Quando poi risult ò impossibile t rovare in Bergamo un edificio idoneo, i Commissari si decisero finalment e ad inviare a Milano i disegni di Elia per l approvazione ufficiale, accompagnandoli ad un prevent ivo di spesa che affermavano di pot er sost enere grazie alla recent e vendit a della casa di abit azione del Cont e Giacomo e dei mobili che essa cont eneva, tacendo quindi sulle reali ricchezze di cui l ist it uzione godeva. Nel frat t empo, cert i di ot t enere il permesso desiderat o, iniziarono a compiere t ut t e le operazioni prevent ive necessarie per realizzare il proget t o: la redazione di Elia del capit olat o di appalt o da inviare a Milano, l acquist o di alt ri t erreni su cui era previst a la cost ruzione dei locali posti più a est , la decisione delle norme in base alle quali indire il concorso di appalt o, e lo sfrat t o di Bart olomeo Borset t i (rest aurat ore di fiducia del Cont e ed aut ore del cat alogo della Galleria del 1796) per preparare il fabbricat o dell ex-Campana all addossament o di nuovi ambient i; ment re Lo sfrat t o del Borset t i e l acquist o dei t erreni ancora mancant i si risolsero abbast anza rapidament e, perché erano rapport i privati, le alt re operazioni dovevano invece necessariament e at t endere l approvazione del Governo prima di ottenere un applicazione concret a, e per olt re due anni si susseguirono le insist enze della Commissaria, i rit ardi di Milano, e le diment icanze del Prefet t o del Serio che non comunicava le decisioni di cui era tramite. Tra lungaggini e disguidi, il 29 ot t obre 1807 il Governo approvò finalmente il proget t o d'ampliament o propost o da Simone Elia, anche se in realt à, ciò che era st at o approvat o a Milano non corrispondeva esat t ament e a quello che i Commissari avevano in ment e di far cost ruire, così come conferma un verbale di sedut a che ricorda modifiche apport at e al capit olat o d appalt o dal capomast ro vincit ore del relat ivo concorso, modifiche non ident ificabili e decise al solo scopo di cont enere il più possibile i costi. Del rest o, nel corso dei lavori il proget t o originale sarà più volt e rit occat o per adat t arlo alle nuove esigenze che via via si rendevano necessarie e senza più richiedere alcuna autorizzazione governativa. Le prime modifiche, apport at e dallo st esso Elia, furono elaborat e già nei primi mesi del 1808, ossia prima dell inizio ufficiale dei lavori; si t rat t ava di correzioni import ant i, in quant o rappresent avano addirit t ura un inversione di t endenza rispet t o al proget t o originario che subordinava l'estetica alla funzionalità. Nel proget t o approvat o infat t i, l Elia aveva propost o un disegno di un prospet t o che, ad un element o cent rale con port ico ant epost o, affiancava da un lat o la vecchia facciat a a logge apert e del Gallizioli, e dall alt ro il suo raddoppiament o; in quest o modo ot t eneva una facciat a animat a da una vivace alt ernanza di chiari e di scuri, ma sacrificava abbondantemente lo spazio interno delle sale che si affacciavano sui tre piani del doppio loggiat o. Nel febbraio del 1808 decise di rinunciare alle logge apert e sia eliminando la previst a cost ruzione delle nuove, sia chiudendo quelle già esist ent i privilegiando quindi lo sfrut t amento dello spazio int erno sulla suggest ione della vedut a est erna, secondo una linea di scelt a che era st at a già ben presente al Conte Carrara. Nello st esso periodo proget t ò alt re due modifiche: l abolizione di un t avolat o che avrebbe diviso in due part i il salone cent rale del secondo piano, e la riduzione del numero di passaggi da quest o al gabinet t o ant ist ant e; anche in quest o caso si t rat t a di correzioni det t at e da quest ioni prat iche, perché la prima dot ava l edificio di un ampio salone di rappresent anza ut ilizzabile per conferenze e riunioni pubbliche, ment re la seconda accresceva la cont inuit à delle paret i e quindi la loro possibilit à di essere sfrut t at e per la collocazione dei dipinti. Modificat o così il proget t o, a marzo iniziarono i lavori, affidat i al capomast ro Giuseppe August oni e diret t i dall Elia; la loro durat a era previst a di 4 anni, secondo una precisa successione: il primo anno per l'ossat ura del corpo cent rale, il secondo per quella della nuova ala dest ra, il t erzo per i lavori int erni alle sale ed il quart o per t ut t e le rifinit ure est erne; nel primo anno erano inolt re previst e t ut t e le demolizioni necessarie, nel quart o le rifinit ure dell ex-Campana e la ret t ificazione della sua paret e meridionale, per accordarla dal punt o di vist a formale con il rest o dell edificio. Quant o ai nuovi locali da addossare alla parete est erna dell'ex-Campana, non vengono neppure menzionat i nel capit olat o: la loro cost ruzione non era compresa t ra i lavori iniziat i nel 1808, ma vennero invece realizzat i a part e, nel periodo in cui i Commissari stavano aspettando i permessi da Milano, un alt ra prova quest a della fret t a e della volont à di autonomia dei committenti. Le scadenze fissat e dai Commissari si basavano sulla previsione che i lavori sarebbero iniziat i verso la met à del 1806, rendendo così possibile il loro compiment o ent ro la fine del 1810, ma rit ardi e disguidi, olt re che le modifiche al proget t o, rit ardarono il loro inizio fino al marzo 1809, anche se i commit t ent i lasciarono invariat a la dat a della conclusione dell edificio, causando non solo cont inue lament ale e prot est e nei confront i del capomast ro, accusat o di procedere t roppo lent ament e, ma anche imprecisioni nell esecuzione dovut e alla fret t a (alla fine dell est at e 1810 la maggior part e dei lavori in murat ura erano t erminat i, ed erano già st at e eseguit e anche alcune opere di pit t ura all int erno delle nuove sale). Int ant o, nel 1809, i Commissari avevano richiest o all Elia una nuova modifica del progetto di not evole import anza per le mot ivazioni da loro addot t e; si t rat t ava di sost it uire le finest re del salone e del gabinet t o ai secondo piano con due lant erne, secondo quel crit erio di illuminazione zenit ale che si accordava ai più moderni crit eri museali neoclassici, già adot t at i per Brera e per il Louvre ed il fat t o che per mot ivi di economicit à i Commissari abbiano richiest o t ale t ipo di illuminazione per due sole sale (il salone di rappresent anza ed il gabinet t o delle opere di maggior pregio) non sminuì il valore della decisione. Purtroppo la lant erna maggiore non fu mai realizzat a, nonost ant e l Elia ne avesse fornit o i disegni e che fosse st at o indet t o il concorso per il relat ivo appalt o; nei salone del secondo piano le finest re vennero comunque sost it uit e, ma da lunet t e, il cui proget t o fu elaborat o in gara dall Elia e dal Bianconi, professore di archit et t ura dell Accademia Carrara. Nel medesimo anno, il 1811, ai due archit et t i vennero richiest i anche proget t i di modifica per il cort ile di ingresso, che ora appariva ai Commissari non sufficientemente ampio e soprattutto incapace di permettere una visione complessiva del prospetto. Int ant o i lavori proseguivano nonost ant e alt re numerose modifiche, t alvolt a realment e at t uat e (come nel caso del rialzo del soffit t o della sala del nudo), alt re volt e approvat e e poi lasciat e cadere, così che il 20 febbraio 1813 l edificio venne ufficialment e collaudat o e dichiarato concluso. Il prospetto effettivamente realizzato si discostava in modo sensibile da quello originariamente progettato per l abolizione delle logge e si basava su due principi rigorosamente rispettati: quello della simmetria fra le part i e quello del rit mo t riadico, principi che trovano il loro precedent e più immediat o nella villa Belgioioso del Pollack, e comunque ricorrent i in t ut t a l archit et t ura neoclassica. Dal repert orio neoclassico deriva anche la t rat t azione della superficie muraria, col bugnat o ai piano t erreno e le paret i lisce ai piani superiori. Elia però si discost a dall archit et t ura del periodo non rispettandone un altro principio fondamentale, quello della sobrietà, sebbene nella realizzazione siano poi st at i drast icament e ridot t i quegli element i decorat ivi (st at ue, rilievi, medaglioni) che in nome del decoro e della monument alit à si sovrapponevano al t essut o murario soffocandone il già scarso sviluppo orizzont ale; dunque della decorazione inizialmente previst a vennero realizzat i solo il grande t impano a coronament o dell element o cent rale e i due minori che concludono le ali avanzant i, olt re ad un cert o numero di lunette e cornici destinate ad accogliere rilievi. Nel febbraio 1813 l edificio era dunque virt ualment e t erminat o, ma fino ai 1820 i lavori di manut enzione st raordinaria e di modifica si susseguirono quasi inint errot t ament e, sia perché l edificio si dimost rava insufficiente per numero di locali, sia perché l'eccessiva fretta con cui si erano svolti i lavori aveva causato numerosi inconvenient i t ecnici. Tra gli int ervent i at t i ad aument are il numero degli ambient i, due rivestirono un particolare interesse, in quanto indicano con chiarezza quale sia sempre stata la politica dei Commissari, cost ant ement e rivolt i ad increment are le collezioni e ad aument are il numero degli insegnament i impart it i dall Accademia senza considerare il problema concret o degli spazi, affront at o di volt a in volt a con int ervent i occasionali e rimandat i il più possibile. L esempio più evident e di quest o tipo di comport ament o è cost it uit o dall ist it uzione della Scuola di Archit et t ura decisa nei 1810, quando cioè i lavori di ampliament o erano già in corso in base ad un proget t o che ovviament e non prevedeva nessun locale per collocarla; essa fu pert ant o sist emat a in una st anza del piano t erreno, originariamente dest inat a alle collezioni di gessi e rilievi, e poi divisa in due part i nel 1813 quando il professore di archit et t ura lament ò l impossibilit à di t enere nella st essa aula le lezioni di archit et t ura e di ornat o. Quest a divisione è chiarament e una soluzione di ripiego, poiché non è possibile ovviare alla carenza di locali dividendone uno già t roppo piccolo; il medesimo comport ament o venne t enut o dai Commissari anche nel 1820, quando ricavarono uno st udio per il professore di pit t ura col ribassament o del soffit t o della scuola del nudo. In ent rambi i casi non fu assolut ament e esaminat a la possibilit à di cost ruire nuovi ambient i, sebbene il proget t o di Elia fosse st at o elaborat o, sulla base di una precisa disposizione dei committenti, in modo tale da rendere possibili futuri nuovi ampliamenti. Perché t ale event ualit à sia presa in considerazione occorrerà at t endere fino al 1843, quando verranno addossat i all ala dest ra due locali (uno al piano t erreno ed uno al primo piano) edificat i su di un t erreno acquist at o nel 1816 ma lasciat o inut ilizzat o per 25 anni; ed ent rambi i locali saranno dest inat i all abit azione del professore di pit t ura, ment re le opere d art e di più recent e acquisizione rest eranno accumulat e nei deposit i per carenza di spazi esposit ivi, perché alla Galleria saranno riservat e sempre sot o sei stanze del secondo piano, più il gabinetto delle opere scelte40. Il problema che invece continuò ad affliggere i Commissari, e di cui cercarono la soluzione ottimale ancora per molt i anni, fu quello della sist emazione del cort ile e delle vie d accesso all Accademia, poiché t ale problema aveva un indubbio peso sulla valutazione della dignit à dell edificio. Il proget t o dell Elia per il cort ile era già st at o abbandonat o nel 1811, e sost it uit o da quello del Bianconi, ma la sua esecuzione fu rimandata ad un momento di migliore situazione economica. La giust ificazione economica era un semplice pret est o per rimandare i lavori fino al moment o in cui la sistemazione delle st rade adiacent i fosse st at a conclusa, perché la coniazione del cort ile dipendeva stret t ament e dall asset t o viario; già nel 1814 i Commissari rivolgevano infatti pressant i richiest e all amminist razione municipale affinché provvedesse alla ricost ruzione del vicolo di Campana su cui si affacciava l'Accademia, e l apert ura di una nuova st rada, via della Noca, che collegasse la zona alla cit t à alt a, ma le t rat t at ive si prot rassero fino al 1820, perché l amminist razione pubblica chiedeva alla Commissaria una sost anziosa part ecipazione alle spese. Appena raggiunt o l'accordo però iniziarono i lavori per la cost ruzione della barriera del cort ile, cost it uit a da una lunga cancellat a in ferro bat t ut o divisa in set t e campat e da pilast ri in piet ra, e apert a da 3 cancelli, una soluzione quest a che doveva permet t ere una buona visuale dell edificio, anche se essa era ancora parzialment e ost acolat a dalla sopravvivenza dell isolat o che sorgeva proprio di front e all'Accademia, e che venne abbat t ut o solo t ra il 1836 ed il 1866. L area lasciat a così libera, fu occupat a con un semplice spiazzo sist emat o a prat o, la cui forma approssimat ivament e t riangolare è definit a unicament e dalle st rade che la racchiudono; si t rat t a di una scelta dettata dalla volontà di far predominare l Accademia sull ambient e che la circonda, accent uandone l isolament o e la monument alit à secondo un impost azione diamet ralment e oppost a a quella previst a dal Pollack, che invece t endeva ad immergere l edificio in un cont est o urbano e nat urale profondamente razionalizzat i e reciprocament e subordinat i ed in st ret t o cont at t o in quant o facent i part e di un omogeneo tessuto storico urbano. Dalla seconda met à dell 800 ai primi del 900 si susseguirono numerose lascit i e donazioni di raccolt e da parte di privati, arricchendo il patrimonio artistico della pinacoteca anche se allo stesso tempo peggiorava il problema organizzat ivo dell esposizione delle opere nella pinacot eca st essa; malgrado il t ent at ivo di disporre le opere secondo un crit erio st orico-cronologico realizzat o nel 1881, nel complesso la pinacot eca reggerà su una dist ribuzione at t inent e alle donazioni di raccolt e in conformit à alle disposizioni testamentarie dei benefattori. La documentazione attestante le trasformazioni del fabbricato nel periodo compreso tra gli anni successivi alla realizzazione e la fine del secolo riguarda: sist emazione della paviment azione e della copert ura, la cost ruzione della cancellat a d recinzione (1820), il sopralzo del salone cent rale al secondo piano (1860 circa), la chiusura delle finest rat ure della facciat a principale cont emporanea all apert ure dei lucernari per ot t enere una illuminazione zenit ale (sulla dat azione e realizzazione di alcune modifiche fat t e, t ali da disattendere completamente la disposizione del proget t o dell Elia). Degno di not a è il proget t o dell ing. Cominet t i del 1891 che, con la cost ruzione di t re nuove sale, avrebbe ampliat o l ala nord-ovest al secondo piano dell edificio, proget t o rimast o irrealizzat o per ragioni finanziarie, ma aprirà una fase della st oria dell Accademia fat t a di incarichi falliment ari per lo st udio dell ampliament o delle sale (anche un proget t o nel 1909 per una nuova sala al secondo piano fallirà); solo nel 1927 si giunse alla costruzione di 4 nuovi ambienti e altri ampliament i t erminat i negli anni 50. Nel 1912, su proget t o dell ing. Forconi e con il cont ribut o del Comune di Bergamo, venne realizzat o un nuovo fabbricat o ret rost ant e all Accademia sul lat o nord su un piano di elevazione, adibit o a sede indipendent e per la scuola di pit t ura; la decisione finale fu presa in seguit o a due propost e proget t uali (la prima elaborat a dall ing. Forconi la seconda dal Cont e Albani). La decisione di creare una sede indipendent e derivava dal fine di ovviare alla carenze funzionali e dist ribut ive degli spazi esist ent i nell Accademia adibit i a scuola, ot t enendo così ult eriori spazi da dest inare all esposizione delle opere, ormai st ipat e in seguit o alle recent i donazioni come la Lochis, Morelli e Marenzi; gli spazi così ot t enut i vennero sist emat i nel 1912 sot t o la guida di Corrado Ricci, con la disposizione al primo piano di 9 sale per l esposizione di opere di art ist i bergamaschi dal secolo XVI al secolo XVIII ed al secondo piano di 10 sale per t ut t i gli art ist i it aliani e st ranieri; inolt re fu ricavat a una sale per la raccolt a di st ampe e disegni antichi, oltre ad un archivio fotografico. In quest a occasione si t ent a un riordino razionale delle opere secondo un crit erio per scuole ed epoche affinché possano essere dispost e secondo crit eri rispondent i a ragioni di est et ica e di crit ica st oricoanalitica. In seguit o ad una donazione da part e di una nobile famiglia (lascit o Ceresa) nel 1924, la commissaria, versando l Accademia in buone condizioni economiche, incarica l ing. Angelini di st udiare un proget t o di ampliament o per l ala nord-ovest della pinacot eca al secondo piano: in seguit o alla presa in esame di t re differenti soluzioni, viene definito il progetto che porta alla costruzione nel 1927 di 4nuove sale. Cont emporaneament e alla cost ruzione degli ambient i d esposizione, vengono esaminat i t re different i proget t i per il sopralzo di uno piano della scuola d art e scegliendo come proget t o più idoneo (e anche meno oneroso) quello dell ing. Piccioli, lavoro che prende il via nel 1928 e che si pose come identica copia del piano inferiore, non modificando la disposizione dei vani e dei percorsi della scuola stessa. Tra il 1933 e il 1935 si ha t est imonianza della sist emazione e rest auro di quasi t ut t e le sale della pinacot eca al primo e secondo piano sot t o la supervisione prima dell ing. Suardo e poi dell ing. Angelini; gli int ervent i riguardarono la sist emazione dei soffit t i, il rest auro di alcuni solai in legno, la sost it uzione dei serramenti sul fronte nord, il rifacimento dei lucernari nella zona espositiva al secondo piano oltre che opere decorative e di rivestimenti murari interni ed esterni. Durant e l ult ima guerra le opere furono collocat e in luoghi sicuri, lont ani da possibili azioni belliche; nell immediat o dopoguerra la Soprint endenza della Gallerie di Milano, a seguit o della richiest a di cont ribut o avanzat a dalla Commissaria dell Accademia, ot t iene dal Minist ero un cont ribut o per lavori di rest auro di t et t i e lucernari e per la sist emazione di alcune sale della pinacot eca che prendono avvio nel 1950 sot t o la direzione dell ing. Angelini; in quest a occasione vengono rest aurat e 7 sale al secondo piano e 3 sale al primo piano; si int erviene anche su alcuni soffit t i e sul rifaciment o di part e delle ossat ure lignee dei tetti. In quest o periodo poi si accende la polemica, che si sviluppa at t raverso giornali e rivist e it aliane, riguardo la possibilit à di un nuovo e massiccio riordino dell Accademia, pot endo mut are e rinnovare in quest o modo il carat t ere organizzat ivo e dist ribut ivo delle vecchie sale, sulla linea seguit a da molt i musei a gallerie nazionali quali Brera e Poldi Pezzoli a Milano, le gallerie dell Accademia a Venezia, gli Uffizi per Firenze, etc. Inizialment e l int ent o era quello di rarificare il collocament o delle opere e dunque si pensò ad un progetto di massima per l aggiunt a di 3 ult eriori sale al secondo piano, una nuova in prosecuzione delle esist ent i eret t e in part e nel 1925 e due alt re esist ent i nel fabbricat o moderno della scuola, collegando t ra loro quest e sale con un cavalcavia di allacciament o dei due edifici; quest o proget t o, predispost o dall ing. Angelini (allora president e dalla Commissaria della Carrara), fu rivist o economicament e e t ecnicament e nel 1951. Nel marzo 1952 la Commissaria, in accordo con la Soprint endenza della Gallerie, deliberò che venisse elaborat o uno st udio più avanzat o del proget t o per rinnovare t ut t e le vecchie sale del secondo piano prevedendo l aggiunt a di 4 nuovi locali. La sist emazione fu affidat a all arch. Port alupi, proget t ist a già del riordino della Pinacot eca di Brera, e all arch. Sacchi quale curat ore dello st udio complet o dei det t agli e la successiva direzione dei lavori; il proget t o prevede la cost ruzione di 4 nuove sale di esposizione in ampliament o dell ala nord-ovest del fabbricat o, ot t enendo una superficie complessiva di 200mq circa. La rist rut t urazione prevedeva anche la sost it uzione nelle sale al secondo piano dei vecchi solai in legno, st at icament e inst abili, con alt ri in c.a., la posa in opera di un nuovo impiant o di riscaldament o a pannelli radiant i a paviment o, la sost it uzione della paviment azione e il rifaciment o di copert ure e lucernari per l illuminazione zenit ale delle sale. I primi sei locali sist emat i dell ala nord-ovest , iniziat i nel gennaio 1953, vennero present at i in occasione della chiusura del congresso dell ICOM (Consiglio Int ernazionale Direzione dei Musei), t enut o al Palazzo della Ragione in Bergamo Alt a a luglio dello st esso anno alla presenza di olt re cent o rappresent ant i di 24 nazioni. Le successive fasi di lavoro portano alla complet a sist emazione e all apert ura al pubblico nel 1954 delle 10 sale rinnovat e che fanno a comporre l int era ala nord-ovest dove t rovano post o capolavori del 400 e 500, e del grande rinnovat o salone di rappresent anza e per conferenze post o al primo piano. Nel 1955, in occasione dell inaugurazione della most ra Galgario ed il 700 a Bergamo , vengono finalment e apert e anche le ult ime 6 sale riordinat e cost it uent i in corpo cent rale della Carrara, concludendo così l opera di sist emazione del secondo piano durata circa tre anni. La sist emazione della Carrara viene accolt a con larghi consensi sia da part e della crit ica che della popolazione e, nell at t o del 1958, il Comune di Bergamo assume l impegno morale di port are a compiment o l opera di rest auro e di valorizzazione dell edificio e della pinacot eca sulla linea perseguit a dai membri della commissaria negli anni passati. Perseguendo quest o fine, nell anno successivo viene affidat o all arch. Sacchi da part e del Comune l incarico di st udiare un nuovo proget t o per la complet a sist emazione e rest auro delle rimanent i part i dell Accademia Carrara, cercando di ot t enere una cert a armonia ed uniformit à t ra i nuovi lavori ed i precedent i (diret t i peralt ro già dallo st esso Sacchi), mant enendo in quest o modo le peculiarit à archit et t oniche che carat t erizzano l edificio. In seguit o all elaborazione del proget t o durant e il 1959, si procedet t e con l inizio dei lavori nel 1960 sot t o il cont rollo di una commissione di art ist i ed aut orit à, diretta dal Presidente del Consiglio Amministrativo ing. Angelini. I lavori comprendono la complet a sist emazione delle sale al piano t erreno per l ingresso alle Gallerie, il rest auro della scala principale che conduce ai piani superiori insieme ad una scala secondaria, creat a al fine di consent ire un più organico percorso di visit a nelle sale; l opera di rest auro comprende anche la sost it uzione dei paviment i, la posa di un nuovo impiant o di riscaldament o, il migliorament o delle apert ure per l illuminazione diurna ed il rest auro t ot ale delle facciat e monument ali dell edificio con il riprist ino degli element i decorat ivi in piet ra arenaria e la sost it uzione del fregio nel t impano di facciat a con una copia eseguit a dagli allievi della scuola d art e. In quest o periodo, sot t o la supervisione del president e dell Accademia Carrara dot t . Pipìa, della prof. Wit t gens ed il prof. Russoli (incaricat o dalla Sovrint endenza della Gallerie), si t ent a nella collocazione delle opere un mut ament o dell indirizzo museologico che port a ad una nuova soluzione esposit iva per consent ire al visit at ore una migliore conoscenza della Pinacot eca; secondo il prof. Rossi le raccolt e furono divise in due gruppi di different e import anza qualit at iva e st orico-crit ica: quelli di maggiore rilievo furono collocat i nelle 15 sale del secondo piano, con una dist ribuzione largament e pausat a e rispet t osa dei raggruppament i per epoche e per scuole pit t oriche: le 6 sale al primo piano, più fit t e di opere e rievocant i in qualche modo l aspet t o visuale delle ant iche raccolt e, furono invece concepit e come sale di st udio e di approfondiment o per un pubblico cult uralment e selezionat o. Nello st esso t empo vengono predispost i anche 3 locali al piano terreno destinati a mostre temporanee, esprimendo in questo modo il concetto corrente secondo il quale un museo non possa ridursi ad una rassegna st at ica e fine a se st essa, ma debba di volt a in volt a fornire occasione per un approfondiment o, modellare la sua st rut t ura sulle esigenze che il suo pubblico vorrà esprimere (citazione prof.Rossi). Conclusi nel set t embre 1962 i lavori di rest auro e rist rut t urazione dell edificio, l Accademia, rinnovat a sia est ernament e che int ernament e, viene present at a ala popolazione ed alla cit t à at t raverso un inaugurazione ufficiale presiedut a dal Capo dello Stato on. Antonio Segni il 23 settembre. Negli anni 80 i mut ament i avvenut i, che non modificano la fisionomia complessiva dell edificio, riguardano l inseriment o di un vano ascensore per adeguarsi alle norme sull abbat t iment o delle barriere architettoniche. La scuola Solo nel 1793 il Carrara cominciò a st endere il «Promemoria per la scelt a del pit t ore» che avrebbe dovut o «port arsi a Bergamo a presiedere alla scuola di dieci o dodici poveri figlioli»258. Il regolament o venne sot t opost o a Carlo Bianconi, segret ario dell Accademia di Brera, al pit t ore Ant onio Bresciani, professore all Accademia di Parma, e a Sant e Cat t aneo che, dal 1780, disponeva a Brescia di un locale della Bibliot eca Queriniana per la sua scuola di nudo259. Il Cat t aneo, impegnat o in quei giorni a dipingere un quadro per le monache di Alzano, dopo aver let t o le condizioni per il pit t ore, rifiut ò l offert a260 così come il Bresciani. Il Carrara preferì così affidarsi ai consigli di Carlo Bianconi e accordarsi con il milanese Carlo Dionigi Sadis. Nel 1794 il Sadis si presentò a Bergamo e sottoscrisse il contratto predisposto dal Carrara nel quale era stabilito il calendario delle lezioni, dal 15 novembre al 15 agosto, e il suo onorario annuale. 254. M. Tomini Foresti, Orazione in lode della pittura, 1782, p. III. Cfr. anche a p. XXVIII, la nota che specifica: «Il nobile Signor Cont e Giacomo Carrara ha eret t t o a proprie spese una ben int esa Fabbrica, dove saranno col reddit o de propri fondi ammaest rat i i giovani nell art e delia pit t ura». 255. Cfr. la let t era scrit t a da Francesco a G. Carrara il 27 agost o 1785 (AAC, cart . VII, fase. 3, let t . 84) in occasione delParrivo a Bergamo di Mons.r Dugnani, Nunzio in Francia, nel periodo della Fiera di S. Alessandro. Sul ruolo svolt o da Francesco Carrara nell assist ere e guidare giovani art ist i bergamaschi cfr. nel t est o alle pagine precedenti. 257. cfr. la corrispondenza di C. Bianconi in ACC, cart . IX, fase. 12. In part icolare vedi la let t era del 6 febbraio 1791 nella quale il segret ario dell Accademia si dichiara disponibile a seguire «il giovane Manzoni»; e quella del 19 marzo 1794: «Per mezzo del sig. Ant onio Gelpi ho ricevut o la venerat issima let t era di V. S. Ill.ma di Lei commendat izia. In seguit o l ho raccomandat o al nost ro professore di scult ura sig. Giuseppe Franchi, che mi ha promesso di prest ar per esso t ut t a l opera sua». Il giovane Ant onio Gelpi, nipot e (cfr. G. Marenzi, Guida..., ed. 1985, p. 169) dello scult ore che nel 1782 aveva realizzat o le st at ue del fauno e della vestale per G. Carrara, dovet t e però subit o abbandonare il corso e rientrare a Bergamo in seguito a una disgrazia occorsa al fratello (cfr. lettera del 23 maggio 1794). 259. G. Perini (Count..., 1989, pp. 153-4) pubblica i t re aut ografi relat ivi alle «Condizioni per il pit t ore» (doc. 1 e 3), e al «Promemoria per la scelt a del pit t ore» (doc. 2), conservat i in AAC, cart . XX, fase. 9. Le variant i riguardano per lo più il det t aglio del mat eriale che il pit t ore avrebbe avut o a disposizione per «suo comodo e profitt o». Il Carrara nel «Promemoria per la scielt a del pit t ore» così annot a: «Un pit t ore che abbia buon concet t o dell art e, e che sia t enut o più che di mezzana abilit à, e sopra t ut t o che abbia buono e corret t o disegno, poiché quant o più sarà di merit o, averà t ant e più comissioni, et opere da fare, come è accadut o a Francesco Capella il quale t ant o in Bergamo, quant o nel t errit orio bergamasco ha fat t o molt issime delle opere e più ne avrebbe fat t e se avesse avut o più di due mani. Saper quant i sono in famiglia, e se det t a famiglia sia morigerat a, e non discola, e male educat a, e meno numero che sarà, sarà meglio anche per il pittore poiché averà minor disturbo e più quiete. Il pittore non averà altro obbligo, che di istruire nel disegno dieci e al più dodici giovani, onde pot rà t ut t o il giorno dipingere, et lavorare per sé st esso t ut t o l anno, bast ando, che impieghi qualche ora t ut t o il giorno nel t empo che più gli accomoda a sopraint endere e correggere li disegni di det t i giovani. La det t a scuola de giovani non deve durare che nove mesi all anno, cioè dalli quindici di novembre sino li quindici di agost o e ne primi t re di det t i nove mesi, cioè dalla met à di novembre sino alla met à di febraro il pit t ore doverà sopraint endere et assist ere all Accademia del nudo correggendo et assist endo alli scolari, la qual cosa non solo non può essere di alcun pregiudizio all int eresse del pit t ore, poiché di not t e non si dipinge, ma anzi di not abile vant aggio per divent are sempre più eccellent e, olt re il comodo che averà di molt i de più scelt i rami, gessi, st at ue, bronzi, libri figurat i e quadri de più eccellent i pit t ori, quali si conservano nella adiacent e Galleria. Averà il pit t ore buona casa grat is con sei o set t e st anze olt re li comodi di canevino, dispensino, pozzo et ort icello; con di più alcuni mobili grossi come credenza, t avola, qualche fondo di let t o, et alcune cadreghe che gli saranno dat i con invent ario et olt re ciò per suo onorario gli saranno dat i scudi cent o, da lire set t e per scudo monet a corrent e all anno, et a ragione d anno pagabili in due rat e cioè met à li undici di maggio e met à li undici di novembre». Anche se, non risult a affat t o confermat o dalle font i che il veneziano, su ist anza di G. Carrara, avesse apert o nel 1758, una scuola di pit t ura (come invece riferisce S. Pint o, La promozione..., Torino 1982, p. 864), cert o è che dopo la sua mort e (1784) era venut o a mancare un punt o di riferiment o import ant e per molt i giovani pit t ori bergamaschi, cfr. C. Perina Tellini, Francesco Capella, in PB. Il Settecento. Ili, Bergamo 1990, pp. 562-639. Il Carrara non aveva cert o bisogno dei t est i fornit i dal Bianconi, pot endo cont are su una raccolt a di mat eriale propedeut ico allo st udio dell art e esaurient e da ogni punt o di vist a, ma soprat t ut t o è possibile che egli intendesse non tanto allinearsi agli insegnamenti di Brera, che in quegli anni erano orientati verso l ornat o decorat ivo, quant o punt are alla formazione di pit t ori in grado di dare cont inuit à alla t radizione figurativa locale, e dunque soprattutto abili nel padroneggiare figure di qualunque grandezza265. 260. «Adì 25 agost o 1794. Let t a al sig. Sadis. Con la present e scrit t ura quale le part i vogliono che vaglia come un pubblico ist roment o, si dichiara qualment e il sig. Dioniggi Sadis pit t ore milanese si obbliga con il det t o cont e Giacomo Carrara per un anno di port arsi a Bergamo a presiedere alla scuola di dieci o dodici poveri figlioli e di quelli ist ruirli nel disegno al qual effet t o sopra int enderà ancora alPAccademia del Nudo che si farà di not t e per t re mesi quale principierà alli quindici di novembre e t erminerà alli quindici di febbraio. Quale scuola principierà li quindici del vent uro novembre e t erminerà li 15 d agost o rinmanendo dalli 15 d agost o sino alli quindici di novembre t ant o il maest ro che li scolari in piena libert à, et il suddet t o sig. Cont e Carrara per t ale sua assist enza, not at i nelle let t ere del sig. Cont e Carrara scrit t e all Ill.mo Sig. Carlo Bianconi, e dal medesimo det t e al det t o sig. Sadis che le t iene presso di sè, de quali mobili sarà fat t o invent ario, si obbliga pagarli per suo onorario di un anno che in t ut t o fanno scudi cent o- dodici pagabili met à a 15 di maggio e l alt ra met à a 15 di novembre e non piacendo ad alcuna delle part i di cont inuare t alòe cont rat t o olt re il det t o anno doverà dare il cognit o o sia preavviso di non voler più cont inuare, al più t ardi li quindici di maggio, e non dando det t o preavviso in t ale t empo s int ende cont inuare per un alt ro anno, e così successivament e con li st essi pat t i modi, obblighi e condizioni, sin che non sia dat o il det t o preavviso» (AAC, cart. IX, fase. 12, in A. Pinetti, Il conte..., 1922, p. 57). 261. Minut a di G. Carrara a C. Bianconi, 17 giugno 1792, in AAC, cart . XX, fase. 9. Nelle «Condizioni per il pit tore» (AAC, cart . XX, fase. 3) il Carrara specificava che il pit t ore avrebbe avut o «il commodo di avere sot t o gli occhi circa mille quadri di ogni aut ore anche più raro come Raffaello, Coreggio, Tiziano, Guido et olt re ciò una infinit à di cart e delle più rare quasi d ogni aut ore, e perfino le Bat t aglie del Le Brun. E di più diverse st at ue delle quali alcune originali romane, e un infinit à de più scelt i cavat i dalli migliori bust i e st at ue ant iche, et un infinità di puttini in piccolo e in grande del Fiamingo». 262. C. Bianconi a G. Carrara, Milano 8 dicembre 1794, in ACC, cart. IX, fase. 12. 263. Minut a di G. Carrara a C. Bianconi, 28 luglio 1794, in AAC, cart . XX, fase. 9. Sugli iniziali orient ament i didat t ici dell Accademia di Brera, olt re al cat alogo della most ra I maestri di Brera (Milano 1975) e allo studio di A. Scot t i (Brera 1776-1815 - Nascit a e sviluppo di una ist it uzione cult urale milanese, Quaderno di Brera n. 5, Firenze 1979), cfr. il contributo di P. De Vecchi, La Scuola di pit t ura dell Accademia Carrara nel primo Ottocento: il ruolo di Diotti, in I pittori bergamaschi dell Ot t ocent o, I, Bergamo 1992, pp. 317. L accordo prevedeva un periodo di prova per un dat o t empo, e così, dopo il primo anno scolast ico, Carlo Dionigi Sadis preferì abbandonare l insegnament o, rassegnando le proprie dimissioni nel 1795268; ment re il Carrara riprendeva la ricerca di un pit t ore dispost o ad assumere st abilment e la direzione della scuola, l at t ivit à didat t ica venne affidat a t emporaneament e a Piet ro Roncalli 269. Nel gennaio 1797 venne segnalato che il bresciano Giuseppe Manfredini, in possesso dei requisit i richiest i, avrebbe accet t at o l incarico; quando poi però il pit t ore si dichiarò pront o ad assumere l incarico, la sopravvenut a mort e di Giacomo Carrara (20 aprile 1796) int erruppe le t rat t at ive. Il cont e Giacomo Carrara, nominando erede universale la Galleria e Scuola di disegno, aveva dispost o che la gest ione dei suoi beni fosse affidat a a una Commissaria compost a da don Girolamo Adalasio (president e), Marianna Passi Carrara, Giuseppe Caccia, Giuseppe Mazzoleni (sost it uit o poi dal cont e Luigi Lupi), e Camillo Caleppio: in qualit à di esecut ori t est ament ari, e in base ai precedent i accordi verbali, essi avrebbero dovut o impegnarsi a garant ire il fut uro dell ist ituzione, attraverso una corretta gestione del patrimonio che avrebbero amministrato274. L iniziat iva di fondare «una semplice scuola da privat o riservat a ai giovani indigent i e non una pubblica Accademia da Sovrano», pur inquadrandosi in un generale at t eggiament o filant ropico che il cont e Carrara ebbe modo di esercitare anche in me altre occasioni, puntava al recupero di una fascia di potenziali artisti altrimenti negletti e sacrificati275. 264. Minut a di let t era di G. Carrara ad Ant onio Brescia- ni, sd., ma marzo 1792, in AAC, cart . XLII, fase. 10. Nella st essa il collezionist a invit ava il pit t ore a visit are la sua Galleria compost a di «undici sale copert e t ot almente da cima in fondo di più di mille quadri di t ut t i li più rari et eccellent i aut ori si it aliani che olt ramont ani t ra quali Raffaello Coreggio Schidone Cavedone Guido Tiziano t ut t i li Caracci Procaccini Bassani et alt ri di primo grido». 265. C. Bianconi a G. Carrara, Milano 5 luglio 1794 (ACC, cart . IX, fase. 12): «Non voglio lasciar di soggiungere che quest o art ist a sa disegnar ancora d ornat o, ed è capace di dirigger la giovent ù ancora per quest a st rada, così ha buon senso in genere di best iame, cose t ut t e degne come di riflessione, così di compiacenze quando si ritrovano unite». 266. L impegno del Roncalli si desume da un unica sua let t era, scrit t a da Gerosa il 25 marzo 1796 (AAC, cart . XX, fasc.10, in A. Pinet t i, Vicende..., 1912, p.34-5), nella quale il pit t ore si scusa di dover rit ardare il suo rientro a Bergamo dopo le vacanze pasquali, in quant o impegnat o a ult imare gli affreschi in corso. Probabilment e dopo la mort e del Carrara e il falliment o delle t rat t at ive in corso con il Manfredini, il Roncalli si occupò della scuola per t ut t o l anno scolast ico 1796-97. 267. Sist o De vecchi comunica a G. Carrara le informazioni assunt e a Brescia circa il Manfredini (Brescia 5 gennaio 1796, in ACC, cart . IX, fase. 30): «Il sig. G:-serpi Manfredini è giovane d anni 30 circa, ammogliat o, ma senza figli. Il suo carattere è ritirato, schivo, e di poche parole. Onesto senza eccezione, anzi esemplare. Lì biglie è dello stesso carattere. Passa la vita in casa, lontana da strepiti e compagnie. Questo è pittore figurista lavora ad olio, sebbene per le circost anze, sia nelle st anze. Per quest o non ha però mai abbandonato del t ut t o l uso di dipinger ad olio. In questa nobile casa Chizzola ho veduto un quadro da lui fatto, che mi è bello. Ho sentito lodarlo da molt i, ed i padroni di casa cert ament e giudiziosi, ne fanno molt o cont o. So che in Brescia ha fat t a alt ra opera ad olio, che sent o approvat a, ma io non l ho vedut a. Quest o è quant o ho pot ut o rilevare». Cfr. anche la lettera in ACC, cart. XLV, fac. 1. del 26 febbraio 1796. 268. Cfr. nel Testamento di G. Carrara, 1795-96 (Appendice) il paragrafo dedicat o alle norme per il maest ro della scuola di pit t ura e del nudo, scrit t o «a t enore della scrit t ura di cont rat t o del giorno sei di Febbraio del presente anno 1796 (nel quale tuttavia continuo a scrivere col Sig. Pittore Giuseppe Manfredini»; e cfr. le lettere r. S. De Vecchi a G. Carrara, in particolare quella del 21 febbraio 1796, in ACC, cart. IX, fase. 30. Prendendo le dist anze dalle iniziat ive accademiche milanesi, mat urat i nell ambit o di una più generale riforma degli st udi, il collezionist a bergamasco int endeva definire i t ermini del proprio ruolo, identificandosi nella t radizionale figura del mecenat e e agendo in funzione di un progresso cult urale municipale; t uttavia dest inando la sua Galleria a support o didat t ico della Scuola, e dunque sost enendo il ruolo educat ivo dell opera d art e, egli dimost ra di aver assimilat o la cult ura illuminist ica int ernazionale, che aveva ormai dat o piena voce all affermazione del concet t o della funzione eminent ement e sociale dell art e276. 269. Nel suo t est ament o (scrit t o dal 24 set t embre 1795 al 3 marzo 1796, in Appendice) il Carrara aveva indicat o, non solo i nomi dei primi cinque commissari (che a t urno per due anni avrebbero assunt o il ruolo di President e), ma anche le event uali sost it uzioni in caso di mort e. I cinque membri della Commissaria prescelt i (t re dei quali appart enent i alla parrocchia di S. Alessandro della Croce «perchè at t esa la vicinanza della Galleria, e della Scuola, possano con minore incomodo, e più frequenza vigilare, e soprintendere per il buon ordine della stessa») avrebbero poi dovut o eleggerne alt ri due, badando pero di non accogliere nel Consiglio coloro «che hanno t roppo opinione di se medesimi». La Commissaria avrebbe inolt re dovut o assumere un Cancelliere, al quale era dest inat a «la comoda ed abbondant e Casa, con Pozzo, ed Ort icello in faccia alla medesima, vicina alla Galleria, volt a verso Port a S. Agost ino», un fat t ore e un pit t ore che avrebbe abit at o «la comoda Casa, a mat t ina, aderent e alla Galleria». Il 2 giugno 1796 Giuseppe Rillosi venne nominat o t esoriere della Facolt à Carrara (ASBg, fondo Notarile, atti del notaio Gio Antonio Rota, busta n. 10626). 270. Sulle finalit à dell ist it uzione, definit e ancor prima che fosse t erminat a la fabbrica della Galleria, cfr. il t est o di Marco Tomini Forest i (Orazione..., 1782, p. XXIX), e la let t era di Francesco Ant onio Silva a G. Carrara (lettera sd. ma del 1782, in AAC, cart . V, fald. 11, in G. Perini, Count..., 1989, not a 48, p. 160). Il pit t ore, richiamandosi a quant o gli aveva espost o lo st esso Carrara, e approvando l indirizzo della ist it uenda Galleria e Scuola, sost iene che il falliment o delle nuove Accademie, non più in grado di produrre «sogget t i di considerazione», deriva dal fat t o che è venut o progressivament e a mancare il sost egno dei benefat t ori «ai talenti di buona aspettativa e poveri». 271. P. De Vecchi, La Scuola..., 1992, p. 4. 272. Cfr. AAW, Dalla Repubblica di San Marco alla Repubblica Cisalpina: ideee e immagini della rivoluzione, Archivio St orico bergamasco , n. 17,1989. 273. In mancanza di candidat i più qualificat i la scuola venne affidat a per un anno (1797-98) allo scult ore Antonio Gelpi, sost it uit o, ma solo t emporaneament e, da Domenico Brignoli. Successivament e l Accademia «restò chiusa per lo spazio di t re anni... con danno not abile di que miserabili che in vista di tanto benefizio si erano innolt rat i nella sublime carriera del disegno» (Let t era degli allievi dell Accademia Carrara al Commissario Straordinario, 24 Termidoro anno IX [12.).1801], ASBg, Dipart iment o del Serio. St udi. Accademia Carrara, cart. 1492, in E. Manca, Per la st oria dell e ist it uzioni..., 1983- 4, p. 46). Solo nel 1801 il t revigliese Giovanni Crot t a assunse più st abilment e l incarico. Gli sviluppi urbanist ici dal dopoguerra a Bergamo e le int enzioni in merit o all Accademia Carrara Secondo il P.R.G. del 1951 di Muzio, Morini e Sacchi viene conservat a nella sua int egrit à l Accademia ment re viene indicat a, in una previsione di piano mai realizzat a, una volont à di cost ruzione di una st rada che avrebbe facilitato il collegamento tra il centro cittadino e la zona di ubicazione della Carrara. In seguit o alla variant e al Piano Regolat ore del primi anni 60, il fabbricat o della pinacot eca viene incluso nel perimet ro del borgo S.Tomaso, vincolandolo così a zona di risanament o conservat ivo (piano arch. Andrea Tosi). Il successivo P.R.G. del 1969 degli arch. Dodi ed Ast engo, indica l Accademia come edificio di pregio storico-art ist ico e, senza specifiche disposizioni a riguardo, lo include nelle zone st oriche di rispet t o, le cui specifiche verranno riprese nel 1974 nel P.P. st udiat o dall arch. Coppa, non approvat o però dall Amminist razione Comunale; in esse sono cit at e sommariament e alcune soluzioni per l ampliament o dell Accademia (arch. Nest ler di Monaco) che comprendono int ervent i di sist emazione con l aggiunt a i nuove sale per l ampliament o della Pinacot eca per most re t emporanee e per la galleria d art e moderna da realizzarsi nella zona ret rost ant e dell edificio esist ent e mediant e sia la cost ruzione di nuovi volumi, sia riut ilizzando edifici esist ent i della scuola; viene inolt re previst o lo spost ament o della scuola nel dirimpet t aio ex Convent o delle Dimesse: scuola e Accademia sarebbero st at e dunque collegat e da un sot t opassaggio pedonale sot t o via S.Tomaso. Il proget t o dell arch. Nest ler cost it uisce l ult ima t appa degli st udi fat t i nell ambit o delle t rasformazioni del fabbricat o, le cui condizioni volumet riche dal 1962 ad oggi sono rimast e inalt erat e, fino all opera t ut t ora in fase di esecuzione (proget t o st udio Gabet t i-Isola) che è volt a a creare una cont rofacciat a sul lat o nord e alla complet a rist rut t urazione delle sale con sost it uzione paviment azioni e inseriment o di cont rosoffit t at ure nelle sale al fine di un inseriment o di impiant i di climat izzazione e raffrescament o; l int ervent o mira inolt re all adeguament o alle leggi sulla sicurezza creando pert ant o scale di sicurezza sia nel corpo cent rale della Pinacot eca che in connessione t ra scuola e l ala nord-ovest realizzat a negli anni 50- 60. Rilevant e aspet t o da considerare del Piano di Recupero dei Borghi St orici, predispost o dall Ufficio Tecnico Comunale ed adot t at o nel 1980, riguarda la collocazione della nuova Galleria d Art e Moderna nel t erreno d ampliament o del vicino Parco Suardi, collocat o diet ro l ex Monast ero della Dimesse, e realizzat a con una st rut t ura leggera ed apert a, quasi un percorso pedonale copert o, che si sviluppa e si inserisce come connet t ore urbano nel verde del parco. La scelt a di ubicazione della nuova Galleria non è casuale, ma si inserisce nell idea di creare un nuovo element o st rut t urale urbano in un percorso cult urale ricco di element i di int eresse collet t ivo che, iniziando nel Parco Suardi e at t raverso il suo ampliament o verso nord, si collega al complesso dell ex caserma Camozzi, quindi all Accademia Carrara per raggiungere infine, attraverso la via Noca, Città Alta. Sebbene nelle ult ime disposizioni del P.R.G. del 2010 la scelt a dell ubicazione della GAMEC abbia subit o variazioni in seguit o alla propost a di donazione al Comune (non ancora approvat a) da part e di UBI Gruppo Banco Popolare di Bergamo dell area degli ex Magazzini Generali (inizialment e avrebbe dovut o essere ubicat a nell ex caserma Camozzi, scelt a rivelat asi t roppo onerosa) inserendosi in un sist ema più complesso di servizi, nel nuovo P.R.G. in fase di approvazione vi è la volont à di creare un sist ema cult urale complesso all int erno del t essut o della cit t à, nel quale anche l Accademia cost it uisce un anello importante nella catena urbana, come già in parte inserito e previsto nel Piano del 1980. Origini e trasformazione del borgo di S.Tomaso in seguit o all insediamento della Pinacoteca La st oria del borgo S.Tomaso è assai ant ica; si sviluppa infat t i lungo una delle vie nat urali, cost ruit e sul declivio, che pongono reciprocament e in relazione il mont e con la pianura e nello specifico la cit t à con la sezione orientale con la pianura, mediando così il passaggio verso le valli. Il torrente Morla, che scorre non lontano, contribuì senza dubbio alla definizione di un limite urbano il quale nel tempo assunse l aspet t o di una cint a muraria, con la port a in corrispondenza della via, la port a S.Cat erina, di poco est erna rispet t o all area dell Accademia; dunque si può presumere che l origine delle cost ruzioni lungo quest a via sia da ricondurre a t empi lont ani e sia consolidat a sicurament e almeno dal Medioevo comunale; le caratteristiche degli edifici della zona presentano infatti caratteristiche riconducibili a tale periodo. Olt re alla direzione viaria, lo st esso piccolo nodo t ra via S.Tomaso e via della Noca cambiò funzione ed import anza con la cost ruzione delle cosiddet t e Muraine quat t rocent esche e ancor di più con la bastionatura veneta cinquecentesca. E possibile che l insediament o delle Servit e, del convent o e della chiesa di S.Maria del Paradiso si sia legat o ad una precisa porzione del complesso, oggi sede della GaMec, probabilment e quella mediana, per un lungo periodo, dal 1498 al 1808; t ale porzione fu sicurament e carat t erizzat a da quest a presenza, che ne specializzò la funzione e la t ipologia dell edificio, come t est imoniano le document azioni cart ografiche ant iche che infat t i met t ono in evidenza un edificio a cort e chiuso con chiesa annessa. Le profonde t rasformazioni di quest o borgo rendono oggi quasi impossibile risalire ai lineament i essenziali che potrebbero portare alla ricomposizione ideale dello spazio conventuale. Nella part e più a mont e dell edificio dell at t uale GaMec, carat t erizzat o da una t ipologia quat t rocinquecent esca, probabilment e si insediarono dal 1619 una comunit à di donne secolari, le Dimesse, adat t andosi largament e all edificio e occupandolo per un periodo relat ivament e lungo, fino al 1870, anno della soppressione; l operazione di soppressione degli ordini e la loro dest inazione ad uso milit are riguardò molt i edifici di Bergamo e port ò ad un indeboliment o della st rut t ura e nel cont empo al graduale annullament o delle specificit à part icolari a di livellament o anche t ipologico dell insieme. Il verde, che accompagna int ernament e su ambedue i lat i le vie dei borghi, è un element o t ipico della st rut t ura t radizionale di Bergamo; la cit t à infat t i spingeva appunt o dal nucleo al mont e le lunghe propaggini dei borghi t ra il verde, element o che per part icolari congiunt ure qui più che alt rove si è relativamente conservato. Un alt ro element o import ant e fu la presenza che si carat t erizzò dal 1484 come un element o paesaggist ico dist int ivo per molt o t empo della Roggia Nuova, che passava t rasversalment e sot t o l edificio at t uale della GaMec rivolgendosi verso sud e che deriva dal Canale del Serio, ossia il canale maggiore della città. In passat o le ant iche st rade di via S.Tomaso e della Noca, che part ivano dalla port a S.Agost ino in Cit t à Alt a, confluivano nel borgo S.Tomaso in un unico t racciat o t ramit e il vicolo Campana che rappresent ava l ult imo t rat t o di via Noca; nella confluenza delle due vie inolt re vi era un vicolet t o che insieme alle alt re due vie andava a det erminare un lot t o t riangolare sul quale sorgevano anche l ant ica chieset t a di S.Tomaso, sort a nel 1363 e in part e ricost ruit a e successivament e affrescat a nel 1525 con l annesso Ospedale dei Disciplini. In seguit o alla cost ruzione dell Accademia nel 1810, il vicolo Campana mut ò nome in vicolo dell Accademia. Le conseguenze dovut e alla cost ruzione della nuova Accademia port arono ad un mut ament o non irrilevant e sui carat t eri dell edificat o circost ant e: il problema principale da risolvere t ra il nuovo palazzo e il rest o dell int orno consist eva nel creare un area di rispet t o davant i al nuovo edificio, isolandolo e ponendolo in posizione di rilievo così come prevedevano i canoni urbanist ici neoclassici di quell epoca. La soluzione per risolvere quest o problema fu l abbat t iment o nel 1868 del lot t o t riangolare prospicient e l area, ufficialment e per ragioni igieniche, t rascurando in realt à complet ament e il valore st orico-artistico che alcuni elementi dei fabbricati potevano avere. La propriet à dell Accademia fu dunque dapprima isolat a at t raverso l acquist o dei t erreni confinant i da part e del Cont e Carrara già alla fine del 700, in seguit o poi con l acquist o dei fabbricat i t ra il 1839 e il 1864, non senza lungaggini burocrat iche, da part e della Commissaria, ist it uit a dopo la mort e del Cont e st esso; in quest o modo si venne a creare una piazza ant ist ant e l Accademia in ragione di quella area di rispetto che andava previst a facendo così scomparire l ant ico vicolo Campana. Non si conosce con chiarezza il valore e l epoca a cui far risalire gli edifici del lot t o abbat t ut o ed in part icolare del valore st orico-art ist ico della chieset t a, ma da brevi not e scrit t e e da qualche fot ografia ant eriore al 1866, è ipot izzabile far risalire la formazione dell isolat o cont emporaneament e alla formazione del borgo e dunque alcuni fabbricati dovevano già esistere dalla fine del 1300 (è nota infatti la presenza della chiesa dal 1363 come t est imonia una fot ografia della chiesa che present a element i st rut t urali medievali olt re al campanile ed al port ale d ingresso cinquecent eschi). Nella piazza che si venne così a creare fu post o il monument o al V Alpini nel 1921, alla presenza del re Vit t orio Emanuele III, monument o che poco dopo fu spost at o a Milano davant i alla caserma in piazzale Cadorna; da allora la piazza cost it uisce un area di verde pubblico urbano con aiuole e piant umazioni. Con lo svent rament o del vicolo Campana si venne a creare si un vuot o urbano conferendo con un ampia prospet t iva front ale, ma in realt à port ò alla formazione di uno spazio indist int o e desolant e in quant o la previsione di conferirle un aspetto di valore architettonico sfumò per ragioni economiche. L operazione di abbat t iment o di int eri quart ieri non era comunque un fat t o nuovo per Bergamo: già nel 1525 infatti furono abbattute oltre 300 abitazioni per la costruzione delle mura venete di Città Alta. Infine in riferiment o alle previsioni viabilist iche del P.R.G. del 1951, era previst a la creazione di una nuova st rada di collegament o t ra il cent ro cit t adino e l Accademia, in modo da consent ire una più agevole fruizione della pinacot eca st essa da part e di chi voleva accedervi dall est erno; quest a propost a non t rovò seguit o sia perché avrebbe port at o ad una perdit a di int egrit à del Parco Suardi, sia perché la zona era sot t opost a a t ut ela da P.P. in seguit o ad una variant e del Piano Regolat ore che definiva i borghi di Bergamo come zone di carat t ere st orico e dunque passibili solo di int ervent i conservat ivi in analogia con l int era Cit t à Alt a. La GaMec e l Accademia: l int ervent o di recupero e ampliamento di Vittorio Gregotti Il proget t o di recupero e ampliament o dell ex Caserma del 1983 consent ì di met t ere il luce questioni esemplari per quant o riguarda il t ema del riuso di ant ichi complessi all int erno di un import ant e cent ro st orico come è quello di Bergamo Alt a; innanzit ut t o non si t rat t ava di un edificat o a t ut t o t ondo, ossia dot at o di carat t eri qualit at ivi t ali da consent irne il rigoroso riprist ino di un support o originale, ma di un complesso di edifici cost it uit i in t empi different i, cresciut i e t rasformat i senza appellarsi ad una t ipologia originaria ed in seguit o poi sbrigat ivament e riunificat i all inizio del XIX secolo in seguit o alla loro rifunzionalizzazione come caserma. Dal punt o di vist a urbanist ico l insieme degli edifici del borgo risult ano unificat i dal loro allineament o lungo via S.Tomaso, così che la funzione urbana a cort ina cont inua che definisce un lat o della via (dall alt ro di erge isolat a l Accademia secondo i canoni neoclassici) si cost it uisca come l aspet t o più rilevante a chiaro del complesso ed inoltre la parte più a monte delle cinque che compongono il complesso si configura come quella più pregevole a livello architettonico e fortunatamente la meglio conservata. Sulla base di quest i presuppost i il proget t o dello st udio Gregotti Associati, per dare risalt o e nuovo valore al rovescio della cort ina edilizia (ossia la part e che si prot ende verso il Parco Suardi), prevedeva di pensare l int erno come una piazza pubblica, dando origine ad un percorso verso il parco in cui sarebbero st at e ubicat e le nuove funzioni accessorie della Carrara: sale per most re t emporanee, sala conferenze e servizi vari. La connessione con il parco risult ava spint a dal t racciat o planimet rico del corso d acqua che sot t opassa l edificio t rasversalment e rispet t o a via S.Tomaso. Inolt re il t racciat o del corpo t rasversale oggi demolit o, nel proget t o gregot t iano veniva recuperato planimet ricament e at t raverso un salt o di quot a che definiva l ingresso dal parco alla piazza riservando la possibilit à di un collegament o con quello che avrebbe pot ut o essere l audit orium. In un processo di rifunzionalizzazione come quello considerat o vennero richiest e modifiche e complet ament i che devono risult are compat ibili con la nat ura st orica degli organismi nel loro insieme; il proget t o gregot t iano prevedeva per quant o possibile di far coincidere organismi e funzioni; così nel primo corpo a mont e avrebbero dovut o t rovare post o (e sono st at i effet t ivament e realizzat i) i servizi della Carrara (uffici amminist rat ivi, bibliot eca e spazi per il rest auro) in quant o l accesso indipendent e è garantito t ut t ora dal nuovo corpo scala e da un ascensore circolare che chiude il moncone esist ent e del corpo trasversale. I due corpi cent rali da proget t o (e anche t ut t ora) erano adibit i a museo di art e moderna e cont emporanea ed i relat ivi servizi, usufruibili anche per gli spazi riservat i alle most re t emporanee. Il vano d ingresso avrebbe cost it uit o il passaggio di complet ament o t ra il parco e l Accademia (mai realizzat o), ment re l ingresso alla GaMec avviene dalla piazza int erna, at t raverso il varco da via S.Tomaso apert o in conseguenza delle manomissioni degli anni 70. A sinist ra dell ingresso sulla via S.Tomaso avrebbero dovuto trovare posto i locali per le attività didattiche. La part e più a valle verso via Cesare Bat t ist i, edificio che può essere archit et t onicament e e st oricament e individuat o come aut onomo, accoglie ancora oggi gli spazi per le most re t emporanee con la possibilit à di un accesso indipendent e dalla piazza int erna in part icolari occasioni, ment re il corpo t rasversale semplice verso valle ospit a i deposit i con l aggiunt a di un piccolo volume t erminale che consent e l accesso al piano superiore adibito ad alloggio del custode. Il t rat t ament o del front e st rada prevedeva di lasciare in evidenza le st rat ificazioni st oriche, visibili in t racce di diversi t essut i di murat ure e apert ure non più riprist inabili rispet t o alle t rasformazioni ot t ocent esche che hanno riguardat o l int ero complesso. La sist emazione verso la piazza avrebbe dovut o far assumere il carat t ere di piazza pubblica, ut ilizzando le differenze di quot a per disegnare il paviment o e per i vari passaggi pubblici da via S.Tomaso verso i t re ingressi int erni e verso il parco; inolt re la piazza int erna avrebbe dovut o essere ut ilizzat a come spazio pubblico all apert o e avrebbe dovut o t rovare una continuità di segni che legassero con continuità la piazza e l ingresso dell Accademia. Il proget t o prevedeva un t ot ale ripensament o dell int ero borgo nella prospet t iva di cost it uzione di un sistema di relazioni urbane in cui i different i organismi, GaMec, Parco e Accademia Carrara, non fossero concepit i come isolat i, ma al cont rario si t rovassero in perfet t a relazione (ciascuno conservandone le specifiche carat t erist iche) e dessero alla cit t à un luogo da vivere quot idianament e, dot at o di servizi a disposizione non solo dell ut enza specifica (st udent i e visit at ori), ma anche a soprat t ut t o per la cittadinanza bergamasca. Lo spazio antistante il prospetto sud verso la piazza interna si trovava inserito in un sist ema di piazze urbane lungo il percorso che dal parco Suardi raggiunge, at t raverso via Noca, Cit t à Alta; il layout int erno che ne risult a è che i due corpi di t est a rispet t o al complesso vengono valorizzat i accent uandone il carat t ere aut onomo, ment e il corpo a mont e che accoglie le funzioni amminist rat ive, maggiormente intaccato nella struttura originaria e più difficilmente leggibile dal punto di vista dei diversi corpi di fabbrica cost it uent i l insieme, avrebbe dovut o accogliere un audit orium di 700mq, ment re ad oggi ospit a solo due piccole sale riunioni al piano int errat o. Dunque il proget t o è st at o realizzat o secondo le esigenze più urgent i, non inserendo l int ervent o in quel sist ema complesso di relazioni urbane che avrebbe dat o nuovo impulso all int ero borgo e anche all int era cit t à di Bergamo. Relazione Rossi: per una nuova Accademia Carrara Negli anni 80 la Commissione per la rist rut t urazione dell Accademia Carrara, diret t o da Francesco Rossi, si è riunit a per prendere in esame le propost e emergent i dalla relazione ist rut t oria elaborat a dallo st esso Rossi e da quest a individuare le different i carenze in at t o, riguardant i sia i servizi museali che i crit eri ost ensivi adot t at i, per una definizione t eorica dell asset t o museografico da ot t enere nel rispet t o della fisionomia culturale del Museo. La relazione in primo luogo distingueva i servizi funzionali, ossia quelli strettamente coerenti alla gestione corrent e del museo e quindi inscindibili anche in sede di collocazione(bigliet t eria, servizi, deposit i), e quelli di support o, quelli cioè inerent i alle at t ivit à di ricerca e di st udio, indispensabili, ma collocabili in meno stretta relazione con il museo (direzione, biblioteca, sale per mostre temporanee, auditorium). In un secondo punt o vengono messi in risalt o i due percorsi possibili, indicat i come il percorso st oricostilistico, che privilegia una dist ribuzione delle opere per epoca e scuola, e t ra collezionismo e cit t à, incentrato sul recupero della dimensione collezionistica del repertorio. Ent rambi i punt i sono st at i rit enut i all unanimit à fondament ali a livello met odologico, element i che si ritiene debbano essere tradotti in termini architettonici. Per quant o riguarda il primo percorso, quello storico-stilistico, la sua ipot esi nella Relazione Rossi deriva da different i considerazioni: in primo luogo il repert orio della Pinacot eca, part icolarment e ampio ed art icolat o, document a molt i set t ori import ant i dell art e it aliana e st raniera e dunque t ale ampiezza di visione è specifica della Pinacot eca, avvicinandola più alle galleria nazionali (organizzat e sempre come st oria dell art e per immagini) che non ai Musei di Ent e Locale; dall alt ro lat o la sua ricchezza deriva dalla int errelazione t ra le raccolt e d origine che dunque met t ono in most ra la diversit à della scelt e dei singoli collezionist i: int egrare le raccolt e più eloquent i significa evidenziale t ale int errelazione e dare il senso esat t o dell import anza del complesso e del valore cult urale assunt o dal collezionismo come at t eggiament o mentale. L ipot esi di un percorso di quest o t ipo nasce anche da precedent i allest iment i curat i da Fernanda Wit t gens nel 1950 e Franco Russoli nel 1962, divent ando paramet ri di riferiment o nella Relazione Rossi che sintetizza così i punti chiave per questo percorso: - evit are ogni t ent azione di esposizione capolavorist ica (come nell allest iment o di Wit t gens) in modo da non imporre al visitatore medio una prestabilita scala di valori; - evit are di pensare che il pat rimonio in dot azione, seppur cospicuo, non è idoneo a document are l int ero arco della produzione pit t orica it aliana nel corso del t empo; - garant ire una cont inuit à t ra percorso principale e quello di document azione in modo che il visit at ore, al cont rario di come succede at t ualment e, sia cost ant ement e st imolat o all approfondiment o non perdendo allo st esso t empo la narrazione principale; - garant ire l accesso indipendent e a ciascun set t ore, corrispondent e ad un preciso moment o culturale, con un sistema di indicazioni che permettano una fruizione personalizzata al visitatore. Si capì però che in quest o modo si sarebbe compromessa la presa di coscienza corret t a della specificità mussale dell Accademia Carrara; infatti l impossibilit à mat eriale di esporre t ut t a la collezione pat rimonio della Pinacot eca in modo organico e senza squilibri, avrebbe creat o percorsi a vant aggio della scuola bergamasca e venet a (a scapit o di quella romana e napolet ana) ed int eri moment i cult uralment e essenziali come il Manierismo ed il Barocco sarebbero poco o per nulla rappresent at i. Inolt re, dat a la sua complessit à ed et erogeneit à, si creerebbe una confusione impropria t ra le opere a dest inazione pubblica di provenienza locale a fine devozionale e quelle a dest inazione privat a, di mat rice collezionist a e di fruizione domest ica, sulle quali si fonda principalment e l ingent e pat rimonio cult urale della Pinacot eca. Quest ult ima, nat a come aggregazione di raccolt e diverse, ciascuna format a sulla base di personalissime scelt e di gust o e in relazione a different i moment i st orico-cult urali, non deve dunque assumere come paramet ro museografico quello delle Gallerie Nazionali, nat e con different i ot t iche e finalit à, ma deve essere in grado di recuperare la sua unicit à di museo di una cit t à che, come Bergamo, ha fat t o della dimensione collezionistica uno dei fondamenti della sua fisionomia culturale. La seconda propost a, denominat a t ra collezionismo e cit t à, nella relazione Rossi nasceva dalla considerazione che l Accademia Carrara nasce, cont emporaneament e e inscindibilment e, come document o di una civilt à pit t orica cit t adina est remament e art icolat a e t est imonianza di un gust o collezionist ico che, per variet à e sensibilit à delle scelt e, si è configurat o come fenomeno cult urale di primaria importanza. Nella sua st rut t ura at t uale infat t i si dist ingue concet t ualment e sia dalla Galleria Nazionale, della quale non possiede la programmat ica complet ezza né condivide i fini celebrat ivi ed encomiast ici, sia dal Museo di Ent e Locale, che si configura con un angolazione cult urale prevalent ement e cit t adina, sia ancora dal Museo privat o o di fondazione che rispecchia in genere la scelt a univoca di gust o dl singolo collezionista. Da quest o carat t ere specifico della Pinacot eca deriva la possibilit à di una sua let t ura plurima ed una pot enzialit à di arricchiment o cult urale finora rimast a inespressa o perché solo parzialment e realizzat a (come nella collezione Lochis-Baglioni del 1881 e in settori di quello Ricci del 1930) o totalmente negata a favore di una st rut t urazione per epoche e scuole a fondo capolavorist ico (come nell allest iment o precedente alla attuale opera di ristrutturazione). Al fine di un recupero il più possibile int egrale di t ut t e le valenze cult urali present i nel repert orio della Pinacot eca, la sua st oria e i suoi sviluppi, la Relazione Rossi proponeva una soluzione che fosse art icolat a su due linee principali: il primo percorso, o percorso per t ut t i, verrebbe cost ruit o at t ingendo opere specifiche da t ut t e le raccolt e con l int ent o di visualizzare i moment i essenziali della cult ura art ist ica bergamasca, nella sue specificit à e nella sue relazioni con le cult ure limit rofe (lombarda e venet a soprat t ut t o); le opere verrebbero scelt e sulla base della loro import anza cult urale e dunque, con un corredo didat t ico adeguat o, avrebbero fat t o conoscere le different i anime del pat rimonio dell Accademia. In quest o percorso avrebbero t rovat o luogo le pale d alt are disponibili in quant o, non solo hanno provenienza est remament e locale ed est ranee al primario t essut o della Pinacot eca, ma risult ano acquisit e in un moment o st orico, ossia quello immediat ament e successivo all Unit à d It alia, in cui si t ese a fare dell Accademia un museo della cit t à; esse possono quindi essere pot enzialment e port at rici di un valore storico-cult urale profondament e diverso da quello collezionist ico prevalent e merit ando una collocazione diversa. Quest o percorso avrebbe dovut o avere accesso ed uscit a indipendent i, ma non essere t opograficament e separat o dalle sezioni dedicat e al collezionismo e viceversa si sarebbero dovut i creare modalit à d invit o in modo da consent ire in ogni moment o l accesso alle aree di approfondiment o all int erno della Pinacot eca. Il secondo percorso sarebbe cost it uit o dalla present azione sist emat ica di t ut t e le raccolte presentate con ausili visivi idonei a spiegare la personalit à del collezionist a e le mot ivazioni cult urali; in part icolare verrebbero messi in risalt o le raccolt e cult uralment e più omogenee, corrispondent i a different i at t eggiament i collezionist ici ossia: il collezionismo set t ecent esco (Carrara e Orset t i), quello sist emat ico ot t ocent esco (Lochis), il cosiddet t o connoisseurship (Morelli e Frizioni), quello di famiglia pat rizia (Baglioni, Marenzi) ed infine il collezionismo privat o del primo Novecent o (Galliccioli, Ceresa e Pisoni). La selezione delle loro opere avrebbe dovut o essere part icolarment e curat a ed at t ent a alla valut azione globale della raccolt a, mirando non t ant o a valorizzare i capolavori quant o a rest it uire al visit at ore la fisionomia specifica del moment o cult urale che la raccolt a rappresent a; pert ant o anche i deposit i avrebbero dovut o essere organizzat i in modo che le opere non espost e fossero comunque raggruppat e per consentire la ricostruzione dei nuclei originari. L ingresso alla Pinacot eca avrebbe dovut o essere organizzat o per dar modo al visit at ore di pot er scegliere le different i possibilit à di visit a sulla base delle sue carat t erist iche e mot ivazioni: ciò non significava solo la creazione di piant e e percorsi apposit ament e st udiat i, ma anche la creazione di un sist ema di selezione di singoli aut ori e scuole all interno dei diversi settori visitabili. Nella Relazione Rossi si preferisce la seconda ipot esi propost a, ossia quella denominat a t ra collezionismo e cit t à, in quant o unica rispondent e alla specificit à dell Accademia carat t erizzandola come episodio unico e probabilmente irripetibile nel panorama delle istituzioni museali a livello mondiale. L Accademia come sistema culturale Sulla base della Relazione effet t uat a si concordò sul fat t o che l Accademia si debba proporre come un sist ema cult urale int egrat o, che includesse dunque non solo la sezione est ensiva delle opere opport unament e riordinat a, ma anche e soprat t ut t o t ut t i quei servizi rit enut i indispensabili al corret t o funzionamento del museo così inteso, in stretto rapporto con il territorio di cui è parte. In considerazione poi dell ampio raggio di int eresse del repert orio disponibile e il suo livello qualit at ivo, olt re al t radizionale ruolo occupat o dall Accademia e quindi dell elevat a valenza cult urale della cit t à su cui insist e, la definizione del t errit orio del museo va int esa non solo la provincia di Bergamo; in conseguenza di ciò il sist ema cult urale dell Accademia che si presuppone di creare si dovrà int endere come int erlocut ore di una realt à più ampia, individuabile a livello sovra-regionale o addirit t ura internazionale. Nel caso dell Accademia Carrara si rit iene infat t i presuppost o necessario il fat t o che ad un acquisizione del concet t o di sist ema cult urale vada associat o quel recupero di ruolo cult urale polivalent e che essa ha sempre avut o fin dalla sua fondazione e che si è finora manifest at o nello sviluppo parallelo (ma quasi sempre indipendent e) delle sue due realt à: la Pinacot eca e la Scuola d art e. Dunque si rit iene necessaria la formazione di un cent ro servizi che port i ad un superament o del t radizionale bipolarismo della st rut t ura, una sort a di t erzo polo e deposit ario di t ut t e le funzioni cult urali apert e sul t errit orio e inerent i al concet t o già espresso di sist ema cult urale int egrat o; si punt a dunque alla creazione di un sist ema di servizi a disposizione delle alt re st rut t ure museali cit t adine, e più in generali di t ut t e le energie cult urali emergent i in qualunque forma esse di manifest ino. Una prima applicazione di tali principi potrebbe essere il recupero della nat urale it erazione t ra i due t radizionali poli dell Accademia in modo che ad esempio l at t ivit à della Scuola di pit t ura t rovi esit o e polo dialet t ico di riferiment o in un apposit a sezione di art e moderna e contemporanea della Pinacoteca, a visione di tutti anche al di fuori del sistema scuola. Tut t i quest i element i si inseriscono all int erno delle gamma di propost e che possano fare dell Accademia un polo catalizzatore ed al contempo un supporto funzionale di tutte le espressioni artistiche cittadine. Il ruolo del centro servizi All int erno del sist ema cult urale e di polivalenza delle funzioni il cent ro servizi dovrà comprendere funzioni come direzione, segret eria, deposit i saranno funzionali alle sole esigenze della Pinacot eca alla quale dovranno garant ire quella disponibilit à spaziale e quelle at t rezzat ure t ecniche di cui ora risult a gravement e carent e; pert ant o la loro proget t azione e dimensionament o sarà condizionat a dal possibile ampliament o necessario per le funzioni museali e per l operazione di rist rut t urazione della Pinacot eca. Al cont rario servizi come la sala most re e l audit orium dovranno essere proget t at i per rispondere, da un punt o di vist a logist ico e gest ionale, ad un sist ema più art icolat o appart enent e al sist ema cult urale e non più alla sola struttura museale. Necessaria è anche la revisione del sist ema bibliot eca e cent ro di document azione la cui proget t azione, a funzionament o int egrat o, dovrà essere finalizzat a a gest ire informazioni e dat i a livello nazionale dot andosi di un cent ro di elaborazione elet t ronica; a quest o fine è necessario un programma di pot enziament o, e nella relazione si int endeva unificare i different i fondi librari e fot ografici dislocat i in diverse parti della città. Parallelament e anche la sezione scolast ica non dovrà includere solo servizi ai fini scolast ici (aula didat t ica, laborat orio, archivio), ma anche t ut t e le at t rezzat ure informat iche necessarie e di support o per la preparazione della visit a e per la fruizione della pinacot eca in quant o t ale; in quest o modo le at t rezzat ure scolast iche a disposizione consent irebbero anche ai singoli o ai gruppi un occasione per una fruizione più libera e personalizzata. La sezione didat t ica dovrà porsi come int erlocut ore st abile per t ut t e quelle iniziat ive in t ema di Beni Culturali e della loro divulgazione nel territorio inteso nel senso integrato. Il dibattito sul nuovo polo GaMec di Bergamo e centralità della Pinacoteca In seguit o alla st esura del nuovo PGT, a Bergamo si è apert o un dibat t it o sul nuovo polo museale, vist e le propost e da part e di UBI banca di met t ere gratuitamente a disposizione del Comune l'area degli ex Magazzini Generali per la creazione del nuovo polo di art e moderna e cont emporanea (GaMec). Da qui il dibat t it o ha messo in luce nuovi at t ori come l'ex caserma Mont elungo come possibile nuovo polo: da una part e coloro che sarebbero favorevoli ad un nuovo polo museale Accademia - nuova GaMec (Mont elungo) circoscritto nell'area centrale di Bergamo per una migliore gestione dei flussi turistici, dall'altra coloro che vedono nella collocazione del nuovo polo cont emporaneo in un'area più decent rat a e prevalent ement e residenziale come quella degli ex Magazzini un'occasione per riqualificare un'area con notevoli possibilità. Ognuna delle possibilit à present a svant aggi: la Mont elungo è un edificio in decadenza, prot et t o ancora da segret o milit are e dunque un possibile inseriment o del nuovo polo GaMec comport erebbe un complet o abbat t iment o e riproget t azione dell'area con cost i insost enibili per l'amminist razione comunale. Dall'altra il polo Magazzini verrebbe messo a disposizione della banca e gli ambient i sarebbero idonei senza grandi intervent i all'esposizione di opere di art e moderna e cont emporanea, ma la scelt a di quest 'area comport a una modifica del PGT che collocava il nuovo polo GaMec nella Montelungo. Il ruolo dell'Accademia è cent rale in quant o lo spost ament o della GaMec met t erebbe a disposizione nuovi spazi per l'Accademia e renderebbe cent rale la quest ione del nuovo allest iment o; l'esigenza di spazi che da sempre carat t erizza la Pinacot eca pot rebbe essere risolt a con quest a soluzione, ma per ora la questione sul nuovo collocamento della GaMec all'interno della geografia di Bergamo è ancora aperta. Cronistoria dei progetti e situazione attuale Varie e contrastate sono le tappe che hanno contribuito a chiarire lo stato attuale: 1999/2000: viene ist it uit o un concorso pubblico di archit et t ura per la rist rut t urazione delle due "barchesse" lat erali dell edificio st orico, in passat o occupat e dalla casa del cust ode, archivio e bibliot eca, dall ufficio del Diret t ore (quella a sinist ra guardando la facciat a principale) e dagli uffici (a dest ra); quest e funzioni complement ari verranno t rasferit e nel 2001 nei nuovi spazi comuni t ra Accademia Carrara e GAMEC sul lat o di front e alla piazza comune; il concorso viene vint o dalla St udio Gabet t i e Isola di Torino (già incaricat o a Bergamo per la cost ruzione del nuovo Tribunale) che si aggiudicano l'opera superando alt ri concorrent i t ra i quali lo St udio Gregot t i (già progettista della ristrutturazione degli spazi comuni Accademia Carrara GAMEC); 2002/2003: lo St udio Gabet t i e Isola port a avant i una ipot esi proget t uale che vede il raddoppio in spessore del corpo st orico dell edificio andando ad occupare il retrostante giardino verso la Scuola di Belle Art i: la linea guida del proget t o, det t at a dal diret t ore Francesco Rossi, è quella dell aument o dello spazio esposit ivo della Pinacot eca, per ospit are le collezioni permanent i, int ervent o che si pone in linea con la risoluzione dell'annoso problema della Pinacot eca fin dai tempi del conte Carrara ossia la grande quantità di opere da esporre a fronte di una grave carenza di spazio; 2004/2005: il passaggio della direzione da Francesco Rossi a Giovanni Valagussa e il cambio di Amministrazione port ano ad una nuova ipot esi di proget t o, basat a non t ant o sull aument o dello spazio esposit ivo st abile, quant o sulla realizzazione di nuovi spazi dedicat i alle funzioni complement ari che un museo odierno richiede ossia: sala per most ra t emporanee, aree per la didattica, sale conferenze e let t ura, zona di rist oro e sost a, laborat ori di rest auro, deposit i, ecc. Queste nuove funzioni erano previst e in spazi ipogei nel ret rost ant e giardino verso la Scuola di Belle Art i, prevedendo poi l emersione di piccoli padiglioni in vet ro e un sot t opassaggio verso il grande parco a ovest dell edificio, di propriet à del museo, ma del tutto inutilizzato; 2005/2006: il passaggio della direzione da Giovanni Valagussa a Crist ina Rodeschini e le nuove diret t ive dell Amminist razione sono cont est uali al progressivo abbandono della soluzione precedente a favore di un int ervent o più ridot t o, che si occupi semplicemente di una complessiva revisione st at ica dell edificio esist ent e, di un adeguament o dei percorsi con particolare attenzione alle problemat iche di disabilit à e di un complet o rifaciment o impiantist ico che comprende anche la ristrutturazione completa della barchessa sinistra; 2007/2010: il Credito Bergamasco si fa promotore della proposta per il progetto e la realizzazione di un area per most re t emporanee ubicat a in una prima soluzione sot t o il livello della cort e ant ist ant e l edificio storico neoclassico, in una seconda soluzione all'int erno di spazi verdi ora di propriet à privat a adiacent i il Parco Suardi (i cosiddet t i "ort i"); alla fine ent rambe le propost e sono state abbandonate. 2 giugno 2008: la sede st orica dell Accademia Carrara viene chiusa per l inizio dei lavori; viene previst a una sede provvisoria per consent ire di esporre a rot azione una selezione di dipint i (circa 80) presso la Sala det t a "delle capriat e" in Palazzo della Ragione in Città Alta, soluzione, scelta vincente in relazione anche ad alt re cit t à limit rofe come ad esempio Brescia che, a causa della rist rut t urazione del suo Museo Civico, non ha pot ut o most rare i suoi capolavori; quest o t ipo di soluzione ha permesso una fruizione (seppur selezionat a) delle opere a beneficio di cit t adini e turisti e ha dat o adit o a una serie di iniziat ive di prest it o di opere per far conoscere l'import ant e patrimonio della Carrara nel mondo. La prima propost a in quest o senso è st at a la most ra al Met ropolit an Museum of Art s di New York Washington che si è volt a da maggio a set t embre 2012 con t it olo "Bellini, Tiziano and Lot t o: Nort h It alian Paint ings from Accademia Carrara-Bergamo", una raccolt a di 15 opere di maggior rilievo di artisti locali e di fama internazionale fra cui Lotto, Moroni e Tiziano. La seconda operazione di import anza int ernazionale che è st at a condot t a è st at a la most ra "RENAISSANCE: 15t h AND 16t h it alian paint ings from Accademia Carrara Bergamo" svolt asi da dicembre2011 ad aprile 2012 a Canberra, Aust ralia; la most ra che ha riscosso un enorme successo, comprendeva 80 opere dell'Accademia con part icolare at t enzione al periodo rinasciment ale e dunque alla qualit à dei dipint i dei cent ri della cult ura rinasciment ale come Venezia, Firenze, Milano, Bergamo, Padova, Ferrara e Siena, dove la Chiesa e mecenat i privat i commissionat o scene religiose e rit rat t i magnifici. I sogget t i spaziano da rappresent azioni della Madonna col Bambino, storie della Bibbia, le vite dei santi e le differenti interpretazioni della Crocifissione. Oggi: i lavori in via di ult imazione (con rit ardo termine lavori previsto marzo2013) comport ano in particolare: nuovi locali ipogei sul ret ro dell edificio, per locali dell impiant o di riscaldament o e condizionament o del Museo e della Scuola di Belle Art i; nuova scala di accesso più ampia; nuova scala ant incendio al t ermine della manica lunga verso nord; impiant o complet o di climat izzazione risalit a delle t ubazioni in una int ercapedine addossat a alla paret e verso il giardino; rifacimento facciata verso il giardino, che va a sost it uirsi con la precedent e murat ura sost anzialment e mut a, mai rivest it a; rist rut t urazione complet a della barchessa sinist ra e revisione delle facciat e e degli infissi. Conclusa complessivament e quest a prima fase si aprono due problemi urgent i e imprescindibili: la formulazione di un proget t o museografico e la definizione degli spazi funzionali complement ari, ossia la loro ubicazione, progettazione e realizzazione. Questa seconda fase (che si concluderà con l'apert ura dell'Accademia in net t o rit ardo a inizio 2014) si presenta forse più complessa sul piano della necessità di riflessione e di coinvolgimento della città e meno difficile e onerosa sul piano archit et t onico; nonost ant e ciò si t rat t a di una seconda fase decisiva in quant o non è possibile concepire che un museo celebre come l Accademia Carrara, probabilment e ent ro le dieci pinacot eche maggiori a livello nazionale it aliano, riapra dopo i lavori con un "minimo necessario" di ristrutturazione; il più rappresent at ivo e celebre edificio pubblico di Bergamo deve ridarsi alla cit t à con un livello di qualit à di risist emazione generale in grado di farne la punt a di eccellenza in grado di illust rare l int era cit t à. Per ora il t ipo di int ervent o di allest iment o, finanziat o int erament e da UBI banca, è st at o approvat o dalla Commissione storico-art ist ica compost a da st orici dell'art e di fama riconosciut a e di presenze ist it uzionali compet ent i (Soprint endenza e Direzione del museo), st abilendo crit eri e modi della art icolazione della esposizione nel mese di dicembre 2013 e ora lo studio incaricato dovrà procedere alla redazione dell'intero allestimento, ma sulla questione vi è stretto riserbo. CAPITOLO V Progetto di ampliamento per un "sistema" integrato Pinacoteca-scuola-GaMec come polo sociale per la città Il progetto Carenze strutturali dell'Accademia Carrara e potenzialità dell area L int ervent o proget t uale che è st at o at t uat o nel corso della t esi di laurea part e dunque dalle considerazioni sulle carenze dell area, sia dal punt o di vist a urbanist ico che int erno alla Pinacot eca; il t ot ale assorbiment o del complesso della GaMec ed il chiarificarsi del t riplice polo cult urale Pinacot ecascuola-Gamec pone diversi problemi soprat t ut t o riguardo alla sua funzione gerarchica, in cui l Accademia si pone come edificat o più rilevant e, ma che cert o non può che confront arsi con un secondo innest o e l int ero sist ema, olt re a prevedere obbligat oriament e un pot enziament o dell Accademia, deve suscit are dibat t it i riguardo alla riqualificazione dell int ero borgo at t ivando su di esso nuovi effet t i urbanist ici. L Accademia Carrara rivest e infatti un ruolo di primaria importanza nella cultura artistica cittadina sia per il suo carat t ere st orico sia per le possibilit à che pot rebbe offrire dat o l ingent e pat rimonio d art e in suo possesso; purt roppo l immagine reale che si ha dell Accademia è, invece che di un museo at t ivo, di un element o chiuso, simbolico ed int occabile, una sort a di monument o; le ragioni di quest a visione sono da un lat o imput abili da uno st at o di inconsapevolezza del cit t adino comune nei riguardi del ruolo e dell effet t iva import anza che il museo ha assunt o ed assume nella vit a e nella formazione cult urale della societ à, dall alt ro dall impossibilit à dell Accademia di at t rarre un pubblico sempre più vast o e non solo specialist ico unit o a carenze di ordine st rut t urale rilevat e negli spazi di lavoro e ad una mancat a coerenza del percorso espositivo e quindi della corretta informazione proposta al visitatore. L Accademia Carrara avrebbe t ut t i i requisit i necessari per pot ersi affermare come luogo at t ivo, olt re che museo moderno fruibile nella città dotato di tutti quei servizi ausiliari di cui oggi è carente. Anche per quant o riguarda il percorso esposit ivo precedent e agli at t uali lavori di rist rut t urazione dell Accademia, si riscont rano incoerenze in quant o l andament o di quest ult imo, dispost o lungo le sale al secondo piano dove la divisione dell allest iment o in due separat e sezioni, (corrispondent e al corpo cent rale ed all ala nord-ovest del fabbricat o) crea un t racciat o poco prat ico che obbliga il visit at ore a percorsi di rit orno per seguire la cont inuit à dell esposizione; olt re alle opere espost e at t ualment e la Carrara dispone di due magazzini dove t rovano collocazione un cert o quant it at ivo di pit t ure e un grosso numero di st ampe e disegni di vario genere e provenienza; la presenza di grandi magazzini t est imonia la mancanza di sale per l esposizione di numerose opere anche di not evole pregio considerando anche il fat t o che le donazioni sono st at e fino agli anni ot t ant a in crescent e ascesa; t ut t i quest i element i hanno reso necessario un int ervent o di ampliament o archit et t onico che t enga cont o delle vicende dell int ero complesso e che possa alla fine rendere alla cit t à un museo finalment e at t ivo inserit o nel t essut o sociale della città. Anche per quant o riguarda la gest ione della Scuola d Art e, sebbene da sempre indissolubilment e legat a alla pinacot eca, nonost ant e vengano organizzat e visit e guidat e da part e di insegnant i specializzat i e qualificat i e most re t emporanee all int erno della pinacot eca , ancora oggi non esist e una sede in cui pot er organizzare t ali iniziat ive e anzi esse cost it uiscono un int ralcio al percorso di visit a così come allo svolgimento di altre attività. Dunque una concomit anza di fat t ori unit i alla cont rariet à riguardo agli int ervent i odierni in corso ad opera dello st udio Gabetti-Isola, sost anzialment e non apport ant e sost anziali vant aggi né dal punt o di vist a museografico, né in termini di spazio e nemmeno dal punto di vista architettonico. Il piano complessivo di int ervent o in corso infatti non comprende azioni sulla barchessa dest ra e, considerando la qualit à degli spazi di quella sinist ra in passat o dest inat i ad abit azione del cust ode, piut t ost o angust i e ridot t i, in realt à le superfici aggiunt ive disponibili per l esposizione (problema epocale per l Accademia) non sono molt o dissimili dalla sit uazione precedent e; dunque, a part e i necessari interventi di consolidament o e di adeguament o impiant ist ico sia dell ala del 900 che del nucleo più ant ico, nonost ant e i precedent i proget t i present at i in Comune da different i st udi professionali e anche dallo stesso studio a cui è stato affidato il progetto mostrassero una buona rilevanza sia architettonica che composit iva, consapevole della st oria e delle pot enzialit à dell area, non si è riuscit i a ridare una nuova immagine all int ero complesso, al fine di creare un vero e proprio polo cult urale che quest area ha nelle sue carat t erist iche fin dalla sua fondazione; è st at o invece compiuto un int ervent o di sommaria copert ura del front e ret ro , da sempre considerat o di nulla import anza e privo di composizione tramite l applicazione di una cont rofacciat a t impanat a al fine di accogliere gli element i dell adeguament o impiant ist ico, int ervent o effet t uat o senza t enere cont o della st oria dell edificio, dei suoi carat t eri compositivi e architettonici. Questi elementi, uniti alla constatazione della lentezza dei lavori in cantiere, hanno portato a ragionare in t ema di t esi sulla creazione di different i element i composit ivi che pot essero avere un filo logico con la st oria dell area e dell int ero complesso, t enendo cont o del legame con la scuola d art e che era già nelle int enzioni del cont e Carrara e che invece nel t empo ha vissut o di vit a propria, con ingressi indipendent i e senza nessuna relazione con la Pinacot eca nè funzionale nè come formazione per gli st udent i nonostante la loro vicinanza. Il "sistema" Accademia, finalità del progetto ed impianto funzionale L'impiant o generale si propone di creare una commist ione t ra le different i funzioni ed in part icolare t ra scuola e Accademia, fine ult imo già dai t empi del cont e Carrara; dunque l'int ervent o ripropone il t ema della "manica" novecent esca reint erpret andola in prospet t o come una sort a di sezione, ossia il proget t o cont empla una griglia, che divent a poi anche st rut t urale, creando un prospet t o-sezione che va a ridefinire all'est erno la scansione e l'allineament o interni dei piani dell'edificio st orico, ed in un'operazione di est roversione degli element i neoclassici se ne evidenziano i suoi caratteri storici in un'accezione moderna; quest o element o su t ut t i i piani è adibit o a zona esposit iva fat t a eccezione per l'ult imo piano che prevede zona ristorante e ristoro. Il suolo occupat o at t ualment e dalla scuola divent a mot ivo per creare una quint a al lot t o che proprio in corrispondenza di quel lato assume una connotazione poco definita; questo elemento che si distingue dalla manica già menzionata cont iene la scuola d'art e e t ut t e le sue funzioni (aule, laborat orio fot ografico, aula informat ica, bibliot eca) dist ribuit e t ra piano int errat o e t erreno ed cont iene inolt re un auditorium/sala conferenze con ingresso indipendent e a disposizione sia degli st udent i che per conferenze pubbliche. L'element o che si differenzia anche composit ivament e dal complesso manica-scuola è pensat o come uno spazio per most re t emporanee e dunque si carat t erizza per essere est remament e flessibile per adattarsi alle different i esigenze che ogni most ra presuppone: sist emi di brisoleil in facciat a e sulle falde permet t e una regolazione della luce consent endo di ot t enere ambient i di volt a in volt a molt o different i t ra loro; lo spazio si configura a doppia alt ezza così da essere consono alle esigenze spaziali che le most re cont emporanee richiedono. L'accesso avviene dalla zona più pubblica della scuola, quella che consent e l'uso autonomo dell'auditorium. L'effetto globale che si vuole ot t enere è dunque quello di un complesso unit ario in cui funzioni museali ed accessorie convivono al fine di creare una commistione di attività che possono interagire tra loro e andare a definire il concetto di "sistema" Accademia che è poi il fine ultimo dell'operazione di tesi. L'ingresso dedicat o agli st udent i e quello per i visit at ori sono st at i previst i separat i per consent ire comunque l'aut onomia delle different i funzioni e per una miglior gest ione dei flussi; il primo è stato collocato nel nuovo proget t o diet ro l'Accademia stessa al livello +1.00m rispet t o al livello +0.00 della piazza, ingresso anche a servizio di coloro che usufruiscono solo dell'auditorium/sala conferenze, ulteriore funzione che si int egra nel sistema, ment re quello per i visit at ori è collocat o sot t o l'at t uale spazio ant ist ant e l'Accademia st essa (dunque a quot a +0.00). L'operazione di creazione del nuovo ingresso per i visitatori è stata possibile grazie ad un'operazione di livellamento della piazza, attualmente in pendenza e non ut ilizzat a; in quest o modo si crea una sort a di podio che ridefinisce la facciat a st orica secondo le intenzioni mai realizzate dei progetti dell'architetto Sant'Elia. Lo spazio che si viene a creare all'ingresso divent a così uno spazio polifunzionale dot at o sia di bigliet t eria a disposizione di coloro che desiderano int raprendere il percorso di visit a (che dunque part e dall'edificio storico senza deturparne l'immagine neoclassica) sia di una zona di sosta aperta alla città, con servizi quali caffetteria, qualificandosi come spazio culturale a servizio del cittadino oltre che dei visitatori. Infine è st at o previst o un sopralzo della barchessa di dest ra, quella dest inat a agli uffici, soluzione finalizzat a ad una maggiore fluidit à del nuovo percorso esposit ivo che si snoda t ra edificio neoclassico e nuovo intervento. Dunque il fine ult imo del proget t o di t esi è quello di creare un "sist ema" Accademia che si collochi come luogo di incontro cittadino integrandosi nel tessuto urbano pur fornendo ulteriori funzioni diversificate per different i t ipologie di ut ent i; infat t i anche lo spazio apert o urbano che si viene a creare sul ret ro t ra l'Accademia e il nuovo proget t o è st at o concepit o con la st essa logica: è st at a creat a infat t i una prima piazza che si configura come un element o urbano e aperto alla cit t à, posta al livello +1.00m rispet t o all'ingresso alla quale si accede at t raverso una rampa (già present e t ra l'alt ro nella configurazione odierna del complesso Accademia-Scuola d'art e); quest o spazio che si viene a creare dot at o di alberat ure, caffet t eria e anche l'ingresso riservat o agli st udent i si present a int eressant e perchè apert o alla cit t à, ma allo st esso t empo in relazione visiva con il secondo spazio apert o che si t rova invece a livello +4.00m di pertinenza dello spazio espositivo. La relazione t ra le due piazze, non collegat e t ra loro, avviene at t raverso un muro esposit ivo e dunque l'art e st essa viene messa a disposizione per una fruizione non solo dei visit at ori, ma anche dalla part e più pubblica della piazza che si relaziona maggiormente con la città. L'ult imo element o del nuovo impiant o è cost it uit o dalla valorizzazione degli "hort i" ret rost ant i la manica dell'Accademia, element o import ant e poichè pone in relazione l'Accademia st essa con la Cit t à Alt a e dunque il t essut o st orico della cit t à, parte che non è mai st at a ut ilizzat a. At t raverso la creazione di piccoli padiglioni mult ifunzionali che si diramano dall'asse principale del complesso si attua un circuit o di element i che permet t ono, soprat t ut t o nella st agione est iva, di vivere uno spazio all'apert o e a disposizione di visitatori e studenti adattabile a varie esigenze di studio e svago. Infine ogni element o del complesso si propone di non essere inclusivo solo di una funzione, ma di mant enere sempre element i di apert ura sia alla Cit t à Bassa che alla Cit t à Alt a, in modo che il fine ult imo siano spazi espositivi, ma anche e soprattutto spazi per la città a disposizione di tutti. da continuare con materiali L'allestimento L'ampliamento del percorso espositivo in rapporto con le collezioni storiche presenti L'obiet t ivo sot t eso alla creazione di un sist ema int egrat o è quello di ampliament o della collezione della pinacot eca, annoso problema fin dai t empi del cont e Carrara che come risult at o ha avut o quello di non rendere visibili capolavori di ogni t empo (sebbene fosse previst a una rot azione delle opere) e di alt re collezioni frut t o di donazioni mai espost e, così come opere delle cosiddet t e "art i minori" di cui l'Accademia possiede solo pochi esempi classificandosi fra le Pinacot eche "pure", museo di sole opere pit t oriche che non permet t e forse l'art icolazione di st imoli ext ra-pit t orici che si regist rano ad esempio nei Musei Civici di Brescia. Dunque dall'ingresso in cui è collocat a la bigliet t eria si raggiunge il piano t erreno della pinacot eca dal quale si accede al nuovo volume, alla "manica" che conduce al vano scale, in cui però è previst o il passaggio o comunque la vist a della scuola, in part icolare dalla zona pubblica di lavoro in cui i ragazzi possono agire su dipint i con cavallet t i o modellazione di scult ure senza essere dist urbat i dal passaggio dei visit at ori venendosi così a creare quella commist ione per la quale i ragazzi hanno accesso grat uit o alle opere esposte mentre i visitatori vengono messi in contatto con gli studenti ed i loro lavori, in aderenza al modello originario ad esempio della Pinacoteca di Brera. Da quest o piano t erreno si sale al primo piano e man mano si sale fino all'ult imo percorrendo sia le sale della vecchia pinacot eca che quelle della nuova "manica" , ment re la discesa è previst a dalla scala del sopralzo per evitare in questo modo di compiere lo stesso percorso di visita. Percorso in base alle Opere Collezioni present i: dat a la specificit à del caso Carrara, raccolte et erogenee la compongono e ne costit uiscono il suo pat rimonio: solo dalla biografia e dalla descrizione della fisionomia cult urale di ogni protagonista in relazione all'arco t emporale con cui le raccolt e vengono espost e è possibile dunque capire la valenza cult urale di ogni singola raccolt a e dunque anche il suo ruolo all'int erno del variegat o e t alvolt a contraddittorio panorama offerto dall'Accademia stessa così come si presenta oggi. Così sarà possibile capire e comprendere bene la passione t ipicament e illuminist a del cont e Giacomo Carrara e la sua convivenza t ra un classicismo lat ent e e l'est roversione barocchet t a derivant e dalla sua formazione venet a; o viceversa l'alt ernarsi, nella raccolt a di Giovanni Secco Suardo, di rit rat t i di parat a risalent i dalla Galleria della sua casat a con opere invece personalment e riunit e in relazione al suo impegno professionale di rest aurat ore; infine il carat t ere sist emat ico che il cont e Guglielmo Lochis finì per conferire alla sua raccolt a, frut t o di una ricerca nat a dalla pura passione per la bella pit t ura, ma sfociat a in un processo organico di document azione di t ut t e le più import ant i scuole pit t oriche it aliane ed europee senza dimenticare quella bergamasca. RACCOLTA GIACOMO CARRARA Pervaso da un int enso percorso int ellet t uale, at t ivo cit t adino nella vit a cult urale di Bergamo ed amico di personaggi come Tassi o Bot t ari, parallelament e egli cominciò a formare la sua raccolt a di quadri, più di 1500 t ra dipint i, disegni, st ampe, medaglie e libri ant ichi, t ut t i che t rovarono ubicazione nella sua Galleria. L'analisi dell'invent ario redat t o nel 1796 dal rest aurat ore Bart olomeo Borset t i, consent e di ricost ruire con esat t ezza le scelt e cult urali del collezionist a; risult a chiaro infat t i che come collezionist a Carrara si muoveva su t re livelli: da un lat o la document azione sugli art ist i bergamaschi, dai più ant ichi fino a Fra Galgario, in perfet t a aderenza a quello che era l'orient ament o municipalist ico che si era affermato in Italia con la scuola di Muratori; dall'altra l'interesse per la natura morta, ai temi del paesaggi, del bozzet t o e dei capricci, appart enent i a quel repert orio di arredo che nel '700 ne cost it uisce il nucleo collezionist ico t radizionale specialment e in area venet a. Infine la ricerca di dipint i di nudo e st oriografici, prevalent ement e ispirat i al classicismo rinasciment ale e barocco, affinchè cost it uissero esempi ut ili alla formazione dei suoi giovani allievi della Scuola di Pittura. Ognuna di quest e scelt e rivela la piena appart enenza del Carrara al clima illuminist ico set t ecent esco e funzionale al progetto globale di Accademia a cui il suo fondatore stava dando origine. Fra le opere import ant i della sua raccolt a un Rit rat t o f emminile di Leonardo da Vinci e Nozze mist iche di Sant a Cat erina della sua scuola, i Tre Crocef issi di Vincenzo Foppa insieme ad art ist i locali di not evole importanza come il Trittico di San Martino del Vivarini e ritratti di Fra Galgario. RACCOLTA ORSETTI Ridot t e sono le informazioni sulla personalit à del nobile veneziano Salvat ore Orset t i, la cui raccolt a fu acquisit a dall'Accademia Carrara nel 1804, ben not a è al cont rario la famiglia Orset t i, casat a arist ocrat ica che aveva avut o il suo massimo fulgore nel '600, epoca alla quale appart eneva infat t i la collezioni poi donata all'istituzione bergamasca; si trattava di una tipica raccolta patrizia incentrata sull'imponente serie dei Baccanali del Padovanino che si possono immaginare a decorazione di un Salone d'Onore, ma dall'invent ario è possibile capire l'esist enza di un alt ro ambient e t ipico dei palazzi nobiliari ossia la Galleria dei rit rat t i che includeva t ra l'alt ro due dipint i del Giorgione e di Raffaello (il primo andat o disperso, il secondo in realt à copia dall'originale di Cracovia). Il rest o della raccolt a era cost it uit o da opere di art ist i anche fiamminghi e da t ele veneziane e barocche, element i quest i che probabilment e attrassero i bergamaschi che iniziarono la trattativa per la successiva acquisizione. RACCOLTA CARLO MARENZI Le prima vicende dell'Accademia Carrara si int recciano a lungo con la st oria personale del cont e Carlo Marenzi, che ne fu presidente a più riprese fino alla sua morte nel 1851. Olt re ad essere prot agonist a dell'acquisizione della raccolt a Orset t i sopra espost a, fu responsabile della cost ruzione da part e dell'archit et t o Simone Elia del nuovo edificio ed art efice della prima radicale t rasformazione del proget t o cult urale del fondat ore, privilegiando marcat ament e la Scuola di Pit t ura a svant aggio della Galleria; inolt re fu lui nel 1835 a promuovere la celebre vendit a all'ast a che port ò alla dispersione di molt e opere dell'ant ica Galleria, specie quelle legat e alla cult ura barocca e rococò, così care invece al conte Carrara. Dunque Carlo Marenzi rappresentò l'uomo della svolta di gusto a favore di quell'orientamento neoclassico e accademico che dall'inizio del XIX secolo si riflet t eva anche sulla scelt a del primo diret t ore, Giuseppe Diotti; t ant o uomo d'ordine dal punt o di vist a amminist rat ivo, t ant o da quello collezionist ico fu carat t erizzat o da grande finezza e capacit à di imporsi, capacit à quest 'ult ima che permise la difficile acquisizione di un capolavoro come la Madonna con Bambino del Mantegna ed int uendo precocement e il talento del Piccio. RACCOLTA LUDOVICO PETROBELLI La figura del cont e Ludovico Pet robelli cost it uisce la svolt a per una fase nuova della st oria del collezionismo bergamasco e infat t i non a caso la sua at t ivit à si int reccia con quelle di personalit à come Guglielmo Lochis e Giovanni Morelli. Era propriet ario di due t avole del Carpaccio in serie con il S.Rocco del Lochis (ora a Venezia). di un S.Sebastiano di Marco d'Oggiorno in dit t ico con una t avola Lochis (ora al Museo Poldi Pezzoli a Milano) e di un pannello del Bergognone ora in Accademia Carrara come lascito Morelli. Dal suo invent ario se ne ricava l'immagine di una collezione compat t a ed equilibrat a, comprendent e dipint i di alt a epoca ed una buona rassegna di t ele ot t ocent esche di gust o romant ico, variet à che t est imonia l'at t enzione per cogliere le occasioni che, a met à '800, venivano fornit e da un mercat o ormai vivacissimo, aliment at o dalle soppressioni degli Ent i ecclesiast ici da part e di Napoleone e dall'inesorabile decadenza delle casate nobiliari di tradizione settecentesca. RACCOLTA GUGLIELMO LOCHIS Dopo Carlo Marenzi fu il cont e Guglielmo Lochis a definire la polit ica cult urale dell'Accademia, in st ret t a relazione con la sua convint a adesione al pot ere aust iaco: è significat ivo il fat t o che fu elet t o Podest à di Bergamo subito dopo la prima guerra del Risorgimento. La personalit à del Lochis appare dunque fort ement e rest aurat rice e accademica, avversa ad ogni novit à sia polit ica che cult urale; nonost ant e ciò la sua raccolt a appare di ben diversa st at ura cult urale in quant o come collezionist a si pone accant o ai grandi connoisseurs ot t ocent eschi che st ringevano relazioni di carat t ere int ernazionale; egli infat t i per la sua raccolt a di quadri, già not a all'epoca per i più di 500 dipinti, era disposto a viaggiare, contrattare e anche impegnare la sua fortuna personale. Quale president e dell'Accademia, il Lochis perseguiva un proget t o di Pinacot eca molt o different e da quello del cont e Carrara: morendo infat t i dest inò la sua raccolt a al Comune di Bergamo con l'impegno che essa divenisse di pubblico dominio rest ando nella sua sede, Villa Lochis a Mozzo; fu solo successivament e che con un accordo la sort e della raccolt a fu ridefinit a divent ando un legat o dell'Accademia Carrara. Opere di maggior pregio sono: due Madonna col Bambino di Giovanni Bellini e Jacopo Bellini, Adorazione dei past ori del Perugino, San Sebastiano di Raffaello, Madonna col Bambino e Orf eo e Euridice di Tiziano, Il Canal Grande del Canalet t o, San Francesco st igmat izzat o di El Greco, Rit rat t o di bambina di Velasquez così come opere del Guardi, Longhi e Piccio. RACCOLTA GIOVANNI SECCO SUARDO Provenient e da una nobile famiglia bergamasca già present e nel '500, con l'Accademia Carrara ebbe rapport i occasionali, soprat ut t o per st rappi di affreschi e alt re speriment azioni t ecniche; non si dichiarò mai un collezionista, tuttavia il suo lascito risultò significativo della sua complessa personalità, alternando i grandi rit rat t i di Fra Galgario, provenient i dalla grande quadreria di famiglia, alle t est imonianze della sua concret a at t ivit à di rest aurat ore; la sua raccolt a comprende anche rit rat t i di Ceresa, Fra Galgario e Piccio. RACCOLTA OSPEDALE MAGGIORE Nel periodo post -unit ario l'Accademia Carrara, una volt a scomparse personalit à di rilievo e fort i, ma apert ament e t radizionalist e come il Lochis e Marenzi, conobbe una fase di apert ura municipale volt a a farne un vero Museo cit t adino, analogament e a quant o accadeva in molt e cit t à lombarde che acquisivano beni provenient i dalla soppressione volut a dal neonat o Regno d'It alia dei Beni ecclesiast ici: rompendo il loro isolamento, i Commissari dell'Accademia entravano a far parte delle commissioni localmente preposte alla gest ione dei beni art ist ici cogliendo l'occasione per import ant i acquisizioni finalizzat e al complet ament o della document azione sull'art e bergamasca; alcuni import ant i dipint i del Lotto e di Previtali vennero dunque acquist at i da privat i, alt ri da chiese della provincia, come l'Annunciazione di Francesco di Simone da Santacroce proveniente da Spino al Brembo. In quest a logica vengono riallacciat i nuovi rapport i con le ist it uzioni cit t adine e in primo luogo con l'Ospedale di Bergamo, ancora oggi propriet ario di una not evole quadreria cost it uit a da lascit i di benefat t ori; i due nuclei acquisit i in periodi different i (1879 e 1926) sono ormai part e int egrant e della Pinacot eca cost it uendone anzi una sezione di part icolarissimo significat o proprio per il radicament o t errit oriale dei personaggi rappresent at i nei dipint i, t ut t i appart enent i all'ant ica arist ocrazia di Bergamo prima che essere benefat t ori dell'Ospedale. Di quest a raccolt a fanno part e La Schiavola di Cariani, Ritratto di Elisabetta Piavani Ghidotti di Fra Galgario e Ritratto di vecchio in rosso del Moroni. RACCOLTA CONGREGAZIONE DI CARITA' Fondat a alla fine del XVIII secolo, essa riuniva una serie di ist it uzioni assist enziali; t it olare di un import ant e nucleo di dipint i ant ichi provenient i sia da lascit i privat i che da processi di ammodernament o delle sedi sacre e conservat i in origine nel Palazzo della Misericordia (oggi Museo Donizet t iano), cedet t e una buona part e delle opere st esse all'Accademia in varie riprese, nell'ambit o di quel processo di concent razione di beni cult urali che aveva coinvolt o anche l'Ospedale di Bergamo. Di not evole import anza la Madonna del latte di Andrea Previtali e Ritratto di Giovan Antonio Bonometti di Carlo Ceresa. RACCOLTA PASINO LOCATELLI Professore di let t ere e scrit t ore in periodici locali, si int reccia con la st oria dell'Accademia per le sue polemiche con Giacomo Trecourt (per la Pala di Agar del Piccio) e con Enrico Scuri (sulla gest ione della scuola d'art e). Per ciò che si può arguire dai lascit i a favore dell'Accademia, la sua raccolt a non ebbe carat t ere sist emat ico, riducendosi a pochi esemplari di media qualit à provenient i da beni di famiglia o dal mercato locale. LUIGI TRECOURT Con il frat ello Giacomo e il Piccio st udiò in Accademia Carrara; t rasferit osi poi a Pavia dove divenne diret t ore della locale Accademia di pit t ura, cont inuò ad operare in ambit o bergamasco come pit t ore sacro. I lascit i all'Accademia bergamasca non si configurano come una vera e propria raccolt a, ma piuttosto come una qualitativa dotazione di opere di artisti di famiglia (o assimilati come il Piccio). RACCOLTA GIOVANNI MORELLI L'assimilazione della cult ura t edesca in quant o rappresent ant e del Governo provvisorio a Francofort e gli permise, t raendo occasione dall'analisi delle opere d'art e di alcune celebri gallerie (Monaco, Dresda, Berlino, Roma), di porre le basi per una nuova metodologia comparativa per lo studio delle opere d'arte. Dopo le collezioni Carrara e Lochis, la raccolt a Morelli è una delle component i fondant i dell'Accademia, alla quale lasciò l'intera raccolta d'arte, e l'unica ad oggi dotata di un Catalogo scientifico sistematico. La raccolt a si present a come una t ra le più cospicue a livello numerico comprendendo olt re 110 t ra dipint i e scult ure ed è anche quella che meglio document a alcune aree cult urali part icolarment e care al Morelli come la Toscana, l'area cent ro-it alica e la fiammingo-olandese, cui si aggiungono import ant i testimonianze dell'arte lombarda e veneta. Tale raccolt a appare essersi format a in un arco di t empo molt o lungo, almeno t rent 'anni, seguendo in part e l'it inerario crit ico dello st udioso, ma anche approfit t ando, come per l'acquisizione delle celebre tavole Rit rat t o di Leonel lo d'Est e di Pisanello, Rit rat t o di Giuliano de Medici di Bot t icelli e Madonna col Bambino di Giovanni Bellini, di fortunate circostanze del mercato antiquario che vide il Morelli con l'amico Frizzoni tra i protagonisti della formazione delle grandi raccolte europee di arte italiana. RACCOLTA GUSTAVO FRIZZONI Allievo di Morelli e st udioso d'art e di fama int ernazionale, svolse anche un'at t ivit à di espert o e consulent e del mercat o ant iquario, che lo port ò a collaborare alla formazione di alcuni import ant i musei anche est eri; egli ebbe un legame privilegiat o con l'Accademia Carrara curando il primo allest iment o della raccolta dell'amico Morelli nel 1891 e redigendo il primo catalogo delle Gallerie nel 1907. Il piccolo ma qualit at ivo legat o t est ament ario non rende cont o dell'import anza della sua raccolt a d'art e, dispersa t ra alt ri musei ed eredi nat urali: non appart eneva a lui ma ad un diverso ramo della famiglia il grande dipinto di Caterina Cornaro di Francesco Hayez commissionato direttamente all'artista nel 1842. RACCOLTA FRANCESCO BAGLIONI Membro della Commissaria dell'Accademia, più volt e President e e appassionat o d'art e, fu in st ret t a relazione con int endit ori locali come Pet robelli, Locat elli e Frizzoni; di lui si ricorda il primo cat alogo a st ampa dell'Accademia redat t o in collaborazione con Carlo Lochis; la sua raccolt a, fort e di quasi 200 pezzi t ra dipint i, miniat ure, bronzi ant ichi, ceramiche e mobili, è per la maggior part e esit o di un'attività collezionist ica "di famiglia", in buona part e risalent e a Andrea Baglioni che nel '700 fu genero dello st orico Francesco Maria Tassi e in cont at t o con int endit ori come Carrara e Marenzi; il rest o della collezione fu opera di Francesco Baglioni che riuscì a reperire opere import ant i come Bergognone, Previt ali e Cariani provenenti da raccolte ormai disperse tra cui spicca la straordinaria serie di Tarocchi di Bonifacio Bembo. da completare La donazione Federico Zeri: specificità della collezione Ulteriore spunto da cui ricavare spunt i ed occasioni di confront o è rappresent at o dalla collezione Federico Zeri; egli non si è mai definit o un vero e proprio collezionist a, ossia colui che si dedica a formare una collezione ben precisa seguendo uno schema ben det erminat o, in vist a della formazione di un insieme omogeneo e solit ament e con l'appoggio di t est i che ne codificano la st rut t ura; al cont rario le sue opere sono st at e acquist at e per curiosit à e perchè di sufficient e livello qualit at ivo. Il risult at o è che gli aut ori si sono present at i in seguit o alla let t ura di monografie e cat aloghi o addirit t ura nomi suggerit i da persone non attinenti alla scultura. Federico Zeri si sent iva in qualche misura coinvolt o nelle vicende dell'Accademia Carrara in quant o era affine alla sua fisionomia di collezionist a privat o, memore delle esperienze di conoscit ori come Guglielmo Lochis e Giovanni Morelli, nell'ot t ica di un'oscillazione t ra impegno pubblico e vocazione privat ist ica mai rinnegat a; da qui l'int enzione, poi chiarament e espressa nel suo t est ament o, di includere l'Accademia Carrara come dest inat ario di quella raccolt a di scult ure in modo t ale da colmare una lacuna reale della Pinacoteca. L'analisi è corret t a, dat o che la Carrara si configura davvero come un museo di sola pit t ura, come nelle t radizioni del collezionismo bergamasco; egli st esso aveva avut o modo di verificare, durant e una most ra nel 1989, la nat uralezza con cui le sue scult ure, raccolt e principalment e nell'area t osco-romana, si int egrassero al rest o del repert orio pit t orico già ospit e della Pinacot eca, nonost ant e avesse per lo più tutt'altra provenienza e t ut t 'alt ra collocazione st orica e linguist ica. Proprio quest a occasione di confront o e pot enzialit à di int egrazione furono l'occasione per convincerlo che nessun'alt ra dest inazione fosse più adat t a e con un esit o più "organico" della sua at t ivit à di collezionist a-conoscit ore; solo all'int erno dell'Accademia il suo personalissimo proget t o sarebbe st at o vist o in cont inuit à con i proget t i dei grandi conoscitori di cui si sentiva l'unico erede. Almeno due ragioni rendono quest a donazione di part icolare import anza: in primo luogo la qualit à nat uralment e int rinseca dei singoli ogget t i cost it uendo un arricchiment o fondament ale anche per le più celebri ist it uzioni specializzat e nel campo come Palazzo Venezia a Roma o il Vict or and Albert Museum a Londra. Nella propria villa di Ment ana in realt à Zeri raccoglieva,olt re alle scult ure, ogni genere di ogget t i: quadri di età barocca, arazzi, ricami medievali, mobili, tappeti antichi, mosaici e vetri art nouveau e molto altro; eppure i due più import ant i lascit i, ossia quello all'Accademia e ai Musei Vat icani, riguardano opere di scultura, a conferma dell'originalit à della sua donazione privilegiando opere che sono a lungo rimast e al di fuori degli int eressi del mondo collezionist ico come di quello accademico. Zeri non appart iene infat t i a quella generazione di collezionist i a lui vicini come Vit t orio Cini e Paul Get t y, dot at i di una not evole disponibilit à di mezzi, ma al cont rario la scarsit à di mezzi l'ha forse st imolat o a percorrere st rade nuove, non battute. La variet à e l'apparent e sist emat icit à sono fra gli aspet t i maggiorment e evident i della collezione; nondimeno è palese la preminenza che venne acquisendo negli anni il nucleo delle opere creat e a Roma nel corso del XVII e XVIII secolo; se è vero che mancano all'appello nomi come Gian Lorenzo Bernini e Alessandro Algardi, il gruppo di scult ure annovera una serie di presenze di assolut o rilievo: Nicolas Cordier, Pietro Bernini, Francois Duquesmoy e Domenico Guidi. Ogni scultura posseduta da Zeri diventa per lui una sorta di banco di prova per affrontare, da punti di vista insolit i e imprevist i, fondament ali problemi st oriografici, spesso rimast i fuori dalla sua produzione scient ifica: così i profili marinaliani e la loro ancora mist eriosa funzione originaria, le Accademie di Tommaso Righi e lo st udio delle incert ezze e delle ambiguit à divent ano t est imonianza del passaggio dal mondo tardobarocco a quello neoclassico; ognuna di queste opere, spezzando assestate gerarchie di valori st orici e collaudat i paramet ri di qualit à, viene recuperat a sul versant e figurat ivo un aspet t o sia pure marginale degli ultimi bagliori di una Roma cosmopolita capitale intellettuale. MINIATURE, VETRATE, DISEGNI (RACCOLTA BAGLIONI) In quest a raccolt a occupano un post o privilegiat o la serie dei Tarocchi di Bonifacio Bembo, acquist at a nell'800 da casa Colleoni; preziosi nella mat eria e nell'esecuzione e rarissimi per ant ichit à e conservazione, rappresentavano all'epoca pezzi da collezione, oggi un'autentica e compiuta opera d'arte. La loro scelt a ebbe probabilment e mot ivazioni est erne: ne è la riprova il fat t o che nella st essa raccolt a erano present i molt e alt re miniat ure di qualit à non omogenea, vandalicament e rit agliat e dai codici di appartenenza; ciò mette in luce la passione ottocentesca dell'oggetto bello perchè raro e antico, del quale si trascura o addirittura si distrugge la motivazione storica. Accant o ai t arocchi vi sono piccole miniat ure, immagine di un gust o cort ese che si avvia al t ramont o e t re rare vetrate dipinte di scuola tedesca. Nel suo complesso dunque la raccolt a di miniat ure non ha, come la quadreria, un carat t ere di organicit à e proprio quest o suo aspet t o rende il senso del t rascorrere del t empo, del perpet uarsi di una t radizione di collezionismo al di là dei limiti di ambienti e di gusto in cui la raccolta si era formata. BRONZO, FERRO, ARGENTO La collezione dei bronzi non ha carat t ere di organicit à e appare realizzat a mediant e acquist i connessi al variare della moda e delle esigenze dell'arredament o in quant o gli ult imi pezzi appart engono al più t ipico repertorio degli oggetti d'arredamento della casa ottocentesca. Nella raccolt a Baglioni si not a un carat t ere di sist emat icit à, carat t erist ica non comune per l'epoca, carat t ere che affonda le sue radici nella ment alit à st oricist ica, nella volont à di document azione che sembra dominare l'ambient e bergamasco del t empo; le opere infat t i hanno una precisa cont inuit à cronologica: si passa dalla scuola padovana tra '400 e '500, da Moderno a Severo da Ravenna al Riccio e poi la progressiva affermazione della scuola veneziana, dal manierismo fino al barocco. PORCELLANE All'inizio del '700 fu riscopert o la porcellana dura cinese e di conseguenza molt e manifat t ure europee (in Germania, in Aust ria, in It alia) si impegnarono in una produzione singolare in bilico t ra art e, art igianat o e manufat t o indust riale; la porcellana diveniva così part e int egrant e dell'arredament o della casa, espressione perfetta di un gusto rococò dell'epoca. Contemporaneamente aument a la qualit à est et ica degli ogget t i, così già nel '700 iniziavano a formarsi collezioni specializzat e nelle quali t rovavano spazio pezzi che l'int endit ore avvert iva come fuori dalle produzioni di mercato. Quest i element i aiut ano a comprendere la collezione di porcellane della raccolt a Baglioni, che non comprende capolavori assolut i, ma ben rappresent at ivi di un gust o. Nel '700 se non in rarissimi casi ossia per le produzioni di pochi maest ri conclamat i come Bust elli o Kandler, non esist eva una net t a dist inzione t ra ogget t o d'uso e ogget t o art ist ico, da collezione in quant o uguali esano repert orio, t ecnica esecut iva e termini linguistici. Oggi dunque quest e opere vanno let t e at t raverso una precisa coscienza dei valori di ambient azione e dei rapport i che al t empo int ercorrevano con gli alt ri element i dell'arredament o, comprendendone dunque il duplice carat t ere delle porcellane, in cui l'est ro dell'art efice, la bellezza della st esura cromat ica e la perfezione della fattura si pongono come unici elementi discriminanti tra artigianato e arte pura. ARTE ORIENTALE Una delle mode t ipicament e set t ecent esche fu quella delle cosiddet t e cineserie, moda che cominciò a manifest arsi non solo con la massiccia import azione dall'Est remo Orient e di ogget t i finit i (porcellane, lacche e set e), ma anche con veri e propri fenomeni di imit azione, dalla creazioni di giardini alla produzione di pitture e decorazioni alla maniera cinese, che non di rado sfociavano nel falso. Quest a t endenza è legat a anche al gust o del bizzarro, del pit t oresco, dell'esot ico, carat t erist ica della cult ura del t empo che port ò alla scopert a di una nuova forma di bellezza da cont rapporre al classicismo divenendo ben presto una componente fondamentale del gusto rococò. Sia a livello collezionist ico che di arredament o, quest a t endenza si risolve in una massiccia import azione in Europa di prodot t i orient ali, specie nelle forme ibride che ben si adat t avano al gust o occident ale, oggetti che le stesse manifatture cinesi e giapponesi producevano per soddisfare le esigenze di mercato. Gli ogget t i che appart engono alla raccolt a Baglioni non devono essere vist i dunque come ogget t i espressione di una civiltà orientale, ma si configurano come prodotti di mercato, sebbene fossero destinati ad un pubblico selezionat o e colt o; l'int eresse per quest i ogget t i è dovut o al fascino dell'esot ico, ricco di strane figurazioni di paesi lontani. Il valore di quest i ogget t i nella loro complessit à non st a t ant o nel t ramandare una complessa spirit ualit à che carat t erizza ancora oggi la produzione aut ent icament e orient ale, quant o i rapport i commerciali t ra culture differenti e talvolta molto lontane tra loro. MOBILIO Dato il carattere collezionistico e antiquario che la raccolta Baglioni venne ad assumere nel corso dell'800, molt o nat urale è che il gruppo di mobilio sia molt o modest o, in quant o la connessione di quest i ogget t i con il concret o arredament o della casa era ancora avvert it o come preminent e; nel legat o infat t i furono inclusi solo quei pezzi, t avoli console, t respoli, che avevano una funzionalit à, ossia servivano come supporti per bronzi e vetrine di porcellane e argenti. La tela dimenticata: l'Ultima Cena di Alessandro Allori Alessandro Allori è un art ist a fiorent ino at t ivo dalla seconda met à del '500 ai primi anni del '600; si forma presso la bot t ega del not o manierist a fiorent ino Agnolo di Cosimo det t o il Bronzino dal quale si st acca ben presto influenzato dallo stile di Michelangelo e Raffaello. Dal 1576 diventa pittore ufficiale della Corte dei Medici oltre che Responsabile arazziere della manifattura Medicea di Firenze di cui disegna cart oni preparat ori per la filat ura di preziosi arazzi. Al servizio dell'esigent e cort e medicea Allori si dest reggia nella realizzazione di affreschi, dipint i su t ela, arazzi, lavorando per not evoli mecenat i e benefat t ori dei più celebri pit t ori rinasciment ali ed assidui frequent at ori dei cenacoli dell'Umanesimo (influssi di Poliziano nella let t erat ura e Marsilio Ficino nella filosofia) di cui condividono la ripresa dell'ant ico binomio classico negot ium-ot ium: impegno quot idiano nelle at t ivit à lavorat ive abbinat o ad una rigenerazione derivant e dal cont at t o con le bellezze dell'art e e del sapere. Fra le richiest e forest iere vi è quella dei nove arazzi raffigurant i I Mist eri di Maria, realizzat i su commissione della Congregazione della Misericordia per la Basilica di Sant a Maria Maggiore di Bergamo (1583-86): opere quest e che evidenziano nel disegno dei corpi l'influenza di Michelangelo, ment re per le numerose nat ure mort e e gli ornament i indicano una conoscenza delle cosiddet t e decorazioni "grot t esche" della cerchia romana di Raffaello e anche il manierismo della sinuosa grafica del suo maestro Bronzino. La sua at t it udine art ist ica per il genere della nat ura mort a fa si che egli impieghi element i decorat ivo per creare nei suoi dipint i inserit i in brani nat uralist ici e fregi modellat i a cronice, come si può const at are prima nell'incarico per Santa Maria Maggiore e poi per Astino. La grande opera, avent e come t ema una Ult ima Cena, fu infatti commissionat a all'Allori nel 1580 da Don Calist o Solari, abat e del monast ero di Ast ino di Bergamo il cui sogget t o è adeguat o al luogo di collocazione: il refet t orio dei monaci in cui mangiavano medit ando sui messaggi t ramandat i dalle Sacre Scritture. L'opera ad olio su tela, inviata da Firenze nel 1583, viene posta in loco e li vi rimane fino alla soppressione del monast ero e la conseguent e confisca dei beni, operazione at t uat a nel 1798 per volont à del neogoverno napoleonico poi cisalpino che ne decide la sist emazione nel salone del Municipio di Bergamo (l'at t uale Palazzo della Ragione in Piazza Vecchia), allora sede del governo in Cit t à Alt a. Nel suo plurisecolare oblio (fu infat t i t enut a per molt o t empo nel Salone delle Capriat e in Palazzo della Ragione a 6met ri d'alt ezza, così che nessuno l'avrebbe vist a vist o che nel frat t empo la sede del governo e di t ut t e le funzioni amminist rat ive si era spost at a nella Cit t à Bassa e dunque il Palazzo della Ragione era quasi completamente abbandonato. Fu solo in occasione dei rest auri dell'Accademia Carrara nel 2006 che si decise di creare una sede provvisoria per le opere che a rot azione sarebbero st at e espost e in Palazzo della Ragione; l'opera fu riscopert a e Credit o Bergamasco se ne assunse gli oneri del rest auro, operazione quest a che port ò a scoprire in quest 'Ult ima Cena un'opera part icolare e di pregio per la ricchezza di part icolari, i suoi rimandi simbolici e i "finissimi colori" brillanti di stampo manierista e caratteristica dell'autore stesso. Dal punt o di vist a composit ivo l'art ist a di orient a su un precedent e celebre dipint o fiorent ino: l'affresco dell'Ult ima Cena di Andrea del Sart o del 1525 circa per il refet t orio del Convent o di San Salvi; lo schema è prat icament e ident ico soprat t ut t o per le pose delle figure sul versant e dest ro della t avolat a, ment re si differenzia per lo sfondo che prevede solo gli scranni lignei per gli apost oli (a differenza della cost ruzione archit et t onica di Andrea del Sart o) permet t endo così di concent rare l'at t enzione sul sogget t o principale, senza distrazioni come nell'esempio fiorentino. Un'altra significativa differenza si nota nella decorazione della tavolata che in Andrea del Sarto si presenta prat icament e spoglia, ment re nell'Allori è volut ament e raffinat a: uno ricco servizio di maioliche, fit t ament e ornat o a "st rument i musicali" secondo gli st ilemi prodot t i dalle coeve bot t eghe di Urbino e nei bicchieri di manifat t ura veneziana; l'element o più import ant e è però la ricchissima simbologia dei variegati alimenti disposti sulla tavola. Dal punt o di vist a della scena rappresent at a l'event o raffigurat o è duplice: Gesù annuncia che uno degli apost oli lo t radirà e nella scena dunque si vede Piet ro (a sinist ra di Giuda) incredulo con gli occhi sbarrat i e Giovanni che domanda "Chi è il t radit ore?" che Gesù ident ifica rispondendo "E' colui per il quale at t ingerò un boccone e glielo darò" (riferiment o è al Vangelo di Giovanni) che infat t i egli t iene in mano e che st a per int ingere nel bicchiere di Giuda alla sua sinist ra; accant o a quest a scena cent rale vi è un'evident e gest ualit à degli apost oli sulla dest ra della t ela che conferiscono moviment o alla scena in una sort a di passaparola con il quale si chiedono chi sia il t radit ore; l'Allori descrive l'episodio focalizzandosi e conferendo evidente gestualità alle mani del terzetto centrale ossia, da destra, Giovanni, Gesù e Giuda. Molt i personaggi non sono ancora st at i ident ificat i e solo con un'analisi più approfondit a della simbologia con la quale ogni apost olo viene solit ament e raffigurat o si pot rà fare chiarezza sull'ident it à dei personaggi. Come già det t o, isolando la t avola apparecchiat a dal rest o del dipint o si delinea una sort a di "quadro nel quadro": un'allegorica nat ura mort a, accurat ament e dipint a per svelare i delicat i significat i allusivi di ogni elemento raffigurato. L'opera dell'Allori è st at a definit a un "past o magro" dai crit ici per l'assenza di carne d'agnello, è plasmat a secondo il rit o pasquale ebraico ed è compost a da molt i element i simbolici, t ut t i inserit i in un cont est o iconologico connesso al tema della Passione di Cristo ed al Sacrificio eucaristico. CAPPERO - nella Bibbia ed in part icolare nell'Ant ico Test ament o il Re Salomone lo indica come simbolo della difficolt à e della fugacit à della vit a, poichè l'arbust o spinoso sbuca a fat ica t ra le rocce ed il suo fiore sopravvive solo per un giorno; CASTAGNA - quando viene abbinata a Gesù è simbolo di Resurrezione perchè l'albero ha la caratteristica di germogliare subito dopo essere stato tagliato; CEDRO - frut t o aspro, veniva considerat o nel Medioevo un rimedio efficace cont ro i veleni; viene ricordato dagli scrit t i crist iani come "farmaco dell'immort alit à" donat o da Crist o ai credent i ed in t ale funzione è sinonimo dell'Eucarestia intesa come antidoto contro la morte; DATTERO - è il frut t o del robust o albero della palma e pert ant o è l'emblema crist iano dell'annucio del mart irio est remo, cui segue il t rionfo sulla mort e fisica; il frut t o è anche simbolo della fort ezza d'animo e della dolcezza infinita di Gesù; FINOCCHIO FIORITO - viene associato metaforicamente alla morte e Resurrezione dell'anima umana; GAROFANO - è simbolo sia dell'Amore Divino che di quello t erreno (unione mat rimoniale) ed anche emblema di fedelt à. Quando il fiore è rosso si associa al sangue versat o di Gesù, ment re in alt re raffigurazioni la forma dei suoi stami ricorda i chiodi della Crocifissione; GILGIO - quando viene abbinat o a Gesù è met afora della purezza immacolat a dell'Eucarest ia ed è anche immagine dell'abbandono mistico dell'essere umano alla Grazia di Dio; MANDORLA - è un frut t o racchiuso in un guscio e di conseguenza la scorza è met afora del Tabernacolo che conserva l'Eucarest ia; è anche simbolo della nat ura divina di Gesù nascost a in una forma umana e dunque è anche immagine dell'Incarnazione di Gesù; MELA COTOGNA - quando è in relazione a Gesù è simbolo della sua mediazione per la Resurrezione e Redenzione; OLIVA - si fa riferiment o all'albero di ulivo e quindi all'Orazione sul Mont e del Get semani ed alla conseguente Passione; è anche simbolo di pace ed alleanza tra Dio e gli uomini; PANE - in quest o dipint o è present e più volt e in varie forme sul t avolo (cialde azzime arrot olat e, pagnot t a spezzata) essendo simbolo dell'ostia, Corpo di Cristo per la Messa eucaristica; PERA - quando è abbinat a a Gesù il suo sapore molt o dolce divent a met afora della bont à divina del Figlio di Dio; PINOLO - è emblema di eternità in quanto il pino di cui è frutto è un albero secolare e sempreverde; ROSA CENTIFOGLIA - è un tipico simbolo mariano, ma in relazione a Gesù è metafora del suo martirio e del sangue versato nella sua Passione; VINO - di colore rosso e bianco (come l'uva nera e bianca) è met afora della mort e e Resurrezione di Gesù olt re che simbolo eucarist ico; inolt re viene anche celebrat o come un dono di Dio che "alliet a il cuore dell'uomo"; VIOLETTA - il suo colore rimanda e diventa simbolo del sangue di Cristo versato nella Passione. 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