SOFIA RAGLIO (3 LICEO CLASSICO MANIN) - È

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SOFIA RAGLIO (3 LICEO CLASSICO MANIN) - È il 27 marzo, Teatro Ponchielli, affluenza non
degna dello spettacolo in scena. Calano le luci, e non soltanto sulla platea. Calano le luci sulle menti
degli spettatori, si crea quell’atmosfera noir che solo l’abisso del male può creare. Gli attori in scena
sono Laura Marinoni e Valter Malosti, che dialogano con densi monologhi di intensa
interpretazione. I due si scambiano personaggi e ruoli come se il vero palco fossero le loro fantasie
dentro la distante e disadorna stanza d’ospedale, dove il mondo esterno, non è altro che il riflesso di
un mondo interiore, misterioso e controverso, affascinante nella sua brutalità. Personaggi per i quali
i corpi non sono altro che maschere intercambiabili, le virtù patetiche recite, le parole pretesti per
una seduzione spudorata. Sono proprio le parole, fin dall’inizio, a condurre il pubblico nell’oscurità
delirante di una donna che non desidera altro che la fine e che la attende immersa nelle sue folli
fantasie, nelle quali avviene il lento imputridirsi di ogni virtù in peccato e di ogni sentimento in
cinismo, parole poetiche, ognuna delle quali scava in profondità, filosofie equivoche, screditate da
un continuo sorpassarsi tra corpo e mente. L’uso delle luci e delle musiche risulta imprescindibile
per creare le suggestioni di scene molteplici in una scenografia statica e sottolineare il divario tra
parola e azione, apparenze continuamente infrante, che ha imprigionato l’attenzione del pubblico.
Questo spettacolo è stato la dimostrazione di quanto la geniale drammaturgia di Müller,
accompagnata dall’eccezionale regia di Malosti, siano perfettamente in grado di sostenere uno
spettacolo, senza bisogno di tanti fronzoli, lasciando allo spettatore grande intensità di emozione,
spunto di riflessione e soprattutto libertà di interpretazione.
CRISTINA MORRA (4 LICEO SCIENTIFICO ASELLI) - Non è facile dare un giudizio a uno
spettacolo come quello presentato da Valter Malosti al teatro Ponchielli la sera del 27 marzo:
‘Quartett’, versione italiana del dramma di Heiner Muller, è indubbiamente un’opera di grande
intensità filosofica e psicologica, è incentrata su un dialogo serrato, un vero e proprio flusso di
parole, che non lascia tempo per pensare,se non altro per non perdersi nemmeno un attimo di quel
complesso e affascinante scambio di battute tra i personaggi. Questi ultimi sono la marchesa de
Merteuil (interpretata in maniera sublime da Laura Marinoni) e il visconte di Valmont (lo stesso
Valter Malosti), ovvero i due libertini che due secoli fa furono ideati da De Laclos ne ‘Le relazioni
pericolose’. È come se fin dall’inizio si venisse trascinati, attraverso i dialoghi, appunto, nella mente
perversa di questi spietati individui, intenti a portare a termine i propri piani di conquista e
seduzione (che poi si rivelano sconcertanti giochi di ruolo) e pronti ad usare ogni abilità retorica e a
calpestare ogni sorta di scrupolo pur di riuscirci. I due personaggi sembrano trovare soddisfazione
nel fingere di essere qualcun altro, donna o uomo che sia, è come uno svago in cui cercano di
dimostrare il proprio potere e supremazia e che i due potrebbero condividere solo con l’altro: è in
questa somiglianza che sta la loro in fondo tenera interdipendenza. La conquista (con ogni mezzo,
senza esclusione di colpi) come prova di superiorità assoluta, che già era il tema centrale dell’opera
di Muller, viene mantenuto quindi da Malosti che utilizza anche le indicazioni fornite dall’autore
tedesco per costruire una scena evocativa come suggerito dalle indicazioni sceniche fornite da
Muller : un salotto prima della rivoluzione francese e un bunker dopo la terza guerra mondiale. La
violenza mossa dalla fame di potere è insita nella natura umana, non conosce tempo né distinzione
di sesso, è insomma qualcosa di necessario e nell’opera lo si potrebbe intuire anche dalla negazione
esplicita che i personaggi fanno del concetto di anima e di virtù: tutto è riconducibile al corpo e non
esiste un’altra vita dopo la morte. ‘Quartett’ non è certamente un’opera semplice né da seguire né
da comprendere, tuttavia è debito dire che,pur non capendone a fondo ogni aspetto, rimane
impressa, spinge a volerne svelare le intenzioni più nascoste, lascia il segno.
NICCOLO’ BONSERI (2 GINNASIO LICEO CLASSICO MANIN) - Il messaggio forte che
questa rappresentazione di Quartett di Heiner Müller per la regia di Malosti andata in scena il 27
marzo al Ponchielli porta con sé sbigottisce e fa tremare il pubblico talvolta un po’ conservatore.
Scambi di sesso e il piacere fine a se stesso rappresentato come fugace via di scampo dalla vita
fanno da padroni a questa pièce dai toni noir. La vita libertina dei due aristocratici di Laclos viene
trasformata in un’esistenza dissipata e di perdizione assoluta sullo sfondo ancora più drammatico di
un mondo devastato e messo in ginocchio da una terza guerra mondiale. Questa atmosfera cupa e
opprimente si riflette sulle vite dei due nobili crudeli e cinici, Merteuil (Laura Marinoni) e Valmont
(Valter Malosti), che si presentano vuoti di qualsiasi sentimento umano e in preda alla paura del
destino che li attende. Protagonista di questo dramma è anche lo scambio di identità tra gli
oppressori feroci e le loro vittime e l’irrilevanza della distinzione tra i sessi che al giorno d’oggi è
mantenuta per tradizione; chiave di volta dello spettacolo diviene dunque l’avvicendarsi sulla scena
di quattro personaggi interpretati da due attori soltanto. La condensazione nello spettacolo di molte
citazioni rende spesso lo svolgersi delle scene difficile da seguire e pesante da sostenere e da
affrontare, allo spettatore danno tuttavia un momento di respiro le interruzioni brechtiane della
recitazione che mantengono anche un profilo distaccato tra sala e scena. Assistiamo dunque al
rapporto di amore-dipendenza tra i due nobili che però non è compreso dagli stessi se non sul finire
della vicenda, costoro negando a se stessi i sentimenti reciproci si lanciano a vicenda commenti
taglienti che li inducono a ricercare un vuoto piacere sessuale; è così che Merteuil si trasforma in
Valmont che corteggia brutalmente Tourvel (Valmont), donna sposata e pia, e successivamente con
un nuovo cambio di identità Valmont si rifugia nelle lenzuola della giovane vergine Volanges
(Merteuil) in una scena che rasenta la pornografia. La vicenda intera si svolge in una stanza
d’ospedale dall’aria livida e grave chiusa da una reta sulla quarta parete e con una finestra che è
specchio della psiche dei personaggi, gli attori sono accompagnati in questa esperienza dalle note di
Wagner e Beethoven.
NICCOLO’ SAVARESI (5 LICEO CLASSICO MANIN) - Quartett non è stato uno spettacolo
qualunque; è stato un tutto. Ha creato un piccolo mondo surreale e straniante, in cui ogni minimo
particolare della messa inscena si fondeva con il resto e, allora, la recitazione era inseparabile dalla
musica (azzeccatissima), le luci fondamentali per la scenografia, non lasciando nulla al caso e
immergendo il pubblico in un’esperienza quasi concreta, tangibile. Gli attori (Laura Marinoni e
Valter Malosti) sono stati perfetti per le loro parti; credibili e sfacciati, hanno salvato lo spettacolo
dal diventare schiavo della sua profondità e una seriosa esibizione di talento. I loro personaggi sono
figure insicure, che si amano e si odiano al tempo stesso, ma che necessariamente tornano l’uno
dall’altra, per dare un senso alla propria esistenza e credere di far parte di un mondo a cui non
appartengono. L’Amore messo in scena non è il solito ideale: è una seduzione sensuale e fatale, che
non porta vita, ma morte, fisica e morale. La spietatezza e l’oscuro potere dei personaggi, però, è
nascosto all’inizio: sembrano ridicole glorie del passato, vestite come aristocratici settecenteschi,
che si ritrovano in un ospizio a rivivere i bei tempi andati. Ma nel corso dello spettacolo si
trasformano e in questa trasfigurazione svelano un lato terribile e miserabile della loro natura, che
affascina e commuove lo spettatore. La crudezza e la forza delle scene vivificano lo spettacolo e
non falliscono nel colpire il pubblico, generando un senso di sorpresa, che rischia di sfociare nello
scandalo. Non ci potrebbe essere, però, miglior resa di forze istintive e feroci, come quelle che
dominano i protagonisti. Peccato, che la proposta della piece non abbia attirato molti spettatori,
lasciando diversi posti del teatro vuoti. Tuttavia, i presenti ricorderanno sicuramente a lungo la
penetrante esibizione di Quartett.
SOFIA POLITI (3 SUP LICEO CLASSICO MANIN) - Al Teatro A. Ponchielli,nella serata di
giovedì 27 marzo, è andato in scena:” Quartett” di Muller, diretto da Valter Malosti,
contemporaneamente attore nello spettacolo assieme a Laura Marinoni. I due bravissimi interpreti
hanno allietato la serata con uno spettacolo costruito alla perfezione,ad opera di un regista colto e
raffinato e della drammaturgia davvero geniale di Agnese Grieco,che ha unito critiche mirate ad una
sottesa ironia. Il dialogo ha fatto da leader all'intero spettacolo,così come l'espediente del
metateatro,che è riuscito a rendere tutti partecipi nell'incapacità di discernere chi fosse l'uomo e chi
la donna,tanto i piani venivano ad intrecciarsi. Una questione di maschere,in fondo,questo scambio
di ruoli,che non ha reso possibile agli spettatori né la distinzione tra i due sessi né tra sogno e realtà.
Lo specchio è utilizzato come mezzo veritativo,ed è esso che riporta i viziosi Merteuil e Valmont a
rivedersi,ormai vecchi,a giocare,in modo serio,con l'erotismo. Dissolutezza mai volgare,comica in
più punti,sia nelle parti narrate sia in quelle inscenate fisicamente,che ricordavano la vecchia
pellicola di un film. Ben riusciti i cambi repentini di luci e la scenografia,molto adatta a creare
contrasti con i temi trattati,ma allo stesso a fare da seguito all'intera vicenda,ribaltandola sul finale.
Una nota di merito va di nuovo ai testi,che sono riusciti ad esprimere fortemente quel senso di
empietà che permea tutti gli uomini,i quali non riescono spesso a resistere alle tentazioni
terrene,anche se la loro maschera rivela il contrario. Al termine della serata il pubblico ha celebrato
la bravura degli attori e dell'opera in sé con numerosi giri di applausi,dando un' occhiata all'orologio
per rendersi conto della velocità con cui i 70 minuti erano trascorsi.
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