INDICE
I – CAPITOLO PRIMO
IL FENOMENO DELL’INDUSTRIAL DESIGN
1.
2.
3.
4.
La definizione dell’industrial design
pag. 1
La storia dell’industrial design
pag. 2
L’istituto dell’autodisciplina del design
pag. 4
Le possibili forme di tutela del design nel diritto internazionale, comunitario e
nazionale
pag. 5
II – CAPITOLO SECONDO
LA TUTELA DEL DESIGN NEL CODICE DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE
1.
2.
3.
4.
I requisiti di protezione
La fattispecie costitutiva e l’oggetto della registrazione
L’attribuzione del diritto di registrazione e i diritti esclusivi
La durata della protezione
pag.11
pag.31
pag.36
pag.41
III – CAPITOLO TERZO
A. PROFILI GENERALI DELLA TUTELA D’AUTORE
1.
2.
3.
4.
5.
6.
I requisiti di protezione
La fattispecie costitutiva
Le tecniche di protezione
I diritti patrimoniali e morali
La durata della protezione
Le opere del dipendente
pag.43
pag.49
pag.51
pag.54
pag.72
pag.74
B. LA TUTELA D’AUTORE NEL DESIGN
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
I requisiti di protezione
La fattispecie costitutiva
Le tecniche di protezione
I diritti patrimoniali e morali
La durata della protezione
Le opere del dipendente
Le questioni transitorie
pag.79
pag.96
pag.98
pag.99
pag.101
pag.102
pag.103
I
IV - CAPITOLO QUARTO
CUMULO, CONFRONTO DELLE DUE PROTEZIONI ED IPERPROTEZIONE
1.
Il principio del cumulo delle protezioni nel sistema comunitario
pag.107
2.
La nozione di cumulo nell’ordinamento giuridico italiano
pag.110
3.
La titolarità e la circolazione dei diritti oggetto di cumulo
pag.114
4.
L’ampiezza dei diritti in capo al cessionario
pag.115
5.
I vantaggi del cumulo
pag.118
Bibliografia
pag.121
II
I - CAPITOLO PRIMO
IL FENOMENO DELL’INDUSTRIAL DESIGN
Sommario: 1. La definizione dell’industrial design; - 2. La storia dell’industrial design;
- 3. L’istituto di autodisciplina del design; - 4. Le possibili forme di tutela del design nel
diritto internazionale, comunitario e nazionale.
1. La presente tesi si occupa della disciplina giuridica di quegli oggetti da
produrre tramite macchinari ed in serie, che sono costruiti per essere quotidianamente
usati e che per la forma che li caratterizza appagano il senso estetico di chi ne fa
impiego, come i prodotti dell’arredamento (tavoli poltrone, lampade, bicchieri,
stoviglie, elettrodomestici, tappeti, tappezzerie, tendaggi, ceramiche), della tecnica
industriale (automobili e macchine utensili in genere), i giocattoli o i prodotti della
lavorazione del cuoio, del legno e del metallo.
Tradizionalmente lo scopo della progettazione industriale era di creare oggetti
aventi una destinazione pratica e nello stesso tempo connotati da una forma piacevole
ed esteticamente apprezzabile. La ricerca di una sempre più efficiente funzionalità
doveva quindi fondersi con lo scopo di creare una forma sempre più gradevole. Parte
della dottrina1 ritiene tuttavia che questa concezione sia riduttiva poiché esclude
dall’ambito del disegno industriale sia gli oggetti che presentano una forma esteriore
non qualificabile come gradevole o esteticamente apprezzabile, sia quelli che vengono
realizzati senza avvalersi di macchinari per la produzione in serie standardizzata e
giudica più corretta ed esaustiva la nozione adottata dall’ICSID2 nel 1961. Secondo
questo organismo internazionale, il disegno industriale è definito come «la
progettazione della forma del prodotto attraverso il coordinamento, l’integrazione e
l’articolazione di tutti i fattori che partecipano al suo processo costitutivo, sia che
riguardino l’utilizzo, la fruizione e il consumo, sia che siano relativi alla sua
realizzazione e produzione». L’attività di progettazione industriale consiste nel
coordinare, integrare e articolare tutti quei fattori che partecipano al processo costitutivo
della forma del prodotto.
La definizione adottata dall’ICSID è condivisa anche dal legislatore
comunitario, segnatamente nella direttiva 98/71/CE del Parlamento e del Consiglio
europeo del 13 ottobre 1998 sulla protezione giuridica dei disegni e dei modelli
industriali e nel regolamento CE 02/6 del 12 dicembre 2001 sui disegni e modelli
comunitari. Sia l’art. 1, lettera a) della direttiva 98/71/CE che l’art. 3, lettera a), del
regolamento, definiscono il concetto di disegno o modello affermando che per esso si
intende «l’aspetto dell’intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare,
dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura
superficiale, dei materiali del prodotto stesso e del suo ornamento». Per industrial
design si intende dunque la forma esterna e visibile di un determinato prodotto
1
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 2.
2
L’ICSID e l’ICOGRADA sono i due organismi che raccolgono e coordinano in campo
internazionale le associazioni che, nei diversi paesi di origine, si occupano di design in senso lato, ma, in
modo più specifico della protezione di designer. L’ICSID, acronimo di International council of societies
of industrial design, è nata alla fine degli anni cinquanta. L’ICOGRADA, International council of graphic
design associations poco dopo, nel 1963.
1
industriale o artigianale quale sintesi dei fattori tecnologici, produttivi ed economici
propri di un determinato contesto storico e geografico.
Questa definizione è stata trasposta, a livello nazionale, nel testo dell’art. 31
dell’attuale codice dei diritti di proprietà industriale (d’ora innanzi: cpi).
L’espressione disegno industriale comprende certamente disegni
bidimensionali e modelli tridimensionali3.
Poiché l’oggetto del disegno è la creazione di oggetti prodotti meccanicamente
in serie, il fenomeno dell’industrial design risulta fortemente legato all’evoluzione della
tecnica. Ciò però non significa che il compito del designer si riduce alla progettazione di
oggetti nei limiti delle possibilità offerte dalla tecnologia e dalle condizioni
economiche; al contrario egli deve cercare di superare questi confini.
La definizione di design, focalizzata sull’aspetto esteriore di un oggetto, coglie
appieno un fenomeno che si è manifestato nella realtà contemporanea: l’affermazione
della rilevanza della forma sia tra i fattori progettuali e produttivi, sia tra le motivazioni
dell’acquisto da parte dei consumatori. Il consumatore sceglie, infatti, di circondarsi di
oggetti che non siano soltanto funzionali allo scopo per il quale sono progettati ma che
abbiano anche un aspetto esteticamente apprezzabile. L’importanza della forma si è
estesa progressivamente a tutte le categorie di prodotti sia di largo consumo che di
lusso.
2. L’origine del disegno industriale si ricollega al fenomeno della cd.
rivoluzione industriale. Essa nacque storicamente in Inghilterra, intorno alla metta
dell’ottocento4, e fu determinata dapprima dall’introduzione della macchina a vapore e
dalla meccanizzazione dell’industria tessile e successivamente dallo sviluppo di quella
siderurgica e meccanica. Successivamente divenne un fenomeno che coinvolse tutti i
paesi dell’Europa continentale. I forti costi di impianto e l’alto numero di merci
prodotte imposero la ricerca di un mercato sempre più vasto attraverso la
pubblicizzazione delle merci. Nel 1851 fu allestita nel Crystal Palace di Londra la
famosa esposizione dei prodotti industriali di tutte le nazioni. L’esposizione, con il suo
vasto repertorio di novità industriali, si rivelò un grande successo dal punto di vista
commerciale e tecnico. Nel Crystal Palace erano esposte le più disparate categorie di
prodotti: macchinari, macchine a vapore, locomotive, suppellettili di uso comune. Tutti i
prodotti industriali venivano presentati nei diversi stili nazionali ed in essi mancava
qualunque congruenza fra decorazione e funzione. Se, da un lato, la necessità storica
rendeva inevitabile il prevalere degli oggetti seriali, dall’altro si cercava di nobilitare la
produzione con eccessi decorativi fino alla creazione di pezzi eccezionali e molto
elaborati.
La prima reazione all’invasione del prodotto di serie avvenne in Inghilterra e
portò il nome dell’ideologo socialista William Morris. L’artista riconosceva la scadente
3
DALLE VEDOVE, Dal modello ornamentali all’industrial design, in IDA 2001, 341; SPADA,
Industrial design e opere d’arte applicate all’industria, in Riv. dir. civ. 2002, 267; SANNA, sub
Introduzione tit. III l.m.i., in L.C .UBERTAZZI, Commentario breve al diritto della concorrenza, CEDAM,
Padova, 2004, 1072 (in senso dubitativo si era invece espresso FABIANI, Rivoluzione nella protezione
dell’arte applicata e del disegno industriale, in IDA 2001, 183). In giurisprudenza: Trib. Milano, ord. 15
dicembre 2006, in AIDA 2007, 1066; Trib. Milano, ord. 28 novembre 2006, in AIDA 2007, 1180.
4
Intorno alla metà del XIX secolo l’Inghilterra si presentava come la nazione più potente e più
prospera del mondo occidentale. Nel 1829, T. Carlyle affermò: ‹‹La nostra età è quella della macchina, in
tutta la compiutezza del termine›› e propose di chiamare industrialismo la speciale civiltà che si stava
formando.
2
qualità estetica dei prodotti industriali e suggeriva un nuovo rapporto tra arte e società5.
I propositi di Morris trovarono l’assenso e la concreta collaborazione del gruppo dei
preraffaelliti.
Nel 1861 Morris promosse un movimento che attraverso i prodotti della ditta
“Morris, Marshall, Faulkner and Co.” incentivava il ritorno al lavoro manuale e
identificava nella figura dell’artigiano medievale il modello da seguire. Intorno agli anni
ottanta egli aderì al movimento dell’Art and Crafts, corporazione di arte e mestieri che
si proponeva di tenere in vita e incentivare il lavoro manuale applicato alle arti
decorative. Da questo momento Morris indirizzò le proprie energie al sostegno delle arti
applicate all’industria riconoscendo il valore della progettazione e la dignità del disegno
industriale.
Accanto all’Art and Crafts di Morris, altri eventi testimoniarono la tendenza ad
attribuire qualità estetica al disegno industriale: a Londra si inaugurò nel 1872 il Museo
di South Kensington che, in seguito, verrà denominato Victoria and Albert Museum. La
sua particolarità consisteva nell’essere il primo museo europeo di arti decorative a
disporre di collezioni di studio e di una biblioteca aperta agli studenti dell’annessa
scuola. Il museo di South Kensington divenne il modello dei successivi musei di arte e
industria di Lione (1858) e di Arti decorative di Parigi, Vienna, Berlino e Amburgo.
La particolare visione del rapporto tra arte e artigianato di Morris, condivisa da
Ruskin, pose le basi dell’Art Nouveau, il movimento artistico che interessò le arti
figurative, l’architettura e le arti applicate all’industria in tutta Europa e negli Stati Uniti
tra il 1890 e la prima guerra mondiale. Si trattava di un movimento corale che assumeva
denominazioni e peculiarità locali: in Gran Bretagna sarà detto Modern Style,
Sezessionstil in Austria, Jugendstil in Germania, in Italia Liberty o Stile floreale, in
Spagna Arte modernista. Il manifesto dell’Art Nouveau è riassunto in poche righe,
scritte nel 1902, della rivista “Arte decorativa e moderna”: ‹‹Occorre che l’arte penetri
dappertutto, che porti nel più umile oggetto il suo marchio e il suo fascino, orni tutte le
forme materiali dell’esistenza, occorre che dalle cornici di un quadro a un braccialetto,
dalla sedia al tappeto ogni cosa porti un’impronta e un sorriso d’arte››.
Nel 1919 Walter Gropius fondò a Weimar la Bauhaus. Questa scuola si
proponeva di abbattere il muro che teneva separata l’arte dall’industria, portando a
compimento il lavoro iniziato da Morris. L’arte avrebbe dovuto pervadere tutti i campi
al fine di concorrere ad elevare il tenore di vita degli uomini6.
Con la grande crisi del 1929 e l’avvento di Hitler al potere, il centro di
elaborazione dell’industrial design si spostò negli Stati Uniti dapprima con l’Institute of
Design of Chicago, fondato da Moholy-Nagy, poi con l’insegnamento del design al
5
‹‹Tutti coloro che dichiarano di ritenere che il problema dell’arte e delle sculture abbia la
precedenza sul problema del coltello e della forchetta non capiscono cosa significhi arte. Dobbiamo
ricordare che la civiltà ha ridotto il lavorare ad un esistenza così miserabile e pietosa che difficilmente
egli riesce a concepire il desiderio di una vita molto diversa da quella che ora sopporta per necessità. È
compito dell’arte esporgli il vero ideale di una vita piena e razionale, una vita nella quale il sentimento e
la creazione della bellezza, il godimento del vero piacere cioè, saranno sentite come necessarie all’uomo
quanto il piacere quotidiano››.
6
Nel programma di questa scuola l’arte si sosteneva che «in precedenza si era data alla
funzione dell’arte un’importanza formale che la scindeva dalla nostra esistenza di tutti i giorni, mentre
l’arte è sempre presente quando un popolo sincero e sano vive. Il compito che ci spetta è perciò di
inventare un nuovo sistema di educazione che possa condurre ad una completa conoscenza dei bisogni
umani e ad una universale percezione di essi. Così il nostro compito è di formare un nuovo artista creatore
e capace di intendere qualunque genere di bisogno; non perché sia un prodigio, ma perché sappia
accostarsi alle umane necessità secondo un ben preciso metodo».
3
Massachusetts Institute of Technology di Cambridge e all’Illinois Institute of
Technology di Chicago. Nel dopoguerra, in quasi tutti i paesi industrialmente avanzati si
aprirono scuole di industrial design delle quali la più celebre è forse la Hochschule fur
Gestaltung fondata nel 1954 a Ulm da Max Bill, mentre l’industrial design è divenuto
una disciplina universalmente accettata sia dagli ambienti artistici che da quelli
produttivi.
Tra i più noti designers di questo dopoguerra ricordiamo, per gli Stati Uniti Ch.
Eames, G. Nelson, H. Bertoia, E. Noyes, per la Gran Bretagna M. Black, N. Ward, R.
Cantor, per la Germania W. Wagenfeld, H. Gugelot, C. Pott, per la Danimarca A.
Jacobsen, per la Finlandia T. Wirkkalay ed E. Erlow, per l’Italia F. Albini, B. Munari,
E.N. Rogers, A. e P. Castiglioni, M. Zanuso, E. Mari.
3. Nel 1992 Confindustria e ADI (Associazione per il disegno industriale)
hanno creato un ente privato, il Giurì del design, con il compito di garantire l’originalità
delle opere del disegno industriale e di reprimere le imitazioni e i comportamenti sleali.
Il Giurì è composto da 15 membri tra i quali giuristi, imprenditori, designer ed esperti in
marketing. Il primo presidente fu Remo Franceschelli, attualmente lo presiede
l’avvocato Lorenzo Biglia.
Trattandosi di un ente privato le pronunce del Giurì non sono vere e proprie
sentenze, né hanno valore vincolante per le parti. Si tratta di semplici determinazioni.
Le parti possono scegliere se adeguarsi alle pronunce del Giurì oppure rivolgersi al
tribunale per ottenere tutela in tale sede. Le decisioni sono assunte con un quorum di sei
componenti. Nella prassi, tuttavia, si è sempre raggiunta l’unanimità e raramente è stata
promossa l’azione davanti al tribunale.
L’attività del Giurì si basa su un codice di autodisciplina che contiene due
regole fondamentali: la definizione di design e l’individuazione dei comportamenti
scorretti. Tutto il codice si basa sul principio che le creazioni del disegno industriale
devono essere realizzate con prestazioni proprie senza imitazioni o comportamenti
sleali. L’art. 3 definisce il disegno industriale come l’ideazione, la progettazione, la
produzione e la commercializzazione di oggetti, strumenti, macchine, parti o accessori,
disegni di superfici o altro, secondo forme esteticamente e funzionalmente coerenti.
L’art. 4 definisce come sleale l’imitazione o lo sfruttamento abusivo o senza causa del
risultato del lavoro altrui. In particolare è considerata sleale la ripresa di un’altrui
prestazione, senza apporto originale o innovativo, con sfruttamento del risultato del
lavoro altrui.
Sulla base di queste due regole nel corso degli anni il Giurì ha emesso diverse
determinazioni relative a divani-letto, lenzuola, biancheria, posate, bicchieri, lampade,
porte, maniglie, sgabelli, tavoli, apparecchi elettrici, forni a gas, vasche da bagno, yacht,
strumenti meccanici, progetti di città, lampioni, materiali di rivestimento, giochi per
bambini.7
I vantaggi del Giurì sono individuabili da un lato nella brevità del tempo
necessario per ottenere la pronuncia rispetto alle lungaggini del processo ordinario;
dall’altro nei costi più contenuti posto che i suoi membri operano senza alcun
compenso.
7
MARIO FRANZOSI, Design italiano e diritto italiano del design: una lezione per l’Europa?, in
Riv. dir. ind. 2009, I, 73 ss.
4
4. A) Nel campo internazionale le opere del design vengono tutelate in diverse
convenzioni tra cui la Convenzione di Unione di Parigi (d’ora innanzi: CUP), la
Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche (d’ora innanzi:
CUB), i TRIPS, l’accordo dell’Aja e l’accordo di Locarno.
L’art. 5 CUP stabilisce che i disegni e i modelli industriali saranno protetti in
tutti i paesi dell’Unione. La convenzione non vincola i paesi membri ad adottare uno
specifico sistema di protezione ma impone loro di apprestare tutela giuridica per
qualsiasi oggetto qualificabile come disegno o modello dall’autorità amministrativa o
giudiziaria competente nel paese di protezione. In Italia l’oggetto della protezione sono i
disegni e i modelli regolati dal cpi che li definisce come qualunque aspetto visibile del
prodotto non dettato solamente da una funzione tecnica. La scelta tra i vari mezzi di
protezione (tutela brevettuale, diritto d’autore e concorrenza sleale) è affidata al
legislatore nazionale. La disposizione in esame è immediatamente precettiva, pertanto
potrà essere invocata dai privati qualora l’ordinamento interno del paese di protezione
non stabilisca espressamente la protezione di disegni e modelli ma preveda strumenti di
tutela idonei a proteggerli. Inoltre, l’art. 11 del CUB impone agli stati membri di
adottare una legislazione nazionale posta a protezione degli oggetti di proprietà
industriale temporaneamente esposti nelle esposizioni internazionali organizzate in
territorio unionista. Si tratta di una disposizione programmatica, non invocabile
direttamente nei rapporti tra privati, che demanda al legislatore nazionale la scelta
concreta degli strumenti giuridici di protezione. L’oggetto della tutela riguarda soltanto
le invenzioni brevettabili, i modelli di utilità, i disegni o modelli industriali, i marchi di
fabbrica o di commercio e non si estende agli altri oggetti di proprietà industriale. Per
questi la tutela dipende dalla discrezionalità del legislatore nazionale. La protezione
dell’art. 11 è stabilita esclusivamente a favore degli oggetti esposti nelle esposizioni
internazionali ufficiali o ufficialmente riconosciute organizzate sul territorio di uno stato
membro. La verifica di tale condizione è rimessa alla discrezionalità delle autorità
amministrative o giudiziarie del paese di protezione. Generalmente il carattere ufficiale
deriva dalla natura pubblicistica del soggetto organizzatore ovvero dall’esistenza di un
riconoscimento da parte dello stato o di un’altra pubblica autorità. Il carattere
internazionale deriva, invece, dalla presenza di espositori stranieri. La protezione ha
carattere temporaneo e mira esclusivamente a consentire una successiva brevettazione o
registrazione dell’invenzione o del marchio.
La CUB ammette le opere delle arti applicate nell’ambito delle creazioni
letterarie e artistiche protette; tuttavia, i disegni e modelli non sono ovunque considerati
opere d’arte applicata. L’art. 2 co. 7 consente inoltre ai paesi unionisti di determinare se
e a quali condizioni i disegni e i modelli siano proteggibili dalle norme nazionali in
tema di diritto d’autore.
La sezione quarta dei TRIPS è dedicata ai disegni industriali. Le disposizioni
che rilevano in questa sede sono gli artt. 25 e 26. La formulazione dell’art. 25
riecheggia quella adottata dall’art. 5 quinquies della CUP. Essa, infatti, non contiene una
definizione di disegno industriale. Questa carenza è probabilmente determinata dalla
circostanza che le definizioni di design presenti negli ordinamenti nazionali non sono
tra loro omogenee e hanno spesso carattere meramente esemplificativo. La nozione di
design si ricava dalle fonti comunitarie. La direttiva CE 98/71, all’art. 1, lett. a),
definisce il disegno o modello industriale come «l’aspetto dell’intero prodotto o di una
sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei
colori, della forma, della struttura superficiale e/o dei materiali del prodotto stesso e/o
5
del suo ornamento». Analoga definizione è contenuta nel più recente regolamento CE
02/06 sui disegni e modelli comunitari.
I requisiti di protezione sono individuati dall’art. 25. Il primo è l’indipendenza
della creazione. Parte della dottrina ritiene che essa non abbia riguardo ai soggetti
creatori dell’opera, ma debba essere riferita alla creazione stessa8. Gli ulteriori requisiti
della novità e della originalità della creazione sono posti in alternativa tra loro. In base
all’art. 25, gli stati membri possono stabilire che i disegni non sono nuovi od originali se
non differiscono in modo significativo da disegni noti o da combinazioni di disegni
noti9. Inoltre, ciascuno stato membro può disporre che la protezione non copra i disegni
dettati essenzialmente da considerazioni di carattere tecnico o funzionale.
L’art. 26 specifica il livello minimo di protezione riconosciuto al titolare di un
disegno industriale protetto, riservando agli stati la facoltà di ampliare il contenuto della
tutela. Esso comprende il diritto di vietare ai terzi di produrre, vendere o importare
articoli recanti o contenenti un disegno che sia una copia, o sostanzialmente una copia,
del disegno protetto. La norma non specifica che cosa si intende per copia. Secondo
parte della dottrina essa consiste nella integrale riproduzione del disegno protetto. La
disposizione specifica che la violazione dei diritti appartenenti al titolare del disegno si
configura anche quando il disegno costituisce sostanzialmente una copia di quello
tutelato, con l’effetto di demandare alla discrezionalità dei singoli stati membri la
determinazione del grado di coincidenza sufficiente perché sia integrata la violazione.
Vi sono due casi in cui non scatta la protezione: il primo si ha quando il titolare abbia
8
SANDRI, La nuova disciplina della proprietà industriale dopo i GATT-TRIPS, CEDAM,
Padova, 1999, 69 ss.
9
Nella direttiva comunitaria un disegno o modello è nuovo se nessun disegno o modello è stato
divulgato anteriormente alla data di presentazione della domanda di registrazione ovvero, qualora si
rivendichi la priorità, anteriormente alla data di quest’ultima. I disegni o modelli si reputano identici
quando le loro caratteristiche differiscono soltanto per dettagli irrilevanti (articolo quattro). L’articolo sei
riguarda invece la divulgazione. Analoga definizione è contenuta nel regolamento CE 02/6 sui disegni e
modelli comunitari all’articolo cinque comma 1 lettera b), laddove invece alla lettera a) si precisa che per
i disegni o modelli comunitari non registrati rileva che nessun disegno o modello identico sia stato
divulgato al pubblico anteriormente alla data alla quale il disegno o modello per cui è rivendicata la
protezione è stato divulgato al pubblico per la prima volta. Nell’ordinamento italiano, l’articolo 5 l.m.i.,
così come modificato dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 95 che ha attuato la direttiva CE 98/7,
ricalca la lettera dell’articolo quattro della direttiva comunitaria. La disposizione è poi confluita
nell’articolo 32 del nuovo codice della proprietà industriale.
In ambito comunitario il requisito corrispondente a quello della originalità è l’individualità.
Secondo l’art. 3, n. 2 della direttiva un disegno ne è dotato se l’impressione che suscita nell’utilizzatore
informato differisce dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno o modello
che sia divulgato prima della data di presentazione della domanda di registrazione o, qualora si rivendichi
la priorità, prima della data di quest’ultima. Nell’accertare il carattere individuale si prende in
considerazione il margine di libertà del creatore nel realizzare il disegno o modello. Rispetto all’articolo
25, sezione quarta, dei TRIPS la direttiva comunitaria non richiede che la differenziazione rispetto alle
anteriorità rilevanti debba essere significativa. Il requisito della significatività è invece presente nella
corrispondente formulazione adottata dal regolamento CE 02/6 sui disegni e modelli comunitari
all’articolo 6.1. Esso, inoltre, alla lettera a precisa che per i disegni e i modelli comunitari non registrati
rileva la data della divulgazione al pubblico del disegno o modello per cui è rivendicata la protezione.
Nell’ordinamento italiano l’art. 5-ter l.m.i., come introdotto dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n.
164, di attuazione della direttiva CE 98/71 prevedeva che un disegno o modello avesse carattere
individuale se l’impressione generale che suscita nell’utilizzatore informato differisce dall’impressione
generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno o modello che sia stato divulgato prima della
data di presentazione della domanda di registrazione o, qualora si rivendichi la priorità, prima della data
di quest’ultima. La disposizione è confluita nell’articolo 33 del nuovo codice della proprietà industriale.
6
prestato il suo consenso alla produzione, vendita o importazione, il secondo quando le
operazioni non siano compiute a fini commerciali. Elemento necessario e sufficiente
perché al titolare del disegno venga accordata la tutela è soltanto che il disegno sia
protetto; non è prevista la registrazione. Il secondo comma dell’art. 26 conferisce agli
stati il potere di prevedere delle limitazioni alla protezione dei disegni industriali purché
non siano indebitamente in contrasto con il normale sfruttamento dei disegni industriali
protetti e non pregiudichino in modo ingiustificato i legittimi interessi del titolare del
disegno protetto, tenuto conto dei legittimi interessi dei terzi. Infine, l’ultimo comma
prevede che la protezione accordata non sia di durata inferiore a dieci anni.
Vi sono infine l’accordo dell’Aja riguardante il deposito internazionale dei
disegni e dei modelli e l’accordo di Locarno che introduce una classificazione
internazionale dei prodotti del design industriale al fine di facilitare le operazioni di
registrazione internazionale. La classificazione non ha valore vincolante per gli stati
membri. Tuttavia riveste una notevole importanza in quanto è stata accolta dalle
legislazioni di molti paesi tra cui l’Italia.
B) Il sistema di tutela del design nel diritto comunitario si articola nel
regolamento CE 02/6 e nella direttiva CE 98/71. Dai lavori preparatori della direttiva
emerge che il sistema comunitario di protezione del design vuole da un lato consentire
ai prodotti in cui sono attuati i disegni e i modelli di circolare liberamente e senza
pregiudizio per la costruzione del mercato unico; dall’altro, esso mira a promuovere gli
investimenti nel campo del design mediante il riconoscimento di una protezione
effettiva e accessibile alle creazioni che ora non godono di sufficiente tutela nei singoli
ordinamenti nazionali.
Il regolamento CE 02/6 garantisce una privativa comunitaria registrata sui
disegni e modelli nuovi e dotati di carattere individuale registrati presso l’ufficio per
l’armonizzazione del mercato interno di Alicante per un periodo massimo di venticinque
anni ed una privativa comunitaria non registrata sui disegni nuovi e dotati di carattere
individuale dal momento in cui vengono messi a disposizione del pubblico per un
periodo di tre anni.
Il regolamento definisce disegno o modello l’aspetto di un prodotto o di una
sua parte quale risulta in particolare dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei
colori, della forma, della struttura superficiale, dei materiali del prodotto stesso o del
suo ornamento a condizione che esse non siano determinate unicamente dalla sua
funzione tecnica del prodotto (art. 3). Il design comprende dunque qualunque aspetto
visibile di un prodotto non dettato solamente da una funzione tecnica.
Un disegno o modello è protetto come disegno o modello comunitario se ed in
quanto è nuovo e possiede un carattere individuale (art. 4). Il requisito della novità (art.
5) è diverso a seconda che si riferisca a un disegno o modello registrato o non. Nel
primo caso, il disegno o modello registrato si considera nuovo quando nessun disegno o
modello identico sia stato divulgato al pubblico anteriormente alla data di deposito della
domanda di registrazione del disegno o modello per cui si domanda la protezione
ovvero, qualora sia rivendicata una priorità, anteriormente alla data di quest’ultima. Un
modello o disegno non registrato, invece, si considera nuovo se nessun disegno o
modello identico sia stato divulgato al pubblico anteriormente alla data in cui il disegno
o modello per cui è rivendicata la protezione è stato divulgato al pubblico per la prima
volta. Disegni e modelli si reputano identici quando le loro caratteristiche differiscono
soltanto per dettagli irrilevanti. L’individualità, invece, è intesa come la capacità di
7
suscitare nell’utilizzatore informato un’impressione generale che differisce in modo
significativo dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno
o modello che sia stato divulgato al pubblico anteriormente a norma dell’articolo
precedente. Nell’accertare il carattere individuale occorre prendere in considerazione il
margine di libertà dell’autore nel realizzare il disegno o modello.
Il diritto sulla privativa comunitaria registrata sorge con la registrazione e
pubblicazione della domanda, a partire dalla data di presentazione di quest’ultima. Il
diritto di registrazione spetta all’autore del disegno o modello o ai suoi aventi causa; se
il disegno o modello è stato realizzato da due o più persone, esso spetta ad esse
congiuntamente. Se invece esso è stato realizzato dal dipendente, nell’esercizio delle
proprie mansioni o su istruzioni impartite dal suo datore di lavoro, il disegno o modello
spetta al datore di lavoro salvo patto contrario o diversa disposizione della legislazione
nazionale applicabile.
L’autore legittimo del disegno o modello può rivendicare la titolarità della
privativa comunitaria registrata nei confronti di chi abbia registrato o depositato il
disegno e modello senza averne diritto. L’azione di rivendicazione nei confronti del non
avente diritto in buona fede si prescrive in tre anni dalla data di pubblicazione della
domanda, mentre è sempre esperibile nei confronti di chi abbia depositato o acquistato
il diritto in mala fede.
Il diritto sulla privativa comunitaria non registrata sorge con la divulgazione al
pubblico del disegno o modello. Essa consiste in ogni fatto che renda il modello
potenzialmente conoscibile ad un numero indistinto di terzi e conoscibile nei ambienti
specializzati comunitari. L’assenza di formalità costitutive consente di garantire tutela ai
disegni o modelli nel periodo che precede l’eventuale deposito della domanda di
registrazione. I soggetti titolari del diritto sono gli stessi indicati per la privativa
comunitaria registrata. L’azione di rivendicazione è esperibile contro colui che abbia
divulgato il disegno o modello senza averne diritto e si prescrive contro l’usurpatore in
buona fede in tre anni dalla data di divulgazione.
Il titolare di un disegno o modello registrato ha il diritto esclusivo di utilizzare
il disegno o modello e di vietarne l’utilizzo ai terzi senza il suo consenso. In particolare,
sono atti di utilizzazione la fabbricazione, l’offerta, la commercializzazione,
l’importazione, l’esportazione o l’impiego di un prodotto in cui il disegno o modello è
incappato o cui è applicato, ovvero la detenzione di siffatto prodotto per i fini suddetti.
Il disegno o modello non registrato tuttavia conferisce al titolare del diritto di vietare gli
atti di utilizzazione soltanto se l’utilizzazione contestata deriva dalla copiatura di un
disegno o modello protetto. L’utilizzazione contestata non è considerata derivante dalla
copiatura di un disegno o modello protetto se risulta da un’opera di creazione
indipendente realizzata da un autore del quale si può ragionevolmente pensare che non
conoscesse il disegno o modello divulgato dal titolare.
Il regolamento pone delle limitazioni ai diritti conferiti dal disegno o modello
comunitario elencando le ipotesi in cui tali diritti non possono essere esercitati: quando
gli atti sono compiuti in ambito privato e per fini non commerciali ovvero sono
compiuti a fini di sperimentazione oppure si tratta di atti compiuti a fini didattici o di
citazione purché tali atti siano compatibili con la corretta prassi commerciale, non
pregiudichino indebitamente l’utilizzazione normale del disegno o modello e
comportino l’indicazione della fonte. Lo stesso articolo prevede, al comma secondo, un
regime derogatorio speciale per l’arredo, le installazioni e gli atti di riparazione di navi e
8
aeromobili immatricolati in un paese terzo che entrino temporaneamente nel territorio
della comunità.
La protezione del disegno o modello registrato dura cinque anni a partire dalla
data di deposito ed è rinnovabile fino a venticinque anni. La privativa comunitaria non
registrata dura invece tre anni dalla data della divulgazione ed entro dodici mesi dalla
stessa data è possibile richiedere la registrazione del disegno o modello come privativa
comunitaria registrata ovvero come modello registrato nazionale in uno o più paesi
dell’Unione Europea.
La direttiva comunitaria 98/71/CE del Parlamento e del Consiglio del 13
ottobre 1998 ha ad oggetto la protezione giuridica dei disegni e dei modelli nuovi e
dotati di carattere individuale. Essa offre alle opere di design una tutela specifica della
durata di venticinque anni, basata su una procedura di registrazione e cumulabile, a
certe condizioni, con il diritto d’autore nazionale.
La definizione di disegno o modello contenuta nell’art. 1, lett. a) della direttiva,
è analoga a quella prevista dall’art. 3, lett. a) del regolamento CE n. 6/2002. Anche i
requisiti di protezione sono i medesimi. Infatti l’art. 3, co. 2, stabilisce che i disegni e i
modelli sono protetti se ed in quanto siano nuovi ed abbiano carattere individuale. Un
disegno o modello è nuovo se nessun disegno o modello identico è stato divulgato
anteriormente alla data di presentazione della domanda di registrazione ovvero, qualora
si rivendichi la priorità, anteriormente alla data di quest’ultima. I disegni e i modelli si
reputano identici quando le loro caratteristiche differiscono soltanto per dettagli
irrilevanti. Il modello ha carattere individuale se l’impressione generale che suscita
nell’utilizzatore informato differisce dall’impressione generale suscitata in tale
utilizzatore da qualsiasi disegno o modello che sia stato divulgato prima della data di
presentazione della domanda di registrazione o, qualora si rivendichi la priorità, prima
della data di quest’ultima. Nell’accertare il carattere individuale si prende in
considerazione il margine di libertà del creatore nel realizzare il disegno o modello.
Analogamente a quanto previsto nel regolamento CE, non sono protette dal diritto su un
disegno o modello le caratteristiche dell’aspetto del prodotto che determinate
unicamente dalla sua funzione tecnica.
La protezione ha inizio con la registrazione del disegno o modello. Essa
conferisce al titolare il diritto esclusivo di utilizzarlo e di vietare ai terzi di utilizzarlo
senza il suo consenso. Costituiscono in particolare atti di utilizzazione la fabbricazione,
l’offerta, la commercializzazione, l’importazione, l’esportazione o l’impiego di un
prodotto in cui il disegno o modello è incorporato o cui è applicato, ovvero la
detenzione del prodotto per tali fini. Qualora il diritto di uno stato membro non consenta
di impedire gli atti di utilizzazione prima dell’entrata in vigore delle diposizioni
attuative della presente direttiva, i diritti conferiti dal disegno o modello non possono
essere fatti valere per impedire la continuazione dei suddetti atti da parte di persone che
li abbiano iniziati anteriormente a tale data. I diritti conferiti dal disegno o modello
incontrano le stesse limitazioni viste per il regolamento CE e qui indicate nell’art. 13.
La durata della protezione è di cinque anni, prorogabile per uno o più periodi di
cinque anni fino a un massimo di venticinque, a partire dalla data di presentazione della
domanda
Gli articoli 16 e 17 della direttiva disciplinano i rapporti con le altre forme di
protezione e con il diritto d’autore. Il primo afferma che la disciplina lascia
impregiudicate le disposizioni comunitarie o nazionali applicabili ai disegni o modelli
non registrati; il secondo prevede l’ipotesi del cumulo delle tutela comunitaria con
9
quella offerta dal diritto d’autore nazionale. Più precisamente, l’art. 17 stabilisce che le
opere del disegno industriale protette ai sensi della direttiva, sono ammesse a
beneficiare altresì della protezione della legge sul diritto d’autore vigente negli stati
membri fin dal momento della loro creazione e attribuisce a ciascuno stato membro il
compito di determinare i criteri di accesso e i limiti all’estensione della protezione. Tra i
primi la direttiva annovera il grado di originalità che il disegno deve possedere. I
legislatori possono così richiedere un grado di originalità più elevato rispetto a quello
richiesto per accedere alla tutela comunitaria oppure possono prevedere requisiti
ulteriori. Per tutti gli altri aspetti si applicano i principi generali del diritto d’autore
validi per le altre categorie di opere dell’ingegno. In questo modo la direttiva da un lato
chiede ai singoli stati di riconoscere la protezione del diritto d’autore vigente; dall’altro,
vieta di costruire un diritto d’autore sui generis, specificamente pensato per le opere del
design, diverso da quello applicabile alle altre opere dell’ingegno.
La direttiva 98/71/CE sui disegni e modelli industriali è stata attuata nel nostro
ordinamento con il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 164.
C) Vi sono vari mezzi previsti dal nostro ordinamento finalizzati a tutelare la
forma del prodotto industriale: la protezione apprestata dalla legge n. 633 del 1941 sul
diritto d’autore, dal cpi e l’imitazione servile. Alla prima è dedicato il capitolo terzo
della tesi; delle successive mi occuperò nel capitolo seguente.
10
CAPITOLO SECONDO
LA TUTELA DEL DESIGN NEL CODICE DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE
Sommario: 1. I requisiti di protezione; - 2. La fattispecie costitutiva e l’oggetto della
registrazione; - 3. L’attribuzione del diritto di registrazione e i diritti esclusivi; - 4. La
durata della protezione.
1. L’aspetto esteriore, la forma, dei prodotti e del loro confezionamento
rappresenta in misura sempre maggiore un elemento di vantaggio competitivo ed una
risorsa strategica per l’impresa. Il mantenimento del vantaggio competitivo e delle
posizioni di mercato che ne conseguono è strettamente legato alla possibilità, per
l’impresa, di acquisire su tali forme dei diritti esclusivi attraverso gli strumenti
predisposti dall’ordinamento giuridico.
I principali strumenti di protezione della forma sono i modelli di utilità, i
marchi di forma, i disegni e modelli e l’applicazione delle norme in materia di
concorrenza sleale.
I modelli di utilità proteggono, attraverso il brevetto, le forme nuove del
prodotto che diano al prodotto stesso una specifica efficacia o comodità funzionale10. La
10
Accanto ai brevetti per modello di utilità, il cpi prevede un secondo tipo di brevetto per
trovati che sono chiamati invenzioni. Le invenzioni sono disciplinate nella sezione quarta del codice della
proprietà intellettuale. L’art. 45, primo comma, non definisce cosa si debba intendere con questa
espressione, limitandosi a indicare i requisiti di accesso alla protezione brevettuale, e demandando alla
dottrina il compito di identificarne il significato. Il panorama dottrinale non è unitario. Sul piano
concettuale si confrontano tre interpretazioni differenti: la prima identifica l’invenzione come l’idea di
soluzione di un problema tecnico suscettibile di applicazione industriale (Floridia, Le creazioni
intellettuali a contenuto tecnologico, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza,
Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 198); la seconda afferma che essa postula il dominio dell’uomo sulle
forze della natura e il controllo dei nessi di causalità che, governando i fenomeni della chimica e della
fisica, danno luogo al risultato industrialmente utile e quindi anche alla possibilità di riprodurlo ogni qual
volta lo si desideri. Alcuni autori distinguono poi il risultato tecnico della serie causale dal risultato
sociale, affermando che il trovato è rilevante solo se idoneo a soddisfare un bisogno dell’uomo. Questa
tesi è però avversata da chi sostiene che il prodotto nuovo è brevettabile anche se non sia identificato o
identificabile un uso specifico.
Sul piano ontologico, l’invenzione può configurarsi alternativamente come di prodotto se ha ad
oggetto una realtà materiale oppure di procedimento se ha ad oggetto un nuovo processo di fabbricazione
industriale oppure d’uso. La distinzione tra invenzione di prodotto e invenzione di procedimento emerge
dall’articolo 2586 c.c. e dagli articoli 66 comma secondo e 67 del codice. Il primo disciplina i diritti
patrimoniali derivanti dalla brevettazione distinguendo a seconda che il brevetto abbia ad oggetto un
prodotto o un metodo; il secondo reca già nella rubrica il titolo “Brevetto di procedimento”. Il brevetto
concernete un nuovo metodo ne attribuisce al titolare l’uso esclusivo ma il diritto di vietare a terzi di
applicare il procedimento è comprensivo anche del diritto di vietare l’uso e il commercio dei prodotti solo
se siano ottenuti direttamente con il procedimento brevettato; mentre se oggetto del brevetto è un prodotto
il diritto di vietare ai terzi di produrre, usare e commercializzare il prodotto è attributo senza alcuna
limitazione e, quindi, quale che sia il procedimento impiegato per ottenerlo.
La configurabilità di un’invenzione d’uso è invece delineata dall’art. 46 comma quarto,
laddove si dice che anche una sostanza già nota è brevettabile purché sia utilizzabile per fini diversi da
quelli originariamente noti e sperimentati. Alla luce dei dati normativi appena illustrati parte della dottrina
afferma che tutte e tre le categorie di invenzioni trovano disciplina e tutela nel sistema nazionale dei
brevetti. Questa conclusione, tuttavia, non gode di unanime condivisione (Floridia, Le creazioni
intellettuali a contenuto tecnologico, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza,
Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 198 ss.). Essa muove dal presupposto che tutte le invenzioni presentano
tre momenti costituiti dal procedimento di produzione, dal prodotto e dalla sua destinazione ad un certo
utilizzo e che l’aspetto inventivo cada –e dunque l’oggetto della protezione– sia ora il primo, ora il
11
disciplina dei modelli di utilità è contenuta in parte nella sezione V, del capo III, cpi
intitolata “I modelli di utilità” e, per quanto applicabili, dalle disposizioni sulle
invenzioni industriali cui l’art. 86 rinvia11.
secondo, ora il terzo momento. Di contro, la critica sostiene che la contrapposizione fra prodotto e
utilizzazione, che si vorrebbe introdurre valorizzando l’ultimo comma dell’art. 46 del codice, non abbia
alcun significato normativo autonomo perché non esiste una protezione brevettuale concernente il
prodotto a prescindere dalla sua utilizzazione. Quando l’aspetto inventivo cade sul prodotto, la protezione
ottenibile è sempre e soltanto quella che risulta dalla correlazione necessaria tra il prodotto stesso e il
bisogno dell’uomo per il cui soddisfacimento è stato ideato. A tale stregua, le invenzioni industriali
possono essere o invenzioni di procedimento o invenzioni d’uso, queste ultime essendo proteggibili
unicamente in funzione del loro uso e cioè della loro destinazione al soddisfacimento di uno specifico
bisogno dell’uomo.
L’enunciazione dell’insegnamento innovativo è un fatto dal quale scaturiscono tre interessi
individuali che meritano protezione giuridica. Il primo è l’interesse dell’inventore ad essere riconosciuto
quale autore dell’invenzione per godere della fama e del prestigio che la comunità tributa a chi apporta un
contributo innovativo. Esso prende il nome di diritto alla paternità dell’invenzione. Il secondo interesse
consiste nell’ottenere una remunerazione adeguata sia del lavoro intellettuale speso nell’attività di ricerca.
Il terzo nel diritto ad una remunerazione delle risorse economiche investite nella ricerca. Mentre il
secondo è necessariamente dell’inventore, il terzo può riferirsi anche a soggetti diversi dall’inventore,
come nel caso in cui vi siano investitori che partecipano ad un progetto finanziandolo ma senza prenderne
parte sul campo della ricerca. L’attività inventiva rientra nel campo della libertà di iniziativa economica,
tutelata dall’art. 41 della costituzione italiana ma, a differenza delle altre iniziative, riceve una protezione
maggiore. In particolare, di fronte al rischio di non riprodurre il capitale investito, insito in ogni attività
economica, quando questa ha ad oggetto la ricerca applicata all’innovazione il legislatore interviene
modificandolo. I prodotti innovativi presentano un valore aggiunto che rischia di essere annullato per
effetto della concorrenza che, copiandolo, lo diffonde. Siccome i costi della copia sono inferiori ai costi di
sviluppo dell’innovazione, esporre l’inventore alla concorrenza senza correttivi equivarrebbe a impedirgli
di remunerare le risorse investite e ciò disincentiverebbe l’innovazione tecnica. Accanto agli interessi
individuali illustrati sopra, vi è l’interesse collettivo alla crescita del patrimonio di conoscenze e alla loro
applicazione al fine di migliorare l’ambiente in cui l’uomo vive e la sua qualità di vita sia come singolo
sia nelle formazioni sociali (SPADA, Il diritto industriale, in AA. Vv., Diritto industriale proprietà
intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 17 ss.).
Merita attenzione il quesito avente ad oggetto la necessaria materialità o non dell’invenzione.
Occorre distinguere: se l’invenzione è di prodotto la materialità è implicita nel fatto stesso della
fabbricazione e vendita del prodotto medesimo. Anche quando dovesse accadere che il prodotto sia
formato da una sostanza nota ma suscettibile di una utilizzazione diversa da quella già brevettata, la
materialità dell’invenzione sussisterebbe pur sempre e sarebbe costituita dall’aspetto nuovo con cui il
prodotto viene immesso nel mercato. In ordine all’invenzione di procedimento, inizialmente si riteneva
che la materialità fosse un elemento essenziale e riscontrabile soltanto se erano materialmente nuovi sia i
mezzi, ideati in funzione del procedimento, sia il risultato ottenuto applicando il procedimento. Di
recente, la corte di cassazione ha affermato che la materialità non è un elemento necessario dei requisiti
dell’invenzione, ben potendo essere costituita anche solo da una nozione, certamente astratta, purché
capace di intervenire in un processo di fabbricazione e di modificarne il risultato finale. È invece opinione
risalente quella che asserisce l’irrilevanza del valore tecnico oppure economico dell’invenzione stessa.
I commi successivi dell’art. 45cpi elencano una serie di creazioni che sono escluse dalla tutela:
le scoperte, le teorie scientifiche e i metodi matematici, i piani, i principi ed i metodi per attività
intellettuali, per gioco o per attività commerciali ed i programmi di elaboratori, le presentazioni di
informazioni, i metodi per il trattamento chirurgico o terapeutico del corpo umano o animale e i metodi di
diagnosi applicati al corpo umano o animale ed infine le razze animali ed i procedimenti biologico per
l’ottenimento delle stesse.
Dall’art. 45 cpi si evince che i requisiti necessari affinché una creazione possa godere della
tutela brevettuale sono tre: la novità, l’attività inventiva e la idoneità a ricevere applicazione industriale. A
questi deve aggiungersi la liceità, intesa come non contrarietà all’ordine pubblico o al buon costume (art.
50 cpi).
11
L’art. 86 cpi recita: «Le disposizioni della sezione IV, sulle invenzioni industriali, oltre che a
tali invenzioni, spiegano effetto anche nella materia dei modelli di utilità, in quanto applicabili. In
12
I requisiti di brevettabilità sono due: la novità e l’originalità12. La novità viene
intesa nella stessa accezione assoluta e universale valevole per le invenzioni. Secondo
gli artt. 46 e 47 del cpi un’invenzione è nuova se non è compresa nello stato della
tecnica. Quest’ultimo comprende tutte le conoscenze che sono state rese accessibili al
pubblico nel territorio dello stato o all’estero prima della data di deposito della domanda
di brevetto, mediante una descrizione scritta od orale, una utilizzazione o un qualsiasi
altro mezzo13. Il requisito dell’originalità viene invece inteso come la particolare
efficacia o comodità funzionale conferita al prodotto ma la sua valutazione è meno
rigida rispetto a quella richiesta per la brevettabilità di un invenzione14.
particolare sono estese ai brevetti per modello di utilità le disposizioni in materia di invenzioni dei
dipendenti e licenze obbligatorie».
12
Più precisamente, l’art. 82, co. 1, cpi recita: «Possono costituire oggetto di brevetto per
modello di utilità i nuovi modelli atti a conferire particolare efficacia o comodità di applicazione o di
impiego a macchine, o parti di esse, strumenti, utensili od oggetti di uso in genere, quali i nuovi modelli
consistenti in particolari conformazioni, disposizioni, configurazioni o combinazioni di parti».
13
I fatti distruttivi della novità vengono distinti in anteriorità e predivulgazioni. Sono
anteriorità distruttive della novità tutte le conoscenze, brevettate e non brevettate, diffuse in qualunque
modo in Italia o all’estero, anteriormente alla data della domanda di brevetto. La dottrina ritiene che sia
irrilevante la circostanza che siano note all’inventore. La norma mira ad impedire di rilasciare il brevetto
ad un inventore quando esso abbia ad oggetto un’invenzione che sia già stata realizzata da altri. Tra le
conoscenze anteriori accessibili al pubblico vanno considerate le domande di brevetto, depositate in Italia
o all’estero, che siano già state pubblicate. Per contro, le domande di brevetto non ancora pubblicate sono
estranee allo stato della tecnica perché non sono ancora accessibili al pubblico. L’art. 46, co. 3, cpi ritiene
che siano distruttive della novità anche le domande di brevetto italiano ancora segrete, o le domande di
brevetto europeo o internazionale designanti l’Italia ancora segrete. Le anteriorità rilevanti possono
consistere non soltanto nella pubblicazione della domanda di brevetto ma anche da un uso anteriore altrui.
Può infatti accedere che l’invenzione della quale il titolare chiede la registrazione fosse stata in
precedenza ideata da un terzo che, pur non avendola brevettata, l’aveva attuata nell’ambito della sua
attività imprenditoriale. In proposito, parte della dottrina ritiene che esse producano la distruzione della
novità solo se l’uso rende l’invenzione accessibile al pubblico. Se invece l’utilizzazione del pre-utente si
svolge in segreto, essa non impedisce la successiva brevettazione altrui. Tuttavia, l’art 68, co. 3, riconosce
al primo utilizzatore la facoltà di continuare ad usarne nei limiti del preuso, a condizione che
l’utilizzazione sia iniziata entro i dodici mesi anteriori alla domanda di brevetto o alla data di priorità.
Si ha invece predivulgazione quando l’inventore comunica, volontariamente o
involontariamente, l’invenzione a terzi in data anteriore alla domanda di brevetto. Tuttavia, perché si
verifichi l’effetto distruttivo della novità occorre che l’invenzione diventi accessibile al pubblico. Di
conseguenza la predivulgazione deve riguardare l’invenzione nella sua interezza e deve essere fatta ad
una o più persone che siano in grado di comprenderne il contento o di ritrasmetterlo. Rimane il dubbio se
considerare distruttiva o non la comunicazione dell’invenzione a persone determinate, le quali di fatto non
l’abbiano a loro volta trasmessa a terzi prima del deposito della domanda di brevetto da parte
dell’inventore. La dottrina propende per la soluzione affermativa. Tuttavia, si ritiene che non si abbia
perdita della novità quando l’invenzione viene comunicata a terzi che sono soggetti al vincolo del segreto.
Il caso è quello dell’inventore che per sperimentare e perfezionare la sua invenzione ha bisogno di
avvalersi dell’intervento dei suoi collaboratori. La disposizione si applica a tutti i collaboratori,
dipendenti e autonomi, ai quali viene estesa per analogia dal momento che essa menziona nel testo
solamente i primi. Di regola, la violazione del segreto che rende l’invenzione accessibile al pubblico
distrugge la novità e all’inventore non rimane altra soluzione che agire contro gli autori dell’illecito per
chiedere il risarcimento del danno. L’art. 47, co. 1, cpi introduce un’eccezione alla regola dell’effetto
distruttivo, facendo salva la brevettabilità dell’invenzione a condizione che la predivulgazione risulti
direttamente o indirettamente da un abuso evidente ai danni del richiedente o del suo dante causa e che la
domanda di brevetto sia depositata entro i sei mesi successivi alla predivulgazione. Secondo parte della
dottrina la disposizione si applica anche al caso in cui la predivulgazione si sia tradotta nel deposito di
una domanda di brevetto da parte di un non avente diritto.
14
In generale, il requisito dell’originalità ha la funzione di selezionare, tra tutto ciò che è
nuovo, ciò che si differenzia in misura significativa dallo stato della tecnica. L’art. 48 cpi afferma che
13
Secondo parte della dottrina15 la differenza tra un modello di utilità e un
invenzione (di prodotto) consiste in ciò: il modello di utilità presuppone la preesistenza
dell’oggetto la cui conformazione è ideata in modo innovativo per conseguire una
migliore e più comoda possibilità di utilizzazione o di fabbricazione. Anche la
giurisprudenza più recente16 afferma spesso che nel modello di utilità manca la
soluzione nuova ad un problema tecnico e l’innovazione si limita soltanto ad attribuire
maggiore utilità a qualcosa che già esiste; altre volte aggiunge che si ha invenzione
quando si realizza un prodotto nuovo, mentre si ha modello quando si migliora un
prodotto esistente.
Il secondo strumento di protezione della forma del prodotto è il marchio di
forma. Il marchio di forma è stato introdotto per la prima volta negli ordinamenti
nazionali dalla Prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio del 21 dicembre 198817. La
direttiva si limita a disciplinare i marchi di impresa registrati. Infatti l’art. 1 definisce il
campo di applicazione individuandolo nei marchi di impresa che hanno formato oggetto
di registrazione o di una domanda di registrazione in uno stato membro o presso
l’Ufficio dei marchi del Benelux o che sono oggetto di una registrazione internazionale
un’invenzione è originale se non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica, ovvero se la soluzione
tecnica supera le normali prospettive di evoluzione del settore. Il giudizio di originalità si svolge secondo
le seguenti fasi: occorre innanzitutto individuare il settore cui l’invenzione appartiene, si deve poi
costruire il modello di persona esperta del ramo ed, infine, occorre valutare se il tecnico del settore così
individuato considererebbe l’invenzione evidente o non. In merito al primo punto, l’individuazione del
settore potrebbe presentarsi problematica per le invenzioni che sono frutto di apporti provenienti da più
settori e per quelle che vengono realizzate in un settore ma attuate in un altro. In questi casi il settore
pertinente è dato dalla somma di tutti i campi coinvolti. Riguardo alla seconda fase, la costruzione del
modello astratto di persona esperta del ramo esige l’individuazione del bagaglio di conoscenze e capacità
del suddetto modello. Occorre distinguere: per il settore pertinente le conoscenze sono fissate dallo stato
della tecnica, mentre, negli altri settori, si fa riferimento alle conoscenze generali comuni alla media degli
operatori. A tal fine si tiene presente il solo territorio nazionale. In ogni caso, al tecnico medio saranno
attribuite anche le false conoscenze ed i pregiudizi che in quel momento affliggono i tecnici di quel
settore. Infine, il giudizio di originalità deve essere operato sulla base di indici oggettivi e deducibili dalla
realtà, chiamati indizi di non evidenza, tra i quali ricordiamo l’arricchimento della tecnica (chi realizza un
progresso tecnico fa qualcosa che ogni altro operatore avrebbe avuto interesse a compiere senza però
riuscirvi; di conseguenza, il risultato ottenuto potrebbe essere valutato non alla portata degli altri operatori
del settore e quindi, alla luce della definizione sopra fornita, dotato di originalità), oppure l’opinione
degli esperti, se si tratta di un’opinione concorde ed espressa da esperti indipendenti, o la storia del settore
antecedente e successiva all’invenzione. Così la non evidenza può essere dimostrata fornendo la prova di
precedenti tentativi dello stesso inventore o di altri rimasti infruttuosi, di particolari difficoltà superate, di
un pregiudizio tecnico che sbarrava la strada alla soluzione poi attinta e quanto più i tentativi sono stati
numerosi e seri, le difficoltà superate forti e i pregiudizi diffusi tanto l’indizio acquisirà robustezza. Tra i
fatti successivi all’invenzione emerge il successo commerciale conseguito dall’invenzione stessa. Di
contro, tra gli indizi di evidenza, troviamo, ad esempio, la realizzazione contemporanea e indipendente
dell’invenzione da parte di più inventori, la sostituzione o la modifica di parti, forme o proporzioni
quando non sono accompagnate dalla soluzione di specifici problemi tecnici e, infine, la circostanza che
l’invenzione possa essere considerata equivalente a qualcosa di già noto.
15
FLORIDIA, Le creazioni intellettuali a contenuto tecnologico, in AA. VV., Le invenzioni in
Diritto industriale: proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 186.
16
VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffré, Milano, 2009, 6 ed., 517.
17
Secondo il primo considerando, la direttiva ha per oggetto il ravvicinamento delle
legislazioni degli stati membri sui marchi allo scopo di sopprimere le disparità esistenti che possono
ostacolare la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi, nonché falsare le
condizioni di concorrenza nel mercato comune. Tuttavia, come risulta dal terzo considerando della
direttiva, quest’ultima non mira al riavvicinamento completo delle legislazioni degli stati membri in tema
di marchi d’impresa, ritenendo sufficiente agire in tal senso sulle norme che hanno un’incidenza più
diretta sul funzionamento del mercato europeo.
14
che produce effetti in uno stato membro. Ai sensi dell’art. 2 della direttiva, avente per
titolo “Segni suscettibili di costituire un marchio d’impresa”, possono costituire marchi
di impresa tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare i
disegni e la forma del prodotto o il suo confezionamento, a condizione che tali segni
siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese18.
La direttiva non è però l’unica fonte comunitaria. Infatti, l’art 4 del regolamento CE n.
40/94 del Consiglio del 20 dicembre 1993 sul marchio comunitario, ricalcando l’art. 2
della direttiva, annovera la forma del prodotto o il suo confezionamento fra i segni
possono essere registrati come machi, a condizione che abbiano un carattere distintivo e
siano riproducibili graficamente19.
Sul piano nazionale la fonte più importante è il cpi. In particolare, l’art. 7
riprende la definizione di marchio contenuta nell’art. 4 del regolamento comunitario e la
amplia, ricomprendendo anche i suoni e le combinazioni e le tonalità cromatiche20.
Per accedere alla protezione i marchi di forma devono possedere sia i requisiti
generali, previsti per ogni categoria di segno indicato come registrabile dalla legge, sia i
requisiti peculiari indicati dall’art. 9 del cpi. I requisiti basilari sono la rappresentabilità
grafica, la capacità distintiva, la novità relativa, la liceità e la veridicità e sono previsti e
disciplinati dagli artt. 7 (oggetto della registrazione), 12 co. 1, lett. a (segni di uso
comune), 13 (capacità distintiva) e 14 co. 1, lett. a (liceità), cui corrispondono gli artt. 4
18
Questa disposizione enuncia tre diverse proposizioni normative: la prima è che possono
essere registrati come marchi tutti i segni che possono essere prodotti graficamente, la seconda che sono
tali sicuramente i disegni e la forma del prodotto, la terza è che ai fini della registrazione è necessario che
sia i segni di cui alla prima che alla seconda proposizione siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di
un’impresa da quelli di altre imprese, con ciò ribadendo che tra i requisiti di validità del marchio deve
sempre esistere la capacità distintiva.
19
L’art. 4 del regolamento recita: «Possono costituire marchi di impresa tutti i segni che
possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le
lettere, le cifre, la forma del prodotto o il suo confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a
distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese».
20
Il marchio individua all’interno di un genere, i prodotti che presentano determinate
caratteristiche. Si usa l’espressione marchio di impresa per indicare il segno distintivo dei beni o servizi
prodotti o venduti dall’imprenditore. Tale nozione racchiude due distinzioni, in primo luogo, quella fra
marchi di fabbrica e di commercio. I primi contraddistinguono i prodotti fabbricati da un imprenditore; i
secondi i prodotti distribuiti da un intermediario. La seconda distinzione, invece, contrappone i marchi di
servizio ai marchi di prodotto. Tuttavia, ai fini normativi, questa distinzione non ha un’autonoma
rilevanza dal momento che le disposizioni del codice si riferiscono ad entrambi. Infine si distingue fra
marchi generali e marchi speciali: mentre i primi individuano tutti i prodotti realizzati da un’impresa, i
secondi individuano all’interno della generalità della produzione particolari tipologie di prodotti aventi
determinate caratteristiche. Esemplificando il caso di una casa automobilistica, il marchio generale si
riferisce a tutte le auto da essa prodotte, mentre il marchio generale indica i singoli modelli.
Il marchio svolge tradizionalmente tre funzioni. Dal punto di vista dell’economia esso funge da
incentivo per l’impresa titolare ad offrire beni caratterizzati da un rapporto qualità prezzo soddisfacente
per gli acquirenti e costante nel tempo. Sul piano giuridico il marchio permette di selezionare, all’interno
di una classe di beni, una sottoclasse individuata in funzione della sua provenienza da una certa impresa
anziché da altre e di remunerare il capitale investito nelle attività pubblicitarie e promozionali di cui il
segno è fatto oggetto (RICOLFI, I segni distintivi di impresa. Marchio ditta insegna, in AA. VV., Diritto
industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 64 ss.
La definizione di marchio è contenuta nell’art. 7 del cpi, secondo cui possono costituire marchi
comunitari tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i
nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, le combinazioni e le tonalità cromatiche, la forma
dei prodotti o del loro confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o
servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.
15
e 7, co. 1 lett. a, b, c e d del regolamento comunitario21. Il marchio di forma non
presenta particolarità in ordine ai requisiti della rappresentabilità grafica, della novità,
della verità e della liceità. Le regole speciali attengono al tema della capacità distintiva.
La Corte di giustizia ed il Tribunale di prima istanza dell'Unione Europea si
sono ripetutamente pronunciati in merito al tema della capacità distintiva dei marchi di
forma. Dalla giurisprudenza comunitaria si possono desumere alcuni criteri guida per la
valutazione dell’idoneità a distinguere. In primo luogo, anche con riferimento ai marchi
di forma vige il principio di estrinsecità della forma dal prodotto, secondo cui la forma
che costituisce il marchio non deve mai corrispondere alla forma del prodotto22. Nel
21
La prima disposizione presenta un contenuto articolato. In primo luogo, stabilisce quali
caratteristiche un segno deve presentare per poter essere protetto come marchio, ovvero la capacità
distintiva e la riproducibilità grafica. La capacità distintiva (detta anche carattere distintivo o originalità) è
l’attitudine di un marchio a identificare i prodotti o i servizi per i quali è richiesta la registrazione come
provenienti da una determinata impresa e, dunque, di distinguere tali prodotti o servizi da quelli analoghi
di altre imprese (RICOLFI, I segni distintivi di impresa. Marchio ditta insegna, in AA. VV., Diritto
industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 74 ss.). Un marchio
distintivo è pertanto un indicatore dell’origine imprenditoriale di un prodotto o di un servizio. In secondo
luogo contiene un’elencazione esemplificativa delle realtà che, singolarmente o in combinazione tra loro,
possono costituire un segno e quindi essere protette come marchio.
L’art. 12, co. 1, lett. a), cpi prende in esame il carattere della novità, affermando che non sono
nuovi i segni che alla data del deposito della domanda consistano esclusivamente in segni divenuti di uso
comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio.
L’art. 13 cpi esclude dalla protezione come marchio i segni privi di capacità distintiva, ed in
particolare quelli costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche e da indicazioni descrittive
relative ai prodotti o servizi per i quali il marchio viene richiesto. Di questi segni il cpi (come la norma
corrispondente del regolamento) fornisce una serie di esempi: i segni che in commercio possono servire a
designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero
l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o
del servizio. Tradizionalmente, la dottrina e la giurisprudenza italiane ritenevano che l’ipotesi, appena
considerata, delle denominazioni generiche e delle indicazioni descrittive esaurisse il novero dei segni
privi di capacità distintiva, e quindi in pratica interpretavano in negativo tale requisito, che veniva
considerato sussistente alla sola condizione che il marchio non avesse ad oggetto appunto la
denominazione generica del prodotto o del servizio contrassegnato o un’indicazione descrittiva ad esso
relativa. Questa impostazione è successivamente apparsa riduttiva sotto vari profili ed è stata
abbandonata. Anzitutto è chiaro che la stessa ratio che vieta di monopolizzare denominazioni generiche e
indicazioni descrittive vale anche per i segni non denominativi che egualmente esprimano, in modo
generico, le caratteristiche del prodotto o del servizio contrassegnato, come le immagini che lo
rappresentino o le confezioni che riprendano la forma dei prodotti contenuti. Il rischio che si vuole evitare
vietando l’appropriazione come marchio dei segni generici è infatti quello che il monopolio sul segno
possa trasformarsi in monopolio sul prodotto. In secondo luogo, come più sopra ricordato, sono
egualmente privi di capacità distintiva anche i marchi che consistano esclusivamente in segni divenuti di
uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio; infine, possono esistere altri segni
che, pur non essendo né descrittivi, né di uso generale, egualmente non sono concretamente idonei ad
essere percepiti dal pubblico come segni distintivi. Occorre quindi verificare anche in positivo la
sussistenza del requisito della capacità distintiva. Il problema si pone in particolare per i marchi costituiti
dai colori, dalle forme del prodotto o della sua confezione.
L’art. 14, co.1, lett. a), cpi in ordine al requisito della liceità, stabilisce che non possono
costituire oggetto di registrazione come marchio di impresa i segni contrari alle legge, all’ordine pubblico
e al buon costume.
Il requisito della verità è espresso dall’art. 14, lett. b, cpi che vieta la registrazione di segni che
contengono indicazioni ingannevoli per il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla
natura o sulla qualità dei prodotti o servizi.
22
«Il marchio deve essere un’entità percettibile che sia sì connessa al prodotto e in grado di
differenziarlo, ma al tempo stesso sia estranea al prodotto stesso ed alle sue qualità, ovvero separabile dal
prodotto senza che la natura di questo ne sia alterata. In caso contrari, il marchio non sarebbe più un
16
caso Melanùs s.r.l., il tribunale di Napoli, con la sentenza del 16 dicembre 2005, ha
affermato che occorre distinguere la forma che costituisce un segno distintivo dalla
mera forma di un qualsiasi prodotto. «Il marchio di forma non si identifica mai con la
forma del prodotto contraddistinto, rispetto al quale deve sempre essere estrinseco. Ove
si ravvisi un’aderenza concettuale e visiva tra forma e prodotto (o, meglio, una
traduzione in termini visivi dello stesso contenuto), la forma non adempirà ad alcuna
funzione distintiva e, pertanto, non potrà costituire valido marchio. Al fine di
individuare il valido marchio di forma si deve tener conto delle modalità di utilizzazione
e di presentazione del prodotto, delle informazioni e delle suggestioni trasmesse
attraverso la pubblicità, della percezione che di quella data forma ha il pubblico».
In secondo luogo, la forma deve differenziarsi da quelle abitualmente utilizzate
nel settore di riferimento. Tuttavia, non ogni differenza o variazione rispetto alle forme
consuete è sufficiente a conferire distintività; occorre invece che dette variazioni siano
tali da consentire al consumatore medio di distinguere il prodotto interessato da quelli di
altre imprese, senza procedere ad un’analisi e senza dar prova di un’attenzione
particolare. Solo un marchio che si discosti in misura significativa dalla norma o dagli
usi del settore che, di conseguenza, assolva la sua funzione essenziale di indicatore
d’origine non è privo di carattere distintivo. Nel caso Lindt, il Tribunale di primo grado
dell’Unione europea, confermando la decisione dell’Ufficio per l’armonizzazione nel
mercato interno (in prosieguo UAMI), ha negato la registrazione come marchi
comunitari delle forme raffiguranti rispettivamente un coniglio di cioccolato con nastro
rosso e dai colori rosso, dorato e marrone, una renna di cioccolato con nastro rosso e dai
colori rosso, dorato e marrone, un campanellino con nastro rosso e dai colori rosso e
dorato e un coniglio di cioccolato dal colore dorato23. Nel caso Bounty, il Tribunale di
prima istanza, con la sentenza dell’8 luglio 2009, si è pronunciato in merito alla
registrabilità come marchio di una barretta di cioccolato rettangolare ed ha ritenuto che
tale forma non possa accedere alla protezione poiché priva del carattere distintivo,
ritrovandosi in prodotti similari24. Il Tribunale ha sottolineato inoltre che la valutazione
segno distintivo ma una caratteristica qualitativa del prodotto» (RICOLFI, I segni distintivi di impresa.
Marchio ditta insegna, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli,
Torino, 2009, 3 ed., 75).
23
Nella decisione il Tribunale ricorda anzitutto che il carattere distintivo di un marchio
significa che tale marchio consente di identificare il prodotto per cui viene chiesta la registrazione come
proveniente dal una determinata impresa e dunque di distinguere tale prodotto da quello delle altre
imprese. Nel caso di specie il Tribunale rileva che i marchi richiesti non possono essere considerati idonei
ad identificare l’origine commerciale dei prodotti da essi contrassegnati perché il consumatore non sarà in
grado di dedurne l’origine commerciale fondandosi sui diversi elementi di cui si compongono i marchi
richiesti, vale a dire la forma, l’imballaggio o il nastro rosso. Ciò è dovuto a tre ordini di ragioni:
innanzitutto, il coniglio, la renna e il campanellino sono le forme tipiche nelle quali si presentano il
cioccolato ed i prodotti di cioccolato in alcuni periodi dell’anno, in particolare a Pasqua e a Natale. Il
tribunale sottolinea poi che, nel settore del confezionamento del cioccolato e dei prodotti di cioccolato,
altre imprese imballano tali prodotti in un foglio dorato. Infine, per quanto riguarda il nastro rosso con
campanellino, il Tribunale osserva come sia di uso corrente decorare animali di cioccolato o il loro
imballaggio con fiocchi, nastri rosi e campanelle. In quanto semplice elemento di decorazione, il nastro
rosso con campanellino non presenta quindi alcun carattere distintivo.
24
Nell'esaminare la questione, analogamente al caso esposto in precedenza, il Tribunale ha
ricordato innanzitutto che ai sensi dell'art. 4 del regolamento 207/2009 un marchio commerciale non può
essere registrato se privo di carattere distintivo, ossia della capacità di identificare il prodotto a cui si
riferisce come proveniente da un determinato operatore e, perciò, di distinguerlo da qualsiasi altro. Nel
caso di specie, la registrazione era richiesta per la forma allungata rettangolare di un prodotto a base di
cioccolato e il Tribunale ha osservato, concordemente con quanto già concluso dall'Ufficio marchi, che
17
di tale carattere deve essere fatta in base alla percezione complessiva che può averne il
consumatore medio, senza l’utilizzo di criteri analitici25. Nel caso Mag Instrument del
2004, i marchi di cui era richiesta la registrazione erano forme di lampade tascabili,
aventi il corpo cilindrico o dotato di un’estremità allargata, immesse sul mercato dalla
omonima impresa. La corte di giustizia, avallando la decisione del Tribunale di primo
grado, ha affermato che la forma in questione è priva del carattere distintivo, non
essendo idonea a rendere immediatamente nota all’acquirente medio l’origine della
lampada tascabile26.
In terzo luogo i giudici comunitari hanno chiarito che maggiore è l’attinenza
concettuale e visiva tra forma e prodotto, minori sono le possibilità che la forma sia
considerata distintiva e viceversa27. Sarà quindi più probabile ottenere la registrazione
della forma di un prodotto come marchio quando essa si differenzi dall’aspetto comune
del prodotto o della confezione, tenuto conto sempre della percezione del consumatore
medio. Ad esempio, nel caso Daimler Chrysler28, il Tribunale ha ritenuto che la forma di
una calandra di veicolo fosse dotata di carattere distintivo e registrabile come marchio,
poiché la calandra è divenuta un elemento essenziale dell'aspetto dei veicoli e della
tale conformazione è piuttosto comune per quel genere di prodotti. Né i terminali arrotondati della
barretta potevano a loro volta costituire un indice sufficiente tale da differenziarla da prodotti similari,
tanto più che il prodotto veniva venduto confezionato, sicché tali caratteristiche di forma erano visibili da
parte del consumatore solo successivamente all’acquisto, una volta scartato il prodotto.
25
La normativa interna è conforme a quella europea, essendone una diretta filiazione. La corte
di cassazione ha infatti affermato, in recenti sentenze, che il giudizio sulla sussistenza della capacità
distintiva del marchio non va compiuto in via analitica, attraverso l’ esame particolareggiato e la separata
valutazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica, vale a dire con riguardo all'insieme
degli elementi salienti, grafici, visivi e fonetici (Cass. 28 ottobre 2005 n. 21086, in Mass. Giust. Civ.
2005) o, come anche è stato detto, alla stregua della impressione complessiva che il confronto tra segni in
conflitto può suscitare nel consumatore medio (Cass. 25 giungo 2007 n. 14684, in Mass. Giust. Civ.
2005).
26
Fra le altre decisioni in cui i giudici comunitari hanno riscontrato la carenza del carattere
distintivo ricordiamo i seguenti casi: Trib. di Primo Grado, 10 novembre 2004, caso August Stork, in
http://www.mglobale.it/Internazionalizzazione/Marchi/Registrazione/Registrare_la_forma_di_un_prodott
o.kl, riguardante forme di caramella per contraddistinguere caramelle; Trib. di Primo Grado, 24 aprile
2004,
caso
Eurocermex,
in
http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62002A0399:IT:PDF,
relativo
alla
registrabilità come marchio di una bottiglia a collo lungo con fetta di limone per birra; Trib. di primo
grado,
24
novembre
2004,
caso
Deutsche
Sisi,
in
http://www.mglobale.it/Internazionalizzazione/Marchi/Registrazione/Registrare_la_forma_di_un_prodott
o.kl, relativo a forme di sacchetti che stanno in piedi come confezione per bevande; Trib. di Primo Grado,
23
novembre
2004,
caso
Frischpak,
in
http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62003A0360:IT:PDF,
avente
ad
oggetto
confezioni a forma di carena di imbarcazione per contraddistinguere formaggi; Trib. di Primo Grado, 30
aprile
2003,
caso
Axinos,
in
http://www.mglobale.it/Internazionalizzazione/Marchi/Registrazione/Registrare_la_forma_di_un_prodott
o.kl , sulla registrabilità di una forma di sigaro di colore bruno e di lingotto d’oro per contraddistinguere
cioccolato;
Trib.
di
Primo
Grado,
5
marzo
2003,
caso
Unilever,
in
http://www.altalex.com/index.php?idnot=1822, riguardante la forma di pasticche ovoidali per
lavastoviglie per contraddistinguere detersivi; Trib. di primo grado, 20 settembre 2001, caso Procter end
Gamble, in http://oami.europa.eu/it/mark/aspects/jugement/jj990383.htm, relativo alla registrabilità come
marchio di forme di pasticche rettangolari depositate come marchio per distinguere detersivi.
27
In altre parole, quanto più la forma della quale è richiesta la registrazione è intrinsecamente
propria di quel tipo di prodotto, tanto più detta forma sarà tendenzialmente priva di capacità distintiva.
28
Trib. di Primo Grado, 6 marzo 2003, caso Daimler Chrysler, in http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62001A0128:IT:HTML.
18
differenziazione tra i modelli esistenti sul mercato realizzati dai vari costruttori, e la
calandra in questione non era di aspetto usuale. Analogamente, nel caso Henkel29,
relativo alla forma insolita di un flacone bianco e trasparente depositato come marchio
comunitario per sapone e profumi.
Infine, se sulla forma sono apposto elementi distintivi quali parole, figure o
etichette, di norma il marchio sarà registrabile nel suo complesso. Così, nel caso Nestlé
Waters France30 il Tribunale ha ritenuto che la forma di una bottiglia con stella in rilievo
e tappo blù fosse dotata di carattere distintivo a causa del suo aspetto particolare
d’insieme.
Subito dopo aver ammesso, in linea generale, la registrabilità come marchio
della forma del prodotto e del suo confezionamento, i legislatori comunitario e
nazionale la circondano di cautele. Il riferimento è, rispettivamente, all’art. 3 della
direttiva 89/104/CEE, all’art. 7, co.1, lett. e) del regolamento e all’art. 9 del cpi. L’art. 3
della direttiva è intitolato “Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità”31. Tra gli
impedimenti assoluti, l’art. 3, n. 1, dispone che sono esclusi dalla registrazione o, se
registrati, possono essere dichiarati nulli i segni costituiti esclusivamente dalla forma
imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere
un risultato tecnico e dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto. L’art. 7 co.1
del regolamento, alla lettera e), dispone, a sua volta, che non possono accedere alla
registrazione come marchi i segni siano costituiti esclusivamente dalla forma imposta
dalla natura stessa del prodotto, o dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un
risultato tecnico, oppure dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto. Le
medesime cause sono indicate dall’art. 9 del cpi. Questi limiti si spiegano alla luce di
un’esigenza anti monopolistica. Dal momento che la registrazione comporta una
privativa, ossia il diritto all’utilizzo esclusivo di quel determinato marchio, si vuole
evitare che il monopolio della forma si trasformi in un monopolio sull’attività
produttiva di quel bene, tanto più se si considera che l’esclusiva sui marchi è
potenzialmente perpetua, a differenza di quella brevettuale e di quella attribuita dal
diritto d’autore, che sono sempre temporanee. Di conseguenza, se il marchio fosse privo
di reali caratteri distintivi, la conseguente limitazione ad ogni altro operatore economico
del settore di utilizzare quel marchio, che ne deriverebbe, sarebbe ingiustificata e
comporterebbe una grave e inammissibile lesione alla libera concorrenza32.
29
Trib. di primo grado, 24 novembre 2004, caso Deutsche Sisi, in
http://www.mglobale.it/Internazionalizzazione/Marchi/Registrazione/Registrare_la_forma_di_un_prodott
o.kl.
30
Trib. di Primo Grado, 3 dicembre 2003, caso Nestlé Waters France, in
http://images.to.camcom.it/f/PatLib/Te/TestoCosta.pdf .
31
È da notare che la tecnica legislativa adottata dal consiglio nella direttiva in esame
corrisponde alla tecnica legislativa del regolamento: dopo aver indicato quali sono i segni suscettibili di
costituire un marchio d’impresa, con un’elencazione di carattere non tassativo, il legislatore comunitario
dispone, negli articoli successivi, quelli che sono gli impedimenti alla registrazione del marchio. Alcuni
impedimenti, indicati dall’art. 3 della direttiva, vengono classificati come assoluti perché posti alla tutela
di interessi di ordine generale, quali la mancanza dei requisiti di capacità distintiva o di liceità. Altri
impedimenti alla registrazione vengono classificati come relativi e sono quelli indicati dall’art. 4, la cui
giustificazione è individuabile nell’esigenza di tutela dei diritti che fanno capo ad un terzo. La relatività di
questi impedimenti è data dal fatto che il consenso del terzo titolare dei diritti può far sì che il marchio
possa ugualmente essere considerato valido.
32
RICOLFI, I segni distintivi di impresa. Marchio ditta insegna, in AA. VV., Diritto industriale
proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 86.
19
In primo luogo non può essere registrata come marchio la forma imposta dalla
natura stessa del prodotto, intendendosi come tale la forma senza la quale il prodotto
stesso non esisterebbe33. Sono considerate forme necessarie, le forme dei prodotti
naturali o anche quelle ormai standardizzate nel commercio e nell’opinione dei
consumatori. La corte di giustizia, nel caso Henkel, ha precisato che nel concetto di
forma del prodotto rientra anche la confezione dei prodotti privi di una loro forma
intrinseca ed il cui commercio esiga, per l’appunto, una confezione (come i prodotti in
forma granulare o liquida)34. La registrazione come marchio di una forma necessaria
avrebbe, quindi, l’effetto di creare un monopolio di fabbricazione di quel bene, con
grave disagio dei concorrenti e senza che ricorra alcuno dei motivi, espressi dalla
disciplina dei brevetti per invenzione o modello e dal diritto d’autore, in grado di
legittimare una restrizione così forte alla libertà di iniziativa economica e alla libera
concorrenza35. Riportandoci al caso della Mars, se fosse stata concessa la registrazione
del marchio costituito dalla forma rettangolare della barretta di cioccolato ne sarebbe
derivato che nessun altro produttore avrebbe potuto utilizzarla per commercializzare il
suo cioccolato, con un effetto gravemente distorsivo, tanto più se si pensa che detta
forma è una di quelle più tipiche.
In secondo luogo non possono essere registrati come marchi i segni costituiti
esclusivamente dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico. La
disposizione in esame si preoccupa di coordinare la protezione conferita dal diritto dei
marchi con la protezione offerta dal brevetto. Essa enuncia il principio secondo cui una
forma funzionale che sia proteggibile come modello o come invenzione non può
accedere alla tutela come marchio. Questa regola muove dalla considerazione che la
forma avente valore funzionale trova autonoma protezione nella disciplina del brevetto
per invenzione e modello e che tale tutela esige, come presupposti, oltre alla novità, la
presenza di un apporto creativo dell’inventore. Di conseguenza, se si ammettesse la
registrazione come marchio delle forme funzionali, peraltro slegata da ogni valutazione
di meritevolezza e per giunta di durata illimitata, si finirebbe per vanificare la disciplina
dei brevetti perché i produttori opterebbero per la forma di tutela più agevole. Poiché la
regola in esame muove dall’esigenza di non vanificare il sistema dei modelli di utilità,
essa non ha motivo di escludere la registrabilità come modello delle forme che non
sarebbero comunque brevettabili come modello. E poiché il brevetto per modello di
utilità può essere concesso solo alle forme che esprimono un concetto innovativo, potrà
essere registrata come marchio la forma che, pur svolgendo una funzione tecnica non
rappresenti un nuovo concetto innovativo36. L’art. 9 vieta la registrabilità solo dei segni
consistenti esclusivamente in forme necessarie per ottenere un risultato tecnico.
Secondo parte della dottrina37, la disposizione ammetterebbe la registrabilità come
marchio di forme che pur avendo una forma utile non sono tuttavia indispensabili per
ottenere l’effetto tecnico, che può essere raggiungo anche con altre forme.
33
Ad esempio, la forma rotonda di un pallone da calcio.
Nel caso giurisprudenziale richiamato, si trattava di un flacone bianco e trasparente per
sapone e profumi.
35
RICOLFI, I segni distintivi di impresa. Marchio ditta insegna, in AA. VV., Diritto industriale
proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 86; DI CATALDO, I segni distintivi,
Giuffrè, Milano, 1993, 86 ss.
36
RICOLFI, I segni distintivi di impresa. Marchio ditta insegna, in AA. VV., Diritto industriale
proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 86; DI CATALDO, I segni distintivi,
Giuffrè, Milano, 1993, 88 ss.
37
DI CATALDO, I segni distintivi, Giuffrè, Milano, 1993, 88 ss.
34
20
Questa limitazione è stata affrontata dalla corte di giustizia con varie pronunce,
tra le quali ricordiamo la sentenza 14 dicembre 2010 relativa al caso dei mattoncini di
lego e la decisione 18 giugno 2002, riguardante i rasoi elettrici. Con la prima la corte ha
negato la protezione come marchi di forma ai mattoncini lego, in considerazione del
fatto che il marchio in questione risulta costituito esclusivamente dalla forma del
prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico38. Nel caso Philips c. Remington,
invece, la corte era stata chiamata a fornire, in via pregiudiziale, l’interpretazione di
alcune disposizioni della direttiva n. 89/104/CEE39. Con riferimento all’art. 3, n. 1, lett.
e, della direttiva la corte afferma che tale disposizione deve essere interpretata nel senso
che un segno costituito esclusivamente dalla forma di un prodotto non può essere
registrato come marchio quando risulti comprovato che le caratteristiche funzionali
essenziali di tale forma sono attribuibili esclusivamente al risultato tecnico. La norma
persegue infatti la finalità di interesse generale a che tali forme possano essere
liberamente utilizzate da tutti. La corte precisa inoltre che il divieto in questione può
essere disatteso qualora venga dimostrata l’esistenza di altre forme che permettono di
ottenere lo stesso risultato tecnico.
La terza condizione espressa dall’art. 9 cpi perché una forma possa essere
registrata come marchio è che non si tratti esclusivamente di una forma che dà valore
sostanziale al prodotto. Il significato dell’espressione “valore sostanziale” è mutata a
seconda che ci si riferisca al periodo antecedente alla riforma del 1992 o successivo.
38
Nella decisione in esame, la corte ha ricordato che l’inserimento nell’art. 7, n. 1, del
regolamento n. 40/94 del divieto di registrare come marchio qualsiasi segno costituito dalla forma del
prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico garantisce che le imprese non possano avvalersi del
diritto dei marchi per perpetuare, senza limiti nel tempo, diritti esclusivi vertenti su soluzioni tecniche.
Circoscrivendo l’impedimento alla registrazione ai segni costituiti esclusivamente dalla forma del
prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, il legislatore ha tenuto debitamente in considerazione
la circostanza che tutte le forme di prodotto, in una certa misura, sono funzionali e che pertanto sarebbe
inopportuno escludere la registrazione come marchio di una forma di prodotto per il solo motivo che essa
presenta caratteristiche funzionali. Impiegando i termini «esclusivamente» e «necessaria», tale
disposizione garantisce che la registrazione sia esclusa solamente per le forme di prodotto che si limitano
ad incorporare una soluzione tecnica e la cui registrazione come marchio comprometterebbe quindi
effettivamente l’utilizzo di tale soluzione tecnica da parte di altre imprese.
Inoltre, la circostanza che in determinati casi il medesimo risultato tecnico può essere ottenuto
attraverso forme alternative, non produce la conseguenza che la registrazione come marchio della forma
in esame lascerebbe intatta la disponibilità per gli altri operatori economici della soluzione tecnica che
essa incorpora.
39
La Philips, nota marca produttrice di rasoi elettrici, nel 1996 creò un nuovo tipo di rasoio
elettrico la cui testa era di forma triangolare con inglobate tre testine con lame rotanti. Dopo diciannove
anni, nel 1985, la Philips depositò un marchio consistente nella rappresentazione grafica della forma e
della configurazione della testa di detto rasoio graficamente raffigurante un triangolo equilatero i cui
angoli erano composti dalle tre testine circolari a lame rotanti. Il marchio ottenne la registrazione nel
Regno Unito, a seguito dell’uso. Nel 1995 la Remington, anch’essa società produttrice di rasoi elettrici,
iniziò la fabbricazione e la commercializzazione nel Regno Unito di un rasoio elettrico con testa a forma
di triangolo equilatero e tre testine a lame rotanti la cui configurazione era quindi simile a quella creata
dalla Philips circa trent’anni prima. La Philips, conseguentemente convenne in giudizio la Remington
davanti alla High Court of Justice, lamentando la violazione del proprio diritto al marchio. La R si costituì
resistendo e presentando domanda riconvenzionale di declaratoria di annullamento del marchio registrato
dalla Philips. Il procedimento in primo grado si chiuse con l’accoglimento della domanda riconvenzionale
e il conseguente annullamento della registrazione del marchio. La Philips propose appello innanzi alla
Court of Appeal. In secondo grado sia la Philips che la Remington sollevarono questioni relative
all’interpretazione degli artt. 2 e 3 n.1, lett a), b), d) e n.3 della direttiva 89/104/CEE. Venne
conseguentemente instaurato innanzi alla corte di giustizia europea il procedimento che si concluse con la
sentenza del 18 giugno 2002.
21
Nel primo caso l’art. 9 del cpi doveva essere interpretato alla luce delle altre
disposizioni allora vigenti, in particolare della disciplina dei modelli ornamentali.
Questa subordinava l’accesso alla tutela alla condizione che la forma superasse un certo
livello estetico, non essendo sufficiente la sua generica gradevolezza. In questo contesto
il valore sostanziale veniva identificato nello speciale ornamento e l’art. 9 operava nel
senso di vietare la registrazione alle forme che potevano accedere alla tutela brevettuale.
Soltanto le forme prive dello speciale ornamento potevano essere registrate come
marchio e ciò per evitare di vanificare il sistema di protezione dei modelli
ornamentali40. Con la riforma della disciplina del 2001, che ha abrogato i modelli
ornamentali, questa esigenza di coordinamento è venuta meno. Nel nuovo contesto
normativo, la dottrina41 attribuisce all’espressione “valore sostanziale” un significato
autonomo, individuandolo nelle caratteristiche estetiche della forma del prodotto che
sono determinanti nella scelta d’acquisto del consumatore o comunque la influenzano
apprezzabilmente. Conseguentemente, sono registrabili come marchio le forme che, sia
pur esteticamente gradevoli, sono prive di tale forza attrattiva. Anche la recente
giurisprudenza nazionale ha avallato questa interpretazione42. Nel caso Glimar, il
tribunale di Venezia, con la sentenza 29 giugno 2007, afferma che «L’impedimento alla
registrazione dei marchi tridimensionali ricorre quando il marchio, per le specifiche
modalità di realizzazione e non per il suo carattere distintivo, dia al prodotto un aspetto
estetico idoneo ad assicurargli un significativo vantaggio competitivo; il segno non
svolge più la funzione tipica del marchio di collegamento del prodotto ad una data
impresa ed al valore ad essa connesso, non svolge più la sua funzione di trasferire sul
prodotto contrassegnato quelle caratteristiche proprie di prodotti con lo stesso marchio e
provenienti quindi dalla stessa impresa, ma ha un valore estetico autonomo, di per sé
decisivo nell’esercitare un’autonoma forza attrattiva sul consumatore: il consumatore,
quindi, non acquisterà più il prodotto in considerazione della provenienza indicata dal
marchio, ma per la forza attrattiva del suo aspetto estetico, ottenuto attraverso una
peculiare realizzazione del segno. Proprio in questa ipotesi, infatti, il marchio perde la
sua funzione distintiva ed assume una estranea funzione estetica». Nel caso di specie, il
marchio contestato in riconvenzionale per nullità dalla concorrente convenuta per
contraffazione, era costituito dal segno figurativo “ICE” impresso sulla stanghetta di
una linea di occhiali. In merito il tribunale ha ritenuto che tale forma, pur presentando
una sua individualità, non fosse connotata, dal punto di vista estetico, da un gradiente di
originalità tale da costituire autonoma ragione di acquisto del prodotto43.
A conclusione del nostro discorso sui requisiti di proteggibilità dei marchi di
forma rimane da esaminare il tema del cd. secundary meaning. Questo istituto, previsto
40
DI CATALDO, I segni distintivi, Giuffrè, Milano, 1993, 88 ss.
RICOLFI, I segni distintivi di impresa. Marchio ditta insegna, in AA. VV., Diritto industriale
proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 87.
42
A livello europeo si segnala una sola decisione, la sentenza del 20-9-2007 (caso Benetton
contro G-Star, jeans Elwood). Questa pronuncia riguarda l’esclusione dalla registrazione come marchio
della forma che dà un valore sostanziale al prodotto anche quando la forma abbia acquisito carattere
distintivo, grazie alla sua notorietà, prima del deposito della domanda di registrazione e quindi concerne
sostanzialmente gli artt. 3 par. 3 della direttiva e 7 co. 3 del regolamento, di cui ci occuperemo più avanti.
43
Secondo la riccorrente, invece, il marchio era utilizzato con modalità tali da attribuire al
prodotto un valore sostanziale e, per le modalità con cui è reso (con strass o lettere metalliche di peculiare
grafismo), attribuiva al prodotto cui era applicato un valore estetico autonomo, tanto da far scendere in
secondo piano la funzione distintiva del marchio ed addirittura da risultare difficilmente leggibile la
parola “ICE”.
41
22
e disciplinato per prima dalla direttiva comunitaria, ammette che la capacità distintiva di
un marchio di impresa originariamente assente possa essere acquisita con l’uso. In
particolare, l’art. 3, par. 3, della direttiva dispone che un marchio non è escludo dalla
registrazione o, se registrato, non può essere dichiarato nullo ai sensi del par. 1, lett. b
(marchi di impresa privi di carattere distintivo), c (marchi di impresa composti
esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare la
specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica
ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto e della prestazione del servizio, o altre
caratteristiche del prodotto) e d (i marchi di impresa composti esclusivamente da segni o
indicazioni che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi leali e
costanti del commercio), se prima della domanda di registrazione o a seguito dell’uso
che è stato fatto esso ha acquisito un carattere distintivo44. Analogamente, l’art. 7 co. 3
del regolamento CE 40/94 stabilisce che il paragrafo 1, lettere b), c) e d), non si applica
se il marchio ha acquistato, per tutti i prodotti o servizi per i quali si chiede la
registrazione, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne ètato fatto. L’istituto del
secondary meaning è stato recepito nell’ordinamento nazionale. L’art. 13, co. 2, cpi
ammette che un marchio originariamente privo di capacità distintiva possa acquisirla,
anche dopo la registrazione, per effetto dell’uso del segno sul mercato e che in tal caso
la sua invalidità originaria venga sanata. Con particolare riferimento ai marchi di forma,
la capacità distintiva deve intendersi acquisita se risulta che gli ambienti interessati o
quantomeno una frazione significativa di questi identificano, grazie al marchio, il
prodotto come proveniente da un’impresa determinata in virtù di elementi quali la quota
di mercato detenuta dal marchio, oppure l’intensità, l’estensione geografica e la durata
dell’uso del marchio, o l’entità degli investimenti promozionali, oppure le dichiarazioni
delle camere di commercio o di altre associazioni professionali. Tali criteri sono
precisati dalla Corte di giustizia nel caso Philips. Più precisamente, con la terza
questione pregiudiziale, il giudice a quo chiede alla corte se, qualora un operatore
economico sia l’unico ad immettere sul mercato determinati prodotti, l’uso su larga
scala di un segno, il quale consiste nella forma di detti prodotti, può essere sufficiente
ad attribuire al segno un carattere distintivo ai fini dell’art. 3 par. 3 della direttiva n.
89/104. In proposito la corte ha stabilito che tale utilizzazione è sufficiente quando, in
conseguenza di questo uso, una parte sostanziale degli ambienti interessati associa tale
forma del prodotto a quella dell’operatore, ad esclusione di qualsiasi altra impresa o, in
assenza di contraria indicazione, crede che i prodotti aventi tale forma provengano da
quest’ultimo. Il carattere distintivo, acquisito attraverso l’uso deve essere valutato
tenendo in considerazione alcune circostanze, quali la quota del mercato detenuta dal
marchio, l’intensità, l’estensione geografica e la durata dell’uso di tale marchio, gli
investimenti effettuati e l’ampiezza degli ambienti interessati, che devono essere
44
La norma fa salva l’ipotesi in cui un segno, privo di carattere distintivo o composto da
indicazioni descrittive o divenute di uso comune nel linguaggio corrente, possa venire ugualmente
registrato validamente se prima del momento del deposito della domanda di registrazione, a seguito
dell’uso che ne è stato fatto dall’imprenditore, esso ha acquisito un carattere distintivo di riferimento
all’impresa titolare. Un segno generico può quindi essere usato dall’imprenditore ricollegandolo a certi
beni o servizi specifici dell’impresa ed acquisire, in conseguenza di un uso duraturo, un messaggio
distintivo (cd. secundary meaning) che si somma al suo significato generico. Questo contenuto ulteriore
consiste proprio nella riconducibilità dei prodotti e dei servizi designati dal marchio all’impresa dalla
quale essi provengono. La convinzione che il marchio abbia assunto un secundary meaning deve
riguardare il pubblico al quale i beni o i servizi si rivolgono. Spetta al titolare del marchio l’onere della
prova di dimostrare che il marchio abbia assunto capacità distintiva.
23
accertate dal giudice nazionale avendo quale riferimento l’aspettativa presunta di un
consumatore medio dei prodotti o servizi in questione, normalmente informato e
ragionevolmente avveduto.
Per converso, nel caso in cui la capacità distintiva venga meno dopo la
registrazione, il marchio originariamente valido è soggetto a decadenza. A tal fine, l’art.
50 del regolamento e l’art. 13, co. 4, cpi precisano che la perdita di capacità distintiva
deve essersi prodotta «per il fatto dell’attività o dell’inattività del suo titolare». La Corte
di Giustizia europea ha recentemente precisato che l’inattività del titolare può anche
consistere nell’omesso ricorso in tempo utile all’autorità competente al fine di chiedere
di vietare ai terzi interessati l’uso del segno.
La forma del prodotto e del suo confezionamento, trovano tutela non soltanto
nella disciplina brevettuale del modello di utilità e nella registrazione del marchio di
forma, ma anche nelle norme sull’imitazione servile. In proposito, l’art. 2598, co.1,
dispone che compie atti di concorrenza sleale chiunque imita servilmente i prodotti di
un concorrente. È questa una formula molta ampia, che è stata però oggetto di
interpretazioni sempre più restrittive.
Un primo limite che è stato posto all’interpretazione della norma riguarda le
parti del prodotto la cui imitazione può ritenersi illecita. A prima lettura, la disposizione
sembrerebbe configurare come illecito l’imitazione di qualsiasi parte del prodotto, a
condizione che l’imitazione sia fedele. Tuttavia la collocazione sistematica della norma
suggerisce una diversa conclusione. Infatti, il divieto dell’imitazione servile è inserito
nell’ambito della tutela confusoria, come emerge dal testo normativo che si riferisce ad
atti idonei a produrre confusione. Questa conclusione è suffragata del fatto che subito
dopo aver parlato di imitazione servile la norma parla di qualsiasi altro mezzo appunto
idoneo a creare confusione, cosicché guardato complessivamente il dettato legislativo
indica univocamente che anche l’imitazione servile è un mezzo confusorio. Ne discende
che le parti del prodotto tutelabili sono solo quelle relative alle parti appariscenti,
esterne del prodotto, perché solo l’imitazione di esse può ingenerare confusione in chi
guarda il prodotto stesso. Per contro si esclude che possa qualificarsi imitazione servile
la fedele riproduzione delle parti interne e strutturali45.
Il secondo limite attiene ai requisiti della forma tutelabile. Si dovrà trattare
innanzitutto di una forma in qualche modo già nota al mercato, non semplicemente
creata o progettata da un imprenditore, dato che la tutela contro l’imitazione servile non
è una tutela della creazione, bensì una tutela contro una confusione che può prodursi
solo in quanto la forma imitata sia nota al consumatore46. In secondo luogo, poiché
l’unico scopo dell’art. 2598 n. 1 è proprio quello di impedire la confusione tra i prodotti
e le attività dei concorrenti, possono essere protette soltanto le forme individualizzanti,
cioè quelle che sono idonee ad individuare la provenienza dei prodotti di una
determinata impresa. Per poter essere considerata individualizzante una forma deve
essere dotata di capacità distintiva. Ne discende che l’imitazione di forme elementari, di
uso comune o non caratterizzanti, anche se servile, non costituisce illecito47. È indubbio
45
VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffré, Milano, 2009, 6 ed., 57 ss.
VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffré, Milano, 2009, 6 ed., 59 ss.;
Trib Firenze, 14 gennaio 1997, in IDI 1997, 579; Trib Napoli, 8 novembre 1996, in IDI 1997, 193; Trib.
Torino, 15 maggio 1995, in IDI 1996, 379.
47
VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffré, Milano, 2009, 6 ed., 60;
Pret. Monza, 4 luglio 1988, in Giur. Ann Dir. Ind. 1988, 2323; Trib. di Milano, 23 aprile 1979, in GADI
1979, 1188; App. Milano, 27 ottobre 1978, in Giur. Ann Dir Ind. 1978, 1090; App. Milano, 10 gennaio
46
24
che quando si parla di imitazione servile ci si riferisce anche ai segni distintivi non
registrati.
Il terzo limite riguarda il coordinamento con la disciplina brevettuale. La
disciplina brevettuale persegue scopi differenti da quella concorrenziale ed ha perciò un
diverso ambito di applicazione. Più precisamente, il divieto di imitazione servile ha
come obiettivo quello di reprimere il comportamento degli imprenditori che imitino,
appunto, servilmente i prodotti altrui, mentre, il sistema brevettuale ha lo scopo di
incentivare la ricerca per arricchire il patrimonio collettivo di conoscenze nel settore
della tecnica. Questa incentivazione si ottiene attribuendo all’inventore un diritto di
esclusiva, necessariamente limitato nel tempo, allo sfruttamento economico
dell’invenzione. Una volta scaduto il brevetto, l’innovazione cade in pubblico dominio.
Nell’ambito del sistema brevettuale il tipo che qui interessa è il brevetto per modello di
utilità. Questo tipo di modello, infatti, protegge le innovazioni tecniche concernenti la
forma del prodotto e il suo confezionamento, che sono proprio l’oggetto dell’imitazione
servile. Il brevetto per modello di utilità dura dieci anni. Di contro la tutela apprestata
contro l’imitazione servile non ha alcun limite temporale, ed è quindi potenzialmente
perpetua. I requisiti richiesti per la brevettabilità di un prodotto sono la novità e
l’originalità, mentre per la tutela contro l’imitazione servile è sufficiente la distintività
del prodotto rispetto agli altri concorrenti sul mercato, rileva la confondibilità in
concreto tra i prodotti. Il conflitto tra le due discipline nasce quando la forma avente
carattere distintivo presenta anche un contenuto nuovo ed originale, rendendole
applicabili entrambe. Da un lato, infatti, la tutela brevettuale esigerebbe che, una volta
scaduto il brevetto, la forma in questione possa essere liberamente adottata per i propri
prodotti da chiunque; dall’altro, il divieto di imitazione servile vieta senza limiti di
tempo la sua imitazione da parte di altri. Il conflitto viene risolto nel modo che segue: le
forme suscettibili di costituire oggetto di brevettazione come modelli di utilità non sono
tutelabili contro l’imitazione servile e dunque sono liberamente imitabili ove non siano
state brevettate o comunque dopo la scadenza del relativo brevetto; di contro, le forme
prive dei requisiti di brevettabilità ma dotate di capacità distintiva sono tutelabili contro
l’imitazione servile48.
Un consolidato orientamento dottrinale afferma che il divieto di imitazione
servile cessa di operare in rapporto alle cd. forme funzionali o necessarie, ovvero quelle
che coincidono con le caratteristiche strutturali o di funzionalità e delle quali è
inevitabile l’esatta riproduzione se non voglia pregiudicarsi l’utilità che esse
presentano49. Molte sentenze50, in accordo con la dottrina, hanno sottolineato questo
limite, precisando che la forma rilevante ai fini della tutela contro l’imitazione servile
non deve essere imposta da esigenze tecniche, né necessitate dalla funzione, né in stretta
connessione con la particolare efficacia e comodità d’uso conferita al prodotto. In
coerenza con questo orientamento si è ammessa la riproducibilità della forma di una
confezione se strettamente condizionata dalla forma del prodotto che essa racchiude51.
Sempre in relazione a queste forme funzionali si è discusso se l’esclusione di esse dalla
1978, in GADI 1978, 1030; Trib Monza, 31 gennaio 1974, in GADI 1974, 542; Cass. 22 ottobre 1974 n.
3014, in GADI 1974, 474.
48
VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffré, Milano, 2009, 6 ed., 60 ss.;
AUTERI, La concorrenza sleale, in Tratt. Dir. priv., vol. 18, tomo IV, UTET, Torino, 1983, 377 ss.
49
VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffré, Milano, 2009, 6 ed., 63 ss.
50
Trib. Verona, 5 ottobre 1993, in Riv. Dir. Ind. 1993, 379; Trib Milano, 27 novembre 1990, in
Riv. Dir. Ind. 1993, 221.
51
Trib Milano, 22 giugno 1973, in GADI 1973, 356.
25
tutela contro l’imitazione servile andasse limitata a quelle che si presentavano come
necessarie, inderogabili, per il conseguimento dell’utilità conferita al prodotto, ovvero
dovesse estendersi a tutte le forme utili, ancorché fungibili, nel senso di sostituibili da
altre capaci di conferire la medesima utilità. La dottrina ritiene che, in assenza di
brevettazione siano liberamente imitabili non soltanto le forme necessarie e
inderogabili, bensì anche le forme che, pur essendo fungibili ai fini del conseguimento
della medesima utilità, siano caratterizzate da un proprio contenuto innovativo. Di
contro, in assenza di brevettazione, sono tutelate contro l’imitazione servile le forme
utili che, oltre ad essere derogabili, si collochino nell’ambito di un concetto innovativo
già noto o non tutelato brevettualmente52. Questo orientamento è confermato dall’art.
82, co. 3, cpi, secondo cui gli effetti del brevetto per modello di utilità si estendono al
modelli che conseguono pari utilità, purché utilizzino lo stesso concetto innovativo.
Dalla disposizione ora richiamata discende che oggetto della protezione dei modelli di
utilità è proprio questo concetto innovativo, i cui caratteri si riconducono alla novità e
all’originalità. In assenza di brevettazione, sono pertanto liberamente imitabili le forme
che presentano tale carattere; di contro sono tutelate contro l’imitazione servile le forme
che si pongono nell’ambito del medesimo concetto e sono dotate di carattere distintivo.
Ad esempio, utilizzare per connettere in serie dei contenitori di plastica, un innesto a
baionetta fra ogni contenitore e il suo successivo oppure una connessione a pressione
(come i bottoni automatici) rappresenta due soluzioni aventi ciascuna un autonomo
carattere innovativo; al contrario, rendere una superficie più ruvida e dunque più
comodamente impugnabile, con lavorazioni composte da disegni diversi (righe
parallele, rilievi aventi una forma ondulatoria, rilievi puntiformi) rappresenta due modi
per attuare la medesima idea e dunque si colloca nell’ambito del medesimo concetto
innovativo. Di conseguenza, mentre le prime, se non brevettate sono liberamente
imitabili, le seconde, se dotate di carattere distintivo, sono tutelabili contro l’imitazione
servile53.
In conclusione, possiamo richiamare due ulteriori profili della disciplina
dell’imitazione servile di carattere generale. Il primo riguarda il caso in cui l’imitazione
della forma sia accompagnata da elementi di differenziazione percepibili dal pubblico,
come avviene, ad esempio, quando l’imitatore appone il proprio marchio sul prodotto
imitato. In proposito, la dottrina ritiene che l’imitazione sia lecita se non è tale da
generare, in concreto, un effetto confusorio. Il secondo aspetto consiste in ciò: la figura
dell’imitazione servile ricorre non soltanto quando la confusione da essa generata ricade
sul primo acquirente, ma anche quando intacca la sfera dei terzi. Si pensi, ad esempio, al
caso di colui che acquista consapevolmente la riproduzione di un prodotto molto
costoso al fine di esibirlo, per far credere alle altre persone di possedere un prodotto di
gran marca54.
L’aspetto esteriore di un prodotto può essere tutelato anche attraverso la
normativa sui disegni e modelli, prevista dagli artt. 31-43, contenuti nel capo II, sezione
III, cpi.
L’art. 31, co. 1, del cpi dispone che «possono costituire oggetto di registrazione
come disegni e modelli l’aspetto dell’intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in
particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della
struttura superficiale, ovvero dei materiali del prodotto stesso ovvero del suo
52
VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffré, Milano, 2009, 6 ed., 65 ss.
VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffré, Milano, 2009, 6 ed., 64 ss.
54
VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffré, Milano, 2009, 6 ed., 58 ss.
53
26
ornamento». Per «disegni» si intende la forma bidimensionale, mentre per «modelli» la
forma tridimensionale di un oggetto. La creazione intellettuale protetta dalla privativa
sui disegni e modelli non è il prodotto in sé, bensì il suo aspetto esteriore quale risulta
dalle linee, dai contorni, dai colori, dalla forma, dalla struttura superficiale, dai materiali
o dal suo ornamento. Essa, quindi, riceve protezione in funzione della sua idoneità ad
incidere sulle caratteristiche esteriori del prodotto in modo tale da conferirgli un
determinato aspetto. Oggetto della protezione può essere l’aspetto dell’intero prodotto o
di una sua parte.
Il co.2 specifica la nozione di prodotto, stabilendo che per esso si intende
«qualsiasi oggetto industriale o artigianale, compresi tra l’altro i componenti che
devono essere assemblati per formare un prodotto complesso, gli imballaggi, le
presentazioni, i simboli grafici e caratteri tipografici, esclusi i programmi per
elaboratore».
A sua volta, il co. 3, aggiunge che per prodotto complesso si intende «un
prodotto formato da più componenti che possono essere sostituiti, consentendo lo
smontaggio e un nuovo montaggio del prodotto». Il riferimento ai componenti che
devono essere assemblati per formare un prodotto complesso e ai componenti che
possono essere sostituiti ha consentito di ammettere alla protezione anche i cd. body
panels, ovvero le parti staccate della carrozzeria della automobili55.
55
La disposizione in commento ha risolto un acceso conflitto tra le case automobilistiche e le
imprese dei cd. ricambisti indipendenti. Nel vigore della legge modelli (r.d. 25 agosto 1940, n. 1411), la
corte di cassazione aveva negato la registrabilità delle parti staccate della carrozzeria, sul presupposto che
esse non erano in grado di colpire il senso estetico dell’osservatore. L’art. 5 della l.m. stabiliva infatti che
«possono costituire oggetto di brevetti per modelli e disegni ornamentali i nuovi modelli e disegni atti a
dare a determinati prodotti industriali uno specifico ornamento, sia per la forma, sia per una particolare
combinazione di linee, di colori o di altri elementi». Ne consegue che solo le forme particolarmente
innovative e capaci di conferire al prodotto il requisito dello speciale ornamento potevano beneficiare
della tutela brevettuale. Il requisito dello speciale ornamento tracciava così la linea di demarcazione tra la
tutela brevettuale per modello ornamentale e la tutela concorrenziale contro l’imitazione servile. Soltanto
le forme che si collocavano al di sopra della soglia dello speciale ornamento erano ammesse a godere
della protezione brevettuale, mentre le altre potevano fruire della protezione concorrenziale purché in
possesso del requisito del carattere distintivo.
La l.m. è stata modificata dal d. lgs. 2 febbraio 2001, n. 95, attuativo della direttiva comunitaria
98/71/CE. Gli elementi più innovativi della novella del 2001 sono la sostituzione del termine «brevetto»
con il termine «registrazione» e l’abbandono dei termini «disegni e modello ornamentali» e «carattere
ornamentale», l’esatta specificazione dell’oggetto della tutela, l’abbandono del requisito dell’industrialità,
la specificazione delle anteriorità rilevanti per il giudizio, la presenza del nuovo requisito del carattere
individuale che sostituisce lo «speciale ornamento», il prolungamento della durata temporale della
protezione ed infine, la possibilità di cumulo fra la tutela d’autore e la l.m. Il cpi ha inseguito abrogato la
l.m.i. e il d. lgs. 95/2001.
La scelta comunitaria ha ribaltato la decisione della suprema corte, negando qualsiasi rilevanza
al risultato estetico della creazione e considerando validamente registrabili i componenti sostituibili dei
prodotti complessi, e perciò anche delle parti staccate della carrozzeria di un’automobile. Questo
principio è stato codificato attraverso l’introduzione nella medesima direttiva della cd. clausola di
riparazione, la quale, dopo essere stata inserita nel d. lgs. 2 febbraio 2001, n. 95, è ora trasfusa nell’art.
241 del cpi con la seguente formulazione: «Fino a che la direttiva 98/71/CE sulla protezione giuridica dei
disegni e modelli non sarà modificata su proposta della Commissione a norma dell’art. 18 della direttiva
medesima, i diritti esclusivi sui componenti di un prodotto complesso non possono essere fatti valere per
impedire la fabbricazione e la vendita dei componenti stessi per la riparazione del prodotto complesso, al
fine di ripristinarne l’aspetto originario».
27
I requisiti di registrabilità che un disegno o modello deve possedere sono la
novità e il carattere individuale56.
Il carattere della novità è previsto dall’art. 32 cpi57, secondo cui «un disegno o
modello è nuovo se nessun disegno o modello identico è stato divulgato anteriormente
alla data di presentazione della domanda di registrazione, ovvero, qualora si rivendichi
la priorità, anteriormente alla data di quest’ultima». La disposizione richiede un
gradiente di differenziazione estremamente modesto; è infatti sufficiente che il disegno
o modello di cui si domanda la registrazione non sia identico ad alcuna anteriorità. Il co.
2 aggiunge che «i disegni o modelli si reputano identici quando le loro caratteristiche
differiscono soltanto per dettagli irrilevanti». L’esito del giudizio varierà allora a
seconda che si utilizzi, quale parametro, l’esperto del settore oppure l’utilizzatore
informato. Il primo, infatti, è naturalmente portato ad attribuire rilevanza anche a
differenze irrilevanti per chi non sia esperto. Parte della dottrina58 ritiene che «ai fini di
una interpretazione sistematica e soprattutto coerente di tutta la direttiva59, sembra più
consono attribuire rilevanza al giudizio dell’utilizzatore informato, lo stesso soggetto
cioè alla cui stregua valutare anche l’individualità». Ne consegue che bastano differenze
anche di poco conto rispetto ai disegni e modelli noti per ottenere il riconoscimento
della novità60.
Il secondo requisito è il carattere della individualità. L’art. 33 cpi stabilisce che
«un disegno o modello ha carattere individuale se l’impressione generale che suscita
nell’utilizzatore informato differisce dall’impressione generale suscitata in tale
utilizzatore da qualsiasi disegno o modello che sia stato divulgato prima della data di
presentazione della domanda di registrazione o, qualora si rivendichi la priorità, prima
della data di quest’ultima»61. Il requisito della individualità si definisce quindi come la
capacità del disegno o modello di suscitare agli occhi dell’utilizzatore informato una
impressione generale diversa rispetto ai prodotti noti62.
56
Originariamente, il Libro Verde della Commissione del 1991 subordinava la protezione dei
disegni e modelli al solo requisito del carattere distintivo. Esso richiedeva una duplice verifica: occorreva
innanzitutto accertare che l’opera non fosse nota agli ambienti specializzati del settore interessato che
operano all’interno del mercato europeo, e quindi, che non esistessero disegni o modelli identici. In
secondo luogo bisognava verificare l’attitudine del disegno o modello in questione a distinguersi da ogni
altro prodotto noto in quegli ambienti per la diversa impressione globale suscitata agli occhi di un
consumatore medio. Questo requisito è stato criticato da molti, sia perché la capacità distintiva appartiene
tipicamente alla materia dei marchi, sia perché, sebbene fosse previsto come unico requisito, esso finiva
per tradursi in una doppia verifica. Inoltre, anche la scelta di utilizzare come parametro il consumatore
aveva destato forti perplessità. Conseguentemente, la Commissione ha rivisto la sua posizione originaria,
sostituendo il carattere distintivo con due distinti requisiti, la novità e la individualità, ed introducendo,
quale parametro, la figura dell’utilizzatore informato. I requisiti della novità e del carattere individuale
sono previsti, rispettivamente, dagli artt. 4 e della direttiva CE/98/71.
57
La formulazione di questa disposizione è analoga a quella contenuta nell’art. 4 della direttiva
CE/98/71.
58
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 82.
59
Il riferimento è alla direttiva 98/71/CE sui disegni e modelli industriali.
60
FLORIDIA, I disegni e modelli, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, 3 ed., Torino, Giappichelli, 2009, 295 ss.
61
Il secondo comma dell’art. 33 aggiunge che «nell’accertare il carattere individuale di cui al
co. 1, si prende in considerazione il margine di libertà di cui l’autore ha beneficiato nel realizzare il
disegno o modello».
62
Alcuni autori (FLORIDIA, I disegni e modelli, in AA. VV., Diritto industriale proprietà
intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 3 ed., 2009, 296) ritengono che la valida registrazione di
28
L’interpretazione del carattere individuale ha dato luogo ad un vivace dibattito
dottrinale. Parte della dottrina63 ritiene che esso consiste nella capacità del disegno o
modello di differenziarsi in modo significativo dalle forme già presenti sul mercato.
Altri autori64 richiedono, invece, che la forma sia in grado di influenzare le scelte di
acquisto dei consumatori e quindi di instaurare un contatto privilegiato tra il potenziale
acquirente e il prodotto. Questa tesi si basa sulla considerazione che lo scopo del
designer e delle imprese che acquistano i diritti di utilizzazione è quello di produrre
un’opera capace non soltanto di differenziarsi dai prodotti già presenti sul mercato ma
anche di catturare l’attenzione del consumatore e di indurlo all’acquisto proprio per le
sue caratteristiche estetiche. Infine, una terza opinione65 ritiene che, in assenza di indici
normativi che quantifichino o qualifichino le differenze necessarie per soddisfare il
requisito, il carattere individuale sussista ogni qualvolta l’aspetto esteriore di un
prodotto sia in grado semplicemente di differenziarsi rispetto alle forme concorrenti66.
Questa interpretazione appare preferibile rispetto alle precedenti perché è conforme alla
volontà del legislatore comunitario di abbassare i presupposti di accesso alla protezione.
La direttiva 98/71/CE ha infatti stabilito che un disegno o modello può accedere alla
protezione conferita dalla registrazione allorché la sua forma si differenzi da quelle
note, considerando invece irrilevante la capacità del prodotto di influenzare le scelte di
acquisto dei consumatori67.
Al fine di valutare la sussistenza del carattere individuale, il legislatore ha
individuato la figura dell’«utilizzatore informato». Parte della dottrina e della
giurisprudenza ritengono che quest’ultimo non si identifichi né con gli esperti68 o i
professionisti del settore69, né con il consumatore finale medio70. Al contrario,
un disegno o modello sia subordinata unicamente al requisito del carattere individuale, risolvendosi
l’accertamento della novità in un giudizio negativo circa l’uguaglianza dell’opera di cui si chiede
protezione dalle anteriorità.
63
SCORDAMAGLIA, La nozione di «disegno e modello» ed i requisiti per la sua tutela nelle
proposte di regolamentazione comunitaria, in Riv. dir. ind. 1995, I, 139.
64
SARTI, Il sistema di protezione comunitario dei disegni e dei modelli, in Contr. impr. eur.
1999, 410; ID, Marchi di forma ed imitazione servile di fronte alla disciplina europea del design, in Segni
e forme distintive, la nuova disciplina, in Atti del convegno, Milano 2002, 257; FLORIDIA, I disegni e
modelli, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3
ed., 296 ss. E in giurisprudenza: Trib. Torino, 17 dicembre 2004, in AIDA 2005, 1055; Trib. Firenze, ord.
8 luglio 2004, in Mass. Giust. Civ. 2004; Trib. Milano, 15 gennaio 2004, in Mass. Giust. Civ. 2004.
65
AUTERI, La futura disciplina europea del design fra tutela del diritto d’autore e repressione
della concorrenza sleale, in Contr. e impr. Eur. 1998, 731; VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto
industriale, Giuffè, Milano, 2009, 6 ed., 520.
66
La ricostruzione del carattere individuale così come suggerita da questa dottrina, era stata
accolta, prima della novella del 2001, da una parte della giurisprudenza italiana: Trib. Roma, 30
novembre 1977, in GADI 1977, 980; Trib. Milano, 2 ottobre 1996, ivi 1986, 2139; Trib. Milano, ord. 17
luglio 1986, ivi 1986, 2062; Trib. Lecco, 23 dicembre 1978, ivi, 1978, 1107. Secondo DI CATALDO, Dai
vecchi ‹‹disegni e modelli ornamentali›› ai nuovi ‹‹disegni e modelli›› - I requisiti di proteggibilità
secondo il nuovo regime, in Eur. dir. priv. 2002, 73, in assenza di indicazioni testuali nuove, tale
impostazione sarebbe destinata a sopravvivere.
67
La volontà di attenuare i presupposti di tutela è testimoniata altresì dalla scelta di utilizzare la
figura dell’utilizzatore informato come parametro per valutare la presenza del requisito della
individualità. In questo senso GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi
all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 84.
68
Tali sono considerati, ad esempio, i designer, gli studiosi o i critici del design.
69
In senso contrario vedi DALLE VEDOVE, Dal modello ornamentale all’Industrial design, in
IDA 2001, 336; FITTANTE, sub art. 33, in SCUFFI, FRANZOSI e FITTANTE, Il codice della proprietà
industriale, 200; SANDRI, in IDI 2006, 415, secondo i quali l’utilizzatore informato coincide con il
29
l’utilizzatore informato coincide con «un soggetto, tra coloro che sono destinatari e
utilizzatori del bene, che possiede una conoscenza ed un’esperienza simili a quelle
dell’esperto nel settore merceologico di riferimento pur senza esserlo»71 ed è quindi in
grado di cogliere le differenze che sfuggirebbero al consumatore medio.
L’art. 34, co. 1, stabilisce che «ai fini dell’applicazione degli articoli 32 e 33, il
disegno o modello si considera divulgato se è stato reso accessibile al pubblico per
effetto di registrazione o in altro modo, ovvero, se è stato esposto, messo in commercio
o altrimenti reso pubblico, a meno che tali eventi non potessero ragionevolmente essere
conosciuti dagli ambienti specializzati del settore interessato, operanti nella Comunità,
nel corso della normale attività commerciale, prima della data di presentazione della
domanda di registrazione o, qualora si rivendichi la priorità, prima della data di
quest’ultima». A differenza della disciplina prevista per le invenzioni e i modelli di
utilità72, questa disposizione pone dei limiti ben precisi alla divulgazione che distrugge
il requisito della novità: hanno forza distruttiva soltanto gli atti predivulgativi che
possono essere «ragionevolmente» conosciuti dagli ambienti specializzati del settore
interessato, operanti nella Comunità europea, e nel corso della «normale attività
commerciale»73.
soggetto che «si avvale professionalmente del prodotto» oppure «opera negli ambienti specializzati del
settore interessato».
70
In senso contrario vedi PHILLIPS, sub art. 6 reg., in FRANZOSI I, 96, secondo cui l’utilizzatore
informato è «il consumatore finale interessato alle forme dei prodotti sul mercato interessato e che abbia
avuto comuni esperienze di utilizzo del prodotto». Questa ricostruzione è presente in numerose pronunce
giurisdizionali. In una ordinanza del 16 giugno 2004, in SPI 2004, 347, il Tribunale di Roma definisce
l’utilizzatore informato come il «consumatore finale medio» (in questo senso vedi anche Trib. Roma, ord.
3 giugno 2004, in SPI 2004, 343). In un’altra decisione, il Tribunale di Torino lo identifica nel
«destinatario del prodotto che possiede una conoscenza media del settore merceologico del prodotto»
(Trib. Torino, 1 ottobre 2001, in SPI 2004, 440; così anche Trib. Venezia, ord. 23 dicembre 2003, ivi,
165.I).
71
Così GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e
regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 84. In questo senso si sono espressi anche SCORDAMAGLIA,
La nozione di «disegno e modello» ed i requisiti per la sua tutela nelle proporste di regolamentazione
comunitaria, in Riv. dir. ind. 1995, I, 145; MAGNANI, in Riv. dir. comm. 1996, 52; MAGELLI, La tutela del
design: prospettive comunitarie, in IDI 1997, 566; MONDINI, La direttiva comunitaria sulla protezione
giuridica di disegni e modelli, in Nuove leggi civ. comm. 1998, 975 e in giurisprudenza Trib. Milano, ord.
3 marzo 2004, in SPI 2004, I, 65 (secondo cui «per utilizzatore informato deve intendersi il consumatore
informato finale interessato alla forma del prodotto sul mercato, avendo continua esperienza sull’utilizzo
del prodotto»); Trib. Roma, ord. 27 febbraio 2004, ivi 2004, I, 132 (in cui si afferma che l’utilizzatore
informato è «il consumatore interessato in quanto ha conoscenza delle tendenze stilistiche del settore del
mercato di riferimento»); Trib. Venezia, ord. 23 dicembre 2003, ivi 2004, I, 162, secondo la quale
«l’utilizzatore non può identificarsi nel commerciante al dettaglio, ovvero in un soggetto esperto nel
settore merceologico interessato -né a maggior ragione, in relazione all’elevato livello di preparazione nel
campo, in un docente di tintoria e stampa quale un consulente tecnico di parte- bensì sempre nel
consumatore finale al quale, è tuttavia richiesto un grado di diligenza superiore rispetto a quello medio.
Deve in sostanza trattarsi di un soggetto che abitualmente effettui acquisti in un determinato settore
merceologico e che sia normalmente attento alle novità di mercato»).
72
Con riguardo a tali creazioni vige, invece, il principio della novità assoluta, in forza del quale
è considerata distruttiva qualsiasi divulgazione, anteriore alla domanda di registrazione o alla data di
rivendicazione della priorità, di fatti o documenti ad essi inerenti. Sull’argomento vedi retro.
73
Parte della dottrina (GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi
all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 81 ss.) ritiene che la scelta a favore del
carattere relativo del requisito della novità in materia di disegni e modelli sia giustificata da una serie di
ragioni. In primo luogo, mentre nel settore delle invenzioni la scoperta aggiunge sempre un contenuto
informativo ulteriore rispetto alle conoscenze note fino a quel momento, nel campo del design, ove pure
30
I commi successivi prevedono una serie di ipotesi in cui l’avvenuta
divulgazione non ha efficacia ai fini della valida registrabilità del disegno o modello.
Il co. 2 dispone che «il disegno o modello non si considera reso accessibile al
pubblico per il solo fatto di essere stato rivelato ad un terzo sotto vincolo esplicito o
implicito di riservatezza». Questa disposizione viene raccordata con la previsione
contenuta nel co. 4, secondo la quale non costituisce altresì divulgazione, ai fine
dell’applicazione degli artt. 32 e 33 cpi «il fatto che il disegno o modello sia stato reso
accessibile al pubblico nei dodici mesi precedenti la data di presentazione della
domanda o la data di priorità, se ciò risulti, direttamente o indirettamente, da un abuso
commesso nei confronti dell’autore o del suo avente causa». È chiaro infatti che, se
questa diposizione fosse assorbente rispetto a tutte le predivulgazioni abusive, non
avrebbe senso stabilire un’inopponibilità assoluta e senza limiti di tempo di quelle
compiute violando vincoli di segretezza.
Il co. 3 dell’art. 34 introduce il cd. periodo di grazia, vale a dire un periodo di
dodici mesi, precedenti la data di presentazione della domanda di registrazione o la data
di rivendicazione della priorità, durante il quale la divulgazione del disegno o modello
da parte dell’autore o del suo avente causa oppure di un terzo, in virtù di informazioni o
di atti compiuti dai primi, non è preclusiva all’eventuale registrazione. La diposizione
consente all’autore di saggiare le reazioni del mercato e l’accoglienza riservata al
prodotto del design, al fine di decidere se vi sia o non convenienza ad affrontare l’onere
della registrazione74.
L’ultima ipotesi presa in considerazione dall’art. 34 è la divulgazione avvenuta
«in esposizioni ufficiali o ufficialmente riconosciute ai sensi della convenzione
concernente le esposizioni internazionali, firmata a Parigi il 22 novembre 1928, e
successive modificazioni» (co. 5). L’inopponibilità della predivulgazione riguarda
soltanto le esposizioni contemplate nella convenzione del 1928 e persegue lo stesso
obbiettivo del periodo di grazia, vale a dire vagliare la ricezione del prodotto da parte
del pubblico.
Con riferimento alle singole parti di un prodotto complesso, l’art. 35 precisa
che esse possono accedere alla protezione soltanto se «il componente, una volta
incorporato nel prodotto complesso, rimane visibile durante la normale utilizzazione, e
cioè durante l’utilizzazione da parte del consumatore finale, esclusi gli interventi di
manutenzione, assistenza e riparazione» e se le caratteristiche visibili del componente
possiedono «di per sé» i requisiti della novità e del carattere individuale.
2. La fattispecie costitutiva del modello di utilità non presenta differenze
significative rispetto alla procedura prevista in materia di invenzioni75. In proposito,
esiste il progresso, è tuttavia molto frequente l’utilizzo di temi appartenenti al passato o a diverse culture,
che vengono all’uopo rivisitati e riadattati. Ciò avviene soprattutto nei settori della moda, dell’industria
tessile e dell’arredamento. In secondo luogo, il carattere relativo garantisce agli imprenditori una
maggiore sicurezza rispetto alla novità assoluta. Infatti, «se si fosse optato per una nozione assoluta di
novità le imprese operanti nel settore del design avrebbero corso il rischio di vedersi opporre, con effetti
invalidanti, disegni o modelli diffusi in qualche paese, ovvero diffusi in un passato recente, ma di cui
ormai il mercato ha perduto completamente il ricordo» (GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno
industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 82.
74
FLORIDIA, I disegni e modelli, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 298.
75
L’art 85 stabilisce infatti che i diritti conferiti e la decorrenza degli effetti del brevetto sono
regolati conformemente all’art. 53, collocato nella sezione dedicata alle invenzioni. Affinché l’invenzione
31
possiamo limitarci a segnalare l’istituto del deposito di domande alternative, previsto
dall’art. 84, co. 1, cpi. Tale disposizione consente a chi depositi una domanda di
brevetto per invenzione di depositare anche una domanda di brevetto per modello di
utilità, da valere solo nel caso che la prima non sia accolta o sia accolta solo in parte.
L’art. 83 cpi, intitolato “Il diritto alla brevettazione”, dispone che il diritto al brevetto
spetta all’autore del nuovo modello di utilità ed ai suoi aventi causa. Tale disposizione è
perfettamente coincidente con l’art. 63, che disciplina l’attribuzione del diritto di
registrazione in materia di invenzioni76. Se il modello è realizzato da un dipendente si
applica l’art. 64 del codice, rubricato “Invenzioni dei dipendenti”77. La disciplina delle
o il modello ricevano protezione non è sufficiente l’ideazione dell’invenzione, né la sua attuazione e
neppure l’enunciazione orale o scritta dell’insegnamento inventivo. La tutela è subordinata
all’accoglimento della domanda di brevetto presentata dall’inventore all’Ufficio italiano brevetti e
marchi. L’art. 53, co. 1, cpi stabilisce, infatti, che i diritti di esclusiva sono conferiti con la concessione
del brevetto. L’efficacia costitutiva del titolo soddisfa due esigenze: da un lato l’opportunità che la
creazione intellettuale sia acquisita nel patrimonio della tecnologia, dall’altro la necessità di proteggere il
terzo, dandogli la possibilità di informarsi preventivamente per evitare investimenti esposti al rischio di
contestazione da parte del titolare. Il titolo brevettuale, oltre ad avere efficacia costituiva, ha anche
un’efficacia retroattiva. È lo stesso art. 53, nel comma successivo, ad affermare che gli effetti del brevetto
retroagiscono dal momento in cui l’Ufficio italiano brevetti e marchi rende accessibile al pubblico la
domanda, corredata dalla descrizione dell’invenzione e dagli eventuali disegni. Tale momento può
differenziarsi secondo le seguenti periodizzazioni: diciotto mesi dalla data di deposito oppure dalla data di
priorità, ovvero dopo novanta giorni dalla data di deposito se il richiedente ha dichiarato nella domanda
stessa di volerla rendere immediatamente accessibile al pubblico, ovvero a partire dalla data di notifica
nei confronti delle persone alle quali la domanda è stata notificata a cura del richiedente.
76
L’articolo 63, secondo comma, dispone che il diritto al brevetto per invenzione industriale
spetta all’autore dell’invenzione e ai suoi aventi causa, volendo con ciò significare che il diritto di
chiedere la costituzione del diritto di esclusiva spetta non già a chi abbia apprestato le risorse finanziarie
impiegate per l’attività di ricerca dalla quale è scaturita l’invenzione, bensì a chi abbia svolto tale attività.
Parte della dottrina ritiene che questa disposizione sia anacronistica perché da un lato valorizza la ricerca
individuale non cogliendo che oggi le invenzioni sono sempre più spesso il frutto di una organizzazione
di uomini e di mezzi; dall’altro, se prima l’apporto intellettuale aveva una importanza maggiore rispetto
alle risorse investite, nel contesto attuale le invenzioni sono il frutto di enormi investimenti. Dunque la
diposizione dovrebbe svolgere un bilanciamento di interessi diverso, che tenga in maggiore
considerazione l’interesse del finanziatore e non si limiti a privilegiare l’inventore. Le incertezze
prospettate da parte della dottrina non hanno avuto seguito sul piano comunitario e internazionale. In
particolare le convenzioni richiamate in questa sede sono la CBE e gli accordi dei TRIPs. L’art. 60 CBE
dispone che il diritto al brevetto europeo appartiene all’inventore o al suo avente causa e che se
l’inventore è un impiegato il diritto al brevetto europeo è definito secondo il diritto dello stato sul cui
territorio l’impiegato svolge la sua attività principale oppure sul cui territorio si trova l’azienda del datore
di lavoro al quale appartiene. Lungo la medesime direttiva si muovono gli accordi TRIPs, nei quali non vi
sono disposizioni che privilegino lo sforzo economico sopportato dall’investitore nel finanziare la ricerca.
77
La disposizione è suscettibile di due interpretazioni differenti, la prima più favorevole al
dipendente e articolata in due ipotesi, la seconda più favorevole al datore di lavoro e strutturata in tre
fattispecie (FLORIDIA, Le creazioni intellettuali a contenuto tecnologico, in AA. VV., Diritto industriale:
proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 238 ss.).
Secondo la prima lettura, l’art. 64 contempla due casi: il primo si ha quando l’invenzione è
fatta nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o di impiego in cui
l’attività inventiva del contratto è prevista come oggetto del contratto ed è a tale scopo retribuita. In tal
caso i diritti derivanti dall’invenzione appartengono al datore di lavoro, salvo il diritto del dipendente ad
esserne riconosciuto l’autore. Se l’attività del dipendente è retribuita allo scopo di conseguire
l’invenzione, egli non ha diritto a ricevere alcun altro compenso; se invece non è stabilita alcuna
retribuzione in compenso della sua attività inventiva, l’inventore ha diritto ad un equo premio, che sarà
determinato tenendo conto dell’importanza della protezione conferita all’invenzione dal brevetto, delle
mansioni svolte, della retribuzione percepita dall’inventore ed infine del contributo che questi ha ricevuto
dall’organizzazione del datore di lavoro. La seconda fattispecie concerne il caso in cui il dipendente non
32
invenzioni è richiamata espressamente dalla disposizione finale della sezione dedicata ai
modelli.
Con riguardo invece al diritto sui marchi, l’art. 19 cpi, rubricato «Diritto alla
registrazione», prevede che l’apposita domanda può essere presentata da «chi lo utilizzi
o si proponga di utilizzarlo, nella fabbricazione o commercio di prodotti o nella
sia stato assunto per inventare ma abbia occasionalmente conseguito l’invenzione nel corso della sua
prestazione lavorativa. I diritti derivanti dall’invenzione spettano al dipendente, oltre al diritto morale ad
esserne riconosciuto autore, ma il datore di lavoro ha il diritto di opzione, ovvero, può espropriare il
dipendente acquistando tutte o alcune soltanto delle facoltà che costituiscono il diritto esclusivo verso
corrispettivo di un canone o del prezzo. Quest’ultimo, però, deve essere determinato deducendo la somma
corrispondente agli aiuti che l’inventore abbia comunque ricevuto dal datore di lavoro per pervenire
all’invenzione.
L’interpretazione meno favorevole al dipendente distingue invece tre ipotesi: l’invenzione di
servizio, occasionale e d’azienda. La prima ricorre ogni qual volta l’invenzione sia ottenuta dal
dipendente assunto per inventare, la seconda quando l’attività inventiva non è dedotta nell’oggetto del
contratto e il dipendente consegue il prodotto o il procedimento nuovo nel corso della sua prestazione
lavorativa, la terza copre i limitati casi in cui l’invenzione sia fatta dal dipendente del tutto al di fuori del
rapporto di lavoro e cioè al di fuori anche dell’orario di lavoro. Ferma l’attribuzione della paternità
dell’invenzione in capo al dipendente, valevole in tutte e tre le fattispecie, per quanto attiene ai diritti
patrimoniali occorre distinguere: nel primo caso essi spettano al datore di lavoro e il dipendente ha diritto
soltanto alla retribuzione quale che sia il quantum percepito, nel secondo i diritti derivanti dall’invenzione
spettano sempre al datore di lavoro ma il dipendente ha diritto ad un equo premio, nel terzo essi restano in
capo al dipendente e il datore di lavoro ha la facoltà di acquistarli pagandone il prezzo oppure il canone
rapportato al valore di mercato dell’invenzione.
A prescindere dall’interpretazione seguita, l’art. 64 comma 6 pone una presunzione secondo la
quale si considera fatta durante l’esecuzione del contratto o del rapporto di lavoro o d’impiego
l’invenzione industriale per la quale sia richiesto il brevetto entro un anno da quando l’inventore ha
lasciato l’azienda privata o l’amministrazione pubblica nel cui campo di attività l’invenzione rientra. Il
codice non specifica la natura di questa presunzione. L’orientamento dottrinale consolidato prima della
riforma del 1979 (ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960,
606) sosteneva che si trattava di una presunzione assoluta; la dottrina formatasi successivamente
(FLORIDIA, Le creazioni intellettuali a contenuto tecnologico, in AA. VV., Diritto industriale proprietà
intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 239; L.C. UBERTAZZI, Profili soggettivi del
brevetto, Milano, Giuffrè, 1985, 26; VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffré,
Milano, 2009, 6 ed., 374; FRANZOSI, Sub art. 64 cpi, in SCUFFI, FRANZOSI e FITTANTE, Il codice della
proprietà industriale: D. lgs. 10 febbraio 2005, n. 30: commento per articoli coordinato con le
disposizioni comunitarie e internazionali, Cedam, Padova, 2005, 344) ha invece affermato la natura
relativa di tale presunzione. Conseguentemente, il lavoratore potrà sempre dimostrare che l’invenzione è
derivata da un’attività di ricerca svolta dopo la cessazione del rapporto di lavoro, anche se la domanda di
brevetto è stata depositata entro l’anno.
L’art. 64 comma 4 ripartisce le competenze a decidere in ordine alle future controversie
riguardanti la sussistenza del diritto a ricevere l’equo premio, il canone o il prezzo o l’ammontare degli
stessi e fissa l’accertamento dell’an debeatur in capo al giudice ordinario (prima della riforma del 1979,
l’autorità giudiziaria competente a decidere sull’an debeatur era il giudice del lavoro, sulla base del
rilievo che si tratta di controversie relative a rapporti di lavoro subordinato), mentre la determinazione del
quantum, nel caso in cui le parti siano in disaccordo, è attribuita ad un collegio arbitrale. Questo è
composto di tre membri, nominati uno da ciascuna delle parti e il terzo nominato di comune accordo, o, in
caso di contrasto, dal presidente della sezione specializzata del tribunale competente dove il prestatore
d’opera esercita abitualmente le sue mansioni. Gli arbitri devono procedere con equo apprezzamento
facendo salva l’applicazione degli articoli 806 e seguenti del c.p.c. Se la determinazione è manifestamente
iniqua o erronea la determinazione è fatta dal giudice. Quanto ai profili processuali, il quinto comma
afferma che il collegio degli arbitratori può essere adito anche in pendenza del giudizio di accertamento
della sussistenza del diritto all’equo premio, al canone o al compenso; in tal caso, però, l’esecutività della
sua decisione è subordinata a quella della sentenza del giudice ordinario (FLORIDIA, Le creazioni
intellettuali a contenuto tecnologico, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza,
Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 239 ss.).
33
prestazione di servizi della propria impresa o di imprese di cui abbia il controllo o che
ne facciano uso con il suo consenso». Il secondo comma aggiunge che la registrazione è
comunque vietata a «chi abbia fatto la domanda in mala fede».
La domanda di registrazione deve essere depositata presso l’UIBM (art. 147,
co. 1, cpi)78 e deve contenere l’identificazione del richiedente e, qualora vi sia, anche
quella del mandatario, l’eventuale rivendicazione di priorità, la riproduzione del
marchio e l’elenco dei prodotti o dei servizi che il marchio è destinato a
contraddistinguere, raggruppati secondo le classi della classificazione internazionale
dell’Accordo di Nizza79 (art. 156 cpi).
Ogni domanda può avere ad oggetto un solo marchio (art. 158, co. 1, cpi); in
caso contrario, l’Ufficio inviterà l’interessato a ridurla in tal senso (art. 158, co. 2,
cpi)80.
Ricevuta la domanda L’Ufficio procede dapprima ad un esame della regolarità
formale di essa e, una volta riconosciuta questa regolarità, effettua un esame sostanziale
sull’esistenza di impedimenti assoluti alla registrazione (art. 170, co. 1, lett. a, cpi)81. Al
termine dell’esame, l’Ufficio provvede alla pubblicazione della domanda ritenuta
registrabile nel Bollettino ufficiale dei marchi d’impresa (art. 187, co. 1, lett. a, cpi).
Nel corso del procedimento qualunque interessato può presentare all’Ufficio
osservazioni scritte, specificando i motivi per i quali il marchio dovrebbe essere escluso
d’ufficio dalla registrazione. L’Ufficio, se ritiene che queste osservazioni siano
pertinenti e rilavanti, le comunica al richiedente, che può depositare le proprie
deduzioni. È inoltre prevista la possibilità di presentare all’Ufficio un’opposizione
scritta, entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di pubblicazione della domanda
di registrazione nel bollettino ufficiale dei marchi d’impresa (art. 176, co. 1, cpi)82.
L’Ufficio, dopo aver verificato la ricevibilità e l’ammissibilità
dell’opposizione, ne dà comunicazione al soggetto che ha chiesto la registrazione del
78
La domanda può essere depositata anche presso le Camere di commercio, industria e
artigianato e presso gli uffici e gli enti pubblici determinati con decreto del ministro delle attività
produttive, che provvedono ad inoltrarla all’Ufficio (art. 147, co. 1 cpi).
79
L’Accordo di Nizza, firmato a Ginevra il 13 maggio 1977 e ratificato dall’Italia con la l. 27
aprile 1982, n. 243, ha ad oggetto la classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della
registrazione dei marchi.
80
Il codice prevede inoltre al co. 3 la possibilità di dividere in più domande parziali la
domanda di registrazione che abbia ad oggetto più prodotti o servizi. La divisione dovrà essere
domandata o prima della concessione della registrazione, o durante la procedura di opposizione, oppure in
pendenza della procedura di ricorso contro la decisione di registrare il marchio. Le domande parziali
conservano la data di deposito della domanda iniziale (co. 4).
81
Questo esame è diretto a verificare le seguenti condizioni: la rappresentabilità grafica del
segno (art. 7 cpi), la sussistenza delle condizioni di registrabilità previste nell’art. 8 cpi nei casi in cui il
marchio abbia ad oggetto il ritratto o il nome di una persona diversa dal richiedente o si tratti di un segno
«notorio», che non si tratti di una delle forme indicate nell’art. 9 cpi né di uno stemma o di un altro segno
considerato nelle convenzioni internazionali o di un simbolo o emblema che rivesta un interesse pubblico
(art. 10 cpi), che il segno non rientri fra quelli diventati di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi
costanti del commercio (art. 12, co. 1, lett. a, cpi), non sia descrittivo (art. 13, co. 1, cpi) o contrario alla
legge, all’ordine pubblico o al buon costume (art. 14, co. 1, lett. a, cpi) e, infine, non si tratti di un segno
decettivo (art. 14, co. 1, lett. b, cpi).
82
L’opposizione deve essere scritta, motivata, e documentata (co. 1) e può riguardare soltanto
gli impedimenti relativi di cui agli artt. 8 e 12, co. 1, lett. d) ed e), cpi (co.2). Sono legittimati a presentare
opposizione soltanto i soggetti indicati nell’art. 177 cpi (i titolari di un marchio anteriore registrato, chi ha
depositato domanda di registrazione in data anteriore, il licenziatario esclusivo del marchio anteriore ed
infine le persone, gli enti e le associazioni di cui all’art. 8 cpi).
34
marchio con l’avviso, indirizzato anche all’opponente, della facoltà di raggiungere un
accordo di conciliazione entro due mesi dalla data della comunicazione, prorogabile su
istanza delle parti (178, co. 1, cpi). Se l’accordo non viene raggiunto inizia la fase
contenziosa del procedimento, disciplinata dai co. 2-7 dello stesso articolo83.
Se al termine dell’esame della domanda di registrazione L’Ufficio rileva la
presenza di un impedimento assoluto o accoglie l’opposizione basata su un
impedimento relativo, esso respinge la domanda di registrazione. Il richiedente potrà
però impugnare il provvedimento davanti alla Commissione dei ricorsi, entro sessanta
giorni dalla data in cui gli è stato comunicato. La commissione decide con sentenza
ricorribile per cassazione. Se invece l’Ufficio accoglie la domanda o è intervenuta una
sentenza in tale senso da parte della commissione dei ricorsi, esso procede alle
registrazione del marchio e alla pubblicazione della stessa nel bollettino ufficiale dei
marchi d’impresa (art. 173, co. 9, cpi).
Il diritto di esclusiva sul marchio è conferito dalla registrazione (art. 15, co. 1,
cpi). Gli effetti di questa decorrono, tuttavia, dalla data di deposito della domanda (co.
2) e riguardano soltanto i prodotti o servizi in essa indicati ed i prodotti o servizi a
questi affini (co. 3) 84.
Con riferimento alla disciplina dei disegni e modelli, l’art. 36 co. 1 cpi delimita
l’oggetto della protezione escludendo dalla registrazione «le caratteristiche dell’aspetto
del prodotto che sono determinate unicamente dalla funzione tecnica del prodotto
stesso». Il divieto contenuto nella disposizione riguarda le sole forme funzionali
inderogabili85. Il legislatore vuole impedire l’appropriazione di funzioni tecniche
attraverso la disciplina di tutela del design e al di fuori dei limiti in materia di brevetti e
modelli di utilità.
Una seconda limitazione del diritto alla registrazione come disegno o modello
attiene alle cd. forme di interconnessione, intese come «le caratteristiche dell’aspetto del
prodotto che devono essere necessariamente riprodotte nelle loro esatte forme e
dimensioni per poter consentire al prodotto in cui il disegno o modello è incorporato o
al quale è applicato di essere unito o connesso meccanicamente con altro prodotto,
ovvero di essere incorporato in esso, oppure intorno o a contatto con esso, in modo che
ciascun prodotto possa svolgere la propria funzione» (art. 36, co. 2, prima parte, cpi).
Possono invece essere oggetto di registrazione i prodotti modulari. Il co. 2,
ultima parte, dell’art. 36 cpi aggiunge «tuttavia possono costituire oggetto di
registrazione i disegni o modelli che possiedono i requisiti della novità e del carattere
individuale quando hanno lo scopo di consentire l’unione o la connessione multipla di
prodotti intercambiabili in un sistema modulare».
I diritti sul disegno o modello nascono per effetto della registrazione, concessa
dall’UIBM su presentazione di un’apposita domanda e previa verifica della sussistenza
dei requisiti di proteggibilità (art. 38, co. 1). Il diritto alla registrazione spetta a titolo
originario all’autore del disegno o modello e, a titolo derivativo, ai suoi aventi causa
(co. 2). Tuttavia, se il disegno o modello è stato realizzato dal dipendente
83
Nel caso in cui, invece, l’Ufficio respinga l’opposizione, l’opponente può presentare ricorso
alla Commissione dei ricorsi (art. 182 cpi).
84
Questo limite è superato solo nel caso di marchi che godono di rinomanza. Lo stesso comma
fa infatti salvo il disposto dell’art. 20, co. 1, lett. c.
85
Una forma è considerata inderogabile quando rappresenta l’unica modalità possibile per
conseguire un risultato tecnico. Viceversa, sono liberamente registrabili le forme funzionali derogabili,
vale a dire sostituibili con altre equivalenti dal punto di vista funzionale.
35
nell’espletamento delle sue mansioni, il diritto alla registrazione spetta, salvo patto
contrario, al datore di lavoro, fermo restando il diritto del dipendente ad esserne
riconosciuto autore e di fare inserire il suo nome nell’attestato di registrazione (co. 3)86.
I co. 4, 5 e 6 dell’art. 38 disciplinano la decorrenza degli effetti della
registrazione. Il co. 4 stabilisce che il dies a quo è costituito dalla data in cui la domanda
con la relativa documentazione è resa accessibile al pubblico. Il co. 5 precisa che
l’UIBM pone a disposizione del pubblico la domanda di registrazione, con le
riproduzioni grafiche o i campioni e le eventuali descrizioni dopo il deposito. Tuttavia il
richiedente ha la facoltà di chiedere nella domanda che l’accesso al pubblico sia
differito per un periodo non superiore a trenta mesi dalla data di deposito o da quella di
priorità. Il co. 6 aggiunge che, nei confronti delle persone alla quali la domanda, munita
della riproduzione del disegno o modello e dell’eventuale descrizione, sia stata
notificata a cura del richiedente, gli effetti della registrazione decorrono dalla data di
tale notifica.
3. Il modello di utilità attribuisce al suo autore il diritto esclusivo di
utilizzazione economica ed il diritto morale ad esserne riconosciuto autore. Le
prerogative nascenti dal modello in questione sono regolate conformemente alla
privativa scaturente dal brevetto per invenzione, di cui agli artt. 66 e seguenti del cpi87.
86
A differenza della disciplina apprestata dall’art. 64 cpi in materia di invenzioni, l’art. 38 si
limita a prevedere l’ipotesi in cui i disegni e modelli siano realizzati dal dipendente nell’adempimento
delle sue mansioni, senza distinguere fra il caso in cui l’attività creativa sia prevista come oggetto del
contratto o del rapporto e a tale scopo retribuita e quello in cui non sia prevista e stabilita una retribuzione
in compenso dell’attività creativa. Ne consegue che non potrà trovare applicazione la disposizione di cui
al co. 2 dell’art. 64, in base alla quale «se non e' prevista e stabilita una retribuzione, in compenso
dell'attività inventiva, e l'invenzione e' fatta nell'esecuzione o nell'adempimento di un contratto o di un
rapporto di lavoro o di impiego, i diritti derivanti dall'invenzione appartengono al datore di lavoro, ma
all'inventore, salvo sempre il diritto di essere riconosciuto autore, spetta, qualora il datore di lavoro
ottenga il brevetto, un equo premio per la determinazione del quale si terrà conto dell'importanza della
protezione conferita all'invenzione dal brevetto, delle mansioni svolte e della retribuzione percepita
dall'inventore, nonché del contributo che questi ha ricevuto dall'organizzazione del datore di lavoro».
Se invece il disegno o modello viene realizzato dal dipendente al di fuori dell’adempimento
delle sue mansioni lavorative, il disegno o modello e conseguentemente il diritto alla registrazione
spettano all’autore, in virtù del principio generale di cui al co. 2 dell’art. 38. Questa conclusione è
suggerita dalla omessa riproduzione nel campo dei disegni e modelli dell’art.64, co. 3, secondo cui
«qualora non ricorrano le condizioni previste nei commi 1 e 2 e si tratti di invenzione industriale che
rientri nel campo di attività del datore di lavoro, quest'ultimo ha il diritto di opzione per l'uso, esclusivo o
non esclusivo dell'invenzione o per l'acquisto del brevetto, nonché per la facoltà di chiedere od acquistare,
per la medesima invenzione, brevetti all'estero verso corresponsione del canone del prezzo, da fissarsi con
deduzione di una somma corrispondente agli aiuti che l'inventore abbia comunque ricevuti dal datore di
lavoro per pervenire all'invenzione. Il datore di lavoro potrà esercitare il diritto di opzione entro tre mesi
dalla data di ricevimento della comunicazione» (FLORIDIA, I disegni e modelli, in AA. VV., Diritto
industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 301 ss.).
87
L’art. 66 comma 1 del codice disciplina i diritti patrimoniali nascenti dal brevetto. Essi
consistono nella facoltà esclusiva di attuare l’invenzione e di trarne profitto nel territorio dello stato. Parte
della dottrina (FLORIDIA, Le creazioni intellettuali a contenuto tecnologico, in AA. VV., Diritto
industriale: proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 219 ss.) suggerisce di
distinguere tra l’attuazione dell’invenzione e il diritto esclusivo di sfruttamento economico
dell’invenzione medesima. Infatti, mentre la prima non è una facoltà che viene attribuita dal brevetto, ben
potendo l’inventore attuare l’invenzione ancorché non l’abbia brevettata, la seconda nasce dal titolo
brevettuale e conferisce al titolare il potere di impedire a qualsiasi terzo ogni attività diretta ad attuare
l’invenzione e a trarne profitto nel territorio dello stato. Di regola vi è corrispondenza tra ciò che
costituisce attuazione dell’invenzione e ciò che costituisce oggetto dell’inibitoria. Fabbricare e
36
commercializzare un prodotto nuovo, o attuare il procedimento brevettato sono due attività che
costituiscono attuazione dell’invenzione; nello stesso tempo però, l’avente diritto può interdirle qualora il
prodotto sia oggetto del brevetto o sia stato ottenuto direttamente con il procedimento brevettato.
I diritti patrimoniali si distinguono a seconda che il brevetto abbia ad oggetto il prodotto o il
procedimento. Nel primo caso esso attribuisce al titolare il diritto di vietare ai terzi, salvo il suo consenso,
di produrre, usare, mettere in commercio o importare a tali fini il prodotto in questione. Il divieto di
fabbricazione e di commercializzazione è assoluto poiché opera qualunque sia il procedimento impiegato
per ottenere il prodotto. Al contrario, se oggetto del brevetto è un procedimento, il titolare ha il diritto di
vietare ai terzi di applicare il procedimento, nonché di usare, mettere in commercio, vendere o importare a
tali fini il prodotto purché sia stato direttamente ottenuto con il nuovo metodo. Sul punto, l’art. 67 del
codice introduce una presunzione di contraffazione stabilendo che nel caso di brevetto di procedimento
ogni prodotto identico a quello ottenuto mediante il procedimento brevettato si presume ottenuto
mediante tale procedimento se sussiste una delle due seguenti condizioni: se il prodotto ottenuto mediante
il procedimento è nuovo, se risulta una sostanziale probabilità che il prodotto identico sia stato fabbricato
mediante il procedimento e se il titolare del brevetto non è riuscito attraverso ragionevole sforzi a
determinare il procedimento effettivamente attuato. Nel primo caso, infatti, appare improbabile che il
prodotto nuovo sia stato ottenuto mediante un procedimento diverso da quello brevettato posto che prima
dell’invenzione di quel determinato metodo il prodotto non esisteva (FLORIDIA, Le creazioni intellettuali
a contenuto tecnologico, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza,
Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 219; VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffré,
Milano, 2009, 6 ed., 405). La presunzione ha l’effetto di invertire l’onere della prova, sicché incomberà
sul terzo il dovere di dimostrare che quel prodotto sia stato ottenuto con un procedimento diverso. Nel
secondo, sussistendo obiettive ragioni che fanno ritenere probabile la contraffazione dell’invenzione,
appare sufficiente per aversi l’effetto dell’inversione dell’onere della prova che il titolare del brevetto
abbia compiuto ragionevoli sforzi per dare la prova della contraffazione senza esservi riuscito; sicché sarà
onere del contraffattore dire con quale procedimento abbia ottenuto il prodotto. Occorre tuttavia
contemperare gli opposti interessi fra il titolare del diritto leso e colui che viene accusato della violazione.
E l’art. 67 si fa carico di ciò disponendo al comma 2 che, ai fini della prova contraria, deve tenersi conto
del legittimo interesse del convenuto in contraffazione alla protezione dei suoi segreti aziendali.
L’art. 66 comma 2 lettera a), precisa che l’esclusiva del titolare del brevetto comprende non
soltanto la produzione e la commercializzazione del prodotto brevettato ma anche l’uso dello stesso per
fini commerciali e la sua importazione. Conseguentemente, l’uso strettamente personale del prodotto non
è compreso nella contraffazione e, per quanto concerne l’importazione, anche la sola
commercializzazione nel territorio dello stato di un prodotto fabbricato all’estero costituisce
contraffazione del brevetto nazionale.
Parte della dottrina (FLORIDIA, Le creazioni intellettuali a contenuto tecnologico, in AA. VV.,
Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 220) sostiene
che la fabbricazione e la commercializzazione del prodotto brevettato oppure ottenuto mediante il nuovo
procedimento sono illeciti imputabili distintamente a qualunque soggetto li ponga in essere. La
giurisprudenza consolidata, avallando tale orientamento, ha affermato che il distributore risponda di
contraffazione indipendentemente dal fabbricante.
Il diritto di esclusiva incontra una serie di limitazioni. La prima è quella del cd. principio di
esaurimento del diritto esclusivo del titolare del brevetto. Con questa espressione vengono designate due
fattispecie, l’esaurimento nazionale e l’esaurimento comunitario. L’esaurimento nazionale consiste in ciò:
il titolare del diritto al brevetto può decidere se immettere o non nel mercato il prodotto brevettato od
ottenuto mediante il procedimento brevettato ma una volta che tale immissione sia legittimamente
avvenuta, egli non ha più alcun potere di controllare o limitare l’ulteriore circolazione del prodotto
(FLORIDIA, Le creazioni intellettuali a contenuto tecnologico, in AA. VV., Diritto industriale proprietà
intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 221 ss.). Di conseguenza il bene può
circolare liberamente da un acquirente divenuto rivenditore ad un altro divenuto a sua volta rivenditore e
così via.
Vi sono ancora due limitazioni rilevanti in questa sede, previste dall’art. 68, comma 1 lettera a),
in base al quale la facoltà esclusiva attribuita dal diritto di brevetto non si estende né agli atti compiuti in
ambito privato e a fini non commerciali, né a quelli compiuti in via sperimentale. Nel primo caso si vuole
evitare che la tutela delle invenzioni industriali si trasformi in un’intollerabile invasione della sfera
privata e domestica dei cittadini; nel secondo, si limita il diritto individuale del titolare per favorire e
incentivare l’interesse collettivo allo sviluppo tecnologico. L’attività di ricerca presuppone che
37
l’invenzione sia messa a disposizione del pubblico, in modo tale che possa essere sperimentata per
giungere al suo superamento (FLORIDIA, Le creazioni intellettuali a contenuto tecnologico, in AA. VV.,
Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 223 ss.). Molto
spesso accade che l’invenzione diventi obsoleta ancora prima che scada il termine della protezione
brevettuale.
Dopo avere analizzato i diritti patrimoniali conferiti dal brevetto e le limitazioni al loro
esercizio, ci occupiamo ora della delimitazione dell’ambito di protezione attribuita dal brevetto. Parte
della dottrina (FLORIDIA, Le creazioni intellettuali a contenuto tecnologico, in AA. VV., Diritto industriale
proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 225 ss.) suggerisce che la
misurazione dell’ampiezza del diritto di esclusiva richiede il compimento di due operazioni interpretative.
Occorre innanzitutto esplicitare la volontà del titolare, contenuta nella dichiarazione, di ricevere
protezione, individuando ciò di cui egli chiede tutela in funzione della descrizione e delle rivendicazioni
che formano la parte principale del brevetto. Una volta individuato l’oggetto della dichiarazione occorre
eliminare tutto ciò che, sebbene il titolare abbia dichiarato essere proteggibile, in realtà non lo è o perché
già appartenente allo stato della tecnica, e dunque privo del carattere della novità, oppure per difetto di un
altro requisito di validità. Questa operazione suscita due osservazioni. In alcuni ordinamenti la procedura
di rilascio del brevetto si compone di una fase diretta a verificare preventivamente l’esistenza dei requisiti
di validità ed a permettere ai terzi di presentare opposizione alla sua concessione, in modo tale che la
protezione conseguita attraverso il brevetto non sia maggiore rispetto all’apporto innovativo del titolare.
Di contro, l’ordinamento italiano è caratterizzato dall’assenza dell’esame preventivo e delle procedure di
opposizione. Il titolo viene rilasciato sulla base della dichiarazione del titolare e l’UIBM si limita a
verificare che l’oggetto della domanda rientri nella tipologia delle creazioni intellettuali brevettabili come
invenzioni e sia lecito. Conseguentemente il brevetto così rilasciato è un titolo debole. In ogni caso, in
tutti gli ordinamenti, i terzi che abbiano interesse ad eliminare dal testo brevettuale gli elementi che non
sono inventivi, possono esperire l’azione di nullità davanti agli organi della giurisdizione, anche dopo la
concessione del brevetto. La seconda osservazione attiene al rapporto tra le creazioni tecnologiche
precedenti e le invenzioni nuove e muove dalla considerazione che ogni invenzione utilizza tutte le
informazioni già acquisite al patrimonio della tecnica, rispetto alle quali si configura come un’evoluzione.
In altri termini, l’invenzione presuppone sì le informazioni tecnologiche già di pubblico dominio ma per
essere proteggibile deve apportare un contributo di novità ed originalità. In proposito si distinguono tre
categorie di invenzioni: di traslazione, di combinazione e di perfezionamento. Nel primo caso la specifica
idea di soluzione di un problema tecnico era già acquisita allo stato della tecnica ma in un settore diverso
rispetto a quello nel quale viene riproposta per la soluzione di uguale o assimilabile problema tecnico. La
giurisprudenza consolidata ha precisato che l’invenzione è valida soltanto se il passaggio dal settore
originario al nuovo ha comportato la necessità di risolvere problemi di utilizzazione. Di contro, se l’idea
può essere utilizzata indifferentemente tanto nell’uno quanto nell’altro settore, non si configura
un’invenzione proteggibile. L’invenzione di combinazione consiste nella combinazione di elementi
singolarmente già acquisiti allo stato della tecnica e dunque non nuovi di per sé. Anche in questo caso la
giurisprudenza ha chiarito che l’invenzione è valida se la combinazione degli elementi noti consente di
realizzare un risultato nuovo, ovvero «un risultato che eccede la somma dei risultati imputabili ai singoli
elementi che concorrono a formare la combinazione». Sotto il terzo profilo, l’invenzione di
perfezionamento consiste in un miglioramento dell’idea di soluzione di un problema tecnico già acquisita
allo stato della tecnica, ad esempio aumentando la funzionalità del prodotto o abbattendone i costi di
fabbricazione. Mentre le invenzioni di traslazione e di combinazione sono validamente brevettabili in
modo autonomo e indipendente rispetto ad eventuali brevetti tuttora in vigore sulle invenzioni da cui
derivano, non altrettanto può dirsi per le invenzioni di perfezionamento la cui attuazione implica
l’attuazione dell’invenzione perfezionata. In quest’ultimo caso, o l’invenzione è di pubblico dominio
oppure, se è ancora coperta da brevetto, trova applicazione l’art. 68 comma 2. La citata norma dispone
che essa non può essere attuata né utilizzata senza il consenso del titolare del brevetto principale.
Un’opinione dottrinale (FLORIDIA, Le creazioni intellettuali a contenuto tecnologico, in AA.
VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 229 ss.)
suggerisce che l’individuazione della volontà del titolare e di ciò che può formare oggetto del diritto
esclusivo non deve essere eseguita attraverso un criterio meramente letterale bensì in base alla teoria degli
equivalenti. Secondo questa considerazione due elementi sono equivalenti se hanno la stessa funzione e
permettono di conseguire il medesimo risultato. Conseguentemente la riproduzione dell’invenzione
brevettata che presenti varianti non significative dal punto di vista sostanziale oppure descriva l’oggetto
del brevetto con varianti puramente nominalistiche non è indipendente rispetto alla prima bensì ad essa
38
assimilabile. Così «se una parte di un dispositivo meccanico è unito ad un altra attraverso delle viti, è di
immediata evidenza che il risultato della congiunzione non cambierebbe se al posto delle viti fossero
adoperati altri mezzi come un collante oppure una saldatura perché essi sono funzionalmente equivalenti»
(FLORIDIA, Le creazioni intellettuali a contenuto tecnologico, in AA. VV., Diritto industriale proprietà
intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 230).
Accanto ai diritti patrimoniali si colloca il diritto morale dell’inventore, ovvero la prerogativa
ad essere riconosciuto autore dell’invenzione. Parte della dottrina L.C. UBERTAZZI, Profili soggettivi del
brevetto, Milano, Giuffrè, 1985, 214; VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffré,
Milano, 2009, 6 ed., 264) ritiene che esso sorga prima e indipendentemente dalla brevettazione. A
differenza dei primi, si tratta di un diritto della personalità e come tale è inalienabile e inammissibile.
Questo riconoscimento permane in capo all’inventore anche quando la domanda sia presentata dal datore
di lavoro, nel caso delle invenzioni dei dipendenti, oppure da un terzo che abbia acquistato dall’inventore
il diritto al brevetto (FLORIDIA, Le creazioni intellettuali a contenuto tecnologico, in AA. VV., Diritto
industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 243). L’attribuzione
della paternità dell’invenzione è disciplinata dall’art. 62 del codice, in base al quale il diritto di esserne
riconosciuto autore può essere fatto valere dall'inventore e, dopo la sua morte, dal coniuge e dai
discendenti fino al secondo grado; in loro mancanza o dopo la loro morte, dai genitori e dagli altri
ascendenti ed in mancanza, o dopo la morte anche di questi, dai parenti fino al quarto grado incluso.
L’ufficio italiano brevetti e marchi non verifica se il richiedente sia effettivamente titolare del
diritto al brevetto, né se sia legittimato ad esercitarlo e neppure la correttezza della designazione: la
titolarità e la legittimazione si presumono. Allo stesso modo, nella procedura dinanzi all’ufficio europeo
dei brevetti il richiedente è considerato come persona abilitata ad esercitare il diritto al brevetto europeo.
L’art. 118 del c.p.i., rubricato «rivendica», prevede l’ipotesi in cui non vi sia identità tra colui che ha
presentato la domanda e il titolare del diritto, apprestando una tutela giurisdizionale in favore dell’avente
diritto che ricalca quella prevista, per la medesima ipotesi, dall’art. 61 CBE. A norma dell’art. 117, infatti,
la brevettazione non pregiudica l’esercizio delle azioni circa la validità e l’appartenenza dei diritti di
proprietà industriale. Essa consiste in un procedimento contenzioso, azionabile dal titolare del diritto al
brevetto, e destinato concludersi con una sentenza che, se è favorevole all’attore, una volta divenuta
definitiva costituisce il titolo per domandare una serie di provvedimenti, indicati nei commi secondo e
terzo. Tali determinazioni sono diverse a seconda che l’accertamento sia divenuto definitivo quando il
brevetto non sia stato ancora concesso oppure dopo che sia stato rilasciato. Nel primo caso l’avente diritto
può, a sua scelta, assumere a proprio nome la domanda di brevetto rivestendo a tutti gli effetti la qualità di
richiedente, oppure depositare una nuova domanda di brevetto la cui decorrenza, nei limiti in cui il
contenuto di essa non ecceda quello della prima domanda, risale alla data di deposito o di priorità della
domanda iniziale, la quale cessa comunque di avere effetti, oppure ottenere il rigetto della domanda
qualora non voglia che l’invenzione formi oggetto di registrazione. Invece, nel caso in cui in brevetto sia
già stato rilasciato a persona diversa dall’avente diritto, questi può a sua scelta ottenere con sentenza il
trasferimento a suo nome del brevetto oppure far valere la nullità del brevetto stesso rilasciato a chi non
ne aveva diritto. L’art. 118, comma quattro, attribuisce la legittimazione attiva solo all’avente diritto che
non ha depositato la domanda per due anni dalla pubblicazione della concessione del brevetto per
invenzione o per modello di utilità. Decorso questo termine chiunque vi abbia interesse potrà agire in
giudizio. Parte della dottrina(FLORIDIA, Le creazioni intellettuali a contenuto tecnologico, in AA. VV.,
Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 244) giustifica
il passaggio da una nullità relativa ad una nullità assoluta considerando l’abusiva brevettazione come un
illecito rilevante non soltanto per la situazione economico patrimoniale dell’avente diritto ma nei
confronti dell’intera collettività perché «idoneo a comportare un sacrificio della concorrenzialità del
mercato senza la possibilità di ricondurre questo beneficio al compenso-stimolo che giustifica la tutela
brevettuale». Il comma successivo esclude la trasformazione da nullità relativa in assoluta per decorrenza
del termine in materia di marchi e di disegni e modelli.
Quanto al diritto morale ad essere riconosciuto autore dell’invenzione, la tutela apprestata nella
CBE e nel codice è molto simile a quella che riguarda il diritto al brevetto. In particolare, l’art. 119, dopo
aver affermato che l’ufficio italiano brevetti e marchi non verifica l’esattezza delle designazione
dell’inventore, né la legittimazione del richiedente, prosegue disponendo che l’istanza di rettifica della
designazione incompleta o errata richiede la presentazione al medesimo ufficio della dichiarazione di
consenso della persona erroneamente designata o della copia autentica della sentenza passata in giudicato
che ha definito la controversia relativa alla titolarità del diritto morale (L.C. UBERTAZZI, Profili soggettivi
del brevetto, Milano, Giuffrè, 1985, 256; FLORIDIA, Le creazioni intellettuali a contenuto tecnologico, in
39
I diritti esclusivi nascenti dalla registrazione del marchio di forma consistono
nella facoltà di fare uso esclusivo del marchio (art. 20, co. 1, cpi). Il titolare ha il diritto
di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell’attività economica un segno
identico al marchio per prodotto o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato,
come pure un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi
identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza fra i segni e dell'identità o affinità
fra i prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che
può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni, ovvero, un segno
identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il
marchio registrato goda nello stato di rinomanza e se l'uso del segno senza giusto
motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla
rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi (art. 20, co. 1, lett. a), b), c), cpi).
In particolare, in tutti questi casi, il titolare del marchio può vietare ai terzi di apporre il
segno sui prodotti o sulle loro confezioni, di offrire i prodotti, di immetterli in
commercio o di detenerli a tali fini, oppure di offrire o fornire i servizi contraddistinti
dal segno, di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno stesso e di
utilizzare il segno nella corrispondenza commerciale e nella pubblicità (art. 20, co. 2,
cpi). Il commerciante può apporre il proprio marchio alle merci che mette in vendita,
ma non può sopprimere il marchio del produttore o del commerciante da cui abbia
ricevuto i prodotti o le merci (art. 20, co. 3, cpi).
L’art. 41, co. 1, cpi stabilisce che la registrazione di un disegno o modello
conferisce al titolare il diritto esclusivo di utilizzarlo e, corrispondentemente, il diritto di
vietare ai terzi qualsiasi utilizzazione del medesimo che avvenga senza il suo consenso.
Il co. 2 precisa che costituiscono atti di utilizzazione, in particolare, la fabbricazione,
l’offerta, la commercializzazione, l’importazione, l’esportazione o l’impiego di un
prodotto in cui il disegno o modello è incorporato o al quale è applicato, così come la
detenzione di tale prodotto per tali fini.
Il co. 3 prevede il principio dell’equivalenza, secondo cui la tutela conferita
dalla registrazione non è limitata a ciò che incide direttamente sull’aspetto esteriore del
prodotto, ma si estende a quelle varianti che, pur conferendo al prodotto un aspetto
esteriore diverso, tuttavia producono nell’utilizzatore informato la stessa impressione
generale88. La disposizione stabilisce infatti che «I diritti esclusivi conferiti dalla
registrazione di un disegno o modello si estendono a qualunque disegno o modello che
non produca nell’utilizzatore informato una impressione generale diversa». Il
legislatore, nel definire l’ambito di protezione del disegno o modello registrato, utilizza
la stessa proposizione impiegata nell’art. 33 a proposito del carattere individuale. Ciò
sta a significare che l’interprete è tenuto ad utilizzare la stessa unità di misura quando è
chiamato a giudicare sia della valida registrazione del disegno o modello rispetto alle
anteriorità sia della estensione della tutela rispetto ai prodotti in contraffazione.
A sua volta, il co. 4, ugualmente a quanto previsto dall’art. 33, co. 2, ai fini
dell’accertamento del carattere individuale del disegno o modello, stabilisce che «nel
determinare l’estensione della protezione si tiene conto del margine di libertà
AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 245).
L’UIBM provvede ad annotare la sentenza sul registro e a darne notizia nel Bollettino Ufficiale.
88
FLORIDIA, I disegni e modelli, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 304.
40
dell’autore nella realizzazione del disegno o modello». Secondo alcuni89 il margine di
libertà si riferisce al condizionamento derivante dalla non registrabilità delle
caratteristiche formali che sono determinate unicamente dalla funzione tecnica, cosicché
parallelamente al crescere di tale condizionamento, si attenuerà il grado di innovatività
richiesta per soddisfare il requisito del carattere individuale mentre assumerà maggior
rigore il giudizio di contraffazione sulle copie di tali caratteristiche. Altri90 ritengono,
invece, che il margine di libertà dipenda dal numero più o meno elevato di prodotti
presenti in un determinato settore merceologico, nel senso che quanto più è maggiore la
loro diffusione tanto minore è il rigore con il quale deve essere riconosciuto il carattere
individuale della forma come requisito di validità.
L’art. 42 cpi introduce alcune limitazioni ai diritti nascenti dalla registrazione.
Il co.1 stabilisce che l’esclusiva non si estende agli atti compiuti in ambito privato e per
fini non commerciali91, né agli atti compiuti a fini di sperimentazione92, nonché agli atti
di riproduzione necessari per le citazioni o per fini didattici, purché siano compatibili
con i principi della correttezza professionale, non pregiudichino indebitamente
l’utilizzazione normale del disegno o modello e sia indicata la fonte93.
Il co. 2 prevede che i diritti esclusivi conferiti dalla registrazione del disegno o
modello non sono esercitabili riguardo all’arredo e alle installazioni dei mezzi di
locomozione navale e aerea immatricolati in altri paesi che entrano temporaneamente
nel territorio dello stato, all’importazione nello stato di pezzi di ricambio e accessori
destinati alla riparazione di tali mezzi di trasporto né all’esecuzione delle riparazioni sui
mezzi di trasporto predetti. Queste limitazione servono per impedire che la protezione
dei disegni e modelli possa ostacolare il transito sul territorio nazionale di navi ed aerei
o la loro riparazione.
4. A differenza delle invenzioni94, il brevetto per modello di utilità dura dieci
anni dalla data di presentazione della domanda.
89
FLORIDIA, I disegni e modelli, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli,Torino, 2009, 3 ed., 304.
90
FLORIDIA, I disegni e modelli, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli,Torino, 2009, 3 ed., 304.
91
Si tratta, in sostanza, degli atti che costituiscono utilizzazione domestica o per altro verso
privata dei prodotti ai quali il disegno o modello è applicato o che incorporano il disegno o modello.
92
Alcuni autori (FLORIDIA, I disegni e modelli, in AA. VV., Diritto industriale proprietà
intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 304 ss.) ritengono che questa limitazione
ben si attaglia alle invenzioni ma risulta del tutto inappropriata con riguardo ai disegni e modelli. Infatti
se la sperimentazione nel campo delle invenzioni è quella che consente all’inventore di conseguire una
nuova soluzione ad un problema tecnico, consistente in un prodotto o in un procedimento, più difficile è
immaginare la sperimentazione di un disegno per ottenere un disegno diverso e della forma di un prodotto
per ottenere un prodotto diverso.
93
L’indicazione delle fonte serve a garantire il rispetto della paternità del disegno o modello al
quale ci si riferisce.
94
Conformemente all’articolo 63 CBE l’articolo 60 del codice dispone che il brevetto dura
vent’anni a decorrere dalla data di deposito della domanda e non può essere rinnovato, né può esserne
prorogata la durata. Questa regola deve essere ora coordinata con l’introduzione nell’ordinamento
nazionale e in quello europeo dell’istituto del certificato complementare di protezione delle invenzioni
farmaceutiche e, per quanto riguarda l’ordinamento europeo, dei fitofarmaci. Questi certificati hanno
l’effetto di prolungare la durata della protezione brevettuale per consentire al titolare di recuperare
almeno in parte il tempo nel quale non ha potuto beneficiare dell’esercizio del diritto esclusivo di
fabbricazione e di vendita del prodotto brevettato oppure di attuazione del procedimento brevettato perché
41
La protezione offerta dal marchio di forma è di dieci anni dalla data di
presentazione della domanda, ma è possibile rinnovarla indefinitamente per successivi
periodi decennali (art. 16 cpi).
L’art. 37 prevede che «la durata della protezione del disegno o modello dura
cinque anni a decorrere dalla data di presentazione della domanda. Il titolare può
ottenere la proroga della durata per uno o più periodi di cinque anni fino ad un massimo
di venticinque anni dalla data di presentazione della domanda di registrazione»95. La
durata della protezione inizia a decorrere dalla data di deposito della domanda di
registrazione presso l’UIBM.
Nel caso in cui i disegni e i modelli siano protetti ai sensi dell’art. 2, n. 10, l.a.
l’art. 44 stabilisce che «i diritti di utilizzazione economica durano tutta la vita
dell’autore e fino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte o dopo la
morte dell’ultimo dei coautori». In proposito si rinvia alle considerazioni circa la durata
delle protezione delle opere del disegno industriale, illustrate nel capitolo successivo.
in attesa dell’autorizzazione ministeriale all’immissione in commercio, senza la quale non è consentito
immettere farmaci nel mercato.
95
SANNA, sub art. 37 cpi, L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà
intellettuale e concorrenza, 4 ed., CEDAM, Padova, 2007.
42
III – CAPITOLO TERZO
PROFILI GENERALI DELLA TUTELA D’AUTORE
Sommario: A) Profili generali della tutela d’autore: 1. I requisiti di protezione; – 2. La
fattispecie costitutiva; – 3. Le tecniche di protezione; – 4. I diritti patrimoniali e morali;
– 5. La durata della protezione; – 6. Le opere del dipendente; – B) La tutela d’autore nel
design: 7. I requisiti di protezione; – 8. La fattispecie costitutiva; – 9. Le tecniche di
protezione; – 10. I diritti patrimoniali e morali; – 11. La durata della protezione; – 12.
Le opere del dipendente; – 13 Le questioni transitorie.
A) 1. Le principali fonti della tutela d’autore delle opere dell’ingegno sono la
CUB, sul piano internazionale, mentre, nel nostro ordinamento troviamo il titolo IX,
capo I, del codice civile (intitolati rispettivamente “Dei diritti sulle opere dell’ingegno e
sulle invenzioni industriali” e “Del diritto d’autore sulle opere dell’ingegno letterarie e
artistiche”) e la legge 22 aprile 1941 n. 633, che disciplina la protezione del diritto
d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.
Il fondamento della protezione apprestata dalla l.a. nei confronti delle opere
dell’ingegno consiste nella rilevanza costituzionale che ricevono gli interessi coinvolti,
tanto sul piano individuale quanto su quello della collettività. Riguardo al primo,
l’attività creativa dell’autore rappresenta sicuramente «una manifestazione dello
sviluppo della persona umana», tutelata dall’art. 3 della cost. e, al tempo stesso, è
espressione della «libertà di pensiero, dell’arte e della scienza», garantite dagli artt. 21 e
33 della Cost96. Sul piano generale, le opere dell’ingegno contribuiscono ad arricchire la
cultura e dunque rientrano nell’area di applicazione dell’art. 9 della cost., che tutela
l’interesse generale alla sua promozione97.
La nozione di opera dell’ingegno tratta dalle fonti legislative nazionali non si
discosta da quella delineata dall’art. 1 par. 1 della CUB98. In particolare, l’art. 2575 c.c.
afferma che formano oggetto del diritto di autore «le opere del’ingegno di carattere
creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative,
all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di
espressione99». Allo stesso modo, l’art. 1 l.a. individua l’oggetto della protezione nelle
«opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica,
96
SANTORO, Note introduttive sul fondamento costituzionale della protezione del diritto
d’autore, in IDA 1975, 319; Corte costituzionale 6 aprile 1995 n. 108, in AIDA 1995, 297.
97
Corte costituzionale 6 aprile 1995 n. 108, in AIDA 1995, 297.
98
Tale disposizione specifica il significato dell’espressione «opere letterarie e artistiche»
comprendendo «tutte le produzioni nel campo letterario, scientifico e artistico, qualunque ne sia il modo o
la forma di espressione, come: i libri, gli opuscoli ed altri scritti; le conferenze, allocuzioni, sermoni ed
altre opere della stessa natura; le opere drammatiche o drammatico-musicali; le opere coreografiche e
pantomimiche; le composizioni musicali con o senza parole; le opere cinematografiche, alle quali sono
assimilate le opere espresse mediante un procedimento analogo alla cinematografia; le opere di disegno,
pittura, architettura, scultura, incisione e litografia; le opere fotografiche, alle quali sono assimilate le
opere espresse mediante un procedimento analogo alla fotografia; le opere delle arti applicate; le
illustrazioni, le carte geografiche, i piani, gli schizzi e plastici relativi alla geografia, alla topografia,
all’architettura o alle scienze. il par. 2 aggiunge che «è tuttavia riservata alle legislazioni dei Paesi
dell’Unione la facoltà di prescrivere che le opere letterarie ed artistiche oppure che una o più categorie di
tali opere non sono protette fintanto che non siano state fissate su un supporto materiale».
99
L’inciso finale, che si ritrova anche nell’art. 1 l.a., ha l’effetto di ricomprendere le opere
riconducibili ai campi indicati, qualunque sia il mezzo espressivo di cui esse si avvalgono e quindi anche
laddove trattasi di strumenti nuovi.
43
alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il
modo o la forma di espressione»100. Tali sono sicuramente le creazioni indicate nell’art.
2 l.a.101
Parte della dottrina e della giurisprudenza102 ritiene che l’elenco contenuto
nell’art. 1 l.a. abbia natura tassativa e, quindi, che un’opera possa essere protetta col
diritto d’autore solo in quanto rientri in uno dei campi indicati in tale disposizione. Di
contro, la dottrina maggioritaria103 vi attribuisce natura meramente esemplificativa con
la conseguenza che la tutela deve essere riconosciuta anche alle opere che non sono
ricomprese nelle categorie di cui all’art. 1, a condizione che abbiano gli stessi caratteri
di fondo. Infine, alcuni autori104 affermano che dai primi due articoli della l.a. si ricava,
in realtà, un principio generale secondo cui il nostro ordinamento protegge tutte le
creazioni intellettuali aventi carattere creativo e che il diritto d’autore rappresenterebbe
la forma di tutela generale, alla quale si sovrappongono altre forme di protezione
100
L’ambito di applicazione di questa disposizione è stato successivamente ampliato a seguito
della ratifica della Convenzione di Berna sulle opere letterarie e artistiche con la legge 20 giugno 1978, n.
399, e dell’emanazione di una serie di decreti, tra i quali, il d. lgs. n. 19/1979 sulle opere fotografiche, il
d. lgs. n. 169/1999 relativo alle banche dati e il d. lgs. 95/2001 riguardante le opere del disegno
industriale.
101
L’elenco contenuto nella disposizione richiamata ha natura esemplificativa, come appare
evidente dall’utilizzo dell’espressione «In particolare» che precede l’enumerazione delle singole voci.
Esso svolge principalmente due funzioni: da un lato, specifica le condizioni di proteggibilità di
determinate opere, ad esempio, subordinando la tutela delle opere del disegno industriale alla sussistenza
dei requisiti del carattere creativo e del valore artistico; dall’altro, chiarisce il significato e la portata delle
nozioni generali di cui all’art. 1. Ad esempio, con riferimento alle opere delle letteratura, l’art.2 specifica
che esse comprendono le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche e religiose, oppure, con
riguardo alle opere del teatro, che queste comprendono le opere coreografiche e pantomimiche, così pure
per le opere delle arti figurative alle quali riconduce non soltanto le opere della scultura e della pittura ma
anche dell’arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari, ovvero, relativamente alle opere
dell’architettura, precisa che queste comprendono sia i disegni che le opere in essi rappresentate.
102
FABIANI, Per una revisione della legge sul diritto di autore, in IDA 1987, 3; FLORIDIA, La
protezione del software nel sistema delle esclusive sulle creazioni intellettuali, in Dir. inf. 1989, 71 ss.;
App. Milano, 2 ottobre 1981, in IDA 1983, 204; Trib. Monza 12 dicembre 1984, in RISTUCCIA, ZENO e
ZENCOVICH, Il software nella dottrina, giurisprudenza e nel d. lgs. 518/1992, 1979, 122; Trib. Roma 30
giugno 1978, in RISTUCCIA, ZENO e ZENCOVICH, 1979, 43; Trib. Roma 4 settembre 1963, in RISTUCCIA,
ZENO e ZENCOVICH, 1964, 51.
103
V. DE SANCTIS, Autore, in Enc. del diritto, Giuffrè, Milano, 2004, 401; ASCARELLI, Teoria
della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 711; ALGARDI, Il plagio letterario e il
carattere creativo dell’opera, Giuffrè, Milano, 1966, 360; V.M. De Sanctis, Il carattere creativo delle
opere dell’ingegno, Giuffrè, Milano, 1971, 71; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno,
UTET, Torino, 1974, 55; AULETTA e MANGINI, Del marchio. Del diritto d’autore sulle opere dell’ingegno
letterarie e artistiche, in SCIALOJA e BRANCA, Commentario al codice civile, Zanichelli-Il Foro it.,
Bologna-Roma, 1987, 148; CARNEVALI, Sulla tutela giuridica del software, in Quadrimestre 1984, 267
ss.; L.C. UBERTAZZI, Raccolte elettroniche di dati e diritto d’autore, in ALPA, La tutela giuridica del
software, Giuffrè, Milano, 1984, 51 ss.; FRASSI, Creazioni utili e diritto d’autore, Giuffrè, Milano, 1997,
34 ss.; Carosone, L’opera dell’ingegno creata nel rapporto di lavoro autonomo e subordinato, Giuffrè,
Milano, 1999, 66; L.C. UBERTAZZI, Seconda introduzione, in ID., I diritti d’autore e connessi. Scritti,
Giuffrè, Milano, 2003, 16; FABBIO, La tutela autoriale del progetto di arredamento o di architettura
d’interni, in Riv. dir. comm. 2002, II, 47; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale
proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 528 ss. In giurisprudenza: Trib.
Cuneo, 19 ottobre 1999, in AIDA 2000, 705; Trib. Cuneo, ord. 23 giugno 1997, in AIDA 1997, 500; Trib.
Torino, 4 dicembre 1995, in AIDA 1996, 416.
104
SENA, Opere dell’ingegno, in Riv. dir. ind. 1994, I, 18 ss.
44
speciali, come i brevetti, riservate a creazioni ben determinate. Parte della dottrina105
critica questa interpretazione evidenziando come non sia possibile instaurare un
rapporto di genere a specie tra le due forme di protezione, dal momento che esse
presentano significative differenze sia nei presupposti che nei contenuti.
Le opere dell’ingegno sono destinate a rappresentare, con qualsiasi mezzo di
espressione, opinioni, idee e sentimenti. In proposito si discute in dottrina se oggetto
della tutela d’autore sia soltanto la forma espressiva, oppure anche il contenuto
dell’opera. La forma esterna è la forma con cui l’opera appare nella sua versione
originaria, nell’insieme di parole e frasi nelle opere letterarie, nella combinazione di
linee, colori e volumi nelle opere delle arti figurative, nella melodia, nell’armonia e nel
ritmo nelle opere musicali106. La forma interna, invece, è la struttura espositiva
dell’opera consistente, nell’opera letteraria, nell’organizzazione del discorso, nelle
sequenza e nella scelta degli argomenti e dei punti di vista, nell’opera artistica, nelle
linee e proporzioni essenziali, nelle opere musicali, nei passaggi essenziali del discorso
musicale e nelle note determinanti la linea della melodia. Il contenuto sono le
informazioni, i fatti, le idee in quanto tali e cioè a prescindere dal particolare modo in
cui sono scelti, coordinati ed esposti. Secondo la dottrina e la giurisprudenza
prevalenti107, la tutela ha ad oggetto la forma sia esterna che interna ma non il
105
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 531 ss.
106
La forma esterna dell’opera deve essere tenuta distinta da quella del supporto materiale sul
quale viene esteriorizzata. Il diritto d’autore tutela soltanto la prima ma non si può escludere a priori che
anche il supporto materiale abbia a sua volta una forma tutelabile ex art. 1 l.a.
Esistono poi casi in cui la forma dell’opera e quella dell’esemplare coincidono: si pensi alle
creazioni dell’architettura, della scultura e alla pittura. Si è così posta la distinzione tra opere in esemplare
unico e opere riproducibili all’infinito in ragione del loro supporto (libri, videocassette, cd, dvd).
L’avvento di internet ha fatto emergere un nuovo genere di opere costituito dalle creazioni che circolano
senza supporto materiale.
107
STOLFI, Il diritto d’autore, Libraria, Milano, 1932, I, 188 ss.; VALERIO e ALGARDI, Il diritto
d’autore, Giuffrè, Milano, 1943, 3 ss.; PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943,
249; SORDELLI, in Riv. dir. ind. 1951, I, 73; MAJELLO, Utilizzazione del «contenuto intellettuale»
dell’opera dell’ingegno, in Giur. compl. cass. 1954, IV, 243 ss.; Ascarelli, Teoria della concorrenza e dei
beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 669 ss.; FRANCESCHELLI, Le idee come oggetto di rapporti
giuridici, in Riv. dir. ind. 1961, I , 28 ss.; ARE, L’oggetto del diritto d’autore, Milano, Giuffrè, 1963, 74
ss.; GHIDINI, Profili evolutivi del diritto industriale, Giuffrè, Milano, 2001, 96 ss.; V.M. DE SANCTIS, Il
carattere creativo delle opere dell’ingegno, Giuffrè, Milano, 1971, 105 ss.; ALGARDI, Considerazioni sul
plagio dell’opera scientifica, in IDA 1972, 455 ss.; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere
dell’ingegno, UTET, Torino, 1974, 43 ss.; AMMENDOLA, Note in tema di protezione dei sistemi di gioco e
delle «idee» in generale, in Giust. civ. 1978, I, 503 ss.; L.C. UBERTAZZI, in L.C. UBERTAZZI e
AMMENDOLA, Il diritto d’autore, UTET, Torino, 1993, 10; ZENO e ZENCOVICH, Informazione (profili
civilistici), in Dig. priv., 424; SPADA, La proprietà intellettuale nelle reti telematiche, in Riv. dir. civ. 1998,
II, 637; POJAGHI, in IDA 1999, 240; MANGINI, Manuale breve di diritto industriale, CEDAM, Padova,
2001, 1971 ss.; L.C. UBERTAZZI, Seconda introduzione, in ID., I diritti d’autore e connessi. Scritti,
Giuffrè, Milano, 2003, 16; RICOLFI, Il diritto d’autore, in G. COTTINO, Trattato di diritto commerciale,
CEDAM, Padova, 2001, 361 ss.; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà
intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 533 ss.; In giurisprudenza: Cass. 12 marzo
2004 n. 5089, in AIDA 2005, 1018; App. Milano, 15 giugno 1999, in AIDA 2000, 689; Trib. Venezia, 6
dicembre 2005, in AIDA 2006, 1107; Trib. Monza, 15 maggio 2000, in AIDA 2001, 765; Trib. Roma, 16
marzo 2000, in AIDA 2000, 724; Trib. Milano, ord. 10 dicembre 1996, in AIDA 1997, 483; Trib. Torino,
ord. 24 agosto 1995, in AIDA 1996, 401; Trib. Roma, 20 dicembre 1993, in AIDA 1995, 314; Trib.
Monza, ord. 26 maggio 1994, in AIDA 1994, 277; Trib. Milano, ord. 1 agosto 1993, in AIDA 1993, 197;
Trib. Milano, 6 maggio 1993, in AIDA 1993, 188, Trib. Milano, 10 dicembre 1992, in AIDA 1993, 170;
Trib. Torino, 6 aprile 1992, in AIDA 1992, 101.
45
contenuto108. Questo principio è presente sia nell’art. 9, n. 2, dell’Accordo Trips109, che
nelle direttive comunitarie riguardanti i programmi per elaboratori e le banche dati110, e
nelle disposizioni delle legge interna che vi hanno dato attuazione111. Tuttavia una parte
della dottrina112 critica la distinzione tra forma e contenuto, asserendo come tale
costruzione sia inadeguata a giustificare la protezione della favola, che attiene non alla
forma interna bensì al contenuto.
Dal principio affermato dalle norme internazionali ed europee, condiviso dalla
dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti, si possono trarre le seguenti considerazioni: il
diritto di utilizzazione esclusiva mediante la riproduzione e la comunicazione è limitato
alla forma rappresentativa e non si estende al contenuto di conoscenze e di idee che
quindi possono essere liberamente esposte in altro modo ed eventualmente attuate da
altri113. Inoltre non sono suscettibili di protezione con il diritto d’autore né le semplici
idee che rimangono su un piano astratto, né le forme espressive elementari che siano
inidonee a rappresentare con un minimo di organicità idee e sentimenti114. Così, la corte
di cassazione115, ha negato che lo slogan «È già domani», pur richiamando il titolo di
una poesia ed un celebre verso ivi contenuto, fosse dotato di compiutezza espressiva.
108
Così, nelle opere narrative, la l.a. protegge la trama nella misura in cui è frutto della fantasia
dell’autore (PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 207; ARE, L’oggetto del
diritto d’autore, Milano, Giuffrè, 1963, 335; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II,
UTET, Torino, 1974, 61), nelle opere scientifiche, saggistiche o didattiche, nelle quali assume grande
importanza il contenuto delle informazioni e conoscenze trasmesse, essa prende in considerazione il
modo personale e particolare dell’autore di condurre il discorso argomentativo, come la scelta e
l’organizzazione del materiale o le prospettive adottate (Trib. Milano, 2 marzo 2005, in AIDA 2005, 976).
Così pure, le opere aventi finalità pratiche o utilitarie, come i manuali pratici e gli scritti destinati a fornire
indicazioni operative o a descrivere il funzionamento di dispositivi o macchine, i piani e i disegni dei
progetti di ingegneria e le opere di cartografia in tanto sono suscettibili di protezione in quanto la forma
espositiva non sia interamente condizionata dal contenuto informativo. Allo stesso modo possono
accedere alla protezione d’autore, l’organizzazione interna di un programma per elaboratore (RISTUCCIA,
ZENO e ZENCOVICH, Prime notazioni sulla legge a protezione del software, in Dir. inf. 1994, 237;
BERTANI, Proprietà intellettuale e nuove tecniche di appropriazione delle informazioni, in AIDA 2005,
312 ss.; Trib. Monza, 12 dicembre 1984, in Mass. giust. civ. 1984), o la struttura di una banca dati
(CARNEVALI, Sulla tutela giuridica del software, in Quadrimestre 1984, 272), nonché il format di un
programma radiofonico o televisivo.
109
Tale disposizione afferma che la protezione del diritto d’autore copre le espressioni e non le
idee, i procedimenti, i metodi di funzionamento o i concetti matematici in quanto tali.
110
Si tratta, rispettivamente, delle direttive n. 91/250/CEE e n. 96/9/CE, artt. 3, n. 2, e 5.
111
Il riferimento è all’art. 2, n. 8 e 9 l.a.
112
PIOLA CASELLI, Trattato del diritto d’autore, UTET, Torino, 1927, 77.
113
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 536 ss.
114
GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 45 ss.;
RICOLFI, Diritto d’autore, in G. COTTINO, Trattato di diritto commerciale, CEDAM, Padova, 2001, 365;
STOLFI, Il diritto d’autore, Libraria Milano, 1932, I, 188; DE SANCTIS, Il carattere creativo delle opere
dell’ingegno, Giuffrè, Milano, 1871, 105 ss.; PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino,
1943, 249; L.C. UBERTAZZI, Seconda introduzione, in ID., I diritti d’autore e connessi. Scritti, Giuffrè,
Milano, 2003, 16; nota a App. Milano, 22 settembre 2004, in AIDA 2005, 561 ss.; AUTERI, Diritto di
autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3
ed., 536 ss. In giurisprudenza: App. Milano, 22 settembre 2004, in AIDA 2005, 1047; App. Milano, 15
giugno 1999, in AIDA 2000, 689; Trib. Monza, 15 maggio 2000, in AIDA 2001, 765; Trib Roma, 16
marzo 2000, in AIDA 2000, 724, Trib. Milano, 19 luglio 1999, in AIDA1999, 644; Trib. Roma, ord. 6
luglio 1999, in AIDA 2001, 751; Trib. Milano, 1 giugno 1998, nel Repertorio di AIDA 1999, 763; Trib.
Monza, ord. 26 maggio 1994, nel Repertorio di AIDA 1994, 277.
115
App. Milano, 18 ottobre 1974, in IDA 1975, 358 ss.
46
Per poter accedere alla protezione d’autore le opere dell’ingegno devono
soddisfare il requisito del requisito del carattere creativo (art. 1 l.a.). Un’opera può dirsi
creativa se è il risultato del lavoro, dell’abilità ed eventualmente del mestiere di una
persona e presenta, al tempo stesso, caratteristiche che siano manifestazione della sua
personalità. Le opere dell’ingegno sono dunque il risultato del modo personale con cui
l’autore ha rappresentato, espresso o trattato la materia116. Da ciò discende che non sono
suscettibili di ricevere tutela le forme necessitate o imposte dalla funzione utilitaria o
distintiva del prodotto117, le forme banali118, nonché le forme standardizzate119.
In dottrina e in giurisprudenza si è molto discusso riguardo al grado di
creatività necessario affinché un’opera possa beneficiare della protezione d’autore. La
dottrina e la giurisprudenza120 concordano nel ritenere che le opere dell’ingegno non
debbano raggiungere un elevato livello di creatività, essendo sufficiente che siano il
risultato di scelte creative dell’autore, capaci di esprimere eventualmente un grado
anche modesto di originalità. È sufficiente, quindi, che l’opera presenti un apporto
originale, seppure minimo, rispetto al preesistente patrimonio intellettuale. Questa
interpretazione è criticata da chi ritiene che per poter accedere alla protezione d’autore
le opere dell’ingegno debbano possedere una creatività qualificata121. Parte della
116
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 536 ss.
117
RISTUCCIA, ZENO e ZENCOVICH, Prime notazioni sulla legge a protezione del software, in
Dir. inf. 1994, 238; L.C. UBERTAZZI, Seconda introduzione, in ID., I diritti d’autore e connessi. Scritti,
Giuffrè, Milano, 2003, 16. In giurisprudenza: Trib. Milano, 14 dicembre 1998, in AIDA 1999, 628; Trib.
Milano, 29 gennaio 1997, in Mass. Giust. Civ. 1997; Trib. Torino, 27 maggio 1995, in Mass. Giust. Civ.
1995.
118
RICOLFI, nota a Trib. Modena, ord. 22 luglio 1994, in AIDA 1995, 539; SPADA, Banche di
dati e diritto d’autore (il ‹‹genere›› del diritto d’autore sulle banche dati), in AIDA 1997, 10; Trib.
Milano, 14 dicembre 1998, in AIDA 1999, 628; Trib. Torino, ord. 16 dicembre 1997, in AIDA 1998, 550;
Trib. Torino, ord. 25 luglio 1997, in AIDA 1998, 533; Trib. Pavia, ord. 21 aprile 1997, in AIDA 1998, 530;
Trib. Pavia, ord. 22 marzo 1997, in AIDA 1998, 526; Trib. Modena, ord. 22 luglio 1994, in AIDA 1995,
327.
119
Trib. Milano, 18 dicembre 1997, in AIDA 1998, 551.
120
PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 179; FABIANI, Limiti di
tutela delle massime e dei repertori di giurisprudenza e concorrenza sleale, in Giust. civ. 1960, I, 244;
L.C. UBERTAZZI, in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, UTET, Torino, 1993, 366;
AFFERNI, Diritto d’autore, requisito dell’originalità e software operativo, in Dir. Inf. 1989, 556; BERTANI,
In tema di edizione critica dell’opera musicale, in AIDA 1999, 510; SPADA, Banche di dati e diritto
d’autore (il ‹‹genere›› del diritto d’autore sulle banche dati), in AIDA 1997, 10; GIOV. GUGLIELMETTI,
nota a Trib. Bologna, 16 aprile 1997, in AIDA 1998, 575; MAGELLI, Software e diritto d’autore: la
sanzione penale, in Riv. dir. ind. 1999, I, 13; RICOLFI, Il diritto d’autore, in ABRIANI, COTTINO e RICOLFI,
Diritto industriale, Cedam, Padova, 2001, 365 ss.; SANNA, nota a App. Milano, 17 marzo 2000, in AIDA
2001, 411; FABBIO, La tutela autoriale del progetto di arredamento o di architettura d’interni, in Riv. dir.
comm. 2002, II, 53; ZUDDAS, nota a Cass. 12 marzo 2004 n. 5089, in AIDA 2005, 425. In giurisprudenza:
Cass. 2 giugno 1995 n. 908, in AIDA 1996, 440; Cass. 2 dicembre 1993 n. 11953, in AIDA 1994, 212;
App. Milano, 22 settembre 2004, in AIDA 2005, 1047; App. Milano, 26 marzo 2002, in AIDA 2003, 912;
App. Milano, 17 marzo 2000, in AIDA 2001, 762; App. Milano, 13 dicembre 1996, in AIDA 1997, 484;
App. Milano, 10 novembre 1995, nel Repertorio di AIDA 1996, 413; App. Torino, 27 marzo 1992, in
AIDA 1992, 98; Trib. Venezia, 13 febbraio 2008, in AIDA 2009, 1285; Trib. Bologna, ord. 3 agosto 2004,
in AIDA 2005, 1043; Trib. Roma, 11 dicembre 2002, in AIDA 2004, 969; Trib. Milano, 16 novembre
2000, in AIDA 2001, 790; Trib. Monza, ord. 15 maggio 2000, in AIDA 2001, 765; Trib. Roma 19 aprile
1997, in AIDA 1997, 497; Trib. Bologna, 19 aprile 1997, in AIDA 1997, 527; Trib. Milano, ord. 10
dicembre 1996, in AIDA 1997, 483; Trib. Como, 9 aprile 1996, in AIDA 1997, 457; Trib. Como, ord. 12
febbraio 1996, in AIDA 1997, 457; Trib. Milano, ord. 10 dicembre 1996, in AIDA 1997, 483.
121
Pret. Alba, ord. 9 gennaio 1992, in AIDA 1992, 83.
47
dottrina ricollega la spiccata originalità alla «individualità dell’elemento creativo che
deve riflettere la personalità dell’autore»122. Alcuni autori propongono invece di
considerare «la provenienza del processo creativo da un’attività superiore rispetto alla
normale iterazione della vita quotidiana»123. Altri ancora ritengono che essa sussista
quando l’opera è «idonea ad attirare l’attenzione del pubblico o ad indurre i
contraffattori a riprodurla»124. Infine vi è chi afferma che la creatività qualificata debba
«soddisfare un’apprezzabile esigenza di ordine culturale»125.
In dottrina si discute riguardo all’esistenza di requisiti ulteriori rispetto al
carattere creativo, come la novità e la liceità. Parte della dottrina ritiene che le opere del
disegno industriale per poter accedere alla tutela debbano essere oggettivamente
nuove126. Viceversa, è opinione condivisa127 che il diritto d’autore protegga anche le
creazioni contrarie alle norme di legge, all’ordine pubblico e al buon costume.
La nozione di opera dell’ingegno viene delimitata dalle disposizioni della
stessa l.a. che disciplinano le creazioni affini alle opere elencate negli artt. 1 e 2, quali le
interpretazioni od esecuzioni artistiche registrate o meno su fonogrammi e videogrammi
(artt. 80 e ss. l.a.), le semplici fotografie e i film di semplice documentazione (artt. 87 e
ss. l.a.), i bozzetti di scene teatrali (art. 86 l.a.) e le edizioni critiche e scientifiche di
opere di pubblico dominio (art 85 quater e quinquies l.a.). Tali opere vengono tutelate
come oggetto di diritti connessi al diritto d’autore, vale a dire mediante diritti aventi
122
STOLFI, Il diritto d’autore, I, Libraria, Milano, 1932, 3 ed., 518 ss.; V.M. De Sanctis, Il
carattere creativo delle opere dell’ingegno, Giuffrè, Milano, 1971, 38; ANGELINI, Fotografia ed opera
fotografica, in Contr. e impr. 1988, 276; CRUGNOLA, Il requisito della creatività in materia di fotografia,
in IDA 1994, 353; PERON, Il giornalista, il diritto d’autore e il giornale telematico, in Riv. dir. ind. 1999,
II, 541; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza,
Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 500 ss.; BOCCA, La tutela della fotografia tra diritto d’autore, diritti
connessi e nuove tecnologie, in AIDA 2002, 379; SERPIERI, Cartine geografiche e diritto d’autore, in Riv.
dir. ind. 2002, II, 323. In giurisprudenza: Trib. Catania, 11 settembre 2001, in AIDA 2002, 856; Trib.
Milano, 9 novembre 2000, in AIDA 2002, 831; Trib. Monza, ord. 15 maggio 2000, in AIDA 2001, 765;
Trib. Roma, ord. 19 aprile 1997, in AIDA 1997, 497; Trib. Milano, 24 marzo 1994, in AIDA 1995, 269;
Trib. Milano, 28 giugno 1993, in AIDA 1993, 196.
123
ELSTER, in IDA 1936, 321 ss.
124
BALL, The law of copyright and literary property, Banks and Co-M. Bender & Co, Albany
(N. Y.), 1944, 107; HOWELL, The copyright law, The Bureau of National Affairs, Washington, 1986, 6 ed.,
12.
125
Relazione ministeriale alla l. 633/1941, in PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore,
UTET, Torino, 1943, 180; ARE, L’oggetto del diritto d’autore, Milano, Giuffrè, 1963, 185 ss.
126
ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 705;
ARE, L’oggetto del diritto d’autore, Milano, Giuffrè, 1963, 53; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere
dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 45 ss.; FABIANI, Il diritto d’autore, in RESCIGNO, Trattato di diritto
privato, UTET, Torino, 1983, 131; MAGELLI, Software e diritto d’autore: la sanzione penale, in Riv. dir.
ind. 1999, I, 13; PELLEGRINO, Edizione critica di opera caduta in pubblico dominio fra diritto d’autore e
diritto connesso, in Riv. dir. ind. 2002, II, 254 ss. In giurisprudenza: Trib. Milano, 31 gennaio 2003, in
AIDA 2004, 971; Trib. Milano, 18 dicembre 1997, in AIDA 1998, 551; Trib. Bologna, 16 aprile 1997, in
AIDA 1997, 527; Trib. Casale Monferrato, ord. 11 novembre 1996, in AIDA 1997, 478; Trib. Roma, 17
maggio 1993, in AIDA 1995, 309.
127
PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 184 ss.; FABIANI, Il diritto
d’autore, in RESCIGNO, Trattato di diritto privato, UTET, Torino, 1983, 134 ss.; ARE, L’oggetto del diritto
d’autore, Milano, Giuffrè, 1963, 73 ss.; ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali,
Giuffrè, Milano, 1960, 709; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino,
1974, 52 ss.; ALGARDI, La tutela dell’opera dell’ingegno e il plagio, CEDAM, Padova, 1978, 109 ss.;
L.C. UBERTAZZI, Seconda introduzione, in ID., I diritti d’autore e connessi. Scritti, Giuffrè, Milano, 2003,
16.
48
contenuto simile ma meno ampio del diritto d’autore. Ciò si spiega considerando che si
tratta di opere prive di carattere creativo.
2. La fattispecie costitutiva di un’opera dell’ingegno è prevista è disciplinata
dagli artt. 2576 c.c. e 6 l.a., secondo cui «il titolo originario dell’acquisto del diritto
d’autore è costituito dalla creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro
intellettuale». In merito, la dottrina non è concorde e suggerisce varie interpretazioni.
Una prima opinione128, seguita dalla dottrina e giurisprudenza prevalenti,
ritiene che esista un’unica fattispecie costitutiva dei diritti d’autore, che si perfeziona
con la creazione seguita dalla esteriorizzazione dell’opera. Non basta quindi che la
creazione sia concepita nella mente dell’autore; occorre che sia anche estrinsecata o con
la fissazione su un supporto materiale, come è indispensabile per le opere coreografiche
e pantomimiche129, o con la comunicazione ad altra persona. Non è invece richiesto
l’adempimento di alcuna formalità costitutiva, quale il deposito, la registrazione o altri
adempimenti. Questo principio è presente anche nella CUB ed è stato accolto dalle
legislazioni di tutti gli stati aderenti130.
Altra parte della dottrina131 individua, invece, nella l.a. diverse fattispecie
costitutive. La più semplice è costituita dalla creazione ed estrinsecazione dell’opera.
Tuttavia i diritti conferiti al titolare hanno carattere precario poiché sono soggetti al
rischio di decadenza a seguito della pubblicazione, da parte di un altro soggetto, di
un’opera identica creata in modo indipendente. La seconda fattispecie si perfeziona con
la creazione ed esteriorizzazione dell’opera seguita dalla sua pubblicazione. In questo
caso l’autore potrà far valere i suoi diritti nei confronti di tutti ed in particolare anche
nei confronti di chi abbia creato la medesima opera per primo senza però averla
pubblicata. Una terza fattispecie è disciplinata dagli artt. 185 ss. e ha ad oggetto le
creazioni di autori stranieri o di autori italiani realizzate all’estero. Infine, una quarta
128
PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 241 ss.; ASCARELLI,
Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 723 ss.; GRECO e VERCELLONE, I
diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 203 ss.; FABIANI, voce Autore (diritto di), in Enc.
giur. Treccani, I, Treccani, Roma, 1988, 6; AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto
d’autore, UTET, Torino, 1993, 373; CAROSONE, L’opera dell’ingegno creata nel rapporto di lavoro
autonomo e subordinato, Giuffrè, Milano, 1999, 68; RICOLFI, Il diritto d’autore, in ABRIANI, COTTINO e
RICOLFI, Diritto industriale, Cedam, Padova, 2001, 369; OPPO, Conversazione sul diritto industriale, in
AIDA 2002, 337 ss.; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 562 ss. In giurisprudenza: App. Milano, 26 marzo 2002, in AIDA
2003, 800.
129
In proposito, l’art. 2 della CUB riserva agli stati aderenti la facoltà di prevedere che le opere
letterarie ed artistiche oppure che una o più categorie di tali opere non sono protette fintanto che non
siano state fissate su un supporto materiale. Il nostro legislatore si è avvalso di tale facoltà solo con
riferimento alle opere coreografiche e pantomimiche, subordinandone l’esistenza e, dunque, la protezione,
alla condizione che ne sia fissata la traccia per iscritto o altrimenti (art. 2, n. 3, l.a.).
130
La CUA prevede, invece, che gli stati aderenti che subordinano la protezione
all’adempimento di formalità devono considerare rispettate tali formalità per ogni opera protetta dalla
convenzione se, dopo la pubblicazione di questa opera, tutti gli esemplari dell’opera pubblicata con
l’autorizzazione dell’autore o di ogni altro titolare dei suoi diritti recano il simbolo “©” accompagnato dal
nome del titolare del diritto d’autore e dall’anno di prima pubblicazione. L’adempimento di questa
formalità serviva per garantirsi la protezione negli Stati Uniti, che avevano aderito soltanto alla CUA,
rifiutandosi, fino al 1989, di ratificare la CUB. A ciò si aggiunga che ora l’art. 9 dell’accordo TRIPS
obbliga gli stati aderenti ad uniformarsi alle disposizioni della CUB. Il simbolo “©”, pur avendo perso
gran parte della sua utilità, è però entrato a far parte della prassi editoriale, anche italiana.
131
L.C. UBERTAZZI, Spunti sulla comunione di diritti d’autore, in ID., I diritti d’autore e
connessi. Scritti, Giuffrè, Milano, 2003, 53 ss.
49
fattispecie, prevista dall’art. 199 l.a., attiene alle creazioni che sono state realizzate
prima dell’entrata in vigore della medesima legge, stabilendo che la fattispecie
costitutiva si perfezioni con la loro pubblicazione.
Quando due o più soggetti realizzano in modo indipendente un’opera
dell’ingegno dotata del requisito del carattere creativo si pone il problema di quale fra
loro debba essere considerato titolare dei diritti d’autore. Un primo orientamento
riconosce tutela ad entrambi in ragione della creazione ed esteriorizzazione dell’opera.
Un secondo orientamento propone invece di considerare autore chi fra loro abbia creato
ed esteriorizzato per primo la propria opera. Infine, un terzo orientamento132 riferisce il
giudizio di priorità non alla esteriorizzazione bensì alla pubblicazione dell’opera.
Quest’ultima opinione è avvalorata sia dalle disposizioni relative alla protezione dello
straniero contenute nella CUB e nella l.a., sia da quelle concernenti gli incontri fortuiti
in materia di invenzioni, che utilizzano lo stesso criterio per risolvere i conflitti
scaturenti dalla creazione indipendente della medesima opera da parte di più soggetti.
Questo orientamento è condiviso anche da altri autori133, i quali però, a differenza dei
primi, risolvono il conflitto in favore di chi abbia pubblicato per primo la propria opera
perché ritengono vi sia un’unica fattispecie costitutiva del diritto d’autore che si
perfeziona con la pubblicazione.
La l.a., nel titolo terzo, capo primo, intitolato “Registri di pubblicità e deposito
delle opere”, prevede diverse forme di registrazione cui sono soggette sia le opere
protette dal diritto d’autore, sia le creazioni oggetto di diritti connessi. I registri
nominati dall’art. 103 l.a. sono i seguenti: un registro pubblico generale delle opere
protette, istituito presso la Presidenza del consiglio dei ministri e due registri speciali
per le opere cinematografiche e per i programmi di elaboratore, tenuti dalla Società
Italiana degli autori ed editori (d’ora innanzi: SIAE). In detti registri sono registrate le
opere soggette all’obbligo del deposito. Tali sono le opere e i prodotti protetti ai sensi
della l.a., ad eccezione dei programmi per elaboratore, per i quali la registrazione è
facoltativa ed onerosa e delle fotografie, per le quali l’obbligo del deposito è escluso.
Tale onere grava sugli autori e produttori delle opere e dei prodotti in questione o sui
loro aventi causa (art. 105 l.a.)134.
L’iscrizione nei registri previsti dall’art. 103 l.a. non ha alcun rilievo ai fini
dell’acquisto del diritto d’autore poiché tali registri hanno funzione e natura di
132
L.C. UBERTAZZI, Spunti sulla comunione di diritti d’autore, in ID., I diritti d’autore e
connessi. Scritti, Giuffrè, Milano, 2003, 53 ss.
133
VOLTAGGIO LUCCHESI, I beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1962, 196 ss.; MESSINETTI,
Oggettività giuridica delle cose incorporali, Giuffrè, Milano, 1970, 234 ss.
134
Nel registro generale e in quello per le opere cinematografiche occorre indicare il nome
dell’autore, del produttore, la data della pubblicazione e le altre indicazione stabilite dal regolamento; nel
registro per i programmi per elaboratore, il nome del titolare dei diritti esclusivi di utilizzazione
economica e la data di pubblicazione del programma, intendendosi per pubblicazione il primo atto di
esercizio dei diritti esclusivi.
L’art. 104 l.a. prevede poi la facoltà di registrare nei registri previsti dall’art 103 anche gli atti
tra vivi che trasferiscono, in tutto o in parte, i diritti riconosciuti da questa legge, o costituiscono sopra di
essi diritti di godimento o di garanzia, come pure gli atti di divisione o di società relativi ai diritti
medesimi.
50
pubblicità-notizia135. Tuttavia, l’iscrizione ha l’effetto di fare fede, sino a prova
contraria dell’esistenza dell’opera e del fatto della sua pubblicazione136.
Dottrina e giurisprudenza concordano nel ritenere che il diritto d’autore sia
acquistato a titolo originario dall’autore. Egli può disporre dei diritti di utilizzazione
anche prima della creazione dell’opera, con la conseguenza che, nel momento in cui
essa verrà ad esistenza, tali diritti saranno acquisiti da un soggetto diverso dall’autore.
L’art. 107 l.a. prevede, infatti, che i diritti di utilizzazione spettanti agli autori delle
opere dell’ingegno, nonché i diritti connessi aventi carattere patrimoniale, possono
essere acquistati, alienati o trasmessi in tutti i modi e le forme consentiti dalla legge.
L’acquisto dei diritti patrimoniali in capo ad un soggetto diverso dall’autore, avviene
soprattutto mediante quei contratti con cui l’autore si obbliga verso l’altro contraente a
creare o a partecipare alla creazione dell’opera, come i contratti di edizione, i contratti
di prestazione d’opera o i contratti di lavoro subordinato. Il problema che si pone in
tutte queste ipotesi è determinare quali diritti di utilizzazione vengano acquistati
dall’imprenditore e se tali diritti siano acquistati automaticamente al momento della
creazione dell’opera o solo subordinatamente al compimento di ulteriori adempimenti.
Vedremo in seguito, al par. 6, come la l.a. non preveda una disciplina generale ma si
limiti a dettare alcune disposizioni riguardanti soltanto singole categorie di opere
realizzate in esecuzione di contratti d’opera o di lavoro subordinato.
3. Il diritto d’autore si propone di assicurare all’autore il controllo
dell’utilizzazione economica dell’opera sia per consentirgli di ottenere una
partecipazione ai ricavi derivanti dall’utilizzazione stessa o comunque una
remunerazione, sia per salvaguardare interessi non patrimoniali connessi con la
utilizzazione dell’opera. Questi scopi vengono perseguiti accordando all’autore un
duplice ordine di prerogative, le une aventi carattere patrimoniale (artt. 12-19 l.a.), le
altre carattere personale (artt. 20-24). Le prime consistono principalmente nel diritto
esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo, originale o
derivato, e nel diritto di ottenere un compenso da chi utilizzi l’opera. Le prerogative di
carattere non patrimoniale consistono, invece, nel potere di rivendicare la paternità
dell’opera, di opporsi a qualsiasi modificazione che possa recare pregiudizio, all’onore e
alla reputazione dell’autore e nel diritto di ritirare l’opera dal commercio ove ricorrano
gravi ragioni morali.
In dottrina vi è un ampio dibattito intorno al rapporto fra questi due diversi
ordini di prerogative. Più precisamente si discute se queste facoltà siano riconducibili ad
un unico diritto o facciano invece capo a due diritti distinti, l’uno di carattere
patrimoniale e l’altro di carattere personale. In proposito si confrontano due teorie,
quella monistica e quella dualistica. All’interno della teoria monistica si delineano due
orientamenti: il primo137 considera il diritto d’autore come un unico diritto costituito da
facoltà patrimoniali e da facoltà personali strettamente connesse, il secondo138, asserisce
che il diritto d’autore ha «natura esclusivamente patrimoniale e che eventuali interessi
135
L’art. 106, co. 1, infatti, chiarisce che l’omissione del deposito non pregiudica l’acquisto e
l’esercizio del diritto d’autore sulle opere protette.
136
Gli autori e i produttori indicati nel registro sono reputati, sino a prova contraria, autori o
produttori delle opere che sono loro attribuite.
137
CANDIAN, Il diritto d’autore nel sistema giuridico, Istituto editoriale cisalpino, MilanoVarese, 1953.
138
ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 753 ss.
51
morali coinvolti nella creazione dell’opera ricevono tutela sul piano generale dei diritti
della personalità e non di quelli particolari d’autore». La teoria dualistica139, invece,
ritiene che le facoltà di utilizzazione e le prerogative morali siano riconducibili a due
distinti diritti, l’uno di carattere patrimoniale e l’altro di carattere personale. Questa
teoria appare corroborata dalle disposizioni contenute nella l.a. che prevedono un
diverso regime per quanto attiene alla titolarità, disponibilità e durata dei due diritti: le
singole facoltà di utilizzazione sono liberamente trasferibili e possono essere oggetto di
successione mortis causa secondo le regole generali di diritto comune. Al contrario, i
diritti morali spettano personalmente all’autore, sono per definizione inalienabili e in
caso di morte dell’autore non sono soggetti alle regole della successione, potendo essere
fatti valere senza limiti di tempo soltanto dai familiari più stretti, indipendentemente
dall’appartenenza dei diritti di utilizzazione.
L’art. 12 l.a. conferisce all’autore il diritto esclusivo «di utilizzare
economicamente l’opera in ogni forma e modo, originale o derivato, nei limiti fissati
dalla medesima legge, ed in particolare con l’esercizio dei diritti esclusivi indicati negli
articoli seguenti». Parte della dottrina140 ritiene, tuttavia, che il diritto di utilizzazione
non sia riservato all’autore da questa disposizione, bensì derivi dalla generale libertà di
iniziativa economica, garantita dall’art. 41 Cost. Ciò che gli artt. 12 ss. riconoscono è
invece il diritto del titolare di escludere qualsiasi altro dallo sfruttamento della propria
opera.
Negli artt. 13-18 bis, la l.a. stabilisce un elenco di diritti di utilizzazione, dei
quali indica dettagliatamente il contenuto. Sebbene tali disposizioni parlino di «diritti»,
alcuni autori141 rilevano che si tratta più correttamente di alcune tra le possibili forme di
esercizio di un unico diritto patrimoniale. Inoltre la dottrina142 concorda nel ritenere che
l’elenco ivi contenuto non abbia natura tassativa, bensì solo esemplificativa. Le
disposizioni di cui agli artt. 13-18 bis avrebbero quindi la funzione di puntualizzare il
139
DE GREGORIO, Il contratto di edizione, Athenaeum, Roma, 1913, 16; PUGLIATTI, Sulla
natura del diritto personale di autore, in Riv. dir. priv. 1933, II, 292 ss.; PIOLA CASELLI, Codice del diritto
d’autore, UTET, Torino, 1943, 86; GRECO, Saggio sulle concezioni del diritto d’autore (Monismo e
dualismo), in Riv. dir. civ. 1964, I, 539 ss.; VANZETTI, Il diritto di inedito, in Riv. dir. civ. 1966, I, 385 ss.;
DE CUPIS, I diritti della personalità, in CICU, MESSINEO, MENGONI e SCHLESINGER, Trattato di diritto
civile e commerciale, Giuffrè, Milano, 1982, 217 ss.; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere
dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 179 ss.; AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto
d’autore, Torino, UTET, 1993, 37; V.M. DE SANCTIS, La protezione delle opere dell’ingegno, Giuffrè,
Milano, 1999, 73 ss.; CAROSONE, L’opera dell’ingegno creata nel rapporto di lavoro subordinato,
Giuffrè, Milano, 1999, 34; GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi
all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 87; AUTERI, in AA. VV., Diritto industriale
proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 577 ss.
140
L.C. UBERTAZZI, Il fondamento costituzionale del diritto d’autore, in ID., I diritti d’autore e
connessi. Scritti, Giuffrè, Milano, 2003, 288; SARTI, Diritti esclusivi e circolazione dei beni, Giuffrè,
Milano, 1996, 216.
141
ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 735;
GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 189; AMMENDOLA, in
L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, Torino, UTET, 1993, 36 ss.; AUTERI, Diritto di
autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3
ed., 582.
142
PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 276 ss.; ASCARELLI,
Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 735; GRECO e VERCELLONE, I
diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 130; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto
industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 582; ROMANO,
L’opera e l’esemplare nel diritto della proprietà intellettuale, CEDAM, Padova, 2001, 47.
52
contenuto del diritto patrimoniale, individuando da un lato una serie di facoltà che
costituiscono senz’altro forme di utilizzazione dell’opera e, dall’altro, i limiti di alcune
di esse143.
Il rapporto tra la clausola generale e le disposizioni che prevedono le singole
facoltà di utilizzazione è disciplinato dall’art. 19 l.a., secondo cui «i diritti esclusivi
previsti dagli articoli precedenti sono fra loro indipendenti e l’esercizio di uno di essi
non esclude l’esercizio esclusivo di ciascuno degli altri». La l.a. pone così il principio di
indipendenza delle facoltà di utilizzazione economica144. Ciò si spiega alla luce del fatto
che le opere dell’ingegno sono suscettibili di una pluralità di utilizzazioni in mercati
differenti; favorendo l’autonoma circolazione dei diritti di sfruttamento economico
viene soddisfatto l’interesse dell’autore a valorizzare l’opera e a massimizzare il
rendimento degli investimenti sostenuti per la sua creazione e diffusione145.
Accenniamo brevemente alla seconda tecnica di tutela che rileva ai fini del
nostro discorso, ovvero il diritto di seguito di cui agli artt. 144 e 145 l.a. Esso consiste
nel diritto dell’autore di percepire un compenso sulle vendite successive alla prima
cessione dell’opera146. Presupposto dell’applicazione della disciplina è che la vendita
abbia ad oggetto gli originali dei manoscritti e delle opere delle arti figurative comprese
nell’art. 2, come i quadri, i collages, i dipinti, i disegni, le incisioni, le stampe, le
litografie, le sculture, gli arazzi, le ceramiche, le opere in vetro e le fotografie, purché si
tratti di creazioni eseguite dall’autore stesso o di esemplari considerati come opere
d’arte e originali. Anche le copie delle opere d’arti figurative sono considerate come
originali se soddisfano le seguenti condizioni: devono essere prodotte in numero
limitato dall’autore stesso o sotto la sua autorità e devono essere numerate, firmate o
altrimenti debitamente autorizzate dall’autore (art. 144, co.1 e 145). La previsione del
diritto di seguito trova giustificazione nel fatto che nel tempo il valore delle opere delle
arti figurative può aumentare, soprattutto in conseguenza della notorietà dell’artista
presso il pubblico e gli esperti del settore147.
Per vendita successiva si intende quella comunque effettuata che comporta
l’intervento, in qualità di venditori, acquirenti o intermediari, di soggetti che operano
143
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 582.
144
Pertanto, esemplificando, la facoltà di riprodurre un’opera dell’ingegno è distinta ed
autonoma rispetto a quella di distribuire la medesima opera o di comunicarla al pubblico, con la
conseguenza che l’autore può licenziarne ad un soggetto la riproduzione, ad altro soggetto la
commercializzazione di queste riproduzioni e ad altro soggetto ancora la loro comunicazione al pubblico.
145
GIANNINI, Il diritto d’autore, La nuova Italia, Firenze, 1943, 41; PIOLA CASELLI, Codice del
diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 318; SARTI, Diritti esclusivi e circolazione dei beni, Giuffrè,
Milano, 1996, 394; SARTI, Proprietà intellettuale, interessi protetti e diritto antitrust, in Riv. dir. ind.
2002, 566; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza,
Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 582 ss.
146
La materia del diritto di seguito è stata oggetto della direttiva CE 2001/84, che si proponeva
di armonizzare le discipline degli stati membri. Le disposizioni fornite dal Parlamento Europeo
stabiliscono che all’artista spetta una percentuale delle vendite calcolata sull’intero prezzo di vendita. Di
contro, fino al 2001, in Europa, le disposizioni relative al diritto di seguito erano prerogativa di ciascuno
Stato membro. Il riconoscimento del diritto non era obbligatorio e le norme che lo regolavano in ciascun
Paese potevano essere differenti. In Italia, questo istituto era previsto dalla l.a., secondo la quale il
compenso spettante all’autore era calcolato come una percentuale sul plusvalore realizzato tra la prima
vendita e quelle successive.
147
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 592 ss.
53
professionalmente nel mercato dell’arte, come le case d’asta, le gallerie d’arte e, in
generale, qualsiasi commerciante di opere d’arte.
La l.a. prevede tuttavia due casi in cui il diritto non si applica alle vendite delle
opere d’arte e dei manoscritti: il primo, quando il venditore abbia acquistato l’opera
direttamente dall’autore meno di tre anni prima di tali vendite, il secondo, quando il
prezzo di vendita non sia superiore a dieci mila euro. La vendita si presume effettuata
oltre i tre anni dall’acquisto salva prova contraria, fornita dal venditore. L’obbligo di
pagare il prezzo è a carico del venditore ma del pagamento rispondono solidalmente
anche l’acquirente e gli intermediari. Il potere di provvedere alla riscossione e alla
ripartizione del compenso è attribuito alla SIAE nell’interesse di qualsiasi avente diritto.
4. Come abbiamo già osservato nel precedente paragrafo, la creazione di
un’opera è costitutiva sia di diritti patrimoniali, sia di diritti morali. I primi sono
disciplinati dagli artt. 12-19 l.a., i secondi dagli artt. 20-24 l.a. Analizzeremo prima le
singole facoltà di utilizzazione economica dell’opera e successivamente i diritti morali.
Il primo diritto patrimoniale contemplato dalla l.a. è il diritto di pubblicazione
dell’opera. Al riguardo l’art. 12, co. 1, l.a. riconosce all’autore il diritto esclusivo di
pubblicare l’opera, come diritto distinto da quello di utilizzarla in ogni forma e modo.
Esso consiste nel diritto di rendere per la prima volta accessibile al pubblico l’opera
mediante uno qualsiasi dei modi di utilizzazione e dunque rappresentandola,
eseguendola o riproducendola in esemplari immessi nel mercato. Parte della dottrina148
avanza dei dubbi sull’esistenza di un diritto di pubblicazione distinto dai singoli diritti
di utilizzazione, dal momento che la prima utilizzazione dell’opera consiste proprio
nell’esercizio di una qualunque di tali facoltà. Vi sarebbe soltanto un caso in cui il
diritto di prima utilizzazione appare come distinto dalle singole facoltà di utilizzo, ed è
quello previsto dall’art. 24 l.a. Tale disposizione stabilisce che, in caso di morte
dell’autore, il diritto di pubblicare le opere inedite si trasmette agli eredi dell’autore o ai
legatari delle opere stesse, salvo che l’autore abbia espressamente vietato la
pubblicazione o l’abbia affidata ad altri. In questo caso l’autore può separare la titolarità
dei diritti di utilizzazione dal diritto di prima pubblicazione ed attribuire quest’ultimo a
soggetti diversi dai titolari dei diritti di utilizzazione. Tuttavia, l’autore non può vietare
la pubblicazione o affidarne a terzi la relativa decisione nel caso in cui abbia già
disposto per atto fra vivi del diritto di utilizzazione, ad esempio stipulando un contratto
di edizione.
Il secondo diritto previsto dalla l.a. è il diritto di riproduzione. L’art. 13
stabilisce che esso ha per oggetto la moltiplicazione in copie diretta o indiretta,
temporanea o permanente, in tutto o in parte dell’opera, in qualunque modo o forma,
come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l’incisione, la fotografia, la
fonografia, la cinematografia e ogni altro procedimento di riproduzione. La
riproduzione consiste nella fissazione dell’opera su di un supporto materiale. Essa può
venire riprodotta in forma scritta, mediante il mezzo della stampa, in forma plastica,
mediante le creazioni della scultura, dell’architettura e del design, oppure in forma
148
AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, Torino, UTET, 1993,
38; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza,
Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 583 ss. Si sono invece espressi a favore dell’esistenza di un diritto di
pubblicazione autonomo rispetto alle altre facoltà di utilizzazione OPPO, Creazione intellettuale,
creazione industriale e diritti di utilizzazione economica, in Riv. dir. civ. 1969, I, 5; GRECO e
VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 122.
54
orale, mediante la registrazione su un supporto elettronico, come un cd rom o un dvd.
La cessione o concessione del diritto di riprodurre l’opera mediante un determinato
mezzo di riproduzione, non include anche il diritto di utilizzarla in una forma diversa
dal primo149.
L’attività di riproduzione dell’originale, sebbene sia indipendente dalle altre
facoltà di utilizzazione, di regola viene seguita dalla distribuzione o dalla concessione in
prestito o in noleggio degli esemplari, dal momento che è con la messa in commercio
delle copie che l’autore trae profitto dalla riproduzione dell’opera150. Ne discende che il
potere di vietare ai terzi la riproduzione mira a salvaguardare preventivamente
l’interesse dell’autore allo sfruttamento esclusivo dell’opera che avviene mediante la
distribuzione degli esemplari. Inoltre, l’indipendenza del diritto di riproduzione da
quello di distribuzione implica che il primo sia vietato non soltanto nel caso in cui la
riproduzione avvenga per fini commerciali, e dunque a scopo di lucro, ma anche quando
sia diretta ad un uso personale o indirizzata al prestito151. In proposito, il legislatore ha
predisposto soluzioni differenziate volte a vietare o limitare l’attività di riproduzione ad
uso personale ovvero a prevedere l’obbligo di pagare un compenso in capo a coloro che
producono, acquistano o mettono a disposizione del pubblico apparecchi idonei ad
essere utilizzati dai privati per fare copie ad uso personale152.
149
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 585 ss.
150
Il diritto di distribuzione ha per oggetto la messa in commercio o in circolazione, o
comunque a disposizione del pubblico, con qualsiasi mezzo ed a qualsiasi titolo, dell’originale dell’opera
o degli esemplari di essa, mentre il diritto esclusivo di noleggio e di prestito consistono nel potere di
cedere in uso gli esemplari dell’opera per un periodo limitato di tempo a scopo di lucro o,
rispettivamente, a fini diversi da quelli di lucro.
151
In passato, la l.a. prospettava una diversa soluzione riguardo alla liceità della riproduzione
privata ad uso personale. L’art. 68 l.a., nella sua precedente formulazione, consentiva infatti la
riproduzione di singole opere o brani di opere per uso personale dei lettori, a condizione che fosse fatta a
mano con mezzi di riproduzione non idonei a spaccio o diffusione dell’opera al pubblico e vietava inoltre
lo spaccio di dette copie nel pubblico ed in genere ogni utilizzazione in concorrenza con i diritti di
utilizzazione economica spettante all’autore. La disposizione, dunque, vietava non soltanto lo spaccio
dell’opera riprodotta ma anche la realizzazione di copie per uso personale laddove fossero ottenute con
mezzi idonei alla diffusione al pubblico. Di contro la riproduzione diretta a fini personale era ammissibile
quando non avveniva con i moderni mezzi di riproduzione.
152
È il caso, ad esempio, della cd. tecnica del prelievo, disciplinata dagli artt. 71 sexies e
seguenti l.a. Essa è stata introdotta nel nostro ordinamento dal d. lgs. n. 68/2003, in attuazione della
direttiva 2001/29/CE relativa alla registrazione di fonogrammi e videogrammi. La tecnica del prelievo
consiste nel consentire, in deroga al diritto esclusivo, la riproduzione privata di fonogrammi e
videogrammi su qualsiasi supporto, effettuata da una persona fisica per uso esclusivamente personale,
purché senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali (art. 71 sexies, co.1).
In contropartita, gli autori ed i produttori delle opere riprodotte, o i loro aventi causa, hanno diritto ad un
compenso, la cui determinazione varia a seconda del mezzo di riproduzione in questione: per gli
apparecchi esclusivamente destinati alla registrazione analogica o digitale di fonogrammi o videogrammi
il compenso è commisurato ad una quota del prezzo pagato dall'acquirente finale al rivenditore; per i
supporti di registrazione audio e video, come i supporti analogici o digitali, le memorie fisse o trasferibili
destinate alla registrazione di fonogrammi o videogrammi, il compenso è costituito da una somma
commisurata alla capacità di registrazione resa dai medesimi supporti. Il compenso è dovuto da chi
fabbrica o importa nel territorio dello Stato gli apparecchi e i supporti menzionati allo scopo di trarne
profitto. Questi soggetti devono presentare alla SIAE, ogni tre mesi, una dichiarazione dalla quale
risultino le cessioni effettuate e i compensi dovuti, che devono essere contestualmente corrisposti. La
SIAE ha il compito di riscuotere tali compensi e di ripartirli tra le varie categorie di aventi diritto secondo
determinate proporzioni e fra i singoli aventi diritto in proporzione alla presumibile riproduzione delle
loro opere o prestazioni. La violazione dell’obbligo è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria
55
Il diritto esclusivo di riproduzione si applica anche in relazione alle opere delle
arti figurative cd. ad esemplare unico, ovvero alle opere che vengono create dall’artista
fissandole manualmente su un supporto. Tali creazioni, in quanto espressione più diretta
e autentica delle concezioni dell’autore, hanno un valore artistico ed economico
notevolmente maggiore rispetto alle copie. Il diritto di riprodurre l’esemplare unico
spetta al suo autore, anche nel caso in cui egli ne abbia trasferito ad altri la proprietà,
salvo accordo in tal senso153.
Il diritto esclusivo di distribuzione, previsto dall’art. 17 l.a., consiste nel
«diritto di mettere in commercio, di porre in circolazione o comunque a disposizione del
pubblico l’opera o gli esemplari di essa, con qualsiasi mezzo e a qualsiasi titolo» (co.1).
Il diritto esclusivo di distribuzione consente al titolare di vietare ai terzi di mettere in
commercio o a disposizione del pubblico, in particolare con il contratto di vendita o di
locazione, gli esemplari contraffatti e quelli originali «che, pur essendo stati realizzati
legittimamente, non potevano essere messi in commercio»154. Parte della dottrina155
ritiene che il diritto esclusivo di distribuzione si estende anche agli atti preparatori,
come l’offerta, l’esposizione in vendita e la pubblicità. L’azione inibitoria può essere
esercitata anche nei confronti di chi abbia violato il diritto senza colpa.
Anche nel diritto d’autore, analogamente alla disciplina delle invenzioni156,
vige il principio dell’esaurimento, secondo cui all’autore spetta la prerogativa esclusiva
pari al doppio del compenso dovuto, nonché, nei casi più gravi o di recidiva, con la sospensione della
licenza o autorizzazione all'esercizio dell'attività commerciale o industriale da quindici giorni a tre mesi
ovvero con la revoca della licenza o autorizzazione stessa.
Per le fotocopie di opere a stampa, il legislatore ha adottato una soluzione ibrida che consente
la riproduzione ad uso personale solo nei limiti del quindici per cento di ciascun volume o fascicolo
periodico ma pone a carico dei responsabili dei punti o centri di riproduzione l’obbligo di pagare un
compenso (art. 68 l.a.).
153
Il mancato trasferimento all’avente causa, insieme al diritto di proprietà, del diritto di trarre
copie dall’esemplare è una diretta conseguenza del principio di separazione dei diritti di utilizzazione
affermato dall’art. 109 l.a.
L’unicità dell’originale e l’importanza del suo possesso danno luogo ad alcuni problemi di
coordinamento tra i diritti del proprietario e quelli dell’autore. Una questione che ha dato luogo ad un
acceso dibattito dottrinale è stabilire chi fra i due sia titolare del diritto esclusivo di esporre l’opera in
pubblico. Al riguardo si fronteggiano due orientamenti: da un lato vi è chi afferma che tale diritto spetti al
proprietario (ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 748;
GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 152 ss.), dall’altro chi
ritiene che, sebbene tale facoltà non sia indicata fra i diritti esclusivi di utilizzazione specificatamente
disciplinati dalla legge, nondimeno il diritto di esposizione in pubblico rappresenta uno dei modi con cui
l’opera può essere utilizzata e rientra quindi nell’ampia formula dell’art. 12 l.a., che riserva all’autore il
diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera «in ogni forma e modo».
Il conflitto tra l’interesse dell’autore e quello del proprietario dell’esemplare originale si
ripresenta in tutti i casi in cui l’esercizio dei diritti di utilizzazione richiede l’accesso all’originale. Così,
l’esercizio del diritto di riproduzione sarebbe impedito se l’autore o il suo avente causa non potessero
effettuare riproduzioni fotografiche dell’originale; allo stesso modo, la consultazione di un manoscritto
originale è indispensabile per realizzare edizioni critiche o più fedeli dell’opera. In merito, l’opinione
prevalente (AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza,
Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 592) ritiene che il titolare del diritto d’autore abbia un diritto di accesso
all’originale ma solo se e nella misura in cui ciò sia indispensabile per l’esercizio del diritto di
riproduzione o dello stesso diritto di pubblicazione.
154
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 588 ss.
155
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 588 ss.
156
Sul principio di esaurimento in materia di invenzioni vedi il par. 3 del cap. II.
56
di decidere se e quanti esemplari immettere nel mercato ma, una volta che ciò sia
avvenuto, egli non ha più alcun potere decisionale in ordine alla loro successiva
circolazione157. Il diritto di distribuzione, relativamente a tali esemplari, si esaurisce ed
essi possono così essere rivenduti e circolare liberamente in tutto il mercato. Il principio
di esaurimento si basa sulla considerazione che con la prima messa in commercio
l’autore realizza il suo profitto, commisurato al numero degli esemplari e alla cerchia di
persone che in questo modo possono avere accesso all’opera, cosicché, consentirgli di
decidere anche in ordine alla successiva circolazione di tali esemplari, ad esempio
ponendo limiti territoriali o limitazioni relative ai canali di distribuzione,
pregiudicherebbe ingiustificatamente la libera circolazione dei prodotti e il corretto
funzionamento del mercato158.
Per favorire la creazione di un mercato unico, la Corte di giustizia dell’Unione
Europea ha esteso il principio dell’esaurimento a tutto il territorio dell’Unione europea,
escludendo che il titolare del diritto d’autore possa opporsi all’importazione nel
territorio di uno stato degli esemplari dell’opera messi in commercio con il suo
consenso nel territorio di altro stato dell’Unione. Al contrario, l’esaurimento non opera
nei confronti degli esemplari messi in commercio al di fuori dell’Unione europea (art.
17, co. 2).
L’esaurimento non opera con riguardo a diritti di utilizzazione diversi dal
diritto esclusivo di distribuzione, come il diritto di riproduzione, di elaborazione, di
noleggio e di prestito, o di comunicazione al pubblico159. Ciò neppure quando tali forme
di comunicazione avvengano servendosi di esemplari legittimamente messi in
commercio. Così chi abbia acquistato un dvd contenente un film non può pretendere di
proiettare il film o di trasmetterlo per televisione; allo stesso modo, chi abbia acquistato
un cd non può riprodurlo in una sala pubblica o diffonderlo per radio o televisione.
Ciascuna di queste attività può avvenire solo con il consenso di chi abbia acquistato il
relativo diritto di utilizzazione.
I commi successivi specificano che non costituisce esercizio del diritto
esclusivo di distribuzione «la consegna gratuita di esemplari di opere, effettuata o
consentita dal titolare a fini promozionali, ovvero di insegnamento o di ricerca
scientifica» (co. 3), né «la messa a disposizione del pubblico di opere in modo che
ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, anche
nel caso in cui sia consentita la realizzazione di copie dell’opera» (co. 4).
La l.a. prevede inoltre il diritto di noleggio e di prestito (art. 18 bis). Il primo ha
per oggetto «la cessione in uso degli originali, di copie o di supporti di opere, tutelate
dal diritto d’autore, fatta per un periodo limitato di tempo ed ai fini del conseguimento
di un beneficio economico o commerciale diretto o indiretto» (co. 1). Nel secondo,
157
P. GALLI, sub art. 13, in L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà
intellettuale e concorrenza, 4 ed., CEDAM, Padova, 2007, 1554 ss.; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV.,
Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 589 ss.
158
P. GALLI, sub art. 17, in L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà
intellettuale e concorrenza, 4 ed., CEDAM, Padova, 2007, 1573; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV.,
Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 588 ss.
159
P. GALLI, sub art. 13, in L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà
intellettuale e concorrenza, 4 ed., CEDAM, Padova, 2007, 1554 ss.; P. GALLI, sub art. 17, in L.C.
UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, 4 ed., CEDAM,
Padova, 2007, 1573; SARTI, Diritti esclusivi e circolazione dei beni, Giuffrè, Milano, 1996, 796; AUTERI,
Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli,
Torino, 2009, 3 ed., 590.
57
invece, la cessione in uso avviene per fini non lucrativi e ad opera di istituzioni aperte al
pubblico a ciò autorizzate dal titolare del diritto. La disposizione, dunque, riserva
all’autore il potere di autorizzare il prestito al pubblico da parte di istituzioni che hanno
tale scopo, non anche il prestito fatto da privati a privati per uso personale, che quindi
resta libero quando abbia ad oggetto esemplari legittimamente messi in commercio o
legittimamente riprodotti per uso personale ai sensi degli artt. 71 sexies e ss. l.a.160
Tuttavia, l’art. 69 l.a. stabilisce che «il prestito eseguito dalle biblioteche e
discoteche dello stato e degli enti pubblici, ai fini esclusivi di promozione culturale e di
studio personale» non è soggetto ad autorizzazione da parte del titolare del relativo
diritto, al quale non è dovuta alcuna remunerazione «quando abbia ad oggetto
esclusivamente gli esemplari a stampa delle opere, eccettuati gli spariti e le partiture
musicali, o i fonogrammi e videogrammi contenti opere cinematografiche, audiovisive o
sequenze di immagini in movimento, siano esse sonore o meno, decorsi almeno diciotto
mesi dal primo atto di esercizio del diritto di distribuzione ovvero, non essendo stato
esercitato il diritto di distribuzione, decorsi almeno ventiquattro medi dalla
realizzazione delle dette opere e sequenze di immagini».
I diritti di prestito e di noleggio sono liberamente trasferibili, possono quindi
essere oggetto di cessione o di concessione secondo i principi generali in materia di
trasferimento di diritti di utilizzazione161. Tuttavia, il co. 5 stabilisce che «l’autore,
anche in caso di cessione del diritto di noleggio ad un produttore di fonogrammi o di
opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, conserva
il diritto di ottenere un’equa remunerazione per il noleggio da questi a sua volta
concluso con i terzi»162.
All’interno dei diritti di utilizzazione, la dottrina distingue i diritti di
riproduzione e distribuzione dai diritti di comunicazione al pubblico. I primi hanno ad
oggetto la moltiplicazione dell’opera su supporti materiali e la distribuzione delle copie
così realizzate; i secondi, la comunicazione dell’opera al pubblico mediante un’attività
che non si concreta nella realizzazione di un prodotto ma si esaurisce nella singola
comunicazione163. Appartengono sicuramente ai diritti di comunicazione al pubblico la
rappresentazione, l’esecuzione e la diffusione a distanza dell’opera. La distinzione
assume particolare importanza rispetto ad alcuni profili della disciplina dei diritti di
utilizzazione. Così l’esaurimento opera solo con riguardo al diritto di distribuzione e
non si estende anche ai diritti di rappresentazione, di esecuzione e di diffusione a
distanza164, così pure il diritto di riproduzione si estende anche alla riproduzione privata
160
RICOLFI, Il diritto d’autore, in ABRIANI, COTTINO e RICOLFI, Diritto industriale, Cedam,
Padova, 2001, 429; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 590 ss.
161
P. GALLI, sub art. 18 bis, in L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà
intellettuale e concorrenza, 4 ed., CEDAM, Padova, 2007, 1578.
162
La misura di detto compenso è stabilita d’intesa tra le parti; in difetto di accordo si applica
la procedura contenuta nell’art. 4 del d. lgs. n. 440/2945. Il diritto al compenso ha natura cogente. Infatti,
la norma prevede la nullità di ogni patto contrario.
163
PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 294; ASCARELLI, Teoria
della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 753 ss.; AMMENDOLA, in L.C.
UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, UTET, Torino, 1993, 42; AUTERI, Diritto di autore, in AA.
VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 594 ss.
164
P. GALLI, sub art. 17, in L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà
intellettuale e concorrenza, 4 ed., CEDAM, Padova, 2007, 1573; SARTI, Diritti esclusivi e circolazione
dei beni, Giuffrè, Milano, 796; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà
intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 590.
58
ad uso personale mentre i diritti di rappresentazione e di esecuzione hanno ad oggetto
tali attività solo quando si svolgono in pubblico o si rivolgono al pubblico.
I diritti di comunicazione al pubblico comprendono modi di utilizzazione molto
differenti tra loro. I più tradizionali sono la rappresentazione, l’esecuzione e la
recitazione, previsti dall’art. 15 l.a. come diritti indipendenti. Si tratta di attività con cui
l’opera viene presentata ad un pubblico presente, e quindi riunito in un luogo, con
l’ausilio delle prestazioni di interpreti165. La rappresentazione, che può avere ad oggetto
opere drammatiche, drammatico-musicali, coreografiche o pantomimiche, è
caratterizzata dall’azione scenica166; l’esecuzione, che può avere ad oggetto opere
musicali e drammatico-musicali, è data dalla semplice esecuzione musicale non
accompagnata da alcuna azione scenica167. La recitazione a sua volta consiste nella
dizione di un’opera letteraria o anche di un’opera drammatica, ma non accompagnata
dall’azione scenica168. Violano il diritto d’autore del titolare non soltanto le
rappresentazioni, le esecuzioni e recitazioni che avvengono con scopo di lucro ma anche
quelle gratuite, se sono dirette ad un pubblico presente169.
La rappresentazione, l’esecuzione e la recitazione sono riservate in esclusiva
all’autore solo quando avvengono in pubblico. Il carattere pubblico non sussiste quando
tali attività avvengono entro la cerchia ordinaria della famiglia, del convitto, della
scuola o dell’istituto di ricovero e non siano effettuate a scopo di lucro. A sua volta,
l’art. 15 bis stabilisce che «agli autori spetta un compenso ridotto quando l’esecuzione,
rappresentazione o recitazione dell’opera avvengono nella sede dei centri o degli istituti
di assistenza, formalmente istituiti, nonché delle associazioni di volontariato, purché
destinate ai soli soci ed invitati e sempre che non vengano effettuate a scopo di lucro».
Mentre l’art. 15 l.a. si riferisce alla comunicazione dell’opera tramite la
prestazione di artisti interpreti ed esecutori ad un pubblico presente, l’art. 16 disciplina
il diritto di comunicazione ad un pubblico distante su filo o senza filo170. Più
precisamente esso stabilisce che tale diritto ha per oggetto l’impiego di uno dei mezzi di
diffusione a distanza, quali il telegrafo, il telefono, la radiodiffusione, la televisione ed
165
PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 294; ASCARELLI, Teoria
della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 753 ss.; AMMENDOLA, in L.C.
UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, UTET, Torino, 1993, 42; AUTERI, Diritto di autore, in AA.
VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 594 ss.
166
PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 294; AMMENDOLA, in L.C.
UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, UTET, Torino, 1993, 42; V. DE SANCTIS, Il contratto di
edizione, Giuffrè, Milano, 1965, 306 ss.; RINALDI, nota a Trib. Roma, ord. 19 novembre 2002, in AIDA
2003, 934 ss.; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 594 ss. In giurisprudenza: Trib. Roma, ord. 19 novembre
2002, in AIDA 2003, 932.
167
PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 294; GRECO e
VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 136; AMMENDOLA, in L.C.
UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, UTET, Torino, 1993, 42; AUTERI, Diritto di autore, in AA.
VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 594 ss.
168
PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 294; GRECO e
VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 136; AMMENDOLA, in L.C.
UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, UTET, Torino, 1993, 42; AUTERI, Diritto di autore, in AA.
VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 594 ss.
169
PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 294; GRECO e
VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 136; AMMENDOLA, in L.C.
UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, UTET, Torino, 1993, 42 ss.
170
La disposizione è stata modificata di recente con il d. lgs. n. 68/2003 in attuazione della
direttiva 2001/19/CE.
59
altri mezzi analoghi, e comprende la comunicazione al pubblico via satellite e la
ritrasmissione via cavo, nonché quella codificata con condizioni di accesso particolari.
Comprende altresì la messa a diposizione dell’opera in maniera che ciascuno possa
avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente171.
L’art. 16 riserva al titolare la comunicazione a distanza solo se rivolta al
pubblico ma non indica alcun criterio per distinguerla da quella fra privati. Parte della
dottrina172 considera pubblica la comunicazione rivolta ad una pluralità di persone,
quando queste non siano legate da stretti rapporti di parentela o essa avvenga a fine di
lucro. Secondo tale interpretazione, è pubblica la comunicazione interattiva con cui una
persona mette a disposizione di terzi materiali protetti, caricandoli sulla memoria del
proprio computer collegato in rete e consentendo loro di accedervi visionandoli o
scaricandoli sul proprio terminale173.
Con riferimento alla diffusione in via telematica, diventa sempre più attuale il
problema di come garantire i titolari dei diritti d’autore dalla riproduzione e diffusione
abusiva delle loro opere attuata mediante atti di pirateria. Da un lato la dottrina e la
giurisprudenza si interrogano se sia compatibile con la tutela dei dati personali la
possibilità di ottenere dal service provider informazioni che consentano di individuare i
privati che utilizzano i servizi della rete per violare i diritti d’autore174; dall’altro, il
171
Si tratta della cd. comunicazione interattiva, tipica della trasmissione che avviene mediante
le reti telematiche e che consiste nel caricare l’opera nella memoria di un computer collegato in rete e nel
consentire a terzi di accedere alla stessa su richiesta (on demand), visionandola ed eventualmente
scaricandola sul proprio computer.
172
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 596.
173
Tuttavia se l’accesso è riservato mediante apposite chiavi di accesso a persone legate da
stretti rapporti personali, anche di collaborazione nello studio e nella ricerca, la comunicazione ha
carattere privato. Lo scambio delle opere protette che avviene in tale ambito è quindi lecito e ciò, anche se
la comunicazione delle opere richiede la riproduzione temporanea delle stesse nella memoria di lavoro del
computer, che a norma dell’art. 13 l.a. rientra nel diritto esclusivo di riproduzione. Infatti, l’art. 68 bis l.a.
sottrae dal diritto di riproduzione gli atti di riproduzione temporanea, privi di rilievo economico proprio,
eseguiti all’unico scopo di consentire un utilizzo legittimo di un’opera o di altri materiali.
Per un caso di comunicazione al pubblico vedi il caso Napster, in Diritto di autore 2001, fasc.
1, 34 sulla distribuzione on line di file musicali e violazione del copyrigh. Sull’argomento cfr. CERINA, Il
caso Napster e la musica on-line: cronaca della condanna annunciata di una rivoluzionaria tecnologia,
in Diritto industriale 2001, n. 1, 26 ss.
174
Nel caso Promusicae, la Corte di Giustizia si è pronunciata in merito alla questione
pregiudiziale «se il diritto comunitario, e specificamente gli artt. 15, n. 2, e 18 della direttiva 2000/31,
l’art. 8, nn. 1 e 2, della direttiva 2001/29, l’art. 8 della direttiva 2004/48, nonché gli artt. 17, n. 2, e 47
della Carta consentano agli Stati membri di circoscrivere all’ambito delle indagini penali o della tutela
della pubblica sicurezza e della difesa nazionale – ad esclusione, quindi, dei processi civili – l’obbligo di
conservare e mettere a disposizione i dati sulle connessioni ed il traffico generati dalle comunicazioni
effettuate durante la prestazione di un servizio della società dell’informazione, che incombe agli operatori
di rete e di servizi di comunicazione elettronica, ai fornitori di accesso alle reti di telecomunicazione ed ai
fornitori di servizi di archiviazione di dati». La corte ha concluso che la direttiva 2000/31/CE sul
commercio elettronico, la direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e
dei diritti connessi nella società dell’informazione, la direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di
proprietà intellettuale e la direttiva 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della
vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche non impongono agli Stati membri, in una
situazione come quella oggetto della causa principale, di istituire un obbligo di comunicare dati personali
per garantire l’effettiva tutela del diritto d’autore nel contesto di un procedimento civile» (Corte di
Giustizia CE, sentenza 29 gennaio 2008, caso Promusicae).
Nello stesso senso si è pronunciato anche il tribunale di Roma con l’ordinanza del 14-16 luglio
2007, in http://www.altalex.com/index.php?idnot=38207, che ha rigettato il ricorso presentato dalla
60
legislatore, nella prospettiva di garantire l’esercizio effettivo delle facoltà riconosciute
dalla legge, ha favorito l’adozione da parte dei titolari di misure tecnologiche di
protezione che, ostacolando l’accesso alle opere e alla loro riproduzione anche
temporanea a chi non disponga delle relative chiavi di accesso, consentano ai titolari di
dettare per contratto le condizioni e i limiti di accesso e della fruizione dell’opera. A tal
fine, infatti, la legge vieta, sanzionandolo penalmente, ogni atto volto a consentire
l’elusione di efficaci misure tecnologiche di protezione (artt. 171 ter, co.1, lett. e, f e g e
171 octies l.a.).
Il diritto esclusivo di diffusione al pubblico può essere realizzato anche
attraverso la radio e la televisione. In particolare, la diffusione radio e televisiva
comprende la trasmissione con qualsiasi mezzo, sia etere che via cavo, di segnali
portatori di suoni o di suoni ed immagini al pubblico, ovvero ad una pluralità di persone
che, grazie all’impiego di apparecchi riceventi, sono in grado di ricevere tali segnali. La
dottrina concorda nel ritenere che il trasferimento di una facoltà di comunicazione ad un
pubblico determinato non attribuisce all’avente causa il diritto di effettuare
comunicazioni ulteriori, anche dello stesso genere di quelle rientranti nelle facoltà
trasferite, quando queste siano dirette a raggiungere un pubblico nuovo e diverso da
quello raggiunto dalle comunicazioni originali175. Dalla ritrasmissione di un’opera
diretta a raggiungere un pubblico diverso rispetto a quello raggiunto dalla
comunicazione originale, occorre distinguere l’uso di procedimenti ed espedienti tecnici
destinati non a raggiungere un pubblico più ampio ma a migliorare l’ascolto o la visione
in favore dello stesso pubblico a cui la comunicazione originaria è destinata. In questi
casi la dottrina non ritiene necessaria un’autorizzazione specifica da parte dell’autore176.
L’art. 16 l.a. comprende nel diritto esclusivo di diffusione la comunicazione al
pubblico via satellite, che si ha quando un organismo di diffusione si avvale di un
satellite per far pervenire le proprie emissioni direttamente al pubblico. Essa si
caratterizza per la cerchia assai vasta di pubblico che è in grado di raggiungere e,
dunque, per il suo carattere transnazionale. Ciò pone però il problema di come superare
le difficoltà derivanti dal carattere territoriale delle legislazioni nazionali e dalle loro
possibili divergenze. Sul punto, l’art. 16 bis l.a., in attuazione della direttiva 93/83/CE,
dispone che la comunicazione al pubblico via satellite si considera effettuata
dall’organismo di radiodiffusione che provvede all’inserimento nel satellite dei segnali e
nel luogo in cui questa ha la sua sede, sì che la diffusione viene ad essere soggetta alla
sola legge dello stato in cui la comunicazione al pubblico si considera avvenuta.
La diffusione dell’opera con il consenso dell’avente diritto, mediante uno dei
mezzi indicati nell’art. 16 o altro equivalente, rende legittimo l’ascolto e la visione
dell’opera da parte dei privati per mezzo di apparecchi riceventi. Se però chi riceve la
Peppermint e dalla Techland volto ad ottenere l’esibizione da parte dalla Wind Telecomunicazioni S.p.a.
dei dati anagrafici necessari all’identificazione di presunti responsabili di violazioni del diritto d’autore di
cui le stesse sono titolari.
175
Ad esempio, quando l’autore autorizza un soggetto a radiodiffondere una propria opera con
l’impiego di mezzi normali di diffusione, questo soggetto non è autorizzato ad utilizzare altri mezzi di
radiodiffusione che rendano possibile una percezione più ampia dell’opera da parte di un pubblico più
vasto anche se all’interno del medesimo sistema di diffusione. In questo senso si sono espressi GRECO e
VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 148 ss.; AMMENDOLA, in L.C.
UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, UTET, Torino, 1993, 44.
176
GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 149;
FABIANI, Televisione via cavo e diritti di autore, in IDA 1981, 17; AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e
AMMENDOLA, Il diritto d’autore, UTET, Torino, 1993, 44.
61
trasmissione la fa ascoltare o vedere ad un pubblico presente in un luogo, si ha pubblica
rappresentazione o esecuzione dell’opera trasmessa, che rientra nei diritti esclusivi di
rappresentazione e di esecuzione e che non è coperta dal consenso alla diffusione radio
e televisiva ed è subordinata allo specifico consenso dell’avente diritto177. Tuttavia, in
caso di esecuzione in pubblici esercizi a mezzo di apparecchi radioriceventi sonori,
muniti di altoparlanti, di opere radiodiffuse l’art. 58 attribuisce all’autore, in via
eccezionale e nei limiti ristretti stabiliti dalla disposizione, solo il diritto, esercitabile
erga omnes, ad un equo compenso, determinato periodicamente d’accordo tra la SIAE e
la rappresentanza dell’associazione sindacale competente.
L’articolo 18 riserva all’autore, o al suo avente diritto, le seguenti facoltà: il
diritto esclusivo di tradurre l’opera in altra lingua o dialetto, il diritto di elaborazione,
comprendente tutte le forme di modificazione, di elaborazione e di trasformazione
dell’opera previste dall’art. 4 (co. 1)178, il diritto di pubblicare le sue opere in raccolta
(co. 2) ed infine il diritto di introdurre nell’opera qualsiasi modificazione (co. 3).
Questo diritto si pone su un piano diverso rispetto a quello delle altre facoltà di
utilizzazione, poiché non è rivolto a riservare all’autore attività mediante le quali l’opera
può essere utilizzata economicamente consentendone ai terzi il godimento, bensì è
rivolto ad assicurare all’autore il potere di vietare che l’opera venga modificata senza il
suo consenso e di controllare qualsiasi utilizzazione dell’opera in forma modificata179.
Anche l’esercizio del diritto esclusivo di elaborazione, al pari delle altre facoltà
di utilizzazione, è retto dal principio di indipendenza di cui agli artt. 19 e 119 l.a. nel
senso che il trasferimento di una determinata facoltà di elaborazione dell’opera non
implica il trasferimento delle altre in assenza di esplicito consenso dell’autore. Ne
consegue che il diritto di tradurre l’opera deve ritenersi limitato alle sole lingue o
dialetti per le quali l’autore ha espressamente autorizzato la traduzione; il trasferimento
del diritto di elaborare l’opera, trasformandola in un altro tipo o genere, non implica il
diritto di farne opere di tipo o generi diversi ovvero il consenso ad elaborare l’opera in
una determinata forma non implica anche il consenso a trarre dall’opera elaborata
ulteriori elaborazioni180. Ciò si spiega in virtù del fatto che l’elaborazione incide anche
sugli interessi morali dell’autore e dunque, fino a quando rimane nella sua titolarità, il
diritto esclusivo di elaborazione assolve altresì alla funzione, propria dei diritti morali,
di assicurare l’integrità dell’opera.
In dottrina si è posto il problema di stabilire se l’art. 18 l.a. riserva all’autore
l’attività di elaborazione e l’utilizzazione economica dell’opera elaborata o soltanto
quest’ultima. L’orientamento prevalente181 ritiene che il diritto esclusivo di elaborazione
177
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 594 ss.
178
Tali sono le traduzioni in altra lingua, le trasformazioni da una in altra forma letteraria od
artistica, le modificazioni ed aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale dell'opera originaria,
gli adattamenti, le riduzioni, i compendi e le variazioni non costituenti opera originale.
179
MAYR, Sub art. 18, in L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà
intellettuale e concorrenza, 4 ed., CEDAM, Padova, 2007, 1574; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV.,
Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 599.
180
GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 157 e in
giurisprudenza: App. Milano, 21 maggio 1985, in Mass. Giust. Civ. 1985.
181
GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 157;
RISTUCCIA, ZENO e ZENCOVICH, Prime notazioni sulla legge a protezione del software, in Dir. inf. 1994,
246 ss.; ZENO e ZENCOVICH, La direttiva comunitaria sulla tutela giuridica dei programmi per
elaboratore, in Dir. inf. 1992, 31 ss.; AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore,
62
consiste nel diritto di utilizzare l’opera elaborata e non comprende anche quello di
elaborare la creazione originaria182. Questa interpretazione incontra però due limiti: il
primo opera quando l’elaborazione avviene nell’ambito di un’attività d’impresa, dal
momento che tale attività comporta la riproduzione industriale dell’opera originaria e di
quella elaborata. Il secondo, invece, riguarda i casi in cui essa si avvale della tecnologia
digitale183.
I diritti personali espressamente riconosciuti dalla l.a. sono tre: il diritto di
rivendicare la paternità dell’opera (art. 20 l.a., prima parte), il diritto di opporsi a
qualsiasi deformazione, mutilazione od altre modificazioni e ad ogni atto a danno
dell’opera, che possano essere di pregiudizio al suo nome o alla sua reputazione (art. 20
l.a., seconda parte) e il diritto di ritirare l’opera dal commercio quando concorrano gravi
ragioni morali (art. 142 e 143 l.a.). Più controversa in dottrina è invece l’attribuzione
all’autore del diritto di opporsi alla prima pubblicazione dell’opera (cd. diritto di
inedito).
Questi diritti hanno lo scopo di proteggere la personalità dell’autore,
consentendogli di «acquisire e conservare la reputazione derivante dalla corretta
comunicazione agli altri delle proprie opere»184. La protezione consiste, infatti, nel
diritto dell’autore di far dichiarare giudizialmente, in caso di contestazione, la propria
paternità dell’opera e di inibire gli atti che la neghino, nel potere di impedire che l’opera
venga utilizzata con modalità tali da pregiudicare il suo onore e la sua reputazione ed
infine, qualora ricorrono gravi ragioni morali, nella prerogativa di ritirare l’opera dal
commercio e di opporsi alla prima pubblicazione, nonostante l’avvenuta cessione dei
diritti di utilizzazione.
Tuttavia, gli interessi personali dell’autore non trovano protezione solo o
principalmente per mezzo dei diritti morali; al contrario, tali diritti svolgono una
funzione residuale rispetto ai diritti patrimoniali185. Infatti, finché rimangono nella
UTET, Torino, 1993, 49; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Il contenuto del diritto d’autore, in AA.
VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 600 ss.
182
Siffatta interpretazione sarebbe infatti eccessiva e allo stesso tempo lesiva della libertà
creativa. Questo giudizio si basa sulla considerazione che il titolare del diritto d’autore potrebbe
assoggettare al controllo qualsiasi attività creativa consistente anche solo in parte nell’elaborazione di
opere altrui, e ciò indipendentemente dalla decisione di sfruttare economicamente l’opera elaborata. Una
simile conclusione si porrebbe però in contrasto sia con la costituzione, che garantisce la libertà creativa,
sia con l’art. 4 l.a. che protegge le elaborazioni creative di opere altrui a condizione che non rechino
pregiudizio ai diritti esistenti sull’opera originaria.
183
L’eccezione si riferisce ai programmi per elaboratore e alle banche dati. Al riguardo, la
dottrina richiamata ritiene che gli artt. 64 bis e 64 quinquies subordinano al consenso del titolare
dell’opera originaria anche la realizzazione delle elaborazioni (RICOLFI, Il diritto d’autore, in ABRIANI,
COTTINO e RICOLFI, Diritto industriale, Cedam, Padova, 2001, 450 ss.; BOCCA, La tutela della fotografia
tra diritto d’autore, diritti connessi e nuove tecnologie, in AIDA 2002, 412 ss.). Inoltre dal momento che i
programmi per elaboratore e le banche dati sono opere digitali, si è posto il quesito se tale regime si
applichi a tutte le elaborazioni che si avvalgono della tecnologia digitale o soltanto alle prime. In merito
la dottrina afferma che esso ha carattere speciale.
184
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 609. In questo senso vedi anche L.C. UBERTAZZI, Il diritto
morale d’inventore e d’autore, in ID., I diritti d’autore e connessi. Scritti, Giuffrè, Milano, 2003, 56 ss.
185
VANZETTTI, Il diritto di inedito, in Riv. dir. civ. 1966, I, 384; GRECO e VERCELLONE, I diritti
sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 115; RICOLFI, Il diritto d’autore, in ABRIANI, COTTINO e
RICOLFI, Diritto industriale, Cedam, Padova, 2001, 471 ss.; L.C. UBERTAZZI, Il diritto morale d’inventore
e d’autore, in ID., I diritti d’autore e connessi. Scritti, Giuffrè, Milano, 2003, 56 ss.; AUTERI, Diritto di
autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3
ed., 609 ss.; App. Milano, 8 novembre 2002, in AIDA 2003, 929.
63
titolarità dell’autore, essi proteggono non soltanto gli interessi economici ma anche
quelli personali e ciò in modo ancor più efficace della tutela accordata dai diritti morali
perché consentono di vietare ai terzi anche le utilizzazioni dell’opera che non
pregiudicano la reputazione dell’autore186. Inoltre l’autore può disporre dei diritti di
utilizzazione stipulando contratti di concessione, come i contratti di edizione e di
rappresentazione che impegnano l’avente causa ad utilizzare l’opera anche
nell’interesse dell’autore187.
Essendo rivolti a tutelare la personalità dell’autore, i diritti morali sono
inalienabili, irrinunciabili, imprescrittibili e intrasmissibili mortis causa188.
L’inalienabilità dei diritti personali è espressamente prevista dall’art. 22, co. 1,
l.a. Anche l’art. 142, co. 2, stabilisce che il diritto di ritirare l’opera dal commercio è
«personale e non è trasmissibile». La differente formulazione delle due disposizioni sta
a significare che mentre il primo, in caso di morte dell’autore, può essere fatto valere
senza limiti di tempo dal coniuge, dai figli e dagli altri familiari indicati dall’art. 23, il
secondo può essere fatto valere solo dall’autore189.
L’irrinunciabilità dei diritti morali non esclude che l’autore possa pattuire con
l’avente causa modalità di utilizzazione dell’opera che pregiudicano la sua reputazione e
che tali accordi vincolino non solo l’utilizzatore ma anche lo stesso autore. L’art. 22, co.
2, l.a. dispone infatti che «l’autore che abbia conosciuto ed accettato le modificazioni
della propria opera, non è più ammesso ad agire per impedirne l’esecuzione o per
chiederne la soppressione». La norma lascia intatta la regola della inalienabilità del
diritto all’integrità dell’opera, da cui deriva l’inefficacia di qualsiasi accordo per
trasferire a persona diversa dall’autore la prerogativa ad impedire od eliminare
modifiche lesive del proprio onore. Ugualmente, resta esclusa la possibilità di rinunciare
a priori a reagire contro modificazioni pregiudizievoli e dunque nessun patto, per ampio
che sia, può vietare all’autore di impedire o di chiedere la soppressione di modificazioni
che egli non abbia previamente conosciute ed accettate. Ma quando la singola specifica
modificazione è stata concordata, vale a dire appunto conosciuta ed accettata, allora
l’accettazione pone termine ad ogni pretesa dell’autore. Egli, infatti, è considerato come
186
Così, fino a che non abbia ceduto o concesso ad altri il diritto di utilizzare l’opera, l’autore
può impedire la prima pubblicazione dell’opera medesima, quali che siano le ragioni di tale sua decisione;
allo stesso modo, l’autore che abbia ceduto alcuni diritti di utilizzazione ma non anche quello di
elaborazione, può opporsi a qualsiasi modificazione dell’opera anche se non è tale da pregiudicare il suo
onore o la sua reputazione.
187
Così l’editore è obbligato a riprodurre e porre in vendita l’opera in conformità dell’originale
e secondo le buone norme della tecnica editoriale (art. 126 l.a.) e l’impresario è tenuto a lasciare in
vigilare la rappresentazione dell’autore e a non mutare, senza gravi motivi, i principali interpreti
dell’opera e di direttori d’orchestra e dei cori, se fossero designati d’accordo con l’autore (art. 138 l.a.). A
ciò si aggiunga che i concessionari sono tenuti ad eseguire il contratto secondo buona fede ex artt. 1374 e
1375 c.c. e, quindi, a diffondere l’opera correttamente, tenendo conto anche degli interessi personali
dell’autore.
188
SANTINI, I diritti della personalità nel diritto industriale, CEDAM, Padova, 1959, 29 ss.;
ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 755 ss.; GRECO e
VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 105; ALGARDI, La tutela
dell’opera dell’ingegno e il plagio, CEDAM, Padova, 1978, 35; AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e
AMMENDOLA, Il diritto d’autore, Torino, UTET, 1993, 55 ss.; RICOLFI, Il diritto d’autore, in ABRIANI,
COTTINO e RICOLFI, Diritto industriale, Cedam, Padova, 2001, 473; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV.,
Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 611 ss.; Trib.
Roma 12 ottobre 2000, in AIDA 2003, 890.
189
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 611 ss.
64
l’unico arbitro circa l’esistenza o non di un concreto pregiudizio al suo onore o alla sua
reputazione ed a lui solo è riservata la valutazione se un eventuale interesse economico
possa valere la lesione all’interesse morale e la sua decisione è irrevocabile190.
Anche se non disponibili per atto tra vivi, i diritti personali, ad esclusione del
diritto di ritirare l’opera dal commercio, sono oggetto di una sorta di trasmissione mortis
causa. Dispone, infatti, l’art. 23 l.a. che «dopo la morte dell’autore il diritto previsto
nell’art. 20 può essere fatto valere, senza limite di tempo, dal coniuge e dai figli e, in
loro mancanza, dai genitori e dagli altri ascendenti e dai discendenti diretti; mancando
gli ascendenti ed i discendenti, dai fratelli e dalle sorelle e dai loro discendenti». È
opinione comune191 che l’art. 23 non dia luogo ad una successione delle persone ivi
indicate nei diritti morali ma all’attribuzione di diritti di pari contenuto a quelli previsti
dall’art. 20, in ragione di un loro interesse riflesso alla tutela della personalità
dell’autore defunto.
Secondo l’impostazione tradizionale, il diritto al riconoscimento della paternità
dell’opera, di cui agli artt. 20, co. 1, prima parte, e 21 l.a., si articola in quattro distinte
facoltà. La prima consiste nel diritto di identificarsi; l’autore può scegliere se rimanere
anonimo oppure identificarsi presso il pubblico con il proprio nome o usando uno
pseudonimo o un nome di fantasia192.
Un’ulteriore facoltà consiste nel diritto di vietare che un soggetto attribuisca a
sé o ad altri la paternità dell’opera o la disconosca pubblicamente utilizzando l’opera
con il nome di un altro o anche mediante dichiarazioni contenute in discorsi o scritti193.
Alcuni autori ritengono che questa facoltà non può essere limitata pattiziamente;
l’accordo con cui si conviene di attribuire la paternità di un’opera a persona diversa dal
vero autore è da ritenersi nullo194. L’attore che rivendica la paternità dell’opera deve
provare il suo titolo, vale a dire la sua qualità di autore, che deriva dal fatto stesso della
creazione e soltanto a lui spetta decidere se intervenire o non per tutelare siffatto diritto.
Tuttavia, la dottrina195 concorda nel ritenere che la legittimazione a presentare la
domanda di rivendicazione della paternità spetti anche ai cessionari o concessionari dei
diritti di utilizzazione in forza dell’interesse a difendere le opere che utilizzano di cui
sono portatori. Questi soggetti agiscono, quindi, per un proprio interesse di natura
190
MAGELLI, L’estetica nel diritto della proprietà intellettuale, CEDAM, Padova, 1988, 38 ss.;
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza,
Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 611 ss.
191
DE CUPIS, I diritti della personalità, in CICU, MESSINEO, MENGONI e SCHLESINGER,
Trattato di diritto civile e commerciale, Giuffrè, Milano, 1982, 175; ASCARELLI, Teoria della concorrenza
e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 502; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere
dell’ingegno, UTET, Torino, 1974, 345; V. DE SANCTIS, Autore, in Enc. del diritto, Giuffrè, Milano, 2004,
413; RICOLFI, Il diritto d’autore, in ABRIANI, COTTINO e RICOLFI, Diritto industriale, Cedam, Padova,
2001, 473; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza,
Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 612.
192
GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 106;
AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, Torino, UTET, 1993, 56.
193
AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, Torino, UTET, 1993,
56; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza,
Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 612 ss.
194
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 613.
195
AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, Torino, UTET, 1993,
56; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, in VASSALLI, Trattato di diritto civile
italiano, Torino, UTET, 1974, IX, 109 ss.; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale
proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 613.
65
patrimoniale e non già per difendere il vero e proprio diritto morale dell’autore, salva la
possibilità che questi conferisca loro mandato ad agire in suo nome. Ne consegue che la
loro azione è subordinata al mancato dissenso dell’autore, il quale potrebbe avere un
interesse contrario alla proposizione dell’azione. In tal caso, però, l’autore potrà essere
chiamato a risarcire i danni eventualmente subiti dai suoi aventi causa ed è anzi
profilabile la risoluzione del contratto di utilizzazione per fatto imputabile all’autore, il
quale ha l’obbligo di garantire il pacifico godimento dell’opera. Dopo la morte
dell’autore, l’azione può essere promossa dai congiunti superstiti.
Diverso è il caso delle opere pubblicate anonime o sotto uno pseudonimo che
nasconde l’identità dell’autore. La legge consente all’autore di pubblicare l’opera
anonima o sotto uno pseudonimo ma vincola i cessionari o concessionari dei diritti di
utilizzazione a non svelare l’identità dell’autore. Viceversa, egli potrà sempre decidere
di rivelare la sua paternità ed agire contro chi la usurpi secondo le modalità descritte
nell’art. 28 (art. 21, co. 1, l.a.). Una volta che l’autore si sia rivelato, i suoi aventi causa
«ne dovranno indicare il nome nelle pubblicazioni, riproduzioni, trascrizioni,
esecuzioni, rappresentazioni, recitazioni e diffusioni o in qualsiasi altra forma di
manifestazione o annuncio al pubblico e ciò nonostante qualunque precedente patto
contrario» (art. 21, co. 2, l.a.).
Alcuni autori196 ritengono che dal secondo comma dell’art. 21 si possa dedurre
il principio secondo cui il diritto alla paternità comprende anche il potere di pretendere
che il nome dell’autore venga indicato sugli esemplari o in relazione alle utilizzazioni
dell’opera nelle forme d’uso. Tuttavia, questa prerogativa non ha il carattere assoluto e
inderogabile che è proprio del potere di rivendicare la paternità, in primo luogo perché
l’autore può solo pretendere che il suo nome venga indicato nelle forme d’uso, vale a
dire secondo le modalità usuali in relazione al tipo di opera e al modo di utilizzazione;
in secondo luogo perché le parti possono pattuire non soltanto il modo di indicazione
del nome, anche discostandosi da tali forme, ma anche l’omissione di tale
indicazione197. Nella misura in cui la mancata indicazione del nome degli autori dei
singoli contributi sia oggetto di un accordo, l’autore non può dolersi di tale fatto né
pretendere che il nome venga menzionato nelle successive edizioni, ma conserva il
diritto di dichiararsi autore del contributo e di opporsi a che altri se ne attestino la
paternità e di indicare il proprio nome in caso di utilizzazione separata del contributo o
di una raccolta di contributi ai sensi dell’art. 38, co. 2, l.a.
In aggiunta a queste facoltà, parte della dottrina198 ritiene che il diritto di
paternità conferisca all’autore il potere uguale e contrario di negare l’attribuzione a sé di
opere che effettivamente non gli siano ascrivibili. Questa interpretazione non è però
condivisa da altra parte della dottrina199, secondo la quale il diritto di disconoscere la
196
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 613 ss.
197
Così l’art. 40 l.a. prevede che il collaboratore di opera collettiva che non sia rivista o
giornale può pattuire, in deroga alla regola generale, che il suo nome non figuri nella riproduzione della
sua opera nelle forme d’uso, rimanendo comunque impregiudicato il diritto di rivendicare la paternità. Si
pensi ad un’enciclopedia, ove è possibile che tutte o parti delle voci non siano firmate.
198
ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 752;
Trib. Milano, 14 settembre 2004, in AIDA 2005, I, 5.1.
199
FABIANI, Disconoscimento di paternità intellettuale e tutela della personalità, in IDA 1968,
131; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 108; AMMENDOLA,
in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, Torino, UTET, 1993, 57; AUTERI, Diritto di autore,
66
paternità discenderebbe non dall’art. 20 l.a. bensì dagli artt. 7 e 9 del c.c., che tutelano il
nome contro gli usi non autorizzati da parte di terzi, con la conseguenza che non
sarebbero applicabili le disposizioni contenute nella l.a. relative alla legittimazione
ristretta a far valere il diritto dopo la morte dell’autore di cui all’art. 23 e alla disciplina
penale di cui all’art. 171. Al posto dell’art. 23 troverebbe applicazione l’art. 8 c.c.,
secondo cui, a seguito della morte dell’autore, il diritto di negare la paternità di
un’opera falsamente attribuitagli, è esercitabile da tutti coloro che abbiano un interesse
familiare in tal senso.
Il secondo diritto morale è il diritto all’integrità dell’opera, inteso come il
potere di «opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, e ad
ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla
sua reputazione» (art. 20, seconda parte). Questa disposizione tutela sia l’interesse
dell’autore ad acquistare e conservare la reputazione e la stima da parte del pubblico,
che derivano dalla corretta e non falsata conoscenza della sua creazione200, sia
l’interesse della collettività ad una fedele percezione e fruizione delle opere
dell’ingegno201.
Il diritto all’integrità dell’opera attribuisce all’autore il potere di opporsi sia
agli atti che incidono su di essa modificandola materialmente202, sia agli altri
comportamenti attuati a danno dell’opera che, pur non mutandola formalmente, sono
tali da incidere sulla sua corretta percezione da parte del pubblico, falsandone in modo
apprezzabile il carattere e il significato203. Così, sono stati ritenuti lesivi dell’onore e
della reputazione la presentazione dell’opera in un contesto tale da riflettersi
negativamente sul significato dell’opera204, l’utilizzazione dell’opera per la promozione
in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 612
ss.
200
VALERIO e ALGARDI, Il diritto d’autore, Giuffrè, Milano, 1943, 139; ASCARELLI, Teoria
della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 758; GRECO e VERCELLONE, I diritti
sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 113; RICOLFI, Il diritto d’autore, in ABRIANI, COTTINO e
RICOLFI, Diritto industriale, Cedam, Padova, 2001, 479; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto
industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 612 ss. E in
giurisprudenza: Trib. Milano, ord. 20 gennaio 2005, in AIDA 2005, 1057; Trib. Milano, 18 luglio 1994, in
AIDA 1994, 279.
201
AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, Torino, UTET, 1993,
55; RICOLFI, Il diritto d’autore, in ABRIANI, COTTINO e RICOLFI, Diritto industriale, Cedam, Padova,
2001, 479.
202
App. Milano, 3 luglio 2003, in AIDA 2003, 945; App. Milano, 3 giungo 2003, in AIDA
2004, 980; Trib. Milano, 17 gennaio 1994, nel Repertorio di AIDA 1996, I, 5.1; Trib. Biella, 15 maggio
1999, in AIDA 2000, 685; Pret. Bari, 15 marzo 1990, in IDA 1990, 429 ss.; Pret. Roma, 31 maggio 1970,
in IDA 1970, 334 ss.; Trib. Milano, ord. 4 gennaio 1994, in AIDA 1995, 345; Trib. Roma, 2 aprile 1985, in
IDA 1986, 596.
203
FABIANI, Ancora su disegno e modello ornamentale ed opera dell’arte applicata, in IDA
1991, 153 ss.; AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, Torino, UTET, 1993,
99; AUTERI, Le interruzioni pubblicitarie del film, in AIDA 1994, 27 ss.; PIETROLUCCI, Il diritto morale
d’autore, in IDA 2003, 211 ss.; CORBELLINI, nota a Trib. Milano, 6 luglio 2004, in AIDA 2005, 525 ss.;
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza,
Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 614 ss. E in giurisprudenza: Cass. 95/1213; App. Bologna, 13 marzo
1997, in IDA 1997, 901 ss.; Trib. Milano, ord. 20 gennaio 2005, in AIDA 2005, 1057; Trib. Napoli, 9
ottobre 2002, in IDA 2003, 258; Trib. Roma, 25 maggio 1999, in IDA 2002, nota AMMENDOLA; Trib.
Roma, 10 novembre 1992, in AIDA 1992, 165.
204
Alcuni autori (GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, UTET, Torino,
1974, 114) hanno ritenuto, ad esempio, che la pubblicazione di un saggio scientifico di sessuologia in una
collana pornografica sia lesiva dell’onore e della reputazione dell’autore.
67
o per la pubblicità di prodotti205 nonché la rappresentazione ed esecuzione dell’opera
che ne falsi del tutto lo spirito206. Un’ipotesi di lesione del diritto morale che ha dato
luogo ad un acceso dibattito in dottrina è la diffusione televisiva di opere
cinematografiche con ripetute interruzioni pubblicitarie207. Non è invece giudicata
lesiva la diffusione di giudizi dispregiativi sull’opera208.
Dal momento che la l.a. vuole garantire il rispetto della personalità intellettuale
dell’autore, la dottrina ritiene che le nozioni di onore e reputazione debbano essere
ricostruite sulla base della corretta percezione dell’identità personale dell’autore.
Quest’ultima si definisce come «l’insieme dei valori morali, civili, letterari ed artistici
espressi nell’opera»; ne deriva che la lesione del diritto morale si prospetta quando «la
modificazione o la scorretta comunicazione dell’opera inducono il pubblico a formarsi
un giudizio sulla personalità dell’autore sensibilmente diverso da quello che deriverebbe
dalla sua corretta percezione o conoscenza»209.
Non tutte le modifiche lesive dell’onore e della reputazione possono essere
vietate dall’autore di un’opera. Vi sono infatti tre casi in cui il diritto all’integrità
dell’opera subisce alcune limitazioni.
La prima ipotesi è prevista dall’art. 22, co.2, secondo cui «l’autore che abbia
conosciuto ed accettato le modificazioni della propria opera non è più ammesso ad agire
per impedirne l’esecuzione o per chiederne la soppressione». In dottrina si discute circa
la natura del diritto di opporsi alle modifiche dell’opera pregiudizievoli per l’onore e la
reputazione dell’autore210.
205
Trib. Milano, 6 luglio 2004, in AIDA 2004, 1040; Trib. Milano, 25 gennaio 1993, in AIDA
1993, 176; Pret. Roma, 15 novembre 1986, in IDA 1987, 155 ss.
206
Trib. Roma, 15 novembre 2004, nel Repertorio di AIDA 2005, I, 5.2; Trib. Roma, 25
gennaio 1996, nel Repertorio di AIDA 1997, I, 5.2; Trib. Milano, 27 novembre 1995, in AIDA 1996, 414.
207
AUTERI, Le interruzioni pubblicitarie del film, in AIDA 1994, 27 ss.; P. GALLI, sub art. 20
l.a., in L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, 4 ed.,
CEDAM, Padova, 2007, 1590.
208
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 614 ss.
209
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 615 ss. Nello stesso senso: ALGARDI, La tutela dell’opera
dell’ingegno e il plagio, CEDAM, Padova, 1978, 55; GRASSETTI, GRECO, MAROI, SANTORO e
PASSARELLI, e FRANCESCHELLI, Cinque pareri sul punto se costituisca di per sé violazione del diritto
morale dell’autore l’utilizzazione di musiche di un’opera lirica nella colona sonora di un film, in Riv. dir.
ind. 1954, I, 37 ss.; ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960,
758; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, in VASSALLI, Trattato di diritto civile
italiano, Torino, UTET, 1974, II, 109 ss.; ZENO e ZENCOVICH, Onore e reputazione nel sistema del diritto
civile, Jovene, Napoli, 1985, 117; RICOLFI, Il diritto d’autore, in ABRIANI, COTTINO e RICOLFI, Diritto
industriale, Cedam, Padova, 2001, 479; GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi
all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 89 ss.
210
Alcuni autori (PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 342; P.
GALLI, Sub artt. 20 e 22 l.a., in L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale
e concorrenza, 4 ed., CEDAM, Padova, 2007, 1592 e 1594) dubitano che esso abbia natura morale e lo
avvicinano, quanto al contenuto e alla disciplina, ai diritti patrimoniali. I diritti morali, infatti, sono per
definizione inalienabili; al contrario la disposizione in esame sembrerebbe consentire all’autore non
soltanto di esercitare il diritto di integrità ma anche di disporne, vale a dire di cedere il proprio diritto di
opporsi alle modifiche pregiudizievoli. Altri (ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni
immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 758), invece, negano che l’art. 22, co. 2, contenga una deroga al
principio generale della incedibilità dei diritti morali e ritengono che la conoscenza e l’accettazione delle
modifiche da parte dell’autore equivalga ad una valutazione circa l’insussistenza del carattere
pregiudizievole del suo onore e della sua reputazione. Infine, un terzo orientamento (ROCCHI, Sulla
disponibilità del diritto morale d’autore, in IDA 1970, 81 ss.; ALGARDI, La tutela dell’opera dell’ingegno
68
Il secondo limite riguarda le opere delle arti figurative. In proposito, non vi è
dubbio che la lesione del diritto all’integrità di queste opere possa derivare sia dalla
modificazione dell’originale o degli esemplari che dalla loro scorretta esposizione in
pubblico211, mentre si discute se esso attribuisca all’autore anche il diritto di opporsi alla
distruzione della propria opera da parte del proprietario212. Un ulteriore punto
controverso attiene alla possibilità di invocare l’art. 22 l.a. per fondare in capo al
proprietario l’obbligo di custodire e di restaurare l’opera al fine di evitare che questa si
deteriori a causa del comportamento di terzi o per il passare del tempo213.
Il terzo limite riguarda le creazioni dell’architettura, che tipicamente vengono
realizzate in esecuzione di un contratto d’opera. Al riguardo, l’art. 20, co. 2, l.a.,
stabilisce che nelle opere dell’architettura l’autore «non può opporsi alle modificazioni
che si rendessero necessarie nel corso della sua realizzazione», né alle altre eventuali
modifiche «che si rendesse necessario apportare all’opera già realizzata». Questa
disposizione ha sollevato alcuni dubbi interpretativi, relativi al suo ambito di
applicazione, alla portata della deroga e al requisito della necessità delle modifiche.
In ordine al primo punto, parte della dottrina214 ritiene che l’art. 20, co. 2, l.a. si
riferisce alle sole opere dell’architettura, mentre altri autori propongono di estenderne
e il plagio, CEDAM, Padova, 1978, 50 ss.; BERTANI, Arbitrabilità delle controversie di diritto d’autore,
in AIDA 2006) riconosce che l’art. 22, co. 2, l.a. introduce un’eccezione al principio di indisponibilità dei
diritti morali ma aggiunge che si tratta di una deroga soltanto apparente, dal momento che l’autore
conserva la possibilità di ricredersi, ordinando l’eliminazione delle modifiche pregiudizievoli della sua
personalità ove possibile o, altrimenti, il ritiro dell’opera dal commercio e la sua distruzione.
211
Così è stato ritenuto lesivo del diritto all’integrità dell’opera «il degrado di un dipinto
conseguente al trascorrere del tempo insieme al concorso di altri fattori negativi imputabili al proprietario
dell’opera» (Trib. Milano, ord. 20 gennaio 2005, in AIDA 2005, 1057) e «la presentazione di una mostra
di opere di un’artista delle sole opere di una collezione privata indicate semplicemente come opere
realizzate in un periodo di tempo senza la specificazione che si tratta invece di opere provenienti da un
unico collezionista» (Pret. Verona, 21 marzo 1987, in IDA 1987, 551 ss.).
212
Alcuni autori (VALERIO e ALGARDI, Il diritto d’autore, Giuffrè, Milano, 1943, 144 ss.;
AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, Torino, UTET, 1993, 60) richiedono
in ogni caso il consenso dell’autore; altri (GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II,
UTET, Torino, 1974, 118), invece, affermano che esso è necessario solamente quando il proprietario
intende distruggere l’esemplare per soddisfare proprie esigenze spirituali, in contrasto con le idee
politiche, religiose o artistiche che l’autore ha manifestato nell’opera, e non anche nei casi in cui essa sia
necessaria al fine di realizzare interessi di natura patrimoniale. L’opinione prevalente (PIOLA CASELLI,
Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 334; SANTINI, I diritti della personalità, 48; ASCARELLI,
Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 748. E in giurisprudenza: App.
Bologna, 13 marzo 1997, in AIDA 1998, 524; Trib. Bologna, 27 luglio 1995, in AIDA 1996, 402) ritiene
tuttavia che «il proprietario possa procedere liberamente alla distruzione dell’originale anche senza il
consenso dell’autore ed anche per ragioni eventualmente prive di giustificazione sul piano razionale».
213
La dottrina prevalente (GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET,
Torino, 1974, 118; AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, Torino, UTET,
1993, 60; BOCCA, Diritto morale ed integrità dell’opera figurativa, in IDI 2005, 456 ss.) nega l’esistenza
di simili obblighi. Tuttavia una recente ordinanza (Trib. Milano, ord. 20 gennaio 2005, in AIDA 2004,
1057) ha ammesso la possibilità di configurare «una violazione del diritto morale dell’autore di un dipinto
ex art. 20 l.a. anche nel caso di degrado dell’opera in conseguenza del trascorrere del tempo insieme al
concorso di altri specifici fattori negativi imputabili al detentore, quali ad esempio un atto omissivo qual è
l’omissione del restauro del dipinto, considerato che superato il limite del decadimento naturale il degrado
potrebbe causare una lesione all’integrità dell’opera d’arte figurativa e influenzare negativamente la
percezione dell’opera presso il pubblico e costituire quindi una lesione della reputazione dell’artista».
214
VALERIO e ALGARDI, Il diritto d’autore, Giuffrè, Milano, 1943, 141; ASCARELLI, Teoria
della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 785; GRECO e VERCELLONE, I diritti
sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 116; AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA,
69
l’applicazione anche ad opere diverse, tra le quali le creazioni del design215, le opere
multimediali e i musei216 ed il software217.
In merito alla portata della deroga, l’opinione prevalente218 ritiene che la
disposizione sottragga al consenso dell’autore non soltanto le modifiche che non si
traducono in una lesione del diritto all’integrità dell’opera spettante all’autore219, ma
anche quelle che arrecano un pregiudizio al suo onore e alla sua reputazione.
Infine, riguardo al requisito della necessità, a cui è subordinata la legittimità
delle modificazioni, la dottrina220 propone una interpretazione restrittiva, affermando
che la lesione della personalità dell’autore è legittima soltanto se queste sono «imposte
da ragioni tecniche, urbanistiche, ambientali e legali»; mentre, la giurisprudenza221 ha
accolto una nozione più ampia, ricomprendendo tra le modifiche necessarie anche
quelle dettate solamente da ragioni economiche.
Limiti ulteriori al diritto dell’autore di opporsi alle modifiche pregiudizievoli
del suo onore e della sua reputazione sono previsti dagli artt. 41 e 47, riguardanti,
rispettivamente, gli articoli di giornale e le opere cinematografiche. Il primo stabilisce
che «il direttore del giornale ha diritto, salvo patto contrario, di introdurre nell’articolo
da riprodurre quelle modificazioni di forma che sono richieste dalla natura e dai fini del
giornale. Negli articoli da riprodursi senza indicazione del nome dell’autore, questa
facoltà si estende alla soppressione o riduzione di parti di detto articolo». La norma fa
salva «l’applicazione della disposizione contenuta nell’art. 20», secondo cui l’autore
dell’articolo di giornale conserva in ogni caso il diritto di opporsi alle modificazioni che
possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione222. A sua volta, l’art.
Il diritto d’autore, Torino, UTET, 1993, 60; RICOLFI, Il diritto d’autore, in ABRIANI, COTTINO e RICOLFI,
Diritto industriale, Cedam, Padova, 2001, 481.
215
FABBIO, La tutela autoriale del progetto di arredamento o di architettura d’interni, in Riv.
dir. comm. 2002, II, 37; GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione
eregime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 89 ss.
216
P. GALLI, Musei e banche dati, in AIDA 2004, 530.
217
P. GALLI, sub art. 64 bis l.a., in L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà
intellettuale e concorrenza, 4 ed., CEDAM, Padova, 2007, 1652 ss.
218
PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 334; VALERIO e ALGARDI,
Il diritto d’autore, Giuffrè, Milano, 1943, 141 ss.; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere
dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 116; AMMENDOLA, L’opera architettonica come oggetto del diritto
d’autore. Rilevanza giuridica di un cumulo tra arte e tecnica, in IDA 1978, 116; AMMENDOLA, in L.C.
UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, Torino, UTET, 1993, 59 ss.; RICOLFI, Il diritto d’autore, in
ABRIANI, COTTINO e RICOLFI, Diritto industriale, Cedam, Padova, 2001, 481; AUTERI, Diritto di autore,
in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 617
ss.
219
In questo senso si esprime invece SANTORO, Opere architettoniche e diritto morale
dell’autore del progetto, in IDA 1982, 198 ss.
220
GIANNINI, Disegni e opere d’architettura, piani di lavori ed opere di ingegneria, in IDA
1956, 1 ss.; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 116; CONTE,
Sul diritto morale di autore nelle opere di architettura, in IDA 1980, 452 ss.; RICOLFI, Il diritto d’autore,
in ABRIANI, COTTINO e RICOLFI, Diritto industriale, Cedam, Padova, 2001, 481; ASCARELLI, Teoria della
concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 759; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV.,
Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 617 ss.
221
Cass. 3 novembre 1981 n. 586, in Mass. Giust. Civ. 1981; App. Bologna, 23 aprile 1979, in
IDA 1980, 446 ss.
222
In proposito, alcuni autori ritengono che non sia lesivo della reputazione di un autore,
facente parte della redazione del giornale, la soppressione di parti di un articolo che siano in contrasto con
la linea del giornale. In questo senso AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà
intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 617.
70
47 attribuisce al produttore la «facoltà di apportare alle opere utilizzate nell’opera
cinematografica le modifiche necessarie per il loro adattamento cinematografico»,
prevedendo altresì che in caso di disaccordo tra il produttore e gli autori dei singoli
contributi la verifica in ordine alla necessità delle modificazioni sia affidata ad un
collegio di tecnici, nominato dal presidente del consiglio dei ministri, i cui accertamenti
hanno carattere definitivo223.
Dagli artt. 20, co. 2, 41 e 47 parte della dottrina224 ricava un principio generale,
secondo cui quando un’opera dell’ingegno non è creata dal suo autore in modo
autonomo e indipendente bensì viene realizzata nell’ambito di un’attività d’impresa,
come tipicamente avviene per le opere architettoniche, collettive e cinematografiche, il
diritto all’integrità dell’opera assume una connotazione più attenuata. Ciò comporta che
l’imprenditore committente o datore di lavoro ha la facoltà di apportare all’opera le
modificazioni necessarie per adeguarla alle proprie esigenze o per inserirla nell’opera
collettiva cui è destinata; l’autore conserva pur sempre il diritto di opporsi a tali
modificazioni ma, in questi casi, la valutazione in ordine al carattere pregiudizievole,
dovrà tenere conto anche delle caratteristiche e della destinazione assegnate all’opera
nel contratto.
Il terzo diritto morale è previsto dagli artt. 2582 c.c. e 142 e 143 l.a., e consiste
nel diritto di ritirare l’opera dal commercio qualora concorrano gravi ragioni morali,
salvo l’obbligo di indennizzare coloro che hanno acquistato ex contractu i diritti di
utilizzazione economica.
L’esercizio del diritto determina la risoluzione per atto unilaterale di un
contratto valido, derogando alla regola generale secondo la quale il contratto ha forza di
legge tra le parti. Dato il suo carattere eccezionale tale facoltà è subordinata alla
sussistenza di gravi ragioni morali. Secondo la dottrina225, le gravi ragioni morali sono
costituite soprattutto dal mutamento delle convinzioni dell’autore, ma anche da qualsiasi
circostanza che renda la presenza dell’opera in circolazione gravemente pregiudizievole
agli interessi personali e ideali dell’autore, perché ad esempio l’opera presenta gravi
errori o gravi difetti o perché espone l’autore a responsabilità civile o penale o a
reazioni negative da parte del pubblico226.
223
Oggetto del potere conferito al produttore non è l’opera cinematografica, e quindi il
contributo del regista, bensì le opere che sono destinate alla sua creazione, quali i contributi del
soggettista, dello sceneggiatore e dell’autore della musica. Parte della dottrina (AUTERI, Diritto di autore,
in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 617
ss.) ritiene che il potere attribuito al regista non sia limitato a ciò che è necessario per trasporre le opere di
carattere letterario o musicale nel linguaggio cinematografico, ma comprenda anche tutte le modifiche
che possono risultare necessarie per ragioni tecniche ed economiche.
224
RICOLFI, Il diritto d’autore, in ABRIANI, COTTINO e RICOLFI, Diritto industriale, Cedam,
Padova, 2001, 481; GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e
regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 89 ss.; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto
industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 617 ss.
225
GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, UTET, Torino, 1974, 120; AUTERI,
Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli,
Torino, 2009, 3 ed., 618.
226
Al fine di esercitare il diritto di ritirare l’opera dal mercato, l’autore deve notificare il suo
intendimento alle persone alle quali ha ceduto i diritti di utilizzazione ed alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri, la quale ne dà pubblica notizia nelle forme stabilite dal regolamento. Entro il termine di un anno
a decorrere dall’ultima data delle notifiche e pubblicazioni, gli interessati possono ricorrere all’autorità
giudiziaria per opporsi all’esercizio della pretesa dell’autore o per ottenere la liquidazione ed il
risarcimento del danno (art. 142 l.a.). L’autorità giudiziaria, se riconosce che sussistono le gravi ragioni
71
Il diritto è inalienabile e intrasmissibile ma, a differenza degli altri, dopo la
morte dell’autore non può essere esercitato dai familiari indicati nell’art. 23 l.a.
La dottrina ritiene che, in presenza delle condizioni che legittimano il ritiro
dell’opera dal mercato, l’autore possa esercitare altresì il cd. diritto di inedito, ovvero il
potere di opporsi alla prima pubblicazione dell’opera, recedendo dai contratti che
l’abbiano autorizzata227, mentre si discute se la facoltà di recesso possa essere esercitata
anche in mancanza di «gravi ragioni morali»228.
5. Il diritto d’autore, nella sua componente patrimoniale, ha una durata limitata
nel tempo. Le ragioni che stanno alla base della limitazione temporale si desumono dal
bilanciamento che la legge opera tra le contrapposte esigenze dei titolari del diritto
d’autore o dei suoi aventi causa, da un lato, e della collettività, dall’altro. I primi hanno
interesse a conservare in perpetuo il diritto di sfruttamento esclusivo delle opere; al
contrario, la collettività ha interesse a che le medesime cadano in pubblico dominio. In
proposito, alcuni autori229 riconoscono che con il passare del tempo l’esclusiva non è
più necessaria per rendere convenienti gli investimenti nella promozione e nella
diffusione dell’opera, né è più in grado di assolvere alla funzione di compensare
l’attività creativa dell’autore e la sua esigenza di assistere la famiglia, una volta che sia
lui che i suoi familiari più stretti siano venuti a mancare, mentre viene a prevalere
l’interesse della comunità alla libera utilizzazione delle opere.
Le fonti internazionali e comunitarie che disciplinano la durata dei diritti
patrimoniali d’autore sono rispettivamente la CUB e la direttiva 93/83/CEE. L’art. 7, co.
1, della convenzione stabilisce che la durata della protezione comprende la vita
dell’autore e un periodo di cinquant’anni dopo la sua morte, e prevede altresì dei termini
speciali decorrenti dalla creazione o dalla pubblicazione per determinate categorie di
opere230. Se nonché, in Italia come negli altri stati membri dell’UE, dopo l’attuazione
morali invocate dall’autore, ordina il divieto della riproduzione, diffusione, esecuzione, rappresentazione
o spaccio dell’opera, a condizione del pagamento di una indennità a favore degli interessati, fissando la
somma dell’indennizzo e il termine per il pagamento. È opinione comune che l’indennizzo costituisca un
vero e proprio risarcimento dei danni comprensivo anche del lucro cessante. L’autorità giudiziaria può
anche pronunciare provvisoriamente il divieto con decreto su ricorso, se sussistono ragioni di urgenza,
prima della scadenza del termine indicato nell’ultimo comma dell’articolo precedente previo, occorrendo,
il pagamento di una idonea cauzione. Se l’indennità non è pagata nel termine fissato dall’autorità
giudiziaria cessa di pieno diritto l’efficacia della sentenza che abbia accertato le gravi ragioni morali e
abbia ordinato la cessazione dell’utilizzazione dell’opera. Viceversa, la continuazione della riproduzione,
diffusione, esecuzione, rappresentazione o spaccio dell’opera, nonostante il provvedimento dell’autorità
giudiziaria, è soggetta alle sanzioni civili e penali comminate dalla l.a. per le violazioni del diritto
d’autore (art. 143 l.a.).
227
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 618 ss.
228
Alcuni autori ammettono l’esistenza di tale diritto, richiamando gli artt. 12 e 24 l.a. che
prevedono, rispettivamente, il diritto di prima pubblicazione e l’attribuzione agli eredi o ai legatari del
diritto di pubblicare le opere inedite in caso di morte dell’autore. Altri, invece, negano che dalle due
disposizioni richiamate possa ricavarsi un diritto di inedito, né che si possa derogare alla regola in base
alla quale «il contratto non può essere sciolto che per mutuo dissenso o per cause ammesse dalla legge»,
facendo leva su disposizioni che disciplinano fattispecie diverse e contengono indicazioni non univoche
(AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza,
Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 619).
229
ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 327;
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza,
Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 601 ss.
230
Si tratta delle opere cinematografiche e fotografiche e delle opere anonime o pseudonime.
72
della direttiva 93/83/CEE, la regola generale è quella secondo cui i diritti di
utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del
settantesimo anno solare dopo la sua morte. Questa regola subisce però alcune deroghe
relativamente alle opere collettive, a quelle cinematografiche e audiovisive ed infine alle
creazioni anonime o pseudonime. Si prevede, infatti, che per tali categorie di opere i
termini di protezione durino rispettivamente tutta la vita del coautore sopravvissuto per
ultimo e altri settant’anni dalla sua morte per le opere create da più persone (art. 1, par.
2), tutta la vita e altri settant’anni dalla morte di chi sia sopravvissuto per ultimo tra il
regista, l’autore della sceneggiatura, l’autore del dialogo e il compositore della musica
per le opere cinematografiche (art. 2, par. 2) e, infine, settant’anni dalla prima
pubblicazione per le creazioni anonime o pseudonime. In quest’ultimo caso, la direttiva
stabilisce che se prima della scadenza del termine di settant’anni dalla prima
pubblicazione dell’opera, la paternità dell’opera viene rivelata dall’autore o dopo la sua
morte dalle persone indicate nell’art. 23 l.a., il termine di durata del diritto torna ad
essere quello previsto in generale; se invece la paternità dell’opera non viene rivelata
entro il settantesimo anno dalla sua pubblicazione, l’opera cade in pubblico dominio.
La l.a. ha recepito il contenuto della direttiva comunitaria. L’art. 25 l.a.
ribadisce la regola generale, secondo la quale i diritti di utilizzazione economica
dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare
dopo la sua morte. Le disposizioni seguenti introducono delle eccezioni alla decorrenza
della durata della protezione per determinate categorie di opere. La disciplina scaturente
da tali norme è la seguente: nelle opere create con il contributo indistinguibile ed
inscindibile di più persone nonché in quelle drammatico-musicali, coreografiche e
pantomimiche, la durata dei diritti di utilizzazione economica spettanti a ciascuno dei
coadiutori o dei collaboratori si determina sulla vita del coautore che muore per ultimo
(art. 26)231, nelle opere cinematografiche o assimilate i diritti di utilizzazione economica
durano sino al termine del settantesimo anno dopo la morte del’ultima persona
sopravvissuta fra quelle elencate dall’art 29232. Infine, nelle opere anonime o
pseudonime la durata dei diritti di utilizzazione economica è di settant’anni a partire
dalla prima pubblicazione, qualunque sia la forma nella quale essa è stata effettuata. Se
prima della scadenza di detto termine l’autore si è rivelato o la rivelazione è fatta dalle
persone indicate dall’art. 23233 o da persone autorizzate dall’autore, si applica il termine
di durata previsto in generale (art. 27 l.a.). Per acquistare il beneficio della durata
normale dei diritti esclusivi di utilizzazione economica, il cui termine si computa dalla
morte dell’autore, la rivelazione deve essere fatta mediante denuncia all’ufficio della
proprietà letteraria, scientifica ed artistica presso il ministero presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri. La denuncia ha effetto a partire dalla data del deposito nei
confronti dei terzi che abbiano acquistato diritti sull’opera anonima o pseudonima (art.
28 l.a.).
231
Nel silenzio della legge, parte della dottrina suggerisce che la regola prevista nell’art. 26 si
applichi anche alle altre opere composte che appartengono in comunione a più coautori (AUTERI, Diritto
di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009,
3 ed., 603). In giurisprudenza: Trib. Bologna, ord. 3 agosto 2004, in AIDA 2005, 1043.
232
Tali sono il direttore artistico, gli autori della sceneggiatura, ivi compreso l'autore del
dialogo, e l'autore della musica specificamente creata per essere utilizzata nell'opera cinematografica o
assimilata.
233
Le persone indicate da tale disposizione sono il coniuge e i figli e, in loro mancanza, i
genitori e gli altri ascendenti e discendenti diretti; mancando gli ascendenti ed i discendenti, la rivelazione
può essere fatta dai fratelli e dalle sorelle e dai loro discendenti.
73
6 L’ipotesi dell’autore che svolge spontaneamente la propria attività creativa al
di fuori di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato e raggiunge un risultato
protetto dal diritto d’autore, è la più semplice. In proposito, la dottrina e la
giurisprudenza concordano nel ritenere che il compimento dell’opera sia il fatto
costitutivo dei diritti morali e patrimoniali riconosciuti dalla l.a. e, nello stesso tempo, il
titolo originario di acquisto dell’autore.
Il problema, come anticipato in precedenza, si pone relativamente ai contratti
con cui l’autore si obbliga a creare l’opera nell’ambito di un rapporto di lavoro
autonomo o subordinato, dal momento che manca una disciplina generale. La l.a.
considera infatti soltanto l’ipotesi in cui il risultato creativo del dipendente sia un
programma per elaboratore o una banca dati, oppure un’opera del disegno industriale.
Nel primo caso, l’art. 12 bis stabilisce che il datore di lavoro è titolare di tutti i diritti
esclusivi di utilizzazione economica delle opere in questione purché esse siano create
nell’esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore. A sua
volta, l’art. 12 ter prevede che qualora un’opera del disegno industriale sia creata dal
lavoratore dipendente nell’esercizio delle sue mansioni, il datore di lavoro sia titolare
dei diritti esclusivi di sfruttamento economico sulla medesima opera234. Gli artt. 12 bis e
12 ter riflettono un principio generale del diritto del lavoro, secondo cui l’imprenditore
acquista i risultati del lavoro svolto dal dipendente a titolo derivativo e senza necessità
di alcun atto di trasferimento, ma tale effetto può essere derogato dalle parti mediante
patto contrario235. Quanto alla misura dell’acquisto, il datore gode dell’esercizio
esclusivo di tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera del dipendente. Il
rapporto di lavoro, ha infatti «un carattere totalizzante» e vuole attribuire al datore «tutti
i risultati della prestazione lavorativa senza distinguere il loro tipo e la loro possibile
utilizzazione»236. Parte della dottrina237 ritiene che questa disciplina rappresenti la
soluzione più adeguata per conciliare gli interessi del datore di lavoro e del lavoratore
perché da un lato, permettendo al datore di sfruttare economicamente l’opera nel modo
più ampio possibile, soddisfa l’esigenza di recuperare i costi sostenuti per l’attività
creativa del dipendente e, al tempo stesso, impedisce che altre imprese possano
beneficiare degli investimenti da lui sostenuti; dall’altro, riconoscendo al lavoratore la
titolarità dei diritti morali e il diritto ad una remunerazione proporzionata all’attività
svolta, soddisfa l’esigenza di ricompensare il suo lavoro, mentre, difficilmente il
234
Gli artt. 12 bis e 12 ter sono stati aggiunti in attuazione delle dir. CE 91/250 sul software,
96/9 sulle banche dati e 98/71 sul design, sebbene solamente la prima prevedesse un obbligo in tal senso a
carico degli stati membri. L’art. 12 bis è stato introdotto dall’art. 3 del d. lgs. 518/1992 ed è stato poi
modificato dall’art. 3 del d. lgs. 169/1999 che vi ha inserito il riferimento alle banche dati. L’art. 12 ter è
stato invece introdotto dall’art. 22 del d. lgs. 95/2001.
235
L.C. UBERTAZZI, I soggetti, in ID., I diritti d’autore e connessi. Scritti, Giuffrè, Milano,
2003, 22 ss.; BERTANI, Impresa culturale e diritti esclusivi, Giuffrè, Milano, 2000, 435 ss.; ID., nota a
Trib. Catania, ord. 8 gennaio 2001, in AIDA 2001, 617 ss.; BOCCA, La tutela della fotografia tra diritto
d’autore, diritti connessi e nuove tecnologie, in AIDA 2002, 389; App. Milano 26 maggio 2000, nel
Repertorio di AIDA 2000, 1035; Trib. Roma 23 gennaio 1993, nel Repertorio di AIDA 1994, 665.
236
L.C. UBERTAZZI, I soggetti, in ID., I diritti d’autore e connessi. Scritti, Giuffrè, Milano,
2003, 22 ss.; così anche GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974,
258 ss.; BERTANI, nota a Trib. Catania, ord. 8 gennaio 2001, in AIDA 2001, 616 ss.; GUIZZARDI, La tutela
del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 102.
237
L.C. UBERTAZZI, I soggetti, in ID., I diritti d’autore e connessi. Scritti, Giuffrè, Milano,
2003, 22 ss.
74
lavoratore avrà interesse ad utilizzare economicamente l’opera, perché tale attività
implica costi e strumenti di cui egli molto spesso non dispone.
Con riguardo alle altre opere dell’ingegno la dottrina si domanda in primo
luogo se l’acquisto dei diritti da parte dell’imprenditore committente, o del datore di
lavoro, avvenga a titolo originario oppure derivativo. In proposito, l’orientamento
prevalente238 ritiene che l’acquisto dei diritti di utilizzazione da parte di persona diversa
dall’autore sia sempre a titolo derivativo. Nell’ambito del rapporto di lavoro autonomo
il titolo è costituito dal contratto stipulato tra l’autore e il committente, con il quale il
primo si obbliga a svolgere un’attività creativa affinché il committente possa poi
sfruttarne economicamente il risultato239. Nell’ambito del rapporto di lavoro
subordinato, invece, alcuni autori ritengono che il titolo di acquisto dei diritti al datore
238
Nel contratto di lavoro subordinato si esprimono a favore dell’acquisto a titolo derivativo:
PIOLA CASELLI, Codice del diritto d’autore, UTET, Torino, 1943, 246 ss.; ASCARELLI, Teoria della
concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 723 ss.; FRANCESCHELLI, Sulle opere
dell’ingegno su commissione, in Riv. dir. ind. 1967, I, 292 ss.; OPPO, Creazione intellettuale, creazione
industriale e diritti di utilizzazione economica, in Riv. dir. civ.1969, I, 23 ss.; DE SANCTIS, Il carattere
creativo delle opere dell’ingegno, Giuffrè, Milano, 1971, 164; ALGARDI, Impresa editoriale (giornalistica
e libraria), in Riv. dir. ind., 1977, I, 490; JARACH, Manuale del diritto d’autore, Mursia, Milano, 1983,
164 ss.; SORDELLI, Il diritto d’autore del dipendente (con qualche riflesso in tema di software), in IDA
1989, 275 ss.; CAROSONE, L’opera dell’ingegno nel rapporto di lavoro autonomo e subordinato, Giuffrè,
Milano, 1999, 183 ss.; GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e
regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 101 ss.; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto
industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 567 ss.; RICOLFI, Il
diritto d’autore, in ABRIANI, COTTINO e RICOLFI, Diritto industriale, Cedam, Padova, 2001, 389 ss. Nel
secondo senso: GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 253 ss.;
GATTI, Opera dell’ingegno su commissione e disciplina del diritto d’autore, in Riv. dir. comm. 2005, I, 4
ss.
Nel contratto di lavoro autonomo si esprimono a favore dell’acquisto a titolo derivativo:
ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 739 ss.; FABIANI, Lo
spettacolo radiofonico e televisivo nella disciplina del diritto d’autore, in Riv. dir. ind. 1961, I, 111; V. DE
SANCTIS, Contratto di commissione di opera dell’ingegno e diritto del committente, in IDA 1963, 343;
FRANCESCHELLI, Sulle opere dell’ingegno su commissione, in Riv. dir. ind. 1967, I, 293; CAROSONE, Sul
sistema del diritto di autore nell’ordinamento italiano, in Riv. dir. lav. 1968, 558; OPPO, Creazione
intellettuale, creazione industriale e diritti di utilizzazione economica, in Riv. dir. civ.1969, I, 32 ss.;
FAVARA, Ancora sulle opere creative dell’ingegno su commissione e diritti del committente, in IDA 1970,
225; BRUNORI, Contratto di edizione e contratto d’opera intellettuale, in Riv. dir. civ. 1971, II, 497; V.M.
DE SANCTIS, Il carattere creativo dell’opera dell’ingegno, Giuffrè, Milano, 1971, 164; JARACH,
Considerazioni sui rapporti tra autori e utilizzatori delle opere dell’ingegno, in IDA 1979, 587; MASSA
FELSANI, Osservazioni sui diritti del committente in tema di opera dell’ingengo, in Riv. dir. comm. 1988,
II, 190 ss.; AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, Torino, UTET, 1993, 29;
ROMANO, nota a lodo arbitrale, 25 giugno 1994, in AIDA 1997, 668 ss.; GATTI, Opera dell’ingegno su
commissione e disciplina del diritto d’autore, in Riv. dir. comm. 2005, I, 17 ss.; TESTA, nota a Cass. 11
novembre 2003 n. 16919, in AIDA 2005, 421; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale
proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 3 ed., 2009, 567 ss. Si esprimono invece a
favore dell’acquisto a titolo originario: SORDELLI, Contratto d’opera e creazione di opera dell’ingegno,
in Riv. dir. ind. 1955, II, 303 ss.; CORRADO, Le opere dell’ingegno. Le privative industriali, in GROSSO e
PASSARELLI, Trattato di diritto civile, F. Vallardi, Milano, 1966, 80 ss.; GRECO e VERCELLONE, I diritti
sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 262 ss.
239
GRECO, Appunti sulle opere dell’ingegno create su commissione, in Riv. dir. ind 1967, I,
287, V. DE SANCTIS, In tema di opere dell’ingegno create su commissione, in IDA 1967, 160 ss.; AUTERI,
Le commesse di ricerca, sviluppo e produzione, in ALPA, I contratti di informatica, Milano, Giuffrè, 1987.
75
di lavoro consiste nel fatto stesso dell’inserimento dell’attività creativa nell’impresa240;
altri affermano che esso sia costituito dal contratto241.
In secondo luogo, occorre determinare se l’acquisto avvenga in modo diretto
o sia subordinato al compimento di adempimenti ulteriori, come la consegna o
l’accettazione dell’opera. In proposito, la dottrina maggioritaria242 condivide la prima
soluzione, affermando che l’acquisto si verifica al momento della creazione; al
contrario, altri autori243, richiedono anche la sua consegna o accettazione da parte del
committente e del datore di lavoro. Sul piano pratico, l’acquisto diretto conferisce
all’imprenditore committente due vantaggi, da un lato sottrae l’acquisto al rischio di
eventi successivi alla conclusione del contratto e, dall’altro, essendo opponibile nei
confronti dei terzi, elimina il rischio che l’autore, rendendosi inadempiente, disponga
del diritto a favore di altri244.
In terzo luogo occorre determinare quali sono i diritti di utilizzazione che
vengono attribuiti al datore di lavoro. Conviene esporre separatamente le posizioni del
dibattito dottrinale, occupandoci prima del rapporto di lavoro subordinato e
successivamente di quello autonomo.
Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, una prima interpretazione245
propone di estendere il principio contenuto negli artt. 12 bis e 12 ter a tutte le opere
240
OPPO, Creazione intellettuale, creazione industriale e diritti di utilizzazione economica, in
Riv. dir. civ.1969, I, 23 ss.
241
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 567 ss.
242
Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato: GRECO, Appunti sulle opere dell’ingegno
create su commissione, in Riv. dir. ind 1967, I, 289; L.C. UBERTAZZI, I soggetti, in ID., I diritti d’autore e
connessi. Scritti, Giuffrè, Milano, 2003, 22 ss.; BERTANI, Impresa culturale e diritti esclusivi, Giuffrè,
Milano, 2000, 435 ss.; CAROSONE, L’opera dell’ingegno nel rapporto di lavoro, Giuffrè, Milano, 1999,
191; GATTI, Opera dell’ingegno su commissione e disciplina del diritto d’autore, in Riv. dir. comm. 2005,
I, 4 ss.; BERTANI, nota a Trib. Catania, ord. 8 gennaio 2001, in AIDA 200, 617 ss.; BOCCA, La tutela della
fotografia tra diritto d’autore, diritti connessi e nuove tecnologie, in AIDA 2002, 389 ss.; GUIZZARDI, La
tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano,
2005, 101.
Nell’ambito del rapporto di lavoro autonomo: GRECO, Appunti sulle opere dell’ingegno create
su commissione, in Riv. dir. ind 1967, I, 289; FAVARA, Ancora sulle opere creative dell’ingegno su
commissione e diritti del committente, in IDA 1970, 225; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere
dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 265; DE GREGORIO, Il contratto di edizione, Athenaeum, Roma,
1913, 28.
243
Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato: V. M. DE SANCTIS, I soggetti del diritto
d’autore, Giuffrè, Milano, 1971, 85 ss.
Nell’ambito del rapporto di lavoro autonomo richiedono la consegna i seguenti autori: V. M.
DE SANCTIS, I soggetti del diritto d’autore, Giuffrè, Milano, 1971, 85 ss.; CASELLI, Codice del diritto
d’autore, UTET, Torino, 1943, 246 ss.; L. DE SANCTIS, Opera dell’ingegno su commissione-diritti del
committente, in IDA 1987, 153. A favore dell’accettazione da parte del committente si esprimono invece:
AMMENDOLA, in L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, Torino, UTET, 1993, 29; RICOLFI, Il
diritto d’autore, in ABRIANI, COTTINO e RICOLFI, Diritto industriale, Cedam, Padova, 2001, 390 ss.;
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio,
Giuffrè, Milano, 2005, 105 ss. Infine, un’ultima opinione ritiene che l’acquisto dei diritti in capo al
committente si perfezioni con la sola creazione dell’opera se ad essa ad essa partecipa l’attività
imprenditoriale del committente, mentre, nel caso opposto è necessaria l’accettazione (OPPO, Creazione
intellettuale, creazione industriale e diritti di utilizzazione economica, in Riv. dir. civ.1969, I, 32).
244
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e
concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 567.
245
GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 258 ss.;
L.C. UBERTAZZI, I soggetti, in ID., I diritti d’autore e connessi. Scritti, Giuffrè, Milano, 2003, 22 ss.;
76
dell’ingegno. Salvo patto contrario, il datore di lavoro acquisterebbe quindi tutti i diritti
di utilizzazione economica, non soltanto su software, banche dati e opere del disegno
industriale, ma anche su ogni altra opera realizzata da un dipendente. Anche la corte di
cassazione si è espressa in senso favorevole all’attribuzione al datore di lavoro di tutti i
risultati della prestazione lavorativa. In una recente decisione246 i giudici hanno infatti
affermato che «qualora risulti che la prestazione è stata intesa dalle parti come
funzionale ad uno specifico risultato (la realizzazione di un bene immateriale)
considerato come la ragione stessa del rapporto, la conseguenza è quella della totale
attribuzione dei diritti patrimoniali al datore di lavoro».
Questa interpretazione è tuttavia contestata da chi247 ritiene che il datore di
lavoro acquista soltanto le facoltà di utilizzazione rientranti nell’oggetto dell’attività di
impresa svolta dal datore o comunque ricavabili in via interpretativa dal contratto.
Questa opinione troverebbe conferma in alcune disposizioni della l.a., come l’art. 88 in
materia di fotografia248 e le disposizioni riguardanti la spettanza dei diritti di
utilizzazione sui singoli contributi che concorrono a formare l’opera collettiva e in
particolare le riviste e i giornali (artt. 38, co. 2, 39, co. 2 e 42)249. Le disposizioni
relative ai programmi di computer, alle banche dati e alle opere del design, dovrebbero
allora essere considerate norme eccezionali e derogatorie rispetto alla regola generale,
nella parte in cui attribuiscono all’imprenditore tutti i diritti di utilizzazione su tali
opere.
BERTANI, nota a Trib. Catania, ord. 8 gennaio 2001, in AIDA 2001, 616 ss.; GUIZZARDI, La tutela
d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005,
101 ss.
246
Cass. 1 luglio 2004 n. 12089, in AIDA 2005, 1019.
247
OPPO, Creazione intellettuale, creazione industriale e diritti di utilizzazione economica, in
Riv. dir. civ. 1969, I, 1 ss.; V.M. DE SANCTIS, Il carattere creativo delle opere dell’ingegno, Giuffrè,
Milano, 1971, 164 ss.; FRANCESCHELLI, Sulle opere dell’ingegno su commissione, in Riv. dir. ind. 1967, I,
292 ss.; ALGARDI, La tutela dell’opera dell’ingegno e il plagio, CEDAM, Padova, 1978, 137; GALTIERI,
Note in tema di informatica e diritto d’autore, in IDA 1975, 513; L. DE SANCTIS, Opera dell’ingegno su
commissione-diritti del committente, in IDA 1987, 153; MASSA FELSANI, Osservazioni sui diritti del
committente in tema di opera dell’ingengo, in Riv. dir. comm. 1988, II, 195 ss.; SORDELLI, Il diritto
d’autore del dipendente (con qualche riflesso in tema di software), in IDA 1989, 275 ss.; AMMENDOLA, in
L.C. UBERTAZZI e AMMENDOLA, Il diritto d’autore, Torino, UTET, 1993, 28; CAROSONE, L’opera
dell’ingegno nel rapporto di lavoro autonomo e subordinato, Giuffrè, Milano, 1999, 169 ss.; GATTI,
Opera dell’ingegno su commissione e disciplina del diritto d’autore, in Riv. dir. comm. 2005, I, 2 ss. il
quale parrebbe tuttavia riconoscere che il datore di lavoro acquisti in ogni caso anche i diritti di elaborare
i diritti di elaborare e modificare l’opera realizzata dal dipendente; AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV.,
Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 567 ss. In
giurisprudenza: Trib. Milano, 17 maggio 2002, in Mass. Giust. Civ. 2002; Trib. Milano, 21 novembre
1991, in AIDA 1992, 818.
248
L’art. 88 l.a. stabilisce che se l’opera è stata ottenuta nel corso e nell’adempimento di un
contratto di impiego o di lavoro, entri i limiti dell’oggetto e delle finalità del contratto, il diritto esclusivo
compete al datore di lavoro.
249
L’editore, infatti, acquista sui contributi forniti dai collaboratori (redattori), anche
dipendenti, per la realizzazione dell’opera collettiva (giornali o periodici) solo il diritto di utilizzarli
nell’ambito dell’opera collettiva; non anche il diritto di utilizzarli separatamente che rimane in capo al
redattore. La legge presume, infatti, che l’oggetto e la finalità del contratto di lavoro sia l’attività volta
alla realizzazione dell’opera collettiva.
77
Un terzo orientamento250 ancora più rigoroso, facendo leva sull’art. 132 l.a.
esclude che il datore di lavoro possa, senza il consenso del dipendente, alienare a terzi i
diritti esclusivi acquistati per effetto del contratto.
Una quarta interpretazione251 ritiene che il datore di lavoro acquisti tutti i diritti
patrimoniali sull’opera creta dal dipendente quando questa costituisce un bene finale a
sua volta oggetto di disposizione da parte dell’impresa acquirente e non anche quando il
risultato creativo del dipendente sia un input strumentale all’attività dell’impresa oppure
un bene intermedio nel ciclo produttivo.
Una quinta interpretazione252 ritiene che il datore di lavoro acquisti tutti i diritti
di utilizzazione economica soltanto su software, banche dati e opere del disegno
industriale, ovvero su creazioni che, per la loro intrinseca natura, non sono suscettibili
di molteplici forme di utilizzazione ma solo o prevalentemente alla
commercializzazione; mentre per le altre opere dell’ingegno egli acquisterebbe i soli
diritti rientranti nell’oggetto dell’attività d’impresa o ricavabili comunque in via
interpretativa del contratto.
Nell’ambito del lavoro autonomo, la dottrina e la giurisprudenza prevalenti253
ritengono che il committente, in assenza di una disposizione analoga all’art. 12 bis che
gli attribuisca i diritti di utilizzazione nella loro interezza, acquista i soli diritti
patrimoniali desumibili dalla volontà delle parti, con riguardo all’oggetto e allo scopo
del contratto. La ragione consiste nel fatto che mentre nel lavoro subordinato l’acquisto
di tutti i diritti patrimoniali è giustificato dal fatto che la creazione avviene utilizzando i
fattori produttivi messi a disposizione dall’imprenditore e soprattutto nell’ambito di un
progetto di cui il datore sopporta l’intero rischio economico, nei contratti in questione,
250
JARACH, Manuale del diritto d’autore, Mursia, Milano, 1983, 174 ss.; CAROSONE, L’opera
dell’ingegno nel rapporto di lavoro autonomo e subordinato, Giuffrè, Milano, 1999, 195 ss.
251
RICOLFI, Il diritto d’autore, in ABRIANI, COTTINO e RICOLFI, Diritto industriale, Cedam,
Padova, 2001, 394 ss.; LOFFREDO, Open source e appartenenza del software, in AIDA 2004, 79.
252
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, 2005, 101 ss.
253
ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 739; V.
DE SANCTIS, Contratto di commissione di opera dell’ingegno e diritto del committente, in IDA 1963, 346;
NICOLÒ, In tema di opere dell’ingegno create su commissione, in IDA 1967, 153; OPPO, Creazione
intellettuale, creazione industriale e diritti di utilizzazione economica, in Riv. dir. civ.1969, I, 32 ss.;
FAVARA, Ancora sulle opere creative dell’ingegno su commissione e diritti del committente, in IDA 1970,
227; PEZZANO, nota a Cass. 18 dicembre 1969 n. 4000, in Foro it. 1970, I, 438; V.M. DE SANCTIS, Il
carattere creativo delle opere dell’ingegno, Giuffrè, Milano, 1971, 166; BRUNORI, Contratto di edizione e
contratto d’opera intellettuale, in Riv. dir. civ. 1971, II, 497; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere
dell’ingegno, II, UTET, Torino, 1974, 263; MAYR, nota a Pret. Milano, ord. 9 dicembre 1991, in AIDA
1992, 843; V.M. DE SANCTIS e FABIANI, I contratti di diritto d’autore, in CICU, MESSINEO, MENGONI e
SCHLESINGER, Trattato di diritto commerciale, Giuffrè, Milano, 2007, 82 ss.; CAROSONE, L’opera
dell’ingegno nel rapporto di lavoro autonomo e subordinato, Giuffrè, Milano, 1999, 171 ss.; ALBINI, nota
a Trib. Roma, 21 giugno 2001, in AIDA 2002, 803 ss.; GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno
industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, 2005, 106; GATTI, Opera
dell’ingegno su commissione e disciplina del diritto d’autore, in Riv. dir. comm. 2005, I, 18; AUTERI,
Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli,
Torino, 2009, 3 ed., 567 ss.; Cass. 23 novembre 1992 n. 12507, in Riv. dir. comm. 1993, 128; Cass. 30
maggio 1989 n. 2601, in IDA 1990, 96; Cass. 7 giungo 1982 n. 3439, in IDA 1983, 23 (in questa
decisione la suprema corte ha ritenuto che «i diritti patrimoniali sull’opera devono intendersi ceduti al
committente entro i limiti dell’oggetto e delle finalità del contratto»); App. Milano, 31 maggio 2002, in
AIDA 2002, 817; Trib. Catania, ord. 8 gennaio 2001, in AIDA 2001, 796; Trib. Torino, 4 dicembre 1995,
in AIDA 1996, 416; Trib. Firenze, 16 febbraio 1994, in AIDA 1994, 318; Pret. Milano, ord. 9 dicembre
1991, in AIDA 1992, 79.
78
l’opera viene realizzata dall’autore in modo indipendente ed autonomo, senza alcun
apporto in termini organizzativi da parte del committente. Essa trova un appiglio
normativo nell’art. 119, co. 4 , l.a., secondo cui il trasferimento di un diritto di
utilizzazione non implica quello di altri diritti che non siano necessariamente dipendenti
da quello trasferito. Stante il principio dell’indipendenza delle facoltà di utilizzazione,
quando l’interpretazione del contratto conduca in concreto a ritenere conforme
all’intento dei contraenti l’attribuzione di determinate facoltà, non è legittima la sua
estensione ad altre.
Sia nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato sia in un contratto di
prestazione d’opera, la dottrina254 è concorde nel ritenere che i diritti morali relativi
all’opera del dipendente o del prestatore restino in capo all’autore, sia perché hanno una
natura strettamente personale, sia perché sono espressamente qualificati
dall’ordinamento come diritti inalienabili, intrasferibili e imprescrittibili. L’art. 2087 c.c.
obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le misure e le precauzioni necessarie per
tutelare la personalità del dipendente e prevenire ogni lesione ingiustificata dei suoi
diritti morali. La violazione di questo obbligo costituisce inadempimento ex art. 1218
c.c. e, allo stesso tempo, configura illecito extracontrattuale, determinando così il
cumulo delle due azioni di responsabilità.
7. Nel periodo precedente alla novella del 2001, il dibattito sulla proteggibilità
della forma mediante la l.a. riguardava essenzialmente le creazioni tridimensionali che
univano valori estetici e funzionali, ovvero l’industrial design255. La dottrina e la
giurisprudenza maggioritaria256 riconducevano le creazioni dell’industrial design alla
categoria delle opere d’arte applicata all’industria, tutelata dalla l.a. solo in quanto il
valore artistico fosse scindibile dalla forma del prodotto257 (art. 2, co. 1, n. 4, l.a.).
Questa collocazione veniva criticata da alcuni autori258, secondo i quali le creazioni
254
Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato: V.M. DE SANCTIS, Il carattere creativo delle
opere dell’ingegno, Giuffrè, Milano, 1971, 164 ss.; FRANCESCHELLI, Sulle opere dell’ingegno su
commissione, in Riv. dir. ind. 1967, I, 292; SORDELLI, Il diritto d’autore del dipendente (con qualche
riflesso in tema di software), in IDA 1989, 276; BORRUSO, La tutela giuridica del software, Giuffrè,
Milano, 1988, 73 ss.; CAROSONE, L’opera dell’ingegno nel rapporto di lavoro autonomo e subordinato,
Giuffrè, Milano, 1999, 168 ss.; L.C. UBERTAZZI, I soggetti, in ID., I diritti d’autore e connessi. Scritti,
Giuffrè, Milano, 2003, 22 ss.; GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi
all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 101 ss.
Nell’ambito del rapporto di lavoro autonomo: V.M. DE SANCTIS, Il carattere creativo delle
opere dell’ingegno, Giuffrè, Milano, 1971, 164 ss.; CAROSONE, L’opera dell’ingegno nel rapporto di
lavoro autonomo e subordinato, Giuffrè, Milano, 1999, 168 ss.; L.C. UBERTAZZI, I soggetti, in ID., I diritti
d’autore e connessi. Scritti, Giuffrè, Milano, 2003, 22 ss.; GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno
industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, 2005, 101 ss.
255
AUTERI, Industrial design, in CARNEVALI, Diz. dir. priv., vol. 3, Giuffrè, Milano, 1981, 577.
256
SARTI, La tutela dell’estetica del prodotto industriale, Giuffrè, Milano, 1990, 3.
257
Il principio della scindibilità è stato formulato per la prima volta dalla corte di cassazione
nella sentenza del 19 dicembre 1931(pubblicata in IDI 1931, 129) in cui i giudici affermavano che «il
prodotto industriale che non può prescindere, a seconda della sua natura e della sua destinazione, da una
certa forma intonata anche a linee estetiche, in tanto può assumere veste qualificata di entità artistica, in
quanto gli atteggiamenti di arte estrinsecati nella fattura dell’oggetto possano dissociarsi da esso e dalla
sua destinazione industriale ed assumere una configurazione autonoma così originale da sovrapporsi a
quella dell’oggetto medesimo». Questo principio era stato poi recepito dall’art. 2, n. 4, l.a.
258
SARZI SARTORI, Breve panoramica sul dibattito in corso in tema di diritto industriale e su
recenti iniziative di regolamento della materia, in Riv. dir. ind. 1993, I, 81 ss.; SENA, Industrial design e
diritto d’autore, in Riv. dir. ind. 1991, II, 31.
79
dell’industrial design costituivano un genus di opere creative non rientranti in alcuna
delle categorie esemplificative elencate dall’art. 2 l.a. Infine, un terzo orientamento
dottrinale259 riteneva che tali opere fossero più correttamente assimilabili ai disegni e
alle opere dell’architettura tutelati dall’art. 2, n. 5, l.a.
Il requisito della scindibilità era interpretato nel senso di richiedere la
scindibilità concettuale, intesa come la possibilità di pensare l’opera come
«progettazione estetica autonoma rispetto alla funzione del prodotto»260. La
proteggibilità dell’opera era dunque subordinata alla possibilità di estrarre dal prodotto
l’idea dell’opera d’arte, e cioè quella forma artistica che, se il suo ideatore non avesse
deciso di applicare all’industria, avrebbe potuto realizzarsi allo stato puro secondo le
tecniche espressive proprie della categoria di appartenenza, come la pittura o la
scultura261. Una diversa opinione262 proponeva di apprezzare il valore estetico o creativo
dell’opera del disegno industriale in sé, a prescindere dalla possibilità oggettiva di
dissociazione concettuale dal supporto materiale. Questa opinione veniva criticata da
chi consigliava di estendere la protezione a tutte le creazioni del design,
indipendentemente dalla valutazione del valore artistico e della scindibilità263.
259
GIUDICI, Dall’opera d’arte applicata all’industrial design, in Riv. dir. ind. 1989, II, 268 ss.
SARTI, La tutela dell’estetica del prodotto industriale, Giuffrè, Milano, 1990, 3.
261
PIOLA CASELLI, Trattato del diritto d’autore, II ed., UTET, Torino, 1927, 89; ID.,
L’allacciamento della protezione dell’arte industriale con la protezione del diritto d’autore, in IDA 1940,
19; ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 676; ARE,
L’oggetto del diritto d’autore, Milano, Giuffrè, 1963, 448; ROTONDI, Diritto industriale, Cedam, Padova,
1965, 305; GRECO e VERCELLONE, Le invenzioni e i modelli industriali, in VASSALLI, Trattato di diritto
civile italiano, UTET, Torino, 1968, 401; ALGARDI, Disegno industriale e arte applicata, Giuffrè, Milano,
1975, 70; ID., La tutela dell’opera dell’ingegno e il plagio, CEDAM, Padova, 1978, 128; FLORIDIA, I
brevetti per invenzione e per modello, Giuffrè, Milano, 1980, 98; GIAN GUGLIELMETTI, Le invenzioni ed i
modelli dopo la riforma del 1979, UTET, Torino, 1982, 185; GHIDINI e HASSAN, Commentario di diritto
industriale, IPSOA, Milano, 1984, 197; AUTERI, Industrial design, in CARNEVALI, Diz. dir. priv., vol. 3,
Giuffrè, Milano, 1981, 586; MANGINI, Invenzioni industriali. Modelli di utilità e disegni ornamentali, in
SCIALOJA e BRANCA, Commentario al codice civile, Zanichelli-Foro italiano, Bologna-Roma, 1987, 172;
BENUSSI, Disegno industriale, in Dig. Comm., UTET, Torino, 1990, vol. V, 27 ss.; SENA, I diritti sulle
invenzioni e sui modelli industriali, III ed., in CICU e MESSINEO, Trattato di diritto civile e commerciale,
Giuffrè, Milano, 1990, 538; FABIANI, Ancora su disegno e modelli ornamentale ed opera d’arte
applicata, in IDA 1990, 70; RICOLFI, Il criterio della scindibilità e l’opera «bidimensionale» dell’arte
applicata all’industria, in Giur. it. 1991, 47; MUSSO, Arredamento e architettura d’interni fra industrial
design e opere dell’ingegno, in AIDA 1999, 310. In giurisprudenza: Cass. 7 dicembre 1994 n. 10516, in
AIDA 1995, 304; Cass. 5 luglio 1990 n. 7077, in Riv. dir. ind. 1991, II, 25; Cass. 65/1869; Cass. 60/1384;
Cass. 29 luglio 1957 n. 3189, in IDA 1958, 72; Cass. 22 ottobre 1956 n. 3806, in Riv. Dir. Comm. 1958, II,
172; Cass. 10 giugno 1938 s.n., in IDA 1938, 178; Cass. 9-11-1937; App. Milano 19 luglio 1985, in GADI
1986, 2005; App. Firenze, 28 ottobre 1998, in Riv. dir. ind. 1989, II, 267; App. Firenze 9 gennaio 1978, in
GADI 1978, 1028; App. Milano 28 settembre 1976, in GADI 1976, 861; App. Milano 16 gennaio 1962, in
IDA 1963, 507; Trib. Milano 17 marzo 1994, in AIDA 1994, 268; Pret. Monza, 4 dicembre 1991, in AIDA
1992, 77; Trib. Firenze 20 ottobre 1988, in IDA 1989, 455; Trib. Siena 30 ottobre 1985, in IDA 1988, 209;
Trib. Milano 12 giugno 1980, in GADI 1980, 1321; Trib. Milano 30 maggio 1974, in GADI, 1974, 572;
Trib. Milano 4 ottobre 1973, in GADI, 1973, 396.
262
GIUDICI, Dell’opera d’arte applicata all’industrial design, in Riv. dir. ind., 1989, II, 268;
SENA, Industrial design e diritto d’autore, in Riv. dir. ind. 1991, II, 29. In giurisprudenza: Trib. Parma 30
maggio 1991, in GADI 1991, 485; Trib. Siena, 30 ottobre 1985, in Riv. dir. ind. 1989, II, 267; Trib. Siena,
11 giugno 1986, in GADI 1986, 267.
263
FRANZOSI, Arte e diritto, in Riv. dir. ind. 1977, I, 282.
260
80
In presenza del requisito delle scindibilità era inoltre necessario che l’opera
presentasse un carattere creativo. Parte della dottrina e della giurisprudenza264
ritenevano che tale requisito richiedesse un normale livello di creatività. Altri autori265,
invece, valorizzando il termine valore artistico, articolavano la verifica dell’esistenza
del carattere creativo in due momenti: occorreva valutare la scindibilità del valore
artistico dalla forma e che tale forma avesse un elevato valore artistico.
La disciplina è stata trasformata a seguito dell’intervento del legislatore
comunitario che ha provveduto all’armonizzazione delle legislazioni nazionali in tema
di tutela d’autore del design attraverso la direttiva CE 98/71 sui disegni e modelli
industriali ed il regolamento CE 02/2006 sui disegni e modelli comunitari. L’art. 17
della direttiva prevede che «i disegni e modelli protetti come disegni o modelli registrati
in uno stato membro a norma della presente direttiva siano ammessi a beneficiare altresì
della protezione della legge sul diritto d’autore vigente in tale stato fin dal momento in
cui il disegno o modello è stato creato o stabilito in una qualsiasi forma». La
disposizione aggiunge che «ciascuno stato membro determina l’estensione della
protezione e le condizioni alle quali essa è concessa, compreso il grado di originalità
che il disegno o modello deve possedere»266. La scelta della direttiva a favore della
264
ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 676;
GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, I, UTET, Torino, 1974, 78 ss.; GIAN
GUGLIELMETTI, Le invenzioni ed i modelli dopo la riforma del 1979, UTET, Torino, 1982, 108; MANGINI,
Invenzioni industriali. Modelli di utilità e disegni ornamentali, in SCIALOJA e BRANCA, Commentario al
codice civile, Zanichelli-Foro italiano, Bologna-Roma, 1987, 185 ss.; AUTERI, Industrial design, in
CARNEVALI, Diz. dir. priv., vol. 3, Giuffrè, Milano, 1981, 577; SARTI, La tutela dell’estetica del prodotto
industriale, Giuffrè, Milano, 1990, 9; FABIANI, La «Chaise-longue» di Le Corbusier, in IDA 1989, 456;
ID., Ancora su disegno e modello ornamentale ed opera dell’arte applicata, in IDA 1991, 70. In
giurisprudenza: Cass. 7 dicembre 1994 n. 10516, in AIDA 1995, 304 e in IDI 1995; Cass. 91/2035; Cass.
90/7077; App. Firenze, 4 febbraio 1989, in IDA 1989, 444; Trib. Como, 12 febbraio 1996, in AIDA 1997,
457; Trib. Firenze, 20 ottobre 1988, in IDA 1989, 455; Trib. Milano, 12 giugno 1980, in IDA 1980, 395.
265
AULETTA, Delle invenzioni, in SCIALOJA e BRANCA, Commentario al codice civile,
Zanichelli-Il Foro Italiano, Bologna-Roma, 1987, 120; BENUSSI, La tutela del disegno industriale
problemi e prospettive, Giuffrè, Milano, 1975, 153; ARE, L’oggetto del diritto d’autore, Milano, Giuffrè,
1963, 452; DI CATALDO, L’imitazione servile, Giuffrè, Milano, 1979, 129 ss.. In giurisprudenza: Trib.
Bologna, 16 aprile 1997, in AIDA 1997, 527; Trib. Milano, 24 aprile 1980, in IDA 1982, 49.
266
Ciò significa che ciascuno stato, in sede di recepimento della direttiva, può legittimamente
prevedere sia i criteri di accesso alla tutela sia i limiti all’estensione della protezione d’autore. Tra i primi
la direttiva annovera il grado di originalità che il disegno o modello deve possedere. Tuttavia, parte della
dottrina ritiene che i legislatori non possono richiedere un grado di originalità così elevato da essere in
concreto irraggiungibile per la forma dei prodotti industriali, quali le creazioni del design. Ciò si porrebbe
in contrasto con il contenuto e lo scopo della direttiva, ancorché sia conforme al suo dettato normativo. I
legislatori possono prevedere requisiti ulteriori all’originalità mentre, per tutti gli altri aspetti, si applicano
i principi generali del diritto d’autore validi per le altre categorie di opere dell’ingegno. Il legislatore
comunitario, attraverso la direttiva, richiede dunque ai singoli stati membri di riconoscere la protezione
del diritto d’autore vigente e, allo stesso tempo, vieta loro di costruire un diritto d’autore sui generis,
specificamente pensato per le opere del design, diverso da quello applicabile alle altre opere dell’ingegno.
La direttiva, in accordo con le finalità del Trattato CE di creare un mercato comune, mira a
realizzare una prima armonizzazione delle norme sul diritto d’autore relative alle opere del disegno
industriale, uniformando le differenti legislazioni europee in materia di design. Questo obbiettivo limita la
possibilità che gli stati membri disciplinino come credono il contenuto del diritto d’autore sul design o
subordinino lo stesso all’assolvimento di fattispecie costitutive. Infatti, se ai legislatori nazionali fosse
lasciata una così ampia libertà diverrebbe allora inutile imporre agli stati membri l’applicazione del diritto
d’autore alle opere del design. Questa possibilità equivarrebbe alla libertà degli stati di chiamare
protezione d’autore una disciplina che non presenta le caratteristiche fondamentali proprie di tale diritto.
Inoltre, il dettato normativo circoscrive l’ambito dell’intervento degli stati all’estensione della protezione
81
protezione del design anche tramite il diritto d’autore si ritrova nel regolamento
comunitario 02/6267. Ne consegue che il legislatore comunitario ammette il design a
godere della protezione d’autore alle condizioni stabilite da ciascuno stato membro e
che tale tutela si cumuli con quella prevista dalla disciplina sui disegni e modelli268.
L’art. 17 della direttiva CE 98/71 è stato attuato in Italia dall’art. 22 del d. lgs.
95/2001. Tale disposizione ha introdotto l’art. 2, co. 1, n. 10, secondo cui sono oggetto
di protezione ai sensi della legge sul diritto d’autore «le opere del disegno industriale
che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico» e, allo stesso tempo, ha
abrogato l’inciso finale dell’art. 2, co. 1, n. 4, secondo cui sono comprese nella
protezione «le opere delle arti figurative, anche se applicate all’industria, in cui il loro
valore artistico è scindibile dal carattere industriale del prodotto al quale erano
associate»269. La modifica normativa ha rimosso il divieto di cumulo tra la protezione
offerta dal cpi e quella prevista dalla l.a. ed ha ampliato l’accesso alla tutela d’autore
delle opere del design, in precedenza subordinato alla scindibilità del valore artistico dal
carattere industriale270. Per effetto delle modifiche apportate dal d. lgs. le creazioni del
disegno industriale dotate di carattere creativo e di valore artistico costituiscono
un’autonoma categoria di opere proteggibili dalla l.a., nella quale sono compresi sia i
disegni e modelli bidimensionali e tridimensionali precedentemente ritenuti scindibili,
e alle condizioni alla quali essa è concessa, compreso il grado di originalità. Ciò sarebbe assolutamente
superfluo se gli stati fossero completamente liberi di disciplinare il contenuto del diritto d’autore sui
disegni e modelli.
Nonostante queste limitazioni, parte della dottrina (GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno
industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 59 ss.) ritiene che
l’obbiettivo perseguito dalla direttiva non sia stato raggiunto a causa della generalità del dettato
normativo dell’articolo 17. Tale norma, infatti, non soltanto legittima ciascuno stato ad introdurre nel
proprio ordinamento requisiti di protezione per le opere di design del tutto particolari rispetto a quelli
generalmente richiesti per le altre opere dell’ingegno, ma nello stesso tempo consente che vengano fissate
o mantenute condizioni di accesso alla tutela del diritto d’autore per le opere di design diverse da stato a
stato, con la conseguenza che le singole opere saranno valute meritevoli di protezione in modo differente
nei vari ordinamenti nazionali. Sebbene la direttiva 98/71 sui disegni e sui modelli non poteva essere
l’occasione per un’armonizzazione completa delle legislazioni dei paesi membri in materia di diritto
d’autore così profondamente diverse tra loro, essa avrebbe potuto realizzare una prima embrionale
armonizzazione della protezione in materia di design, definendo almeno il requisito o i requisiti che tali
opere devono possedere per accedere a tale protezione. In tal modo si sarebbe fornito agli stati un punto di
riferimento comune su cui modellare il regime di protezione offerto dal diritto d’autore.
267
L’art. 96 del regolamento prevede, infatti, che i disegni e modelli protetti in quanto tali da
un disegno o modello comunitario sono altresì ammessi beneficiare della protezione della legge sul diritto
d’autore vigente negli stati membri fin dal momento in cui il disegno o modello è stato ideato o stabilito
in qualsiasi forma.
268
MANGINI, Manuale breve di diritto industriale, CEDAM, Padova, 2001, 75; SENA, in Riv.
dir. ind. 2001, III, 65 ss.
269
SARTI, La tutela dell’estetica del prodotto industriale, Giuffrè, Milano, 1990, 3 ss.; MAYR,
nota a Cass. 7 dicembre 1994 n. 10516, in AIDA 1995, 304. In giurisprudenza: Trib. Venezia, 1 ottobre
2007, in AIDA 2009, 1270.
270
Prima dell’attuazione della direttiva alcuni autori affermavano che il legislatore nazionale
non avesse l’obbligo di abrogare il criterio della scindibilità e consentire il cumulo della tutela d’autore
con la privativa sui disegni e modelli. Questa posizione era tuttavia criticata da altra parte della dottrina
che, viceversa, sosteneva l’esistenza di un obbligo in tal senso (RAPISARDI, Contro il cumulo delle
protezioni, in IDI 1994, 567; MAGELLI, La tutela del design: prospettive comunitarie, ivi 1997, 67;
FITTANTE, La tutela giuridica dell’industrial design: il recepimento della direttiva 98/71/CE, ivi 2001, 10.
In senso contrario: AUTERI, La tutela del design col diritto d’autore nelle proposte CE, in IDI 1995, 978;
MONDINI, La direttiva comunitaria sulla protezione giuridica di disegni e modelli, in Nuove leggi civ.
comm. 1999, 1005.
82
sia le opere del disegno industriale un tempo escluse dalla protezione in quanto prive di
tale carattere271. Inoltre, la previsione del cumulo tra la tutela d’autore e la privativa
prevista dal cpi, fa sì che l’avente diritto possa scegliere se avvalersi dell’una o
dell’altra forma di protezione, ovvero di entrambe, allorché siano soddisfatti i relativi
requisiti di tutela272.
Parte della dottrina273 ritiene che l’art. 2, n. 10, l.a. si applichi a tutte le opere
bidimensionali e tridimensionali costituite dalla forma di un manufatto artigianale od
industriale. Di contro, altri autori274 affermano che soltanto le opere in cui estetica e
funzione si compenetrano, come quelle del design, sono tutelate ai sensi dell’art. 2, n.
10, l.a.; mentre, le forme dotate di valenza estetica ma non funzionali rientrano nella
categoria delle arti figurative e sono dunque protette ai sensi dell’art. 2, n. 4 l.a.275
271
SPADA, Industrial design e opere d’arte applicate all’industria, in Riv. dir. civ. 2002, 268
ss..; Trib. Venezia 4 febbraio 2004, in AIDA 2005, 1032.
272
AUTERI, La futura disciplina europea del design fra tutela del diritto d’autore e repressione
della concorrenza sleale, in Contr. impr. eur. 1998, 236 e 239; FABIANI, Rivoluzione nella protezione
dell’arte applicata e del disegno industriale, in IDA 2001, 186; SPADA, Industrial Design e Opere d’Arte
Applicata all’industria (dialogo tra Paolo Spada e Paolo Auteri commentato da Gustavo Ghidini), in Riv.
dir. civ. 2002, II, 267 ss.; GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione
e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 119 ss.
273
SPADA, Industrial Design e Opere d’Arte Applicata all’industria (dialogo tra Paolo Spada e
Paolo Auteri commentato da Gustavo Ghidini), in Riv. dir. civ. 2002, II, 268 ss; Trib. Venezia, 4 febbraio
2004, in AIDA 2005, 1032.
274
SANNA, La tutela della forma (solo) estetica del prodotto, nota a Trib. Venezia, 6 dicembre
2005, in AIDA 2006, 1107. In giurisprudenza: Trib. Venezia 6 dicembre 2005, in AIDA 2006, 1107 (questa
decisione ha stabilito che un lampadario di vetro fabbricato secondo lo stile tradizionale di Murano
costituisce una creazione dell’arte figurativa protetta ex art. 2, n. 4, l.a. e, viceversa, non rientra nella
categoria delle opere del disegno industriale, protette ai sensi dell’art. 2, n. 10, l.a.).
275
Secondo l’illustre autore, questa tesi sarebbe avvalorata da una serie di elementi.
Innanzitutto, già nel periodo precedente alla novella, la dottrina (AUTERI, Industrial design, in
CARNEVALI, Diz. dir. priv., vol. 3, Giuffrè, Milano, 1981, 567) concordava nel ritenere che l’industrial
design rientrasse in linea di principio fra le opere dell’ingegno, ma la maggior parte degli autori ne
escludeva la tutela d’autore, ritenendo che essa potesse ostacolare in modo eccessivo la libertà di azione
delle imprese nella progettazione di nuovi prodotti (in questo senso PIOLA CASELLI, L’allacciamento
della protezione dell’arte industriale con la protezione del diritto d’autore, in IDA 1940, 20; ASCARELLI,
Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 677; BONASI BENUCCI, La tutela
della forma del prodotto industriale, Giuffrè, Milano, 1963, 261; BENUSSI, La tutela del disegno
industriale problemi e prospettive, Giuffrè, Milano, 1975, 183 ss.; ROTONDI, Un progetto di legge tipo per
brevetti, modelli e marchi e proposta di una legge tipo in materia di diritto d’autore, in IDA 1977, 107;
FRANCESCHELLI REMO, Disegni e modelli ornamentali, in IDA 1978, 94; DI CATALDO, L’imitazione
servile, Giuffrè, Milano, 1979, 129 ss.; FLORIDIA, Invenzioni e modelli, evoluzione della legislazione
nazionale, in Riv. dir. ind 1985, I, 97; AUTERI, Industrial design, in CARNEVALI, Diz. dir. priv., vol. 3,
Giuffrè, Milano, 1981, 572; FABIANI, Opera d’arte applicata e modello o disegno ornamentale, in IDA
1992, 291)
In secondo luogo, la nozione di disegno industriale così intesa, è confermata dalla storia
recente della disciplina d’autore del disegno industriale. Esso compare per la prima volta nel d.l. 23
ottobre 1996 n. 545. L’art. 58, co. 1, disponeva che il diritto d’autore di opere del disegno industriale è
ricompreso tra quelli tutelati della legge 22 aprile 1941, n. 633. In tal modo, la norma introduceva il
disegno industriale come categoria autonoma nel catalogo delle creazioni tutelate dal diritto d’autore e
lasciava inalterato l’art. 2, n. 4, l.a. Ne discende che le opere del disegno industriale costituivano un
genere distinto da quelle dell’arte applicata all’industria. Nel contesto del d.l. 545/1996 esse venivano
intese come le opere che fondevano aspetti estetici e funzionali. Nel 1998 il legislatore comunitario ha
emanato la direttiva CE 15 ottobre n. 98/71. L’art. 17 prevede che i disegni e modelli protetti come
disegni o modelli registrati in uno stato membro o con effetti nel medesimo sono ammessi a beneficiare
altresì della protezione del diritto d’autore vigente in tale stato. All’uopo gli stati membri possono
stabilire i requisiti di accesso alla tutela, quale il grado di originalità. La direttiva, come già ricordato, è
83
La dottrina ritiene che la riproducibilità su larga scala ed in serie di tali opere
non costituisca un ostacolo alla riconoscibilità della protezione d’autore. Ciò si desume
innanzitutto dal richiamo contenuto nell’art. 2, n. 10, l.a. ai prodotti industriali, che
allude quindi alla produzione in serie. In secondo luogo, l’interpretazione opposta
equivarrebbe a negare di fatto alle opere del design la tutela d’autore, ciò in netto
contrasto sia con lo spirito e la lettera della direttiva CE 98/71 che con il principio di
parità di trattamento sancito dall’art. 3 della costituzione. Sono molte, infatti, le
creazioni riproducibili in modo seriale e su larga scala che beneficiano della protezione
offerta dal diritto d’autore. Si pensi, ad esempio alle fotografie, alle opere della scultura
ricavabili da uno stesso stampo, alle litografie e a tutte le opere edite a stampa. In terzo
stato attuata con il d. lgs. 95/2001 che ha introdotto l’art. 2, n. 10, ammettendo alla tutela d’autore le
opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico. Il riferimento
dell’art. 2, n. 10, non si ritrova espressamente nella direttiva. La dottrina ritiene che il legislatore italiano
abbia voluto riprendere la nozione di disegno industriale dalla disciplina previgente per ragioni di
continuità con la propria tradizione legislativa e culturale ed è perciò ragionevole presumere che la
nozione sia la medesima.
Il terzo elemento è l’appartenenza del design alle opere utili. Esso si ricava dall’introduzione
nella l.a. dell’art. 12 ter, che prevede l’attribuzione al datore di lavoro dei diritti di sfruttamento
economico delle opere del design realizzate dal dipendente nell’esercizio delle sue mansioni. Questa
previsione ripete quella contenuta nell’art. 12 bis relativa ai programmi per il software e alle banche dati.
Dal momento che l’introduzione dell’art. 12 ter non era imposta dalla direttiva, la scelta in tal senso
effettuata dal legislatore, lascia presumere che egli abbia voluto ricondurre il design alla categoria delle
opere utili, quali il software e le banche dati, e prevedere una disciplina per quanto possibile unitaria di
tali opere. L’introduzione dell’art. 12 ter segna in modo ancora più netto la differenza tra il design e le
creazioni appartenenti alle arti figurative. Queste ultime, infatti, non possono essere ricondotte alla
categoria delle opere utili, e dunque essere assoggettate alla relativa disciplina, né il legislatore ha
appositamente previsto disposizioni che avessero il medesimo contenuto.
Infine, questa tesi sarebbe confortata dalla specialità della disciplina delle opere del disegno
industriale, sia per quanto attiene ai requisiti di tutela, sia in merito alla durata della protezione. L’art. 2, n.
10, l.a. prevede infatti che le opere del disegno industriale sono protette dal diritto d’autore soltanto
«quando presentino di per sé carattere creativo e valore artistico». L’introduzione del requisito del valore
artistico deroga ai principi generali, secondo cui un’opera dell’ingegno è tutelata indipendentemente da
qualsiasi valutazione attinente al merito. A sua volta, l’art. 44 cpi dispone che «i diritti di utilizzazione
economica dei disegni e modelli protetti ai sensi dell’art. 2, co. 1, n. 10, l.a. durano tutta la vita dell’autore
e fino al termine del venticinquesimo anno solare dopo la sua morte o dopo la morte dell’ultimo dei
coautori». Questa previsione contrasta con la regola generale dell’art. 25 l.a., secondo cui i diritti di
utilizzazione economica dell’opera dell’ingegno durano per tutta la vita dell’autore e fino al termine del
settantesimo anno solare dopo la sua morte. Tuttavia, è opportuno anticipare fin da ora che a seguito della
novella del 2007, la quale ha novellato l’art. 44 cpi, la durata della tutela delle creazioni del disegno
industriale è stata parificata a quella delle altre opere dell’ingegno. La disciplina speciale si spiega alla
luce di un esigenza di tutela della concorrenza. Le opere del disegno industriale si caratterizzano, infatti,
per combinare gli aspetti estetici e funzionali di un prodotto. Di qui la preoccupazione del legislatore, che
l’attribuzione di un monopolio di lunga durata sulle forme funzionali potesse provocare effetti
anticompetitivi sul mercato. Per sopperire a tale evenienza si è così deciso di limitare il numero di opere
che possono accedere alla tutela, mediante l’introduzione del filtro del valore artistico, e di prevedere una
durata della protezione minore rispetto a quella riservata alle altre opere dell’ingegno. Di contro, queste
preoccupazioni non si rinvengono con riferimento alle opere delle arti figurative, proprio perché queste
ultime per definizione non hanno una forma estetica dotata di utilità nuove. Pertanto non vi è ragione di
estendere anche a queste opere la disciplina speciale del design.
Questa interpretazione comporta alcuni corollari. Il primo riguarda i requisiti di protezione: le
opere dell’arte figurativa sono protette in presenza del carattere creativo, che è il requisito generale di
tutela di tutte le opere dell’ingegno, senza che sia necessario giudicare il loro valore artistico, che deve
invece sussistere per le opere del disegno industriale. Il secondo concerne la diversa durata della
protezione ed è quindi stato superato a seguito della novella del 2007. Il terzo corollario attiene alla
disciplina transitoria, che verrà affrontata nel paragrafo conclusivo del presente capitolo.
84
luogo, la moltiplicazione in copie di un’opera, in qualunque forma e modo, rappresenta
una delle facoltà esclusive riservate all’autore dall’art. 13 l.a.276 Ciò nonostante, non
sono mancate in giurisprudenza pronunce che escludono la tutela d’autore dell’opera
riproducibile in modo seriale277.
L’art. 2, n. 10, l.a. stabilisce che sono ammesse a beneficiare della protezione
offerta dal diritto d’autore soltanto le opere del disegno industriale che siano in possesso
dei requisiti del carattere creativo e del valore artistico.
Il richiamo alla creatività non genera particolari problemi all’interprete dal
momento che non si discosta dal medesimo requisito richiesto alle altre opere
dell’ingegno per accedere alla tutela d’autore278. In particolare, la dottrina e la
giurisprudenza concordano nel ritenere che il carattere creativo ricorre ogniqualvolta ci
si trovi di fronte ad una personale rielaborazione dell’autore, avente eventualmente ad
oggetto anche un tema noto279. Nel caso280 deciso dal tribunale di Venezia il 19 ottobre
2007, relativo alla proteggibilità mediante il diritto d’autore di tre ciondoli realizzati in
omaggio rispettivamente a Picasso, Mirò e Modigliani, il collegio ha affermato che
l’apporto creativo consiste nella personale rielaborazione di alcuni caratteri tipici
dell’arte dei tre grandi pittori. L’autore, infatti, non si limita a trasferire nei propri
gioielli particolari di opere d’arte storicamente esistenti, bensì individua delle linee
fondamentali nell’opera di ciascun artista o di un loro particolare periodo e le ripropone
in maniera personale nei propri ciondoli. In Omaggio a Picasso vengono riproposti gli
elementi tipici della produzione cubista dell’artista, in Omaggio a Mirò l’accostamento
dei colori accesi e le linee curve e chiuse, in Omaggio a Modigliani, la forma allungata
e stilizzata del viso femminile e dei singoli particolari della fisionomia, come il naso o
la bocca. In un secondo caso giurisprudenziale281, avente ad oggetto la gondola del
maestro Tagliapietra, il tribunale di Venezia individua l’apporto creativo nella personale
rivisitazione del tema della gondola. L’autore rilegge la forma della tradizionale
imbarcazione veneziana, rendendola stilizzata ed essenziale.
276
BONELLI, Industrial design e tutela di diritto d’autore, in IDA 2003, 507; GUIZZARDI, La
tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano,
2005, 76; GRECO e VERCELLONE, Le invenzioni e i modelli industriali, UTET, Torino, 1968, 401. In
giurisprudenza: Trib. Venezia, 19 ottobre 2007, in AIDA 09, 511 ss.; Trib. Milano, ordinanza 28 novembre
2006, in AIDA 2007, 1180.
277
Trib. Monza, ord. 16 luglio 2002, in IDI 2003, 55.
278
FABIANI, Rivoluzione nella protezione dell’arte applicata e del disegno industriale, in IDA
2001, 183 e 188; DALLE VEDOVE, Dal modello ornamentale all’industrial design, in IDA 2001, 334;
AUTERI, Industrial design, in CARNEVALI, Diz. dir. priv., vol. 3, Giuffrè, Milano, 1981, 276; ID., La futura
disciplina europea del design fra tutela del diritto d’autore e repressione della concorrenza sleale, in
Contr. impr. eur. 1998, 229 e 276; DI CATALDO, Dai vecchi «disegni e modelli ornamentali» ai nuovi
«disegni e modelli»-I requisiti di proteggibilità secondo il nuovo regime, in Eur. dir. priv. 2002, 61 e 80;
SENA, La diversa funzione e i diversi modelli di tutela della forma del prodotto, in Riv. dir. ind. 2002, I,
580; VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffrè, Milano, 2009, 6 ed., 521. In
giurisprudenza: Trib. Milano, ord. 30 novembre 2004, in AIDA 2005, 1052.
279
FRASSI, Creazioni utili e diritto d’autore, Giuffrè, Milano, 1997, 88 e 95. In giurisprudenza:
Tribunale di Venezia 19 ottobre 2007, in AIDA 2009, 1271; Trib. Venezia 1 ottobre 2007, in AIDA 2009,
1270; Trib. Roma 26 marzo 2008, in AIDA 2009, 1288; trib. Milano, 10 febbraio 2007, in AIDA 2008, s.
n. 859; Trib. Venezia 6 dicembre 2005, in AIDA 2006, 1107; Trib. Milano 29 marzo 2005, in AIDA 2005,
1064; Trib. Milano, ord. 30 novembre 2004, in AIDA 2005, 1052; Trib. Monza, ord. 16 luglio 2002, in
AIDA 2004, 966.
280
Trib. Venezia, 19 ottobre 2007, in AIDA 2009, 1271.
281
Trib. Venezia, 1 ottobre 2007, in AIDA 2009, 1270.
85
Perché il requisito del carattere creativo sia soddisfatto è sufficiente che l’opera
presenti un contenuto anche minimo di originalità, mentre non è richiesto un elevato
livello di creatività282. Nella sentenza pronunciata il 13 febbraio 2008283, il tribunale di
Venezia ha affermato che il carattere creativo sussiste ogniqualvolta ci si trovi di fronte
ad una «personale elaborazione dell’autore, capace di esprimere un grado anche
modesto di originalità, ed eventualmente anche in caso di una personale rielaborazione
di un tema già noto». Nel caso di specie il collegio afferma che, sebbene la collezione
Thun si occupasse di soggetti già diffusi nel mercato dell’oggettistica, la possibilità di
riconoscere in ciascun pezzo della collezione l’impronta unitaria ed originale del suo
autore, soddisfa il requisito del carattere creativo, e ciò a prescindere dal grado più o
meno elevato di originalità284.
Inoltre, la dottrina e la giurisprudenza285 concordano nel ritenere che tale
requisito non coincide con il carattere individuale che i disegni e modelli devono
presentare per poter accedere alla protezione offerta dal cpi. Infatti, mentre il carattere
individuale seleziona le forme di prodotti che colpiscono l’attenzione del consumatore
perché non comuni sul mercato, il carattere creativo premia le forme che sono
apprezzate dal pubblico perché costituiscono una personale rappresentazione
dell’autore. L’accertamento della sussistenza del carattere individuale richiede quindi
che il disegno o modello presenti un elemento o una combinazione di elementi formali
tali da suscitare nell’utilizzatore una sensazione di dissomiglianza rispetto a ciascuna
delle anteriorità rilevanti. La tutela d’autore, invece, è concessa alle opere del disegno
industriale che sono caratterizzate dall’impronta personale del loro autore, ravvisabile
«in presenza di varianti formali rispetto alle opere già note»286.
Come abbiamo già anticipato, l’ulteriore requisito del valore artistico è stato
introdotto dal d. lgs. 95/2001 con riferimento alle sole opere del disegno industriale. Ciò
ha suscitato molti dubbi in dottrina sia in merito all’opportunità di subordinare la tutela
282
GIAN GUGLIELMETTI, Imitazione servile di prodotto non brevettato o il cui brevetto per
modello ornamentale sia venuto meno, in Riv. dir. ind. 1957, II, 139 e 185 ss.; ASCARELLI, Teoria della
concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 1960, 676; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle
opere d’ingegno, in VASSALLI, Trattato di diritto civile italiano, XI, UTET, Torino, 1974, 78 ss.; FABIANI,
La «Chaise-longue» di Le Corbusier, in IDA 1989, 209; AUTERI, Industrial design, in CARNEVALI, Diz.
dir. priv., vol. 3, Giuffrè, Milano, 1981, 577; SARTI, La tutela dell’estetica del prodotto industriale,
Giuffrè, Milano, 1990, 9; FABIANI, Ancora su disegno e modello ornamentale ed opera d’arte applicata,
in IDA 1991, 70. In giurisprudenza: Cass. 7 dicembre 1994 n. 10516, in AIDA 1995, 304; Cass. 5 luglio
1990 n. 7077, in Giur. It. 1990, I, 91 e in GADI 1990, 2474; App. Firenze, 4 febbraio 1989, in IDA 1989,
444; Trib. Venezia, ord. 13 febbraio 2008, in AIDA 1285; Trib. Venezia 6 dicembre 2005, in AIDA 2006,
1107; Trib. Bologna, ord. 3 agosto 2004, in AIDA 2005, 1043; Trib. Como, ord. 12 febbraio 1996, in
AIDA 1997, 457; Trib. Firenze, 20 ottobre 1988, in IDA 1989, 455; Trib. Milano, 12 giugno 1980, in IDA
1980, 395.
283
Trib. Venezia, 13 febbraio 2008, in AIDA 2009, 1285.
284
La società ricorrente Thun aveva chiesto il sequestro e l’inibitoria alla produzione e
commercializzazione di alcuni prodotti della concorrente società Egan, lamentando che tali attività
rappresentavano una violazione delle sue creazioni protette dal diritto d’autore. Il collegio ha riconosciuto
l’esistenza del carattere creativo ma non anche del valore artistico, rigettando il ricorso presentato dalla
Thun.
285
AUTERI, Industrial design, in CARNEVALI, Diz. dir. priv., vol. 3, Giuffrè, Milano, 1981, 577;
SARTI, Il sistema di protezione comunitario dei disegni e modelli industriali, in Contr. impr. Eur. 1999,
751; SANNA, sub art. 5 ter, in L.C.UBERTAZZI, Commentario breve al diritto della concorrenza, CEDAM,
Padova, 2003, 1079. In giurisprudenza: Trib. Milano, 29 marzo 2005, in AIDA 2005, 1064; Trib. Torino,
ord. 17 dicembre 2004, in AIDA 2005, 1055;
286
Trib. Milano, 29 marzo 2005, in AIDA 2005, 1064.
86
d’autore a valutazioni attinenti al merito artistico, sia in ordine alla legittimità
costituzionale dell’art. 2, n. 10, nella parte in cui prevede tale criterio. Il requisito del
valore artistico ha, infatti, l’effetto di introdurre un test soggettivo di valutazione delle
opere che si pone in netto contrasto con il principio secondo cui le creazioni
dell’ingegno sono protette a prescindere dalle valutazioni sul merito artistico, e ciò a
salvaguardia della libertà di pensiero e di espressione artistica287. Sotto il secondo
profilo, la disposizione in questione sarebbe costituzionalmente illegittima, nella parte
in cui stabilisce che le opere del design devono presentare un particolare valore artistico
per accedere alla tutela d’autore, perché in contrasto con gli artt. 3 e 35 della Cost.288
Tale requisito creerebbe, infatti, una ingiustificata disparità di trattamento tra gli autori
delle creazioni del design e quelli delle altre opere aventi applicazione industriale,
violando così il principio di uguaglianza sostanziale sancito dall’art. 3 della Cost. A sua
volta, l’art. 35 ha ad oggetto la tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni,
che mal si concilia con l’introduzione di una valutazione di merito sull’opera. Tuttavia,
parte della dottrina e della giurisprudenza289 ritengono che il carattere discriminatorio
del valore artistico sia giustificato dall’esigenza di salvaguardare la concorrenza del
mercato, attesa la natura peculiare delle creazioni del design. Tali opere, infatti,
contemperano valore estetici e funzionali, con la conseguenza che l’attribuzione di un
monopolio di lunga durata sulle forme utili creerebbe effetti anticompetitivi per il
287
FABIANI, Rivoluzione nella protezione dell’arte applicata e del disegno industriale, in IDA
2001, 189; GHIDINI, Profili evolutivi del diritto industriale, Giuffrè, Milano, 2001, 103 ss.; P. GALLI, sub
art. 1 l.a., in L.C. UBERTAZZI, Commentario breve al diritto della concorrenza, CEDAM, Padova, 2004.
288
GHIDINI, Profili evolutivi del diritto industriale, Giuffrè, Milano, 2001, 103; GUIZZARDI, La
tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffè, Milano,
2005, 68 ss.; MINERVINI, Modificazioni alla legge 22 aprile 1941, n. 633 ed al codice civile per la
protezione del diritto d’autore sulle opere del disegno industriale, in IDA 1984, 242.
289
DI CATALDO, SARTI e SPOLIDORO, Riflessioni critiche sul Libro Verde della Commissione
delle Comunità europee sulla tutela giuridica del disegno industriale, in Riv. dir. ind. 1993, I, 54 ss;
RAPISARDI, Contro il cumulo delle protezioni, in IDI 1994, 97; AUTERI, Industrial design, in CARNEVALI,
Diz. dir. priv., vol. 3, Giuffrè, Milano, 1981, 245 ss.; MONDINI, La direttiva comunitaria sulla protezione
giuridica di disegni e modelli, in Nuove leggi civ. comm. 1999, 1005, AUTERI, Industrial Design e Opere
d’Arte Applicata all’Industria (dialogo tra Paolo Spada e Paolo Auteri commentato da Gustavo Ghidini),
in Riv. dir. civ. 2002, II, 275; VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffrè, Milano,
2009, 6 ed., 521. In giurisprudenza: Tribunale di Venezia 19 ottobre 2007, in AIDA 2009, 1271; Trib.
Venezia 1 ottobre 2007, in AIDA 2009, 1270; Trib. Venezia 13 febbraio 2008, in AIDA 2009, 1285; Trib.
Bari, ordinanza 27 ottobre 2003, in AIDA 2005, 1028; Trib. Milano, ord. 30 novembre 2004, in AIDA
2005, 1052; Trib. Bologna, ord. 3 agosto 2004, in AIDA 2005, 1043; Trib. Venezia, ord. 4 febbraio 2004,
in AIDA 2005, 1032; Trib. Firenze, 6 agosto 2003, cit.; Trib. Monza, ord. 16 luglio 2002, cit.; Trib.
Monza, ord. 23 aprile 2002, cit.
Nelle due sentenze del 19 ottobre 2007 (in AIDA 2009, 1271) e del 1 ottobre 2007 (in AIDA
2009, 1270) il tribunale di Venezia difende la legittimità della scelta relativa all’introduzione di un
requisito ulteriore per le opere del disegno industriale; tuttavia, aggiunge che il valore artistico deve
essere rapportato alla natura dell’opera del design ed ai limiti alla concorrenza che questa può
determinare, nel senso che il grado di tutela richiesto dovrà essere sempre più rigoroso al crescere degli
effetti anticoncorrenziali ed attenuarsi parallelamente alla diminuzione della limitazione alla concorrenza.
Ne consegue che «quando un prodotto non presenta specifiche valenze funzionali e può essere realizzato
in forme pressoché infinite, il criterio del valore artistico può essere riconosciuto valorizzando il gradiente
estetico ma senza che lo stesso necessiti di particolari definizioni». Così nella prima decisione richiamata
il collegio ha ritenuto sufficiente la spiccata gradevolezza con cui il linguaggio di Picasso, Mirò e
Modigliani è stato trasfuso nei gioielli, e nel secondo caso ha ammesso la gondola del maestro
Tagliapietra a beneficiare della tutela d’autore per la particolare gradevolezza con cui è stata resa la
rivisitazione moderna e personale del tema della tradizionale imbarcazione veneziana.
87
mercato. Donde la ragionevolezza della scelta di circoscrivere la protezione alle sole
opere del disegno industriale che superino un giudizio di meritevolezza.
Risolto il problema dell’ammissibilità del requisito del valore artistico, rimane
tuttavia aperto il problema del contenuto di questo particolare carattere. Il legislatore,
infatti, non chiarisce il significato dell’espressione «valore artistico», aprendo così il
campo alla dottrina che ne ha elaborato diverse interpretazioni290.
Il primo orientamento291 propone di valutare se l’opera del disegno industriale
di cui si chiede protezione presenti un livello di creatività maggiore rispetto ai disegni e
modelli comunemente in commercio. Parte della dottrina e della giurisprudenza
suggeriva di apprezzare il valore artistico a seconda della capacità dell’opera di
suscitare emozioni estetiche più elevate rispetto ai semplici articoli industriali. Nella
sentenza pronunciata il 29 marzo 2005292, il tribunale di Milano ha affermato che il
valore artistico non è un dato oggettivo bensì «l’espressione di un momento
comunicativo emozionale, è quel contenuto di suggestione in più che l’artista riesce a
trasmettere in chi viene a contatto con la sua opera». Nel caso di specie il collegio ha
stabilito che il modello di orologio in questione fosse privo di tale requisito perché la
sua forma non era capace di trasmettere alcuna suggestione particolare. Esso presentava
un quadrante quadrangolare con al centro una forma di cerchio e un cinturino
asimmetrico. In merito il tribunale ha ritenuto che «la combinazione di due forme
geometriche appare come una semplice idea nuova applicata ad un elemento (il
quadrante) che mantiene la sua funzione di comunicare l’orario di una giornata;
l’asimmetria del cinturino non suscita particolare emozione, essendo compensata dallo
sviluppo a spirale e restando parzialmente nascosta dal giro del polso». In un secondo
caso giurisprudenziale293, il tribunale di Venezia ha stabilito che il valore artistico
richiesto per la tutela delle opere del design va valutato in base alle «emozioni che esse
sono in grado di trasmettere all’osservatore e ricorre nelle creazioni che evidenziano una
personale rielaborazione ed un originale ricordo dei pittori cui le opere si ispirano». Nel
caso di specie si trattava di una serie di ciondoli, realizzati dalla signora Martini, in
omaggio rispettivamente a Picasso, Mirò e Modigliani. Il collegio ha ritenuto che i
gioielli in questione presentino un carattere peculiare, anche in relazione alla forma ad
essi conferita in grado di suscitare particolari emozioni, e possiedano quindi una
creatività tale da renderli tutelabili come opere dell’ingegno.
Questo criterio non era però condiviso dalla dottrina e giurisprudenza
prevalenti, le quali proponevano di accertare la maggiore creatività dell’opera attraverso
criteri oggettivi e non con un giudizio di merito. Al riguardo, una prima interpretazione
propone di valutare se l’opera del design abbia «carattere creativo e caratteristiche
individuali in misura così spiccata da poter essere apprezzata dal pubblico sul piano
290
SANNA, sub Introduzione artt. 31-34 cpi, in L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi
su proprietà intellettuale e concorrenza, 4 ed., CEDAM, Padova, 2007, 346 ss; GIUDICI, La protezione
giuridica dei disegni e dei modelli, in Riv. dir. ind. 2001, III, 63; GALLI, L’attuazione della direttiva
comunitaria sulla protezione di disegni e modelli, in Nuove leggi civ. comm. 2001, 893.
291
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale, proprietà intellettuale e
concorrenza, 3 ed., Giappichelli, Torino, 2009, 540 (che definisce il valore artistico come «un particolare
livello creativo»); ID., Industrial Design e Opere d’Arte Applicata all’Industria (dialogo tra Paolo Spada
e Paolo Auteri commentato da Gustavo Ghidini), in Riv. dir. civ. 2002, II, 274; DALLE VEDOVE, Dal
modello ornamentale all’industrial design, in IDA 2001, 234. In giurisprudenza: Trib. Torino, ord. 17
dicembre 2004, in AIDA 2005, 603; Trib. Milano 29 marzo 2005, in AIDA 2005, 1064.
292
Trib. Milano, 29 marzo 2005, in AIDA 2005, 1064.
293
Trib. Venezia, 4 febbraio 2004, in AIDA 2005, 1032.
88
estetico indipendentemente dalle altre caratteristiche o dagli altri pregi del prodotto»294.
Sul punto si sono pronunciate anche alcune recenti sentenze, le quali escludono che il
valore artistico coincida con il carattere creativo o con la semplice gradevolezza
estetica. Nella decisione relativa ai ciondoli realizzati in omaggio a Picasso, Mirò e
Modigliani295, il valore artistico è dato dalla particolare gradevolezza con cui l’autore
trasfonde nei gioielli il linguaggio tipico di questi artisti296. Nel caso della gondola del
maestro Tagliapietra297, il collegio afferma che la spiccata gradevolezza con cui è resa la
rivisitazione moderna e personale della tradizionale imbarcazione veneziana è
sufficiente a soddisfare il requisito del valore artistico. In un altro caso
giurisprudenziale, il Tribunale di Venezia298 esclude dalla protezione d’autore le opere
di Lene Thun affermando che sebbene siano gradevoli e di pregevole fattura tuttavia
non presentano quell’elevato pregio artistico che giustifica l’attribuzione della tutela299.
Nel caso deciso dal tribunale di Monza con l’ordinanza 23 aprile 2002300, il collegio
riconosce il carattere creativo dei mobili in questione (cd. «Le Corbusier») ma non
anche la sussistenza del valore artistico301. Tali opere, infatti, sono state progettate
privilegiando le esigenze funzionali piuttosto che quelle estetiche e non superano la
soglia della semplice gradevolezza estetica, come è invece necessario per riconoscere la
sussistenza del requisito del valore artistico.
Una seconda interpretazione suggerisce di impiegare il criterio del
riconoscimento della storia, derivante da mostre, recensioni, opinioni di esperti a livello
sia nazionale che internazionale, monografie dedicate ed inserimenti in pubblicazioni
specifiche302. La creazione del disegno industriale sarebbe quindi proteggibile soltanto
294
AUTERI, Industrial Design e Opere d’Arte Applicata all’Industria (dialogo tra Paolo Spada
e Paolo Auteri commentato da Gustavo Ghidini), in Riv. dir. civ. 2002, II, 276; SANNA, nota a Trib.
Monza, ord. 23 aprile 2002, in AIDA 2003, 914; ID., nota a Trib. Bologna, ord. 3 agosto 2004, in AIDA
2005, 547 e 647; PANUCCI, La nuova disciplina italiana dell’«industrial design», in IDI 2001, 313 ss.;
FABIANI, Rivoluzione nella protezione dell’arte applicata e del disegno industriale, in IDA 2001, 185 ss.;
DALLE VEDOVE, Dal modello ornamentale all’Industrial design, in IDA 2001, 234; SENA, La diversa
funzione ed i diversi modelli di tutela della forma del prodotto, in Riv. dir. ind. 2002, I, 577 ss.; DI
CATALDO, Dai vecchi «disegni e modelli ornamentali» ai nuovi «disegni e modelli». I requisiti di
proteggibilità secondo il nuovo regime, in Eur. dir. priv. 2002, 82 ss.; FABIANI, La protezione dell’opera
d’arte applicata alla nuova disciplina del disegno industriale, in IDA 2003, 206 ss. In giurisprudenza:
Trib. Bologna, ord. 3 agosto 2004, in AIDA 2005, s. n. 675.
295
Tribunale di Venezia 19 ottobre 2007, in AIDA 2009, 1271.
296
Secondo i giudici, il particolare gradiente estetico è assicurato «dalla felice scelta
nell’accostamento dei colori, dalla capacità di rendere, sempre con il gioco dei colori, la definizione di un
occhio, di un naso o di una bocca ed, infine, dalla peculiare realizzazione del retro di ciascun ciondolo,
contenente una sorta di cassa semivuota chiusa da una stilizzata riproduzione in argento del medesimo
disegno del lato anteriore».
297
Trib. Venezia 1 ottobre 2007, in AIDA 2009, 1270.
298
Trib. Venezia 13 febbraio 2008, in AIDA 2009, 1285.
299
Il collegio ritiene che «il requisito del valore artistico di cui all’art. 2, n. 10, l.a. può essere
riconosciuto solo in presenza di una spiccata valenza estetica dell’opera».
300
Trib. Monza, ord. 23 aprile 2002, in AIDA 2003, 914; sul punto vedi anche Trib. Milano 8
febbraio 2007, in AIDA 2008, s. n. 858 ss.
301
Il carattere creativo di tali mobili è dato dalla originalità della loro forma, soprattutto in
relazione al periodo in cui apparvero sul mercato.
302
VANZETTI e DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffrè, Milano 2009, 6 ed., 521
ss. E in giurisprudenza; Trib. Milano, ord. 15 dicembre 2006, in AIDA 2007, s. n. 1066 ss.; Trib. Torino,
ord. 17 dicembre 2004, in AIDA 2005, 1055; tuttavia Trib. Milano 30 novembre 2004, in AIDA 2005,
1052; Trib. Monza, ord. 16 luglio 2002, in AIDA 2004, 966; Trib. Monza, ord. 23 aprile 2002, in AIDA,
2003, 914.
89
se reputata dalla collettività come meritevole «di quel particolare apprezzamento che
circonda le opere d’arte»303. Nella sentenza del 26 marzo 2008304, il tribunale di Roma
ha affermato che l’espressione valore artistico richiama «un valore estetico peculiare
che rende l’opera apprezzabile dal pubblico indipendentemente dalle altre caratteristiche
del prodotto ed evoca quel particolare apprezzamento collettivo che solitamente
circonda le opere d’arte». Ne consegue che soltanto le opere appartenenti alla fascia alta
del design possono beneficiare della tutela d’autore. Nella specie il collegio ha ritenuto
proteggibile una parure composta da collana ed orecchini in ora bianco, diamanti, zaffiri
colorati e cristalli di rocca, realizzata dal designer Salini Fabio e venduta alla regina di
Giordania. La collana presenterebbe non soltanto un pregio estetico indiscutibile,
considerate la scelta dei motivi ornamentali e dei materiali, la disposizione delle pietre,
l’alternanza dei colori e l’armonia complessiva d’insieme, ma anche una indubbia
originalità rispetto al patrimonio comune delle forme esistenti di preziosi. Inoltre, la
disponibilità del pubblico di pagare prezzi notevolmente più elevati rispetto a quelli di
prodotti pur equivalenti sul piano tecnico-funzionale integra, a parere del collegio, una
forma di indubbio riconoscimento collettivo. Le ragioni che giustificano una lettura così
restrittiva del requisito del valore artistico sarebbero da individuare nell’esigenza di
restringere l’accesso alla tutela per le opere del design, che interessano strettamente il
mercato, onde evitare un monopolio di lunga durata. A sua volta, il tribunale di Milano,
nell’ordinanza 28 novembre 2006305, ha asserito che una creazione del design possiede
valore artistico quando è percepita dalla collettività e dagli ambienti culturali come
un’opera d’arte e che tale considerazione deve essere rilevata nel modo più oggettivo
possibile. Fra i vari criteri, il collegio suggerisce di considerare la circostanza che
l’opera venga esposta nei musei di arte moderna. Il caso di specie ha ad oggetto un
modello di sedia, denominato «Panton Chair», dal nome del designer che l’ha realizzata
Verner Panton. Si tratta di un’opera originale e fortemente innovativa per la sua linea
continua e aerodinamica, per le sue armoniche proporzioni e per la forma assolutamente
nuova rispetto alla concezione della sedia classica. Il collegio ha riconosciuto
l’esistenza del valore artistico osservando come la creazione in questione sia espressiva
dello stile Panton, riconducibile al movimento della pop art, e sia altresì accreditata
Nell’ordinanza 15 dicembre 2006, il Tribunale di Milano ha suggerito che nel giudizio sul
valore artistico dell’opera «è opportuno rilevare nel modo più oggettivo possibile la sua percezione
consolidata nella collettività ed in particolare negli ambienti culturali in senso lato. Ed il valore artistico
dell’opera è testimoniato ad esempio dalla sua inclusione in molti musei importanti di arte
contemporanea». Nell’ordinanza 17 dicembre 2004, il collegio, nel valutare la sussistenza del valore
artistico di una collezione di gioielli, ha valorizzato, come elemento di prova, il premio di design vinto da
quest’ultima. Nella specie si trattava degli orecchini Blue Moon, vincitori del prestigioso premio
Diamond Award International Award nel 1996. Tuttavia, il tribunale di Milano, nell’ordinanza 30
novembre 2004, ha evidenziato come non sempre il conferimento di premi può essere utilizzato come
indice per valutare la sussistenza del valore artistico. Ciò accade soprattutto nei casi in cui l’assegnazioni
si basa su considerazioni relative alla funzionalità tecnica del prodotto o su altri indici estranei alla
valenza estetica dell’opera. Nel caso di specie, il conferimento del premio Compasso d’oro, vinto dalla
libreria in questione, prendeva in considerazione, tra gli altri, anche il carattere innovativo dell’uso dei
materiali e le possibilità di riciclo. A sua volta, il tribunale di Monza in due ordinanze pronunciate nello
stesso anno (ord. 23 aprile e 16 luglio 2002) ha affermato che il giudizio degli esperti o della critica non
può influenzare la decisione del giudice e che la sussistenza del valore artistico non può dipendere
esclusivamente dalla notorietà del designer.
303
DI CATALDO, Dai vecchi «disegni e modelli ornamentali» ai nuovi «disegni e modelli»-I
requisiti di proteggibilità secondo il nuovo regime, in Eur. dir. priv. 2002, 82.
304
Trib. Roma 26 marzo 2008, in AIDA 2009, 1288.
305
Tribunale Milano, ord. 28 novembre 2006, in AIDA 2007, 1180.
90
presso la collettività e particolarmente presso gli ambienti culturali. Questi ultimi,
infatti, le hanno attribuito un significato ed un valore diverso dalla mera gradevolezza
estetica e trascendente la sua destinazione naturale: questo modello di sedia è stato
considerato come un’opera d’arte, anticipatrice dei temi e delle modalità espressive
della pop art e tale considerazione è testimoniata dalla sua esposizione in molti
importanti musei di arte contemporanea306. Tuttavia, alcuni autori obiettano che
l’interpretazione del valore artistico come riconoscimento della storia limita la
valutazione ad un giudizio ex post307 e suggeriscono di evincere la presenza del valore
artistico da altri indici, come il grado di libertà di cui il designer dispone nell’ambito
306
Questa decisione è stata successivamente contestata dalla società High Tech, anch’essa
produttrice di sedie, raggiunta da un provvedimento cautelare di sequestro avente ad oggetto il modello di
sedia Loft, per la presunta violazione del diritto d’autore vantato dalla società Vitra Patente, la quale è
titolare dei diritti di sfruttamento economico della sedia Pantom Chair. Nel merito la ricorrente contesta la
valutazione effettuata dal primo giudice in quanto i criteri impiegati per individuare il requisito del valore
artistico, ovvero la considerazione negli ambienti culturali e l’esposizione dell’opera nei musei,
esprimono un giudizio ex post riferito ad elementi estranei al prodotto; al contrario, la l.a. richiede che
esso sia svolto avendo riguardo alle caratteristiche proprie dell’opera al momento della sua creazione. Ciò
deriverebbe direttamente dalla lettera dell’art. 2, n. 10, l.a., secondo cui l’opera del disegno industriale
deve presentare «ex sé» carattere creativo e valore artistico. Il collegio ha risolto la questione affermando
che la valutazione del primo giudice non è stata compiuta ex post, con riferimento al successo raggiunto
dall’autore o dal suo prodotto, bensì in relazione alle caratteristiche proprie dello stesso rese ancora più
evidenti, all’epoca della sua realizzazione, per la portata innovativa della soluzione attuata. A parere del
collegio «l’evidenziazione effettuata dal primo giudice circa l’inserimento della Panton Chair nella
corrente artistica della Pop Art, circa la presenza della stessa in alcuni musei di arte contemporanea e
circa l’accreditamento della tendenza stilistica ed il consolidamento del successo dell’opera presso la
collettività ed gli ambienti culturali, lungi dall’essere censurata, appare del tutto opportuna perché
storicizza il giudizio e lo ancora a criteri di obbiettività, non spostando il momento valutativo in un
ambito esterno e successivo all’opera, ma piuttosto suffragandolo con indubbi elementi di conferma»
(Trib. Milano, ord. 22 gennaio 2007, in AIDA 2007, 1182).
307
GUIZZARDI, La tutela del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 74 e in giurisprudenza: Tribunale di Venezia, 19 ottobre 2007, in
AIDA 2009, 1271; Trib. Venezia, 1 ottobre 2007, in AIDA 2009, 1270; Trib. Milano, 10 febbraio 2007, in
AIDA 2008, s. n. 859; Trib. Milano, 8 febbraio 2007, in AIDA 2008, s. n. 858 ss.; Trib. Milano, ord. 30
novembre 2004, in AIDA 2005, 1052; Trib. Monza, ord. 23 aprile 2002, in AIDA 2003, 914.
Nelle prime due decisioni richiamate, il tribunale di Venezia afferma che la percezione
dell’opera da parte della collettività non può essere l’unico elemento da cui desumere la sussistenza del
valore artistico giacché, se così fosse, questa valutazione non potrebbe mai essere contestuale alla
creazione dell’opera ma necessariamente successiva, dovendosi attendere il giudizio della critica. Così,
nel caso del maestro Tagliapietra (Trib. Venezia 1 ottobre 2007, in AIDA 2009, 1270) non è sufficiente, ai
fini dell’accesso alla protezione, che esistano innumerevoli cataloghi, volumi e riviste specializzate
dedicate al designer. Il criterio del riscontro collettivo può avere solo un valore ausiliario e non esclusivo,
nel senso che potrà valere a posteriori per confermare la correttezza di una valutazione di meritevolezza
condotta a priori.
Nella sentenza 10 febbraio 2007, il tribunale di Milano ritiene che il giudizio sull’esistenza del
requisito del valore artistico non deve essere compiuto ex post, in relazione al successo ottenuto
dall’autore, bensì con riferimento alle caratteristiche proprie del prodotto al momento della sua creazione.
Ne consegue che l’inserimento dell’opera in una corrente artistica, la sua presenza in musei di arte
contemporanea, il consolidamento e il perdurare del successo presso la collettività e gli ambienti culturali
possono bensì essere presi in considerazione, perché storicizzano il giudizio e lo ancorano a criteri di
obbiettività, ma non spostano il momento valutativo.
Nella sentenza 8 febbraio 2007, il medesimo tribunale ribadisce che la valutazione del valore
artistico deve essere compiuta non ex post ma con riferimento alle caratteristiche proprie del design al
momento della sua creazione; mentre, il consolidamento e il perdurare del successo del prodotto presso la
collettività ed i suoi ambienti culturali possono essere presi in considerazione per confermare la
correttezza di un giudizio già compiuto.
91
dell’attività di progettazione, il grado di diversità dell’opera di design rispetto al
patrimonio delle forme esistenti oppure la disponibilità del pubblico a pagare prezzi
considerevolmente più elevati per prodotti pur equivalenti sotto il profilo tecnicofunzionale308.
Un secondo orientamento collega la presenza del valore artistico al fatto che
l’opera del disegno industriale non sia destinata alla riproduzione in serie o dimostri di
poter avere un valore anche nel mercato delle opere d’arte pura309. Alcuni autori310
suggerivano di accertare la destinazione tenendo conto dell’intenzione soggettiva del
designer. La dottrina più recente311 suggerisce, invece, di verificare la sussistenza del
valore artistico in base ad un criterio oggettivo, costituito dal concreto mercato di
destinazione della contraffazione. In tale prospettiva, l’opera sarebbe protetta dalla l.a.
solo se imitata per essere offerta sul mercato dell’arte e non nel caso in cui la
riproduzione abbia carattere industriale. Alcune recenti ordinanze312, accogliendo in
parte il suggerimento della dottrina, propongono di valutare in astratto la potenziale
idoneità dell’opera a circolare anche nel mercato dell’arte.
308
In questo senso si è espresso SARTI, La tutela dell’estetica del prodotto industriale, Giuffrè,
Milano, 1990, 134 ss.; SARTI, Tutela dei disegni e modelli comunitari tra imitazione servile e protezione
del diritto d’autore, in IDI 2008, 170 ss.
309
GHIDINI, Profili evolutivi del diritto industriale, Giuffrè, Milano, 2001, 104 ss.. In
giurisprudenza: Trib. Bari, ordinanza 27 ottobre 2003, in AIDA 2005, 1028; Trib. Monza, ord. 16 luglio
2002, in AIDA 2004, 966; Trib. Monza 24 aprile 2002, in AIDA 2003, 914.
Nel caso sottoposto al tribunale di Bari e deciso con ordinanza il 27 ottobre 2003, il collegio ha
escluso l’esistenza del valore artistico ogniqualvolta il modello sia riproducibile e riprodotto in serie. Nel
caso di specie il collegio ha negato la tutela d’autore ad una serie di orologi realizzati dalle società
ricorrenti trattandosi di modelli diffusi su larga scala. Nella seconda decisione richiamata, il tribunale di
Monza ha affermato che il requisito del valore artistico non può ritenersi sussistente quando l’opera sia
costituita da una forma facilmente riproducibile e riprodotta in modo seriale e su larga scala. Nel caso di
specie, il collegio non ha riconosciuto la sussistenza di tale requisito, dal momento che la produzione dei
mobili in questione si svolgeva su larga scala e con caratteri di serialità.
310
GHIRON, Corso di diritto industriale, Sefi, Roma, 1929, 387. In senso contrario: SARTI, La
tutela dell’estetica del prodotto industriale, Giuffrè, Milano, 1990, 5; FABIANI, Ancora su disegno e
modello ornamentale ed opera dell’arte applicata, in IDA 1991, 70 ss.; ID., La nuova disciplina dei
disegni e modelli, in IDA 2002, 206 e in giurisprudenza: Cass. 7 dicembre 1994 n. 10516, in IDI 1995,
113; Cass. 5 luglio 1990 n. 7077, in Riv. dir. ind. 1991, II, 24.
311
GHIDINI, Profili evolutivi del diritto industriale, Giuffrè, Milano, 2001, 104 ss.; ID.,
Industrial design e opere d’arte applicata all’industria (dialogo tra Paolo Spada e Paolo Auteri
commentato da Gustavo Ghidini), in Riv. dir. civ. 2002, II, 277 ss.; SPADA, Industrial design e opere
d’arte applicate all’industria, in Riv. dir. civ. 2002, II, 267.
312
Trib. Bologna, ord. 2 luglio 2008, in AIDA 2009, s. n. 873; Trib. Bologna, ord. 3 agosto
2004, in AIDA 2005, 1043.
In particolare, il caso sottoposto al tribunale di Bologna ha ad oggetto dei mobili di valore,
realizzati dall’architetto svizzero Charles Eduard Jeanneret (detto Le Corbusier), il quale aveva poi ceduto
i relativi diritti di utilizzazione alla società Cassina s.p.a. Quest’ultima aveva presentato ricorso al
Tribunale di Bologna contro una società, Dimensione s.r.l., ritenendola responsabile della violazione del
diritto d’autore ad essa spettante per aver commercializzato sul web dei mobili costituenti imitazioni e
contraffazioni dei prodotti della ricorrente, indicandoli con le medesime denominazioni e ad un prezzo
notevolmente inferiore. In merito, il collegio riconosce che i mobili in questione hanno un carattere
creativo superiore alla norma; tuttavia, essi sono privi di valore artistico, inteso come potenziale idoneità
dell’opera ad essere destinata sul mercato dell’arte, non potendo vantare un valore anche in tale separato
circuito.
92
Questo orientamento restrittivo è stata tuttavia criticato da alcuni autori in
quanto contrario all’ordinamento comunitario, sia rispetto alla direttiva 2001/29/CE313,
sia rispetto alla direttiva 98/71/CE sui disegni e modelli comunitari314.
La prima direttiva attribuisce all’autore il diritto di riproduzione (art. 2) e il
diritto di distribuzione (art. 4), mentre l’interpretazione che lega il valore artistico al
mercato di destinazione della contraffazione porta a qualificare illecita in base al diritto
d’autore non la pura e semplice riproduzione, né l’attività di distribuzione di per sé, ma
una fattispecie di comportamento complessa costituita dalla riproduzione dell’opera e
dalla sua successiva destinazione al mercato dell’arte. Infatti, la riproduzione non
sarebbe illecita finché l’opera non venga destinata al mercato dell’arte; a sua volta, la
distribuzione non potrebbe essere considerata illecita fino a quando avvenga sul mercato
della produzione di massa. Se nonché gli stati membri non hanno il potere di modellare
il contenuto del diritto d’autore sulle opere del design in modo difforme rispetto alla
disciplina comunitaria. L’art. 17 della direttiva 98/71/CE riserva loro soltanto la
possibilità di definire i requisiti e l’estensione del diritto d’autore. Né una simile
attribuzione può essere ricavata dall’espressione «estensione della tutela», dal momento
che essa si riferisce alle forme e ai disegni simili ma non identici a quello registrato e
tuttavia rientranti nell’ambito della protezione, e non invece alla tipologia degli atti
vietati che sono disciplinati in un’apposita disposizione, l’art. 12 della direttiva,
intitolato «diritti conferiti dal disegno o modello».
Dal secondo punto di vista, i criteri interpretativi che suggeriscono di
valorizzare la destinazione dell’opera al mercato dell’arte sono contrari all’art. 17 della
direttiva 98/71/CE, cui il legislatore nazionale ha dato attuazione per mezzo dell’art. 2,
n. 10, l.a. Questa disposizione stabilisce che «i disegni e modelli registrati o con effetti
in uno stato membro a norma della medesima direttiva, sono ammessi a beneficiare
altresì della protezione della legge sul diritto d’autore vigente in tale stato fin dal
momento in cui il disegno o modello è stato creato o stabilito in qualsiasi forma» e
attribuisce agli stati il compito di determinare «l’estensione della protezione e le
condizioni alle quali essa è concessa». Tuttavia i requisiti di protezione prescelti non
possono avere come effetto quello di escludere in ogni caso dalla tutela d’autore i
disegni o modelli diretti al mercato dei prodotti seriali o la cui forma sia condizionata da
ragioni funzionali.
Queste osservazioni sono confortate da una serie di argomentazioni.
Innanzitutto una lettura così restrittiva del requisito del valore artistico appare
difficilmente conciliabile con la previsione contenuta nella direttiva 98/71/CE, che
prevede l’accesso alla tutela d’autore in vigore negli stati membri dei disegni e modelli
comunitari315. In secondo luogo, essa si scontra con la volontà del legislatore
313
SARTI, Osservazioni in tema di industrial design e diritto d’autore, in AIDA 2004, 966;
AUTERI, Industrial design e opere d’arte applicate all’industria, in AUTERI, SPADA e GHIDINI, Industrial
design e opere d’arte applicate all’industria (dialogo tra Paolo Spada e Paolo Auteri commentato da
Gustavo Ghidini), in AIDA 2004, 273 ss. In giurisprudenza: Trib. Bologna, ord. 3 agosto 2004, in AIDA
2005, 1043.
314
SARTI, Osservazioni in tema di industrial design e diritto d’autore, in AIDA 2004, 672 ss.;
SANNA, nota a Trib. Bologna, ord. 3 agosto 2004, in AIDA 2005, 547 ss.
315
MAGELLI, La tutela del design: prospettive comunitarie, in IDI 1997, 67; AUTERI, La futura
disciplina europea del design fra tutela del diritto di autore e repressione della concorrenza sleale, in
Contr. impr. eur. 1998, 236; ID., Industrial Design e Opere d’Arte Applicata all’Industria (dialogo tra
Paolo Spada e Paolo Auteri commentato da Gustavo Ghidini), in Riv. dir. civ. 2002, 273 ss.; SANNA, nota
93
comunitario, quale emerge dal Libro Verde della Commissione delle Comunità europee
sulla tutela giuridica dei disegni industriali, pubblicato dalla Commissione europea nel
1991. Questo testo ha affrontato, tra gli altri, il problema delle differenze esistenti fra i
diversi sistemi di protezione del design in vigore nei vari ordinamenti nazionali. In
particolare, in Irlanda e in Italia vigevano ancora criteri di esclusione delle opere del
disegno industriale dalla protezione d’autore316. Il Libro verde ha rilevato che la
mancata armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia di design pregiudicava
fortemente la libera circolazione dei prodotti ed ha così iniziato un’opera di
avvicinamento delle discipline dei singoli stati membri introducendo un primo principio
comune e precisamente il principio della cumulabilità della protezione offerta dalla
privativa sui disegni e modelli registrati con quella offerta dal diritto d’autore, lasciando
alle successive direttive comunitarie il compito di completare l’armonizzazione. Il testo
finale dell’art. 17 della direttiva 98/71/CE intende quindi superare l’ostacolo
preliminare all’armonizzazione comunitaria del diritto d’autore sul design, ovvero
l’esistenza in alcuni ordinamenti di norme concepite per escludere in ogni caso i
prodotti del design dalla tutela d’autore317. Se così non fosse, tale disposizione dovrebbe
allora considerarsi illegittima318. La Corte di Giustizia319 ha infatti affermato il principio
secondo cui i testi di armonizzazione comunitaria sono legittimi solo se contribuiscono
effettivamente all’eliminazione di sensibili distorsioni della concorrenza. Viceversa, i
provvedimenti comunitari sono illegittimi se le nuove norme giuridiche introdotte non
portano ad un’armonizzazione effettiva della materia trattata. Infine un’autorevole
dottrina320 ritiene che anche il legislatore nazionale abbia voluto subordinare la
protezione a requisiti ulteriori, piuttosto che restringere il contenuto del diritto d’autore
sulle opere del design.
Di contro, alcuni autori321 affermano che questa interpretazione sarebbe
giustificata dal dato letterale dell’art. 2, n. 10, l.a. e precisamente dalla richiesta che
l’opera del disegno industriale presenti di per sé carattere creativo e valore artistico. Ne
consegue che il valore artistico deve affrancarsi da quello utilitario ed essere sentito
socio-culturalmente come gratuito. Ciò avverrebbe non solo quando un articolo non
registrato o la cui protezione sia scaduta venga trattato sul mercato dell’arte, ma anche
quando l’opera sia destinata ad usi ulteriori altrui, come nei casi in cui l’immagine sia
sfruttata nella pubblicità, nel campo dell’editoria o dell’oggettistica, oppure venga
copiata da un architetto o da uno scultore. Al contrario, la l.a. non potrebbe mai essere
invocata per contrastare la produzione industriale e la commercializzazione altrui di
articoli del design. Inoltre, parte della giurisprudenza322 rileva che questa
a Trib. Monza, ord. 23 aprile 2002, in AIDA 2003, 914; SARTI, nota a Trib. Monza, ord. 16 luglio 2002, in
AIDA 2004, 966.
316
L’argomento è trattato più diffusamente nel par. 1 del capitolo IV.
317
SCORDAMAGLIA, Il libro verde della CE sulla tutela di disegni e modelli industriali, in Foro
it. 1991, IV, 365.
318
SANNA, nota a Trib. Bologna, ord. 3 agosto 2004, in AIDA 2005, 547 ss.
319
Corte di giustizia 5 ottobre 2000, Germania v. Parlamento e Consiglio dell’Unione europea,
causa 376/98, in Racc. 2000, I, 8419.
320
AUTERI, Industrial design e opere d’arte applicate all’industria, in AUTERI, SPADA e
GHIDINI, Industrial design e opere d’arte applicate all’industria (dialogo tra Paolo Spada e Paolo Auteri
commentato da Gustavo Ghidini), in Riv. dir. civ. 2002, 273 ss.
321
SPADA, Industrial design e opere d’arte applicate all’industria, in AUTERI, SPADA e
GHIDINI, Industrial design e opere d’arte applicate all’industria (dialogo tra Paolo Spada e Paolo Auteri
commentato da Gustavo Ghidini), in Riv. dir. civ. 2002, 270 ss.
322
Trib. Bologna, ord. 3 agosto 2004, in AIDA 2005, 1043.
94
interpretazione, lungi dall’essere criticata, debba invece essere valorizzata in quanto
consente di salvaguardare sia un’esigenza sistematica, legata alla inutilità di una
sostanziale sovrapposizione di tutele sullo stesso oggetto, sia un’esigenza di
salvaguardia della concorrenza nel mercato dei prodotti industriali, nonché un’esigenza
di sfavore per gli usi opportunistici della norma in questione.
Un terzo orientamento ritiene che il requisito del valore artistico riproponga il
criterio della scindibilità e sia dunque presente ogni qualvolta il carattere creativo sia
dissociabile dalla funzione pratica e dal carattere industriale del prodotto323. Questa
linea interpretativa è in contrasto con gli artt. 1 e 17 della direttiva 98/71/CE sui disegni
e modelli perché ha l’effetto di sottrarre le opere del disegno industriale alla tutela
d’autore. Al contrario, l’art. 17 della direttiva impone agli stati membri il principio del
cumulo della protezione offerta dalla l.a. con quella prevista dal cpi, ferma restando la
possibilità per gli stati membri di fissare requisiti diversi e ulteriori per l’accesso alla
tutela dei disegni e modelli registrati, come un particolare grado di originalità324.
Infine, alcuni autori interpretano il requisito del valore artistico come libera
scelta del designer. La creazione è personale quando la scelta formale non è influenzata
dalla necessità di conseguire un risultato tecnico, ma è derogabile con un numero
potenzialmente illimitato di forme alternative, a prescindere dal livello di originalità del
risultato ottenuto. Ne consegue che il valore artistico deve ritenersi sussistente
ogniqualvolta il design sia il frutto di uno studio estetico personale dell’autore. Nel caso
deciso dal tribunale di Firenze il 6 agosto 2003325, il collegio ha affermato che la
323
FITTANTE, Quale legittimità per il concetto di scindibilità in materia di tutela dell’industrial
design, in IDA 2002, 441; PELLEGRINO, La nuova disciplina delle opere del disegno industriale, in G.
comm. 2005, II, 100. In giurisprudenza: Trib. Milano, ord. 30 novembre 2004, in AIDA 2005, 1051. In
senso contrario: Trib. Torino 17 dicembre 2004, in AIDA 2005, 1055; Trib. Roma, ordinanza 26 marzo
2004, in AIDA 2005, s. n. 674; Trib. Firenze, 6 agosto 2003, in AIDA 2004, 987;
In particolare, nell’ordinanza 30 novembre 2004, il collegio afferma che un’opera dell’ingegno
è proteggibile soltanto se presenta, accanto al carattere creativo, la connotazione propria di quel valore
aggiunto definito arte. Essa consiste nella capacità di comunicare emozioni e sentimenti. Questo momento
comunicativo deve essere gratuito, autosufficiente, deve avere autonomia di esistenza e non può essere
giustificato aldilà delle finalità d’uso, degli impieghi eventuali e delle stesse intenzioni dell’artista.
Nell’ambito del disegno industriale esso deve essere valutato con un criterio più ampio, dal momento che
la progettazione delle opere del design unisce per definizioni elementi estetici ad elementi funzionali.
Tuttavia, il requisito del valore artistico non può essere inteso in senso così lato da ridurre la valutazione
al solo criterio del carattere creativo. Nel caso di specie, il collegio ritiene che la libreria di cui si discute
sia dotata di carattere creativo, per la discreta originalità della forma rispetto alla funzione cui è adibita.
La struttura consiste, infatti, in una serie di strette scaffalature, prive di pareti laterali lungo un asse
verticale di base piatta. Tuttavia, il collegio non riconosce sussistere il valore artistico proprio perché
l’estrema semplicità della forma non è idonea a trasmettere all’osservatore, aldilà della collocazione
ambientale e dell’uso effettivo, sensazioni o suggestioni particolari. Questa ordinanza propone, quindi,
una lettura restrittiva del requisito del valore artistico, indentificandolo in un gradiente comunicativo
gratuito ed autosufficiente. Ma proprio il riferimento alla gratuità ed autosufficienza del valore artistico
avvicina fortemente questo requisito a quello della scindibilità, inizialmente previsto nel dall’art. 2, n. 4,
l.a. ed abrogato per effetto della novella del 2001.
324
C. GALLI, L’attuazione della direttiva comunitaria sulla protezione di disegni e modelli, in
Nuove leggi civ. 2001, 901; AUTERI, Industrial design e opere d’arte applicate all’industria, in AUTERI,
SPADA e GHIDINI, Industrial design e opere d’arte applicate all’industria (dialogo tra Paolo Spada e
Paolo Auteri commentato da Gustavo Ghidini), in Riv. dir. civ. 2002, 273 ss.; SANNA, nota a Trib. Monza,
ord. 23 aprile 2002, in AIDA 2003, 832 ss. In giurisprudenza: Trib. Torino, ord. 17 dicembre 2004, in
AIDA 2005, 1055; Trib. Venezia 4 febbraio 2004, in AIDA 2005, 1032.
325
Trib. Firenze, 6 agosto 2003, in AIDA 2004, 987. Questa decisione presenta però una
particolarità: il tribunale non distingue l’accertamento della presenza del carattere creativo dalla
valutazione della sussistenza del valore artistico ma ritiene che tali requisiti sussistano entrambi quando la
95
lampada da tavolo, disegnata dal prof. Wagenfeld, possiede valore artistico poiché è il
risultato di una ricerca creativa ed estetica dell’autore, maturata nell’ambito della
Bauhaus. Ciò si desume in particolare dalla peculiarità della forma e della struttura, e
dall’armonia ed equilibrio delle sue linee.
Il riferimento dell’art. 2, n.10, l.a. al valore artistico colloca la soglia di tutela
un livello più elevato rispetto a quello richiesto per la registrazione del disegno o del
modello ai sensi degli artt. 30 e ss. del cpi326. Parte della dottrina e della
giurisprudenza327 ritengono, tuttavia, che la differenza fra i requisiti del valore artistico
e del carattere individuale non sia «quantitativa» bensì «qualitativa».
Infine la giurisprudenza328 afferma che il valore artistico di un’opera può
sussistere anche quando l’autore non ne sia consapevole.
8 L’art. 17 della legge 12 dicembre 2002, n. 273, relativa alle misure volte a
favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza, rubricato «operabilità del
diritto d’autore sui disegni e modelli industriali», disponeva al co. 1 che «ai fini
dell’applicazione dell’art. 2, n. 10, della legge 22 aprile 1941, n. 633 (legge sul diritto
d’autore), la denuncia di cui all’art. 28 della medesima legge n. 633 del 1941 deve
essere effettuata contestualmente alla domanda di registrazione del disegno o modello, o
comunque prima del rilascio della registrazione». Il co. 2 stabiliva poi che «il termine di
presentazione della denuncia è di tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge per
le registrazioni già concesse e non ancora scadute».
Parte della dottrina329 ritiene che l’art. 17, co. 1, l. 273/2002 sia suscettibile di
due diverse interpretazioni.
Da un primo punto di vista si potrebbe sostenere che questa disposizione
introduca un termine per presentare la denuncia di cui all’art. 28. Si tratta, più
precisamente, della denuncia che l’autore anonimo deve presentare all’ufficio della
proprietà letteraria, scientifica e artistica per rivelarsi ed acquistare il beneficio della
durata normale della protezione. La l.a. stabilisce, infatti, che per le opere anonime il
termine di protezione decorre dalla data della prima pubblicazione e non dalla morte
dell’autore, come avviene nei casi in cui il suo nome sia noto. L’art. 17 della l. 273/2002
riguarda le sole opere del disegno industriale e stabilisce che qualora il designer
anonimo intenda rivelarsi per acquistare il beneficio della durata normale della
protezione ed abbia nel frattempo depositato per lo stesso design una domanda di
registrazione come disegno o modello, la denuncia deve essere presentata
contestualmente alla domanda di registrazione o comunque prima del rilascio della
registrazione medesima. La denuncia prevista dall’art. 28 non è quindi obbligatoria per
accedere alla tutela d’autore: l’opera anonima sarà ugualmente protetta, sempre che
ricorrano i requisiti del carattere creativo e del valore artistico, ma il termine di
protezione sarà quello abbreviato che decorre dalla prima pubblicazione dell’opera
forma di cui si chiede protezione è il frutto di uno studio estetico personale dell’autore e non si tratta di
una forma funzionale inderogabile.
326
Trib. Milano, ord. 15 dicembre 2006, in AIDA 2007, 1066; Trib. Milano, ordinanza 28
novembre 2006, in AIDA 2007, 1180;
327
SARTI, Il sistema di protezione comunitario dei disegni e modelli industriali, in Contr. imp.
eur. 1999, 751. In giurisprudenza: Trib. Torino, ord. 17 dicembre 2004, in AIDA 2005, 1055.
328
Trib. Milano 10 febbraio 2007, in AIDA 2008, s. n. 859.
329
G. GUGLIELMETTI, Le nuove norme sull’applicazione del diritto d’autore alle opere del
design (art. 17 legge 273/2002). Profili di incostituzionalità, in Riv. dir. ind. 2003, 182 ss.
96
anziché dalla morte dell’autore. La denuncia dovrà essere effettuata solo qualora il
designer intenda rivelarsi per prolungarne la durata330.
In alternativa, l’art. 17 della l. 273/2002 può essere letto nel senso di escludere
dalla tutela d’autore le opere anonime del design, per le quali sia stata presentata anche
una domanda di registrazione come disegno o modello, se la denuncia di cui all’art. 28
non viene presentata nei termini stabiliti dalla legge. Secondo questa interpretazione,
l’incipit dell’art. 17, co. 1 («ai fini dell’applicazione dell’art. 2, n. 10») non avrebbe
l’effetto di circoscrivere il suo ambito di applicazione alle sole creazioni del disegno
industriale, bensì quello di trasformare la denuncia di cui all’art. 28 in una formalità
costitutiva necessaria perché le opere del design possano beneficiare della tutela
d’autore331.
Tanto la prima, quanto la seconda interpretazione non sono però esenti da
profili di incostituzionalità. La prima interpretazione, infatti, violerebbe l’art. 3 della
cost. laddove introduce una ingiustificata disparità di trattamento tra gli autori delle
opere dell’ingegno in generale e quelli delle creazioni del design. Infatti, mentre i primi
possono rilevarsi in ogni momento, i secondi, nel caso in cui abbiano presentato anche
una domanda di registrazione come disegno o modello per la stessa creazione, possono
330
Questa interpretazione è sorretta da ragioni sistematiche. Infatti, tanto la Convenzione di
Berna quanto la l.a. non prevedono alcuna formalità costitutiva per le opere dell’ingegno. Il diritto
d’autore sorge per il semplice fatto della creazione (artt. 5.2 CUB e 6 l.a.). Ne consegue che se legislatore
avesse voluto derogare a questo principio generale lo avrebbe fatto impiegando una disposizione puntuale
ed esplicita. Sarebbe invece una forzatura ritenere che tale scopo sia stato perseguito attribuendo alla
dichiarazione di cui all’art. 28 il significato di adempimento costitutivo del diritto d’autore, a maggior
ragione essendo un atto preposto a tutt’altro effetto, vale a dire la perdita dell’anonimato e il beneficio
della durata normale della protezione.
331
Questa interpretazione si fonda su un dato letterale. L’incipit dell’art. 17, co. 1, «ai fini
dell’applicazione dell’art. 2, n. 10, l.a.» potrebbe essere letto secondo il seguente significato: «ai fini
dell’applicazione della tutela di diritto d’autore alle opere del design» e questa lettura sembrerebbe
corrispondere anche all’intenzione storica del legislatore. Inoltre l’interpretazione qui proposta non si
pone in contrasto con la CUB. L’art. 2, par. 7, della convenzione riserva, infatti, ai legislatori nazionali il
diritto di determinare le condizioni di proteggibilità delle «opere delle arti applicate», comprensive del
design. Gli stati membri possono quindi subordinare la tutela delle opere del disegno industriale ad una
formalità costitutiva, derogando eccezionalmente al principio generale fissato dalla CUB. Tuttavia, una
simile conclusione si presta ad una serie di critiche. Alle osservazione svolte in precedenza, relative alle
ragioni sistematiche e alla incoerenza rispetto agli effetti propri della dichiarazione, si aggiungono due
ulteriori considerazioni. In primo luogo la legittimazione alla dichiarazione mal si concilia con l’effetto
costitutivo dei diritti patrimoniali che scaturirebbe dalla rivelazione, dal momento che mentre la prima
può essere effettuata soltanto dall’autore o, dopo la sua morte, dai familiari e discendenti indicati dall’art.
23 l.a., il diritto patrimoniali potrebbe spettare anche a soggetti diversi. Si pensi ad esempio al datore di
lavoro, nel caso delle opere create dal dipendente, oppure all’erede, dopo la morte dell’autore. In questi
casi sarebbe più logico se la possibilità di avvalersi della formalità costituiva spettasse a questi ultimi. In
secondo luogo, l’art. 17, co. 1, si riferisce alle opere del disegno industriale per le quali sia stata
presentata anche una domanda di registrazione come disegni e modelli. Se si ammette che la denuncia
abbia un effetto costitutivo, sorge allora l’interrogativo di quale sia il trattamento cui tali opere sono
sottoposte prima della presentazione della domanda o nel caso in cui la domanda non venga mai proposta.
L’autore infatti potrebbe ritenere sufficiente la protezione offerta dal diritto d’autore e non avere interesse
a chiedere anche la tutela prevista nel cpi. Inoltre la disposizione in questione omette di disciplinare
l’ipotesi in cui la protezione brevettuale sia già scaduta prima dell’entrata in vigore della legge. In questi
casi si pone il problema di stabilire se la denuncia di cui all’art. 28 sia comunque necessaria per accedere
alla protezione di cui alla l. 633/1941 e, in caso di risposta affermativa, entro quale termine essa debba
essere depositata. L’interpretazione qui proposta, considerando la denuncia una formalità costitutiva,
porterebbe a concludere in senso positivo. Perciò se il titolare optasse per la sola tutela d’autore
resterebbe sfornito di protezione fino a quando non vi provveda.
97
depositare la denuncia di cui all’art. 28 l.a. soltanto fino alla data di rilascio della
registrazione. Non solo, l’art. 17, co. 1, creerebbe una discriminazione, all’interno della
categoria degli autori delle opere anonime del design, fra coloro che intendono
beneficiare della sola tutela d’autore e chi invece intende fruire anche della protezione
offerta dal cpi: soltanto per questi ultimi la disposizione in questione prevede un termine
per l’esercizio della facoltà di rivelarsi ed anche questa disparità di trattamento non
sembra fondarsi su alcuna razionale giustificazione332.
A sua volta, la seconda interpretazione violerebbe innanzitutto il principio di
uguaglianza, sancito dall’art. 3 della cost., nella parte in cui introduce una disparità di
trattamento tra gli autori delle opere dell’ingegno in generale e quelli delle creazioni del
design: per i primi il diritto d’autore sorge in assenza di formalità costitutive mentre per
gli altri è subordinato all’onere della rivelazione. Questa discriminazione potrebbe
trovare una giustificazione nell’art. 2, par. 7, della CUB che riserva agli stati membri la
facoltà di determinare le condizioni di protezione delle opere delle arti applicate, fra le
quali sono comprese anche le creazioni del disegno industriale. Ma anche in questo caso
si potrebbe obiettare che il tipo di formalità costitutiva scelto dal legislatore nazionale
sia illogico ed arbitrario, dal momento che fa dipendere la nascita dei diritti patrimoniali
d’autore dal compimento di una dichiarazione con la quale il designer rivela la sua
identità esercitando un distinto diritto morale. Inoltre l’art. 17, co. 1, l. 273/2002
discrimina, all’interno della medesima categoria, gli autori delle creazioni del design
che intendono beneficiare anche della privativa offerta dal cpi da quelli che scelgono di
avvalersi della sola protezione d’autore: per questi ultimi, infatti, la tutela d’autore non è
subordinata all’adempimento di alcuna formalità costitutiva333.
Questa disposizione è stata in seguito sostituita dall’art. 44 del cpi che, in linea
con quanto stabilito dalla l.a. per le altre opere dell’ingegno334, non prevede alcuna
formalità costitutiva per il design.
9 Nessun dubbio viene sollevato in dottrina circa l’attribuzione al designer
delle facoltà esclusive di utilizzazione economica e dei diritti morali. Il contenuto
patrimoniale del diritto d’autore comprende tutte le attività di sfruttamento che possono
essere esercitate compatibilmente alla natura di questa particolare categoria di opere. Il
designer è altresì titolare dei diritti di paternità, integrità e del diritto di ritirare l’opera
dal commercio, sebbene vi siano alcuni aspetti specifici che riguardano le sole creazioni
del design.
In questa sede occorre, invece, illustrare la questione se il designer possa
vantare un diritto di seguito sugli esemplari delle opere del disegno industriale335. Parte
332
Se venissero accolti i profili di incostituzionalità qui prospettati, la pronuncia di
annullamento parziale porterebbe all’eliminazione del termine finale introdotto per la denuncia di cui
all’art. 28, riallineando la disciplina delle opere del design a quelle prevista per le altre opere
dell’ingegno. Gli autori delle opere anonime del design potranno così rivelarsi in ogni momento,
indipendentemente dal fatto che abbiano presentato anche una domanda di registrazione come disegno o
modello e dallo stato in cui si trova la fase di registrazione.
333
Un’eventuale pronuncia di illegittimità costituzionale eliminerebbe l’onere della
dichiarazione allineando la disciplina delle creazioni del design a quella relativa alle altre opere
dell’ingegno. L’autore potrebbe così fruire della tutela dal momento della creazione ed un’eventuale
denuncia servirebbe solo nel caso delle opere anonime per acquistare il beneficio della durata normale
della protezione, secondo quanto previsto dalla legge per tutte le altre opere dell’ingegno.
In entrambi i casi la pronuncia di annullamento parziale dell’art. 17, co. 1, della l. 273/2002
investirebbe anche il co. 2.
334
Sulle quali vedi il par. 2 del capitolo III.
98
della dottrina336 nega che l’autore di una creazione del design abbia il diritto di
percepire un compenso sul prezzo delle vendite successive alla prima cessione
dell’opera. Le argomentazioni addotte a sostegno di questa tesi sono principalmente
due. La prima attiene all’ambito di applicazione dell’art. 144 l.a. che si riferisce
esclusivamente agli originali delle opere d’arte e dei manoscritti e non anche alle opere
del design. La seconda riguarda il significato che deve essere attribuito all’aggettivo
«originale». Il legislatore non indica espressamente cosa debba intendersi per esemplare
originale, né quali siano i criteri per distinguere quest’ultimo dalle copie. Al riguardo
parte della dottrina337 suggerisce di considerare originale «l’opera che per le modalità
tecniche di produzione è realizzata con il contributo diretto dell’autore». Ciò in
considerazione del fatto che il plusvalore generato dalla vendita è dato proprio dalla sua
irripetibilità. Al contrario, le creazioni del disegno industriale sono realizzate in serie,
attraverso un procedimento industriale al quale il designer è di regola estraneo.
Un discorso diverso riguarda invece i prototipi, vale a dire le opere realizzate
direttamente dall’autore che rappresentano il modello cui ispirarsi per la produzione in
serie delle copie destinate alla vendita al pubblico. I prototipi soddisfano appieno il
requisito della originalità e sono quindi proteggibili con il diritto di seguito338.
10. Le opere del disegno industriale che possiedono i requisiti del carattere
creativo e del valore artistico attribuiscono all’autore, sin dal momento della creazione,
sia un diritto esclusivo ad utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo (art.
12, co. 2, l.a.) sia un diritto morale d’autore, volto a garantire il rispetto della sua
personalità e l’integrità dell’espressione creativa della sua opera.
L’autore ha quindi il diritto di pubblicare, riprodurre, distribuire, diffondere,
elaborare e modificare la propria opera. L’unica eccezione si pone relativamente ai
diritti di prestito e di noleggio, disciplinati dall’art. 18 bis. Il co. 6 di questa disposizione
prevede, infatti, che essi non si applicano alle opere dell’arte applicata. Parte della
dottrina339 ritiene queste opere non costituiscono una categoria distinta e separata
rispetto alle creazioni del design ma coincidono con esse. Questa opinione non è
tuttavia condivisa da chi340 ritiene che l’arte applicata e il design siano due categorie
distinte. La prima consiste in una progettazione estetica autonoma rispetto alla funzione
del prodotto; al contrario, il design ricerca la forma che sia più funzionale all’uso cui il
bene è destinato341. Questa distinzione non appare tuttavia molto chiara perché è legata
335
Sulla disciplina generale del diritto di seguito vedi il par. 3 del presente capitolo.
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 98 ss.
337
ROMANO, L’opera e l’esemplare nel diritto della proprietà intellettuale, CEDAM, Padova,
2001, 30 ss.; GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 98 ss.
338
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 99.
339
FABIANI, Disconoscimento di paternità intellettuale e tutela della personalità, in IDA 1968,
131 ss.; L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, 4 ed.,
CEDAM, Padova, 2007, 348; GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi
all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 87 ss.
340
SARTI, La tutela dell’estetica del prodotto industriale, Giuffrè, Milano, 1990, 14; MUNARI,
Arte come mestiere, Laterza, Bari, 1997, 19.
341
Questa distinzione veniva fatta coincidere con la differenza che il legislatore italiano
operava, anteriormente all’attuazione della direttiva 98/71 sui disegni e modelli industriali, tra le opere
dell’arte applicata all’industria il cui valore artistico fosse scindibile dal carattere industriale del bene,
336
99
a concetti mutevoli nel tempo342. A ben vedere affermare che un prodotto appartenga
alla categoria delle opere del design piuttosto che a quella dell’arte applicata è frutto di
una comparazione fra stili diversi343.
Quanto ai diritti morali, il designer ha sicuramente il potere di rivendicare la
paternità dell’opera nei confronti di chi la attribuisca a sé o ad altri ed il potere, uguale e
contrario, di negare l’attribuzione a sé di opere che effettivamente non gli siano
ascrivibili (art. 20 l.a.)344. Più controverso è invece il diritto ad essere indicato su ogni
singolo esemplare del prodotto industriale messo in commercio. Parte della dottrina345
ritiene che l’autore non possa vantare una vera e propria pretesa alla riproduzione del
suo nome poiché «tale diritto non è riconosciuto in termini assoluti ma dipende dalle
forme d’uso» operanti nel settore di riferimento. Nell’industrial design «l’autore è nella
maggior parte dei casi disinteressato all’apposizione del suo nome sull’opera, che
potrebbe risultare anche pregiudizievole per l’estetica e la funzionalità del prodotto. Gli
usi fanno pertanto presumere che, salvo patto contrario, l’autore non intenda vedere il
suo nome apposto su ogni esemplare». Altri autori346 si esprimono, invece, in senso
favorevole all’attribuzione al designer di un vero e proprio diritto ad essere indicato su
ogni singolo esemplare, ritenendo che «non esistono ragioni di natura pratica o estetica
che possano rendere inopportuna tale indicazione». Sicuramente «la destinazione
utilitaria delle opere in questione, la loro valenza estetica e il materiale di realizzazione
possono influenzare la prassi del settore», ma ciò non comporta «alcuna difficoltà a
riconoscere al designer il diritto di venire indicato come autore sull’opera medesima o
sulle sue varie utilizzazioni». L’indicazione del nome dell’autore è già presente in
numerosi oggetti del design industriale come le carrozzerie delle autovetture e gli
oggetti in ceramica di produzione artigianale.
Quanto al diritto all’integrità dell’opera, anche il designer ha il diritto di
opporsi a qualunque deformazione, mutilazione o modificazione o danno dell’opera che
siano di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione professionale347. Tuttavia, la
tutelate ai sensi dell’art. 2, n. 4, l.a., e i modelli ornamentali. Così SARTI, La tutela dell’estetica del
prodotto industriale, Giuffrè, Milano, 1990, 14, affermava che «l’opera progettata separatamente dagli
elementi funzionali del prodotto ed apprezzata indipendentemente dalla sua capacità di esaltare questa sua
funzionalità è un’opera nata e goduta in modo autonomo e pertanto ritenuta concettualmente scindibile
dal suo valore utile» e dunque proteggibile dal diritto d’autore ex art. 2, n. 4, l.a.
342
«Paradossalmente, la stessa creazione potrebbe essere considerata come arte applicata
oppure design se comparata ad altre di periodi precedenti o successivi a quello in cui è stata progettata»
(GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio,
Giuffrè, Milano, 2005, 94).
343
In questo senso GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi
all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 94, la quale ritiene che «etichettare una
creazione come design o arte applicata sia in realtà frutto di una comparazione fra stili di progettazione e
modalità di espressione del processo di trasposizione dell’idea dalla mente del progettista all’oggetto
futuro del suo lavoro».
344
L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, 4
ed., CEDAM, Padova, 2007, 348;
345
L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, 4
ed., CEDAM, Padova, 2007, 348; L.C. UBERTAZZI E AMMENDOLA, Il diritto d’autore, UTET, Torino,
1993, 56; RICOLFI, Diritto d’autore, in G. COTTINO, Trattato di diritto commerciale, CEDAM, Padova,
2001, 477.
346
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, 2005, Milano, 88 ss.
347
L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, 4
ed., CEDAM, Padova, 2007, 348; GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi
100
peculiare natura delle opere del design e il processo industriale di cui sono parte,
suggerisce una lettura restrittiva anche del divieto di modifiche pregiudizievoli348. Le
creazioni del disegno industriale sono infatti profondamente interrelate all’attività
d’impresa e ciò pone il problema di come conciliare l’interesse dell’autore all’integrità
dell’opera con quello dell’imprenditore, legato alle esigenze di produzione349. Parte
della dottrina350 ritiene che la violazione del diritto morale sia limitata ai casi in cui la
modifica non è conosciuta dal designer, o non è giustificata da esigenze di produzione,
ovvero incide fortemente sull’opera tanto da svalutare gli elementi di creatività iniziali.
Altri autori351 aggiungono che non configurano violazione del diritto morale dell’autore
le modificazioni apportate dall’imprenditore quando il prodotto risulta non coerente con
la funzione svolta o è difettoso o pericoloso per l’incolumità dei consumatori ovvero in
contrasto con una disciplina normativa. In ogni caso non è consentito al produttore di
imporre modifiche che attengono esclusivamente alle tematiche dell’opera e al suo
significato, poiché tali modificazioni sarebbero sicuramente lesive della personalità
dell’autore352.
11. L’art. 44, co. 1, cpi, prima della novella del 2007, stabiliva che i diritti di
utilizzazione economica sui disegni e modelli industriali protetti ai sensi dell’art. 2, co.
1, n. 10, l.a. durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del venticinquesimo anno
solare dopo la sua morte o dopo la morte dell’ultimo dei coautori. Questa disposizione
introduceva una disciplina ad hoc per le opere del design circa la durata della protezione
e si poneva in contrasto sia con alcune direttive comunitarie che con la nostra
costituzione. Il riferimento è alla direttiva 93/98/CEE sulla durata della protezione del
diritto d’autore e dei diritti connessi353 e alla direttiva 98/71/CEE sui disegni e modelli
industriali. L’art. 1 della direttiva 93/98/CE ha uniformato la durata della tutela d’autore
all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, 2005, Milano, 89 ss. Per una ricostruzione del concetto di
onore e reputazione vedi il par. 4 A di questo capitolo.
348
RICOLFI, Diritto d’autore, in G. COTTINO, Trattato di diritto commerciale, CEDAM, Padova,
2001, 481; SANNA, sub Introduzione agli artt. 31-44 cpi, in L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle
leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, 4 ed., CEDAM, Padova, 2007, 348; GUIZZARDI, La tutela
d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, 2005, Milano,
89 ss.
349
Un problema analogo si pone con riguardo alle opere dell’architettura. All’uopo, l’art. 20,
co.2, l.a. dispone che «l’autore non può opporsi alle modificazioni che si rendessero necessarie nel corso
della realizzazione». La disposizione ammette le modifiche che siano di pregiudizio all’onore e alla
reputazione dell’architetto ma solo se si rendessero obiettivamente necessarie per motivi di natura tecnica
o legale nel corso della realizzazione; mentre esclude i cambiamenti derivanti da valutazioni soggettive e
discrezionali del committente (GIANNINI, Disegni e opere di architettura, in IDA 1956, 1 ss.;
AMMENDOLA, L’opera architettonica come oggetto di diritto d’autore, in IDA 1978, 116 ss.; DE SANCTIS,
La protezione delle opere dell’ingegno, cit. 575; RICOLFI, Diritto d’autore, in G. COTTINO, Trattato di
diritto commerciale, CEDAM, Padova, 2001, 480).
350
SANNA, Sub introduzione agli artt. 31-44 cpi, in L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle
leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, 4 ed., CEDAM, Padova, 2007, 4 ed., CEDAM, Padova,
2007, 348.
351
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 92.
352
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 92.
353
La direttiva richiamata persegue lo scopo di uniformare la durata della protezione d’autore
delle opere letterarie ed artistiche nelle varie legislazioni nazionali al fine di impedire che un’opera possa
cadere in pubblico dominio in uno stato e, allo stesso tempo, essere ancora protetta in un altro. Ciò
avrebbe infatti ostacolato la libera circolazione all’interno dell’Unione.
101
sulle opere letterarie e artistiche previste dall’art. 2 della CUB, fra le quali sono
ricomprese anche le opere delle arti applicate all’industria, in settant’anni dalla morte
dell’autore. L’art. 17 della direttiva 98/71/CE ha invece imposto agli stati membri di
estendere la tutela prevista dalla legge d’autore nazionale alle opere del design, senza
prevedere disposizioni speciali circa la durata della protezione.
Sotto il profilo costituzionale, l’art. 44 cpi violava sia l’art. 10, che impone
allo stato italiano di rispettare gli impegni assunti in ambito internazionale, sia l’art. 3
perché introduce una ingiustificata disparità di trattamento tra le creazioni del design e
le altre opere dell’ingegno.
A fronte della procedura di infrazione avviata dalla commissione europea nei
confronti dell’Italia, il legislatore nazionale ha emanato il d.l. 10/2007 che ha
modificato l’art. 44, co. 1, cpi parificando la durata del diritto d’autore sui prodotti del
design al termine ordinario di settant’anni dalla scomparsa dell’autore354.
12. Le opere del disegno industriale possono essere realizzate dall’autore in
modo indipendente oppure nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato o
autonomo.
La prima ipotesi è la più semplice. Al riguardo la dottrina355 ritiene che l’autore
acquista in via originaria tutti i diritti patrimoniali e morali. Il titolo è costituito dalla
creazione e l’acquisto si verifica nel momento in cui l’opera viene realizzata.
Più frequentemente, la creazione del design viene realizzata nell’adempimento
di un contratto di lavoro subordinato in cui l’attività creativa costituisce l’oggetto del
rapporto ed è a tal fine retribuita356. Questa fattispecie è prevista e disciplinata dall’art.
12 ter l.a., secondo cui «salvo patto contrario, il datore di lavoro è titolare di tutti i diritti
di sfruttamento economico dell’opera del disegno industriale creata dal dipendente
nell’esercizio delle sue mansioni». Questa disposizione fissa una regola di appartenenza
unitaria dei diritti patrimoniali al datore, fermo restando la titolarità dei diritti morali in
capo all’autore357. L’acquisto di tutte le facoltà di utilizzazione avviene a titolo
derivativo, dal momento che esse appartengono originariamente all’autore. Parte della
dottrina358 ritiene che la fattispecie traslativa si perfezioni con la creazione e non
richieda alcun atto di trasferimento. Essa costituisce un effetto naturale del contratto,
derogabile per volontà delle parti mediante patto contrario.
Le creazioni del design possono essere realizzate, oltre che nell’ambito di un
rapporto di lavoro subordinato, in esecuzione di un contratto di prestazione d’opera, con
354
SANNA, Sub art. 44 cpi, in L.C. UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà
intellettuale e concorrenza, 4 ed., CEDAM, Padova, 2007, 379; ID., Sub art. 44 cpi, in L.C. UBERTAZZI, Il
codice della proprietà industriale, CEDAM, Padova, 2009, 4 ed., 213 ss.
355
L.C. UBERTAZZI, I soggetti, in ID., I diritti d’autore e connessi. Scritti, Giuffrè, Milano,
2003, 21; GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 101.
356
L.C. UBERTAZZI, I soggetti, in ID., I diritti d’autore e connessi. Scritti, Giuffrè, Milano,
2003, 22.
357
Questa regola è espressamente prevista, oltre che in materia di design, anche per i
programmi per elaboratore elettronico e le banche dati dall’art. 12 bis. Sull’argomento vedi il paragrafo 4
di questo capitolo.
358
PIOLA CASELLI, Diritto d’autore, voce in Nuovo digesto, par. 26; JARACH, Manuale del
diritto d’autore, Mursia, Milano, 1983, 170; OPPO, Creazione intellettuale, creazione industriale e diritti
di utilizzazione economica, in Riv. dir. civ. 1969, I, 37; CAROSONE, L’opera dell’ingegno creata nel
rapporto di lavoro autonomo e subordinato, Giuffrè, Milano, 1999, 169; L.C. UBERTAZZI, Commentario
breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, 4 ed., CEDAM, Padova, 2007, 347.
102
cui il designer si obbliga nei confronti del committente a creare personalmente e senza
vincolo di subordinazione l’opera commissionata, verso un corrispettivo. La l.a. non
prevede per le opere realizzate su commissione una disposizione analoga all’art. 12 ter.
L’opinione maggioritaria ritiene che l’acquisto avvenga a titolo derivativo e sia
subordinato all’accettazione da parte del committente359. A differenza dell’ipotesi
precedente, tuttavia, oggetto del trasferimento sono solamente le facoltà di utilizzazione
economica rientranti nell’oggetto e nello scopo del contratto, non sussistendo le
medesime ragioni che giustificano l’attribuzione al datore di tutti i diritti di
utilizzazione360. Nel rapporto di lavoro subordinato, la creazione viene realizzata
utilizzando i fattori di produzione messi a disposizione dal datore e nell’ambito di un
progetto di cui questi sopporta l’intero rischio economico. Di contro nel contratto di
prestazione d’opera l’attività creativa viene svolta dal designer in modo autonomo,
senza alcun apporto in termini organizzativi o economici da parte del committente.
13. L’art. 44, nella sua nuova formulazione, ha dunque esteso ai disegni e
modelli registrati la protezione d’autore a condizione che sussistano i requisiti di cui
all’art. 2, n. 10, l.a. L’applicazione immediata di questa disposizione avrebbe avuto
l’effetto di assoggettare alla tutela d’autore le creazioni intellettuali cadute in pubblico
dominio, determinando un grave pregiudizio per quegli imprenditori che, nel frattempo,
avessero intrapreso la produzione e commercializzazione dei prodotti ai quali i disegni e
modelli sono applicati. Di qui la necessità di prevedere una disciplina transitoria,
contenuta dapprima nell’art. 25 bis del d. lgs. 95/2001 e successivamente confluita
nell’art. 239 del cpi.
L’art. 25 bis stabiliva che la protezione d’autore non si applica per un periodo
di dieci anni decorrenti dal 19 aprile 2001 ai prodotti fabbricati, commercializzati od
offerti anteriormente a tale data e conformi ai disegni e modelli precedentemente tutelati
dal brevetto e caduti in pubblico dominio361. La disposizione richiamata ometteva di
disciplinare il caso in cui il designer non avesse mai provveduto a depositare la
domanda di registrazione. Parte della dottrina362 suggeriva di estendere l’applicazione
dell’art. 25 bis anche ai disegni e modelli mai registrati sul presupposto che le due
fattispecie fossero accomunate da una eadem ratio, ovvero l’esigenza di tutelare il
legittimo affidamento degli imprenditori che, confidando nella libera utilizzabilità di tali
prodotti, avessero effettuato investimenti. In caso contrario, si sarebbe configurata una
violazione del principio di parità di trattamento, sancito dall’art. 3 cost., tra i titolari di
un brevetto per disegno o modello scaduto e gli imprenditori che prima del 19 aprile
359
AUTERI, Diritto di autore, in AA. VV., Diritto industriale, proprietà intellettuale e
concorrenza, 3 ed., Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 567 ss.; RICOLFI, Il diritto d’autore, in ABRIANI,
COTTINO e RICOLFI, Diritto industriale, CEDAM, Padova, 2001, 390 ss.
360
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 105; P. GALLI, sub art.12 bis l.a., in L.C. UBERTAZZI, Commentario
breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, 4 ed., CEDAM, Padova, 2007, 1545 ss.
361
SENA, Commento al d. lgs. 12 aprile 2001, n. 164, in Riv. dir. ind. 2001, III, 65.
362
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 116 e in giurisprudenza: App. Milano, 21 giugno 2007, in AIDA
2008, 1225; Trib. Bologna, ord. 3 agosto 2004, in AIDA 2005, 1043, con nota di SANNA; Trib. Monza, 16
luglio 2002, in IDI 2003, 55 con nota di FITTANTE e in AIDA 2004, 966, con nota di SARTI, Osservazioni
in tema di industrial design e diritto d’autore, Trib. Monza, ord. 23 aprile 2002, in AIDA 2003, 914 con
nota di SANNA. In senso contrario all’applicazione analogica dell’art. 25 bis vedi Trib. Firenze, 6 agosto
2003, in AIDA 2004, 987; Trib. Monza, 23 aprile 2002, ivi 2003, 914; Trib. Bologna, ord. 3 agosto 2004,
in AIDA 2005, 1043.
103
2001, avessero prodotto offerto o commercializzato prodotti che non erano mai stati non
protetti da alcuna privativa363. Inoltre la circolare interpretativa n. 454/2004, emanata
dal Ministero delle attività produttive precisava che «ai fini di una corretta e coordinata
applicazione» dell’art. 25 bis e in attesa dell’entrata in vigore del T.U. sulla proprietà
industriale «nella disposizione dell’art. 25 bis decreto legislativo 164/2001 ed in
qualunque altre disposizione ove essa fosse richiamata o trascritta, la locuzione “disegni
e modelli precedentemente tutelati da brevetto” individua i disegni e i modelli il cui
relativo brevetto sia ormai scaduto oppure decaduto oppure a cui il titolare abbia
rinunciato» e «la locuzione “caduti in pubblico dominio” deve intendersi riferita a due
distinte ipotesi: quella dei disegni e modelli indicati sopra il cui relativo brevetto non
esplica più i suoi effetti e quella dei disegni e modelli per i quali non sia mai stata
presentata domanda di brevettazione».
L’art. 25 bis è stato sostituito dall’art. 239 cpi, in base al quale «per un periodo
di dieci anni decorrenti dalla data del 19 aprile 2001, la protezione accordata ai disegni
e modelli ai sensi dell’art. 2, primo comma, numero 10, della legge 22 aprile 641, n.
633, non opera nei soli confronti di coloro che, anteriormente alla predetta data, hanno
intrapreso la fabbricazione, l’offerta o la commercializzazione di prodotti realizzati in
conformità con disegni o modelli che erano oppure erano divenuti di pubblico
dominio». Questa disposizione, introdotta dal d. lgs. 10 febbraio 2005 n. 30, riprende il
contenuto dell’art. 25 bis, sostituendo però la locuzione «disegni o modelli
precedentemente tutelati da brevetto e caduti in pubblico dominio» con «disegni o
modelli che erano oppure erano divenuti di pubblico dominio». Ne consegue che anche
le opere per le quali non è mai stata depositata una domanda di registrazione sono
escluse dalla protezione d’autore per un periodo decennale ogniqualvolta la loro
utilizzazione sia iniziata prima del 19 aprile 2001. Parte della dottrina364 ritiene che
questa formulazione discenda dalla consapevolezza della sostanziale equivalenza tra la
posizione di chi abbia confidato fondatamente nella scadenza della protezione
brevettuale e quella di coloro che abbiano fatto legittimo affidamento sull’assenza di
privative sul design. Alcuni autori365 replicano che la condizione di chi abbia beneficiato
della privativa nascente da brevetto per un congruo lasso di tempo non sia assimilabile a
quella di coloro che invece non abbiano goduto di alcuna tutela, con la conseguenza che
questi ultimi meriterebbero una protezione maggiore, anche in pregiudizio dei liberi
utilizzatori anteriori. Questa opinione si espone tuttavia alla critica in base alla quale
non esistono ragioni per premiare la negligenza e l’inattività di chi non abbia
provveduto a depositare la domanda di registrazione come disegno o modello rispetto a
coloro che ne hanno sostenuto i relativi oneri366.
L’art. 239 cpi è stato successivamente modificato dall’art. 4 del d.l. 15 febbraio
2007, n. 10, convertito con la l. 6 aprile 2007, n. 46. Nella sua attuale formulazione, tale
disposizione prevede che «la protezione accordata ai disegni e modelli industriali ai
sensi dell’art. 2, primo comma, numero 10, della legge 22 aprile 1941, n. 633, non opera
in relazione ai prodotti realizzati in conformità ai disegni e modelli che, anteriormente
363
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 117.
364
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 117.
365
BONELLI, Industrial design e tutela di diritto d’autore, in IDA 2003, 521.
366
SARTI, Il design, in L.C. UBERTAZZI, Il codice della proprietà industriale. Atti del convegno
AIPPI di Milano del 5 febbraio 2004, Giuffrè, Milano, 2004, 115.
104
alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 95, erano oppure
erano divenuti di pubblico dominio». Al riguardo, la dottrina propone due differenti
interpretazioni.
Una prima opinione ritiene che l’art. 239 debba essere letto nel senso di
ammettere la liceità delle sole utilizzazioni che siano state intraprese prima della data di
entrata in vigore della novella del 2001; viceversa, sarebbe illecita ogni altra attività di
produzione e di commercializzazione delle opere prodotte dopo tale data. In questo
senso si è espressa anche una recente ordinanza, pronunciata dal tribunale di Monza367.
Una seconda opinione, invece, riferisce il limite temporale non all’attività di
produzione o di commercializzazione, bensì al momento in cui la protezione nascente
dalla registrazione è venuta meno cosicché se il disegno o modello non è mai stato
protetto da brevetto o la tutela brevettuale è scaduta prima del 19 aprile 2001, l’attività
di utilizzazione può essere lecitamente proseguita anche dopo tale data. Ne consegue
che tutti i disegni o modelli anteriori al 2001 non potranno mai essere protetti dal diritto
d’autore. Parte della dottrina368 ritiene tuttavia che questa interpretazione sia in
contrasto con il diritto comunitario e costituzionale. La corte di giustizia ha infatti
affermato in numerose decisioni il principio secondo cui «le leggi che modificano una
disposizione legislativa si applicano, salvo espressa deroga, agli effetti futuri di
situazioni sorte sotto l’impero della vecchia legge»369, e ciò anche quando
367
Trib. Monza, ord. 15 luglio 2008, in AIDA 2009, 1298. Nel caso di specie, la ricorrente,
Cassina s.p.a., assumeva di essere titolare dei diritti di utilizzazione relativi ai prodotti di arredamento
(poltroncine e divani) realizzati dal famoso architetto francese Le Corbusier e lamentava la violazione del
diritto d’autore da parte della G. Arredamenti s.r.l. che aveva prodotto e commercializzato dei mobili
identici a quelli disegnati da Le Corbusier. La Cassina s.p.a. presenta ricorso ex art. 700 (provvedimenti
d’urgenza) che viene respinto in sede cautelare ed accolto a seguito del reclamo. Successivamente viene
instaurato il giudizio di merito. La ricorrente rivendica la titolarità dei diritti esclusivi di utilizzazione e
l’inapplicabilità dell’art.. 25 bis, dal momento che i mobili in questione non erano stati registrati come
modelli. Di contro, la parte convenuta sostiene che tale disposizione possa trovare applicazione in via
analogica anche alle opere del design che non erano state brevettate anteriormente all’entrata in vigore
della novella del 2001. Successivamente interviene il d.lgs. 30/2005 che introduce l’art. 239 cpi. La corte,
che non si era ancora pronunciata, emette una ordinanza di rimessione della causa a ruolo. Nel frattempo
il legislatore, a seguito della procedura di infrazione avviata dalla commissione contro l’Italia per la
violazione da parte dell’art. 239 degli artt. 17 e 19 della direttiva comunitaria 98/71/CE, emette il d.l.
10/2007 che modifica nuovamente l’art. 239 cpi così come risulta nella sua attuale formulazione. Nel
merito, il collegio ritiene di non aderire all’interpretazione secondo la quale le attività di produzione e
commercializzazione di prodotti che costituiscono imitazioni di disegni o modelli non registrati o la cui
privativa sia scaduta prima dell’entrata in vigore della novella del 2001 possono essere lecitamente
continuate anche dopo tale data. Al contrario, l’imitazione e la commercializzazione di tali opere da parte
della convenuta è legittimo fino al 15 febbraio 2007, data di entrata in vigore del d.l. che ha modificato
l’art. 239. A partire da tale data e in applicazione dell’art. 11 delle preleggi, che pone la regola della
irretroattività della legge, dovrà invece applicarsi l’art. 239 così come risulta dalla sua attuale
formulazione, con la conseguenza che l’ulteriore produzione e commercializzazione delle riproduzioni
dei mobili di Le Corbusier è da considerare illegittima.
368
Corte di giustizia, 29 giugno 1999, Butterfly Music Srl v Carosello Edizioni Musicali e
Discografiche Srl (CEMED), causa C-60/98, in AIDA 1999, 579, punto 25; L.C. UBERTAZZI, Durata dei
diritti connessi e diritto transitorio, in ID., I diritti d’autore e connessi. Scritti, 2 ed., Giuffrè, Milano
2003, 213 ss.; SARTI, Il design, in L.C. UBERTAZZI, Il codice della proprietà industriale. Atti del convegno
AIPPI di Milano del 5 febbraio 2004, Giuffrè, Milano, 2004, 116 ss.
369
Così anche Corte di giustizia 10 luglio 1986, Assunta Licata, causa 270/84, in Raccolta
1986, 2305, punto 2; Corte di giustizia 5 febbraio 1981, signora P. c. Commissione, in causa 40/79, in
Raccolta 1981, 361, punto 1; Corte di giustizia 25 ottobre 1978, Koninklijke Scholten Honig NV, causa
125/77, in Raccolta 1978, 1991, punto 3; Corte di giustizia 15 febbraio 1978, Ancienne Maison Marcel
Bauche, causa 96/77, in Raccolta 1978, 383, punto 2; Corte di giustizia 14 aprile 1970,
105
l’applicazione della nuova disciplina lede gli interessi di coloro che si erano determinati
facendo affidamento sulla conservazione dello status quo370. Il riferimento è alla
direttiva 98/71/CE sui disegni e modelli industriali che all’art. 17 introduce il cumulo
fra la tutela d’autore e la privativa sui disegni e modelli registrati. Ne consegue che gli
stati membri possono sì introdurre una disciplina che tuteli il legittimo affidamento di
coloro che hanno intrapreso l’attività di utilizzazione dei prodotti conformi ai disegni e
modelli registrati confidando nella scadenza della protezione, ma non possono spingersi
fino al punto di prevedere una disciplina transitoria che abbia l’effetto di escludere la
tutela d’autore delle creazioni del design create prima dell’entrata in vigore della
novella del 2001371.
Bundesknappschaft, causa 68/69, in Raccolta 1970, 171, punto 1.
370
Così nella decisione 14 febbraio 1990, Societè francaise de Biscuits Delacre, causa 350/88,
in Raccolta 1990, 395, punto 3, la Corte di giustizia ha affermato che «gli operatori economici non
possono fare legittimo affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere
modificata nell’ambito del potere discrezionale delle istituzioni comunitarie» (in questo senso vedi anche
Corte di giustizia 17 giugno 1987, Cooperative Melkproducentenbedrijven Noord-Nederland BA, cause
riunite 424/85 e 425/85, in Raccolta 1987, 2755, punto 3); in un’altra decisione la medesima corte ha
affermato che «il principio del legittimo affidamento non può estendersi fino al punto di vietare, in via
generale, una nuova normativa che si applichi agli effetti futuri di situazioni sorte in vigenza della
normativa antecedente» (Corte di giustizia 22 febbraio 1990, CECA, causa 221/88, in Raccolta 1990, 495,
punto 4 e Corte di giustizia 14 gennaio 1987, Repubblica federale di Germania, causa 278/84, in
Raccolta 1987, 1, punto 4). La stessa linea si ritrova anche nella sentenza della Corte di giustizia 16
maggio 1979, Angelo Tomadini s.n.c., causa 84/78, in Raccolta 1979, 1801, punto 1, nella quale essa
afferma che «l’applicazione del principio del legittimo affidamento non può essere estesa fino a rendere
impossibile, in generale, che una nuova disciplina si applichi agli effetti futuri di situazioni sorte sotto
l’impero della disciplina anteriore» (così anche Corte di giustizia 14 gennaio 1987, Repubblica federale
di Germania, causa 278/84, in Raccolta 1987, 2, punto 5; Corte di giustizia 5 maggio 1981, Anton
Durbeck, causa 112/80, in Raccolta 1981, 1095, punto 2).
371
Già durante il vigore dell’art. 239 cpi nella sua precedente formulazione la dottrina si
interrogava sulla legittimità della moratoria decennale in favore di chi avesse intrapreso l’attività di
utilizzazione confidando nell’assenza o nella scadenza della privativa brevettuale. Alcuni autori
ritenevano, infatti, che questo periodo di grazia fosse soltanto uno strumento per eludere l’obbligo degli
stati membri di introdurre il cumulo fra la tutela d’autore e la tutela speciale dei disegni e modelli (in
questo si è espresso SARTI, Il design, in L.C. UBERTAZZI, Il codice della proprietà industriale. atti del
convegno AIPPI di Milano del 5 febbraio 2004, Giuffrè, Milano, 2004, 116). Questa opinione era inoltre
avvalorata dalla decisione della commissione di avviare una procedura di infrazione contro l’Italia proprio
per la violazione, da parte dell’art. 239 cpi, degli artt. 17 e 19 della direttiva comunitaria sui disegni e
modelli industriali. Sull’argomento si sono pronunciati anche il Trib. Milano, ord. 28 maggio 2009 e Trib.
Milano, ord. 31 aprile 2009, entrambe in IDI 2009, 309 ss. con nota di FLORIDIA, Il regime transitorio
della tutela dell’industrial design.
106
CAPITOLO IV
Sommario: 1. Il principio del cumulo delle protezioni nel sistema comunitario; - 2. La
nozione di cumulo nell’ordinamento giuridico italiano; - 3. La titolarità e la
circolazione dei diritti oggetto di cumulo; - 4. L’ampiezza dei diritti in capo al
cessionario; - 5. I vantaggi del cumulo.
1. Nel periodo precedente l’emanazione della direttiva CE 98/71, le differenze
presenti negli ordinamenti nazionali riguardo sia ai sistemi di protezione delle opere del
disegno industriale372 che al rapporto con le altre discipline poste a tutela della forma373,
in particolare con il diritto d’autore374, avevano impedito di apprestare una protezione
uniforme del design estesa a tutto il territorio comunitario. Queste differenze sono
venute meno per effetto della direttiva CE 98/71 sui disegni e modelli industriali e del
regolamento CE 02/6 sui disegni e sui modelli comunitari375.
372
I sistemi di protezione in vigore nei diversi ordinamenti nazionali prima dell’emanazione
della direttiva erano principalmente due, il copyright approach e il patent approach. Il primo è proprio
degli ordinamenti francese e tedesco, in cui tuttavia esso viene affrontato secondo diversi ordini di idee.
Nel sistema francese, infatti, tutte le opere di design sono ammesse a beneficiare della protezione
d’autore; in quello tedesco, invece, le opere del design sono tendenzialmente protette dalla normativa
propria in materia di disegni e modelli, qualificate quindi come opere dell’ingegno dotate di un minore
grado di creatività. Il secondo è invece proprio di ordinamenti, quale quello italiano, che distingueva le
creazioni di industrial design e le opere dell’ingegno non sulla base di un criterio quantitativo,
rappresentato dal grado di creatività, quanto piuttosto qualitativo, cioè del principio di scindibilità. In
Grecia non esisteva una specifica protezione per le opere di design; la prima disciplina specifica in
materia di design risale al 1996. Anteriormente la protezione di tali opere era affidata alla disciplina sulla
concorrenza sleale e al diritto d’autore (SARTI, Il sistema di protezione comunitario dei disegni e dei
modelli, in Contr. impr. eur. 1999, 410).
373
Un illustre autore aveva definito il problema della tutela della forma bidimensionale e
tridimensionale come uno dei più tormentati argomenti della materia, in quanto situato al crocevia di
diversi sistema di norme, ciascuno espressione di altrettante finalità di interessi meritevoli di tutela
(MANGINI, Invenzioni industriali. Modelli di utilità e disegni ornamentali, in SCIALOJA e BRANCA,
Commentario al codice civile, Zanichelli-Foro italiano, Bologna-Roma, 1987, 73). Nell’ordinamento
italiano, ad esempio, la legge modelli proteggeva i disegni e modelli atti a conferire al prodotto uno
speciale ornamento, mentre la legge d’autore tutelava le opere del design in quanto il valore artistico fosse
scindibile dal carattere industriale del prodotto. Accanto a questi due sistemi di protezione, la forma di un
prodotto poteva altresì riceve tutela come marchio di forma o sul piano della concorrenza sleale
confusoria, che vieta l’imitazione servile delle caratteristiche esteriori dei prodotti concorrenti (VANZETTI,
I diversi livelli di tutela delle forme ornamentali e funzionali, in Riv. dir. ind. 1994, I, 319 ss.; SARTI, La
tutela dell’estetica del prodotto industriale, Giuffrè, Milano, 1990, 120; AUTERI, Industrial design, in
ZIRTI, Dizionari del diritto privato, 98; CARNEVALI, Diritto commerciale e industriale, Giuffrè, Milano,
1981, 565).
374
Si andava dall’esclusione della tutela d’autore per le opere del design, come avveniva in
Italia sulla base dell’interpretazione restrittiva del requisito della scindibilità di cui all’art. 2, co. 4, l.a.
nella sua precedente formulazione, a sistemi, quale quello francese, che prevedevano un perfetto cumulo
tra la protezione specifica in materia di disegni e modelli, legata a formalità di deposito, e la tutela
d’autore, passando per ordinamenti, come quelli dei paesi del Benelux che subordinavano la protezione
dei disegni e modelli al possesso di un carattere artistico spiccato.
375
Il regolamento CE 02/6 ha istituito un sistema di protezione sovranazionale dei disegni e
modelli, con effetti estesi su tutto il territorio dell’Unione, derivante dalla registrazione o dalla
divulgazione. La creazione di una privativa avente carattere sovranazionale deriva dall’esigenza di evitare
la frammentazione del mercato europeo in una pluralità di sottomercati nazionali (GUIZZARDI, La tutela
d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005,
16). Infatti, le legislazioni nazionali in materia di proprietà industriale attribuiscono diritti di esclusiva
aventi carattere territoriale e conseguentemente consentono al titolare di opporsi all’importazione di
107
La direttiva ha provveduto a ravvicinare ed armonizzare le legislazioni degli
stati membri prevedendo una disciplina uniforme riguardo all’oggetto, al contenuto, alla
durata della protezione dei disegni e modelli industriali376 e alle relazioni con le altre
forme di tutela377, in particolare con il diritto d’autore.
Al riguardo, la direttiva estende la tutela offerta dalle norme del diritto d’autore
nazionale ai disegni e modelli industriali protetti mediante la registrazione,
determinando così l’introduzione del cumulo delle protezioni in tutti gli ordinamenti dei
paesi membri378. L’ottavo considerando della direttiva 98/71 prevede che «è importante
stabilire il principio della cumulabilità della protezione offerta dalla normativa specifica
sui diritti e sui modelli registrati con quella offerta dal diritto d’autore». La previsione
del cumulo è contenuta nell’art. 17, in base al quale «i disegni e modelli protetti come
disegni e modelli registrati in uno stato membro a norma della direttiva sono ammessi a
beneficiare altresì della protezione offerta dalla legge sul diritto d’autore nazionale, sin
dal momento in cui un disegno o modello è stato creato o stabilito in qualsiasi forma.
Ciascuno stato membro determina l'estensione della protezione e le condizioni alle quali
essa è concessa, compreso il grado di originalità che il disegno o modello deve
possedere».
La direttiva impone dunque agli stati membri di estendere alle opere del design
la tutela d’autore, lasciando però loro la scelta di determinare come il cumulo debba in
concreto operare. In alcuni ordinamenti379, i legislatori nazionali hanno deciso di non
subordinare la protezione d’autore del design a requisiti diversi da quelli previsti in
generale per le altre opere dell’ingegno, scegliendo così di introdurre un cumulo totale.
Ne discende, in linea di principio, che tutte le creazioni del disegno industriale oggetto
di registrazione sono ammesse a beneficiare altresì della tutela d’autore. Altri, invece,
hanno scelto di introdurre requisiti ulteriori rispetto alla creatività380 o di richiedere un
grado più elevato di originalità381, introducendo così un cumulo solo parziale. Ne
consegue che soltanto alcune fra le opere del disegno industriale potranno fruire della
protezione speciale dei disegni e modelli.
prodotti che incorporano il medesimo disegno o modello, anche se legittimamente messi in commercio
nel paese di origine.
376
Su questi profili vedi il par. 3 del cap. I.
377
La direttiva si preoccupa, infatti, di coordinare la disciplina armonizzata in materia di
disegni e modelli con le altre forme di privative industriali previste dagli ordinamenti nazionali, quali, i
marchi di forma, le disposizioni applicabili ai modelli di utilità, i caratteri tipografici, la concorrenza
sleale per imitazione servile ed i brevetti per invenzione.
378
La scelta di proteggere le opere del disegno industriale anche con il diritto d’autore,
maturata in ambito comunitario, era stata auspicata in precedenza dalla stessa Commissione europea nel
«Libro Verde sulla tutela giuridica dei disegni industriali del 1991», sempreché ne sussistessero gli
specifici requisiti. Il cumulo era infatti previsto in quasi tutti gli ordinamenti dell’Unione europea, ad
eccezione dell’Italia e della Grecia. Questa situazione creava problemi di funzionamento del mercato
interno comunitario, soprattutto alla luce del principio di reciprocità, sancito dall’art. 2, par. 7, della CUB,
secondo cui «per le opere protette nel paese di origine unicamente come disegni e modelli può essere
rivendicata in un altro paese dell’Unione soltanto la protezione speciale, ivi concessa ai disegni e
modelli». Ne discende che un’opera di design non protetta quale opera dell’ingegno nel paese d’origine si
vedeva negata una simile protezione anche nel diverso paese che viceversa tale protezione accordasse in
linea generale. Ciò determinava situazioni discriminanti incompatibili con la realizzazione di un mercato
unico ed armonizzato.
379
È il caso, ad esempio, dell’ordinamento francese.
380
Come è avvenuto nel nostro ordinamento. Sul punto vedi il par. seguente.
381
Il riferimento è al sistema tedesco.
108
Ciò premesso, alcuni ordinamenti382 intendono la nozione di cumulo come
«affiancamento»383 delle due normative, nel senso che su una medesima creazione
alcuni elementi possono essere protetti dalla disciplina speciale sui disegni e modelli,
mentre altri dal diritto d’autore. Ne consegue che il titolare potrà avvalersi dell’una o
dell’altra forma di protezione a seconda delle caratteristiche di volta in volta prese in
considerazione. Questa impostazione presuppone, tuttavia, che le creazioni del disegno
industriale siano oggetti su cui vengono applicati speciali ornamenti ed appare quindi in
contrasto con le attuali tendenze del design, secondo cui l’attività del designer consiste
nella progettazione estetica e funzionale di un prodotto e non nell’ornamento di un
prodotto già esistente384. La nozione di cumulo, cui il legislatore comunitario ha inteso
fare riferimento, dovrebbe allora intendersi più correttamente come coesistenza e
sovrapposizione delle due discipline, con la conseguenza che il titolare potrà decidere se
avvalersi di entrambe ovvero di una o dell’altra, permettendo alla stessa creazione di
beneficiare simultaneamente dei vantaggi offerti da ciascuna di esse. Questa nozione è
quella attualmente accolta dagli ordinamenti italiano e francese.
La dottrina italiana maggioritaria385 è tuttavia contraria all’estensione della
protezione del diritto d’autore alle opere del design e avanza il timore che tale scelta
possa rendere superflua la privativa sui disegni e modelli registrati. La l.a., infatti, offre
una protezione più ampia, avente una durata maggiore e non subordinata ad alcuna
formalità costitutiva. Alcuni autori386 ritengono però che questa preoccupazione sia
infondata, in considerazione della circostanza che il design appartiene all’industria e
soltanto la tutela basata sulla registrazione è idonea ad offrire quelle garanzie di certezza
necessarie per il funzionamento del mercato, sia per quanto attiene alla nascita del
diritto e alla sua validità, sia per quanto riguarda i profili processuali. Infatti, la data del
deposito della domanda di registrazione fissa in modo certo il momento a partire dal
quale il richiedente diviene titolare dei diritti esclusivi nascenti dalla medesima. Inoltre,
la registrazione garantisce una presunzione relativa di validità che, sebbene sia
superabile mediante prova contraria, rappresenta comunque un prezioso strumento di
tutela nei confronti dei contraffattori. Infine, il sistema nascente dalla registrazione si
382
In questo senso è la legge austriaca sui disegni e modelli del 7 giungo 1990.
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 121.
384
In questo senso si è espressa GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale:
incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 122 ss., secondo la quale «è in
contrasto con le attuali tendenze del design l’idea secondo cui la ricerca concernente l’estetica del
prodotto segue alla realizzazione del prodotto e i suoi risultati si sovrappongono come semplice
ornamento, restando logicamente separati da esso. L’attività del designer industriale non consiste
nell’abbellire, nell’apporre una decorazione ad un oggetto finito o preesistente, ma, al contrario,
nell’ideare e poi realizzare un unico prodotto che risponda a determinati imperativi tecnici, economici ed
estetici»; ed ancora «il moderno design è il risultato di uno sforzo creativo di ideazione, progettazione e
realizzazione di un oggetto: di un tutto unico, quindi, di forma e motivi, come tale in grado di beneficiare
simultaneamente di tutte le protezioni concernenti le singole caratteristiche dell’oggetto stesso».
385
GHIDINI, Prospettive “protezionistiche” nel diritto industriale, in Riv. dir. ind. 1995, I, 82
ss.; ID., Profili evolutivi del diritto industriale, Giuffrè, Milano, 2001; RICOLFI, La tutela della proprietà
intellettuale: fra incentivo all’innovazione e scambio ineguale, in Riv. dir. ind. 2002, 511; AUTERI,
Industrial Design e Opere d’Arte Applicata all’Industria (dialogo tra Paolo Spada e Paolo Auteri
commentato di Gustavo Ghidini), in Riv. dir. civ. 2002, II, 275. In senso contrario: SENA, La diversa
funzione e i diversi modelli di tutela della forma del prodotto, in Riv. dir. ind. 2002, I, 577; BONELLI,
Industrial design e tutela di diritto d’autore, in IDA 2003, 497.
386
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 27 ss.
383
109
dimostra più efficace rispetto alla protezione d’autore, sia sul piano della giurisdizione
ordinaria, sia su quello della tutela cautelare d’urgenza.
La dottrina minoritaria387 condivide invece la scelta del legislatore comunitario
di estendere anche alle creazioni del design il diritto d’autore sia per la contiguità
esistente tra le creazioni protette come disegni e modelli e quelle tutelate come opere
dell’ingegno, sia per la coerenza con la natura stessa delle opere del disegno industriale.
Sotto il primo profilo, i disegni e modelli rappresentano uno dei fattori determinanti per
l’affermazione di un prodotto sul mercato; il design si propone proprio come obbiettivo
quello di essere apprezzato, o quanto meno di colpire l’attenzione dei consumatori
perché mirato a costituire un fattore distintivo di scelta del prodotto388. Al tempo stesso,
però, le creazioni del disegno industriale sono opere dell’ingegno, in cui l’elemento
estetico si fonde con quello funzionale. Da ciò discende la necessità di proteggere tali
opere attraverso due sistemi autonomi ma sovrapponibili: la privativa sui disegni e
modelli, che protegge il disegno o modello come fattore economico, e la tutela d’autore
che salvaguardia la personalità dell’autore. Riguardo al secondo profilo, la scelta di
estendere la protezione d’autore alle creazioni dell’industrial design viene ritenuta
coerente con l’evoluzione del diritto d’autore. Alcuni autori389 rilevano, infatti, come gli
interventi normativi di matrice comunitaria390 abbiano confermato la tendenza
manifestatasi anche in ambito nazionale di ampliare il novero delle opere dell’ingegno
proteggibili, ricomprendendo, accanto alle creazioni destinate a soddisfare esigenze
estetiche o intellettive, anche quelle caratterizzate da una destinazione pratica, a
prescindere da qualsiasi meritevolezza artistica o intellettiva391.
La direttiva comunitaria, laddove ammette che le creazioni del design possano
beneficiare della protezione d’autore, impone agli stati membri di abrogare le
disposizioni contenute nelle legislazioni nazionali che precludono l’accesso alla
disciplina del diritto d’autore per tali opere e, allo stesso tempo, vieta loro di introdurre
nuove previsioni che abbiano il medesimo effetto. Per il legislatore italiano ciò si è
tradotto nell’obbligo di abrogare il criterio della scindibilità che escludeva dalla
protezione d’autore le opere tridimensionali del disegno industriale.
387
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 26 ss.
388
Ciò discende dallo stesso requisito del carattere individuale cui è subordinata la protezione.
Sull’interpretazione del carattere individuale vedi il par. del capitolo II
389
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 26 ss.
390
Ci si riferisce, in particolare, alla direttiva CEE 91/250 sul software e le banche dati, che
subordina la protezione d’autore dei programmi per elaboratore alla sola condizione che essi siano il
«risultato di creazioni intellettuali d’autore», precisando, all’ottavo considerando, che «non dovrebbero
essere valutati i meriti qualitativi o estetici del programma». Allo stesso modo, le banche dati sono
tutelate quali opere dell’ingegno in quanto risultato di un’attività di scelta o di disposizione del materiale,
in ciò concretandosi l’apporto intellettuale creativo di colui che ne è l’autore.
391
In questo senso si è espressa GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale:
incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 26, secondo la quale gli artt. 1 l.a.
e 2575 c.c. proteggono le creazioni dell’ingegno dotate di carattere creativo che appartengono alle
categorie ivi indicate qualunque ne sia il modo o la forma di espressione, mentre non dispongono che tali
opere debbano avere «un’esclusiva destinazione al godimento intellettuale ed artistico» per poter
beneficiare della protezione d’autore. E in giurisprudenza: Cass. 23 gennaio 1969 n. 175, in IDA 1969,
215 ss.
110
2. L’attuazione della direttiva sui disegni e modelli industriali nell’ordinamento
italiano è avvenuta con il d. lgs. 2 febbraio 2001, n. 95392. Esso ha modificato le
disposizioni sui disegni e modelli ornamentali stabilendo che la brevettazione fosse
sostituita dalla registrazione, quest’ultima fosse subordinata ai requisiti della novità e
del carattere individuale ed infine la durata della protezione fosse pari a cinque anni
decorrenti dalla data del deposito della domanda, prorogabile per periodi successivi di
cinque anni fino al raggiungimento del venticinquesimo anno. Sul versante del diritto
d’autore, la novella ha eliminato l’inciso finale dell’art. 2, n. 4, l.a., che subordinava la
protezione delle opere d’arte applicata all’industria al requisito della scindibilità, e ha
collocato le creazioni del disegno industriale393 aventi di per sé carattere creativo e
valore artistico394 in un’autonoma categoria di opere proteggibili. Infine, il decreto ha
altresì modificato l’art. 5 del r.d. 1411/1940, che escludeva per le creazioni dell’estetica
industriale l’ammissibilità del ricorso alla doppia tutela della legge modelli e del diritto
d’autore. Dunque la scelta del legislatore italiano è stata quella di ammettere il cumulo
fra la tutela d’autore e la protezione offerta dalla disciplina speciale sui disegni e
modelli. Tuttavia l’estensione del diritto d’autore ad un disegno o modello è subordinata
alla condizione che l’aspetto esteriore del prodotto possieda, oltre al carattere creativo
necessario per la proteggibilità di tutte le opere dell’ingegno, anche il valore artistico395.
Le disposizioni in materia di disegni e modelli contenute nel decreto di
attuazione della direttiva 98/71 sono state abrogate dal d. lgs. 10 febbraio 2005 n. 30,
recante il nuovo codice dei diritti di proprietà industriale emanato in attuazione dell’art.
392
Prima della novella del 2001, le creazioni del disegno industriale potevano ricevere
protezione, alternativamente, dalla legge d’autore e dalla normativa sui disegni e modelli ornamentali o
sui brevetti per modelli di utilità. La prima forma di tutela era subordinata al requisito della scindibilità di
cui all’art. 2, n. 4, l.a. Al contrario, le forme inscindibili dal prodotto bidimensionali o tridimensionali
potevano beneficiare soltanto della protezione offerta dalla l.m.i. Il divieto di cumulo delle due forme di
tutela era espressamente previsto dall’art. 5, co. 2, l.m.i. che negava l’applicazione delle norme sul diritto
d’autore ai disegni e modelli ornamentali protetti dalla legge speciale.
Il criterio della scindibilità, che distingueva i disegni e le forme registrabili da quelle proteggibili dal
diritto d’autore, era inteso come scindibilità concettuale, vale a dire come la possibilità di concepire il
disegno o la forma di un prodotto come «oggetto di contemplazione artistica anziché in funzione della sua
intrinseca inerenza al prodotto industriale» (FLORIDIA, I disegni e modelli, in AA. VV., Diritto industriale
proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 309). Questa interpretazione
finiva per negare la protezione d’autore alle forme tridimensionali dei prodotti industriali, che non erano
concettualmente separabili dal prodotto stesso considerato secondo la sua funzione pratica. Al contrario
tale requisito era più facilmente riscontrabile nei disegni, potendosi essi concepire indipendentemente
dalla funzione ornamentale del prodotto. In questo senso: FLORIDIA, I disegni e modelli, in AA. VV.,
Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 308 ss.;
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio,
Giuffrè, Milano, 2005, 19 ss. e 123 ss.; Trib. Venezia 4 febbraio 2004, in AIDA 2005, 1032. Sul requisito
della scindibilità vedi il par. 7 del capitolo III.
393
L’art. 2, n. 10, l.a. non si riferisce alla categoria del modello. Secondo alcuni autori (SPADA,
Industrial Design e Opere d’Arte Applicata all’Industria (dialogo tra Paolo Spada e Paolo Auteri
commentato da Gustavo Ghidini), in Riv. dir. civ. 2002, II, 267) si tratterebbe di una omissione dovuta
all’uso che generalmente si fa del termine industrial design, comprensiva sia del disegno che del modello.
394
Sull’interpretazione dei requisiti di accesso alla tutela del diritto d’autore per le opere del
design e, in particolare, del requisito del valore artistico vedi il par. 7 del capitolo III.
395
Sull’attuazione della direttiva comunitaria cfr. C. GALLI, L’attuazione della direttiva comunitaria sulla
protezione di disegni e modelli, in Nuove leggi civ. comm. 2001, 883; FLORIDIA, I disegni e modelli, in
AA. VV., Diritto industriale proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2009, 3 ed., 309;
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio,
Giuffrè, Milano, 2005, 19 ss. e 123 ss.; Trib. Venezia 4 febbraio 2004, in AIDA 2005, 1032.
111
15 della l. 12 dicembre 2002, n. 273, contenente la delega al Governo per il riassetto
delle disposizioni in materia di proprietà industriale396. Il codice ha modificato
l’impianto dell’originaria legge modelli, collocando la normativa sui disegni e modelli
in un’apposita sezione, diversa da quella dedicata ai modelli di utilità ed eliminando
ogni riferimento alla disciplina relativa alle invenzioni. Tuttavia, sul piano sostanziale,
parte della dottrina397 obietta che il legislatore non ha provveduto a modificare ed
armonizzare le condizioni di accesso del design alla tutela della proprietà industriale,
disattendendo quanto previsto dall’art 15, lettera c), della legge delega. Tale
disposizione, infatti, delegava esplicitamente al Governo la «revisione ed
armonizzazione della protezione del diritto d’autore sui disegni e sui modelli con la
tutela della proprietà industriale, con particolare riferimento alle condizioni alle quali
essa è concessa, alla sua estensione e alle procedure per il riconoscimento della
sussistenza dei requisiti».
Il legislatore si è infatti limitato a rimuovere gli ostacoli normativi alla
previsione del cumulo delle tutele nel nostro ordinamento e ad introdurre requisiti
particolari di accesso alla tutela d’autore. Si è invece astenuto dall’introdurre
disposizioni specifiche e puntuali che disciplinino gli aspetti particolari connessi al
cumulo, come la titolarità dei diritti nascenti sulla medesima creazione e il regime
circolatorio degli stessi398.
Ne consegue che la disciplina delle modalità di funzionamento del cumulo si
ricava dalle previsioni contenute nella direttiva, in particolare dall’art. 17, e dalle poche
disposizioni di attuazione di volta in volta richiamate.
396
L’art. 15 della legge 273/2002 ha imposto al Governo il rispetto dei seguenti principi: a)
ripartizione della materia per settori omogenei e coordinamento, formale e sostanziale, delle disposizioni
vigenti per garantire coerenza giuridica, logica e sistematica; b) adeguamento della normativa alla
disciplina internazionale e comunitaria intervenuta; c) revisione ed armonizzazione della protezione del
diritto d’autore sui disegni e sui modelli con la tutela della proprietà intellettuale, con particolare
riferimento alle condizioni alle quali essa è concessa, alla sua estensione e alle procedure per il
riconoscimento della sussistenza dei requisiti; d) adeguamento della disciplina alle moderne tecnologie
informatiche; e) riordino e potenziamento della struttura istituzionale preposta alla gestione della
normativa, con previsione dell’estensione della competenza anche alla tutela del diritto d’autore sui
disegni e sui modelli, anche con attribuzione di autonomia amministrativa, finanziaria e gestionale; f)
introduzione di appositi strumenti di semplificazione e riduzione degli adempimenti amministrativi; g)
delegificazione e rinvio alla formazione regolamentare della disciplina dei procedimenti amministrativi
secondo i criteri di cui all’art. 20 della l. 15 marzo 1997, n. 59; h) previsione che la rivelazione o
l’impiego di conoscenze ed esperienze tecnico-industriali, generalmente note e facilmente accessibili agli
esperti e operatori del settore, non costituiscono violazioni di segreto aziendale.
397
LAVAGNINI, I requisiti di proteggibilità del design, in Il codice della proprietà industriale,
Giuffrè, Milano, 2004, 137; FLORIDIA, Il Commento, in Dir. ind. 2003, 27, GUIZZARDI, La tutela d’autore
del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 22.
398
Secondo alcuni autori (GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi
all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 124) la ragione della mancanza di
disposizioni specifiche relative alla titolarità dei diritti oggetto di cumulo e al regime di pubblicità cui
sono sottoposti è da ravvisare nel fatto che la stessa direttiva CE 98/71 si è limitata ad introdurre il
cumulo. Tuttavia, la decisione del legislatore comunitario di astenersi dal dettare una normativa puntuale
risponde ad una precisa scelta di politica legislativa: la direttiva sui disegni e modelli persegue
l’obbiettivo di ravvicinare le legislazioni degli stati membri relativamente agli aspetti che più incidono,
negativamente, sulle condizioni del mercato e non quello di armonizzare il diritto d’autore nazionale. I
profili attinenti alla titolarità e alla circolazione dei diritti oggetto del cumulo, rientrano nell’ambito del
diritto d’autore nazionale e sono dunque di competenza del legislatore nazionale.
Gli effetti del cumulo sulla titolarità e sul regime dei diritti oggetto delle protezioni saranno
illustrati nel paragrafo seguente.
112
In primo luogo, l’art. 17 della direttiva stabilisce che i disegni e modelli per
poter beneficiare della protezione offerta dalla l.a. e dal cpi devono possedere i requisiti
richiesti da entrambe le normative, vale a dire il carattere creativo, il valore artistico
(art. 2, n. 10, l.a.), la novità e il carattere individuale (artt. 32 e 33 cpi)399. Ne consegue
che il cumulo sarà più o meno ampio a seconda del modo in cui verranno interpretati i
requisiti richiesti dal diritto d’autore. Parte della dottrina400 propende per una lettura
estensiva; in questo senso depongono sia la volontà del legislatore comunitario espressa
nei lavori preparatori, sia la lettera della direttiva così come formulata nella versione
finale401.
In secondo luogo, presupposto necessario per poter beneficiare del cumulo
delle protezioni è che i disegni e modelli dotati dei requisiti della novità e della
individualità siano depositati e registrati. L’amministrazione presso la quale viene svolta
in Italia la procedura di registrazione è L’UIBM. Il controllo eseguito dall’ufficio attiene
ai soli aspetti formali, quali la correttezza formale della designazione del titolare, la
corrispondenza dell’oggetto al titolo del modello, la completezza delle indicazioni
contenute nella domanda e negli allegati402; mentre, le questioni relative alla validità
della registrazione, quali l’accertamento della sussistenza dei requisiti di registrabilità,
la legittimazione del richiedente ad ottenere la privativa e la veridicità della
designazione dell’autore del disegno o modello, potranno essere risolte in un eventuale
successivo procedimento giudiziario403. Ne consegue che prima della registrazione e
dopo la scadenza della privativa, il disegno o modello potrà essere protetto soltanto con
il diritto d’autore, a condizione che possieda i requisiti della creatività e del valore
artistico. In pendenza della protezione conseguita per effetto della registrazione, la
creazione avente anche i requisiti richiesti dalla l.a. potrà invece essere protetta tanto
cumulando le due protezioni, quanto facendo ricorso ad una sola di esse404. La
registrazione può seguire anche di molto tempo la realizzazione dell’opera. in questo
senso l’art. 34 cpi consente al titolare di divulgare il disegno o modello al fine di
399
Dal momento che il concetto di carattere individuale non coincide con quello di valore
artistico, può accadere che un’opera suscettibile di essere registrata come disegno o modello non possa
beneficiare anche della tutela d’autore. Sulla differenza tra i due requisiti di proteggibilità vedi il par. del
capitolo III.
400
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 127 ss.
401
L’intenzione del legislatore comunitario è stata infatti quella di abbassare la soglia di
tutelabilità. Ciò si evince sia dall’omissione, nel testo finale della direttiva, dell’inciso contenuto
nell’ultima proposta di direttiva, secondo cui l’impressione generale suscitata dai disegni in conflitto deve
differire «in modo significativo», sia dall’utilizzo, quale giudice del carattere individuale del disegno o
modello, dell’utilizzatore informato e non del consumatore comune. L’esperto del settore è infatti in grado
di individuare e riconoscere come significative quelle differenze che sfuggirebbero agli occhi del normale
acquirente. Così MONDINI, La direttiva comunitaria sulla protezione giuridica di disegni e modelli, in
N.L.C.C. 1998, 975; SCORDAMAGLIA, La nozione di disegno modello, in Foro it. 1991, 144; GUIZZARDI,
Clausola di riparazione e autonoma registrabilità dei prezzi di ricambio: problemi e prospettive, in Giur.
it. 2004, 814.
402
Si tratta di accertamenti privi di rilevanza sostanziale perché le irregolarità eventualmente
riscontrate non possono comunque dare luogo alla nullità della registrazione.
403
Questo sistema privilegia le esigenze di celerità della procedura avanzate dalle industrie ed
è stato adottato anche dal regolamento CE/02/6 sui disegni e modelli comunitari.
404
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 126.
113
saggiare il successo della creazione sul mercato prima di sostenere i costi della
registrazione, che deve avvenire entro dodici mesi dalla divulgazione405.
In terzo luogo, dagli artt. 6 e 12 ter l.a. e dall’art. 38 cpi alcuni autori406
deducono una serie di presunzioni volte a riunire in capo ad un unico soggetto il diritto
d’autore e il diritto derivante dalla registrazione relativamente alla medesima creazione.
Ai sensi degli artt. 6 l.a. e 38, co. 3, cpi all’autore di un disegno o modello spettano in
forza della creazione sia il diritto d’autore, nel suo contenuto morale e patrimoniale, che
la legittimazione a chiedere la registrazione del disegno o modello. Da ciò si presume
che tutti i diritti di utilizzazione economica su una medesima creazione ammessa a
beneficiare del cumulo delle protezioni spettino ab origine ad un unico soggetto. Inoltre,
dagli artt. 12 ter l.a. e 38 , co. 3, cpi si ricava il principio generale secondo cui in caso di
cessione dei diritti di utilizzazione economica di un’opera del disegno industriale, il
cessionario acquista non soltanto il diritto d’autore nel suo contenuto patrimoniale ma
anche il diritto alla registrazione407.
3. Come già evidenziato in precedenza il legislatore italiano omette di
disciplinare gli aspetti attinenti alla titolarità dei diritti oggetto di cumulo e al loro
regime circolatorio. Questa scelta viene tuttavia criticata da alcuni autori408 poiché si
tratta di problemi destinati a riproporsi quotidianamente nella prassi, tanto più se si
considera che di regola il designer non procede direttamente allo sfruttamento
economico delle opere del disegno industriale bensì cede i diritti di utilizzazione
all’industria409.
Riguardo alla questione della titolarità dei diritti oggetto del cumulo, alcuni
410
autori
ritengono che le facoltà conferite al designer dal diritto d’autore e dalla
disciplina sui disegni e modelli debbano spettare al medesimo soggetto. Ciò si desume
da una serie di argomenti: innanzitutto dalla coincidenza tra i diritti di sfruttamento
economico previsti dalla l.a. e che possono essere esercitati compatibilmente con la
natura delle opere del design e le facoltà di utilizzazione assegnate al medesimo dalla
disciplina speciale411. In secondo luogo occorre considerare le conseguenze negative
405
Sul periodo di grazia vedi il par. 1 del capitolo II.
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 128.
407
In argomento confronta i paragrafi 4 e 5 di questo capitolo.
408
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 128.
409
Lo stesso accade anche con riferimento alle altre opere dell’ingegno, ad eccezione delle
creazioni appartenenti alle arti figurative e plastiche. Si pensi ad esempio, all’editore che moltiplica
l’originale del libro, o alla casa discografica che incide i CD, o alle imprese di spettacoli che
rappresentano l’opera teatrale o musicale, o ancora agli enti di diffusione radio televisiva. In tutti questi
casi tra l’autore e il fruitore si interpone sempre l’impresa. In questo senso si è espressa GUIZZARDI, La
tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano,
2005, 141, secondo la quale nella prassi vengono posti in essere «rapporti triangolari in cui l’opera viene
affidata all’attività di riproduzione, diffusione, rappresentazione, esecuzione esercitata professionalmente
da un’impresa intermediaria e da questa messa a disposizione degli utenti finali perché ne fruiscano». Sul
punto vedi anche RICOLFI, Il diritto d’autore, in COTTINO, Trattato di diritto commerciale, Cedam,
Padova, 2001, 486.
410
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 141 ss.
411
La prima attribuisce all’autore il diritto di pubblicare, riprodurre, distribuire, diffondere,
elaborare e modificare l’opera; l’art. 41, co. 2, cpi il diritto di fabbricare, offrire, commercializzare,
406
114
che si verificherebbero nel caso in cui si ammettesse che i diritti nascenti dal diritto
d’autore e dalla disciplina speciale sui disegni e modelli possano appartenere a due
soggetti distinti e circolare separatamente. Se così fosse, infatti, ciascuno dei titolari
potrebbe, sulla base del proprio titolo, opporsi alla fabbricazione, diffusione,
commercializzazione e agli altri atti di utilizzazione compiuti da parte dell’altro; inoltre,
l’azione di contraffazione potrebbe essere paralizzata proprio a causa dell’eventuale
mancato accordo fra i titolari e i diritti di utilizzazione economica eventualmente
acquistati da un terzo perderebbero il carattere esclusivo. In terzo luogo, l’appartenenza
in capo ad un medesimo soggetto delle due privative deriverebbe dalla lettura
coordinata degli artt. 6 l.a. e 38, co. 3, cpi. Il primo protegge le opere del disegno
industriale per il semplice fatto della creazione; il co. 3 dell’art. 38 cpi conferisce
all’autore il diritto alla registrazione. Ne consegue che all’autore spettano fin dal
momento della creazione dell’opera sia il diritto d’autore nel suo contenuto patrimoniale
morale, sia il diritto alla registrazione come disegno o modello.
Il secondo problema consiste nello stabilire se, nel caso in cui l’autore di
un’opera del disegno industriale, dotata dei requisiti del carattere individuale e del
valore artistico, intendesse cedere il diritto alla registrazione del disegno o modello, si
trasferirebbe contestualmente in capo al medesimo acquirente anche il diritto d’autore.
Alcuni autori412 si pronunciano in senso favorevole413, in ragione delle seguenti
considerazioni: innanzitutto, negare che la cessione del diritto di registrazione del
disegno o modello comporti anche il trasferimento del diritto d’autore significa che
ciascun titolare potrebbe validamente opporsi al legittimo esercizio del diritto dell’altro.
Ciò renderebbe la scelta di avvalersi di entrambe le protezioni svantaggiosa e poco
preferibile, disattendendo l’ottavo considerando della direttiva CE 98/71, che invita gli
stati membri a prevedere condizioni che rendano vantaggioso il sistema del cumulo. In
secondo luogo, questa interpretazione sembrerebbe suggerita, seppur indirettamente,
dalla lettura degli artt. 12 ter l.a. e 38, co. 2, cpi. Queste disposizioni disciplinano
l’ipotesi in cui un’opera del design viene realizzata nell’ambito di un rapporto di lavoro
subordinato, concentrando in capo ad un unico soggetto, il datore di lavoro, diverso
dall’originario titolare, sia i diritti di utilizzazione economica sull’opera medesima (art.
12 ter l.a.)414, sia il diritto alla registrazione del disegno o modello (art. 38, co. 2, cpi)415.
In mancanza di una disciplina specifica circa il trasferimento delle esclusive oggetto di
cumulo si potrebbe allora fare riferimento a queste due disposizioni, ricavandone un
principio generale, secondo cui i diritti di utilizzazione economica derivanti dalle due
protezioni cumulate si trasferiscono tutti in capo ad un medesimo soggetto. Ne consegue
che la cessione del diritto d’autore comporta anche il contestuale trasferimento dei
diritti derivanti dalla registrazione e viceversa.
importare ed esportare, nonché di impiegare il prodotto in cui disegno o modello è incorporato o al quale
è applicato.
412
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 144 ss.
413
Occorre tuttavia distinguere: la presunzione che l’autore per effetto della creazione avente
carattere creativo e valore artistico sia titolare tanto del diritto d’autore quanto del diritto alla registrazione
è una presunzione iuris et de iure, che non ammette prova contraria, mentre, la presunzione che colui che
procede alla registrazione di un disegno o modello sia anche titolare del diritto d’autore è una presunzione
iuris tantum, suscettibile di prova contraria.
414
La disciplina delle opere realizzate dal dipendente è illustrata nel par. 12 del capitolo III.
415
Si rinvia alle considerazione svolte nel par. 2 del capitolo II.
115
4. Rimane ora da definire il problema dell’ampiezza dell’attribuzione dei diritti
di utilizzazione economica delle opere del design in capo al cessionario. In mancanza di
disposizioni legislative specifiche e puntuali, anche questo tema viene esaminato dagli
interpreti.
Come è noto416, l’art. 19 l.a. stabilisce che il diritto d’autore, nel suo contenuto
patrimoniale, è composto da un insieme di facoltà tra loro indipendenti; l’autore può
così decidere di cedere alcune soltanto fra queste facoltà, conservando le altre, oppure di
trasferire ciascuna di esse a soggetti diversi417. La cessione di tutte le facoltà di
utilizzazione non comporta il trasferimento dell’intero diritto. Infatti, l’art. 119, co.3,
l.a.418 stabilisce che rimangono in capo all’autore tutte le utilità potenziali, ovvero i
futuri diritti, eventualmente attribuiti da nuove previsioni normative o dal progresso
tecnologico, che comportino un ampliamento della protezione d’autore nel suo
contenuto o nella sua durata419.
In materia di disegni e modelli non esiste una disposizione equivalente all’art.
19 l.a. Ciò pone il problema di stabilire se il diritto derivante dalla registrazione sia
unico, senza distinzione tra facoltà reali e potenziali, e debba essere ceduto
unitariamente. In questo senso si sono espressi alcuni autori420. Al contrario, altra parte
della dottrina421 ritiene che anche il diritto conferito dalla registrazione sia frazionabile
in singole facoltà di cui il titolare può disporre separatamente, al pari di ogni altro diritto
soggettivo avente natura patrimoniale422. Questa interpretazione è suggerita sia dai
riferimenti ai «diritti esclusivi» nascenti dalla registrazione di un modello contenuti in
diverse disposizioni del cpi, quali l’art. 38, co. 1 e l’art. 41, co. 3, sia dalla circostanza
che costituisce contraffazione del diritto sul disegno o modello la realizzazioni anche di
una soltanto delle condotte vietate.
Per effetto del cumulo delle protezioni, il titolare acquista sia il diritto d’autore,
nel suo contenuto patrimoniale, sia i diritti derivanti dalla registrazione del disegno o
modello. Le due privative, come detto poc’anzi, sono frazionabili in singole facoltà di
cui egli può disporre separatamente. Tuttavia il sistema del cumulo non determina una
duplicazione dei diritti nascenti, sulla medesima creazione, dalla privative coesistenti,
416
Sull’indipendenza delle facoltà di utilizzazione vedi il par. 3 del capitolo III.
ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Giuffrè, Milano, 732; GRECO e
VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, UTET, Torino, 1974, 89; L.C UBERTAZZI e AMMENDOLA,
Il diritto d’autore, UTET, Torino, 1993, 37; OPPO, Creazione intellettuale, creazione industriale e diritti
di utilizzazione economica, in Riv. dir. civ. 1969, I, 34.
418
Questa disposizione è dettata in tema di contratti di edizione. Tuttavia si ritiene che essa sia
suscettibile di essere applicata a tutti i contratti di trasmissione del diritto d’autore. In questo senso
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio,
Giuffrè, Milano, 2005, 146.
419
In questo senso AUTERI, I contratti traslativi del diritto d’autore nel diritto internazionale
privato, in Riv. dir. ind. 1965, II, 278; GRECO e VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, UTET,
Torino, 1974, 277; FABIANI Autore (diritto di), III) Contratti di trasmissione dei diritti di autore, in Enc.
Giur. Treccani, Treccani, Roma, 1988, 2; RICOLFI, Diritto d’autore, in COTTINO, Trattato di diritto
commerciale, CEDAM, Padova, 2001, 490; GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale:
incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 146 ss.
420
Magelli, L’estetica nel diritto della proprietà intellettuale, 74
421
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 147 ss.
422
La cessione di queste singole facoltà permette, di conseguenza, che esse possano essere
esercitate da una persona diversa dal registrante.
417
116
poiché le due protezioni attribuiscono al titolare le medesime facoltà patrimoniali423. Di
conseguenza, se egli deciderà di trasferire soltanto alcune delle facoltà di utilizzazione
economica dell’opera del design, quali ad esempio la fabbricazione, la
commercializzazione, l’importazione o l’esportazione, l’acquisto da parte del
cessionario sarà circoscritto ai diritti indicati nel contratto; se, invece, l’autore intenderà
cedere tutti i diritti di utilizzazione, il cessionario acquisterà, contestualmente, tanto il
diritto derivante alla registrazione nella sua interezza quanto il diritto d’autore.
In questo secondo caso si pone il problema relativo alle utilità che possono
venire ad esistenza in futuro per l’introduzione di nuove disposizioni legislative o per
effetto del progresso tecnologico. Nel’ambito del diritto d’autore abbiamo già detto
come l’art. 119.3 l.a. stabilisca un principio inderogabile, secondo cui tali facoltà
rimangono in capo al titolare, che potrà quindi esercitarle nei confronti del proprio
avente causa e dei terzi, e ciò anche quando egli si sia privato di tutti i diritti di
utilizzazione in modo definitivo, mediante un contratto di compravendita. In assenza di
una analoga disposizione in materia di disegni e modelli, parte della dottrina424 ritiene
che la coesistenza delle due esclusive comporti l’applicazione di tale principio anche al
modello registrato.
Un ulteriore aspetto attinente all’ampiezza dei diritti in capo al cessionario
riguarda il principio dell’esaurimento, secondo cui l’esclusiva non si estende agli atti di
distribuzione che seguono la prima messa in commercio del prodotto avvenuta con il
consenso del titolare nel territorio nazionale o in uno dei paesi membri425. Da questo
423
«In questo senso sarebbe illogico pensare ad una duplicazione delle medesime facoltà di
sfruttamento economico relativamente alla medesima creazione, con riferimento per esempio a singole
facoltà spettanti all’autore (o al suo avente causa) sia sulla base del diritto d’autore che del diritto dei
modelli, come il diritto di riprodurre l’opera di design, il diritto di commercializzarla o diffonderla in
qualsiasi modo ed il diritto di esporla in fiera». Così GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno
industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 148.
424
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 150.
425
Il principio dell’esaurimento è stato elaborato dalla giurisprudenza comunitaria sulla base
degli artt. 30 e 36 del Trattato CE. Esso è stato affermato per la prima volta dalla Corte di giustizia nella
causa Deutsche Grammophon in tema di diritti connessi al diritto d’autore l’8 giungo 1971 (pubblicata in
Riv. dir. ind. 1972, II, 267) e successivamente nelle cause Sterling-Centrafarm e Winthrop rispettivamente
in tema di brevetti per invenzione e di marchi pronunciate il 31 ottobre 1974 (e pubblicate la prima in
Foro it. 1975, IV, c. 71 e la seconda in Raccolta 1974, 1183). Successivamente tale principio è stato
esteso a tutti i diritti di proprietà intellettuale ed industriale.
Recependo gli orientamenti della giurisprudenza comunitaria, l’art. 5 cpi codifica in modo
esplicito l’esistenza nell’ordinamento italiano del principio generale dell’esaurimento in materia di diritti
di proprietà industriale. Tale disposizione prevede infatti che «le facoltà esclusive attribuite dal presente
codice al titolare di un diritto di proprietà industriale si esauriscono una volta che i prodotti protetti da un
diritto di proprietà industriale siano stati messi in commercio dal titolare o con il suo consenso nel
territorio della stato o nel territorio di uno stato membro della Comunità europea o dello Spazio
economico europeo». Il medesimo principio è previsto anche in materia di diritto d’autore dall’art. 17, co.
2, l.a. in base al quale «il diritto di distribuzione dell’originale o di copie dell’opera non si esaurisce nella
Comunità europea se non nel caso in cui la prima vendita o il primo atto di trasferimento della proprietà
sia effettuato dal titolare del diritto o con il suo consenso». Sul principio dell’esaurimento vedi in dottrina
MARCHETTI, Sull’esaurimento del brevetto per invenzione, Giuffrè, Milano, 1974; BIGLIA, Diritti di
proprietà industriale ed esaurimento comunitario in due recenti pronunce della Corte di Giustizia CEE,
in Riv. dir. ind. 1981, II, 207 ss.; CAVANI, Licenziatari esclusivi indipendenti ed esaurimento del brevetto.
Il caso Centrafarm, in Riv. dir. ind. 1976, I, 103; MUSSO, Tre recenti provvedimenti giurisprudenziali in
tema di importazioni parallele, in Giur. it. 1988, I, 2, 365; L.C. UBERTAZZI, Esaurimento comunitario
della proprietà industriale ed importazioni da paesi membri, in Foro it. 1982, IV, c. 249; SARTI,
Esaurimento ed utilizzazione del software, in La legge sul software, Giuffrè, Milano, 1994; ID., Diritti
117
principio discende che «i diritti esclusivi, oggetto di cumulo, su un disegno o su un
modello si esauriscono per effetto del primo atto di distribuzione del prodotto
incorporante il disegno o il modello da parte del suo titolare e con il suo consenso nello
stato o in qualsiasi altro luogo del mercato unico»426. Inoltre, dalla circostanza che le
due protezioni oggetto di cumulo attribuiscono al titolare le medesime facoltà
patrimoniali, discende che egli non potrà invocare né il diritto d’autore, né i diritti
conferiti dalla registrazione per controllare la successiva circolazione del prodotto
incorporante il disegno o modello una volta che egli abbia acconsentito alla sua prima
messa in commercio in uno dei paesi dell’Unione europea427.
5. Dal confronto delle due protezioni oggetto del cumulo, emerge che questo
sistema offre all’autore di un’opera del design una serie di vantaggi.
Innanzitutto impedisce che un disegno o modello non registrato o la cui
registrazione sia dichiarata nulla o siano decorsi venticinque anni dalla data del deposito
della relativa domanda possa rimanere sfornito di protezione428. L’autore, infatti, ogni
qualvolta l’opera presenti i requisiti richiesti dall’art. 2, n. 10, l.a. potrà invocare la
tutela d’autore fin dal momento della sua creazione, non essendo subordinata ad alcuna
formalità costitutiva429. Allo stesso tempo, però, il sistema del cumulo delle protezioni
offre all’autore il vantaggio di beneficiare comunque della protezione offerta dalla legge
speciale nel caso in cui abbia provveduto al deposito della domanda di registrazione
come modello industriale e in sede giurisdizionale sia negata la tutela d’autore430.
In secondo luogo, il sistema del cumulo permette di apprestare una tutela
adeguata nei settori dell’industria in cui i tempi e i costi della registrazione, alla quale il
cpi subordina la protezione, risultano eccessivamente onerosi e disincentivanti in
considerazione della tipologia dei prodotti. Ci si riferisce in particolar modo ai settori
caratterizzati da una rapida obsolescenza o ai prodotti caratterizzati da un successo
esclusivi e circolazione dei beni, Giuffrè, Milano 1996; RICOLFI, Il diritto d’autore, in COTTINO, Trattato
di diritto commerciale, CEDAM, Padova, 2001, 423.
426
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 151 ss.
427
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 152.
428
La registrazione è allo stesso tempo vantaggiosa e svantaggiosa per il depositante. Fra i
vantaggi possiamo annoverare i seguenti: la possibilità di determinare con certezza la data a partire dalla
quale decorre la protezione e di offrire al tempo stesso alle imprese concorrenti un elevato grado di
certezza giuridica in ordine a quali disegni e modelli sono protetti e quali non, cosicché esse possano
orientare proficuamente i loro comportamenti sul mercato, l’introduzione di una presunzione di paternità
in capo al depositante, che permette di risolvere i conflitti tra più autori i quali abbiano creato nello stesso
tempo ed in modo indipendente il medesimo disegno o modello in favore di colui che per primo abbia
domandato la registrazione ed infine l’introduzione di una presunzione circa la validità del titolo della
tutela con la conseguenza che incomberà a chiunque la impugna l’onere di dimostrare la nullità o la
decadenza della privativa concessa. Fra gli svantaggi vi è invece il rischio che il designer rimanga sfornito
di ogni tutela per la mancanza o la nullità della registrazione o a seguito della decadenza della privativa.
In questo senso si è espressa GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi
all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 131 ss.
429
Come più ampiamente illustrato nel par. 1 del capitolo III, la registrazione di un’opera
dell’ingegno nei pubblici registri di cui all’art. 103 l.a. ha infatti efficacia puramente dichiarativa e non
costitutiva, assolvendo ad una funzione di pubblicità notizia.
430
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 131 ss.
118
commerciale di breve durata per effetto dell’evoluzione tecnologica o per il
cambiamento dei gusti del consumatore431.
In terzo luogo, il cumulo offre un vantaggio anche sul piano della durata
temporale della protezione. L’art. 37 cpi stabilisce che la privativa sui disegni e modelli
registrati dura cinque anni a partire dalla data di deposito della domanda di
registrazione, al termine dei quali il titolare può scegliere se allungare la durata per
ulteriori periodi di cinque anni fino al raggiungimento del venticinquesimo anno,
oppure abbandonare la privativa. Di contro, l’art. 44 cpi stabilisce che la protezione
d’autore dei disegni e modelli protetti ai sensi dell’art. 2, n. 10, l.a. dura tutta la vita
dell’autore e fino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte o dopo la
morte dell’ultimo dei coautori432. Inoltre, la dottrina433 nega che gli eredi dell’autore
possano procedere alla registrazione come disegno o modello di un’opera di design al
termine della durata della tutela d’autore allo scopo di beneficiare di ulteriori
venticinque anni di protezione. L’art 34, co. 4, cpi, infatti, permette al designer di
divulgare la sua opera, senza che ciò possa pregiudicare la validità della successiva
registrazione, purché essa venga effettuata nei dodici mesi successivi; è evidente,
invece, che allo scadere della protezione d’autore la divulgazione sia già avvenuta e il
periodo di grazia sia stato ormai superato.
Un ulteriore vantaggio derivante dal sistema del cumulo attiene all’estensione
della protezione. In forza dell’art. 41, co. 3, cpi la tutela derivante dalla disciplina
speciale opera non soltanto nei confronti dei disegni e modelli identici a quelli registrati,
ma anche rispetto a qualsiasi disegno e modello che non generi nell’utilizzatore
informato un’impressione generale diversa434. Tuttavia la valutazione sull’idoneità
dell’opera a suscitare una impressione diversa viene compiuta nell’ambito di un
determinato settore merceologico. In questo senso depone anche la ricostruzione della
figura dell’utilizzatore informato quale esperto del settore al quale il disegno o modello
appartiene435. Di contro, la protezione offerta dal diritto d’autore ha un ambito più
431
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 132 ss.
432
L’argomento è stato oggetto di approfondimento nel par. 11 del capitolo III.
433
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 133 ss.
434
Il gradiente di diversità necessario per evitare la contraffazione corrisponde al grado di
differenza richiesto ai fini della validità della registrazione. In questo senso si è espressa GUIZZARDI, La
tutela d’autore del disegno industriale: incentivi all’innovazione e regime circolatorio, Giuffrè, Milano,
2005, 135. «Pertanto per conseguire la protezione offerta dalla legge modelli il disegno o modello deve
possedere un gradiente di differenziazione tale da conferirgli, agli occhi dell’utilizzatore informato, una
diversa impressione generale rispetto ad ogni altro disegno o modello divulgato. Una volta registrato tale
disegno o modello possiederà una efficacia invalidante rispetto ad ogni altro disegno o modello posteriore
che desti la medesima impressione generale». Questa interpretazione era proposta anche dalla dottrina e
giurisprudenza nel periodo precedente la riforma (in dottrina vedi SARTI, La tutela dell’estetica del
prodotto industriale, Giuffrè, Milano, 1990, 151 ss. e in giurisprudenza Cass. 28 ottobre 1982 n. 6382, in
GADI 1983, 172; Trib. Milano, 27 febbraio 1989, in GADI 1990, 157, Trib. Milano, 2 ottobre 1986, in
GADi 1987, 287.
435
La privativa derivante dalla registrazione appare quindi finalizzata ad incentivare l’adozione
di un design innovativo in un determinato mercato e non anche ad impedire l’utilizzo di forme simili in
settori diversi. Anche nel periodo precedente la novella la dottrina e la giurisprudenza avevano
interpretato rigidamente la relazione tra protezione del design e classi di prodotti dichiarati nella domanda
di brevettazione. Così App. Milano, 15 novembre 1994, in GADI 1995, 3268; Trib. Milano, 26 settembre
1974, in GADI 1974, 613; Trib. Milano, 22 ottobre 1973, in GADI 1974, 408; Trib. Monza, 12 giugno
1971, in GADI 1972, 26.
119
ampio perché l’esclusiva ricomprende sia le opere identiche a quelle protette sia quelle
appartenenti a generi e a mercati diversi purché in esse «sia riscontrabile, secondo un
giudizio di sintesi complessiva di tutti gli elementi presenti, la medesima individualità
rappresentativa dell’autore dell’opera originale»436.
Il sistema del cumulo determina effetti peculiari anche sotto il profilo
processuale. In particolare la dottrina si domanda se sia possibile invocare la tutela
d’autore per la prima volta in appello nei casi in cui la registrazione del modello sia
dichiarata nulla. L’art. 345 c.p.c. vieta di dedurre in appello domande nuove rispetto a
quelle presentate nel giudizio di primo grado. Una domanda giudiziale è nuova se
mutano uno o più degli elementi soggettivi ed oggettivi che la qualificano, vale a dire le
personae, il petitum e la causa petendi. Inoltre, secondo la giurisprudenza della suprema
corte437 si ha domanda nuova soltanto se si amplia il petitum o se si introduce una
pretesa fondata su presupposti di fatto distinti da quelli della domanda originaria. Nel
caso di specie l’interrogativo concerne la questione se la richiesta di tutela tramite il
diritto d’autore formulata per la prima volta in appello costituisca domanda nuova.
Alcuni autori438 propendono per una risposta negativa, ritenendo che tale domanda non
possa qualificarsi come nuova perché non è diverso il fatto costitutivo, ossia l’«episodio
storicamente individuato»439, del diritto fatto valere in giudizio.
Infine il sistema del cumulo offre una serie di vantaggi anche sul piano
economico, sia nei confronti del «sistema paese», sia nei confronti dei singoli operatori
economici440. Sotto il primo profilo, l’introduzione del cumulo fra la tutela d’autore e la
disciplina specifica sui disegni e modelli allinea l’ordinamento italiano a quello degli
altri paesi europei, rendendolo ugualmente attrattivo per gli imprenditori italiani e
stranieri che dovessero scegliere dove avviare un’attività economica nel campo del
design. Sotto il secondo profilo, appare evidente, per le considerazioni esposte in questo
paragrafo, che il cumulo, inteso come sintesi delle due tutele, consente di offrire ai
singoli operatori economici una protezione più adeguata alla peculiare natura delle
opere del design e vantaggiosa, sia in termini di durata che di estensione della privativa.
Questo elevato livello di protezione consentirà così alle imprese di assumere un rischio
economico e creativo più elevato, incrementando conseguentemente il valore delle
attività svolte.
436
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 136.
437
Cass., s.u., 25 maggio 2001 n. 226; Cass. 27 luglio 1995, n. 8216.
438
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 137 ss.
439
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 138.
440
GUIZZARDI, La tutela d’autore del disegno industriale: incentivi
circolatorio, Giuffrè, Milano, 2005, 139 ss.
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INDICE DELLA DOTTRINA CITATA E CONSULTATA
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236. ZENO e ZENCOVICH, Informazione (profili civilistici), in Dig. priv., sez. civ.,
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237. ZENO e ZENCOVICH, Onore e reputazione nel sistema del diritto civile, Jovene,
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INDICE DELLA GIURISPRUDENZA CONSULTATA E CITATA
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Corte di Giustizia, 29 gennaio 2008, caso Promusicae, in
http://www.teutas.it/giurisprudenza/corte-di-giustizia-europea/70-corte-digiustizia-europea-promusicae-vs-telefonica-de-espana-proc-c-27506.html;
Corte di Gustizia, 20 settembre 2007, causa C-371/06, Benetton Group c GStar International, in
http://www.filodiritto.com/index.php?azione=visualizza&iddoc=801;
Corte di giustizia, 18 giugno 2002, causa C-299/99, caso Koninklijke Philips
Electronics NV c Remington Consumer Products Ltd, in
http://curia.europa.eu/it/actu/ communiques/cp02 /aff/cp0255it.htm;
Corte di Giustizia 6 giugno 2002, in AIDA 2002, 813;
Corte di giustizia, 29 giugno 1999, Butterfly Music Srl v Carosello Edizioni
Musicali e Discografiche Srl (CEMED), causa 60/98, in AIDA 1999, 579;
Corte di Giustizia, causa 376/98, in Racc. 2000, I;
Corte di giustizia 22 febbraio 1990, CECA, causa 221/88, in Raccolta 1990;
Corte di giustizia 14 febbraio 1990, Societè francaise de Biscuits Delacre,
causa 350/88, in Raccolta 1990;
Corte di giustizia 17 giugno 1987, Cooperative Melkproducentenbedrijven
Noord-Nederland BA, cause riunite 424/85 e 425/85, in Raccolta 1987;
Corte di giustizia 14 gennaio 1987, Repubblica federale di Germania, causa
278/84, in Raccolta 1987;
Corte di giustizia 10 luglio 1986, Assunta Licata, causa 270/84, in Raccolta
1986;
Corte di giustizia 5 maggio 1981, Anton Durbeck, causa 112/80, in Raccolta
1981;
Corte di giustizia 5 febbraio 1981, signora P. c. Commissione, in causa 40/79,
in Raccolta 1981;
Corte di giustizia 16 maggio 1979, Angelo Tomadini s.n.c., causa 84/78, in
Raccolta 1979;
Corte di giustizia 25 ottobre 1978, Koninklijke Scholten Honig NV, causa
125/77, in Raccolta 1978;
Corte di giustizia 15 febbraio 1978, Ancienne Maison Marcel Bauche, causa
96/77, in Raccolta 1978;
Corte di giustizia 31 ottobre 1974, Sterling-Centrafarm, in Foro it. 1975, IV,
c. 71;
Corte di giustizia 31 ottobre 1974, Winthrop, in Raccolta 1974;
Corte di giustizia 8 giungo 1971, Deutsche Grammophon, in Riv. dir. ind.
1972, II;
Corte di giustizia 14 aprile 1970, Bundesknappschaft, causa 68/69, in
Raccolta 1970;
Trib. di primo grado, 12 novembre 2008, causa T-270/06, Lego Juris c UAMI,
in http://www.filodiritto.com/index.php?azione=visualizza&iddoc=1350;
Trib. di primo grado, 24 novembre 2004, caso Deutsche Sisi, in
http://www.mglobale.it/Internazionalizzazione/Marchi/Registrazione/Registra
re_la_forma_di_un_prodotto.kl;
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Trib. di Primo Grado delle Comunità Europee, 10 novembre 2004, caso
August Stork, in
http://www.mglobale.it/Internazionalizzazione/Marchi/Registrazione/Registra
re_la_forma_di_un_prodotto.kl;
Trib. di Primo Grado delle Comunità Europee, 24 aprile 2004, caso
Eurocermex, in http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62002A0399:IT:PDF;
Trib. di Primo Grado delle Comunità Europee, 3 dicembre 2003, caso Nestlé
Waters France, in http://images.to.camcom.it/f/PatLib/Te/TestoCosta.pdf;
Trib. di Primo Grado delle Comunità Europee, 30 aprile 2003, caso Axinos,
in
http://www.mglobale.it/Internazionalizzazione/Marchi/Registrazione/Registra
re_la_forma_di_un_prodotto.kl;
Trib. di Primo Grado delle Comunità Europee, 6 marzo 2003, caso Daimler
Chrysler, in http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62001A0128:IT:HTM
L;
Trib. di Primo Grado delle Comunità Europee, 5 marzo 2003, caso Unilever,
in http://www.altalex.com/index.php?idnot=1822;
Trib. di primo grado, 20 settembre 2001, caso Procter end Gamble, in
http://oami.europa.eu/it/mark/aspects/jugement/jj990383.htm;
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http://www.alphaice.com/giurisprudenza/?id=2783;
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Cass. 27 luglio 1995, n. 8216, in Mass. Giust. civ. 1995;
Cass. 2 giugno 1995 n. 908, in AIDA 1996, 440;
Cass. 7 dicembre 1994 n. 10516, in AIDA 1995, 304 e in IDI 1995;
Cass. 2 dicembre 1993 n. 11953, in AIDA 1994, 212;
Cass. 23 novembre 1992 n. 12507, in Riv. dir. comm. 1993;
Cass. 5 luglio 1990 n. 7077, in Giur. it. 1990, I e in GADI 1990;
Cass. 30 maggio 1989 n. 2601, in IDA 1990;
Cass. 7 giungo 1982 n. 3439, in IDA 1983, 23;
Cass. 3 novembre 1981 n. 586, in Mass. Giust. Civ. 1981;
Cass. 22 ottobre 1974 n. 3014, in GADI 1974;
Cass. 10 giugno 1938 s.n., in IDA 1938;
App. Milano, 21 giugno 2007, in AIDA 2008, 1225;
App. Milano, 22 settembre 2004, in AIDA 2005, 1047;
App. Milano, 3 luglio 2003, in AIDA 2003, 945;
App. Milano, 3 giungo 2003, in AIDA 2004, 980;
App. Milano, 8 novembre 2002, in AIDA 2003, 929;
App. Milano, 31 maggio 2002, in AIDA 2002, 817;
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App. Milano, 26 marzo 2002, in AIDA 2003, 800;
App. Milano, 26 marzo 2002, in AIDA 2003, 912;
App. Milano, 26 maggio 2000, nel Repertorio di AIDA 2000, 1035;
App. Milano, 17 marzo 2000, in AIDA 2001, 762;
App. Milano, 15 giugno 1999, in AIDA 2000, 689;
App. Firenze, 28 ottobre 1998, in Riv. dir. ind. 1989, II;
App. Bologna, 13 marzo 1997, in IDI 1997;
App. Bologna, 13 marzo 1997, in AIDA 1998, 524;
App. Milano 13 dicembre 1996, in AIDA 1997, 484;
App. Milano 10 novembre 1995, nel Repertorio di AIDA 1996, 413;
App. Torino, 27 marzo 1992, in AIDA 1992, 98;
App. Firenze, 4 febbraio 1989, in IDA 1989;
App. Milano, 19 luglio 1985, in GADI 1986;
App. Milano, 21 maggio 1985, in Mass. Giust. Civ. 1985;
App. Milano, 2 ottobre 1981, in IDA 1983;
App. Bologna, 23 aprile 1979, in IDA 1980;
App. Milano, 27 ottobre 1978, in GADI 1978, 1090;
App. Milano, 10 gennaio 1978, in GADI 1978, 1030;
App. Firenze, 9 gennaio 1978, in GADI 1978, 1028;
App. Milano, 28 settembre 1976, in GADI 1976, 861;
App. Milano, 18 ottobre 1974, in IDA 1975;
App. Milano 16 gennaio 1962, in IDA 1963;
Trib. Monza, ord. 15 luglio 2008, in AIDA 2009, 1298;
Trib. Bologna, ord. 2 luglio 2008, in AIDA 2009, s.n.;
Trib. Roma, 26 marzo 2008, in AIDA 2009, 1288;
Trib. Venezia, ord.13 febbraio 2008, in AIDA 2009, 1285;
Trib. Venezia, 19 ottobre 2007, in AIDA 2009, 1271;
Trib. Venezia, 1 ottobre 2007, in AIDA 2009, 1270;
Trib. Roma, ord. 14 e 16 luglio 2007, in
http://www.altalex.com/index.php?idnot=38207;
84. Trib. Milano, 8 febbraio 2007, in AIDA 2008, s. n.;
85. Trib. Milano, ord. 22 gennaio 2007, in AIDA 2007, 1182;
86. Trib. Milano, ord. 15 dicembre 2006, in AIDA 2007, 1066;
87. Trib. Milano, ord. 28 novembre 2006, in AIDA 2007, 1180;
88. Trib. Venezia, 6 dicembre 2005, in AIDA 2006, 1107;
89. Trib. Milano, 29 marzo 2005, in AIDA 2005, 1064;
90. Trib. Milano, 2 marzo 2005, in IDA 2005;
91. Trib. Milano, ord. 20 gennaio 2005, in AIDA 2005, 1057;
92. Trib. Torino, ord. 17 dicembre 2004, in AIDA 2005, 1055;
93. Trib. Milano, ord. 30 novembre 2004, in AIDA 2005, 1051;
94. Trib. Milano, ord. 30 novembre 2004, in AIDA 2005, 1052;
95. Trib. Roma, 15 novembre 2004, nel Repertorio di AIDA 2005, I, 5.2;
96. Trib. Milano, 14 settembre 2004, nel Repertorio di AIDA 2005, I, 5.1;
97. Trib. Bologna, ord. 3 agosto 2004, in AIDA 2005, 1043;
98. Trib. Firenze, ord. 8 luglio 2004, in Mass. Giust. Civ. 2004;
99. Trib. Milano, 6 luglio 2004, in AIDA 2004, 1040;
100. Trib. Roma, ord. 26 marzo 2004, in Mass. Giust. Civ. 2004;
101. Trib. Venezia, 4 febbraio 2004, in AIDA 2005, 1032;
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Trib. Milano, 15 gennaio 2004, in Mass. Giust. Civ. 2004;
Trib. Bari, ord. 27 ottobre 2003, in AIDA 2005, 1028;
Trib. Firenze, 6 agosto 2003, in AIDA 2004, 987;
Trib. Milano, 31 gennaio 2003, in AIDA 2004, 971;
Trib. Roma, 11 dicembre 2002, in AIDA 2004, 969;
Trib. Roma, ord. 19 novembre 2002, in AIDA 2003, 932;
Trib. Napoli, 9 ottobre 2002, in IDA 2003;
Trib. Monza, 16 luglio 2002, in IDI 2003, con nota di FITTANTE e in AIDA
2004, 966, con nota di SARTI, Osservazioni in tema di industrial design e
diritto d’autore;
Trib. Monza, ord. 16 luglio 2002, in IDI 2003;
Trib. Milano, 17 maggio 2002, in Mass. Giust. Civ. 2002;
Trib. Monza, ord. 23 aprile 2002, in AIDA 2003, 914 con nota di SANNA;
Trib. Catania, 11 settembre 2001, in AIDA 2002, 856;
Trib. Firenze, 13 febbraio 2001, in
http://www.aduc.it/comunicato/sentenza+napster+sentenza+spam_2255.php;
Trib. Catania, ord. 8 gennaio 2001, in AIDA 2001, 796;
Trib. Milano, 16 novembre 2000, in AIDA 2001, 790;
Trib. Milano, 9 novembre 2000, in AIDA 2002, 831;
Trib. Roma, 12 ottobre 2000, in AIDA 2003, 890;
Trib. Monza, 15 maggio 2000, in AIDA 2001, 765;
Trib. Roma, 16 marzo 2000, in AIDA 2000, 724;
Trib. Cuneo, 19 ottobre 1999, in AIDA 2000, 705;
Trib. Milano, 19 luglio 1999, in AIDA 1999, 644;
Trib. Roma, ord. 6 luglio 1999, in AIDA 2001, 751;
Trib. Milano, ord. 28 maggio 2009 in IDI 2009, 309 ss. con nota di FLORIDIA,
Il regime transitorio della tutela dell’industrial design;
Trib. Roma, 25 maggio 1999, in IDA 2000 con nota di AMMENDOLA;
Trib. Biella, 15 maggio 1999, in AIDA 2000, 685;
Trib. Milano, ord. 31 aprile 2009, in IDI 2009, 309 ss. con nota di FLORIDIA,
Il regime transitorio della tutela dell’industrial design;
Trib. Milano, 14 dicembre 1998, in AIDA 1999, 628;
Trib. Bari, 18 giugno 1998, in AIDA 1998, 572;
Trib. Milano, 1 giugno 1998, nel Repertorio di AIDA 1999, 763;
Trib. Milano, 18 dicembre 1997, in AIDA 1998, 551;
Trib. Torino, ord. 16 dicembre 1997, in AIDA 1998, 550;
Trib. Torino, ord. 25 luglio 1997, in AIDA 1998, 533;
Trib. Cuneo, ord. 23 giugno 1997, in AIDA 1997, 500;
Trib. Pavia, ord. 21 aprile 1997, in AIDA 1998, 530;
Trib. Roma, 19 aprile 1997, in AIDA 1997, 497;
Trib. Bologna, 19 aprile 1997, in AIDA 1997, 527;
Trib. Bologna, 16 aprile 1997, in AIDA 1997, 527;
Trib. Pavia, ord. 22 marzo 1997, in AIDA 1998, 526;
Trib. Milano, 29 gennaio 1997, in Mass. Giust. Civ. 1997;
Trib. Firenze, 14 gennaio 1997, in IDI 1997;
Trib. Como, 12 dicembre 1996, in AIDA 1997, 456;
Trib. Milano, ord. 10 dicembre 1996, in AIDA 1997, 483;
Trib. Casale Monferrato, ord. 11 novembre 1996, in AIDA 1997, 478;
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Trib. Napoli, 8 novembre 1996, in IDI 1997;
Trib. Como, 9 aprile 1996, in AIDA 1997, 456;
Trib. Como, ord. 12 febbraio 1996, in AIDA 1997, 457;
Trib. Roma, 25 gennaio 1996, nel Repertorio di AIDA 1997, I, 5.2;
Trib. Torino, 4 dicembre 1995, in AIDA 1996, 416;
Trib. Milano, 27 novembre 1995, in AIDA 1996, 414;
Trib. Torino, ord. 24 agosto 1995, in AIDA 1996, 401;
Trib. Bologna, 27 luglio 1995, in AIDA 1996, 402;
Trib. Torino, 27 maggio 1995, in Mass. Giust. Civ. 1995;
Trib. Torino, 15 maggio 1995, in IDI 1996;
Trib. Modena, ord. 22 luglio 1994, in AIDA 1995, 327;
Trib. Monza, ord. 26 maggio 1994, in AIDA 1994, 277;
Trib. Milano, 24 marzo 1994, in AIDA 1995, 269;
Trib. Milano, 17 marzo 1994, in AIDA 1994, 268;
Trib. Firenze, 16 febbraio 1994, in AIDA 1994, 318;
Trib. Milano, 17 gennaio 1994, nel Repertorio di AIDA 1996, I, 5.1;
Trib. Milano, ord. 4 gennaio 1994, in AIDA 1995, 345;
Trib. Roma, 20 dicembre 1993, in AIDA 1995, 314;
Trib. Verona, 5 ottobre 1993, in Riv. dir. ind. 1993;
Trib. Milano, ord. 1 agosto 1993, in AIDA 1993, 197;
Trib. Milano, 28 giugno 1993, in AIDA 1993, 196;
Trib. Roma, 17 maggio 1993, in AIDA 1995, 309;
Trib. Milano, 6 maggio 1993, in AIDA 1993, 188;
Trib. Milano, 25 gennaio, 1993, in AIDA 1993, 176;
Trib. Roma 23 gennaio 1993, nel Repertorio di AIDA 1994, 665;
Trib. Milano, 10 dicembre 1992, in AIDA 1993, 170;
Trib. Roma, 10 novembre 1992, in AIDA 1992, 165;
Trib. Torino, 6 aprile 1992, in AIDA 1992, 101;
Pret. Alba, ord. 9 gennaio 1992, in AIDA 1992, 83;
Pret. Milano, ord. 9 dicembre 1991, in AIDA 1992, 79;
Pret. Monza, 4 dicembre 1991, in AIDA 1992, 77;
Trib. Milano, 21 novembre 1991, in AIDA 1992, 818;
Trib. Parma, 30 maggio 1991, in GADI 1991, 485;
Pret. Bari, ord. 11 febbraio 1991, in AIDA 1992, 33;
Trib. Milano, 27 novembre 1990, in Riv. dir. ind. 1993;
Pret. Bari, 15 marzo 1990, in IDA 1990;
Pret. Roma, 10 gennaio 1990, in IDA 1991;
Pret. Roma, 22 giugno 1989, in IDA 1990;
Trib. Firenze, 20 ottobre 1988, in IDA 1989;
Pret. Monza, 4 luglio 1988, in GADI 1988, 2323;
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