La restaurazione_wikipedia

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Restaurazione
La Restaurazione, sul piano strettamente storico-politico, è il processo di ristabilimento del
potere dei sovrani assoluti in Europa, ossia dell'Ancien Régime, in seguito alla sconfitta di
Napoleone. Essa ha inizio nel 1814 con il Congresso di Vienna, convocato dalle grandi potenze
per ridisegnare i confini europei (gli Imperi di Austria e Russia e i Regni di Prussia e Gran
Bretagna).
In senso più ampio, per Restaurazione si intende il movimento reazionario teso a contrastare
le idee della Rivoluzione francese, diffuse in tutta Europa dagli eserciti napoleonici. Da questo
punto di vista, essa si presenta come un fenomeno che trascende il piano puramente politico
per estendersi a quello culturale. L'età della Restaurazione si fa infatti coincidere in letteratura
con il Romanticismo e in filosofia con l'Idealismo. Essa può considerarsi conclusa con i moti del
1830-1831.
Nel Congresso di Vienna si confrontarono due linee politiche contrapposte: coloro che volevano
un puro e semplice ritorno al passato e quelli che sostenevano la necessità di un compromesso
con la storia trascorsa: «Conservare progredendo» era la loro parola d'ordine. Questo
contrapposto modo di pensare l'azione politica nasceva paradossalmente da un unico punto di
origine ideale.
Nell'età della Restaurazione si avanzava infatti una nuova concezione della storia che smentiva
quella degli illuministi basata sulla capacità degli uomini di costruire e guidare la storia con la
ragione. Le vicende della Rivoluzione francese e il periodo napoleonico avevano dimostrato che
gli uomini si propongono di perseguire alti e nobili fini che s'infrangono dinanzi alla realtà
storica. Il secolo dei lumi era infatti tramontato nelle stragi del Terrore e il sogno di libertà
nella tirannide napoleonica che mirando alla realizzazione di un'Europa al di sopra delle singole
nazioni aveva determinato invece la ribellione dei singoli popoli proprio in nome del loro
sentimento di nazionalità.
Dunque la storia non è guidata dagli uomini ma è Dio che agisce nella storia.[1] Esiste una
Provvidenza divina che s'incarica di perseguire fini al di là di quelli che gli uomini
ingenuamente si propongono di conseguire con la loro meschina ragione.
La concezione reazionaria [modifica]
Da questa nuova concezione romantica della storia opera della volontà divina si promanano
due visioni contrapposte: la prima è una prospettiva reazionaria che vede nell'intervento di Dio
nella storia una sorta di avvento di un'apocalisse che metta fine alla sciagurata storia degli
uomini. Napoleone è stato con le sue continue guerre l'Anticristo di questa apocalisse. Dio
segnerà la fine della storia malvagia e falsamente progressiva ed allora agli uomini non rimarrà
che volgersi al passato per preservare e conservare quanto di buono era stato realizzato. Si
cercherà in ogni modo di cancellare tutto ciò che è accaduto dalla Rivoluzione a Napoleone
restaurando il passato. I sovrani restaurati dal Congresso di Vienna tenteranno di ripristinare le
vecchie strutture politiche e sociali spazzate via dalla Rivoluzione francese e da Napoleone ma
il loro sarà un compito impossibile. "L'aratro della Rivoluzione" scrive lo storico tedesco Franz
Mehring Absolutisme et Révolution en Allemagne (1525–1848) "aveva sconvolto troppo in
profondità il suo terreno, fino ai campi di neve della Russia; un ritorno alle condizioni che
avevano dominato in Europa fino al 1789 era impossibile".
Félicité de Lamennais
È stato detto che mentre Napoleone veniva sconfitto sui campi di battaglia gli ideali di cui si
era fatto portatore ispiravano, sia pure forzatamente, quei sovrani reazionari che lo
combattevano. Si erano visti sovrani conservatori pressati dai tempi nuovi come Ferdinando IV
di Borbone re di Napoli e Ferdinando VII di Spagna che fin dal 1812 avevano concesso ai loro
sudditi addirittura la Costituzione. Vero è che questi stessi sovrani, dopo la caduta di
Napoleone, cancellarono con un tratto di penna quanto avevano concesso ma dovettero poi
affrontare moti insurrezionali interni che riuscirono a fatica a controllare solo con l'intervento
della Santa Alleanza.
La concezione progressista [modifica]
Un'altra prospettiva, che nasce dalla stessa concezione della storia guidata dalla Provvidenza, è
quella che potremo definire liberale che vede nell'azione divina una volontà diretta, nonostante
tutto, al bene degli uomini escludendo che nei tempi nuovi ci sia una sorta di vendetta di Dio
che voglia far espiare agli uomini la loro presunzione di creatori di storia. È questa una visione
dinamica della storia che troviamo in Saint Simon con la concezione di un nuovo cristianesimo
per una nuova società o in Lamennais che vede nel cattolicesimo una forza rigeneratrice della
vita sociale. Una concezione progressiva quindi che è presente in Italia nell'opera letteraria di
Alessandro Manzoni e nel pensiero politico di Gioberti con il progetto neoguelfo e nell'ideologia
mazziniana.
Gli antesignani e i teorici della Restaurazione [modifica]
Edmund Burke
Prima edizione delle Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia
Questa nuova visione della storia intesa come espressione della volontà divina e quindi come
base teorica dell'unione di politica e religione e della legittimità del potere politico per "grazia
di Dio", aveva avuto, già prima della Restaurazione, i suoi principali teorici nell'anglo-irlandese
Edmund Burke, nei francesi François-René de Chateaubriand e Louis de Bonald, nell'italiano
Joseph de Maistre.
François-René de Chateaubriand
Joseph de Maistre
Nelle Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia, pubblicate nel 1790, Burke mettendo a confronto
la rivoluzione inglese del 1688 con quella francese vede nella prima una linea evolutiva che si
era sviluppata per gradi nel rispetto delle tradizioni e questo «lascia libera la possibilità di
nuovi acquisti, ma fornisce la garanzia assicurata di ogni acquisto»[2] mentre la seconda gli
appare come un evento caotico in cui si mescolano «leggerezza e ferocia, confusione di delitti e
di follie travolti insieme»[3]. Nella stessa opera contesta il principio della sovranità popolare e
della democrazia a cui contrappone la supremazia dell'aristocrazia e dell'ordine sociale
legittimati dalla loro natura divina. Per lui le masse, che esprimono una maggioranza che
scioccamente pretende di prevalere sulla minoranza mentre non sa distinguere il suo vero
interesse, sono il sostegno del dispotismo e la Rivoluzione francese era perciò destinata a
fallire poiché si era allontanata dalla grande e diritta via della natura.
François-René de Chateaubriand fin dal 1802 aveva attaccato con il suo "Génie du
Christianisme" (Genio del Cristianesimo) le dottrine illuministiche accusandole di estremo
razionalismo e difendendo la religione e il Cristianesimo. Louis de Bonald, fervente monarchico
e cattolico, fu la voce più importante degli ultra-legittimisti. Aveva aderito all'inizio alle idealità
rivoluzionarie che ripudiò dopo i provvedimenti anticlericali sanciti con la Costituzione civile del
clero.
« Credo possibile dimostrare che l'uomo non può dare una costituzione alla società religiosa o
politica, così come non può dare la pesantezza ai corpi o l'estensione alla materia. »
(Louis de Bonald, Teoria del potere politico e religioso nella società civile, 1796)
Nelle sue numerose opere,[4] attaccò la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, il
Contratto sociale di Jean-Jacques Rousseau e le innovazioni sociali e politiche portate dalla
Rivoluzione sostenendo il ritorno all'autorità della monarchia e della religione. La rivoluzione
stessa, egli sosteneva, è una specie di prova dell’esistenza di Dio, poiché mette in luce come
l’eliminazione della religione conduca alla distruzione della società. L’ambito religioso e quello
politico sono, agli occhi di Bonald, inseparabili.
Ma il vero teorico della Restaurazione fu il savoiardo Joseph de Maistre. Sulla linea del
tradizionalismo di Burke nell'opera Du Pape (1819) egli sostiene la concezione della storia
come depositaria di valori etici trascendenti. Nel Medioevo la Chiesa è stata il sostegno
dell'ordine sociale e questo la rende superiore al potere civile che solo essa può rendere
legittimo in quanto depositaria e interprete della volontà divina.
Le teorie illuministiche sulla libertà naturale dell'uomo sono semplici follie e diaboliche
stranezze. L'uomo è troppo malvagio per poter essere libero, egli è invece nato naturalmente
servo e tale è stato sino a quando il Cristianesimo lo ha liberato. Il Cristianesimo autentico è
quello cattolico, rappresentato dal pontefice romano che ha proclamato la libertà universale ed
è l'unico nella generale debolezza di tutte le sovranità europee ad aver conservato la sua forza
e il suo prestigio.
De Maistre condivide poi l'analisi di Burke sulla falsa pretesa della maggioranza di prevalere
sulla minoranza, mentre invece «dovunque il piccolissimo numero ha sempre condotto il
grande» e per questo è diritto legittimo dell'aristocrazia l'assumere la guida del Paese.[5]
Il congresso di Vienna e la restaurazione [modifica]
Per approfondire, vedi le voci Congresso di Vienna e Legittimismo.
Il Congresso di Vienna in un dipinto di Jean-Baptiste Isabey (1767-1855)
Il Congresso di Vienna (1814-1815) fu la conferenza dei maggiori ambasciatori europei nella
quale si ridisegnò la mappa del continente secondo i voleri degli stati vincitori. I princìpi
fondamentali che informarono il congresso furono definiti come restaurazione, legittimità e
equilibrio. Il primo prevedeva il ritorno alla situazione politica e ai confini del 1792. Il ritorno
alla legittimità ripristinò le prerogative della nobiltà europea e delle famiglie regnanti.
L'equilibrio, diceva che tutte le potenze dovevano avere uguale forza politica. Nel Congresso di
Vienna vennero prese le principali decisioni dai delegati delle più grandi nazioni europee del
XIX secolo (Austria, Prussia, Russia ed Inghilterra) che avevano reso possibile la definitiva
sconfitta nella battaglia di Waterloo (in Belgio) di Napoleone Bonaparte, ossia: Handemberg
(prussiano), Robert Stewart, Visconte Castlereagh (inglese), lo stesso zar Alessandro I e
Metternich, grande diplomatico e politico austriaco che influì notevolmente nella configurazione
geo-politica dell'Europa post Napoleonica.
Il Principe di Metternich - particolare di un dipinto di Sir Thomas Lawrence
In principio frenato dalle pretese di Prussia e Russia che esigevano venissero loro annessi
nuovi territori, fu decisivo l'intervento del francese Charles Maurice de Talleyrand-Périgord
(ecclesiastico e diplomatico che passò la fase della rivoluzione e il dominio napoleonico, prima
sostenendolo poi avversandolo, prodigandosi per l'ascesa al potere di Luigi XVIII), il quale,
schierandosi a favore di Inghilterra e Austria, riuscì a far tornare sui propri passi le altre due
potenze, che ritrattarono.
Il Congresso si basò su tre principi cardine:
il principio di equilibrio: in base al quale nessuna potenza dovesse rafforzarsi eccessivamente a
danno delle altre.
il principio di legittimità per il quale assiduamente combatté Talleyrand e che prevedeva il
ritorno al potere di tutte quelle dinastie precedenti al dominio Napoleonico;
la cintura di Stati "cuscinetto" intorno alla Francia, per impedire la sua egemonia su tutta
l'Europa.
In seguito nella suddetta assemblea, si sancirono due alleanze: la Santa alleanza tra Russia,
Austria e Prussia e la Quadruplice alleanza formata dalle precedenti nazioni più l'Inghilterra.
Questa alleanza si basava sul principio di intervento: nel caso uno Stato avesse avuto dei
problemi causati da disordini rivoluzionari che potevano contagiare gli altri stati questi si
ritenevano in obbligo d'intervenire per sedare le rivolte. Al principio di non ingerenza negli
affari interni di uno stato si sostituiva l'ideale della solidarietà internazionale da attuarsi con la
periodica consultazione dei governi europei nei Congressi e tramite quello strumento di polizia
internazionale che era la Santa Alleanza.
Comprendere il Congresso di Vienna è molto importante per capire in seguito gli scopi della
Restaurazione, in quanto fu proprio questa assemblea il simbolo dell'iniziativa intrapresa dalle
superpotenze del continente.
Conseguenze della Restaurazione [modifica]
Dopo il congresso, la geografia politica del continente subì molte modifiche: le potenze
vincitrici cambiarono a loro vantaggio i loro confini, talvolta annettendosi piccoli stati: la
Prussia ottenne la Renania; nacque il Regno dei Paesi Bassi; l'Impero russo acquistò posizione
nel centro Europa annettendo la Bessarabia, la Finlandia e parte della Polonia; la Gran
Bretagna acquisì il controllo di alcune isole ioniche: (Corfù, Zante, Cefalonia).
Il Sacro Romano Impero non fu ricostituito e al suo posto venne creata la Confederazione
germanica, presieduta dagli Asburgo; quest'ultimi imposero il loro dominio sulle annesse
Repubblica di Venezia e Repubblica di Ragusa.
La Repubblica di Genova fu unita al Regno di Sardegna allo scopo di costituire un più efficace
stato cuscinetto nei confronti della Francia.
La regione veneta fu unita col vecchio Ducato di Milano a formare il Regno Lombardo-Veneto
diretto subalterno dell'Austria.
Nel resto della penisola italiana furono ripristinati i precedenti stati, ossia il Ducato di Parma, il
Ducato di Modena, il Granducato di Toscana, lo Stato della Chiesa (privato delle sue storiche
enclave francesi [6]).
Il Regno di Napoli venne ricondotto sotto la monarchia di Ferdinando IV di Borbone che già
governava il Regno di Sicilia che venne abolito nel 1816 con la creazione del Regno delle Due
Sicilie con capitale Napoli. Il re assunse il nuovo titolo di Ferdinando I delle Due Sicilie.
A Parigi, nel maggio 1814, era stato insediato il nuovo re Luigi XVIII fratello minore del
decapitato Luigi XVI.
Gli obiettivi della Restaurazione [modifica]
La Restaurazione in effetti si identifica con la volontà unanime del Congresso anche se
successivamente vedremo come si creeranno delle discordie anche all'interno di questo circolo
privato nazionale.
L'errore principale commesso dai monarchi del XIX secolo consiste nel non aver saputo (o
meglio nel non aver voluto) conciliare le ideologie presenti con quelle passate, imponendosi
prepotentemente sui governi di tutta Europa in modo assolutistico senza aver tenuto conto
delle nuove idee di nazionalità, liberalismo e democrazia che, la Rivoluzione Francese prima e
Napoleone poi, seppur inconsciamente e involontariamente, avevano insinuato nelle menti dei
popoli.
In sintesi, l'Europa era ideologicamente cambiata dall'avvento di Napoleone ma i sovrani del
tempo sembrarono non voler tener in conto questo fatto, fingendo che 26 anni di storia (17891815) non fossero mai esistiti.
Le conseguenze di questo atteggiamento intollerante si manifesteranno sull'Europa
cinquant'anni più tardi prima nel Risorgimento italiano e poi nelle Rivoluzioni che scuoteranno il
secolo successivo.
Note [modifica]
^ Cfr. Carl Ludwig von Haller, La Restaurazione della Scienza Politica, tre volumi, Torino, Utet,
1963-1976-1981 (1816-1834).
^ Cfr. Edmund Burke, Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia, Cappelli, Bologna, 1935
^ Edmund Burke, op. cit.
^ Nel 1802 pubblicò la Legislazione primitiva, in contemporanea con il Genio del Cristianesimo
di Châteaubriand. Commentando lo scarso successo della sua opera rispetto a quella
dell'amico, Bonald affermò di aver «offerto la sua droga al naturale, mentre Chateaubriand l'ha
offerta zuccherata».
^ Ad evitare una lettura eccessivamente limitata di De Maistre riducendolo a un
ultralegittimista, si consideri che quello che divenne l'apostolo della Reazione nel 1793,
durante il Terrore, scriveva ad un amico: «Secondo il mio modo di pensare il progetto di
mettere il lago di Ginevra in bottiglie è molto meno folle di quello di ristabilire le cose proprio
sulle stesse basi in cui si trovavano prima della Rivoluzione» questo è come voler richiamare in
vita i morti. Egli dunque non condivide l'assurdità degli ideologi della Restaurazione che
pretendevano nel congresso di Vienna di riportare le lancette della storia all'indietro
cancellando tutto quello che era accaduto dalla Rivoluzione francese all'età napoleonica. D'altra
parte egli riconosceva scrivendo nelle Considerazioni sulla Francia che «la rivoluzione francese
segna una grande epoca e le sue conseguenze, in tutti i campi, si faranno sentire ben al di là
della sua esplosione e del suo epicentro.»
^ Non furono restituiti alla Chiesa la legazione extra-territoriale di Avignone e il Contado
Venassino entrambi passati alla Francia
Voci correlate [modifica]
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