UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE, GIURIDICHE E STUDI INTERNAZIONALI Corso di laurea Triennale in Diritto dell’Economia e Governo delle Organizzazioni Curriculum: Diritto per l’impresa A M M I N I S T R A Z I O N E D I S G I U N TA E C O N G I U N TA N E L D I R I T T O S O C I E TA R I O Relatore: Prof.ssa DANIELA SEGA Laureanda: VANIA MEDEA matricola N. 617624/DOR A.A. 2014/2015 A nonna Amalia e ai miei genitori Non temete i momenti difficili, il meglio viene da lì. Rita Levi Montalcini Indice Introduzione ...................................................................................................3 Parte I - L'ATTIVITÀ SOCIALE .............................................................. 5 Capitolo 1 IL CONCETTO DI AMMINISTRAZIONE ..............................................7 1. Nozione e generalità del rapporto amministrativo .....................................7 1.1. Amministrazione e rappresentanza ......................................................... 9 1.2. Amministratore estraneo .......................................................................15 1.3. Poteri di controllo dei soci non amministratori ....................................19 Parte II - LE SOCIETÀ DI PERSONE ...................................................23 Capitolo 2 I SISTEMI AMMINISTRATIVI DELLE SOCIETÀ DI PERSONE ...25 2. La società semplice come modello normativo .........................................25 2.1. L'amministrazione disgiuntiva .............................................................. 27 2.2. L'amministrazione congiuntiva ............................................................ 31 2.3. Varianti convenzionali ...........................................................................32 Parte III - LE SOCIETÀ DI CAPITALI .................................................35 Capitolo 3 LA SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA .................................37 3. Premessa - La riforma ..............................................................................37 3.1. L'amministratore unico .........................................................................40 3.2. Il consiglio di amministrazione ............................................................. 41 3.3. L'amministrazione pluripersonale di natura non collegiale ..................43 Bibliografia ..................................................................................................51 Sitografia ......................................................................................................55 INTRODUZIONE La scelta di chi sarà competente alla gestione di una società, sia essa di persone o di capitali, è fondamentale; ed è per questo che tale tema di studio verrà trattato per tutta la lunghezza di questa tesi. Il legislatore, in merito a questa scelta delicata, nel disciplinare le società di persone ha previsto due sistemi di amministrazione, i quali attribuiscono ai soli soci il potere di amministrare; lasciando non pochi dubbi in tema di affidamento dell’amministrazione societaria ad un non socio. Tale aspetto verrà esaminato nel primo capitolo, in seguito a brevi accenni generali sull’amministrazione delle società, sui poteri di rappresentanza della volontà sociale e sui poteri di controllo conferiti ai soci, qualora questi non rivestano la carica di amministratori. L’amministrazione nella società di persone, di norma, è affidata a ciascun socio con responsabilità illimitata, disgiuntamente dagli altri soci (art. 2257 c.c.), fatta salva diversa pattuizione. A differenza, qualora nel contratto sociale sia prevista l’amministrazione congiunta, sarà necessario il consenso unanime di tutti i soci amministratori per il compimento di tutte le operazioni sociali (art. 2258 c.c.), fatta salva la previsione del principio di maggioranza. Da questo si può dedurre, dunque, che nelle società di persone vi è una coincidenza naturale tra la figura del socio e la figura amministrativa; ma tale argomento sarà ampiamente discusso all’interno del secondo capitolo di questa tesi. Nelle società di capitali, al contrario, vi è la separazione tra la figura del socio e quella dell’amministratore, la quale è espressa chiaramente all’art. 2380bis del codice civile che disciplina le società per azioni. Tale separazione, come si vedrà nel corso del terzo capitolo, è stata attenuata nella disciplina della società a responsabilità limitata, specialmente dopo l’intervento di riforma del diritto 3 societario – avvenuto nel 2003 con il Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n° 6 e successive modificazioni. Nel “nuovo” modello di s.r.l. è stata introdotta la possibilità dei soci di scegliere un sistema amministrativo simile a quello della società per azioni, oppure un sistema tendenzialmente riconducibile a quello delle società di persone. Con riguardo particolare alle s.r.l., infatti, l’art. 2475 del codice civile disciplina che gli amministratori operino come un consiglio di amministrazione (CDA), fatta salva diversa disposizione dell’atto costitutivo il quale, tuttavia, può prevedere che l’amministrazione sia affidata ad un amministratore unico, o a più persone disgiuntamente o congiuntamente, con rimando agli artt. 2257 e 2258 del codice civile. Di qui lo scopo della redazione di questa tesi, la quale è volta ad evidenziare gli elementi principali, costitutivi di una maggior libertà statutaria, che determinano l’avvicinarsi della società a responsabilità limitata allo schema personalistico; lasciando, comunque, forti perplessità in merito al profilo applicativo. PARTE I L’ATTIVITÀ SOCIALE 5 CAPITOLO 1 IL CONCETTO DI AMMINISTRAZIONE 1. Nozione e generalità del rapporto amministrativo. Nel diritto delle società (commerciali e non, di persone o di capitali), per «amministrazione della società» si intende quell’attività gestoria e direzionale, svolta all’interno dell’impresa sociale da parte di uno o più soggetti titolari di tale potere1, i quali prendono il nome di «amministratori». Tale attività è “diretta a realizzare l’interesse per il quale il contratto sociale è stato concluso”2. L’acquisizione del potere di amministrazione comporta la possibilità di compiere tutti gli atti rientranti nell’oggetto della società. È agli amministratori, infatti, che spetta la decisione delle strategie, la scelta delle tattiche imprenditoriali da attuare nel modo più consono, conseguentemente a un lavoro di raccolta e selezione critica di dati ed informazioni3, e l’adozione della politica economica che ritengono più efficace4. Le funzioni amministrative, pur rimanendo universali in tutte le attività sociali, assumono caratteristiche e rilevanze diversificate nelle varie tipologie di società presenti nel nostro ordinamento. Nell’ambito delle società di persone, ad esempio, è indispensabile che vi sia un vincolo di collaborazione tra gli amministratori, date le piccole dimensioni della società e il numero contenuto dei soci, tra i quali vige normalmente un presupposto di reciproca fiducia. Tale vincolo risulta meno importante nelle società di capitali, specialmente in quelle di grandi dimensioni5. Anche per questo motivo ne derivano discipline distinte, 1 ABRIANI N., Diritto Commerciale, in Irti N. (a cura di), Dizionari del Diritto Privato, Giuffrè, 2011. GALGANO F., Diritto Commerciale. Le società, Zanichelli, 2006, 16a edizione, p. 59. 3 PRAVISANO R., L’organizzazione del servizio amministrativo nelle imprese, in “PMI”, 2011, n° 8. 4 IUDICA G. – ZATTI P., Linguaggio e regole del Diritto Privato, CEDAM, 2009, 10a edizione, p. 530. 5 VIOLETTA M., Amministratore di società. Poteri, rappresentanza e compensi dopo la riforma del diritto societario, Edizioni FAG, 2007, 4a edizione, p. 28. 2 7 contenute all’interno del libro quinto del codice civile, le quali hanno lo scopo di regolare entrambe le categorie di società. Nelle società di persone, la disciplina del regime di amministrazione si caratterizza per l’ampia autonomia lasciata alle parti. Il potere amministrativo spetta di regola agli stessi soci, disgiuntamente o congiuntamente. Il primo caso rappresenta il modello legale (art. 2257 c.c.), e trova applicazione qualora i soci non abbiano previsto diversamente nel contratto sociale. Tramite l’amministrazione disgiunta “ogni socio illimitatamente responsabile è investito dal potere di amministrazione”6, senza la necessità di consultare gli altri soci, fatta salva la possibilità di opposizione degli stessi (c.d. diritto di veto). Questo principio, è applicabile solamente ai soci illimitatamente responsabili, ovvero ai quei soci che non beneficiano di una limitazione della responsabilità, sia essa pattizia (come avviene, ad esempio, nella società semplice), oppure legale – come stabilito all’art. 2318, comma 2° del c.c. per i soci accomandatari di società in accomandita semplice (s.a.s.)7. In quest’ultimo caso, infatti, è fatto divieto ai soci accomandanti di trattare, negoziare e compiere atti di amministrazione in nome della società (art. 2320 c.c.); e qualora questo divieto venga violato, il socio in questione perde il beneficio della responsabilità limitata8. Le parti possono derogare al modello legale, il quale non ha carattere rigido 9 . Esse infatti possono stabilire, con contratto di società, che l’amministrazione sia congiunta. In questo caso, è necessario il consenso di tutti i 6 CAMPOBASSO G. F., Diritto Commerciale. 2. Diritto delle società, Campobasso M. (a cura di), UTET Giuridica, 2010, 7a edizione, p. 90. 7 GALGANO F., op. ult. cit., p. 59; AA. VV., Diritto delle società. Manuale breve, Giuffrè, 2012, 5a edizione, p. 51. 8 SCHLESINGER P. – TORRENTE A., Manuale di Diritto Privato, in Anelli F. – Granelli C. (a cura di), Giuffrè, 2011, 20a edizione, p. 1008. 9 IUDICA G. – ZATTI P., op. ult. cit., p. 516. soci amministratori, all’unanimità o a maggioranza, per il compimento delle operazioni sociali; fatta salva la possibilità di agire singolarmente quando vi sia l’urgenza di evitare un danno alla società (art. 2258 c.c.). I soci possono pattuire, inoltre, che l’amministrazione spetti solo ad alcuni dei componenti, in via disgiuntiva o congiuntiva; oppure unicamente ad un singolo componente, senza che agli altri soci sia riconosciuto il potere di opporsi al suo operato10 e dando così luogo alla contrapposizione tra soci amministratori e soci non amministratori11. Per quanto riguarda le società di capitali, nella società per azioni (s.p.a.) vige una ripartizione di competenze piuttosto rigida tra i suoi organi. Qui, vi è una naturale divisione tra la figura dei soci e quella degli amministratori, ai quali spetta in via esclusiva e autonoma la gestione della società (art. 2380-bis c.c.). Lo statuto della s.p.a. non può affidare poteri gestori ad altri organi, se non agli amministratori, i quali rappresentano il fulcro più importante della vita della società. La società a responsabilità limitata (s.r.l.), invece, si pone in posizione intermedia tramite la fusione dei poteri decisionali dei soci e la funzione gestoria dell’organo amministrativo 12 . Ad essa, infatti, viene riconosciuta la possibilità di affidare l’amministrazione disgiuntamente o congiuntamente ai soci (art. 2475, comma 3° c.c.), in deroga alla nomina di un amministratore unico o più (CDA). 1.1. Amministrazione e rappresentanza. Fra le funzioni degli amministratori vi è anche quella di rappresentanza della società. L’amministrazione va 10 concettualmente distinta dalla COSTAGLIOLA A., Compendio di Diritto Commerciale. Riferimenti dottrinali e giurisprudenziali, MAGGIOLI, 2013, 5a edizione, p. 160. 11 CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 91. 12 ABRIANI N., op. ult. cit., p. 1. 9 rappresentanza13. Come si è già spiegato in precedenza, l’amministrazione può essere descritta come l’attività gestoria e direzionale degli affari sociali. Essa ha rilevanza interna alla società, poiché caratterizza solamente il momento in cui si decide il compimento degli atti sociali. Perché tali decisioni abbiano valore anche esternamente è necessaria la rappresentanza. Il potere di rappresentanza, conosciuto anche come “potere di firma”, consiste nell’attività mediante la quale si manifesta la volontà sociale, per l’appunto, all’esterno della società, in quanto delinea il momento attuativo delle decisioni sociali assunte internamente. Il rappresentante può essere definito, dunque, come colui il quale ha il potere di agire nei confronti dei terzi in nome della società e di negoziare per essa, “dando luogo all’acquisto di diritti e all’assunzione di obbligazioni” 14 per conto della stessa (come disciplinato all’art. 2266, comma 1° c.c.). Fatta salva diversa disposizione del contratto sociale, nelle società di persone, tale potere spetta a ciascun socio amministratore e si estende a tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale (art. 2266, comma 2° c.c.). Si può, quindi, affermare che così come per essere amministratori si deve essere soci, per essere rappresentanti bisogna essere amministratori; ma se il contratto sociale modifica il regime legale della rappresentanza, è possibile rivestire la carica di amministratori senza essere rappresentanti 15 . In questo senso, è opportuno far notare, però, che la rappresentanza è uno strumento necessario all’amministratore per assolvere adeguatamente il proprio incarico16. Riassumendo, in linea generale, secondo il modello legale (artt. 2266 e 2298 c.c.) 13 COTTINO G. – SARALE M. – WEIGMAN R., Società di persone e consorzi, in “Trattato di Diritto Commerciale”, Cottino G. (a cura di), volume III, CEDAM, 2004, p. 141. 14 CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit, p. 92. 15 DI SABATO F., Diritto delle società, Giuffrè, 2005, 2a edizione, p. 121. 16 CORSI F. – FERRARA F., Gli imprenditori e le società, Giuffrè, 2011, 15a edizione, p. 224. si può dire che, se il contratto è silente, le modalità di attribuzione del potere di rappresentanza sono le stesse che vigono per l’amministrazione: nel caso di amministrazione disgiunta anche la rappresentanza è esercitabile in ugual modo, e dunque ogni rappresentante può decidere e stipulare da solo atti in nome della società (c.d. firma disgiunta). Al contrario, se il contratto sociale ha disposto l’amministrazione congiunta anche la rappresentanza sarà tale: tutti i soci rappresentanti devono partecipare alla decisione e alla stipulazione degli atti (c.d. firma congiunta), all’unanimità o a maggioranza17. In ogni caso, per tutti i regimi esistenti, il rappresentante non può porre in essere atti estranei all’oggetto sociale, poiché quest’ultimo costituisce per lui un limite insuperabile 18 . Qualora questo accada, vi è giurisprudenza che ha ritenuto inefficaci nei confronti della società tali atti, attribuendo la legittimazione a far valere la suddetta inefficacia anche ai soci che non hanno concorso a formare gli atti “ultra vires”, oltre che alla società stessa19. Tornando all’esame del modello legale, la rappresentanza, inoltre, non è da ritenersi solamente sostanziale, bensì anche processuale. L’art. 2266, comma 1° del codice civile, precisa infatti che la società “sta in giudizio” nella persona dei soci che ne hanno la rappresentanza. Ciò significa che la società può agire (c.d. rappresentanza processuale attiva) ed essere convenuta in giudizio (c.d. rappresentanza processuale passiva) in persona degli stessi soci amministratori rappresentanti, anche singolarmente20. Con riguardo alle modalità di esercizio di questi poteri rappresentativi, la giurisprudenza ha precisato che nel caso l’atto 17 CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 93. BAZZANO E. – DABORMIDA R. – MORINI A., Le società: ordinamento e variabili. 1. Società semplice e in nome collettivo, in Zanelli E. (diretto da), Diritto e Realtà, UTET, 1994, p. 41. 19 TOSCO F., Il funzionamento dell’organo amministrativo nelle società di persone, in MAURO A. – MEOLI M. – NEGRO M., Gli amministratori. Disciplina civilistica, fiscale e previdenziale, IPSOA, 2007, p. 54. 20 Ivi, p. 55. 18 11 costitutivo preveda particolari criteri di attribuzione della rappresentanza, gli stessi criteri devono valere anche per la rappresentanza processuale21. Per quanto concerne l’ampiezza del potere di rappresentanza si desume che, estendendosi a tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, chi ne detiene la carica possa porre in essere qualsiasi atto che risulti idoneo al raggiungimento dello scopo sociale, senza alcuna distinzione tra atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione22. Tale aspetto risulta talvolta delicato ed è proprio per questo motivo che il contratto sociale può derogare al regime legale, prevedendo limitazioni a tale potere. I soci, infatti, possono decidere convenzionalmente diverse modalità di esercizio, ad esempio, in tema di straordinaria amministrazione o di atti che superano un determinato ammontare, introducendo un sistema di firma congiunta di tutti gli amministratori23. Anche in ordine al potere di rappresentanza, quindi, possiamo riscontrare un modello legale e vari modelli convenzionali. La distinzione concettuale tra amministrazione e rappresentanza, qualora si prevedano sistemi limitativi convenzionali, deve essere tenuta ben chiara specialmente nelle società di persone dove la fusione tra soci e amministratori è molto presente. Tali limitazioni rappresentative sollevano, infatti, il problema sulla loro opponibilità ai terzi che entrano in contatto con gli stessi amministratori24. Le discipline sono diverse a seconda dei casi e rimandano alle norme di diritto comune (art. 1396 c.c.), in quanto al momento d’entrata in vigore del codice civile per la società semplice non era previsto un regime di pubblicità legale. Se la limitazione ha origine nel contratto sociale, è onere del terzo che 21 TOSCO F., op. ult. cit., pag. 55; Cfr. Cass., 30 marzo 1979, n. 1839, in Giust. Civ. Mass., 1979, 831. DI SABATO F., op. ult. cit., p. 122. 23 GALGANO F., op. ult. cit., p. 78. 24 COTTO A. – MEOLI M. – TOSCO F. – VITALE R., Società, in Eutekne (a cura di), Guide e soluzioni, IPSOA, 2013, p. 226. 22 contratta con il rappresentante, verificare che quest’ultimo agisca nel pieno dei suoi poteri, con la conseguenza di poter sempre opporre a lui eventuali limitazioni originarie; diversamente, se la limitazione o la modifica del potere di rappresentanza avviene successivamente, vale la regola secondo la quale spetta alla società l’onere di portarla a conoscenza dei terzi con mezzi idonei (come disposto dall’art. 2266, comma 3° c.c.). Qualora questo non avvenga, le limitazioni o le modifiche non sono opponibili, e la società non può rifiutare di dare esecuzione all’atto compiuto da chi era sprovvisto del potere di rappresentanza, fatto salvo il caso di prova che il terzo aveva conosciuto o avrebbe potuto conoscere la nuova situazione, usando l’ordinaria diligenza25. A seguito della recente introduzione dell’obbligo di iscrizione della società semplice nella sezione speciale del Registro imprese (L. 29.12.93, n° 580), parte della dottrina ritiene, però, opportuna la riformulazione di quanto appena affermato. Al riguardo, infatti, si può giungere alla conclusione che se da una parte l’iscrizione nella sezione speciale ha funzione di mera pubblicità notizia, dall’altra può costituire un mezzo idoneo per rendere pubblico l’atto di limitazione del potere di rappresentanza26. Tale principio è stato esteso a tutte le tipologie di società di persone e qualora la società risulti irregolare, l’omessa registrazione si ritorce contro i soci, essendo tutelato l’affidamento che i terzi ripongono nel rispetto del modello legale di rappresentanza (si presume, dunque, che ogni socio che agisce per la società abbia la rappresentanza sociale)27. Quando parliamo, invece, di s.p.a. o s.r.l. la questione si fa più semplice: le disposizioni in tema di rappresentanza, infatti, coincidono in tutte le tipologie di società di capitali. Di norma la rappresentanza della società è attribuita al 25 BAZZANO E. – DABORMIDA R. – MORINI A., op. ult. cit., p. 44. COTTO A. – MEOLI M. – TOSCO F. - VITALE R., op. ult. cit., p. 227. 27 CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 94. 26 13 presidente del CDA, o ad uno o più amministratori. In presenza di un consiglio di amministrazione, gli amministratori aventi potere di rappresentanza devono essere indicati nello statuto, e allo stesso tempo dovrà essere specificato se essi hanno potere di agire disgiuntamente o congiuntamente. In questi casi, il potere di rappresentanza è “generale” e non più circoscritto agli atti che rientrano nell’oggetto sociale28. La società può conferire tale potere anche altri rappresentanti (es: direttori generali), i quali non sostituiranno gli amministratori, ma si aggiungeranno agli stessi. Le disposizioni a riguardo prevedono l’iscrizione al Registro Imprese, entro trenta giorni dalla notizia della nomina (art. 2383, n° 4 c.c.). Da qui ne discendono due corollari: è inopponibile ai terzi in buona fede la mancanza del potere rappresentativo dovuta all’invalidità della nomina, ed inoltre la società rimane vincolata ai terzi anche se gli amministratori hanno violato eventuali limitazioni del loro potere di rappresentanza29. Tali limitazioni statutarie, risultanti dallo statuto o da una decisione degli organi competenti, non sono opponibili ai terzi, anche se pubblicate, salvo che si provi che questi abbiano agito intenzionalmente a danno della società (artt. 2384, comma 2° c.c. – così riformato; 2475-bis, comma 2° c.c.). Rimangono, invece, opponibili ai terzi i limiti del potere rappresentativo degli amministratori che trovano fondamento nella legge. Ad esempio, qualora un amministratore stipuli un contratto in conflitto di interessi con la società, il contratto potrà essere annullato su richiesta della società, se il conflitto di interessi era conosciuto o riconoscibile dal terzo 30 (art. 1394 c.c.). 28 CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 378. Ivi, pagg. 378 – 379. 30 Ivi, p. 379. 29 In conclusione, si può dunque affermare che, nel caso delle società di capitali, la figura del terzo viene tutelata al massimo, nell’interesse di una stabilità e sicurezza dei rapporti giuridici. 1.2. Amministratore estraneo. Definiti i concetti di amministrazione e rappresentanza, sorge spontaneo chiedersi se, nell’ambito della larga autonomia contrattuale lasciata ai soci nelle società di persone, sia concesso e ammissibile attribuire l’amministrazione anche a soggetti i quali non rivestono la qualità di socio. In merito a tale questione, da sempre trattata in giurisprudenza e in dottrina, possono essere rilevati sul punto due orientamenti contrastanti: da un lato vi è chi sostiene che questa eventualità sia espressamente negata dall’art. 2267, comma 1° c.c., in quanto se derogato può creare un’anomalia alla responsabilità dei soci; dall’altro vi è chi ritiene possibile tale opzione, concependo e trattando la figura dell’amministratore terzo al pari di quella di un mandatario o di un institore 31 . A questo punto è bene premettere che la soluzione negativa sull’argomento è quella più seguita, ma procediamo con ordine e cerchiamo di fare chiarezza sul dibatto. Se analizziamo la tesi negativa, possiamo sottolineare il fatto che la possibilità di affidare l’amministrazione ad un soggetto estraneo alla compagine societaria è espressamente negata, a livello normativo, solo per quanto riguarda la società tra avvocati (art. 23, comma 1°, D.lgs. 96/2001) 32 e la società in accomandita semplice (art. 2318, comma 2° c.c.). Quest’ultima infatti può essere gestita, come si è già detto, esclusivamente solo da soci accomandatari, senza 31 MAURO A., La nomina e la cessazione degli amministratori nelle società di persone, in MAURO A. – MEOLI M. – NEGRO M., Gli amministratori. Disciplina civilistica, fiscale e previdenziale, IPSOA, 2007, p. 23. 32 AA. VV., op. ult. cit., p. 56. 15 possibilità di soluzioni diverse. Ancora più esplicito a riguardo, è l’art. 2320, comma 1° c.c. il quale “vieta l’attività amministrativa della società ai soci accomandanti, sanzionando la loro eventuale immistione non autorizzata con l’assunzione della responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali” 33 . Al di fuori di questi dettati normativi, che si esprimo chiaramente in senso negativo circa la possibilità della nomina di estranei, nulla è disciplinato in modo esplicito dal codice civile per quanto riguarda la società semplice ed in nome collettivo, dando luogo così a diverse interpretazioni delle norme34. In tema di società semplice, si è portati all’analisi dell’art. 2267, comma 1° del c.c. secondo cui “per le obbligazioni sociali rispondono personalmente e solidamente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci”. Ne consegue che, anche in questo caso, non sembrerebbe possibile affidare il potere amministrativo al di fuori dei soggetti soci, per i quali non si sia optato per un patto limitativo di responsabilità, dando per assunto che il potere gestorio non sia scindibile dalla responsabilità illimitata. Secondo questa tesi infatti se si nominasse un amministratore estraneo, esso non potrebbe assumere responsabilità illimitata e dunque, nell’ottica della tutela dei terzi, nel contrattare con la società semplice recherebbe un danno, in quanto quest’ultimi, fanno affidamento proprio a tale responsabilità in capo ad almeno un socio. In aggiunta, si andrebbe a snaturare il modello sociale prescelto che avrebbe solo la forma, e non più la sostanza, di una società semplice 35 . Per 33 PICCOLO A., L’amministratore estraneo nelle società di persone, in Filodiritto. La legge, il diritto, le risposte, http://www.filodiritto.com/, http://www.filodiritto.com/articoli/2010/06/lamministratoreestraneo-nelle-societa-di-persone/. 34 CONFORTI C., L’inammissibilità di amministratore estraneo alla compagine delle società di persone, in Cendon P., Persona e Danno, http://www.personaedanno.it/, http://www.personaedanno.it/impresa-societa-fallimento/l-inammissibilita-di-amministratore-estraneoalla-compagine-delle-societa-di-persone-cesare-conforti. 35 PICCOLO A., Ibidem. concludere l’analisi di questa tesi, si può inoltre ricorrere all’esame minuzioso dell’art. 2295, n° 3 c.c. in tema di società in nome collettivo, secondo il quale si afferma che “i soci […] hanno l’amministrazione e la rappresentanza della società”. A confronto, analizzando l’art. 2380-bis, comma 2° c.c. si può notare che “l’amministrazione della società può essere affidata anche a non soci”. Tale incipit non viene ripetuto in alcuna disciplina regolante le società di persone, e perciò si è portati a pensare che nelle società di persone sia inammissibile il conferimento del potere amministrativo (ed anche rappresentativo) a soggetti terzi36. La tesi affermativa riguardante l’ammissibilità dell’amministratore estraneo alla compagine societaria, se pur meno prevalente, merita comunque un breve accenno. Essa, in primo luogo, afferma la necessità di scindere il concetto di amministrazione da quello di responsabilità illimitata, in quanto il rapporto di amministrazione e quello sociale sarebbero fonte di diritti, poteri e responsabilità diversi e distinti da quelli spettanti al soggetto socio. A sostegno di tale affermazione, si aggiunge che “lo stesso legislatore, all’art. 2260 c.c., configura un rapporto di amministrazione regolato secondo autonome norme (quelle sul mandato) e fonte di distinta responsabilità rispetto a quella eventualmente spettante come socio”37. Al tempo stesso si fa notare come l’art. 2318, comma 2° c.c., sostenuto dalla tesi negativa, costituisca divieto di ammissione del terzo all’amministrazione societaria solo ed esclusivamente per quanto riguarda la società in accomandita semplice, in quanto tale divieto non è ripetuto nelle normative disciplinanti la società semplice e la società in nome collettivo. A tal riguardo, questa tesi, evidenzia che il principio della responsabilità illimitata a tutela dei terzi non verrebbe intaccato anche se fosse 36 37 PICCOLO A., op. ult. cit. PICCOLO A., Ibidem. 17 nominato un amministratore che non rivesta la qualità di socio 38. Nella società in nome collettivo, infatti, all’art. 2291 c.c. è stabilito che tutti i soci rispondono sempre e comunque personalmente per le obbligazioni sociali39, avendo il patto di limitazione della responsabilità (nei confronti dei terzi) effetti solo interni alla società. In ogni caso, tale dibattito trova una soluzione che riconduce all’assimilazione della posizione del terzo amministratore a quella di un mandatario generale o di un institore, sia pure con poteri estesi al compimento di tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale 40 . Ciò significa che nonostante l’amministrazione venga affidata ad un soggetto estraneo, esso non sarà amministratore in senso tecnico, anche se qualificato dalle parti come tale 41 ; i soci non verranno spogliati del potere direzionale dell’impresa e nemmeno della loro responsabilità illimitata42. Ai soci, inoltre, spetteranno tutte le conseguenze derivanti dal fatto di rivestire la carica di amministratori, soprattutto quando si parla di s.n.c.; essi infatti hanno l’obbligo di tenere le scritture contabili (come disposto all’art. 2302 c.c.) e, in caso di fallimento, saranno penalmente responsabili per l’omissione di tali scritture (artt. 217, comma 2°; 222 della Legge Fallimentare)43. Questa soluzione può essere trasferita anche nell’ ambito dei poteri di rappresentanza. In conclusione, si può quindi affermare che seguendo questo orientamento, conferire poteri amministrativi e poteri di rappresentanza a soggetti estranei (e quindi non soci), non priva i soci della qualità di amministratori e nemmeno quella di rappresentanti della società44. 38 PICCOLO A., op. ult. cit. CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 101. 40 Ivi, p. 102. 41 GALGANO F., op. ult. cit., p. 66. 42 AA. VV., op. ult. cit., p. 55. 43 GALGANO F., op. ult. cit., p. 67. 44 Ivi, p. 79. 39 1.3. Poteri di controllo dei soci non amministratori. Nelle società di persone, il legislatore attribuisce ai soci che non partecipano all’amministrazione una serie di diritti in tema di controllo. Questi diritti, per l’appunto, vengono legislativamente riconosciuti dall’art. 2261 del codice civile, il quale prevede che ogni socio che non partecipa all’esercizio del potere amministrativo abbia diritto: - “di avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali” (c.d. diritto di informazione); - “di consultare i documenti relativi all’amministrazione”, senza distinzioni di tipologia (c.d. diritto di ispezione); - “di ottenere il rendiconto quando gli affari per cui fu costituita la società sono stati compiuti”, sia che l’attività sociale si esaurisca in un solo anno – comma 1° – sia che si protragga per più di un anno, con il che, salvo diversa disposizione contenuta nel contratto, il diritto matura al termine di ogni anno di attività 45 – comma 2° – (c.d. diritto di rendicontazione). I diritti di informazione e di ispezione possono essere ampliati dal contratto sociale, ma è discusso il fatto di poterli limitare, o addirittura di farne espressa rinuncia da parte del socio46. L’esercizio di questi diritti, in ogni caso, non può sfociare nell’abuso e nella violazione del segreto sociale, perciò il socio non amministratore non può chiedere informazioni o effettuare controlli per scopi anti-sociali o comunque con effetti contrari all’interesse della società47. Qualora l’esercizio di tali poteri risulti consono alla verifica dell’andamento della società, gli amministratori non possono sottrarsi ai loro doveri. 45 BAZZANO E. – DABORMIDA R. – MORINI A., op. ult. cit., p. 47. Ivi, p. 48; SPADA P., La tipicità delle società, CEDAM, 1967, p. 422. 47 BAZZANO E. – DABORMIDA R. – MORINI A., op. ult. cit., p. 48; COSTI R., Note sul diritto di informazione e di ispezione del socio, in Rivista delle Società, 1963, p. 66. 46 19 Il “diritto di notizia dello svolgimento degli affari sociali”, può riguardare: - sia le singole operazioni, sia l’andamento generale della gestione; - qualunque tipologia di affare, sia esso già stato compiuto, in corso di compimento o di prossima attuazione48. In quanto al diritto “di consultare i documenti relativi all’amministrazione”, i soci non amministratori hanno facoltà di consultare tutte le scritture contabili (qualora siano previste) e tutti i documenti redatti dagli amministratori. Di norma i due poteri appena descritti non possono essere delegati a soggetti terzi, anche se tale orientamento non è affatto pacifico. La tesi negativa, ovvero la più seguita, si basa sulla inseparabilità dei diritti di controllo dalla figura del socio. La tesi positiva, invece, si basa sul presupposto che “simile atteggiamento è estraneo al nostro ordinamento positivo per cui, in ipotesi di mancanza di adeguate cognizioni tecniche, la delegabilità delle funzioni sarebbe necessaria anche se nulla vieta che il socio si faccia assistere da un tecnico”49. Tra i poteri contemplati dall’art. 2261 c.c. vi è infine il diritto di “ottenere il rendiconto”. Esso non va confuso, come spesso succede, con il bilancio di esercizio che gli amministratori sono chiamati a redigere nella società in nome collettivo, né con il rendiconto contemplato dall’art. 2262 c.c. che si esprime in tema di distribuzione degli utili50. Esso, infatti, è un documento essenzialmente discorsivo che si articola in un mero elenco nel quale vengono indicate le operazioni compiute, con la corrispondenza delle entrate e delle uscite effettivamente verificatesi nel periodo 51 ; al contrario il bilancio di esercizio, rappresenta la situazione patrimoniale della società, mettendo in evidenza gli utili 48 COSTI R., op. ult. cit., p. 89 e ss. BAZZANO E. – DABORMIDA R. – MORINI A., op. ult. cit., p. 48. 50 CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., in nota n° 87, p. 99. 51 BAZZANO E. – DABORMIDA R. – MORINI A., op. ult. cit., p. 49. 49 conseguiti e le perdite subite nell’esercizio. Per chiarire eventuali dubbi in merito, si può affermare che, il rendiconto (ai sensi dell’art. 2261 c.c.) deve essere redatto qualora nella società siano presenti soci non amministratori, quando gli affari per cui fu costituita la società sono stati compiuti; mentre il rendiconto (ai sensi dell’art. 2262 c.c.) deve essere redatto in ogni caso, e quindi anche qualora tutti i soci siano amministratori, per determinare il risultato di esercizio e la parte di utili da distribuire ad ogni socio52. Per quanto riguarda, invece, l’attività di controllo svolta dai soci accomandanti di s.a.s., possiamo citare l’art. 2320 c.c. il quale dispone, che se il contratto lo consente, essi possono vigilare ed ispezionare l’attività compiuta dagli accomandatari – comma 1°. I soci accomandanti hanno, inoltre, diritto di ricevere comunicazione annuale del bilancio, del conto dei profitti e delle perdite e di poterne controllare l’esattezza consultando i libri contabili e gli altri documenti inerenti alla società – comma 2°. Tali poteri di controllo risultano, in ogni caso, meno incisivi rispetto a quelli di un normale socio non amministratore, in quanto essi possono essere esercitati solamente al momento di chiusura dell’esercizio e quando il socio accomandante avrà ricevuto copia del bilancio53. Confusa e controversa è anche la questione riguardante le indicazioni e le direttive in merito alla gestione, provenienti dai soci i quali non sono in possesso dei poteri decisionali. Molto spesso ci si chiede, infatti, se tali direttive possano essere vincolanti o meno per gli amministratori. Secondo l’orientamento più seguito si può giungere alla soluzione che tale potere non competa, in linea di massima, al singolo socio non amministratore, ma esso 52 CAGNASSO O. – QUARANTA M., La società semplice, in Rescigno P. (a cura di), Impresa e lavoro, UTET Giuridica, 2010, pagg. 38 – 39. 53 AA. VV., op. ult. cit., p. 61. 21 potrà avere un effetto vincolante qualora sia sollevato da un gruppo di soci non amministratori, i quali si trovino in una “posizione di forza” all’interno della società, soprattutto “sotto il profilo degli strumenti di pressione necessari per rendere credibile la prospettiva di un’eventuale revoca degli amministratori”54. In conclusione a questo argomento è opportuno ricordare che i poteri di controllo, di cui si è ampliamente parlato fin qui, sono privi di rilevanza quando ci si imbatte nei soci di società di capitali, o in soci accomandanti di società in accomandita semplice, in quanto è la responsabilità illimitata dei soci a spiegare il motivo per cui ai soci non amministratori sono riconosciuti questi importanti poteri di vigilanza sull’amministrazione55. Inoltre, si deve sottolineare che nelle società di persone, al contrario di quanto accade nelle società di capitali, non esiste un organo sociale a cui è affidato il controllo della gestione, né vi è il potere di invocare il controllo dell’autorità giudiziaria per la gestione della società56. 54 AA. VV., op. ult. cit., pagg. 55 – 56. GALGANO F., op. ult. cit., p. 70. 56 BUONOCORE V. – CAPO G., Le società di persone. La società semplice, in Buonocore V. (ideato da), Manuale di Diritto Commerciale, Giappichelli, 2013, 11a edizione, p. 252. 55 PARTE II LE SOCIETÀ DI PERSONE 23 CAPITOLO 2 I SISTEMI AMMINISTRATIVI DELLE SOCIETÀ DI PERSONE 2. La società semplice come modello normativo. La categoria delle società di persone è composta dalla società semplice, la quale costituisce la forma più elementare della specie, dalla società in nome collettivo e dalla società in accomandita semplice. La società semplice, pur non essendo molto utilizzata nella realtà societaria, si può considerare il “prototipo normativo”57 delle società di persone, in quanto la sfera di applicazione della disciplina di questa tipologia societaria è estendibile, in linea di principio, anche alle società in nome collettivo e in accomandita semplice in virtù di espliciti richiami e deroghe posti in essere dal legislatore58 (artt. 2293 e 2315 c.c.). Tanto premesso, è d’obbligo sottolineare che, come già accennato, la società semplice rappresenta oggi un modello societario in disuso, a causa del suo ristretto utilizzo circoscritto alle sole attività non commerciali. In sostanza una società semplice può essere costituita solamente in ambito agricolo e nell’ipotesi di esercizio in comune di attività professionali59, anche se le parti a questo proposito preferiscono dar vita a società di capitali o cooperative, quando esse non optino per contratti associativi tipici di diritto agrario60. La disciplina della società semplice rappresenta il modello tipico della categoria delle società di persone, anche per quanto riguarda i metodi di amministrazione e 57 CAMPOBASSO G. F., Diritto Commerciale. 2. Diritto delle società, Campobasso M. (a cura di), UTET Giuridica, 2010, 7a edizione, p. 56. 58 SCHLESINGER P. – TORRENTE A., Manuale di Diritto Privato, in Anelli F. – Granelli C. (a cura di), Giuffrè, 2011, 20a edizione, p. 998. 59 SCHLESINGER P. – TORRENTE A., Ibidem. 60 CAMPOBASSO G. F., Ibidem. 25 gestione: essi infatti sono applicabili a tutte le società personali. I sistemi di esercizio del potere amministrativo, considerati dall’ordinamento per la società semplice, sono due: - il sistema disgiunto, che all’art. 2257, comma 1° c.c. configura l’amministrazione disgiuntiva, il quale trova fondamento nell’atto di nomina degli amministratori, o quando non vi siano specifiche disposizioni dettate nell’atto costitutivo dai soci; - il sistema congiunto, regolato dall’art. 2258, comma 1° c.c., il quale può essere definito come il “modello alternativo”61 appositamente scelto dai soci, i quali optino per un’amministrazione congiuntiva all’interno della compagine societaria. Entrambi i sistemi ora citati hanno in comune il fatto che tutti i soci (illimitatamente responsabili) partecipano all’amministrazione della società; ma si differenziano per la circostanza che, secondo il primo sistema, il potere di amministrare è attribuito per intero ai singoli soci e può essere esercitato da ciascuno di essi individualmente; al contrario nel secondo sistema, il potere di amministrare spetta al gruppo dei soci e da essi può essere esercitato solo in maniera collettiva62. Qualunque dei due sistemi si scelga, al proprio interno possono essere poi configurate diverse alternative derivanti dall’ampia autonomia negoziale lasciata ai soci, i quali possono decidere di distribuire il potere gestorio in base alle esigenze della compagine sociale e dell’impresa. Il contratto sociale può prevedere, infatti: - che l’amministrazione disgiuntiva spetti solo ad alcuni soci, come disciplinato implicitamente al co. 2° e 3° dell’art. 2257 c.c., i quali 61 62 AA. VV., Diritto delle società. Manuale breve, Giuffrè, 2012, 5a edizione, p. 52. GALGANO F., Le società in genere. Le società di persone, Giuffrè, 2007, p. 204. prevedono l’attribuzione del diritto di opposizione ai soli soci amministratori, qualora siano presenti soci esclusi dalla gestione; - un’amministrazione congiuntiva, operante a maggioranza (art. 2258, co. 2° c.c.) o all’unanimità; - la combinazione dei due sistemi, stabilendo che alcune decisioni debbano essere prese in forma disgiuntiva e altre in forma congiuntiva; - l’affidamento dell’amministrazione devoluto ad un solo socio (c.d. amministratore unico), nel caso in cui i soci sostanzialmente rinuncino al diritto di amministrare. 2.1. L’amministrazione disgiuntiva. Nella società semplice l’amministrazione disgiuntiva, come precedentemente riportato, rappresenta la regola ordinaria che trova applicazione nel caso sia direttamente convenuta dai soci nell’atto di nomina degli amministratori, o anche in assenza di altra previsione disposta dalle parti nell’atto costitutivo. Ai sensi dell’art. 2257 c.c. si ritiene infatti che il principio direttivo, riguardante l’amministrazione di tale tipologia societaria, sia che in mancanza di diversa disposizione del contratto sociale “l’amministrazione della società” spetti “a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri” – comma 1°. Ciò a sottolineare che tutti i soci, in quanto tali, hanno facoltà e potere di concludere di propria iniziativa qualunque atto rientrante nell’oggetto sociale 63 , senza necessità di chiederne il parere o il consenso agli altri soci investiti dello stesso diritto. In merito, occorre ricordare che tale principio è attribuibile solamente ai soci illimitatamente responsabili, che non abbiano acconsentito a una limitazione 63 CORSI F. – FERRARA F., Gli imprenditori e le società, Giuffrè, 2011, 15a edizione, p. 219. 27 della propria responsabilità 64 , o che non abbiano espressamente rinunciato all’amministrazione (come ad esempio nel caso di amministrazione disgiuntiva affidata solo ad alcuni soci). L’ amministrazione disgiuntiva – come definita dalla rubrica dell’art. in essere – presuppone un alto grado di fiducia psico-fisica tra i soci ed è volta a garantire l’esigenza di snellezza ed efficienza nelle decisioni e negli affari da intraprendere. Allo stesso tempo, però, sacrifica le esigenze di coordinamento e non previene il compimento di atti dannosi per la società, in quanto si espone al rischio di abusi del potere gestorio posti in essere anche da un solo socio amministratore nella totale inconsapevolezza degli altri soci65. L’inconveniente che ogni socio amministratore subisca a cose fatte il rischio di operazioni, le quali non ha concorso a decidere, può essere però evitato 66 . L’ampiezza dei poteri di iniziativa individuale di cui ogni socio amministratore dispone, difatti, non è illimitata, in quanto viene temperata dal diritto di opposizione. In tal senso, a ciascuno dei soci amministratori è data l’opportunità di opporsi a un’operazione che un altro stia per compiere, purché l’opposizione in essere avvenga tempestivamente 67 e prima tale operazione sia compiuta – comma 2°. Esercitato il c.d. “diritto di veto”, l’iniziativa del singolo, sulla quale opera l’opposizione, viene temporaneamente bloccata e non può essere compiuta fino a che non si sia pronunciata, in merito alla sua fondatezza, la maggioranza della collettività di tutti i soci, amministratori e non, determinata in proporzione alla 64 V., in argomento, p. 10. SANTI F., Amministrazione e controlli, in “Sapere Diritto”, P. Cendon (diretta da), CEDAM, 2011, p. 284. 66 COTTINO G. – SARALE M. – WEIGMAN R., Società di persone e consorzi, in “Trattato di Diritto Commerciale”, Cottino G. (a cura di), volume III, CEDAM, 2004, p. 145. 67 CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 91. 65 quota di partecipazione agli utili di esercizio68 – comma 3° (non per teste, ma per quote di interesse) - a sua volta determinata in base al valore del conferimento iniziale 69 ; questo a sottolineare che, tendenzialmente, chi ricava vantaggi maggiori dagli utili è anche colui che rischia maggiormente. A sostegno di questa tesi, sembra non sia necessaria alcuna deliberazione del gruppo dei soci, quando uno di essi goda della maggior parte degli utili. Questi, infatti, potrà compiere ogni operazione sociale nonostante l’opposizione degli altri soci, o similmente con la propria unica opposizione potrà impedire agli altri soci il compimento di qualsivoglia operazione sociale70. Si ricorda, comunque, che solamente i soci amministratori hanno facoltà di opporsi all’atto che uno di loro voglia compiere; e quindi se fossero presenti soci che non amministratori, questi non potranno intervenire per impedire un atto di gestione, ma soltanto per risolvere il conflitto preferendo la scelta dell’uno o dell’altro amministratore71, successivamente al diritto di veto esercitato dai soci amministratori aventi diritto. In sostanza, alla luce di un contrasto insorto di voleri tra chi vuole compiere l’atto e chi vuole arrestarlo, viene chiamato a decidere ogni singolo socio il quale decide al meglio nell’interesse della società, grazie al principio di maggioranza qui sopra esposto. Da sottolineare vi è il fatto che il veto agisce sull’opposizione e dunque la maggioranza dei soci non viene investita del potere di decidere sul compimento dell’operazione: perciò, quando la decisione finale è negativa, questa comporta il divieto definitivo di compiere l’operazione; viceversa, in caso di decisione 68 SALAFIA V., Società commerciali con due soci con potere di amministrazione disgiunto, in “Le Società”, 2012, n° 12. 69 Ai sensi dell’art. 2263 co. 1, come cit. in IUDICA G. – ZATTI P., Linguaggio e regole del Diritto Privato, CEDAM, 2009, 10a edizione, p. 516. 70 GALGANO F., Diritto Commerciale. Le società, Zanichelli, 2006, 16a edizione, p. 61. 71 COTTINO G. – SARALE M. – WEIGMAN R., op. ult. cit., p. 139. 29 positiva, il socio amministratore che ha assunto l’operazione rimane libero di compierla o meno72. In merito si discute ampliamente se la decisione, avente ad oggetto la fondatezza dell’operazione controversa, debba essere adottata con metodo collegiale (e quindi con una votazione in un’assemblea dei soci appositamente e correttamente convocata); o se le volontà dei soci possano essere manifestate anche separatamente e singolarmente. Questa questione, analizzata anche dalla giurisprudenza e dalla dottrina, non sembra trovare un’unica soluzione, in quanto secondo il parere di alcuni per la corretta formazione della maggioranza, rappresentante il volere dei più e allo stesso tempo tutelante ogni singolo socio, si affermerebbe come esigenza fondamentale la riunione73 di ogni componente della compagine sociale (siano essi soci amministratori o non); secondo altri, invece, la questione analizzata all’interno della società di persone sarebbe superflua, in quanto dove il contratto non dispone diversamente le decisioni possono essere prese nella libertà più assoluta74. Premesse tali regole, si ricorda la possibilità che il modello di amministrazione disgiuntiva venga adottato anche da una società personale con soli due soci al 50% ciascuno relativamente ai conferimenti iniziali e alla partecipazione agli utili e alle perdite. Anche in questo caso l’esercizio del diritto di veto da parte di uno dei due soci amministratori è legittimo. Qualora, però, la questione non venga risolta dopo l’opposizione verificata, il socio può rinunciarvi. 72 DI SABATO F., Diritto delle società, Giuffrè, 2005, 2a edizione, p. 114. V., con questo parere, DI SABATO F., Ibidem; CORSI F. – FERRARA F., op. ult. cit., p. 221. 74 V., con questo parere, AULETTA G. – SALANITRO N., Diritto commerciale, Giuffrè, 2010, 18a edizione, p. 113 - L’autore, infatti, afferma (citando a favore della sua tesi anche Cass. 19 gennaio 1973, n.196) che in tali casi non occorre osservare il metodo collegiale, in quanto esso è inderogabilmente prescritto solamente per le società azionarie; GALGANO F., op. ult. cit., p. 61. 73 Diversamente, in condizioni di contrasto inconciliabile fra i soci, si realizza una situazione che impedisce il conseguimento dell’oggetto sociale, la quale ai sensi dell’art. 2272 c.c. si configura come una delle possibili cause di scioglimento della società75. 2.2. L’amministrazione congiuntiva. E’ la seconda alternativa amministrativa, presa in considerazione dal legislatore all’art. 2258 del codice civile, la quale ha la finalità di controllare maggiormente i soggetti che hanno il compito di amministrare la società. L’amministrazione congiuntiva deve essere espressamente convenuta dai soci in sede di costituzione, o con successiva modifica del contratto sociale (che deve avvenire con il consenso unanime di tutti i soci), in quanto nel silenzio delle parti la regola è l’amministrazione disgiuntiva76. In virtù di tale scelta per il compimento di qualsiasi operazione sociale vale il principio dell’unanimità ed è quindi è necessario il consenso della generalità di tutti i soci amministratori77 – comma 1°. Questo sistema risulta particolarmente complesso e potrebbe dar luogo ad una attività di gestione piuttosto difficoltosa. E’ per questo motivo che il contratto sociale può derogare a tale principio, prevedendo che per l’amministrazione sia sufficiente il consenso della maggioranza dei soci, calcolata in base alla quota di partecipazione agli utili di ciascuno (se non diversamente pattuito, per l’appunto, nel contratto sociale) – comma 2°. Si deve però ricordare che qualora le parti prevedano tale regime 75 SALAFIA V., op. ult. cit.; ALESSI G. – MANZELLA B. – MARINO P., Le società. Le società di persone. Giurisprudenza – Bibliografia - Legislazione – Formulario, vol. I, Giuffrè, 1976, p. 94. 76 CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 92. 77 ABETE L., Principio maggioritario e metodo collegiale nelle società personali: brevi note, in “Le società”, 2008, n° 12. 31 amministrativo, ma non si impegnino ulteriormente per specificarne le modalità operative o particolari norme statutarie, si seguirà il principio dell’unanimità delle volontà di tutti i soci78. L’adozione di questo sistema amministrativo è volto a garantire una valutazione più ponderata e meno rapida delle decisioni da adottare, cautelando maggiormente i soci contro i pericoli derivanti dal regime di amministrazione disgiunta e consentendo agli stessi di effettuare un controllo preventivo dell’amministrazione della società79. D’altro canto la maggior rigidità dell’amministrazione congiuntiva, sia essa all’unanimità o a maggioranza, viene temperata dal legislatore, il quale dispone che i singoli amministratori possano compiere, anche individualmente, gli atti urgenti che siano volti ad evitare un danno ingente alla società – comma 3°. In questo caso il singolo socio non è completamente tagliato fuori dall’amministrazione80, purché l’atto urgente da lui compiuto riguardi solamente l’eventus damni che potrebbe gravare sulla società. A tal fine, dunque, si devono considerare le urgenze derivanti da pregiudizi al patrimonio sociale e non dalla necessità di evitare un mancato guadagno81. 2.3. Varianti convenzionali. Come si è già anticipato, il legislatore lascia ai soci libero arbitrio su come distribuire il potere gestorio all’interno della società. I due sistemi finora analizzati hanno in comune il fatto che entrambi consentono l’adozione, nel contratto sociale, di varianti diversamente modulate. 78 SANTI F., op. ult. cit., p. 294. CONFORTI C., Le società di persone: amministrazione e controlli, in “Trattati”, Cendon P. (a cura di), Giuffrè, 2009, p. 183. 80 CORSI F. – FERRARA F., op. ult. cit., p. 223. 81 CONFORTI C., Ibidem. 79 Ognuno dei due regimi può essere “totalitario”, e quindi coinvolgente tutti i soci; oppure può rivolgersi solamente ad alcuni soci, dando vita a due categorie contrapposte di soci: amministratori e non amministratori. Allo stesso modo, è possibile combinare insieme i due sistemi di amministrazione, dando vita ai cosiddetti “modelli convenzionali misti” 82. Ad esempio, si può prevedere la forma disgiuntiva per gli atti di ordinaria amministrazione, per i quali si necessita di rapidità e snellezza nelle decisioni; mentre la forma congiuntiva – all’unanimità e/o a maggioranza – per gli atti di straordinaria amministrazione o per gli atti importanti, i quali potrebbero esporre ad un maggior rischio sia la società che i suoi soci (con il loro patrimonio personale)83. Infine, come alternativa a questi schemi, vi è l’ipotesi in cui il potere di amministrare venga attributo ad un solo socio in veste di amministratore unico. In questo caso, in esso si concentreranno tutti i poteri di gestione e di rappresentanza, sarà a tutti gli effetti un organo monocratico e potrà decidere di compiere tutti gli atti derivanti dalla gestione, senza essere interferito dalle volontà degli altri soci e delle loro opposizioni. In virtù della rinuncia all’amministrazione, infatti, gli altri soci non possono avvalersi del diritto di veto, in quanto il co. 3° del art. 2257 risulta inapplicabile84. In chiusura di questo capitolo, si deve sottolineare che tali sistemi amministrativi sono applicabili anche alla s.n.c., in assenza di diversa previsione statutaria, per effetto del rinvio contenuto all’art. 2293 del codice civile. A tal riguardo, ai sensi della previsione espressa all’art. 2302 c.c., è di competenza degli amministratori “l’obbligo di tenere i libri e le scritture 82 SANTI F., op. ult. cit., p. 299. AA. VV., op. ult. cit., p. 52. 84 CONFORTI C., op. ult. cit., p. 161; CORSI F. – FERRARA F., op. ult. cit., p. 224. 83 33 contabili prescritti dall’art. 2214 c.c.”. Differisce, invece, la normativa applicabile alla s.a.s., in quanto ai sensi dell’art. 2318 c.c. l’amministrazione può essere conferita solamente ai soci accomandatari, unici responsabili solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali assunte. Dunque, in definitiva, si può affermare che i regimi previsti dagli artt. 2257 e 2258 c.c. sono estendibili a tutte le società di persone, con il solo adattamento imposto per la società in accomandita semplice dall’art. 2318 del codice civile85. 85 CONFORTI C., op. ult. cit., pagg. 159 – 160. PARTE III LE SOCIETÀ DI CAPITALI 35 CAPITOLO 3 LA SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA 3. Premessa – La riforma. La società a responsabilità limitata (s.r.l.) è una delle società di capitali, la cui disciplina è stata introdotta nel nostro ordinamento nel 1942. Essa si differenzia dalle società di persone per godere di un’autonomia patrimoniale perfetta e per possedere personalità giuridica: elementi tipici delle società di capitali che consentono di dar vita a un nuovo soggetto giuridico titolare di diritti e doveri, in modo assolutamente autonomo rispetto ai soci. Di conseguenza, questo permette ai soci di comporre una serie di organi – si parla di assemblea dei soci, organo amministrativo e sindaco/revisore legale dei conti86 – attraverso i quali possono esprimere le volontà del soggetto giuridico (la società); godendo, nello stesso momento, di una responsabilità limitata a quanto conferito nella società, nei confronti dei suoi creditori. La s.r.l. si differenzia, anche dalla società per azioni (s.p.a.), in quanto è stata concepita per permettere, anche a soggetti indisponenti di grandi somme, la costituzione una società che potesse godere degli stessi diritti delle altre società di capitali: in primis il fatto che per le obbligazioni sociali rispondesse soltanto la società con il proprio patrimonio (art. 2462, comma 1° c.c.). Essa, infatti, di norma non è mai di grandi dimensioni, può essere costituita con un capitale minimo di 10.000,00 € (art. 2463, comma 2°, n°4 c.c.) che ha la peculiarità di essere rappresentato da quote di partecipazione e non da azioni (art. 2468, comma 1°). 86 Nella S.r.l. è obbligatorio solo qualora il capitale sociale non sia inferiore a 120.000,00 € o se non ricorrono le condizioni stabilite per la redazione del bilancio di esercizio in forma abbreviata ai sensi dell’art. 2477 c.c., così in CAMPOBASSO G. F., Diritto Commerciale. 2. Diritto delle società, Campobasso M. (a cura di), UTET Giuridica, 2010, 7 a edizione, p. 582. 37 Agli esordi della s.r.l., il legislatore non aveva ritenuto che tale società potesse rappresentare uno strumento imprenditoriale di largo e diffuso utilizzo, tant’è che la disciplina normativa ad essa dedicata era ridotta ad appena 29 articoli, i quali per lo più, rinviavano alle norme della società per azioni per quanto riguardava l’assetto organizzativo87. Si può dunque affermare che la s.r.l., nel 1942, era intesa come una piccola s.p.a. con la caratteristica di possedere una più snella articolazione e una partecipazione dei soci alla vita societaria più attiva e diretta88. Questa impostazione, però, nel corso degli anni è stata smentita dai dati di fatto dell’economia italiana, in quanto la s.r.l. era diventata un modello societario particolarmente diffuso nel panorama imprenditoriale del nostro stato89. E’ per questo motivo che il legislatore decise di valorizzare tale società, dedicandole ampia attenzione, riducendo i complessi e diffusi richiami alla normativa della s.p.a. attraverso un’importante percorso di riforma, frutto di anni di studio e dibattiti politici. Il D. Lgs. 17 gennaio 2003 n° 6 e le sue successive modifiche – attuative della Legge Delega 3 ottobre 2001 n° 366 – hanno profondamente innovato la disciplina delle società di capitali, ed hanno accentuato particolarmente il distacco della s.r.l. dalla s.p.a., valorizzandone i “profili personali” 90 presenti nelle piccole e medie imprese, cercando di soddisfare al meglio le esigenze delle stesse. Ad oggi, infatti, la disciplina della società a responsabilità limitata, entrata in 87 DI SALVO LAMANNA D., La nuova s.r.l. alla luce della riforma del Diritto Societario, in Brugaletta F. (diretto da), Diritto&Diritti, , http://www.diritto.it/, http://www.diritto.it/articoli/commerciale/di_salvo1.html. 88 CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 556. 89 DI SALVO LAMANNA D., Ibidem. 90 A riguardo, si sottolinea che lo stesso art. 3, comma 1° alla lettera a), della Legge Delega parla di “rilevanza centrale del socio e dei rapporti contrattuali dei soci”. vigore il 1° gennaio 2004, è regolata da 34 articoli (2462 – 2483 c.c.) e presenta forti similitudini con la disciplina della società di persone, nonostante lasci intatta la responsabilità limitata dei soci. Per quanto riguarda la gestione della s.r.l., la nuova normativa ha conferito ai soci un’ampia autonomia statutaria per l’organizzazione dell’organo amministrativo, consentendo loro di stabilire liberamente le sue caratteristiche nell’atto costitutivo; pur riservando alla loro competenza, ai sensi dell’art. 2479 c.c.: l’approvazione del bilancio, la distribuzione degli utili, la nomina degli amministratori, la nomina dei sindaci e del presidente del collegio sindacale o del revisore, le modificazioni dell’atto costitutivo e il compimento di una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale o dei diritti dei soci91. La s.r.l., come vedremo, può essere amministrata da uno o più amministratori, che nel silenzio dell’atto costitutivo devono essere soci; tuttavia l’atto costitutivo può prevedere che possano essere anche terzi. Le opzioni, in tema di gestione, previste dal legislatore all’art. 2475, comma 3° c.c. offrono la possibilità di adottare: - un amministratore unico, il quale esercita i poteri attribuitigli dall’atto costitutivo in totale solitudine; - un consiglio di amministrazione (CDA), il quale opera collegialmente; salva la possibilità di attribuire, in tutto o in parte, le proprie funzioni ad altri soggetti, fissando i limiti di esercizio della delega (come ad esempio avviene per gli amministratori delegati, o per il comitato esecutivo); - un organo amministrativo pluripersonale (composto da due o più amministratori) di natura non collegiale, il quale può operare con un 91 LO CASCIO G., L’amministrazione delle società a responsabilità limitata, in “Le Società”, 2009, n° 5. 39 sistema disgiunto o congiunto, applicando le regole previste dalla società di persone ai sensi degli artt. 2257 e 2258 del codice civile92. In questo ultimo caso si configurano varie combinazioni di tipologie amministrative, di cui si è parlato anche nel capitolo precedente; per esempio, è possibile prevedere un sistema amministrativo congiunto a maggioranza, o ancora un sistema di amministrazione misto93. In merito a queste molteplici distinzioni, si deve subito puntualizzare che la differenza tra il consiglio di amministrazione e l’organo amministrativo pluripersonale non collegiale, è abissale. Infatti, qualora sia prevista la presenza: - del CDA, esso (di norma) opera collegialmente e “delibera” a maggioranza94; - di più amministratori, operanti con amministrazione congiunta all’unanimità, è necessario il consenso di tutti gli amministratori; - di più amministratori, operanti con amministrazione congiuntiva a maggioranza, quest’ultima – secondo buona parte della dottrina – viene calcolata con voto “per teste”, a meno che non sia diversamente previsto dall’atto costitutivo95. 3.1. L’amministratore unico. Qualora l’atto costitutivo preveda che l’amministrazione sia affidata ad un unico soggetto si deve ritenere, nonostante il silenzio del legislatore, che questi 92 GHISONI S. M., Il manuale delle Srl, Edizioni FAG, 2006, p. 103. GHISONI S. M., Ibidem. 94 V., in merito, p. 43. Se previsto dall’atto costitutivo, il CDA può anche “decidere” attraverso l’adozione di sistemi di consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto, dove viene esplicitata la volontà dei soggetti rispetto a una data questione, così CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 576. 95 CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 577. 93 operi come amministratore unico. Esso costituisce un organo monopersonale su cui ricadono tutte le funzioni di gestione e di rappresentanza, ed è l’unico soggetto abilitato ad impegnare validamente la società nell’ambito dei poteri conferitigli96. Si deve, comunque, sottolineare che tale scelta può essere certamente la soluzione migliore da applicare nel caso di attività imprenditoriali non troppo impegnative, in quanto risponde alle esigenze di rapidità e snellezza dei processi decisionali; ma risulta evidente che in casi di attività più complesse ed articolate, la presenza di una pluralità di amministratori (siano essi operanti collegialmente o meno) risulterà di sicuro la miglior scelta, per lo meno per rispondere alle esigenze di efficacia97. 3.2. Il consiglio di amministrazione. L’art. 2475 c.c. prevede, come nella società per azioni, che anche nella s.r.l. quando l’amministrazione viene affidata ad una pluralità di persone, queste diano vita al c.d. consiglio di amministrazione (CDA)98. Il CDA rappresenta il più classico degli organi amministrativi pluripersonali, le cui deliberazioni vengono assunte a maggioranza dei presenti99. Lo stesso articolo, infatti, impone che tale organo operi con il tradizionale principio di collegialità, e quindi attraverso un contesto assembleare appositamente riunito il quale, di norma, vota e delibera a maggioranza. Tuttavia tale principio, non ha carattere imperativo. 96 DE STEFANIS C. – QUERCIA A., Manuale delle S.r.l., MAGGIOLI, 2011, 2a edizione, pagg. 288 – 290. 97 DI PACE M., I meccanismi di snellimento dell’amministrazione delle Srl, in “PMI”, 2010, n° 5. 98 LAMBERTINI L., La società a responsabilità limitata. Organizzazione, Governo e Finanziamento, CEDAM, 2005, p. 205. 99 DE STEFANIS C. – QUERCIA A., op. ult. cit., pag. 290. 41 Al comma 4°, per l'appunto, si consente espressamente una deroga a quanto appena descritto, qualora l’atto costitutivo preveda che i soci decidano mediante sistemi alternativi – non assembleari – di “consultazione scritta” o sulla base del “consenso espresso per iscritto”. Facendo chiarezza: se per le decisioni si adotta il modello tradizionale del CDA devono trovare applicazione tutte le formalità derivanti dalla formazione della volontà collegiale, come la tempestiva convocazione, la simultaneità dei soci e delle loro votazioni nel medesimo contesto spaziale (anche in collegamento audio/video, purché avvengano in tempo reale). Al contrario, se si adotta un sistema decisorio non assembleare, i membri del consiglio di amministrazione possono esplicitare la propria volontà rispetto ad una certa questione senza incontrarsi, sottoscrivendo un documento dal quale risulta l’argomento della decisione e il proprio consenso (nel caso di consenso espresso per iscritto) o scelta (nel caso di consultazione scritta)100. In sostanza, il legislatore ha abilitato un sistema decisionale con il quale ogni componente del consiglio può assumere la propria decisione in via remota, ovvero in un contesto di spazio e tempo diverso da quello in cui assumono la propria decisione gli altri membri dello stesso consiglio. Questo perché, di fatto, la s.r.l. è tendenzialmente composta da un numero ristretto di amministratori, i quali nella maggior parte dei casi hanno una quotidiana frequentazione e un continuo confronto; e dunque la previsione del metodo collegiale obbligatorio risulterebbe troppo complesso e pesante101. In questi casi, comunque, è “indispensabile l’osservanza della documentazione e la chiarezza con cui deve essere assicurato il contenuto delle adesioni assunte e 100 101 LO CASCIO G., op. ult. cit.; DE STEFANIS C. – QUERCIA A., op. ult. cit., pag. 290. DE STEFANIS C. – QUERCIA A., Ibidem. della prestazione del consenso”102; la decisione può dirsi assunta quando ne siano informati tutti gli amministratori e quando sia raggiunto il consenso della maggioranza degli stessi. Si deve, però, ricordare che non tutte le decisioni possono essere oggetto di questi metodi alternativi. In ogni caso, nel silenzio dell’atto costitutivo la regolazione del funzionamento del consiglio di amministrazione, si ritiene più giusto avvenga con l’applicazione della disciplina della società per azioni – ai sensi dell’ art. 2388 del codice civile103. La scelta della pluralità di soci riuniti in un CDA sembra essere quella più opportuna, quando si abbisogna di ponderatezza ed efficacia delle decisioni, in quanto queste dovranno essere condivise da più amministratori; ma per contro, rappresenta lo svantaggio di non garantire la snellezza operativa, in quanto facilita l’insorgere di opinioni divergenti, che potrebbero intaccare l’armonia che deve assolutamente persistere tra i membri chiamati a gestire la società104. Inoltre potendo prevedere l’adozione di decisioni con metodo non assembleare, di fatto, l’assemblea perde il ruolo che rivestiva e che contraddistingueva le deliberazioni dei soci105. 3.3. L’amministrazione pluripersonale di natura non collegiale. La più significativa novità, introdotta nel 2003 dalla riforma del diritto societario, riguarda la previsione che l’atto costitutivo possa, in alternativa ai 102 Testualmente, in LO CASCIO G., op. ult. cit. GAMBINO A. – SANTUOSSO D. U., Società di capitali, in “Fondamenti di diritto commerciale” , Gambino A. (a cura di), volume II, G. Giappichelli Editore, 2006, p. 284; così anche in CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 577. 104 DI PACE M., op. ult. cit. 105 VENTURI C., L’amministrazione della Srl e le decisioni dei soci. La nomina degli amministratori, i modelli di governance, le competenze dei soci, in Tuttocamere, http://www.tuttocamere.it/, http://www.tuttocamere.it/files/dirsoc/SRL_Amministrazione.pdf. 103 43 sistemi amministrativi precedentemente elencati, adottare uno dei sistemi ipotizzati dal legislatore per le società di persone; ovvero applicare alla s.r.l. le regole dettate per l’amministrazione disgiunta e congiunta. Tant’è vero che, al comma 3° dell’art. 2475 c.c. si rimanda alla disciplina degli artt. 2257 e 2258 c.c. qualora l’amministrazione deroghi alla regola della collegialità ed affidi a più persone l’amministrazione della società, sotto forma di amministrazione disgiunta o congiunta. Tale questione merita un approfondimento non solo per l’ambiguità delle norme applicabili alla struttura, ma anche per le perplessità sul funzionamento di tali modelli nella società a responsabilità limitata. Nell’operare il rinvio alla disciplina dettata per le società di persone, infatti, il legislatore non invita l’interprete ad un adattamento per compatibilità del tipo di società, ed è per questo che di conseguenza si è portati ad applicare direttamente le norme di richiamo; anche se in realtà, come vedremo di seguito, questo non è sempre possibile. Per quanto riguarda l’amministrazione disgiunta, essa si colloca all’estremo opposto del consiglio di amministrazione106. Questo strumento conferisce più elasticità, in quanto legittima ciascun amministratore a compiere tutti gli atti inerenti alla gestione della società, indipendentemente dagli altri; ma allo stesso tempo la decisione di ciascun amministratore può esporre la società a rischi derivanti da errori o imprudenze107. E’ per questo motivo che ogni amministratore ha diritto di opporsi all’operazione che un altro voglia compiere, prima che questa sia compiuta. In tal caso l’iniziativa viene paralizzata e sull’opposizione viene chiamata a decidere la maggioranza degli amministratori. 106 107 LAMBERTINI L., op. ult. cit., p. 216. GHISONI S. M., op. ult. cit., p. 108. Di qui, appare già evidente un primo problema: nel trasporre tale disciplina al modello della società a responsabilità, sembra evidente che si necessiti di un adattamento. In questa tipologia societaria, infatti, il diritto di veto non può che essere conferito a ciascun amministratore, sia esso socio o non socio108. Diversamente i soci non amministratori “concorrerebbero nel rispondere dei danni derivanti dall’inosservanza dei loro doveri”, ma non essendo titolari del diritto di opposizione sarebbero ostacolati nel dimostrare di “essere esenti da colpa ed a esprimere il proprio dissenso, che si manifesta proprio attraverso la preventiva opposizione al compimento di un operazione compiuta da un altro amministratore109. In questo caso, dunque, sembrerebbe più opportuno che nella s.r.l., nella quale venga esercitato il diritto di veto, siano chiamati alla decisione in merito all’opposizione la maggioranza dei soci (compresi quelli non amministratori), da calcolare tuttavia per quote di capitale e non secondo il criterio della partecipazione agli utili, come nella società di persone110. In ogni caso, occorre ricordare che l’atto costitutivo potrà rimediare a queste problematiche, dettando regole più dettagliate. Qualora, invece, lo statuto opti per il sistema di amministrazione congiunta si dovrà distinguere se essa opera all’unanimità o a maggioranza, come nelle società di persone. Come sappiamo, infatti, l’art. 2258 c.c. consente di derogare alla regola secondo cui l’amministrazione necessita del consenso di tutti gli amministratori per il compimento delle azioni sociali (comma 1°), a fronte del consenso della maggioranza di essi (comma 2°). 108 TEDESCHI C., Per le nuove Srl il nodo del diritto di veto, in Il Sole 24 Ore, http://www.ilsole24ore.com/, http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2011-01-03/nuove-nododiritto-veto-064416_PRN.shthml. 109 TEDESCHI C., Ibidem. 110 Così in CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 577; ZANARDO A., L’amministrazione disgiuntiva e congiuntiva nella società a responsabilità limitata, in “Le società”, 2009, n° 6. 45 Qualunque sia, poi, il sistema prescelto, gli amministratori sono comunque legittimati ad operare da soli in casi urgenti e per evitare danni ingenti alla società (comma 3°). Tale sistema risulta meno elastico del precedente ma più prudente, in quanto le decisioni sono meglio ponderate; allo stesso tempo, però, rappresenta certamente una lentezza decisionale ed amministrativa111. Nell’ambito della previsione statutaria che stabilisce l’adozione del sistema amministrativo – non collegiale – all’unanimità, risulta necessario che tutti gli amministratori, siano essi soci o meno, e qualunque sia la loro quota di partecipazione al capitale sociale, siano sempre concordi sull’operazione da compiere; fatto salvo il caso di cui all’art. 2258, co. 3° del codice civile112. Al contrario, quando sia prevista l’amministrazione congiuntiva a maggioranza, si ritiene che quest’ultima sia da calcolarsi con “voto per teste” tra tutti gli amministratori (soci e non soci) – se non diversamente stabilito dall’atto costitutivo. Tale criterio deve trovare applicazione in quanto, diversamente, si escluderebbero gli amministratori non soci dall’assunzione delle scelte gestionali113. I soci, infine, possono inoltre prevedere nell’atto costitutivo – data la massima libertà statutaria ad essi conferita – un sistema di amministrazione misto, il quale rappresenta l’alternativa di mezzo alle due precedentemente riportate. Esso, infatti, può conferire l’elasticità dell’amministrazione disgiunta per alcuni atti, e la sicurezza dell’amministrazione congiunta per altre categorie di atti114. In chiusura di questo capitolo, è bene ricordare che indipendentemente dal 111 GHISONI S. M., op. ult. cit., p. 108. ZANARDO A., op. ult. cit. 113 ZANARDO A., Ibidem. 114 GHISONI S. M., Ibidem. 112 modello amministrativo scelto, ai sensi del co. 5° dell’art. 2475 c.c., rimangono di competenza dell’organo amministrativo: - la redazione del progetto di bilancio; - la redazione dei progetti di fusione o di scissione; - le decisioni di aumento del capitale115. Ciò a significare che per tali materie, anche in caso di amministrazione disgiunta o congiunta, le decisioni devono essere assunte con metodo di funzionamento tradizionale, il quale come sappiamo opera attraverso il sistema maggioritario. In altre parole, è possibile affermare che i modelli alternativi di amministrazione disgiunta e congiunta, nella s.r.l., non possono esistere se non con la compresenza del consiglio di amministrazione 116; fatto salvo il caso in cui sia nominato un amministratore unico. Per tutti gli altri aspetti spetta all’autonomia statutaria disciplinare gli aspetti sui quali il legislatore risulta silente, e in mancanza di dettati si dovranno di volta in volta applicare le norme relative alla società di persone o alla società di capitali per analogia, a seconda dell’orientamento prevalentemente seguito dall’atto costitutivo117. Con questa breve analisi della nuova riforma societaria, in ordine all’adozione nella società a responsabilità limitata dei sistemi amministrativi tipici delle società di persone, si è cercato di costruire un quadro normativo applicabile che avesse carattere quanto meno coerente con il complesso delle norme che disciplinano il diritto societario. In linea di principio, però, l’oggetto di studio di questa tesi non risulta sufficientemente chiaro dal punto di vista della disciplina ad esso dedicata. 115 DE STEFANIS C. – QUERCIA A., op. ult. cit., pagg. 295 – 296. AA. VV., Il Nuovo diritto societario, in Cagnasso O., Le riforme del diritto italiano, volume II, Zanichelli, 2004, p. 1861, 2a edizione. 117 CORSI F. – FERRARA F., Gli imprenditori e le società, Giuffrè, 2011, 15a edizione, p. 923. 116 47 Malgrado, infatti, il legislatore abbia cercato di favorire la crescita dimensionale delle piccole e medie imprese nella nostra realtà, conferendo loro più sicurezza attraverso la limitazione della responsabilità dei soci – fatto in generale, condivisibile – non ha adeguatamente adempiuto all’esigenza di una normativa dettagliata, in merito al funzionamento dei sistemi di amministrazione disgiunta e congiunta nella società a responsabilità limitata. In ordine a tale argomento possono, difatti, sorgere numerose lacune che potrebbero essere sì colmate dai soci in sede contrattuale, o caso per caso attraverso l’analisi della ratio seguita dall’atto costitutivo (qualora anche questo sia silente); ma che sarebbero state più precise e dettagliate con l’introduzione di una normativa “ad hoc” al posto di un richiamo diretto degli artt. 2257 e 2258 del codice civile118. 118 ZANARDO A., op. ult. cit. BIBLIOGRAFIA ABETE Luigi, Principio maggioritario e metodo collegiale nelle società personali: brevi note, in “Le società”, 2008, n° 12. ABRIANI Nicolò, Diritto commerciale, in Irti Natalino (a cura di), Dizionari del diritto privato, Giuffrè, 2011. ABRIANI N. – CALVOSA I. – FERRI G. jr – GIANNELLI G. – GUERRERA F. – GUIZZI G. – MOTTI C. – NOTARI M. – PACIELLO A. – REGOLI D. – RESCIO G. A. – ROSAPEPE R. – RICHTER M. STELLA jr – TOFFOLETTO A., Diritto delle società. Manuale breve, Giuffrè, 2012, 5a edizione. 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Vorrei ringraziare in primis la prof.ssa Daniela Sega, non solo per la fiducia accordatami accettando il ruolo di Relatrice per la stesura di questa tesi, ma anche per la pazienza, la disponibilità e il clima sereno con il quale ha saputo accompagnarmi in questi ultimi mesi. Un doveroso ringraziamento va ovviamente ai miei genitori, perché con sostegno e costante comprensione, mi hanno aiutata a realizzare il sogno di una vita. La corona d’alloro sarà la mia coppa d’argento, ma i Vincitori dell’oro, per me, sono e saranno sempre loro. Grazie ai miei “secondi genitori” Paola e Celio, che mi hanno accudita ed amata come una figlia e senza i quali, probabilmente non sarei ciò che sono. Grazie alla mia Famiglia. A zia Dina, che con i suoi sorrisi mi ha sempre illuminato la strada più giusta da seguire. A zia Luisa, a zio Alberto, alle mie cugine Roberta e Federica, alle loro meravigliose famiglie e ai miei adorati nanetti Lorenzo e Filippo, ormai più alti di me; ognuno a modo proprio mi ha sostenuta senza sosta, in questo lungo cammino, donandomi affetto e coraggio anche nei momenti più tristi. Il più caloroso dei ringraziamenti va al mio fidanzato Matteo, che in questi anni con amore, fiducia e tanta pazienza, ha saputo darmi la forza di affrontare ed abbattere i muri del mio pessimismo. Un ringraziamento in particolare va ad Antonella, dapprima professoressa e poi amica, per me guida sapiente dal grande cuore su cui ho sempre potuto contare. A Martina ed Ylenia, le amiche di una vita, sempre presenti e pronte ad ascoltare i miei monologhi di lamentele e sfoghi, non perdendo mai l’occasione di incoraggiarmi. A “quelli del Wanted Pizza”: Graziano e Nadia, che hanno sopportato i miei umori altalenanti degli ultimi quattro anni…e che, per fortuna, non hanno ancora pensato al licenziamento. Alla famiglia Bressan che mi ha accolta in casa con estrema fiducia, e che mi ha dato la possibilità di vedere il mondo con gli occhi sognanti e grintosi di Lisa e Giulia. A Jessica, mia “socia” tuttofare. Ai compagni di grandi risate: Stefano, Jenny, Matteo e Sovana. Ad Alessandro, Fabiana e Nicola che nonostante la distanza sono sempre e comunque stati presenti, anche solo moralmente, per regalarmi attimi felici. A Marco, che con la sua semplicità mi ha insegnato, senza bisogno di spiegarlo a parole, il valore dell’umiltà. A tutti gli altri amici e parenti, anche quelli acquisiti, che nel giorno della proclamazione, e in quelli successivi, saranno al mio fianco. Ed, infine, grazie all’angelo più bello del mondo: nonna Amalia, alla quale questa tesi e questo traguardo sono dedicati. “Per una volta, ho così tanto che mi manca il fiato”. GRAZIE DI CUORE A TUTTI!! Vania