UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE, GIURIDICHE E
STUDI INTERNAZIONALI
Corso di laurea Triennale in
Diritto dell’Economia e Governo delle Organizzazioni
Curriculum: Diritto per l’impresa
A M M I N I S T R A Z I O N E D I S G I U N TA E
C O N G I U N TA N E L D I R I T T O S O C I E TA R I O
Relatore: Prof.ssa DANIELA SEGA
Laureanda: VANIA MEDEA
matricola N. 617624/DOR
A.A. 2014/2015
A nonna Amalia e
ai miei genitori
Non temete i momenti difficili,
il meglio viene da lì.
Rita Levi Montalcini
Indice
Introduzione ...................................................................................................3
Parte I - L'ATTIVITÀ SOCIALE .............................................................. 5
Capitolo 1 IL CONCETTO DI AMMINISTRAZIONE ..............................................7
1. Nozione e generalità del rapporto amministrativo .....................................7
1.1. Amministrazione e rappresentanza ......................................................... 9
1.2. Amministratore estraneo .......................................................................15
1.3. Poteri di controllo dei soci non amministratori ....................................19
Parte II - LE SOCIETÀ DI PERSONE ...................................................23
Capitolo 2 I SISTEMI AMMINISTRATIVI DELLE SOCIETÀ DI PERSONE ...25
2. La società semplice come modello normativo .........................................25
2.1. L'amministrazione disgiuntiva .............................................................. 27
2.2. L'amministrazione congiuntiva ............................................................ 31
2.3. Varianti convenzionali ...........................................................................32
Parte III - LE SOCIETÀ DI CAPITALI .................................................35
Capitolo 3 LA SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA .................................37
3. Premessa - La riforma ..............................................................................37
3.1. L'amministratore unico .........................................................................40
3.2. Il consiglio di amministrazione ............................................................. 41
3.3. L'amministrazione pluripersonale di natura non collegiale ..................43
Bibliografia ..................................................................................................51
Sitografia ......................................................................................................55
INTRODUZIONE
La scelta di chi sarà competente alla gestione di una società, sia essa di
persone o di capitali, è fondamentale; ed è per questo che tale tema di studio
verrà trattato per tutta la lunghezza di questa tesi.
Il legislatore, in merito a questa scelta delicata, nel disciplinare le società di
persone ha previsto due sistemi di amministrazione, i quali attribuiscono ai soli
soci il potere di amministrare; lasciando non pochi dubbi in tema di affidamento
dell’amministrazione societaria ad un non socio. Tale aspetto verrà esaminato nel
primo capitolo, in seguito a brevi accenni generali sull’amministrazione delle
società, sui poteri di rappresentanza della volontà sociale e sui poteri di controllo
conferiti ai soci, qualora questi non rivestano la carica di amministratori.
L’amministrazione nella società di persone, di norma, è affidata a ciascun
socio con responsabilità illimitata, disgiuntamente dagli altri soci (art. 2257 c.c.),
fatta salva diversa pattuizione. A differenza, qualora nel contratto sociale sia
prevista l’amministrazione congiunta, sarà necessario il consenso unanime di
tutti i soci amministratori per il compimento di tutte le operazioni sociali (art.
2258 c.c.), fatta salva la previsione del principio di maggioranza. Da questo si
può dedurre, dunque, che nelle società di persone vi è una coincidenza naturale
tra la figura del socio e la figura amministrativa; ma tale argomento sarà
ampiamente discusso all’interno del secondo capitolo di questa tesi.
Nelle società di capitali, al contrario, vi è la separazione tra la figura del
socio e quella dell’amministratore, la quale è espressa chiaramente all’art. 2380bis del codice civile che disciplina le società per azioni. Tale separazione, come si
vedrà nel corso del terzo capitolo, è stata attenuata nella disciplina della società a
responsabilità limitata, specialmente dopo l’intervento di riforma del diritto
3
societario – avvenuto nel 2003 con il Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n° 6 e
successive modificazioni.
Nel “nuovo” modello di s.r.l. è stata introdotta la possibilità dei soci di scegliere
un sistema amministrativo simile a quello della società per azioni, oppure un
sistema tendenzialmente riconducibile a quello delle società di persone.
Con riguardo particolare alle s.r.l., infatti, l’art. 2475 del codice civile disciplina
che gli amministratori operino come un consiglio di amministrazione (CDA),
fatta salva diversa disposizione dell’atto costitutivo il quale, tuttavia, può
prevedere che l’amministrazione sia affidata ad un amministratore unico, o a più
persone disgiuntamente o congiuntamente, con rimando agli artt. 2257 e 2258 del
codice civile.
Di qui lo scopo della redazione di questa tesi, la quale è volta ad evidenziare gli
elementi principali, costitutivi di una maggior libertà statutaria, che determinano
l’avvicinarsi della società a responsabilità limitata allo schema personalistico;
lasciando, comunque, forti perplessità in merito al profilo applicativo.
PARTE I
L’ATTIVITÀ SOCIALE
5
CAPITOLO 1
IL CONCETTO DI AMMINISTRAZIONE
1. Nozione e generalità del rapporto amministrativo.
Nel diritto delle società (commerciali e non, di persone o di capitali), per
«amministrazione della società» si intende quell’attività gestoria e direzionale,
svolta all’interno dell’impresa sociale da parte di uno o più soggetti titolari di tale
potere1, i quali prendono il nome di «amministratori». Tale attività è “diretta a
realizzare l’interesse per il quale il contratto sociale è stato concluso”2.
L’acquisizione del potere di amministrazione comporta la possibilità di compiere
tutti gli atti rientranti nell’oggetto della società. È agli amministratori, infatti, che
spetta la decisione delle strategie, la scelta delle tattiche imprenditoriali da
attuare nel modo più consono, conseguentemente a un lavoro di raccolta e
selezione critica di dati ed informazioni3, e l’adozione della politica economica
che ritengono più efficace4.
Le funzioni amministrative, pur rimanendo universali in tutte le attività sociali,
assumono caratteristiche e rilevanze diversificate nelle varie tipologie di società
presenti nel nostro ordinamento. Nell’ambito delle società di persone, ad
esempio, è indispensabile che vi sia un vincolo di collaborazione tra gli
amministratori, date le piccole dimensioni della società e il numero contenuto dei
soci, tra i quali vige normalmente un presupposto di reciproca fiducia. Tale
vincolo risulta meno importante nelle società di capitali, specialmente in quelle
di grandi dimensioni5. Anche per questo motivo ne derivano discipline distinte,
1
ABRIANI N., Diritto Commerciale, in Irti N. (a cura di), Dizionari del Diritto Privato, Giuffrè, 2011.
GALGANO F., Diritto Commerciale. Le società, Zanichelli, 2006, 16a edizione, p. 59.
3
PRAVISANO R., L’organizzazione del servizio amministrativo nelle imprese, in “PMI”, 2011, n° 8.
4
IUDICA G. – ZATTI P., Linguaggio e regole del Diritto Privato, CEDAM, 2009, 10a edizione, p. 530.
5
VIOLETTA M., Amministratore di società. Poteri, rappresentanza e compensi dopo la riforma del
diritto societario, Edizioni FAG, 2007, 4a edizione, p. 28.
2
7
contenute all’interno del libro quinto del codice civile, le quali hanno lo scopo di
regolare entrambe le categorie di società.
Nelle società di persone, la disciplina del regime di amministrazione si
caratterizza per l’ampia autonomia lasciata alle parti. Il potere amministrativo
spetta di regola agli stessi soci, disgiuntamente o congiuntamente.
Il primo caso rappresenta il modello legale (art. 2257 c.c.), e trova
applicazione qualora i soci non abbiano previsto diversamente nel contratto
sociale. Tramite l’amministrazione disgiunta “ogni socio illimitatamente
responsabile è investito dal potere di amministrazione”6, senza la necessità di
consultare gli altri soci, fatta salva la possibilità di opposizione degli stessi (c.d.
diritto di veto). Questo principio, è applicabile solamente ai soci illimitatamente
responsabili, ovvero ai quei soci che non beneficiano di una limitazione della
responsabilità, sia essa pattizia (come avviene, ad esempio, nella società
semplice), oppure legale – come stabilito all’art. 2318, comma 2° del c.c. per i
soci accomandatari di società in accomandita semplice (s.a.s.)7. In quest’ultimo
caso, infatti, è fatto divieto ai soci accomandanti di trattare, negoziare e compiere
atti di amministrazione in nome della società (art. 2320 c.c.); e qualora questo
divieto venga violato, il socio in questione perde il beneficio della responsabilità
limitata8.
Le parti possono derogare al modello legale, il quale non ha carattere
rigido
9
. Esse infatti possono stabilire, con contratto di società, che
l’amministrazione sia congiunta. In questo caso, è necessario il consenso di tutti i
6
CAMPOBASSO G. F., Diritto Commerciale. 2. Diritto delle società, Campobasso M. (a cura di),
UTET Giuridica, 2010, 7a edizione, p. 90.
7
GALGANO F., op. ult. cit., p. 59; AA. VV., Diritto delle società. Manuale breve, Giuffrè, 2012, 5a
edizione, p. 51.
8
SCHLESINGER P. – TORRENTE A., Manuale di Diritto Privato, in Anelli F. – Granelli C. (a cura
di), Giuffrè, 2011, 20a edizione, p. 1008.
9
IUDICA G. – ZATTI P., op. ult. cit., p. 516.
soci amministratori, all’unanimità o a maggioranza, per il compimento delle
operazioni sociali; fatta salva la possibilità di agire singolarmente quando vi sia
l’urgenza di evitare un danno alla società (art. 2258 c.c.).
I soci possono pattuire, inoltre, che l’amministrazione spetti solo ad alcuni dei
componenti, in via disgiuntiva o congiuntiva; oppure unicamente ad un singolo
componente, senza che agli altri soci sia riconosciuto il potere di opporsi al suo
operato10 e dando così luogo alla contrapposizione tra soci amministratori e soci
non amministratori11.
Per quanto riguarda le società di capitali, nella società per azioni (s.p.a.)
vige una ripartizione di competenze piuttosto rigida tra i suoi organi. Qui, vi è
una naturale divisione tra la figura dei soci e quella degli amministratori, ai quali
spetta in via esclusiva e autonoma la gestione della società (art. 2380-bis c.c.).
Lo statuto della s.p.a. non può affidare poteri gestori ad altri organi, se non agli
amministratori, i quali rappresentano il fulcro più importante della vita della
società.
La società a responsabilità limitata (s.r.l.), invece, si pone in posizione intermedia
tramite la fusione dei poteri decisionali dei soci e la funzione gestoria dell’organo
amministrativo 12 . Ad essa, infatti, viene riconosciuta la possibilità di affidare
l’amministrazione disgiuntamente o congiuntamente ai soci (art. 2475, comma 3°
c.c.), in deroga alla nomina di un amministratore unico o più (CDA).
1.1. Amministrazione e rappresentanza.
Fra le funzioni degli amministratori vi è anche quella di rappresentanza
della
società.
L’amministrazione
va
10
concettualmente
distinta
dalla
COSTAGLIOLA A., Compendio di Diritto Commerciale. Riferimenti dottrinali e giurisprudenziali,
MAGGIOLI, 2013, 5a edizione, p. 160.
11
CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 91.
12
ABRIANI N., op. ult. cit., p. 1.
9
rappresentanza13. Come si è già spiegato in precedenza, l’amministrazione può
essere descritta come l’attività gestoria e direzionale degli affari sociali. Essa ha
rilevanza interna alla società, poiché caratterizza solamente il momento in cui si
decide il compimento degli atti sociali. Perché tali decisioni abbiano valore anche
esternamente è necessaria la rappresentanza.
Il potere di rappresentanza, conosciuto anche come “potere di firma”,
consiste nell’attività mediante la quale si manifesta la volontà sociale, per
l’appunto, all’esterno della società, in quanto delinea il momento attuativo delle
decisioni sociali assunte internamente.
Il rappresentante può essere definito, dunque, come colui il quale ha il potere di
agire nei confronti dei terzi in nome della società e di negoziare per essa, “dando
luogo all’acquisto di diritti e all’assunzione di obbligazioni” 14 per conto della
stessa (come disciplinato all’art. 2266, comma 1° c.c.).
Fatta salva diversa disposizione del contratto sociale, nelle società di persone,
tale potere spetta a ciascun socio amministratore e si estende a tutti gli atti che
rientrano nell’oggetto sociale (art. 2266, comma 2° c.c.). Si può, quindi,
affermare che così come per essere amministratori si deve essere soci, per essere
rappresentanti bisogna essere amministratori; ma se il contratto sociale modifica
il regime legale della rappresentanza, è possibile rivestire la carica di
amministratori senza essere rappresentanti 15 . In questo senso, è opportuno far
notare, però, che la rappresentanza è uno strumento necessario all’amministratore
per assolvere adeguatamente il proprio incarico16.
Riassumendo, in linea generale, secondo il modello legale (artt. 2266 e 2298 c.c.)
13
COTTINO G. – SARALE M. – WEIGMAN R., Società di persone e consorzi, in “Trattato di Diritto
Commerciale”, Cottino G. (a cura di), volume III, CEDAM, 2004, p. 141.
14
CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit, p. 92.
15
DI SABATO F., Diritto delle società, Giuffrè, 2005, 2a edizione, p. 121.
16
CORSI F. – FERRARA F., Gli imprenditori e le società, Giuffrè, 2011, 15a edizione, p. 224.
si può dire che, se il contratto è silente, le modalità di attribuzione del potere di
rappresentanza sono le stesse che vigono per l’amministrazione: nel caso di
amministrazione disgiunta anche la rappresentanza è esercitabile in ugual modo,
e dunque ogni rappresentante può decidere e stipulare da solo atti in nome della
società (c.d. firma disgiunta). Al contrario, se il contratto sociale ha disposto
l’amministrazione congiunta anche la rappresentanza sarà tale: tutti i soci
rappresentanti devono partecipare alla decisione e alla stipulazione degli atti (c.d.
firma congiunta), all’unanimità o a maggioranza17.
In ogni caso, per tutti i regimi esistenti, il rappresentante non può porre in essere
atti estranei all’oggetto sociale, poiché quest’ultimo costituisce per lui un limite
insuperabile 18 . Qualora questo accada, vi è giurisprudenza che ha ritenuto
inefficaci nei confronti della società tali atti, attribuendo la legittimazione a far
valere la suddetta inefficacia anche ai soci che non hanno concorso a formare gli
atti “ultra vires”, oltre che alla società stessa19.
Tornando all’esame del modello legale, la rappresentanza, inoltre, non è da
ritenersi solamente sostanziale, bensì anche processuale. L’art. 2266, comma 1°
del codice civile, precisa infatti che la società “sta in giudizio” nella persona dei
soci che ne hanno la rappresentanza. Ciò significa che la società può agire (c.d.
rappresentanza processuale attiva) ed essere convenuta in giudizio (c.d.
rappresentanza processuale passiva) in persona degli stessi soci amministratori
rappresentanti, anche singolarmente20. Con riguardo alle modalità di esercizio di
questi poteri rappresentativi, la giurisprudenza ha precisato che nel caso l’atto
17
CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 93.
BAZZANO E. – DABORMIDA R. – MORINI A., Le società: ordinamento e variabili. 1. Società
semplice e in nome collettivo, in Zanelli E. (diretto da), Diritto e Realtà, UTET, 1994, p. 41.
19
TOSCO F., Il funzionamento dell’organo amministrativo nelle società di persone, in MAURO A. –
MEOLI M. – NEGRO M., Gli amministratori. Disciplina civilistica, fiscale e previdenziale, IPSOA,
2007, p. 54.
20
Ivi, p. 55.
18
11
costitutivo preveda particolari criteri di attribuzione della rappresentanza, gli
stessi criteri devono valere anche per la rappresentanza processuale21.
Per quanto concerne l’ampiezza del potere di rappresentanza si desume che,
estendendosi a tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, chi ne detiene la
carica possa porre in essere qualsiasi atto che risulti idoneo al raggiungimento
dello scopo sociale, senza alcuna distinzione tra atti di ordinaria e di straordinaria
amministrazione22. Tale aspetto risulta talvolta delicato ed è proprio per questo
motivo che il contratto sociale può derogare al regime legale, prevedendo
limitazioni a tale potere. I soci, infatti, possono decidere convenzionalmente
diverse modalità di esercizio, ad esempio, in tema di straordinaria
amministrazione o di atti che superano un determinato ammontare, introducendo
un sistema di firma congiunta di tutti gli amministratori23. Anche in ordine al
potere di rappresentanza, quindi, possiamo riscontrare un modello legale e vari
modelli convenzionali.
La distinzione concettuale tra amministrazione e rappresentanza, qualora si
prevedano sistemi limitativi convenzionali, deve essere tenuta ben chiara
specialmente nelle società di persone dove la fusione tra soci e amministratori è
molto presente. Tali limitazioni rappresentative sollevano, infatti, il problema
sulla loro opponibilità ai terzi che entrano in contatto con gli stessi
amministratori24. Le discipline sono diverse a seconda dei casi e rimandano alle
norme di diritto comune (art. 1396 c.c.), in quanto al momento d’entrata in vigore
del codice civile per la società semplice non era previsto un regime di pubblicità
legale. Se la limitazione ha origine nel contratto sociale, è onere del terzo che
21
TOSCO F., op. ult. cit., pag. 55; Cfr. Cass., 30 marzo 1979, n. 1839, in Giust. Civ. Mass., 1979, 831.
DI SABATO F., op. ult. cit., p. 122.
23
GALGANO F., op. ult. cit., p. 78.
24
COTTO A. – MEOLI M. – TOSCO F. – VITALE R., Società, in Eutekne (a cura di), Guide e
soluzioni, IPSOA, 2013, p. 226.
22
contratta con il rappresentante, verificare che quest’ultimo agisca nel pieno dei
suoi poteri, con la conseguenza di poter sempre opporre a lui eventuali
limitazioni originarie; diversamente, se la limitazione o la modifica del potere di
rappresentanza avviene successivamente, vale la regola secondo la quale spetta
alla società l’onere di portarla a conoscenza dei terzi con mezzi idonei (come
disposto dall’art. 2266, comma 3° c.c.). Qualora questo non avvenga, le
limitazioni o le modifiche non sono opponibili, e la società non può rifiutare di
dare esecuzione all’atto compiuto da chi era sprovvisto del potere di
rappresentanza, fatto salvo il caso di prova che il terzo aveva conosciuto o
avrebbe potuto conoscere la nuova situazione, usando l’ordinaria diligenza25.
A seguito della recente introduzione dell’obbligo di iscrizione della società
semplice nella sezione speciale del Registro imprese (L. 29.12.93, n° 580), parte
della dottrina ritiene, però, opportuna la riformulazione di quanto appena
affermato. Al riguardo, infatti, si può giungere alla conclusione che se da una
parte l’iscrizione nella sezione speciale ha funzione di mera pubblicità notizia,
dall’altra può costituire un mezzo idoneo per rendere pubblico l’atto di
limitazione del potere di rappresentanza26. Tale principio è stato esteso a tutte le
tipologie di società di persone e qualora la società risulti irregolare, l’omessa
registrazione si ritorce contro i soci, essendo tutelato l’affidamento che i terzi
ripongono nel rispetto del modello legale di rappresentanza (si presume, dunque,
che ogni socio che agisce per la società abbia la rappresentanza sociale)27.
Quando parliamo, invece, di s.p.a. o s.r.l. la questione si fa più semplice: le
disposizioni in tema di rappresentanza, infatti, coincidono in tutte le tipologie di
società di capitali. Di norma la rappresentanza della società è attribuita al
25
BAZZANO E. – DABORMIDA R. – MORINI A., op. ult. cit., p. 44.
COTTO A. – MEOLI M. – TOSCO F. - VITALE R., op. ult. cit., p. 227.
27
CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 94.
26
13
presidente del CDA, o ad uno o più amministratori.
In presenza di un consiglio di amministrazione, gli amministratori aventi potere
di rappresentanza devono essere indicati nello statuto, e allo stesso tempo dovrà
essere specificato se essi hanno potere di agire disgiuntamente o congiuntamente.
In questi casi, il potere di rappresentanza è “generale” e non più circoscritto agli
atti che rientrano nell’oggetto sociale28.
La società può conferire tale potere anche altri rappresentanti (es: direttori
generali), i quali non sostituiranno gli amministratori, ma si aggiungeranno agli
stessi. Le disposizioni a riguardo prevedono l’iscrizione al Registro Imprese,
entro trenta giorni dalla notizia della nomina (art. 2383, n° 4 c.c.). Da qui ne
discendono due corollari: è inopponibile ai terzi in buona fede la mancanza del
potere rappresentativo dovuta all’invalidità della nomina, ed inoltre la società
rimane vincolata ai terzi anche se gli amministratori hanno violato eventuali
limitazioni del loro potere di rappresentanza29.
Tali limitazioni statutarie, risultanti dallo statuto o da una decisione degli organi
competenti, non sono opponibili ai terzi, anche se pubblicate, salvo che si provi
che questi abbiano agito intenzionalmente a danno della società (artt. 2384,
comma 2° c.c. – così riformato; 2475-bis, comma 2° c.c.).
Rimangono, invece, opponibili ai terzi i limiti del potere rappresentativo degli
amministratori che trovano fondamento nella legge.
Ad esempio, qualora un amministratore stipuli un contratto in conflitto di
interessi con la società, il contratto potrà essere annullato su richiesta della
società, se il conflitto di interessi era conosciuto o riconoscibile dal terzo 30 (art.
1394 c.c.).
28
CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 378.
Ivi, pagg. 378 – 379.
30
Ivi, p. 379.
29
In conclusione, si può dunque affermare che, nel caso delle società di capitali, la
figura del terzo viene tutelata al massimo, nell’interesse di una stabilità e
sicurezza dei rapporti giuridici.
1.2. Amministratore estraneo.
Definiti i concetti di amministrazione e rappresentanza, sorge spontaneo
chiedersi se, nell’ambito della larga autonomia contrattuale lasciata ai soci nelle
società di persone, sia concesso e ammissibile attribuire l’amministrazione anche
a soggetti i quali non rivestono la qualità di socio.
In merito a tale questione, da sempre trattata in giurisprudenza e in dottrina,
possono essere rilevati sul punto due orientamenti contrastanti: da un lato vi è
chi sostiene che questa eventualità sia espressamente negata dall’art. 2267,
comma 1° c.c., in quanto se derogato può creare un’anomalia alla responsabilità
dei soci; dall’altro vi è chi ritiene possibile tale opzione, concependo e trattando
la figura dell’amministratore terzo al pari di quella di un mandatario o di un
institore 31 . A questo punto è bene premettere che la soluzione negativa
sull’argomento è quella più seguita, ma procediamo con ordine e cerchiamo di
fare chiarezza sul dibatto.
Se analizziamo la tesi negativa, possiamo sottolineare il fatto che la
possibilità di affidare l’amministrazione ad un soggetto estraneo alla compagine
societaria è espressamente negata, a livello normativo, solo per quanto riguarda
la società tra avvocati (art. 23, comma 1°, D.lgs. 96/2001) 32 e la società in
accomandita semplice (art. 2318, comma 2° c.c.). Quest’ultima infatti può essere
gestita, come si è già detto, esclusivamente solo da soci accomandatari, senza
31
MAURO A., La nomina e la cessazione degli amministratori nelle società di persone, in MAURO A. –
MEOLI M. – NEGRO M., Gli amministratori. Disciplina civilistica, fiscale e previdenziale, IPSOA,
2007, p. 23.
32
AA. VV., op. ult. cit., p. 56.
15
possibilità di soluzioni diverse. Ancora più esplicito a riguardo, è l’art. 2320,
comma 1° c.c. il quale “vieta l’attività amministrativa della società ai soci
accomandanti, sanzionando la loro eventuale immistione non autorizzata con
l’assunzione della responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le
obbligazioni sociali” 33 . Al di fuori di questi dettati normativi, che si esprimo
chiaramente in senso negativo circa la possibilità della nomina di estranei, nulla è
disciplinato in modo esplicito dal codice civile per quanto riguarda la società
semplice ed in nome collettivo, dando luogo così a diverse interpretazioni delle
norme34.
In tema di società semplice, si è portati all’analisi dell’art. 2267, comma 1°
del c.c. secondo cui “per le obbligazioni sociali rispondono personalmente e
solidamente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo
patto contrario, gli altri soci”. Ne consegue che, anche in questo caso, non
sembrerebbe possibile affidare il potere amministrativo al di fuori dei soggetti
soci, per i quali non si sia optato per un patto limitativo di responsabilità, dando
per assunto che il potere gestorio non sia scindibile dalla responsabilità illimitata.
Secondo questa tesi infatti se si nominasse un amministratore estraneo, esso non
potrebbe assumere responsabilità illimitata e dunque, nell’ottica della tutela dei
terzi, nel contrattare con la società semplice recherebbe un danno, in quanto
quest’ultimi, fanno affidamento proprio a tale responsabilità in capo ad almeno
un socio. In aggiunta, si andrebbe a snaturare il modello sociale prescelto che
avrebbe solo la forma, e non più la sostanza, di una società semplice 35 . Per
33
PICCOLO A., L’amministratore estraneo nelle società di persone, in Filodiritto. La legge, il diritto, le
risposte,
http://www.filodiritto.com/,
http://www.filodiritto.com/articoli/2010/06/lamministratoreestraneo-nelle-societa-di-persone/.
34
CONFORTI C., L’inammissibilità di amministratore estraneo alla compagine delle società di
persone,
in
Cendon
P.,
Persona
e
Danno,
http://www.personaedanno.it/,
http://www.personaedanno.it/impresa-societa-fallimento/l-inammissibilita-di-amministratore-estraneoalla-compagine-delle-societa-di-persone-cesare-conforti.
35
PICCOLO A., Ibidem.
concludere l’analisi di questa tesi, si può inoltre ricorrere all’esame minuzioso
dell’art. 2295, n° 3 c.c. in tema di società in nome collettivo, secondo il quale si
afferma che “i soci […] hanno l’amministrazione e la rappresentanza della
società”. A confronto, analizzando l’art. 2380-bis, comma 2° c.c. si può notare
che “l’amministrazione della società può essere affidata anche a non soci”. Tale
incipit non viene ripetuto in alcuna disciplina regolante le società di persone, e
perciò si è portati a pensare che nelle società di persone sia inammissibile il
conferimento del potere amministrativo (ed anche rappresentativo) a soggetti
terzi36.
La tesi affermativa riguardante l’ammissibilità dell’amministratore
estraneo alla compagine societaria, se pur meno prevalente, merita comunque un
breve accenno. Essa, in primo luogo, afferma la necessità di scindere il concetto
di amministrazione da quello di responsabilità illimitata, in quanto il rapporto di
amministrazione e quello sociale sarebbero fonte di diritti, poteri e responsabilità
diversi e distinti da quelli spettanti al soggetto socio.
A sostegno di tale affermazione, si aggiunge che “lo stesso legislatore, all’art.
2260 c.c., configura un rapporto di amministrazione regolato secondo autonome
norme (quelle sul mandato) e fonte di distinta responsabilità rispetto a quella
eventualmente spettante come socio”37. Al tempo stesso si fa notare come l’art.
2318, comma 2° c.c., sostenuto dalla tesi negativa, costituisca divieto di
ammissione del terzo all’amministrazione societaria solo ed esclusivamente per
quanto riguarda la società in accomandita semplice, in quanto tale divieto non è
ripetuto nelle normative disciplinanti la società semplice e la società in nome
collettivo. A tal riguardo, questa tesi, evidenzia che il principio della
responsabilità illimitata a tutela dei terzi non verrebbe intaccato anche se fosse
36
37
PICCOLO A., op. ult. cit.
PICCOLO A., Ibidem.
17
nominato un amministratore che non rivesta la qualità di socio 38. Nella società in
nome collettivo, infatti, all’art. 2291 c.c. è stabilito che tutti i soci rispondono
sempre e comunque personalmente per le obbligazioni sociali39, avendo il patto
di limitazione della responsabilità (nei confronti dei terzi) effetti solo interni alla
società.
In ogni caso, tale dibattito trova una soluzione che riconduce all’assimilazione
della posizione del terzo amministratore a quella di un mandatario generale o di
un institore, sia pure con poteri estesi al compimento di tutti gli atti che rientrano
nell’oggetto sociale 40 . Ciò significa che nonostante l’amministrazione venga
affidata ad un soggetto estraneo, esso non sarà amministratore in senso tecnico,
anche se qualificato dalle parti come tale 41 ; i soci non verranno spogliati del
potere direzionale dell’impresa e nemmeno della loro responsabilità illimitata42.
Ai soci, inoltre, spetteranno tutte le conseguenze derivanti dal fatto di rivestire la
carica di amministratori, soprattutto quando si parla di s.n.c.; essi infatti hanno
l’obbligo di tenere le scritture contabili (come disposto all’art. 2302 c.c.) e, in
caso di fallimento, saranno penalmente responsabili per l’omissione di tali
scritture (artt. 217, comma 2°; 222 della Legge Fallimentare)43. Questa soluzione
può essere trasferita anche nell’ ambito dei poteri di rappresentanza.
In conclusione, si può quindi affermare che seguendo questo orientamento,
conferire poteri amministrativi e poteri di rappresentanza a soggetti estranei (e
quindi non soci), non priva i soci della qualità di amministratori e nemmeno
quella di rappresentanti della società44.
38
PICCOLO A., op. ult. cit.
CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 101.
40
Ivi, p. 102.
41
GALGANO F., op. ult. cit., p. 66.
42
AA. VV., op. ult. cit., p. 55.
43
GALGANO F., op. ult. cit., p. 67.
44
Ivi, p. 79.
39
1.3. Poteri di controllo dei soci non amministratori.
Nelle società di persone, il legislatore attribuisce ai soci che non
partecipano all’amministrazione una serie di diritti in tema di controllo.
Questi diritti, per l’appunto, vengono legislativamente riconosciuti dall’art. 2261
del codice civile, il quale prevede che ogni socio che non partecipa all’esercizio
del potere amministrativo abbia diritto:
-
“di avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari
sociali” (c.d. diritto di informazione);
-
“di consultare i documenti relativi all’amministrazione”, senza
distinzioni di tipologia (c.d. diritto di ispezione);
-
“di ottenere il rendiconto quando gli affari per cui fu costituita la
società sono stati compiuti”, sia che l’attività sociale si esaurisca in un
solo anno – comma 1° – sia che si protragga per più di un anno, con il
che, salvo diversa disposizione contenuta nel contratto, il diritto matura
al termine di ogni anno di attività 45 – comma 2° – (c.d. diritto di
rendicontazione).
I diritti di informazione e di ispezione possono essere ampliati dal contratto
sociale, ma è discusso il fatto di poterli limitare, o addirittura di farne espressa
rinuncia da parte del socio46. L’esercizio di questi diritti, in ogni caso, non può
sfociare nell’abuso e nella violazione del segreto sociale, perciò il socio non
amministratore non può chiedere informazioni o effettuare controlli per scopi
anti-sociali o comunque con effetti contrari all’interesse della società47. Qualora
l’esercizio di tali poteri risulti consono alla verifica dell’andamento della società,
gli amministratori non possono sottrarsi ai loro doveri.
45
BAZZANO E. – DABORMIDA R. – MORINI A., op. ult. cit., p. 47.
Ivi, p. 48; SPADA P., La tipicità delle società, CEDAM, 1967, p. 422.
47
BAZZANO E. – DABORMIDA R. – MORINI A., op. ult. cit., p. 48; COSTI R., Note sul diritto di
informazione e di ispezione del socio, in Rivista delle Società, 1963, p. 66.
46
19
Il “diritto di notizia dello svolgimento degli affari sociali”, può riguardare:
-
sia le singole operazioni, sia l’andamento generale della gestione;
-
qualunque tipologia di affare, sia esso già stato compiuto, in corso di
compimento o di prossima attuazione48.
In quanto al diritto “di consultare i documenti relativi all’amministrazione”, i
soci non amministratori hanno facoltà di consultare tutte le scritture contabili
(qualora siano previste) e tutti i documenti redatti dagli amministratori.
Di norma i due poteri appena descritti non possono essere delegati a soggetti
terzi, anche se tale orientamento non è affatto pacifico.
La tesi negativa, ovvero la più seguita, si basa sulla inseparabilità dei diritti di
controllo dalla figura del socio.
La tesi positiva, invece, si basa sul presupposto che “simile atteggiamento è
estraneo al nostro ordinamento positivo per cui, in ipotesi di mancanza di
adeguate cognizioni tecniche, la delegabilità delle funzioni sarebbe necessaria
anche se nulla vieta che il socio si faccia assistere da un tecnico”49.
Tra i poteri contemplati dall’art. 2261 c.c. vi è infine il diritto di “ottenere il
rendiconto”. Esso non va confuso, come spesso succede, con il bilancio di
esercizio che gli amministratori sono chiamati a redigere nella società in nome
collettivo, né con il rendiconto contemplato dall’art. 2262 c.c. che si esprime in
tema di distribuzione degli utili50. Esso, infatti, è un documento essenzialmente
discorsivo che si articola in un mero elenco nel quale vengono indicate le
operazioni compiute, con la corrispondenza delle entrate e delle uscite
effettivamente verificatesi nel periodo 51 ; al contrario il bilancio di esercizio,
rappresenta la situazione patrimoniale della società, mettendo in evidenza gli utili
48
COSTI R., op. ult. cit., p. 89 e ss.
BAZZANO E. – DABORMIDA R. – MORINI A., op. ult. cit., p. 48.
50
CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., in nota n° 87, p. 99.
51
BAZZANO E. – DABORMIDA R. – MORINI A., op. ult. cit., p. 49.
49
conseguiti e le perdite subite nell’esercizio.
Per chiarire eventuali dubbi in merito, si può affermare che, il rendiconto (ai
sensi dell’art. 2261 c.c.) deve essere redatto qualora nella società siano presenti
soci non amministratori, quando gli affari per cui fu costituita la società sono stati
compiuti; mentre il rendiconto (ai sensi dell’art. 2262 c.c.) deve essere redatto in
ogni caso, e quindi anche qualora tutti i soci siano amministratori, per
determinare il risultato di esercizio e la parte di utili da distribuire ad ogni
socio52.
Per quanto riguarda, invece, l’attività di controllo svolta dai soci
accomandanti di s.a.s., possiamo citare l’art. 2320 c.c. il quale dispone, che se il
contratto lo consente, essi possono vigilare ed ispezionare l’attività compiuta
dagli accomandatari – comma 1°. I soci accomandanti hanno, inoltre, diritto di
ricevere comunicazione annuale del bilancio, del conto dei profitti e delle perdite
e di poterne controllare l’esattezza consultando i libri contabili e gli altri
documenti inerenti alla società – comma 2°. Tali poteri di controllo risultano, in
ogni caso, meno incisivi rispetto a quelli di un normale socio non amministratore,
in quanto essi possono essere esercitati solamente al momento di chiusura
dell’esercizio e quando il socio accomandante avrà ricevuto copia del bilancio53.
Confusa e controversa è anche la questione riguardante le indicazioni e le
direttive in merito alla gestione, provenienti dai soci i quali non sono in possesso
dei poteri decisionali. Molto spesso ci si chiede, infatti, se tali direttive possano
essere vincolanti o meno per gli amministratori.
Secondo l’orientamento più seguito si può giungere alla soluzione che tale potere
non competa, in linea di massima, al singolo socio non amministratore, ma esso
52
CAGNASSO O. – QUARANTA M., La società semplice, in Rescigno P. (a cura di), Impresa e
lavoro, UTET Giuridica, 2010, pagg. 38 – 39.
53
AA. VV., op. ult. cit., p. 61.
21
potrà avere un effetto vincolante qualora sia sollevato da un gruppo di soci non
amministratori, i quali si trovino in una “posizione di forza” all’interno della
società, soprattutto “sotto il profilo degli strumenti di pressione necessari per
rendere credibile la prospettiva di un’eventuale revoca degli amministratori”54.
In conclusione a questo argomento è opportuno ricordare che i poteri di
controllo, di cui si è ampliamente parlato fin qui, sono privi di rilevanza quando
ci si imbatte nei soci di società di capitali, o in soci accomandanti di società in
accomandita semplice, in quanto è la responsabilità illimitata dei soci a spiegare
il motivo per cui ai soci non amministratori sono riconosciuti questi importanti
poteri di vigilanza sull’amministrazione55.
Inoltre, si deve sottolineare che nelle società di persone, al contrario di quanto
accade nelle società di capitali, non esiste un organo sociale a cui è affidato il
controllo della gestione, né vi è il potere di invocare il controllo dell’autorità
giudiziaria per la gestione della società56.
54
AA. VV., op. ult. cit., pagg. 55 – 56.
GALGANO F., op. ult. cit., p. 70.
56
BUONOCORE V. – CAPO G., Le società di persone. La società semplice, in Buonocore V. (ideato
da), Manuale di Diritto Commerciale, Giappichelli, 2013, 11a edizione, p. 252.
55
PARTE II
LE SOCIETÀ DI PERSONE
23
CAPITOLO 2
I SISTEMI AMMINISTRATIVI DELLE SOCIETÀ DI PERSONE
2. La società semplice come modello normativo.
La categoria delle società di persone è composta dalla società semplice, la
quale costituisce la forma più elementare della specie, dalla società in nome
collettivo e dalla società in accomandita semplice.
La società semplice, pur non essendo molto utilizzata nella realtà societaria,
si può considerare il “prototipo normativo”57 delle società di persone, in quanto
la sfera di applicazione della disciplina di questa tipologia societaria è
estendibile, in linea di principio, anche alle società in nome collettivo e in
accomandita semplice in virtù di espliciti richiami e deroghe posti in essere dal
legislatore58 (artt. 2293 e 2315 c.c.).
Tanto premesso, è d’obbligo sottolineare che, come già accennato, la
società semplice rappresenta oggi un modello societario in disuso, a causa del
suo ristretto utilizzo circoscritto alle sole attività non commerciali.
In sostanza una società semplice può essere costituita solamente in ambito
agricolo e nell’ipotesi di esercizio in comune di attività professionali59, anche se
le parti a questo proposito preferiscono dar vita a società di capitali o
cooperative, quando esse non optino per contratti associativi tipici di diritto
agrario60.
La disciplina della società semplice rappresenta il modello tipico della categoria
delle società di persone, anche per quanto riguarda i metodi di amministrazione e
57
CAMPOBASSO G. F., Diritto Commerciale. 2. Diritto delle società, Campobasso M. (a cura di),
UTET Giuridica, 2010, 7a edizione, p. 56.
58
SCHLESINGER P. – TORRENTE A., Manuale di Diritto Privato, in Anelli F. – Granelli C. (a cura
di), Giuffrè, 2011, 20a edizione, p. 998.
59
SCHLESINGER P. – TORRENTE A., Ibidem.
60
CAMPOBASSO G. F., Ibidem.
25
gestione: essi infatti sono applicabili a tutte le società personali.
I
sistemi
di
esercizio
del
potere
amministrativo,
considerati
dall’ordinamento per la società semplice, sono due:
-
il sistema disgiunto, che all’art. 2257, comma 1° c.c. configura
l’amministrazione disgiuntiva, il quale trova fondamento nell’atto di
nomina degli amministratori, o quando non vi siano specifiche
disposizioni dettate nell’atto costitutivo dai soci;
-
il sistema congiunto, regolato dall’art. 2258, comma 1° c.c., il quale può
essere definito come il “modello alternativo”61 appositamente scelto dai
soci, i quali optino per un’amministrazione congiuntiva all’interno
della compagine societaria.
Entrambi i sistemi ora citati hanno in comune il fatto che tutti i soci
(illimitatamente responsabili) partecipano all’amministrazione della società; ma
si differenziano per la circostanza che, secondo il primo sistema, il potere di
amministrare è attribuito per intero ai singoli soci e può essere esercitato da
ciascuno di essi individualmente; al contrario nel secondo sistema, il potere di
amministrare spetta al gruppo dei soci e da essi può essere esercitato solo in
maniera collettiva62.
Qualunque dei due sistemi si scelga, al proprio interno possono essere poi
configurate diverse alternative derivanti dall’ampia autonomia negoziale lasciata
ai soci, i quali possono decidere di distribuire il potere gestorio in base alle
esigenze della compagine sociale e dell’impresa.
Il contratto sociale può prevedere, infatti:
-
che l’amministrazione disgiuntiva spetti solo ad alcuni soci, come
disciplinato implicitamente al co. 2° e 3° dell’art. 2257 c.c., i quali
61
62
AA. VV., Diritto delle società. Manuale breve, Giuffrè, 2012, 5a edizione, p. 52.
GALGANO F., Le società in genere. Le società di persone, Giuffrè, 2007, p. 204.
prevedono l’attribuzione del diritto di opposizione ai soli soci
amministratori, qualora siano presenti soci esclusi dalla gestione;
-
un’amministrazione congiuntiva, operante a maggioranza (art. 2258,
co. 2° c.c.) o all’unanimità;
-
la combinazione dei due sistemi, stabilendo che alcune decisioni
debbano essere prese in forma disgiuntiva e altre in forma congiuntiva;
-
l’affidamento dell’amministrazione devoluto ad un solo socio (c.d.
amministratore unico), nel caso in cui i soci sostanzialmente rinuncino
al diritto di amministrare.
2.1. L’amministrazione disgiuntiva.
Nella
società
semplice
l’amministrazione
disgiuntiva,
come
precedentemente riportato, rappresenta la regola ordinaria che trova applicazione
nel caso sia direttamente convenuta dai soci nell’atto di nomina degli
amministratori, o anche in assenza di altra previsione disposta dalle parti nell’atto
costitutivo.
Ai sensi dell’art. 2257 c.c. si ritiene infatti che il principio direttivo, riguardante
l’amministrazione di tale tipologia societaria, sia che in mancanza di diversa
disposizione del contratto sociale “l’amministrazione della società” spetti “a
ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri” – comma 1°. Ciò a sottolineare che
tutti i soci, in quanto tali, hanno facoltà e potere di concludere di propria
iniziativa qualunque atto rientrante nell’oggetto sociale 63 , senza necessità di
chiederne il parere o il consenso agli altri soci investiti dello stesso diritto.
In merito, occorre ricordare che tale principio è attribuibile solamente ai soci
illimitatamente responsabili, che non abbiano acconsentito a una limitazione
63
CORSI F. – FERRARA F., Gli imprenditori e le società, Giuffrè, 2011, 15a edizione, p. 219.
27
della propria responsabilità 64 , o che non abbiano espressamente rinunciato
all’amministrazione (come ad esempio nel caso di amministrazione disgiuntiva
affidata solo ad alcuni soci).
L’ amministrazione disgiuntiva – come definita dalla rubrica dell’art. in essere –
presuppone un alto grado di fiducia psico-fisica tra i soci ed è volta a garantire
l’esigenza di snellezza ed efficienza nelle decisioni e negli affari da
intraprendere. Allo stesso tempo, però, sacrifica le esigenze di coordinamento e
non previene il compimento di atti dannosi per la società, in quanto si espone al
rischio di abusi del potere gestorio posti in essere anche da un solo socio
amministratore nella totale inconsapevolezza degli altri soci65.
L’inconveniente che ogni socio amministratore subisca a cose fatte il rischio
di operazioni, le quali non ha concorso a decidere, può essere però evitato 66 .
L’ampiezza dei poteri di iniziativa individuale di cui ogni socio amministratore
dispone, difatti, non è illimitata, in quanto viene temperata dal diritto di
opposizione. In tal senso, a ciascuno dei soci amministratori è data l’opportunità
di opporsi a un’operazione che un altro stia per compiere, purché l’opposizione
in essere avvenga tempestivamente 67 e prima tale operazione sia compiuta –
comma 2°.
Esercitato il c.d. “diritto di veto”, l’iniziativa del singolo, sulla quale opera
l’opposizione, viene temporaneamente bloccata e non può essere compiuta fino a
che non si sia pronunciata, in merito alla sua fondatezza, la maggioranza della
collettività di tutti i soci, amministratori e non, determinata in proporzione alla
64
V., in argomento, p. 10.
SANTI F., Amministrazione e controlli, in “Sapere Diritto”, P. Cendon (diretta da), CEDAM, 2011, p.
284.
66
COTTINO G. – SARALE M. – WEIGMAN R., Società di persone e consorzi, in “Trattato di Diritto
Commerciale”, Cottino G. (a cura di), volume III, CEDAM, 2004, p. 145.
67
CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 91.
65
quota di partecipazione agli utili di esercizio68 – comma 3° (non per teste, ma per
quote di interesse) - a sua volta determinata in base al valore del conferimento
iniziale 69 ; questo a sottolineare che, tendenzialmente, chi ricava vantaggi
maggiori dagli utili è anche colui che rischia maggiormente.
A sostegno di questa tesi, sembra non sia necessaria alcuna deliberazione del
gruppo dei soci, quando uno di essi goda della maggior parte degli utili. Questi,
infatti, potrà compiere ogni operazione sociale nonostante l’opposizione degli
altri soci, o similmente con la propria unica opposizione potrà impedire agli altri
soci il compimento di qualsivoglia operazione sociale70.
Si ricorda, comunque, che solamente i soci amministratori hanno facoltà di
opporsi all’atto che uno di loro voglia compiere; e quindi se fossero presenti soci
che non amministratori, questi non potranno intervenire per impedire un atto di
gestione, ma soltanto per risolvere il conflitto preferendo la scelta dell’uno o
dell’altro amministratore71, successivamente al diritto di veto esercitato dai soci
amministratori aventi diritto.
In sostanza, alla luce di un contrasto insorto di voleri tra chi vuole compiere
l’atto e chi vuole arrestarlo, viene chiamato a decidere ogni singolo socio il quale
decide al meglio nell’interesse della società, grazie al principio di maggioranza
qui sopra esposto.
Da sottolineare vi è il fatto che il veto agisce sull’opposizione e dunque la
maggioranza dei soci non viene investita del potere di decidere sul compimento
dell’operazione: perciò, quando la decisione finale è negativa, questa comporta il
divieto definitivo di compiere l’operazione; viceversa, in caso di decisione
68
SALAFIA V., Società commerciali con due soci con potere di amministrazione disgiunto, in “Le
Società”, 2012, n° 12.
69
Ai sensi dell’art. 2263 co. 1, come cit. in IUDICA G. – ZATTI P., Linguaggio e regole del Diritto
Privato, CEDAM, 2009, 10a edizione, p. 516.
70
GALGANO F., Diritto Commerciale. Le società, Zanichelli, 2006, 16a edizione, p. 61.
71
COTTINO G. – SARALE M. – WEIGMAN R., op. ult. cit., p. 139.
29
positiva, il socio amministratore che ha assunto l’operazione rimane libero di
compierla o meno72.
In merito si discute ampliamente se la decisione, avente ad oggetto la
fondatezza dell’operazione controversa, debba essere adottata con metodo
collegiale (e quindi con una votazione in un’assemblea dei soci appositamente e
correttamente convocata); o se le volontà dei soci possano essere manifestate
anche separatamente e singolarmente.
Questa questione, analizzata anche dalla giurisprudenza e dalla dottrina, non
sembra trovare un’unica soluzione, in quanto secondo il parere di alcuni per la
corretta formazione della maggioranza, rappresentante il volere dei più e allo
stesso tempo tutelante ogni singolo socio, si affermerebbe come esigenza
fondamentale la riunione73 di ogni componente della compagine sociale (siano
essi soci amministratori o non); secondo altri, invece, la questione analizzata
all’interno della società di persone sarebbe superflua, in quanto dove il contratto
non dispone diversamente le decisioni possono essere prese nella libertà più
assoluta74.
Premesse tali regole, si ricorda la possibilità che il modello di
amministrazione disgiuntiva venga adottato anche da una società personale con
soli due soci al 50% ciascuno relativamente ai conferimenti iniziali e alla
partecipazione agli utili e alle perdite.
Anche in questo caso l’esercizio del diritto di veto da parte di uno dei due soci
amministratori è legittimo. Qualora, però, la questione non venga risolta dopo
l’opposizione verificata, il socio può rinunciarvi.
72
DI SABATO F., Diritto delle società, Giuffrè, 2005, 2a edizione, p. 114.
V., con questo parere, DI SABATO F., Ibidem; CORSI F. – FERRARA F., op. ult. cit., p. 221.
74
V., con questo parere, AULETTA G. – SALANITRO N., Diritto commerciale, Giuffrè, 2010, 18a
edizione, p. 113 - L’autore, infatti, afferma (citando a favore della sua tesi anche Cass. 19 gennaio 1973,
n.196) che in tali casi non occorre osservare il metodo collegiale, in quanto esso è inderogabilmente
prescritto solamente per le società azionarie; GALGANO F., op. ult. cit., p. 61.
73
Diversamente, in condizioni di contrasto inconciliabile fra i soci, si realizza una
situazione che impedisce il conseguimento dell’oggetto sociale, la quale ai sensi
dell’art. 2272 c.c. si configura come una delle possibili cause di scioglimento
della società75.
2.2. L’amministrazione congiuntiva.
E’ la seconda alternativa amministrativa, presa in considerazione dal
legislatore all’art. 2258 del codice civile, la quale ha la finalità di controllare
maggiormente i soggetti che hanno il compito di amministrare la società.
L’amministrazione congiuntiva deve essere espressamente convenuta dai
soci in sede di costituzione, o con successiva modifica del contratto sociale (che
deve avvenire con il consenso unanime di tutti i soci), in quanto nel silenzio delle
parti la regola è l’amministrazione disgiuntiva76.
In virtù di tale scelta per il compimento di qualsiasi operazione sociale vale
il principio dell’unanimità ed è quindi è necessario il consenso della generalità
di tutti i soci amministratori77 – comma 1°.
Questo sistema risulta particolarmente complesso e potrebbe dar luogo ad una
attività di gestione piuttosto difficoltosa. E’ per questo motivo che il contratto
sociale può derogare a tale principio, prevedendo che per l’amministrazione sia
sufficiente il consenso della maggioranza dei soci, calcolata in base alla quota di
partecipazione agli utili di ciascuno (se non diversamente pattuito, per l’appunto,
nel contratto sociale) – comma 2°.
Si deve però ricordare che qualora le parti prevedano tale regime
75
SALAFIA V., op. ult. cit.; ALESSI G. – MANZELLA B. – MARINO P., Le società. Le società di
persone. Giurisprudenza – Bibliografia - Legislazione – Formulario, vol. I, Giuffrè, 1976, p. 94.
76
CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 92.
77
ABETE L., Principio maggioritario e metodo collegiale nelle società personali: brevi note, in “Le
società”, 2008, n° 12.
31
amministrativo, ma non si impegnino ulteriormente per specificarne le modalità
operative o particolari norme statutarie, si seguirà il principio dell’unanimità
delle volontà di tutti i soci78.
L’adozione di questo sistema amministrativo è volto a garantire una
valutazione più ponderata e meno rapida delle decisioni da adottare, cautelando
maggiormente i soci contro i pericoli derivanti dal regime di amministrazione
disgiunta e consentendo agli stessi di effettuare un controllo preventivo
dell’amministrazione della società79.
D’altro canto la maggior rigidità dell’amministrazione congiuntiva, sia essa
all’unanimità o a maggioranza, viene temperata dal legislatore, il quale dispone
che i singoli amministratori possano compiere, anche individualmente, gli atti
urgenti che siano volti ad evitare un danno ingente alla società – comma 3°.
In questo caso il singolo socio non è completamente tagliato fuori
dall’amministrazione80, purché l’atto urgente da lui compiuto riguardi solamente
l’eventus damni che potrebbe gravare sulla società.
A tal fine, dunque, si devono considerare le urgenze derivanti da pregiudizi al
patrimonio sociale e non dalla necessità di evitare un mancato guadagno81.
2.3. Varianti convenzionali.
Come si è già anticipato, il legislatore lascia ai soci libero arbitrio su come
distribuire il potere gestorio all’interno della società.
I due sistemi finora analizzati hanno in comune il fatto che entrambi
consentono l’adozione, nel contratto sociale, di varianti diversamente modulate.
78
SANTI F., op. ult. cit., p. 294.
CONFORTI C., Le società di persone: amministrazione e controlli, in “Trattati”, Cendon P. (a cura
di), Giuffrè, 2009, p. 183.
80
CORSI F. – FERRARA F., op. ult. cit., p. 223.
81
CONFORTI C., Ibidem.
79
Ognuno dei due regimi può essere “totalitario”, e quindi coinvolgente tutti i
soci; oppure può rivolgersi solamente ad alcuni soci, dando vita a due categorie
contrapposte di soci: amministratori e non amministratori.
Allo stesso modo, è possibile combinare insieme i due sistemi di
amministrazione, dando vita ai cosiddetti “modelli convenzionali misti” 82.
Ad esempio, si può prevedere la forma disgiuntiva per gli atti di ordinaria
amministrazione, per i quali si necessita di rapidità e snellezza nelle decisioni;
mentre la forma congiuntiva – all’unanimità e/o a maggioranza – per gli atti di
straordinaria amministrazione o per gli atti importanti, i quali potrebbero esporre
ad un maggior rischio sia la società che i suoi soci (con il loro patrimonio
personale)83.
Infine, come alternativa a questi schemi, vi è l’ipotesi in cui il potere di
amministrare venga attributo ad un solo socio in veste di amministratore unico.
In questo caso, in esso si concentreranno tutti i poteri di gestione e di
rappresentanza, sarà a tutti gli effetti un organo monocratico e potrà decidere di
compiere tutti gli atti derivanti dalla gestione, senza essere interferito dalle
volontà degli altri soci e delle loro opposizioni. In virtù della rinuncia
all’amministrazione, infatti, gli altri soci non possono avvalersi del diritto di
veto, in quanto il co. 3° del art. 2257 risulta inapplicabile84.
In chiusura di questo capitolo, si deve sottolineare che tali sistemi
amministrativi sono applicabili anche alla s.n.c., in assenza di diversa previsione
statutaria, per effetto del rinvio contenuto all’art. 2293 del codice civile.
A tal riguardo, ai sensi della previsione espressa all’art. 2302 c.c., è di
competenza degli amministratori “l’obbligo di tenere i libri e le scritture
82
SANTI F., op. ult. cit., p. 299.
AA. VV., op. ult. cit., p. 52.
84
CONFORTI C., op. ult. cit., p. 161; CORSI F. – FERRARA F., op. ult. cit., p. 224.
83
33
contabili prescritti dall’art. 2214 c.c.”.
Differisce, invece, la normativa applicabile alla s.a.s., in quanto ai sensi dell’art.
2318
c.c.
l’amministrazione
può
essere
conferita
solamente
ai
soci
accomandatari, unici responsabili solidalmente e illimitatamente per le
obbligazioni sociali assunte.
Dunque, in definitiva, si può affermare che i regimi previsti dagli artt. 2257
e 2258 c.c. sono estendibili a tutte le società di persone, con il solo adattamento
imposto per la società in accomandita semplice dall’art. 2318 del codice civile85.
85
CONFORTI C., op. ult. cit., pagg. 159 – 160.
PARTE III
LE SOCIETÀ DI CAPITALI
35
CAPITOLO 3
LA SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA
3. Premessa – La riforma.
La società a responsabilità limitata (s.r.l.) è una delle società di capitali, la
cui disciplina è stata introdotta nel nostro ordinamento nel 1942.
Essa si differenzia dalle società di persone per godere di un’autonomia
patrimoniale perfetta e per possedere personalità giuridica: elementi tipici delle
società di capitali che consentono di dar vita a un nuovo soggetto giuridico
titolare di diritti e doveri, in modo assolutamente autonomo rispetto ai soci.
Di conseguenza, questo permette ai soci di comporre una serie di organi – si
parla di assemblea dei soci, organo amministrativo e sindaco/revisore legale dei
conti86 – attraverso i quali possono esprimere le volontà del soggetto giuridico (la
società); godendo, nello stesso momento, di una responsabilità limitata a quanto
conferito nella società, nei confronti dei suoi creditori.
La s.r.l. si differenzia, anche dalla società per azioni (s.p.a.), in quanto è stata
concepita per permettere, anche a soggetti indisponenti di grandi somme, la
costituzione una società che potesse godere degli stessi diritti delle altre società
di capitali: in primis il fatto che per le obbligazioni sociali rispondesse soltanto la
società con il proprio patrimonio (art. 2462, comma 1° c.c.). Essa, infatti, di
norma non è mai di grandi dimensioni, può essere costituita con un capitale
minimo di 10.000,00 € (art. 2463, comma 2°, n°4 c.c.) che ha la peculiarità di
essere rappresentato da quote di partecipazione e non da azioni (art. 2468,
comma 1°).
86
Nella S.r.l. è obbligatorio solo qualora il capitale sociale non sia inferiore a 120.000,00 € o se non
ricorrono le condizioni stabilite per la redazione del bilancio di esercizio in forma abbreviata ai sensi
dell’art. 2477 c.c., così in CAMPOBASSO G. F., Diritto Commerciale. 2. Diritto delle società,
Campobasso M. (a cura di), UTET Giuridica, 2010, 7 a edizione, p. 582.
37
Agli esordi della s.r.l., il legislatore non aveva ritenuto che tale società potesse
rappresentare uno strumento imprenditoriale di largo e diffuso utilizzo, tant’è che
la disciplina normativa ad essa dedicata era ridotta ad appena 29 articoli, i quali
per lo più, rinviavano alle norme della società per azioni per quanto riguardava
l’assetto organizzativo87.
Si può dunque affermare che la s.r.l., nel 1942, era intesa come una piccola s.p.a.
con la caratteristica di possedere una più snella articolazione e una partecipazione
dei soci alla vita societaria più attiva e diretta88. Questa impostazione, però, nel
corso degli anni è stata smentita dai dati di fatto dell’economia italiana, in quanto
la s.r.l. era diventata un modello societario particolarmente diffuso nel panorama
imprenditoriale del nostro stato89.
E’ per questo motivo che il legislatore decise di valorizzare tale società,
dedicandole ampia attenzione, riducendo i complessi e diffusi richiami alla
normativa della s.p.a. attraverso un’importante percorso di riforma, frutto di anni
di studio e dibattiti politici.
Il D. Lgs. 17 gennaio 2003 n° 6 e le sue successive modifiche – attuative della
Legge Delega 3 ottobre 2001 n° 366 – hanno profondamente innovato la
disciplina delle società di capitali, ed hanno accentuato particolarmente il
distacco della s.r.l. dalla s.p.a., valorizzandone i “profili personali” 90 presenti
nelle piccole e medie imprese, cercando di soddisfare al meglio le esigenze delle
stesse.
Ad oggi, infatti, la disciplina della società a responsabilità limitata, entrata in
87
DI SALVO LAMANNA D., La nuova s.r.l. alla luce della riforma del Diritto Societario, in Brugaletta
F. (diretto da), Diritto&Diritti, , http://www.diritto.it/,
http://www.diritto.it/articoli/commerciale/di_salvo1.html.
88
CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 556.
89
DI SALVO LAMANNA D., Ibidem.
90
A riguardo, si sottolinea che lo stesso art. 3, comma 1° alla lettera a), della Legge Delega parla di
“rilevanza centrale del socio e dei rapporti contrattuali dei soci”.
vigore il 1° gennaio 2004, è regolata da 34 articoli (2462 – 2483 c.c.) e presenta
forti similitudini con la disciplina della società di persone, nonostante lasci intatta
la responsabilità limitata dei soci.
Per quanto riguarda la gestione della s.r.l., la nuova normativa ha conferito
ai soci un’ampia autonomia statutaria per l’organizzazione dell’organo
amministrativo, consentendo loro di stabilire liberamente le sue caratteristiche
nell’atto costitutivo; pur riservando alla loro competenza, ai sensi dell’art. 2479
c.c.: l’approvazione del bilancio, la distribuzione degli utili, la nomina degli
amministratori, la nomina dei sindaci e del presidente del collegio sindacale o del
revisore, le modificazioni dell’atto costitutivo e il compimento di una sostanziale
modificazione dell’oggetto sociale o dei diritti dei soci91.
La s.r.l., come vedremo, può essere amministrata da uno o più
amministratori, che nel silenzio dell’atto costitutivo devono essere soci; tuttavia
l’atto costitutivo può prevedere che possano essere anche terzi.
Le opzioni, in tema di gestione, previste dal legislatore all’art. 2475, comma 3°
c.c. offrono la possibilità di adottare:
-
un amministratore unico, il quale esercita i poteri attribuitigli dall’atto
costitutivo in totale solitudine;
-
un consiglio di amministrazione (CDA), il quale opera collegialmente;
salva la possibilità di attribuire, in tutto o in parte, le proprie funzioni ad
altri soggetti, fissando i limiti di esercizio della delega (come ad
esempio avviene per gli amministratori delegati, o per il comitato
esecutivo);
-
un organo amministrativo pluripersonale (composto da due o più
amministratori) di natura non collegiale, il quale può operare con un
91
LO CASCIO G., L’amministrazione delle società a responsabilità limitata, in “Le Società”, 2009, n°
5.
39
sistema disgiunto o congiunto, applicando le regole previste dalla
società di persone ai sensi degli artt. 2257 e 2258 del codice civile92.
In questo ultimo caso si configurano varie combinazioni di tipologie
amministrative, di cui si è parlato anche nel capitolo precedente; per
esempio, è possibile prevedere un sistema amministrativo congiunto a
maggioranza, o ancora un sistema di amministrazione misto93.
In merito a queste molteplici distinzioni, si deve subito puntualizzare che la
differenza tra il consiglio di amministrazione e l’organo amministrativo
pluripersonale non collegiale, è abissale.
Infatti, qualora sia prevista la presenza:
-
del CDA, esso (di norma) opera collegialmente e “delibera” a
maggioranza94;
-
di più amministratori, operanti con amministrazione congiunta
all’unanimità, è necessario il consenso di tutti gli amministratori;
-
di più amministratori, operanti con amministrazione congiuntiva a
maggioranza, quest’ultima – secondo buona parte della dottrina – viene
calcolata con voto “per teste”, a meno che non sia diversamente previsto
dall’atto costitutivo95.
3.1. L’amministratore unico.
Qualora l’atto costitutivo preveda che l’amministrazione sia affidata ad un
unico soggetto si deve ritenere, nonostante il silenzio del legislatore, che questi
92
GHISONI S. M., Il manuale delle Srl, Edizioni FAG, 2006, p. 103.
GHISONI S. M., Ibidem.
94
V., in merito, p. 43. Se previsto dall’atto costitutivo, il CDA può anche “decidere” attraverso
l’adozione di sistemi di consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto, dove viene
esplicitata la volontà dei soggetti rispetto a una data questione, così CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit.,
p. 576.
95
CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 577.
93
operi come amministratore unico.
Esso costituisce un organo monopersonale su cui ricadono tutte le funzioni
di gestione e di rappresentanza, ed è l’unico soggetto abilitato ad impegnare
validamente la società nell’ambito dei poteri conferitigli96.
Si deve, comunque, sottolineare che tale scelta può essere certamente la
soluzione migliore da applicare nel caso di attività imprenditoriali non troppo
impegnative, in quanto risponde alle esigenze di rapidità e snellezza dei processi
decisionali; ma risulta evidente che in casi di attività più complesse ed articolate,
la presenza di una pluralità di amministratori (siano essi operanti collegialmente
o meno) risulterà di sicuro la miglior scelta, per lo meno per rispondere alle
esigenze di efficacia97.
3.2. Il consiglio di amministrazione.
L’art. 2475 c.c. prevede, come nella società per azioni, che anche nella s.r.l.
quando l’amministrazione viene affidata ad una pluralità di persone, queste diano
vita al c.d. consiglio di amministrazione (CDA)98.
Il CDA rappresenta il più classico degli organi amministrativi
pluripersonali, le cui deliberazioni vengono assunte a maggioranza dei presenti99.
Lo stesso articolo, infatti, impone che tale organo operi con il tradizionale
principio di collegialità, e quindi attraverso un contesto assembleare
appositamente riunito il quale, di norma, vota e delibera a maggioranza. Tuttavia
tale principio, non ha carattere imperativo.
96
DE STEFANIS C. – QUERCIA A., Manuale delle S.r.l., MAGGIOLI, 2011, 2a edizione, pagg. 288 –
290.
97
DI PACE M., I meccanismi di snellimento dell’amministrazione delle Srl, in “PMI”, 2010, n° 5.
98
LAMBERTINI L., La società a responsabilità limitata. Organizzazione, Governo e Finanziamento,
CEDAM, 2005, p. 205.
99
DE STEFANIS C. – QUERCIA A., op. ult. cit., pag. 290.
41
Al comma 4°, per l'appunto, si consente espressamente una deroga a quanto
appena descritto, qualora l’atto costitutivo preveda che i soci decidano mediante
sistemi alternativi – non assembleari – di “consultazione scritta” o sulla base del
“consenso espresso per iscritto”.
Facendo chiarezza: se per le decisioni si adotta il modello tradizionale del CDA
devono trovare applicazione tutte le formalità derivanti dalla formazione della
volontà collegiale, come la tempestiva convocazione, la simultaneità dei soci e
delle loro votazioni nel medesimo contesto spaziale (anche in collegamento
audio/video, purché avvengano in tempo reale).
Al contrario, se si adotta un sistema decisorio non assembleare, i membri del
consiglio di amministrazione possono esplicitare la propria volontà rispetto ad
una certa questione senza incontrarsi, sottoscrivendo un documento dal quale
risulta l’argomento della decisione e il proprio consenso (nel caso di consenso
espresso per iscritto) o scelta (nel caso di consultazione scritta)100.
In sostanza, il legislatore ha abilitato un sistema decisionale con il quale ogni
componente del consiglio può assumere la propria decisione in via remota,
ovvero in un contesto di spazio e tempo diverso da quello in cui assumono la
propria decisione gli altri membri dello stesso consiglio. Questo perché, di fatto,
la s.r.l. è tendenzialmente composta da un numero ristretto di amministratori, i
quali nella maggior parte dei casi hanno una quotidiana frequentazione e un
continuo confronto; e dunque la previsione del metodo collegiale obbligatorio
risulterebbe troppo complesso e pesante101.
In questi casi, comunque, è “indispensabile l’osservanza della documentazione e
la chiarezza con cui deve essere assicurato il contenuto delle adesioni assunte e
100
101
LO CASCIO G., op. ult. cit.; DE STEFANIS C. – QUERCIA A., op. ult. cit., pag. 290.
DE STEFANIS C. – QUERCIA A., Ibidem.
della prestazione del consenso”102; la decisione può dirsi assunta quando ne siano
informati tutti gli amministratori e quando sia raggiunto il consenso della
maggioranza degli stessi.
Si deve, però, ricordare che non tutte le decisioni possono essere oggetto di
questi metodi alternativi.
In ogni caso, nel silenzio dell’atto costitutivo la regolazione del
funzionamento del consiglio di amministrazione, si ritiene più giusto avvenga
con l’applicazione della disciplina della società per azioni – ai sensi dell’ art.
2388 del codice civile103.
La scelta della pluralità di soci riuniti in un CDA sembra essere quella più
opportuna, quando si abbisogna di ponderatezza ed efficacia delle decisioni, in
quanto queste dovranno essere condivise da più amministratori; ma per contro,
rappresenta lo svantaggio di non garantire la snellezza operativa, in quanto
facilita l’insorgere di opinioni divergenti, che potrebbero intaccare l’armonia che
deve assolutamente persistere tra i membri chiamati a gestire la società104.
Inoltre potendo prevedere l’adozione di decisioni con metodo non assembleare,
di fatto, l’assemblea perde il ruolo che rivestiva e che contraddistingueva le
deliberazioni dei soci105.
3.3. L’amministrazione pluripersonale di natura non collegiale.
La più significativa novità, introdotta nel 2003 dalla riforma del diritto
societario, riguarda la previsione che l’atto costitutivo possa, in alternativa ai
102
Testualmente, in LO CASCIO G., op. ult. cit.
GAMBINO A. – SANTUOSSO D. U., Società di capitali, in “Fondamenti di diritto commerciale” ,
Gambino A. (a cura di), volume II, G. Giappichelli Editore, 2006, p. 284; così anche in CAMPOBASSO
G. F., op. ult. cit., p. 577.
104
DI PACE M., op. ult. cit.
105
VENTURI C., L’amministrazione della Srl e le decisioni dei soci. La nomina degli amministratori, i
modelli di governance, le competenze dei soci, in Tuttocamere, http://www.tuttocamere.it/,
http://www.tuttocamere.it/files/dirsoc/SRL_Amministrazione.pdf.
103
43
sistemi amministrativi precedentemente elencati, adottare uno dei sistemi
ipotizzati dal legislatore per le società di persone; ovvero applicare alla s.r.l. le
regole dettate per l’amministrazione disgiunta e congiunta.
Tant’è vero che, al comma 3° dell’art. 2475 c.c. si rimanda alla disciplina degli
artt. 2257 e 2258 c.c. qualora l’amministrazione deroghi alla regola della
collegialità ed affidi a più persone l’amministrazione della società, sotto forma di
amministrazione disgiunta o congiunta.
Tale questione merita un approfondimento non solo per l’ambiguità delle norme
applicabili alla struttura, ma anche per le perplessità sul funzionamento di tali
modelli nella società a responsabilità limitata. Nell’operare il rinvio alla
disciplina dettata per le società di persone, infatti, il legislatore non invita
l’interprete ad un adattamento per compatibilità del tipo di società, ed è per
questo che di conseguenza si è portati ad applicare direttamente le norme di
richiamo; anche se in realtà, come vedremo di seguito, questo non è sempre
possibile.
Per quanto riguarda l’amministrazione disgiunta, essa si colloca
all’estremo opposto del consiglio di amministrazione106.
Questo strumento conferisce più elasticità, in quanto legittima ciascun
amministratore a compiere tutti gli atti inerenti alla gestione della società,
indipendentemente dagli altri; ma allo stesso tempo la decisione di ciascun
amministratore può esporre la società a rischi derivanti da errori o imprudenze107.
E’ per questo motivo che ogni amministratore ha diritto di opporsi all’operazione
che un altro voglia compiere, prima che questa sia compiuta. In tal caso
l’iniziativa viene paralizzata e sull’opposizione viene chiamata a decidere la
maggioranza degli amministratori.
106
107
LAMBERTINI L., op. ult. cit., p. 216.
GHISONI S. M., op. ult. cit., p. 108.
Di qui, appare già evidente un primo problema: nel trasporre tale disciplina al
modello della società a responsabilità, sembra evidente che si necessiti di un
adattamento. In questa tipologia societaria, infatti, il diritto di veto non può che
essere conferito a ciascun amministratore, sia esso socio o non socio108.
Diversamente i soci non amministratori “concorrerebbero nel rispondere dei
danni derivanti dall’inosservanza dei loro doveri”, ma non essendo titolari del
diritto di opposizione sarebbero ostacolati nel dimostrare di “essere esenti da
colpa ed a esprimere il proprio dissenso, che si manifesta proprio attraverso la
preventiva opposizione al compimento di un operazione compiuta da un altro
amministratore109.
In questo caso, dunque, sembrerebbe più opportuno che nella s.r.l., nella quale
venga esercitato il diritto di veto, siano chiamati alla decisione in merito
all’opposizione la maggioranza dei soci (compresi quelli non amministratori), da
calcolare tuttavia per quote di capitale e non secondo il criterio della
partecipazione agli utili, come nella società di persone110.
In ogni caso, occorre ricordare che l’atto costitutivo potrà rimediare a queste
problematiche, dettando regole più dettagliate.
Qualora, invece, lo statuto opti per il sistema di amministrazione
congiunta si dovrà distinguere se essa opera all’unanimità o a maggioranza,
come nelle società di persone. Come sappiamo, infatti, l’art. 2258 c.c. consente
di derogare alla regola secondo cui l’amministrazione necessita del consenso di
tutti gli amministratori per il compimento delle azioni sociali (comma 1°), a
fronte del consenso della maggioranza di essi (comma 2°).
108
TEDESCHI C., Per le nuove Srl il nodo del diritto di veto, in Il Sole 24 Ore,
http://www.ilsole24ore.com/,
http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2011-01-03/nuove-nododiritto-veto-064416_PRN.shthml.
109
TEDESCHI C., Ibidem.
110
Così in CAMPOBASSO G. F., op. ult. cit., p. 577; ZANARDO A., L’amministrazione disgiuntiva e
congiuntiva nella società a responsabilità limitata, in “Le società”, 2009, n° 6.
45
Qualunque sia, poi, il sistema prescelto, gli amministratori sono comunque
legittimati ad operare da soli in casi urgenti e per evitare danni ingenti alla
società (comma 3°).
Tale sistema risulta meno elastico del precedente ma più prudente, in quanto le
decisioni sono meglio ponderate; allo stesso tempo, però, rappresenta certamente
una lentezza decisionale ed amministrativa111.
Nell’ambito della previsione statutaria che stabilisce l’adozione del sistema
amministrativo – non collegiale – all’unanimità, risulta necessario che tutti gli
amministratori, siano essi soci o meno, e qualunque sia la loro quota di
partecipazione al capitale sociale, siano sempre concordi sull’operazione da
compiere; fatto salvo il caso di cui all’art. 2258, co. 3° del codice civile112.
Al contrario, quando sia prevista l’amministrazione congiuntiva a
maggioranza, si ritiene che quest’ultima sia da calcolarsi con “voto per teste” tra
tutti gli amministratori (soci e non soci) – se non diversamente stabilito dall’atto
costitutivo. Tale criterio deve trovare applicazione in quanto, diversamente, si
escluderebbero gli amministratori non soci dall’assunzione delle scelte
gestionali113.
I soci, infine, possono inoltre prevedere nell’atto costitutivo – data la
massima libertà statutaria ad essi conferita – un sistema di amministrazione
misto, il quale rappresenta l’alternativa di mezzo alle due precedentemente
riportate. Esso, infatti, può conferire l’elasticità dell’amministrazione disgiunta
per alcuni atti, e la sicurezza dell’amministrazione congiunta per altre categorie
di atti114.
In chiusura di questo capitolo, è bene ricordare che indipendentemente dal
111
GHISONI S. M., op. ult. cit., p. 108.
ZANARDO A., op. ult. cit.
113
ZANARDO A., Ibidem.
114
GHISONI S. M., Ibidem.
112
modello amministrativo scelto, ai sensi del co. 5° dell’art. 2475 c.c., rimangono
di competenza dell’organo amministrativo:
-
la redazione del progetto di bilancio;
-
la redazione dei progetti di fusione o di scissione;
-
le decisioni di aumento del capitale115.
Ciò a significare che per tali materie, anche in caso di amministrazione disgiunta
o congiunta, le decisioni devono essere assunte con metodo di funzionamento
tradizionale, il quale come sappiamo opera attraverso il sistema maggioritario.
In altre parole, è possibile affermare che i modelli alternativi di amministrazione
disgiunta e congiunta, nella s.r.l., non possono esistere se non con la compresenza
del consiglio di amministrazione 116; fatto salvo il caso in cui sia nominato un
amministratore unico.
Per tutti gli altri aspetti spetta all’autonomia statutaria disciplinare gli aspetti sui
quali il legislatore risulta silente, e in mancanza di dettati si dovranno di volta in
volta applicare le norme relative alla società di persone o alla società di capitali
per analogia, a seconda dell’orientamento prevalentemente seguito dall’atto
costitutivo117.
Con questa breve analisi della nuova riforma societaria, in ordine
all’adozione nella società a responsabilità limitata dei sistemi amministrativi
tipici delle società di persone, si è cercato di costruire un quadro normativo
applicabile che avesse carattere quanto meno coerente con il complesso delle
norme che disciplinano il diritto societario.
In linea di principio, però, l’oggetto di studio di questa tesi non risulta
sufficientemente chiaro dal punto di vista della disciplina ad esso dedicata.
115
DE STEFANIS C. – QUERCIA A., op. ult. cit., pagg. 295 – 296.
AA. VV., Il Nuovo diritto societario, in Cagnasso O., Le riforme del diritto italiano, volume II,
Zanichelli, 2004, p. 1861, 2a edizione.
117
CORSI F. – FERRARA F., Gli imprenditori e le società, Giuffrè, 2011, 15a edizione, p. 923.
116
47
Malgrado, infatti, il legislatore abbia cercato di favorire la crescita dimensionale
delle piccole e medie imprese nella nostra realtà, conferendo loro più sicurezza
attraverso la limitazione della responsabilità dei soci – fatto in generale,
condivisibile – non ha adeguatamente adempiuto all’esigenza di una normativa
dettagliata, in merito al funzionamento dei sistemi di amministrazione disgiunta e
congiunta nella società a responsabilità limitata.
In ordine a tale argomento possono, difatti, sorgere numerose lacune che
potrebbero essere sì colmate dai soci in sede contrattuale, o caso per caso
attraverso l’analisi della ratio seguita dall’atto costitutivo (qualora anche questo
sia silente); ma che sarebbero state più precise e dettagliate con l’introduzione di
una normativa “ad hoc” al posto di un richiamo diretto degli artt. 2257 e 2258
del codice civile118.
118
ZANARDO A., op. ult. cit.
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RINGRAZIAMENTI
Concludere questo percorso universitario non è stata la passeggiata che mi
aspettavo al momento dell’iscrizione a questa triennale, ma se oggi sono
arrivata ad un metro dal traguardo è anche merito delle persone che mi
circondano e che riempiono quotidianamente le mie giornate. Non è mai stata
cosa facile, per me, esprimere a parole l’affetto e la gratitudine che provo nei
loro confronti…ma questa, forse, è l’occasione migliore per cercare di farlo.
Vorrei ringraziare in primis la prof.ssa Daniela Sega, non solo per la fiducia
accordatami accettando il ruolo di Relatrice per la stesura di questa tesi, ma
anche per la pazienza, la disponibilità e il clima sereno con il quale ha saputo
accompagnarmi in questi ultimi mesi.
Un doveroso ringraziamento va ovviamente ai miei genitori, perché con sostegno
e costante comprensione, mi hanno aiutata a realizzare il sogno di una vita. La
corona d’alloro sarà la mia coppa d’argento, ma i Vincitori dell’oro, per me,
sono e saranno sempre loro.
Grazie ai miei “secondi genitori” Paola e Celio, che mi hanno accudita ed
amata come una figlia e senza i quali, probabilmente non sarei ciò che sono.
Grazie alla mia Famiglia.
A zia Dina, che con i suoi sorrisi mi ha sempre illuminato la strada più giusta da
seguire. A zia Luisa, a zio Alberto, alle mie cugine Roberta e Federica, alle loro
meravigliose famiglie e ai miei adorati nanetti Lorenzo e Filippo, ormai più alti
di me; ognuno a modo proprio mi ha sostenuta senza sosta, in questo lungo
cammino, donandomi affetto e coraggio anche nei momenti più tristi.
Il più caloroso dei ringraziamenti va al mio fidanzato Matteo, che in questi anni
con amore, fiducia e tanta pazienza, ha saputo darmi la forza di affrontare ed
abbattere i muri del mio pessimismo.
Un ringraziamento in particolare va ad Antonella, dapprima professoressa e poi
amica, per me guida sapiente dal grande cuore su cui ho sempre potuto contare.
A Martina ed Ylenia, le amiche di una vita, sempre presenti e pronte ad ascoltare
i miei monologhi di lamentele e sfoghi, non perdendo mai l’occasione di
incoraggiarmi.
A “quelli del Wanted Pizza”: Graziano e Nadia, che hanno sopportato i miei
umori altalenanti degli ultimi quattro anni…e che, per fortuna, non hanno
ancora pensato al licenziamento.
Alla famiglia Bressan che mi ha accolta in casa con estrema fiducia, e che mi ha
dato la possibilità di vedere il mondo con gli occhi sognanti e grintosi di Lisa e
Giulia.
A Jessica, mia “socia” tuttofare.
Ai compagni di grandi risate: Stefano, Jenny, Matteo e Sovana.
Ad Alessandro, Fabiana e Nicola che nonostante la distanza sono sempre e
comunque stati presenti, anche solo moralmente, per regalarmi attimi felici.
A Marco, che con la sua semplicità mi ha insegnato, senza bisogno di spiegarlo
a parole, il valore dell’umiltà.
A tutti gli altri amici e parenti, anche quelli acquisiti, che nel giorno della
proclamazione, e in quelli successivi, saranno al mio fianco.
Ed, infine, grazie all’angelo più bello del mondo: nonna Amalia, alla quale
questa tesi e questo traguardo sono dedicati.
“Per una volta, ho così tanto che mi manca il fiato”.
GRAZIE DI CUORE A TUTTI!!
Vania
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