S. Alfonso poeta - Sant`Alfonso e dintorni

Un umanista del ‘700 italiano – Alfonso Maria de Liguori
4. S. Alfonso poeta
Indice
1. La sorgente della sua poesia
2. Caratteristiche
3. Le canzoncine divote
1. La sorgente della sua poesia
Giuseppe Verdi, nella notte di Natale del 1890, ascoltando la Messanella cappellina del Palazzo
Doria, a Genova dove abitava, si congratulò coni ragazzi cantori per aver eseguito «con bella
intonazione quella tradizionale canzone sacra» che era Tu scendi dalle stelle; senza la quale — disse
ancora il Cigno di Busseto — Natale non sarebbe Natale (1).
Di quella pastorale, che è il più celebre e diffuso canto natalizio del folclore italiano, autore delle
parole e della musica è Alfonso Maria de Liguori, certamente il più celebre, se non l’unico
cantautore elevato agli onori dell’altare. Sicuramente di almeno altre quarantacinque canzoncine
spirituali egli è stato autore delle musiche e delle parole. Oltre le canzoncine, ha lasciato vari
componimenti poetici.
Egli non è solo un buon verseggiatore, ma anche un vero poeta che, davanti a una realtà pur
quotidiana, si incanta e la trasfigura, cantandola ad altri.
La poesia alfonsiana germoglia dal profondo della sua umanità, dalla sua sensibilità di artista. È
certamente una esigenza personale; è un suo modo di proiettare fuori di sé le forti emozioni, gli
impeti del cuore di fronte a un fenomeno, davanti a un avvenimento.
Non sappiamo quanta parte della sua poesia è rimasta nel segreto della sua anima. È certo però che
le sue composizioni poetiche sono state scritte e stampate perché fossero motivo di preghiera e di
lode a Dio e a Maria santissima, perché diventassero mezzo di elevazione morale e spirituale per
coloro che le avrebbero lette, o addirittura cantate, con quelle melodie facili e intense, semplici ed
eterne, nello stesso tempo.
«Più avrebbe spiccato il suo talento nella Poesia Latina, ed Italiana, se egli non avesse avuto di mira
più la divozione ne’ popoli, che il pascere l’intelletto, come si vede nelle tante canzoni da esso
composte; e ve ne sono delle eccellenti. Chi le legge ammira, e conosce, non volendo, la mano
maestra, che le ha formate» (2).
C’è dunque un motivo pastorale dietro l’esigenza di esternare la propria poesia. Elemento questo
che anche Piero Bargellini ha riscontrato: «Alfonso avvocato del foro napoletano, poi moralista
squisito, dottore della Chiesa, notando quanta influenza avesse la poesia metastasiana nell’anima del
popolo, compose canzonette di quel tipo, anche oggi vive e sentite dalla pietà popolare. Chi non si è
commosso, cantando nelle novene natalizie la pastorale metastasiana di sant’Alfonso de Liguori Tu
scendi dalle stelle?» (3).
La sua poesia non è sbocciata metodicamente, come può succedere a un poeta di professione. Dettò
i suoi versi soltanto in determinati momenti, a seguito di situazioni particolari, sia personali che
esterne. «Tutta la produzione di lui — scrive Oreste Gregorio — appartiene al genere di letteratura
occasionale» (4).
Di alcune poesie si sa il momento e il movente della stesura. Mondo, più per me non sei riflette lo
stato d’animo dell’autore dopo la sconfitta giudiziaria che diede una svolta decisiva alla sua vita:
l’abbandono dei tribunali per farsi prete, per farsi tutto a tutti. Selva romita e oscura fu composta
quasi certamente dopo vari incontri con una certa suor Maria, sua penitente, la quale, come scrive lo
stesso sant’Alfonso, «per la pena, che non sa perché e donde le viene, sta quasi vicina ad impazzire»
(5): è un’anima -così desolata da muovere a compassione chiunque. Il tuo gusto e non il mio fu
dettata l’indomani della morte del suo direttore spirituale, p. Paolo Cafaro, avvenuta il 13 agosto
1753. Benedetta Maria e chi l’ha fatta fu composta per partecipare personalmente a un’accademia in
onore della Madre di Dio, il 15 agosto 1758. Tu scendi dalle stelle fu composta e messa in musica nel
dicembre del 1754 durante una predicazione a Nola.
2. Caratteristiche
«I conoscitori danno queste caratteristiche della sua poesia: la spontaneità, la freschezza di
sentimento, la bontà dell’espressione; capolavori di poesia popolare che l’ispirazione profonda
avvicina talvolta alla grande poesia classica» (6).
G. De Luca, un grande conoscitore della vita e delle opere del santo, scrive di lui: «Grande poeta, no;
ma poeta, sì. Alla canzoncina popolare egli seppe conferire una grazia, una sincerità, un’intimità
nuova» (7).
Anche nella poesia Alfonso è popolare: egli, per un verso, interpretò il sentimento religioso del
popolo, in mezzo al quale visse e col quale condivise dolori, ansie e preoccupazioni; per l’altro, al
popolo offrì la nota per farne vibrare il cuore. «La Storia Letteraria, in cui ci è tanti mediocri, di lui
non parla, ed è male; perché, specie quando si ragiona della poesia popolare in Italia, non tener
conto di sant’Alfonso, è lo stesso che non seguire il corso ed il progresso di questo genere letterario»
(8).
Nel Sei-Settecento, era viva e fresca la devozione popolare verso l’umanità del Salvatore: «Debitore
del suo tempo, egli dette a quella viva freschezza la veste della canzoncina, e riuscì a superarlo, il
suo tempo, rientrando nel cuore del popolo donde non bisognava essere usciti. Se egli è rimasto col
suo canto di Natale, Tu scendi dalle stelle, fu per quel tanto che seppe riprendere della devozione
popolare e ridarla nella sua forma nativa. Dovette essere un proposito, il suo, leggibile in un altro
componimento, Duetto tra l’anima e Gesù che va al Calvario, tutto medievale nel dialogo,
settecentesco nella musica; ultimo fiore della lauda drammatica scomparsa tra le formosità
dell’umanesimo» (9)
Per la metrica usata e per certe analogie col Metastasio, alcuni critici ritengono che il de Liguori
fosse, se non un seguace, almeno un imitatore del poeta. Lo credono, oltre al ricordato Piero
Bargellini, M. Palladino e G. Casati. Il Palladino scrive: «Egli da Metastasio forse ritraeva la felicità e
l’armonia delle strofe, come dalla laudese il mistico calore e dal popolo una fresca giovinezza, la
quale non si è appassita, né comechessia disfiorata» (10).
Il Casati afferma: «Alfonso poeta popolare non mediocre benché non di prim’ordine non si tolse
dall’imitazione metastasiana e dalle ariette melodrammatiche che facevano delirare il ‘700; ma il suo
giudizio sul Metastasio fu severo» (11). Crediamo che su tale argomento la parola più equilibrata sia
stata detta da C. Petrone, il quale ha affermato: «Si è scritto chele canzoncine di Alfonso risentono
del Metastasio. In parte è vero, ma solo per la forma esterna in qualche frase o immagine o altrettali
reminiscenze. Ma la sostanza, il pensiero, l’intonazione dei Canti Liguoriani nulla hanno a che
vedere col Metastasio» (12).
Ultima annotazione. Riguarda i componimenti in dialetto. Se ne conoscono almeno tre. E sono tre
gioielli della produzione poetica del santo, ma anche della poesia napoletana, tanto che Ettore De
Mura, pur se parzialmente, ne ha inserito uno nella sua antologia, con questa premessa: «Benché
dottore e luminare della nostra Madre Chiesa, (Alfonso) entra di diritto, come poeta, in questa
Antologia. A parte le sue opere di teologia morale, la inspirata poesia in vernacolo, fra gli altri
componimenti a noi pervenuti, annovera una famosa Pastorale ricca d’immagini delicatamente
poetiche, soffusa, di grazia e semplicità» (13).
Lo studio più approfondito sull’argomento è quello di Oreste Gregorio, Canzoniere alfonsiano,
stampato ad Angri nel 1933. In quest’opera vengono fissati i titoli e il numero delle composizioni, e
viene data l’edizione critica dei testi. A questo studio ci riferiamo per l’ampia selezione qui di seguito
presentata.
Abbiamo raggruppato le poesie alfonsiane per argomenti, senza tener conto dell’anno di
composizione, che di molte resta sconosciuto. Abbiamo così tre piccole sezioni: le poesie in onore di
Gesù, quelle in onore di Maria, quelle che abbiamo definito d’occasione e che trattano argomenti
vari.
Ricordiamo in fine che quasi tutte le poesie, dall’autore sono state musicate e cantate.
3. Le canzoncine divote
La carriera letteraria di Alfonso de Liguori è tutta quanta accompagnata dalla sua produzione
poetica, la quale si inizia quasi certamente prima del sacerdozio per arrestarsi solo agli anni ultimi
della sua esistenza. Coteste poesie nascono inizialmente, nella biografia interiore del santo, come
espressione di un impulso intimo ed appagamento di un ‘esigenza personale, e diventano poi
pretesto di esortazione e di preghiera collettiva, inserendosi nel suo programma di apostolato…
Poesia d’occasione, dunque, e poesia popolare; ma né per l’una né per l’altra ragione poesia
inferiore, o addirittura non poesia. Poesia corale, si potrebbe ancora dire. La divulgazione di queste
canzoni in mezzo al popolo meridionale, che in esse si sentiva capito ed interpretato, il diffondersi di
queste appassionate melodie e di queste candide parole nelle chiese e nelle case, sulle piazze e per
le campagne del regno di Napoli, rappresenta uno degli episodi più suggestivi della vita religiosa
napoletana del settecento. Cotesta fioritura poetica (proseguita, sia pure con minore intensità
d’accenti, da una schiera di seguaci ed imitatori del santo) ha un rilievo nella storia della cultura non
certo trascurabile, e ben degno di essere segnato nelle pagine della storia letteraria del secolo
decimottavo, troppo folte di notizie di spesso insignificanti produzioni accademiche. Poiché se manca
a questa esplosione di canti quell’araldico blasone che l’antichità ha conferito alle laudi delle origini
della nostra letteratura, pure c’è in essi un lume di forse più autentica poesia (14).
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Link correlato = Il Canzoniere alfonsiano di Oreste Gregorio.
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Note
(1) Cfr. «S. Alfonso», 28 (1957), p. 155.
(2) A. Tannoia, op. cit., I, p. 9.
(3) P. Bargellini, Panorama storico della letteratura italiana, Firenze 1947, VIII, p. 46.
(4) O. Gregorio, Canzoniere alfonsiano, Angri 1933, p. 15.
(5) S. Alfonso, Lettere, op. cit., I, p. 3.
(6) G. Liévin, Alphonse de Liguori (Saint), in Dictionnaire de Spiritualité, I, Paris 1937, p. 375.
(7) G. De Luca, Sant’Alfonso mio maestro di vita cristiana, Alba 1963, p. 92. Ristampa anastatica
presso le Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1983.
(8) M. Palladino, Sant’Alfonso Poeta, 3a ediz., Caserta 1917, p. 15.
(9) G. Cacciatore, Le fonti e i modi di documentazione, in S. Alfonso M. de Liguori, Opere Ascetiche,
Introduzione generale, Roma 1960, p. 219.
(10) M. Palladino, op. cit., p. 30.
(11) G. Casati, Sermoni e commenti evangelici di S. Alfonso, Milano 1926, p. 16.
(12) C. Petrone, Sant’Alfonso e Dante, Napoli 1922, p. 45.
(13) E. De Mura, Poeti napoletani dal Seicento ad oggi, Napoli 1963, p. 67. Anche A’. Salzano, nel
Vocabolario Napoletano-Italiano e ItalianoNapoletano, Napoli 1989, p. 481, porta Quanno nascette
Ninno, come esempio della forma metrica della pastorale.
(14) G. Getto, Letteratura Religiosa dal Duecento al Novecento, Firenze 1967, pp. 321-322.