VOCE INMENSA Numero 4 – 19 marzo 2008 I numeri di Fiera InMensa Uno sguardo responsabile: don Milani In quest’ultimo giorno di fiera abbiamo scelto di tirare le somme di questa settima edizione di Fiera InMensa. Per farlo ci siamo rivolti ad un volontario, Massimiliano, che ci ha parlato dei “numeri” di quest’anno. Ogni sera sono stati serviti, mediamente, 900 porzioni sia cucinate nella sede di Stella Cometa sia portate dai volontari delle varie parrocchie. Massimiliano ci ha precisato che il numero delle “cene” servite è aumentato in modo proporzionale al numero degli ospitati. Evidentemente coloro che nella scorsa edizione si sono trovati bene hanno sparso la voce e questo è il risultato. L’incremento degli ospitati è stato registrato già durante la prima sera e ciò ha portato soddisfazione tra i volontari delle parrocchie e delle varie associazioni. Per quanto riguarda i volontari, circa mille ognuno con un ruolo diverso, che hanno partecipato con grande entusiasmo a questa edizione non si sono registrati né cali né aumenti ma una sorte di cambio generazionale che ha coinvolto i nuovi giovanissimi delle parrocchie. Come i volontari anche i posti letto e mensa, non sono aumentati ma Massimiliano ci ha raccontato che si è registrato un aumento di richieste per il servizio internet e per Skype, mezzi importanti per la comunicazione con i propri cari. Insomma il bilancio di questa settima edizione di Fiera InMensa è stato molto positivo e ci fa sperare bene per un prossimo futuro. Antonio “... reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi”. Periodo forte... segno di una giusta rabbia, di indignazione... che a loro volta sono segno di responsabilità... ”I CARE”... un motto troppo citato dai politici di turno... simbolo dell'essere interessato a qualcosa ed essere disposto a pagare personalmente affinché questo qualcosa venga alla luce... Si sarà sicuramente capito che stiamo parlando di Don Lorenzo Milani, testimone su cui abbiamo riflettuto oggi; di meno però si sarà notata la centralità dei verbi “essere” nell'ultima frase: infatti nel pensiero di Don Milani, l'azione, che certamente non manca, è il segno visibile di un modo di essere, che si incarna nella sfera pratica come sua naturale disposizione e fine. Don Lorenzo Milani, prete a volte scomodo, noto per la sua Scuola Popolare a Barbiana (sulla cui esperienza si pubblicherà un importante testo: “Lettera ad una professoressa”), pone al centro del suo discorso la Verità e le successive responsabilità umane nei confronti di essa. Nella scuola, situata in questo luogo isolato negli appennini toscani, egli focalizza l'attenzione sull'importanza dell'educazione primaria, che dovrebbe tendere a dare parola, pensiero (anche politico) e dignità a quei ragazzi che soffrono di un divario enorme, proprio per la differenza linguistica, nei confronti dei ricchi e dei privilegiati. La scuola dovrebbe dare l'opportunità a questi giovani di una vita migliore (La scuola è sempre meglio della merda) non solo nell'aspetto economico, ma anche dal punto di vista morale. Lo scopo dell'istruzione, infatti, è fare dei ragazzi uomini che sappiano confrontarsi con il prossimo fraternamente, dividendo con lui i problemi quotidiani. Per raggiungere questo scopo e colmare questo forte divario, la Scuola Popolare diventa una scuola a tempo pieno (senza vacanze), in cui i ragazzi delle classi successive fanno da maestri ai più piccoli e in cui si dà molta importanza alla lettura di quotidiani e allo sviluppo di un autonomo pensiero personale. Altro testo fondamentale per capire il pensiero di Don Lorenzo Milani è “L'obbedienza non è più una virtù” (da cui è tratto il periodo iniziale), lettera in risposta a un comunicato dei cappellani militari che tacciavano come insulto alla patria e segno di viltà la nascita del movimento non-violento e di obiezione di coscienza. Egli condanna fortemente la tesi dei cappellani in due aspetti: da uomo e maestro e da sacerdote. In primo luogo riprende la Storia e la Costituzione, dalla cui analisi fuoriesce che l'obbedienza, come nel caso del Nazismo, ha provocato tantissimi danni, ed è impossibile rifarsi a questa virtù per abbandonare le responsabilità personali. Come sacerdote, si rifa allo spirito evangelico e non-violento di Cristo e difende come uomini coerenti e nobili chi si oppone alla leva obbligatoria, chiamando in causa appunto il senso di responsabilità, che riesce a far sopportare anguste condizioni (in particolare in carcere) affinché l'idea pacifista venga alla luce, anche se si rischia di rendersi antipatici e odiosi come i profeti dell'antichità. Questo perché la Verità è così giusta e importante per la Storia del mondo, che è impossibile, se ci interessa, non esser responsabile di essa... è come se Verità e Giustizia ci chiedessero di perdere tempo e lottare per loro; creare legami con loro; affinché diventiamo responsabili per sempre di ciò che abbiamo addomesticato... Oreste Due esempi politici: La Pira e Capitini Voci dai volontari Cos'è il municipio? Secondo la definizione classica, è un ente locale con autonomia amministrativa; c'è poi chi sostiene, come il nostro testimone Andrea, che è soltanto un puntino nero sulle cartine geografiche: simbolo quindi di una struttura particolare e limitata nello spazio. Ma nel genere umano c'è anche chi è convinto che il particolare sia la dimensione concreta entro la quale sentire a portata di mano e cercare di applicare idee e valori universali, in cui si crede fermamente. Così è per il nostro Andrea e così fu per i due personaggi di cui abbiamo parlato in questi giorni: Giorgio La Pira e Aldo Capitini. Il primo, giurista siciliano, cattolico praticante e terziario domenicano, nell'età fascista lottò contro il regime, per poi far parte della costituente nel 1946. Membro della DC, fu eletto deputato nel 1948, ma nel 1951 passò all'amministrazione locale, diventando sindaco di Firenze: ruolo che ricoprirà in due mandati fino al 1965. E’ proprio nella scelta di esser sindaco che La Pira combinò perfettamente i suoi valori di fratellanza universale tra i popoli alla realtà quotidiana; è proprio la Firenze del dopoguerra quel terreno in cui conciliare Storia e Profezia, e far germogliare virgulti di umanità nuova. In quegli anni in cui l'Italia era ancora una debole democrazia e il mondo era diviso in due blocchi contrapposti, La Pira iniziò incontri tra rappresentanti istituzionali di tutto il mondo, e in particolare del Mediterraneo; area in cui l'Italia, con quella costituzione fresca e piena di idee, non poteva rifiutarsi di farne parte e giocare un ruolo primario e fondamentale. Economicamente e socialmente, La Pira, sindaco che rimpiansero persino gli avversari politici, si batté per importanti diritti: quello alla casa, con la costruzione di case popolari e quello al lavoro, con il caso emblematico della Pignone; gruppo industriale in crisi con la cui vicenda il sindaco fiorentino non esitò a opporsi a i suoi compagni di partito per salvare molti posti di lavoro. Inoltre si scagliò contro ogni tipo di guerra e per uno sviluppo equo del rapporto tra Nord e Sud del mondo; perché la pace, foce del fiume della Storia, fosse l'unica stella polare da seguire nello sviluppo dei popoli e perché ogni arma possa diventare aratro, senza distinzioni tra gli Stati circa le possibilità economiche di farlo. Aldo Capitini, membro del CLN e della Costituente, fu il primo in Italia ad abbracciare la teoria non-violenta di Gandhi. Pacifismo e giustizia sociale furono anche per lui il centro della riflessione politica e filosofica. La pace, invocata dal Cristo e poi dall’assisano San Francesco, e valore alla base della Marcia della Pace da Perugia ad Assisi da lui creata nel lontano 1961, fu messa in relazione a una concezione della politica liberalsocialista: liberale perché permette uno sviluppo pacifico e completo dell'individuo e socialista perché prevede che il bene pubblico sia amministrato localmente dai cittadini stessi (a tal scopo instituì nel 1947 i COS Centro Orientamento Sociale), che diventano fruitori e proprietari del bene comune, in una dimensione più equa e giusta. Entrambi questi uomini furono veri politici, in quanto professavano una vera e propria fede politica, legata concretamente alla realtà e al servizio verso gli altri; entrambi questi uomini, seppur cattolici, incarnarono valori laici di fratellanza, pace e sviluppo sociale; entrambi questi uomini seppero avere uno sguardo lungimirante e profetico con il mondo pur rimanendo nelle sue basi locali; entrambi questi uomini furono coerenti con le loro idee e lottarono per applicarle: un monito per i politicanti odierni?? In occasione della conclusione di Fiera Inmensa, abbiamo scelto di intervistare due volontari, figure importanti per la buona riuscita dell’iniziativa: Stefania membro della parrocchia di S. Lucia in Borgo Partenope, afferma il suo credere nell’accoglienza e ama il clima che si crea tra i volontari e tutte le persone che si adoperano per la gestione della serata, in quanto è proprio questo ambiente che non la fa sentire sola nello svolgere il suo servizio. E’ il terzo anno che partecipa all’iniziativa dove ha sempre avuto un ruolo importante per quanto riguarda l’organizzazione pratica tralasciando l’aspetto riguardante l’eventuale arricchimento che si potrebbe ricevere dal confronto con gli immigrati. Alfonso è il presidente dell’ “associazione di associazioni Baobab”, organizzazione di cui fanno parte l’Azione Cattolica, la Kasbah, le Comunità dei migranti a Cosenza e tante altre; è un’associazione, quindi, che non coinvolge una singola area culturale ma accoglie molti volti e modi di pensare. Partecipa a Fiera Inmensa da sempre ed è stato lui ad indire la riunione di coordinamento: “Ogni anno provo a fare l’esperienza di mettermi nei panni di chi riceve il pasto e comprendo come è importante che ci sia qualcuno che glielo dia”. Continua dicendo che, da questa esperienza, trae gratificazione dalla consapevolezza di aver fatto una cosa giusta in qualità di cittadino, invece, per quanto riguarda la fede si ritiene soddisfatto perché nel concreto risponde alla richiesta di “dare da mangiare agli affamati”. Monica e Cristina Oreste La redazione: Antonio Bottino, Cristina De Rose, Monica Montagnese, Oreste Pezzi