Sirmione – Grotte di Catullo - Digilander

Sirmione – Grotte di Catullo INFORMAZIONI L'area archeologica e l'annesso Museo (Piazzale Orti Manara, tel. 0039‐(0)30‐916157) sono visitabili tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle ore 9 alle 18, da aprile a settembre, dalle ore 9 alle 16, da ottobre a marzo. Dal centro storico chiuso al traffico le "Grotte di Catullo" sono raggiungibili con una breve passeggiata (ca 15 minuti). Sulla costa meridionale del lago di Garda, all'estremità della penisola di Sirmione, in una splendida posizione panoramica si trovano i resti della villa romana nota da secoli con il nome di "Grotte di Catullo", l'esempio più grandioso di edificio privato di carattere signorile di tutta l'Italia settentrionale. Nel Rinascimento il nome di "grotte" o "caverne" fu usato per strutture internate e crollate, ricoperte di vegetazione, entro le quali si penetrava come in cavità naturali. La tradizione risalente al XV e XVI secolo ha identificato questo complesso come la villa di famiglia di Catullo, il poeta latino morto nel 54 a.C. In base alla testimonianza dei versi di Catullo è certo che egli avesse a Sirmione una residenza, ma che fosse proprio in questa zona è soltanto possibile. Sirmione apparteneva all'agro veronese ed è nota nel mondo antico anche per essere stata una stazione di sosta (mansio) lungo l'importante via che univa Brescia a Verona. La prima rappresentazione dettagliata dei resti della villa è un rilievo dell'inizio dell'Ottocento. Ampi scavi furono poi effettuati dal veronese Girolamo Orti Manara, che ne pubblicò i risultati in un'opera ancora oggi fondamentale. La Soprintendenza ha iniziato nel 1939‐40 gli scavi e i restauri e nel 1948 ha acquisito tutta l'area, permettendo la tutela del complesso immerso nel suo ambiente naturale. Indagini recenti hanno consentito di accertare l'esistenza di un precedente edificio al di sotto dei vani del settore meridionale e di confermare che la costruzione attualmente in luce è stata realizzata con un progetto unitario che ne ha definito l'orientamento e la distribuzione degli spazi interni, secondo un preciso criterio di assialità e di simmetria. La villa, che ha pianta di forma rettangolare (m. 167 x 105), con due avancorpi sui lati brevi, copre un'area complessiva di oltre due ettari. Per superare l'inclinazione del banco roccioso su cui furono appoggiate le fondazioni dell'edificio, vennero creati grandi vani di costruzione, mentre in alcune zone si resero necessarie opere imponenti di taglio della roccia. I resti attualmente conservati si trovano così su livelli diversi: del settore settentrionale ad esempio sono rimaste solo le grandiose costruzioni, mentre nulla è conservato dei vani residenziali, crollati già in antico. 1 Lasciando alle spalle la sede del CRA‐APT per raggiungere il ponte fortificato di ingresso al borgo, già appare ben visibile con la sua poderosa struttura il Castello scaligero, con le torri e le mura merlate. La rocca, in posizione strategica di controllo dell'unica via di accesso della terraferma, circondata totalmente da un fossato, faceva parte di un sistema fortificato che racchiudeva l'intero abitato medievale. Il nucleo primitivo, attribuibile a Mastino I della Scala (fine XIII secolo), era costituito dal mastio, dal cortile principale, dalle tre torri angolari e dai due acccessi, quello occidentale, corrispondente all'ingresso attuale e quello meridionale. In momenti successivi la costruzione venne ampliata con il cortile minore a sud, il secondo rivellino dell'accesso meridionale, il cortile orientale e la grande darsena, tra le poche del genere ancora conservate, che doveva servire come rifugio della flotta. La costruzione di quest'ultima parte è databile al XIV secolo o poco oltre. La Rocca era pertanto utilizzata non come edificio residenziale, ma come fortilizio, funzione che conserverà ancora nei secoli successivi. Uscendo dal Castello si prende via Vittorio Emanuele sino a incontrare a destra via S. Maria Maggiore. Quasi alla fine della via si trova la chiesa parrocchiale di S. Maria Maggiore. Venne costruita nel XV secolo; il porticato d'ingresso fu aggiunto nel XVII secolo, con colonne antiche riutilizzate (una è un militare di Giuliano l'Apostata, 361‐362 d.C.). Ha pianta rettangolare e abside poligonale. L'interno, a navata unica su arconi ogivali impostati su lesene., conserva affreschi del XVI secolo. Dalla chiesa, girando lungo il lato settentrionale dell'edificio e scendendo verso via Antiche Mura, si può vedere, sulla destra, presso la sponda del lago, un tratto merlato delle mura di fortificazione scaligere, con la torre nord‐orientale. Da via Antiche Mura, seguendo via Ansa dei Longobardi, all'interno dei giardini comunali in cui sono piante di olivo centenarie, si trovano i resti dell'antica chiesa di S. Salvatore. E' quanto rimane dell'edificio religioso e del monastero, come recenti indagini hanno accertato; a sud si trova una vasta necropoli scavata nel 1998. Scendendo sulla via parallela, più prossima al lago, ma sempre all'interno del parco comunale, si possono vedere avanzi cospicui delle mura di fortificazione che in età terdoromana circondavano la penisola. Il vialetto costeggia sulla sinistra alcuni tratti della struttura, che conserva ancora parte di una poderosa torre. Questi resti appartengono al V‐VI secolo: sono sicuramente anteriori ad età longobarda, allorché sul lato interno delle murature si addossarono povere capanne. L'itinerario prosegue lungo la Passeggiata delle Muse, sino alla località lido delle Bionde. Qui, risalendo verso la strada principale che porta alle "grotte di Catullo", si incontra un altro lungo tratto (oltre 100 metri) delle mura di fortificazione tardoromane della penisola. Hanno una struttura muraria diversa dai resti già osservati vicino a S. Salvatore e appartengono a una data di poco anteriore (IV‐V secolo). 2 Si tratta del primo nucleo della cinta di fortificazione, che interessava solo l'estremità settentrionale della penisola. Prendento ora verso destra la via Caio Valerio Catullo si raggiunge il piazzale Orti Manara e l'area archeologica delle "grotte di Catullo". Situati sulla parte estrema della penisola, in una eccezionale posizione panoramica i resti della villa romana nota da secoli con il nome di "grotte di Catullo" costituiscono l'esempio più grandioso di edificio privato di carattere signorile di tutta l'Italia settendrionale. Nel Rinascimento il nome di "grotte" fu usato per indicare strutture interrate e crollate, entro cui si penetrava come in cavità naturali. La tradizione risalente al XV e XVI secolo ha identificato questo complesso come la villa del poeta Catullo, che nei suoi versi parla della casa che possedeva a Sirmione. Non vi è però alcuna certezza che in quest'area si trovasse la sua villa. L'edificio ha pianta rettangolare (metri 167 m x 105 m), con due avancorpi sui lati brevi. Per superare il dislivello del banco roccioso su cui appoggiano le fondazioni dell'edificio vennero creati vani di sostegno; in altre zone fu necessario tagliare la roccia. Per questo motivo i resti oggi conservati si trovano su livelli diversi. L'edificio è datato ad età augustea (fine I secolo a.C. ‐ inizio I secolo d.C.). Secondo le ultime indagini il crollo delle strutture risale probabilmente già al III‐IV secolo d.C. Percorrendo il sentiero di uscita dall'area archeologica si possono vedere altri resti delle mura di fortificazione. Appartengono, come il tratto orientale già visto in località lido delle Bionde, al settore più antico della struttura difensiva (IV‐V secolo). Sono costruite lungo un dislivello naturale del terreno e sono conservate per 110 metri di lunghezza. Il nucleo interno della muratura è in scaglie di pertra locale disposte a spina di pesce; il paramento esterno era a filari orizzontali. Si collegano al lato occidentale della villa che, ormai crollata, diventa in età tardoromana una parte della struttura difensiva della penisola. Da piazzale Orti Manara si riprende la via Caio Valerio Catullo, che si abbandona poco dopo per seguire a destra la via che sale alla chiesa di S. Pietro in Mavino. Questa mostra una semplice facciata a capanna su cui sono murati frammenti lapidei altomedievali. L'irregolarità della pianta e la varietà delle tecniche murarie documentano la complessa storia dell'edificio. Già citata con altri edifici religiosi della penisola in due documenti della seconda metà dell'VIII secolo, conserva ancora parzialmente la struttura originaria (il lato meridionale). Il campanile risale invece ad età romanica (XI‐XII secolo); dello stesso periodo sono gli affreschi delle absidi. Un generale restauro fu eseguito nel 1320, come indica un mattone a fianco del portale; l'anno successivo fu realizzato il ciclo di affreschi sulle pareti laterali interne. Si ritorna su via Caio Valerio Catullo, che più avanti fiancheggia sulla sinistra la collina di Corte, occupata quasi interamente da un bellissimo parco. Dopo piazza Piatti si prende via Vittorio Emanuele, attraversando il centro torico sino a raggiungere di nuovo piazza Castello. Lungo il percorso si attraversa la porta settentrionale di accesso al borgo fortificato medievale: sulla sinistra è murato 3 un frammento di miliare di Costantino (312‐337). In piazza Castello, prima del ponte fortificato si trova la chiesetta di S.Anna della Rocca. E' costitutita da un presbitero e da un piccolo vano coperto da volta a botte. Conserva all'interno resti di affreschi del secolo XVI e decorazioni a stucco del XVII secolo. Sopra l'altare si trova un frammento di affresco trecentesco. 1. Castello 2. Chiesa di S. Maria Maggiore 3. Mura e Torre Nord‐Orientale della Fortificazione Scaligera 4. Avanzi della chiesa di S. Salvatore 5. Avanzi di fortificazione e avanzi di torre (V‐VI secolo D.C.) 6. Mura di fortificazione (IV‐V secolo D.C.) 7. Villa Ronama ‐ Grotte di Catullo 8. Mura di fortificazione (IV ‐ V secolo D.C.) 9. Chiesa di S. Pietro in Mavino 10. Chiesa di S. Anna alla rocca 4 5 Desenzano palazzo del municipio del XVI secolo, Verso il lungolago si trova anche il Duomo, dedicato a Santa Maria Maddalena, del XVI secolo, che conserva al suo interno il dipinto dell'Ultima Cena di Gianbattista Tiepolo. Il castello sorge su un colle dove si trova anche tutto il centro medievale di Desenzano, è stato più volte ricostruito e la sua struttura risale al XIV secolo. chiostro di Santa Maria de Senioribus, convento carmelitano del XV secolo Chiesa di S. Maria Maddalena, ospita alcune importanti tele, tra cui una di Giandomencio Tiepolo. La villa romana (tel. 030 9143547) costruita tra il III e il V secolo a.C. Riportata alla luce a partire dagli anni '20 presenta oltre 200 mq di mosaici con scene di pesca, di caccia, di vendemmia e danze, oltre a frammenti di affreschi. Il Museo archeologico Rambotti (tel. 030 9144529). LA VILLA ROMANA Qesta villa, sicuramente più recente di quella di Sirmione ‐ conosciuta con il nome di "Grotte di Catullo" ‐ e risalente al periodo compreso tra la fine del I sec. a. C. e l'inizio del I d. C., venne scoperta nel 1921 durante gli scavi per le fondamenta di una casa. La costruzione della villa venne effettuata in più fasi, dalla prima metà del I secolo d. C. algli inizi del IV secolo d. C.. La villa è impreziosita da notevolissimi mosaici pavimentali raffiguranti scene naturali, di pesca, di vendemmia, e geometriche. Essa rappresenta la più importante testimonianza nell'Italia sett. delle grandi ville tardoantiche. I resti formano due blocchi principali e hanno un'estensione complessiva di circa un ettaro. IL CASTELLO – CASTRUM Secondo certi studiosi definire castelli le fortificazioni gardesane costituisce un'inesattezza.
Infatti essi sono, in realtà, grandi recinti fortificati ricollegabili al castrum al cui interno si rifugiava la popolazione del luogo. La maggior parte di essi sono dei fortilizi comunali eretti a difesa delle
incursioni degli Ungheri o forse addirittura più antichi e comunque rifatti nel XII e XIII secolo.
Molti di questi pasarono, poi, sotto il dominio della Repubblica Veneta, altri in mano signorile. Il "castello" di Desenzano apparteneva sicuramente alla tipologia corrispondente al castrum.
Il "castello" si presenta come una imponenete costruzione, le solide mura sono, perimetralmente,
percorse da torri circolari e rettangolari. Del ponte levatoio si conservano ancora le strutture murarie di manovra. 6 VERONA PIAZZA BRA' ‐ CHIESA di SAN FERMO ‐ MUSEO DI STORIA NATURALE ‐ CHIESA di SAN NAZARO E CELSO ‐ GIARDINO GIUSTI ‐ CHIESA di SANTA MARIA IN ORGANO ‐ TEATRO ROMANO e MUSEO ARCHEOLOGICO ‐ PONTE PIETRA ‐ CASTEL SAN PIETRO Per visitare Verona partiamo da PIAZZA BRA' il cuore dell'urbe, che fonde nella solare ed accesa luminosità che l'attraversa, edifici di epoche ed architetture diverse. L'Arena, palazzo Barbieri e il palazzo della Gran Guardia sono quelli più famosi ed ammirati, ma sono molti gli angoli della piazza che meritano l'attenzione di ogni visitatore. Nel centro della piazza è situato il monumento equestre di Vittorio Emanuele II realizzato alla fine dell'ottocento. Dietro di esso, nel mezzo dei secolari abeti che ornano il giardino centrale, c'è la FONTANA DELLE ALPI, realizzata nel 1975 per simboleggiare il gemellaggio tra la città scaligera e Monaco di Baviera. I Veronesi con affetto la chiamano ‘struca limoni’ per quella sua forma così singolare che ricorda uno spremi agrumi, e amano festeggiare le grandi imprese sportive con un bagno nelle sue acque. 7 Su tutto domina L'ARENA, il monumento che più di ogni altro ricorda le origini romane della città e suo simbolo in tutto il mondo. Un grandioso anfiteatro, il terzo per grandezza fra quelli a noi giunti ed il meglio conservato, nonostante nel 1183 un terremoto abbia distrutto il triplice ordine di arcate sovrapposte che lo circondavano interamente e di cui oggi rimane solo uno scorcio, formato da quattro campate. Sul lato ovest della piazza sorge il PALAZZO della GRAN GUARDIA, edificio che incontrò tempi di costruzione molto lunghi a causa della continue interruzioni. Nella sua struttura è evidente l'influsso sanmicheliano nel piano nobile che si inserisce nella continuità classica dell'Arena, interrompendo la linea cromatica delle case colorate che si affacciano sul Liston. Dopo un ripristino esterno ed interno è oggi adibito a sede di importanti esposizioni, congressi e meeting. Alla sua destra, guardando l'Arena, c' è PALAZZO BARBIERI sede dell'amministrazione comunale veronese. E' una costruzione neoclassica eretta dall'architetto Barbieri dove un tempo sorgeva l'ospedale della Misericordia e la chiesetta di santa Agnese, è un monumentale edificio neoclassico in stile corinzio formato da un corpo centrale e due corpi laterali. Alla struttura centrale si accede da un'ampia gradinata, mentre le strutture laterali hanno le pareti divise da semicolonne che si alternano alle finestre dei vari piani. Passando dietro palazzo Barbieri si percorre stradone Maffei che, nel suo proseguire diventa stradone San Fermo, prendendo il cui nome della chiesa che si trova in fondo ad esso, nello slargo davanti a ponte Navi. SAN FERMO MAGGIORE è una delle chiese più belle di Verona. Romanica in origine, è stata nei secoli modificata internamente ed esternamente seguendo lo stile gotico. Una chiesa notevole nella vista esterna, in cui sono presenti un imponente portale principale con maestosa strombatura e un portale laterale, ornato con portico a vela coronato da marmi rossi, bianchi e grigi. La maestosità dell'esterno si ritrova anche nell'interno ad una sola navata, con cinque absidi che custodiscono una vera e propria galleria d'arte. Superando ponte Navi, al numero nove di Lungadige Porta Vittoria, possiamo ammirare il palazzo Lavezzola Pompei, oggi sede del cittadino MUSEO DI STORIA NATURALE. Un museo che, nel suo genere, è tra i più importanti d'Italia per la completezza del materiale raccolto e per la vasta collezione di fossili in esso conservata, proveniente dalle colline di Bolca. A poca distanza dal museo sono visibili alcuni resti delle mura scaligere in laterizio e la facciata della chiesa dedicata a Santa Maria della Vittoria. Percorrendo le piccole vie interne del quartiere di Veronetta, un tempo splendida zona residenziale della città e che da Napoleone ebbe questo nome, arriviamo sino alla a via San Nazaro, dove è presente la CHIESA di SAN NAZARO E CELSO. E' circondata da un muraglione che si apre con un massiccio portale dorico‐rinascimentale, fiancheggiato da due colonne che nelle quali è scolpito un drappo annodato attorno al fusto. La sua facciata in cotto non è di particolare pregio, ma molto bella è l'interna cappella di San Biagio: alzando lo sguardo sulla cupola si viene avvolti da affreschi dell'Onnipotente e degli Apostoli in un turbine variopinto di eccezionale bellezza. Tutto intorno affreschi del Falconetto con elementi strutturali presi dall'antichità pagana che sembrano sculture: capitelli, festoni, fregi e mascheroni, che creando una continuità con quelli a tema cristiano offrono allo spettatore una sensazione di estasi incomparabile. Uscendo dalla chiesa e proseguendo lungo via Muro Padri giungiamo a via GIARDINO GIUSTI che prende il nome dallo splendido giardino all'italiana in esso presente; un angolo di quiete secolare e di verde di fronte alla cui bellezza rimasero in ammirazione poeti, imperatori e viaggiatori d'ogni 8 epoca. Poco distante la medioevale Chiesa di SANTA MARIA IN ORGANO da ammirare per il suo chiostro del quattrocento abbellito da eleganti colonne marmoree e il suo magnifico portale, opera del Sanmicheli. L'interno è in stile gotico‐romanico a croce latina, adorno del voluminoso organo barocco sopra il portale d'ingresso, in cui è da notare il coro di Fra' Giovanni con 41 stalli in legno intarsiato che riproducono scene della vita dei monaci con inserzioni di paesaggi cittadini. Uscendo dalla chiesa proseguiamo la nostra passeggiata dirigendoci verso il TEATRO ROMANO e l'annesso Museo Archeologico, che vi consigliamo di visitare. Nell'area sono presenti anche due edifici che, sovrappostisi nei secoli alle strutture del teatro, sono sopravvissuti agli scavi ottocenteschi per il recupero del Teatro: il convento di san Girolamo e la chiesa dei santi Siro e Libera. Il convento, aggrappato alla parete della collina, occupa quella che un tempo era la prima terrazza del teatro; la chiesa domina il lato orientale delle gradinate ed ospita al suo interno il sepolcro del pittore Giambettino Cignaroli, un pregevole altare maggiore ed un coro ligneo del diciottesimo secolo. Di fronte al teatro c' è PONTE PIETRA costruito nel primo secolo avanti Cristo per sostituire un precedente ponte in legno, è il più antico monumento romano di Verona. Esso univa l'originario tracciato della via Postumia con il colle antistante in corrispondenza di un guado, che qui era presente sin dalla notte dei tempi. Attraverso una scalinata che parte dinnanzi al ponte raggiungiamo CASTEL SAN PIETRO posto in cima all'omonimo colle che si eleva per qualche centinaio di metri alle spalle del Teatro Romano. Si tratta di una caserma costruita attorno al 1850 sui resti di un preesistente maniero medioevale. Sebbene abbia le geometrie rettilinee che sono tipiche dell'architettura imperiale austriaca, essa venne realizzata integrandosi con l'ambiente circostante; utilizzando materiali tipici dell'architettura veronese: muratura in pietrame e paramenti in mattoni per le strutture verticali; laterizio per le volte; pietra e tufo per gli elementi ornamentali. Il suo piazzale meridionale offre una sublime veduta d'insieme sulla città di Giulietta e Romeo. Giulietta: ‘Oh! Come entrasti tu qui? Ed a qual fine? I muri che circondano questo giardino sono ardui, e pressochè inaccessibili; ed il luogo in cui stai ti sarà tomba, se alcuno de' miei ti sorprende.’ Romeo: ‘Coll'ali dell'Amore valicai l'altezza di que' muri, chè barriera non v'ha al prepotente Amore: tutto che Amor può tentare, Amor l'osa; onde a' tuoi non ebbi riguardo allorchè qui venni.’ William Shakespeare: Giulietta e Romeo. Atto II scena II Al numero 23 di via Cappello, naturale prolungamento di via Mazzini a poche decine di metri dalla centralissima piazza delle Erbe, sorge la casa in cui, secondo la tradizione, abitò Giulietta Capuleti. Un imponente cancello in ferro battuto su cui campeggia lo stemma dei Dal Cappello separa il suo androne, in cui gli innamorati d'ogni luogo ed età lasciano testimonianza del proprio amore, dalla pubblica strada. Oltrepassandolo si accede ad un LUMINOSO CORTILE INTERNO che accoglie i visitatori ansiosi di conoscere i luoghi dell'amore eterno. In esso è presente la splendida statua in bronzo di Giulietta, realizzata dallo scultore veronese Nereo Costantini, ed una lapide su cui sono riportati alcuni versi della tragedia di Shakespeare. 9 La casa è un severo edificio medioevale di impianto duecentesco, la cui facciata in mattoni a vista è ingentilita da eleganti finestre trilobate. Nella parte frontale spicca il famoso balcone da cui, secondo la tradizione, GIULIETTA SI AFFACCIAVA per parlare con il suo amato Romeo. Essa è un pregevole esempio di insula romana strutturata, mediante la suddivisione del lotto gotico, in corte con spazi liberi interni e passaggi porticati verso la strada. Disposta su vari piani e visitabile acquistando un biglietto, offre una verosimile ricostruzione delle tipiche dimore signorili del XIV SECOLO, valorizzato da una copiosa scelta di ceramiche medioevali. Grazie alla sapiente opera di restauro degli interni realizzata nel 1935 da Antonio Avena è oggi possibile apprezzare la raffinata eleganza degli affreschi che impreziosivano le pareti in cui risaltano, nella loro austera semplicità, cassapanche intarsiate, camini in mattoni, scale in legno con balaustre e camminatoi. 10 VICENZA Teatro Olimpico
Assieme a Villa Capra La Rotonda, il Teatro Olimpico è universalmente
riconosciuto come uno dei capolavori immortali dell'arte del sommo architetto
Andrea Palladio, che regalò alla città di Vicenza un gioiello la cui bellezza era
destinata a rimanere nel tempo. Per capire come si arrivò alla realizzazione di
questo prezioso esempio del patrimonio artistico classico vicentino (e
mondiale....) è necessario risalire agli anni immediatamente successivi alla
prima metà del '500, quando L’Accademia Olimpica, fondata nell’anno 1555
da 21 soci tra cui ambasciatori, artisti, cardinali e lo stesso Andrea Palladio,
non ebbe dubbi nello scegliere il nome del celebre architetto quale artefice di un
teatro ideale per le recite classiche e per le altre celebrazioni culturali, a tutt’oggi
retaggio indelebile della comunità culturale vicentina. Palladio, che era
profondo conoscitore dei testi e dell’opera degli antichi, con l’esperienza che gli
derivava dalle precedenti fastose realizzazioni e dalla familiarità con la vita
artistica romana e nazionale del tempo, iniziò i lavori del prestigioso sito ma,
come noto, morì di li a poco, nel 1580, anno stesso dell’affidamento
dell’esecuzione. Nel novembre di quell’anno la copertura era quasi pronta,
tuttavia la conclusione avvenne quattro anni dopo, eccezion fatta per il
coronamento delle statue sulla balaustra al sommo della cavea.
11 Dopo la morte del Maestro, alla guida dei lavori fu messo il figlio Silla, ma in seguito fu Vincenzo Scamozzi a prendere
in mano l’intero progetto del Palladio, portandolo a termine fino ad inventare la stupenda scena oltre il proscenio. Sullo
schema del teatro romano, l’Olimpico è formato da quattro parti: la cavea, l’orchestra, il proscenio, inteso alla maniera
della piazza dei greci, l’"agorà", e le scene fisse. La fronte scenica si apre attraverso il grande arco di trionfo, e al di là
delle aperture si accede tra le vie di una Tebe immaginaria dagli scorci assai suggestivi. Gli uomini che vollero questo
tempio dell’arte sono presenti e sembrano vegliare sulla sua bellezza eterna, nei panni aulici di guerrieri e senatori
dell’antica Roma, mentre sulla sommità dell’arco troneggiano i rilievi con le fatiche di Ercole, eroe mitico e simbolo delle
virtù umane. Il Teatro Olimpico fu inaugurato il 3 marzo 1585, in occasione del carnevale. Fu un evento clamoroso e
molto atteso: davanti ad un vasto ed elegante pubblico cosmopolita, giunto da ogni dove in numero ben superiore alla
capienza del sito ( 800 persone), fu rappresentata la tragedia greca per antonomasia, l’Edipo Re di Sofocle, adattata
per l’occasione in Edipo Tiranno. Le migliaia di spettatori giunti in città si accalcarono all’entrata del teatro fin dalle prime
ore del pomeriggio, ma lo spettacolo non iniziò prima dell’una di notte, preceduto da squilli di tromba, rulli di tamburo e
addirittura colpi di cannone a sottolinearne la solennità, per terminare alla cinque del mattino. L’Edipo Tiranno
dell’Olimpico fu l’ultimo grande spettacolo teatrale del Rinascimento italiano, e non tornò mai più sulla scena palladiana.
Nel dicembre del 1994, Vicenza, la Città di Andrea Palladio, è stata inserita nella Lista del Patrimonio Mondiale
dell'UNESCO in considerazione del valore e del pregio dei beni architettonici palladiani, unanimemente considerati
d'interesse universale, e capaci di esercitare una grande influenza sulla cultura e sull'arte mondiale.
Piazza dei Signori e Basilica Palladiana
Piazza dei Signori, così chiamata perchè vi sorgeva il Palazzo della Signoria
o del Podestà e quello del Capitanio, e forse anche perchè rappresentava il
luogo di ritrovo dei nobili cittadini in occasione delle feste, è uno dei gioielli di
Vicenza, probabilmente il più prezioso, assieme a La Rotonda ed il Teatro
Olimpico certamente il più conosciuto e apprezzato nel mondo. All’inizio del
500, in quello che fu il secolo del Palladio, la Piazza fu in gran parte
pavimentata, per essere poi lastricata completamente nei secoli successivi
fino ad assumere verso la metà dell’800 l’aspetto attuale. Assieme alla
meravigliosa Basilica Palladiana, che sorge sul lato meridionale della piazza,
e che fu il primo incarico pubblico di Andrea Palladio, assegnato nel 1549 e
conclusosi nel 1617 ben dopo la sua morte, la piazza rappresenta il cuore
della città. Per la sua costruzione fu impiegata la pietra bianca delle cave di
Piovene, e il Palladio volle come partner del progetto il suo primo maestro e
mentore, quel Giovanni da Pedemuro che lo prese a bottega, giovanissimo,
come umile tagliapietre. Il portico della Basilica accoglie una scala gotica che
porta al piano superiore e al vastissimo salone: a metà della scala si può
osservare la marmorea "bocca della verità", una feritoia dove si depositavano
le denuncie anonime del tempo contro gli appestati.
Dal piano superiore si può godere di una splendida vista delle tre piazze sottostanti, oltre a quella in oggetto anche
Piazza delle Erbe e Piazzetta Palladio, mentre l’accesso al terrazzo sovrastante è di norma non consentito, salvo
alcune eccezioni. Il tetto della Basilica andò quasi completamente distrutto da un incendio durante i bombardamenti
della seconda guerra mondiale, e fu in seguito ricostruito fedelmente utilizzando una copertura di rame. Attigua alla
Basilica è la Torre di Piazza, detta anche Torre Bissara, alta 82 metri, che in origine nel 200 apparteneva alla famiglia
dei Bissari, la quale di li a poco la cedette al Comune. Durante la dominazione della Serenissima Repubblica, vi fu
collocato il Leone di San Marco, e nel 1444 la torre fu completata con l’innesto del pinnacolo. Ai piedi della torre
sorgono le due Colonne di Piazza, che separano Piazza dei Signori da Piazza delle Biade. La Colonna del Leone, posta
nel 1464, fu danneggiata nello stesso bombardamento che colpì la Basilica nel 1945, e quella che si può vedere oggi è
solo un restauro dell’originale. La Colonna del Redentore è invece del 1640, disegnata dall’architetto Pizzocaro sul
modello di quella del Leone.
12 1‐ Teatro Olimpico – Piazza G. Matteotti 2‐ Piazza dei Signori e Basilica Palladiana 13