di Luca Peretti
BUDAPEST
D
eclinare la musica
elettronica (e annessi e connessi)
non è facile, e lo sviluppo del genere in questi anni Zero ha portato a
piani e commistioni sempre più arditi. Chi segue questo tipo di musica cerca di districarsi nella miriadi di modelli, tipi, variazioni,
nomi - alcuni fantasiosi - che vengono trovati per definire
questa o quella tendenza. Leggere i cartelloni dei festival estivi, i grandi raduni musicali dove migliaia di giovani e non più
giovani si ritrovano, è sicuramente un buon esercizio per fare
il punto sull'elettronica presente e futura. Lo Sziget Festival
in questo senso non fa eccezione. Giunto quest'anno alla
maggiore età, per la diciottesima edizione del raduno che si
svolge sull'isola di Obuda di Budapest è andata in scena la
consueta varietà di generi e eterogeneità del programma. E si
è vissuto in quella sorta di mondo
parallelo che si crea per una settimana, completamente fuori dalle
palco della Party Arena si sono esiconvenzioni della vita «normale»:
biti artisti come Dj Shadow, Siquest'anno si potevano addirittura
mian Mobile Disco, ma anche i
usare card prepagata e cellulari
Gothan Project, il vocalist Calvin
marcati Sziget, come dire che il
Harris e via dicendo, mentre al Memondo là fuori è un'altra cosa. Tra
duza si sono visti tra gli altri i belgi
musica etnica, rock, metal e un'infiAeroplane che, tra le altre cose, renità di altri generi, due palchi sono
mixano anche canzoni pop italiadedicati esclusivamente all’elettrone anni Settanta.
nica, e filiazioni varie: Party Arena
Allora per capirci qualcosa di
e la notturna Meduza. Si tratta copiù vale la pena parlare con qualme detto soprattutto di commistioche protagonista. «Quando mi chieni, generi mischiati insieme. Sul
dono che musica faccio non so pro-
RITMI
■ SZIGET FESTIVAL ■ UN COCKTAIL DIGITALE ■
Le meraviglie
del cyber-cuore
prio cosa rispondere», racconta
Louis Warynski , alias Chapelier
Fou, nel camerino del Budapest
Jazz Club-Amphitheatrum Stage,
un palco - dove teoricamente si fa
jazz - a disposizione di un musicista dalle forti tinte elettroniche e
dalla salda formazione classica,
uno che insegna solfeggio e che dichiara fondamentali compositori
come Ravel, Debussy... «Talvolta
gli artisti giocano un po' sul fatto di
non sapere identificare in un gene-
A Budapest le ultime
frontiere dell’elettronica.
La diciottesima edizione
della rassegna
ungherese ha schierato
Chapelier Fou,
Young Punx e zZz.
Li abbiamo incontrati
re la loro musica, ma nel mio caso
è davvero cosi, faccio quello che
posso, senza categorizzare, so che
però violino e musica elettronica
sono sicuramente molto importanti per me». Ma allora dove si esibisce un artista così poliedrico?
Club, discoteche, concerti di che tipo? «Effettivamente suono ovunque. Ho aperto concerti di artisti diversissimi tra loro, da artisti francesi come Wax Tailor a musicisti elettronici o jazz (come qui a Budapest), ma anche musicisti classici.
Penso sia bello non restare incatenati a un genere, o almeno io preferisco così, ma questo non cambia
la musica che faccio».
Il palco A38-wan2 dello Sziget è
invece quello generalmente dedicato alla musica «indie», ma non è un
assunto visto che quest'anno ci
hanno suonato ad esempio i Bad Religion. Anche su questo palco la commistione è all'ordine
del giorno. «Il nostro secondo album Running
with the Beast - raccontano gli olandesi zZz -, ha
qualche canzone che vira verso la new wave, come Angel, ma quando suoniamo dal vivo improvvisiamo molto e allora sì che diventiamo
new wave, addirittura sperimentiamo paesaggi
sonori dark. E poi amiamo le connessioni con il
garage rock e la dance». Ma al duo olandese piace giocare con i generi a partire dal nome. Björn
Ottenheim racconta che il loro nome è da intendersi come «Jazz senza J e senza A» e che il suono del gruppo nasce grazie alla «combinazione
di una batteria e un organo fatto suonare con
un vecchio amplificatore Variosound (clone di
un Italian Lesley)». Suono che pian piano si evolve, e quando li si ascolta si viene sommersi da
un ventaglio incredibile di note: «Abbiamo diverse influenze, che cambiano a secondo del periodo e del nostro mood. Ascoltiamo un sacco di
musica. È difficile capire quali siano le più importanti. Una cosa sicuramente devono averla
le nostre canzoni: devono essere sensuali».
A sinistra i londinesi Young Punx, qui sopra gli
olandesi zZz e in alto a destra il francese Chapelier Fou
14) ALIAS N. 39 - 2 OTTOBRE 2010
Gli Young Punx, invece, hanno
suonato sul Main Stage - l'immenso palco principale dove si sono esibiti, tra gli altri, Iron Maiden, Muse, Madness, The Specials e, per
tornare a qualcosa di più elettronico, i Faithless. Capire lo stile di questo gruppo/collettivo inglese è veramente complicato, ma dare definizioni non sembra certo essere
una delle loro priorità o necessità:
«Vogliamo che tutti quelli che suonano con noi portino il loro stile.
Cerchiamo di mescolare persone
con background musicali diversi, e
tutti hanno qualcosa di diverso da
dare alla creazione del nostro ’party’. Questa è, se ci pensi, un'evoluzione dell'estetica della mash-up
culture (tecnica musicale in cui si
miscelano due o più canzoni, ndr),
ma può essere grandioso vedere
cosa succede se, per esempio, metti nello stesso pezzo un cantante
cubano, un chitarrista metal e un
batterista d’n’b. Li spinge a suonare in maniera non usuale, e spesso
questo evidenzia le somiglianze tra
diversi generi piuttosto che le differenze». Gli Young Punx vanno e
vengono, sono un collettivo in continua evoluzione: «Siamo un po' come una palla di neve che rotola giù
dalla montagna e diventa sempre
più grande. Continuiamo a chiamare altre persone per unirsi alla
gang! Non ci sono regole fisse su
chi si unisce a noi e chi no. Qualcuno rimane un paio di canzoni, o
per un album intero, un tour, qualunque cosa. Si tratta solo di trovare persone divertenti e che possa-
no mettere la loro personalità musicale nel progetto. Ci divertiamo
molto sul palco e il feeling con il
pubblico è fondamentale, ma chiaramente lavoriamo anche un sacco, oggi l'industria musicale ha
molti problemi e fare questo mestiere può diventare anche stressante. Ma è divertente».
Con gli Young Punx c'è spazio
anche per parlare di altro, come
della loro città, Londra, una volta
«mecca» della musica di ogni genere e oggi sempre meno attenta alle
esigenze musicali, specie quelle
dal vivo, è di pochi mesi fa la notizia della distruzione dell’Astoria
(per far posto all'ennesima stazione ferroviaria, in pieno centro),
uno dei luoghi simbolo del rock
londinese, dove decine di artisti
hanno registrato live: «Londra è ancora al centro della creazione di
nuovi suoni. Sembra come se la
musica evolva verso qualcosa di
nuovo ogni cinque mesi, e questo
è molto eccitante. Ma certo ci sono
problemi con i locali e i luoghi dove suonare. Molti club stanno chiudendo. In realtà presto non ne rimarrà nessuno davvero importante. È un po' triste, ma il fatto è che
Londra guarda sempre avanti, c'è
sempre qualcosa di nuovo. Per noi
non è mai un gran problema lasciarsi il passato alle spalle».
E gli Young Punx corrono come
Londra, cambiano faccia e suono
sempre, mantenendo una forte
identità elettronica. Perfetta metafora di cosa possa essere oggi la
musica elettronica.