basilicata - Quaderni di ricerca sull` artigianato

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BASILICATA
Franco Bitetti
Direttore scientifico del Centro Studi Unioncamere Basilicata.
Il mondo artigiano costituisce una componente
rilevante dell’economia lucana: le 11.730 imprese
artigiane iscritte nell’apposito Albo presso le Camere
di Commercio a fine 2010 rappresentano, infatti, il
33,3% delle imprese extra-agricole complessivamente
presenti in Basilicata: si tratta di un’incidenza
superiore non soltanto alla media meridionale (27,5%)
ma anche a quella nazionale (32,7%).
L’importanza del ruolo svolto dall’artigianato
nella regione è confermata dal dato sulla “densità”
delle imprese: in Basilicata, si contano quasi 20
imprese artigiane ogni 1.000 abitanti, contro le 17,7
rilevate nel Mezzogiorno; l’indice risulta, invece,
inferiore alla media nazionale (24,0), sulla quale
incidono le aree di tradizionale presenza della piccola
impresa, quali quelle dell’Italia centrale e di alcune
zone del Nord est.
La lettura congiunta dei due indicatori
(incidenza dell’artigianato e densità) fa ritenere che,
a parità di diffusione delle imprese, l’imprenditoria
lucana esprima una netta preferenza per la forma
giuridica dell’impresa artigiana.
Un altro dato interessante è costituito dal
valore aggiunto generato dalle attività artigiane della
regione, che può essere stimato – al 2007 - nell’ordine
di 1.493 milioni di Euro, 815 dei quali attribuibili alle
attività di produzione ed i restanti 678 alle attività di
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servizio, per un’incidenza sulla ricchezza complessiva
prodotta pari al 15,0%, quasi 2 punti in più rispetto
alla media nazionale e ben 3,6 in più rispetto alla
media meridionale.
La struttura produttiva artigiana lucana è
composta principalmente da imprese edili (35,3%)
e manifatturiere (23,6%) mentre la restante parte
si distribuisce nelle diverse attività dei servizi, in
particolare, le riparazioni di autoveicoli (9,5%), il
commercio e i pubblici esercizi (4,4%), i trasporti (7,2)
e gli “altri servizi” (14,8%), un aggregato – quest’ultimo
– che comprende una molteplicità di servizi, tra i quali
assumono un particolare rilievo quelli destinati alle
persone. Relativamente poco sviluppati, invece, sono
i servizi alle imprese.
Comparata con la struttura produttiva artigiana
nazionale, quella lucana risulta “sbilanciata” su alcune
attività di servizio (commercio e pubblici esercizi,
da un lato, riparazioni di autoveicoli, dall’altro), con
un minor “peso” del manifatturiero e dell’edilizia.
Il manifatturiero evidenzia, peraltro, una quota di
imprese artigiane superiore alla media nazionale (65,7
contro 63,8%), a segnalare una struttura produttiva,
in Basilicata, fortemente incentrata sulla piccola e
piccolissima impresa.
Quasi il 60% delle 2.772 imprese artigiane del
manifatturiero si concentra in 3 settori: l’alimentare, la
lavorazione del legno e la lavorazione dei metalli.
Nel settore alimentare, la maggioranza delle
imprese artigiane opera in attività con un mercato
strettamente locale, con possibilità di crescita, a
livello aggregato, limitate nel lungo periodo, e in gran
parte isolate dai circuiti commerciali extra-regionali.
Le imprese degli altri due settori scontano,
invece, un’elevata dipendenza dal settore delle
costruzioni, trattandosi per lo più di produttori di
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infissi e finestre o altre componenti e lavorazioni per
l’edilizia. Stante i processi di ristrutturazione in atto
nel comparto delle costruzioni a livello regionale, le
imprese manifatturiere ad esso legate si trovano
su un mercato la cui domanda potenziale non
sembra destinata a crescere quanto piuttosto a
ridimensionarsi.
Un ampio numero di imprese artigiane,
quindi, è presente su mercati “deboli” e con poche
prospettive di sviluppo a livello aggregato, sebbene
ciò non escluda la possibilità di singoli percorsi di
eccellenza.
Per quanto riguarda, invece, le altre imprese
artigiane manifatturiere, segnatamente quelle
operanti in attività inserite nei circuiti della subfornitura (mobile, tessile/abbigliamento, meccanica),
la regione ha visto lo sviluppo, negli anni ’90, di alcuni
“casi di successo”: il distretto del mobile imbottito
di Matera e il sistema produttivo locale (in senso
economico) della corsetteria di Lavello. Entrambe
queste realtà, tuttavia, hanno subito - nel corso
degli ultimi anni - un consistente ridimensionamento
per effetto dello “spiazzamento” operato dalla
concorrenza dei Paesi emergenti che, nell’ambito
delle produzioni tradizionali, dove la competizione si
basa essenzialmente sul prezzo, possono beneficiare
di più bassi costi del lavoro.
Per numerose imprese artigiane della subfornitura le prospettive di tenuta e di rilancio sono
legate, quindi, all’adozione di strategie volte a
conseguire un posizionamento competitivo su fasce
di qualità e di mercato più elevate.
Nel complesso, l’artigianato manifatturiero
lucano evidenzia una bassissimo grado di apertura
sui mercati esteri: la quota di aziende esportatrici,
infatti, non raggiunge neanche il 2%, a fronte di una
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media nazionale pari a circa il 14%. Questo dato
conferma le difficoltà del comparto a superare i confini
di un mercato strettamente locale, che pure aveva
garantito - in passato - lo sviluppo di molte attività
artigiane, mettendole “al riparo” della concorrenza
esterna, ma che oggi rappresenta soprattutto un
vincolo alla crescita.
L’artigianato lucano nell’attuale congiuntura
L’artigianato lucano ha pagato un prezzo
assai elevato all’attuale crisi economica il cui
impatto negativo è stato, per così dire, amplificato
dai limiti strutturali delle imprese artigiane (la
piccola dimensione, la scarsa differenziazione e
specializzazione delle funzioni aziendali, la bassa
propensione all’innovazione, l’elevata dipendenza dal
mercato locale).
In primo luogo, va rimarcato il consistente
ridimensionamento della base produttiva del comparto
che, nell’ultimo biennio, ha accusato la “perdita” di
quasi 300 imprese, il 2,4% di quelle registrate nel
2008. Su tale bilancio hanno pesato soprattutto le
numerose chiusure di imprese manifatturiere e delle
costruzioni, mentre relativamente più contenuta è
stata la flessione nei servizi, grazie anche alla discreta
espansione dei servizi alle persone e alla “tenuta” dei
servizi alle imprese.
Rispetto alle altre tipologie di impresa, quelle
artigiane scontano, da un lato, più elevati tassi di
mortalità, dall’altro, più bassi tassi di natalità, secondo
una tendenza ormai consolidatasi negli ultimi anni, a
prescindere dal quadro congiunturale.
Se il primo fenomeno è riconducibile ai maggiori
problemi di sopravvivenza che incontrano le imprese
di piccola e piccolissima dimensione, generalmente
sotto-capitalizzate, su mercati dove le soglie di
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competitività si innalzano di continuo, il secondo
è, per certi aspetti, sorprendente, tenuto conto del
fatto che, nel resto del Paese, i tassi di natalità delle
imprese artigiane sono “strutturalmente” superiori
a quelli delle imprese non artigiane. Ciò potrebbe
segnalare, quindi, un minore interesse, o una minore
convenienza, per la formula imprenditoriale artigiana
da parte di coloro che decidono di avviare una nuova
impresa in Basilicata.
Altrettanto pesanti sono state le ripercussioni
della crisi economica sulle performance produttive e
commerciali dell’artigianato manifatturiero.
Sulla base delle indagini campionarie condotte
dal Centro Studi di Unioncamere Basilicata, la
produzione artigiana ha subito una flessione
tendenziale – nel corso del 2009 – pari al 7,3%, 3
punti in meno rispetto a quella che ha interessato
l’intero sistema industriale lucano (le perdite sul piano
del giro d’affari, invece, sono quantificabili nell’ordine
del 6,8%). La minore intensità della caduta riflette
unicamente il fatto che essa si innesta su livelli assoluti
di partenza decisamente bassi e ben al di sotto di
quelli dell’industria manifatturiera nel suo complesso.
A livello settoriale, è il tessile/abbigliamento a
guidare la classifica dei peggiori risultati, con un calo
della produzione che ha sfiorato il 15%, dopo aver già
fatto segnare un -10,6% nel 2008.
A due cifre anche la flessione dell’attività nel
comparto meccanico (quasi il 12% in meno), tra
i pochi ad evidenziare una certa tenuta nell’anno
precedente (-1,5%). Relativamente meno forte,
invece, è stato l’impatto della crisi nel settore delle
macchine elettriche ed elettroniche, dove i tassi di
decremento non sono andati oltre il -4,6%, e nel
settore alimentare (-4,9%) che, peraltro, è riuscito a
contenere al 3,3% il calo del fatturato.
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