il clima e la conoscenza scientifica: i risultati piu` recenti

SCHEDA DI APPROFONDIMENTO
IL CLIMA E LA CONOSCENZA SCIENTIFICA: I RISULTATI PIU’ RECENTI
DANNO UN SERIO ALLARME
(a cura di Gianfranco Bologna, direttore scientifico WWF Italia)
Ci stiamo avvicinando alla nuova 18° Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sui Cambiamenti
Climatici 1 che avrà luogo a Doha, dal 26 novembre al 7 dicembre prossimi e, ancora, tantissimi nodi per
condurre le nazioni del mondo a sottoscrivere un trattato globale che riduca in maniera importante e
significativa le emissioni di gas che incrementano l’effetto serra naturale, non sono affatto sciolti.
La straordinaria lentezza con cui il mondo politico si muove su questi temi che sono centrali per il futuro
dell’umanità, è imbarazzante. E tutto ciò sta avvenendo proprio quando le conoscenze scientifiche che si
stanno acquisendo sulla situazione, la possibile evoluzione, gli effetti e gli scenari del cambiamento
climatico in atto, non fanno che documentare le drammatiche criticità presenti estremamente difficili da
gestire da parte delle società umane.
In particolare durante l’arco di quest’anno, anche per la concomitanza della Conferenza delle Nazioni Unite
sullo Sviluppo Sostenibile, tenutasi a Rio de Janeiro nel giugno scorso 2) , la comunità scientifica
internazionale che studia i cambiamenti globali nel sistema Terra (riunita, sotto il patrocinio
dell’International Council for Science, ICSU, nell’Earth System Science Partnership, ESSP,3) è intervenuta
ripetutamente per fare il punto delle conoscenze sin qui acquisite. Si tratta di interventi che dovrebbero
stimolare un’autentica urgenza all’azione.
“Planet Under Pressure” London Conference, marzo 2012
A Londra a fine dello scorso marzo, ha avuto luogo la grande conferenza scientifica sui cambiamenti globali
dal titolo “Planet Under Pressure. New Knowledge Towards Solutions” 4 alla quale hanno preso parte 3.000
tra scienziati, studiosi ed esperti governativi sui cambiamenti globali.
La Conferenza ha fatto il punto sullo stato del pianeta, sulle conoscenze che abbiamo acquisito circa la
pressione esercitata dall’intervento umano sui sistemi naturali e sulle proposte operative da mettere
urgentemente in campo per cercare di cambiare rotta ad un modello di sviluppo socio-economico che si è
dimostrato palesemente insostenibile.
La Conferenza si è conclusa con il lancio di una “State of the Planet Declaration” . La Dichiarazione ci
ricorda che oggi le ricerche scientifiche dimostrano che la continuazione del funzionamento del sistema
Terra che ha supportato nei secoli recenti il benessere umano e la nostra civilizzazione, è a rischio. Senza
azioni urgenti avremo sempre più difficoltà ad affrontare le minacce provocate dallo stato critico di
risorse fondamentali per l’umanità quali l’acqua,l’alimentazione e la biodiversità. Tali minacce, ci
1
vedasi www.unfccc.org)
2
Vedasi www.uncsd2012.org
3
Vedasi i siti www.icsu.org e www.essp.org
4
vedasi il sito www.planetunderpressure2012.net
ricordano gli studiosi, rischiano di intensificare le crisi economiche, ecologiche e sociali creando il
potenziale per un’ emergenza umanitaria su scala globale.
La Dichiarazione ricorda che l’impatto umano sul sistema Terra è ormai comparabile ai grandi processi
geologici su scala planetaria, come hanno avuto luogo durante le ere glaciali.
Infatti è ormai ben consolidato il consenso scientifico sul fatto che il nostro pianeta si trova in un nuovo
periodo geologico, definito non a caso Antropocene, nel quale molti dei processi del sistema Terra e della
straordinaria “fabbrica” vivente degli ecosistemi sono ora chiaramente dominati, anche nella loro
evoluzione, dalle attività umane 5 I cambiamenti repentini di ampia scala che le ricerche sui cambiamenti
ambientali del passato sono state in grado di individuare ci indicano che questi cambiamenti improvvisi
possono avere luogo anche in futuro. Questa consapevolezza ha spinto i ricercatori a identificare le soglie
e i confini planetari e regionali che, una volta oltrepassati, potrebbero generare cambiamenti ambientali
e sociali ingovernabili da parte delle nostre società.
Purtroppo nonostante le sempre più accurate ricerche non siamo in grado di comprendere a fondo questi
fenomeni. Ma è certo che molte delle previsioni dell’ultimo Quarto rapporto dell’Intergovernamental Panel
on Climate Change 6(IPCC), si possono ritenere purtroppo ottimistiche, come dimostrano tantissimi studi e
ricerche pubblicate successivamente all’uscita del rapporto.
High Level Dialogue on Global Sustainability, Rio de Janeiro, giugno 2012
Prima della Conferenza ONU sullo Sviluppo Sostenibile, sempre a Rio de Janeiro si è tenuto un High Level
Dialogue on Global Sustainability, che ha prodotto un documento dal titolo “The Future We Choose” (Il
futuro che scegliamo) 7,
Il testo del documento afferma : “Siamo alla soglia di un futuro che si presenta con rischi senza precedenti
dal punto di vista ambientale. Le evidenze scientifiche sono inequivocabili. Gli effetti combinati del
cambiamento climatico, della scarsità delle risorse, della perdita di biodiversità e della perdita della
resilienza degli ecosistemi con una domanda sempre crescente, pongono un pericolo reale al benessere
dell’umanità. Questo futuro genera rischi inaccettabili alle capacità di resilienza dell’intero sistema Terra,
inclusi i suoi abitanti. Abbiamo generato una nuova epoca geologica, l’Antropocene. In questa epoca vi è il
rischio inaccettabile che la pressione umana sul Pianeta possa proseguire seguendo la traiettoria del
Business As Usual (del fare come se niente fosse) provocando cambiamenti repentini e irreversibili con
conseguenze catastrofiche per le società umane e la vita sulla Terra.
L’appello continua ricordando che : “Con una leadership audace e coraggiosa e azioni determinate è
possibile una transizione verso un futuro sicuro e prospero. Ma entrambi sono essenziali e il tempo sta
scorrendo rapidamente. Ogni ritardo oggi ci chiude le opportunità per progredire e incrementa il fardello di
ineguaglianza e povertà, non solo per le future generazioni ma anche per quanti vivono oggi. La nostra
generazione è la prima che ha il privilegio di comprendere la piena complessità delle sfide che dobbiamo
affrontare e per le quali abbiamo già nelle nostre mani la conoscenza, la tecnologia e le risorse finanziarie
richieste per avviare un futuro sostenibile. L’applicazione di questi strumenti per affrontare le ineguaglianze
economiche e sociali, rafforzare il ruolo delle donne ed assicurare una buona governance, costituiscono il
prerequisito per vivere bene entro i limiti dei confini planetari.”
5
la conferenza ha lanciato un sito divulgativo sull’Antropocene, www.anthropocene.info.
6
Vedasi il sito www.ipcc.ch
7
scaricabile dal sito
http://www.stockholmresilience.org/research/researchnews/movebeyondaspirationalstatements.5.5d9ea857137d8960d4
77d3.html ).
Gli scienziati che hanno sottoscritto il documento (tra cui i noti studiosi delle scienze del sistema Terra Will
Steffen, John Schellnhuber, Johan Rockstrom, Carlos Nobre e diversi premi Nobel, come il chimico Yuan
Tseh Lee, presidente dell’International Council for Science) ricordano che abbiamo bisogno di riconnettere
le società umane con la biosfera. La prosperità e l’equità per il futuro dipenderanno da una transizione
verso la sostenibilità globale che non è solo necessaria e urgente ma per noi è una scelta. “Il tempo di agire
è ora !”
Il documento, sottolineando l’importanza di avviare il mondo sul sentiero della sostenibilità, chiede di
- Assicurare una responsabilità di stewardship planetaria, implementando gli accordi multilaterali,
rafforzando gli assessment scientifici integrati e le istituzioni per lo sviluppo sostenibile a tutti i
livelli, dal locale al globale, includendo tutti gli stakeholder e mantenendo un approccio integrato
all’equità, l’economia e l’ambiente;
- Avviare azioni urgenti che vadano incontro alle necessità globali per l’alimentazione, l’acqua e
l’energia in una maniera sostenibile, evitando pericolosi cambiamenti climatici, salvaguardando
la biodiversità della Terra e gestendo in maniera sostenibile gli oceani;
- Ripensare il modello economico, ripensando i modelli di produzione e consumo, disaccoppiando la
crescita e la prosperità dall’utilizzo delle risorse, andando oltre il PIL come misura del progresso
delle società, incoraggiando l’innovazione e gli investimenti di sostenibilità a lungo termine e
inserendo un prezzo per le risorse naturali, incluso il carbone;
- Avviare una trasformazione globale; l’anno 2015 segna infatti una congiuntura critica e si richiede
urgentemente un’azione decisiva per una roadmap che richieda il raggiungimento dei Millennium
Development Goals (MDGs), l’adozione dei Sustainable Development Goals (SDGs) e la conclusione
di un accordo sul clima che segua la migliore conoscenza scientifica disponibile offrendo una
strada per un futuro vitale ed equo all’umanità.
Statement Accademie scientifiche del mondo IAP, giugno 2012
Il 14 giugno 2012 è stato reso pubblico lo statement dello IAP, il network globale delle Accademie
scientifiche di tutto il mondo - “IAP Statement on Population and Consumption” 8 . Si tratta di un
documento di sole due pagine che si conclude con un breve paragrafo intitolato “The Need for Urgent
Action”: Tra l’altro, afferma : “Popolazione e consumo costituiscono il cuore dello sviluppo sostenibile e
degli sforzi per avviare il mondo verso un uso sostenibile delle risorse naturali. Ma sono temi politicamente
ed eticamente sensibili ed è fondamentale che questo non condizioni il fatto che vengano considerati
negletti dai decisori politici. Il mondo ha bisogno di adottare un approccio razionale basato sulle evidenze
derivanti dalla crescita della popolazione e dagli insostenibili modelli di consumo che vengono praticati […]
Le scelte che faremo sulla gestione della popolazione umana e del consumo delle risorse per i prossimi 50
anni ci coinvolgeranno per i secoli a venire. Esiste un range di futuri possibili. Se noi agiamo subito è
realistico immaginare delle traiettorie dove la crescita della popolazione inizia ad arrestare, i modelli di
consumo diventano sostenibili, i cambiamenti globali indotti dall’intervento umano vengono mantenuti
nei limiti di fenomeni governabili e il benessere umano viene incrementato. Un fallimento nell’azione
potrebbe condurci su futuri alternativi con potenziali e profonde implicazioni catastrofiche per il nostro
benessere. Più si ritarda l’azione più saranno necessarie misure radicali e drastiche. Ciascuno ha un suo
ruolo da svolgere: individui, organizzazioni non governative, e i settori del pubblico e del privato. “
Rapporto World Bank “Turn Down the Heat. Why a 4°C Warmer World Must Be
Avoided”, novembre 2012
8
vedasi www.interacademies.net
Il recentissimo rapporto della World Bank dal titolo “Turn Down the Heat. Why a 4°C Warmer World Must
Be Avoided” 9 è stato realizzato dall’autorevole Potsdam Institute for Climate Impact Research, diretto da
Hans Joachim Schellnhuber, e riassume le migliori conoscenze scientifiche esistenti sugli effetti di un
cambiamento climatico superiore di 4°C rispetto alla temperatura media globale della superficie terrestre
presente in epoca preindustriale, scenario molto probabile entro la fine del secolo, se non verranno attuate
da subito significative riduzioni delle emissioni.
Un riscaldamento di 4°C o più entro il 2100 corrisponde ad una concentrazione di anidride carbonica di 800
ppm nell’atmosfera.
Il rapporto sottolinea che la concentrazione del maggiore gas da effetto serra, l’anidride carbonica, sta
continuando ad incrementare dalla sua concentrazione in epoca preindustriale che era di circa 278 parti per
milione (ppm) ad oltre 391 ppm al settembre 2012; che la presente concentrazione di anidride carbonica è
la più alta che sia mai stata registrata dalle evidenze paleoclimatiche e geologiche rilevate negli ultimi 15
milioni di anni; che le emissioni di anidride carbonica sono ad oggi di 35 miliardi di tonnellate l’anno e
potrebbero diventare, se non si agisce rapidamente, 41 miliardi di tonnellate entro il 2020; che la
temperatura media globale della superficie terrestre è incrementata di 0.8°C dai livelli preindustriali ad
oggi.
Il cambiamento climatico indotto dall’intervento umano dal 1960 ad oggi ha intensificato la frequenza e
l’intensità delle ondate di calore e ne ha esacerbato gli effetti. In diverse regioni del mondo le precipitazioni
estreme e la siccità si sono incrementate in intensità e frequenza. Le osservazioni hanno indicato una
crescita di almeno 10 volte della quota di superficie del pianeta che è stata interessata da situazioni di
temperature elevate sin dagli anni Cinquanta del secolo scorso.
“The Third Emissions Gap Report 2012” dell’UNEP, novembre 2012
Il Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) nel suo terzo ed ultimo rapporto sulle emissioni “The
Third Emission Gap Report 2012” 10 lancia un forte allarme dovuto al fatto che le emissioni continuano ad
incrementare mentre gli impegni che i governi hanno sin qui preso per contrastare i cambiamenti
climatici sono troppo modesti e non consentiranno di impedire un innalzamento della temperatura media
della superficie terrestre che potrebbe raggiungere i 5°C entro questo secolo con effetti devastanti per la
civiltà umana.
Il rapporto mostra chiaramente che se non si intraprendono ora delle azioni decisive, il mondo si avvia
verso cambiamenti climatici molto pericolosi. Possiamo ancora farcela, se ci impegniamo subito per
fermare la deforestazione e creare un futuro basato su efficienza energetica e fonti rinnovabili. Il gap
infatti, come ben sappiamo, non né tecnico, né economico: purtroppo è una mancanza di volontà politica e
di leadership.
Stando al rapporto dell’UNEP, per avere una possibilità verosimile di mantenere l’aumento del
riscaldamento globale sotto i 2°C rispetto all’era preindustriale, entro il 2020 le emissioni globali devono
essere ridotte a una media di 44 miliardi di tonnellate di anidride carbonica equivalente, molto meglio se di
9
scaricabile dal sito
http://climatechange.worldbank.org/sites/default/files/Turn_Down_the_heat_Why_a_4_degree_centrigrade_warmer_w
orld_must_be_avoided.pdf
10
UNEP, 2012, The Third Emissions Gap Report2012” vedasi www.unpe.org/publications/ebooks/emissionsgap2012 .
meno, ben al di sotto dei livelli correnti. Infatti il rapporto ci conferma che gli attuali impegni dei vari paesi
difficilmente ci faranno raggiungere questo risultato; infatti anche se gli impegni attuali più ambiziosi dei
Governi fossero pienamente realizzati, le emissioni supererebbero il limite di 44 miliardi sopra citato di ben
8 miliardi di tonnellate, un valore quasi equivalente alle emissioni annuali degli Stati Uniti. E in pratica il gap
potrebbe essere ben superiore, fino a 11 miliardi di tonnellate, a causa di impegni deboli e gravi lacune e
scappatoie nei target di riduzione dei Paesi industrializzati.
Anche nei due rapporti precedenti, quelli del 2010 e del 2011, l’UNEP sottolinea che possiamo arrivare a
colmare il gap entro il 2020 e mantenere i livelli di riscaldamento globale tra 1,5 e 2° C di incremento
rispetto alla temperatura media della superficie terrestre in epoca preindustriale, puntando sull’efficienza
energetica, promuovendo le energie rinnovabili, riducendo la deforestazione e migliorando le pratiche
agricole; un aiuto importante può arrivare dalla riduzione delle emissioni da parte del trasporto marittimo e
aereo internazionale, attualmente non regolamentate e che devono essere presenti nelle trattative
negoziali.
Copenaghen Diagnosis, 2009 e “Critical Decade”, 2011
Già nel 2009, prima della 15° Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici,
tenutasi alla fine di quell’anno a Copenaghen, 26 tra i maggiori climatologi di fama internazionale che
operano in diversi prestigiosi istituti di ricerca (da Ian Allison a Peter Cox, da Corinne Le Quere a Tim
Lenton, da Michael Mann a Stefan Rahmstorf, da Hans Joachim Schellnhuber a Stephen Schneider,
purtroppo scomparso nel 2010, da Steven Sherwood a Eric Steig ed altri) hanno reso noto un
interessantissimo rapporto, dal titolo “The Copenaghen Diagnosis. Updating the World on Latest Climate
Science” pubblicato dal Climate Change Research Centre dell’University of New South Wales di Sydney 11.
Nel 2011 la Climate Commission dell’Australia, coordinata dall’autorevole scienziato Willy Steffen, ha
pubblicato l’ottimo rapporto “The critical decade, climate science, risks and responses” 12 che riassume
molto bene le conoscenze ulteriormente acquisite dopo la pubblicazione dell’ultimo rapporto IPCC del
2007.
La situazione di tutti i fattori fondamentali legati al cambiamento climatico che riguardano il continuo
incremento delle emissioni di gas serra, l’incremento delle temperature globali della superficie terrestre,
l’accelerazione dei fenomeni di fusione, come quelli della banchisa artica nel periodo estivo , delle coltri di
ghiaccio polari e dei ghiacciai montani in tutto il mondo (dall’Himalaya alle Ande), l’intensificazione degli
eventi meteorici estremi, la crescita del livello dei mari, i rischi di danni irreversibili nel caso di mancate
azioni di riduzione delle emissioni, con le forti possibilità di oltrepassare i cosidetti Tipping Points (i punti
critici), si è aggravata con il passare degli ultimi anni.
In particolare il rapporto “The Copenaghen Diagnosis” del 2009 giungeva alle seguenti conclusioni (tra
parentesi sono stati inseriti alcuni dati aggiornati ad oggi che si ritrovano successivamente in questo
documento in una trattazione più dettagliata):
1. Incremento delle emissioni di gas serra: nel 2008 le emissioni globali di biossido di carbonio o
anidride carbonica dovuti ai combustibili fossili, sono state di circa il 40% maggiori rispetto al 1990
(come vedremo successivamente il dato del 2011 ci documenta che le emissioni hanno raggiunto il
massimo livello). L’andamento delle emissioni globali oggi è adeguato agli scenari peggiori previsti
11
vedasi il sito www.copenaghendiagnosis.com
12
Vedasi il sito http://climatecommission.gov.au/report/the-critical-decade/
2.
3.
4.
5.
6.
13
dall’IPCC. Negli ultimi 50 anni la frazione di emissioni di anidride carbonica assorbita dalle terre
emerse e dagli oceani è diminuita di circa il 5%, sebbene la variabilità interannuale di questa
diminuzione sia ampiamente variabile. La presente concentrazione di anidride carbonica nella
composizione chimica dell’atmosfera è la più alta degli ultimi 800.000 anni e, potenzialmente,
secondo gli scienziati, di un periodo variabile dai 3 ai 20 milioni di anni.
Temperature globali : negli ultimi 25 anni le temperature medie si sono incrementate di un tasso di
0.19°C per decennio. Nell’arco degli ultimi dieci anni nonostante un decremento del forzante
radiativo dovuto alle attività solari che è comunque scientificamente valutato con un incidenza
molto bassa in termini di watt per metro quadro, il trend è stato in crescita. Ciascuno degli anni di
questo nuovo secolo (2001-2008) sono stati tra i dieci anni più caldi da quando esistono
registrazioni strumentali scientifiche (questo trend è proseguito fino al 2011). Le temperature
globali mantengono una forte tendenza al riscaldamento sin dal 1970; si tratta di un dato
consistente con quanto si ritiene possa essere indotto da un cambiamento climatico globale che
tende ad un incremento dell’effetto serra naturale. La temperatura globale e i trend dei pattern di
umidità e piovosità rispecchiano una chiara impronta che non può essere spiegata se non con un
incremento delle concentrazioni di gas ad effetto serra.
Accelerazione della fusione delle coltri di ghiaccio e dei ghiacciai: tutti i dati raccolti grazie ai satelliti
e alle accurate misurazione dei ghiacciai ci dimostrano senza dubbi che le coltri ghiacciate della
Groenlandia e dell’Antartide stanno perdendo massa ad un ritmo crescente (nel settembre 2012
abbiamo raggiunto il minimo livello di estensione estivo della banchisa artica, la parte ghiacciata
del mare, confermando un trend in accelerazione da quando esistono documentazioni satellitari
affidabili dal 197313). La fusione dei ghiacciai in molte altre parti del pianeta è andata accelerando
sin dal 1990.I ghiacci marini artici estivi hanno subito un’accelerazione della loro fusione oltre ogni
aspettativa presentata nei modelli sin qui realizzati. La fusione di questi ghiacci marini, nel periodo
2007-2009, è stata del 40% superiore alla predizione più negativa dei modelli climatici dell’ultimo
rapporto IPCC del 2007 (e con il picco negativo del 2012 abbiamo avuto la drammatica conferma
dell’accelerazione del fenomeno).
Eventi estremi: sono stati registrati incrementi negli eventi di caldo estremo e dei decrementi negli
eventi di freddo estremo e questo trend si prevede che si amplificherà ulteriormente in futuro. Il
mutamento climatico antropogenico si prevede possa condurre ad ulteriori incrementi negli
estremi delle precipitazioni, in particolare nei fenomeni di forte precipitazione ed anche negli
estremi di fenomeni di siccità, a seconda delle diverse parti del globo. Sebbene le future
modificazioni nelle attività dei cicloni tropicali sono ancora di difficile modellazione, nuove analisi
dei dati di osservazione confermano che l’intensità dei cicloni tropicali è andata incrementandosi
nell’arco degli ultime tre decenni in linea con l’incremento delle temperature oceaniche nelle zone
tropicali.
Livelli dei mari : i dati satellitari hanno dimostrato che l’incremento globale dei mari è stato
superiore dell’80% rispetto alle previsioni IPCC (3,4 mm. l’anno negli ultimi 15 anni). Questa
accelerazione è consistente con l’incremento delle fusioni delle coltri ghiacciate di Groenlandia e
Antartide e dei ghiacci di altre zone del mondo. Secondo nuove ricerche l’incremento del livello del
mare al 2100, in caso di mancati interventi per mitigare le emissioni, può essere di oltre un metro e
fino a circa 2 metri massimo, una cifra due volte superiore alle previsioni del Quarto rapporto IPCC.
Rischi di danni irreversibili nel caso di mancate azioni di riduzione: diversi elementi vulnerabili del
sistema climatico (quali, ad esempio, la progressiva fusione delle coltri ghiacciate continentali di
Groenlandia ed Antartide, dei ghiacci artici estivi dell’Artico, la distruzione della foresta amazzonica,
le modifiche del monsone dell’Africa occidentale ecc.) possono condurre al superamento di soglie
critiche (Tipping Points – punti critici) sorpassate le quali il sistema diventa veramente
ingovernabile, con una serie di repentini effetti a cascata, rispetto alle nostre capacità gestionali. Il
rischio di sorpassare questi punti critici aumenta con l’incremento del riscaldamento globale stesso.
Vedasi i dati continuamente aggiornati del National Snow and Ice Datacenter www.nsidc.org
La ricerca su questi aspetti sta proseguendo ma si ritiene che sia possibile che alcuni punti critici
potranno essere sorpassati prima che ce ne rendiamo conto.
Le ricerche che sono state successivamente pubblicate non hanno fatto che confermare queste
preoccupazioni aggiungendo nuovi dati e conferme di trend.
Ma la cosa più rilevante che sta emergendo e che, nonostante tutte le nostre conoscenze avanzate in
merito, la dimensione di punti critici, effetti soglia, situazioni di sorpresa stanno diventando una
drammatica realtà quotidiana con la quale dobbiamo fare i conti e che sono certamente molto difficili da
prevedere, anche se ormai appaiono sempre più chiari i trend che ci aspettano.
Incremento delle emissioni
Il rapporto del Joint Research Centre della Commissione Europea, tramite il suo Institute for Environment e
Sustainability (IES) e della Netherlands Environmental Assessment Agency (PBL), dal titolo “”Trends in
Global CO2 emission: 2012 Report”14 ha fatto il punto sulla situazione delle emissioni di anidride carbonica
in atmosfera, principale causa del riscaldamento globale, dovute all’intervento umano.
Il dato complessivo delle emissioni di anidride carbonica riportato per il 2011 è certamente preoccupante:
le emissioni globali sono incrementate del 3%, raggiungendo la cifra più alta delle emissioni annuali
antropogeniche sin qui prodotta, di ben 34 miliardi di tonnellate. Nel 2009 si era verificato un declino
delle emissioni dell’1% e nel 2010 invece un incremento del 5%.
I maggiori paesi emettitori sono (si tratta sempre di dati del 2011) : Cina per il 29%, Stati Uniti per il 16%,
l’Unione Europea per l’11%, l’India per il 6%, la Federazione Russa per il 5% e il Giappone per il 4%.
In Cina il paese più popoloso del mondo, abbiamo oggi una media di emissioni di anidride carbonica pro
capite di 7.2 tonnellate. Nel 1990 era di 2.2 tonnellate pro capite, mentre la media di emissioni pro capite
nell’Unione Europea a 27 paesi, era di 9.2 ed ora, al 2011, è scesa a 7.5 e, negli Stati Uniti nel 1990 era di
19.7 tonnellate pro capite scese oggi a 17.3 che fanno comunque mantenere il livello di grande emettitore
di anidride carbonica a questo paese, per quanto riguarda il dato pro capite.
Vediamo, di seguito, le emissioni di altre importanti nazioni: Germania 9.2 tonn. pro capite nel 1990 e 9.9
nel 2011, Regno Unito, 10.3 nel 1990 e 7.5 nel 2011, Italia 7.5 nel 1990 e 6.7 nel 2011, Francia da 6.9 a 5.7,
Polonia da 8.2 a 9.1, Spagna da 5.9 a 6.4, Olanda da 10.8 a 9.8, Federazione Russa da 16.5 a 12.8, Giappone
da 9.5 a 9.8, Canada da 16.2 a 16.2, Australia da 16 a 19, Corea del Sud, da 5.9 a 12.4, Indonesia da 0.9 a 2,
Arabia Saudita da 10.2 a 16.5, Brasile da 1.5 a 2.3, Messico da 3.7 a 3.9, Iran da 3.7 a 5.5, Sud Africa da 7.3 a
7.2, Tailandia da 1.6 a 3.3.
Incremento della concentrazione di gas serra nella composizione chimica dell’atmosfera
Il prestigioso Mauna Loa Observatory nelle Hawaii documenta che la concentrazione di biossido di carbonio
(o anidride carbonica) nella composizione chimica dell’atmosfera ha raggiunto nell’ottobre 2012, il livello di
391 ppm (parti per milione di volume) 15 Se andiamo a ritroso nel tempo, da quando lo stesso Osservatorio
di Mauna Loa, scrupolosamente voluto e seguito dal grande Charles Keeling, fu pioniere nel raccogliere i
dati sulla concentrazione del biossido di carbonio nella nostra atmosfera possiamo constatare che questa
cifra era:
- di 315.98 ppm nel 1959, il primo anno in cui ebbe luogo una raccolta di dati strumentale durata per
l’intero anno,
- di 348.98 ppm nel 1987, l’ultimo anno in cui questa cifra rimase sotto le 350 ppm (che viene
indicata dai maggiori studiosi delle scienze del sistema Terra come un “confine planetario” – i ben
14
scaricabile dai siti http://edgar.jrc.ec.europa.eu/CO2REPORT2012.pdf e www.pbl.nl/en
15
Vedasi il sito dell’Osservatorio http://www.esrl.noaa.gov/gmd/ccgg/trends/.
-
-
noti Planetary Boundaries che l’umanità non dovrebbe sorpassare per evitare effetti disastrosi alle
nostre società),
di 356.27 ppm nel 1992 quando ebbe luogo a Rio de Janeiro il grande Earth Summit delle Nazioni
Unite,
di 363.47 ppm nel 1997 quando nella Conferenza delle Parti della Convenzione quadro sui
cambiamenti climatici tenutasi a Kyoto fu approvato l’omonimo Protocollo,
di 387.35 ppm nel 2009, quando nella Conferenza delle Parti di Copenaghen si approvò il
documento che impegnava i paesi firmatari a non far superare i 2°C alla temperatura media
terrestre rispetto all’epoca preindustriale,
di 389.78 ppm nel 2010.
Verso la fine del 2011 il Global Carbon Project ha reso pubblico il suo Carbon Budget del 2010 16
Il budget del ciclo del carbonio 2010 ci documenta che il tasso annuale di crescita di biossido di carbonio
nell’atmosfera è stato, nel 2010, di 2.36 ppm, uno dei tassi maggiori del decennio scorso.
La media di crescita per il periodo 2000-2009 è stata di 1.9 ppm l’anno, 1.5 per il decennio 1990-1999 e 1.6
per il decennio 1980-1989.
L’incremento del 2010 ha condotto, alla fine del 2010 stesso, ad avere una concentrazione di biossido di
carbonio nell’atmosfera di 389.6 ppm, il 39% in più rispetto alla concentrazione presente agli inizi della
Rivoluzione Industriale ( che era di circa 278 ppm nel 1750).
Il tasso di accumulo del biossido di carbonio nell’atmosfera è dovuto alle emissioni antropogeniche e, al
netto, di quanto sono in grado di assorbire i cosidetti sinks (serbatoi) naturali e cioè le foreste, il suolo e gli
oceani.
L’incremento delle emissioni da combustibili fossili è aumentato del 5.9% nel 2010 per un totale di 9.1
miliardi di tonnellate di carbonio emessi (che costituiscono 33.4 miliardi di tonnellate di biossido di
carbonio – ricordo sempre che per convertire il dato da carbonio a biossido di carbonio è necessario
moltiplicare il valore per 3.67). Questi livelli di emissione sono i più alti che sono stati mai raggiunti nella
storia umana e costituiscono il 49% in più rispetto al 1990 (l’anno cui fa riferimento il Protocollo di Kyoto).
16
vedasi il sito www.globalcarbonproject.org. Il Global Carbon Project è il più grande programma mondiale di ricerca
sul ciclo del carbonio che rientra nella prestigiosa Earth System Science Partnership (www.essp.org), patrocinata
dall’International Council for Science (www.icsu.org).
Il contributo alle emissioni totali provengono, nell’ordine, dai seguenti stati: Cina, USA, India, Federazione
Russa e Unione Europea. Si è verificato un declino repentino nelle emissioni di combustibili fossili nel 2009
dell’1.3% a causa della crisi finanziaria mondiale partita già nel 2008, ma la crescita del 5.9% del 2010
costituisce l’incremento annuale maggiore dal 2003.
Le emissioni di carbonio dovute a deforestazione e ad altre modificazioni di uso del suolo hanno contribuito
per altri 900 milioni di tonnellate al bilancio globale e mostrano un declino dovuto a qualche modesto
passo in avanti sul fronte della deforestazione e di nuove politiche per l’utilizzo del suolo.
I serbatoi naturali rappresentati dal suolo, le foreste e gli oceani sono riusciti a rimuovere il 56% di tutto il
biossido di carbonio emesso dalle attività umane nel periodo tra il 1958 ed il 2010.
Tutti i maggiori esperti internazionali del ciclo del carbonio, che si erano riuniti anche a Roma alla FAO
nell’ottobre 2011 in occasione della GEO Carbon Conference dal titolo “Carbon in a Changing World”, ci
dicono chiaramente che è urgente e necessario invertire questi trend negativi e drammatici.
Ancora oggi la maggioranza dei politici e dei decisori non riesce minimamente a comprendere che il deficit
ecologico assunto sin qui dall’umanità e gli effetti che stiamo subendo e subiremo sempre di più in futuro
per una totale sottovalutazione del valore del capitale naturale, sono da considerare un priorità di estrema
urgenza.
Tutti i Paesi possono e devono fare di più per ridurre quello che viene definito il “Gigatonne gap” (il gap del
miliardo di tonnellate), vale a dire ridurre le emissioni ai livelli che ci consentiranno di evitare gli effetti
peggiori. E’ evidente che è necessario rafforzare la credibilità delle azioni dei Paesi sviluppati, eliminando le
scappatoie nel conteggio delle emissioni e portando gli obiettivi ai livelli necessari per affrontare il
cambiamento climatico secondo le indicazioni che provengono dalla comunità scientifica.
Innalzamento del livello dei mari
Un eventuale riscaldamento delle temperature medie della superficie globale terrestre di 4°C superiori a
quelle di epoca preindustriale provocherebbe un innalzamento del livello dei mari da mezzo metro a un
metro e forse anche di più, entro il 2100. Limitare l’incremento della temperatura a soli 2°C potrebbe avere
come effetto un innalzamento del livello dei mari intorno ai 20 centimetri.
L’innalzamento del livello dei mari varia dal punto di vista regionale, a causa di una varietà di determinate
ragioni geofisiche (il volume dell’acqua negli oceani, la localizzazione dei sistemi di alta e bassa pressione
atmosferica, il bilancio tra evaporazione e precipitazioni, il movimento della superficie solida della Terra,
l’attrazione gravitazionale esercitata dai ghiacciai, la velocità di rotazione della Terra, e i cambiamenti
presenti nel volume dei bacini oceanici) ed è previsto più alto, fino al 20%, nelle aree dei tropici.
Come è stato sottolineato anche nel recente Annual Meeting della Geological Society of America tenutosi a
Charlotte, nella specifica sessione “Rapid Sea-level Rise and its Impacts: Past, Present and Future” 17 mentre
l’ultimo quarto rapporto IPCC del 2007 prevede una crescita del livello dei mari tra 20 -50 centimetri entro
il 2100, i trend registrati dalle attuali misurazioni eccedono gli scenari dell’ultimo rapporto IPCC e
suggeriscono un innalzamento del livello dei mari fino a un metro e più entro la fine del secolo.
Rischi ai sistemi che supportano la vita umana: alimentazione, acqua, ecosistemi
Condizioni di temperature sempre più calde e secche sono previste, tra gli altri, per l’Europa meridionale,
l’Africa (eccetto che alcune aree del nord est), ampie parti del Nord e Sud America e dell’Australia
meridionale.
Condizioni di temperature più umide e piovose sono previste in particolare per le alte latitudini
settentrionali, in particolare delle aree settentrionali del Nord America, dell’Europa settentrionale, e della
Siberia, e in alcune regioni toccate dai monsoni. Modificazioni sub stagionali e sub regionali ai cicli idrologici
17
Vedasi http://www.geosociety.org/meetings/2012
sono associate a rischi severi, come i fenomeni di inondazioni e siccità, che possono incrementare in
maniera significativa, anche se le medie annuali possono modificarsi di poco.
I bacini idrici dominati dai regimi monsonici, come quelli del Gange e del Nilo, sono particolarmente
vulnerabili ai cambiamenti stagionali del ruscellamento che possono condizionare in maniera significativa la
stessa disponibilità di acqua.
Si prevede la decrescita del ruscellamento annuale dal 20 al 40% nel Danubio, Mississippi, Rio delle
Amazzoni e nel Murray Darling.
Con l’incremento delle temperature i rischi per gli ecosistemi sono molteplici: si possono verificare
significative modificazioni degli ambienti che condizionano la loro futura evoluzione, si possono verificare
fenomeni di crollo degli ecosistemi forestali, di intensificazione degli incendi con successive modifiche della
vegetazione esistente nei vari ambienti e forti minacce alla biodiversità, alla ricchezza della vita sulla Terra,
così come la conosciamo.
Le minacce derivanti dal cambiamento climatico agli ecosistemi provocheranno problematiche tali che gli
stessi ecosistemi potranno transitare in stati completamente sconosciuti all’esperienza umana.
Inoltre i danni previsti agli ecosistemi provocheranno la drammatica riduzione dell’approvvigionamento dei
servizi degli ecosistemi sui quali dipendono le nostre società, come la disponibilità delle risorse ittiche e i
prodotti derivanti dall’agricoltura.
Sono stati pubblicati diversi lavori scientifici che documentano l’incremento dei fenomeni estremi in questo
ultimo decennio18 di cui riportiamo la seguente tabella:
Table 1 | List of record-breaking meteorological events in the past decade and their impacts.
Year
Region
2000
England and Wales
2002
Central Europe
2003
Europe
2004
South Atlantic
2005
North Atlantic
2007
Arabian Sea
England and Wales
Southern Europe
2009
Victoria (Australia)
18
Meteorological recordbreaking event
Wettest
autumn
on
record83 since 1766.
Highest daily rainfall
record in Germany42
since at least 1901.
Hottest summer in at
least 500 years30.
First hurricane in the
South Atlantic51 since
1970.
Record
number
of
tropical
storms,
hurricanes and category 5
hurricanes52 since 1970.
Strongest tropical cyclone
in the Arabian Sea53
since 1970.
May–July wettest since
records began in 1766
(ref. 43).
Hottest
summer
on
record in Greece33 since
1891.
Heatwave breaking many
station
temperature
Impact, costs
£1.3 billion (ref. 27).
Flooding of Prague and
Dresden, US$15 billion
(ref. 84).
Death toll exceeding
70,000 (ref. 31).
Three deaths, US$425
million damage85.
Costliest
US
natural
disaster, 1,836 deaths
(Hurricane Katrina).
Biggest natural disaster in
the history of Oman53.
Major flooding causing
~£3 billion damage.
Devastating wildfires.
Worst
bushfires
on
record, 173 deaths, 3,500
Vedasi, ad esempio, Coumou D. e Rahmostorf S., 2012, A decade of weather extremes, Nature Climate Change
published on line DOI:10.1038/NCLIMATE1452
2010
Western Russia
Pakistan
Eastern Australia
2011
Southern United States
Northeastern
United
States
Texas, Oklahoma (United
States)
Western Europe
Western Europe
Japan
Republic of Korea
records (32–154 years of
data)34
Hottest summer since
1500 (ref. 69).
Rainfall records44.
Highest December rainfall
recorded since 1900 (ref.
45).
Most active tornado
month on record (April)3
since 1950.
January–October wettest
on record1 since 1880.
Most extreme July heat
and drought since 18802.
Hottest and driest spring
on record in France1
since 1880.
Wettest summer on
record (The Netherlands,
Norway)1 since 1901.
72-hour rainfall record
(Nara Prefecture)1.
Wettest summer on
record1 since 1908.
houses destroyed34.
500 wildfires around
Moscow,
grain-harvest
losses of 30%.
Worst
flooding
in
Pakistan’s history, nearly
3,000 deaths, affected 20
million people6.
Brisbane flooding in
January 2011, costing 23
lives and an estimated
US$2.55 billion86.
Tornado hit Joplin causing
116 deaths.
Severe
floods
when
Hurricane Irene hit.
Wildfires
burning
3
million acres (preliminary
impact of US$6–8 billion).
French grain harvest
down by 12%.
Not yet documented.
73 deaths, 20 missing,
severe damage.
Flooding of Seoul, 49
deaths,
77
missing,
125,000 affected.
Roma, 19 novembre 2012
Mariagrazia Midulla, responsabile Clima Energia del WWF Italia, sarà a DOHA per seguire i negoziati a
partire dal 24 novembre. Per tutto il periodo, aggiornamenti WWF in tempo reale, news e
approfondimenti a richiesta, via twitter (@wwfitalia) o su www.wwf.it/cop18
Roma, 20 novembre 2012
Ufficio stampa WWF Italia, 06 84497213, 02 83133233, 349 0514472, 329 8315718
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