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DISEG – DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA STRUTTURALE E GEOTECNICA
1
TECNICHE DIAGNOSTICHE E LORO ANALISI CRITICA
1. Introduzione
In questa parte viene eseguita una rassegna delle tecniche diagnostiche utilizzate per la
determinazione di tutti gli elementi necessari per l'esecuzione di analisi strutturali di
ponti in muratura. Tali indagini sono di tipo non-distruttivo, intendendo come nondistruttiva una prova che non alteri il comportamento statico dell'opera. In questo senso
le prove potranno procurare lievi e localizzati danneggiamenti al manufatto, quali per
esempio il prelievo di carote, le cui dimensioni, raffrontate a quelle dell'intera opera
fanno rientrare la prova nell'ambito del non-distruttivo.
Le prove che verranno di seguito riportate in ordine alfabetico riguardano le indagini
geologiche e geotecniche, prove per determinazione delle proprietà meccaniche dei
materiali, di risposta strutturale ed ancora di rilievo tecnologico del manufatto
TECNICHE DIAGNOSTICHE SULLA MURATURA
2.1 Carotaggi
Il carotaggio consiste nell'estrazione dalle strutture di campioni cilindrici tramite
carotatrici; sui provini da questi ricavati si eseguono in laboratorio le prove per la
determinazione di massa volumica, prove meccaniche, di permeabilità, di gelività, ecc.
L'esecuzione del sondaggio per murature di laterizio o pietra si può fare riferimento a
prescrizioni della norma UNI 6131 anche se questa è specifica per strutture in
calcestruzzo.
Secondo la norma la profondità e la dimensione del carotaggio vengono stabilite in
relazione allo spessore degli elementi da indagare ed agli scopi dell’indagine. Inoltre il
criterio comune da seguire durante i prelevamenti deve essere la riduzione al minimo
del danneggiamento provocato dall'estrazione sul campione.
L'estrazione di carote avviene mediante una carotatrice costituita da un tubo di acciaio,
detto carotiere, alla cui estremità è posta una corona tagliente, detta corona diamantata.
Il carotiere viene connesso ad un albero collegato a sua volta ad un motore. Ogni corona
si identifica con un diametro esterno che corrisponde al foro di perforazione, ed un
diametro interno che corrisponde alla carota che si preleva.
Nel movimento di avanzamento la sonda deve essere esente da vibrazioni, per
assicurare che il diametro della carota sia costante ed il suo asse rettilineo. La sonda
pertanto deve essere rigida e correttamente ancorata.
La corona deve avere diametro leggermente superiore a quello del tubo in modo che
quest'ultimo possa entrare nel foro senza incontrare ostacoli.
La lunghezza di taglio standard sono entro i 400-500 mm; con l’applicazione di apposite
prolunghe, come illustrato in figura 1, si possono raggiungere profondità elevate,
diverse a seconda del materiale da perforare e del diametro del foro.
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corona diamantata
albero
asta di prolunga
adattatore
carotiere
Figura 1- Parti costituenti una carotatrice
L'avanzamento è inversamente proporzionale alla velocità angolare del carotiere, in
quanto maggiore è la resistenza che viene ad incontrare il carotiere, minore sarà la
velocità di rotazione. L'avanzamento deve essere lento per recare il minore disturbo alla
carota che deve essere estratta.
Il calore che viene sviluppato durante l'operazione recherebbe danno alla corona e per
evitare questo inconveniente va continuamente raffreddata con getto di acqua. Il getto
d'acqua ha anche lo scopo di lubrificare le superfici di contatto fra il tubo di carotaggio
e muratura in modo da evitare attrito fra i due materiali e il possibile trasferimento di
momento torcente alla carota.
Prima dell'estrazione è necessario provocare la rottura della parte finale della carota che
è ancora solidale alla muratura, attraverso ripetuti movimenti del carotiere in direzione
trasversale nel piccolo spazio che si è creato fra di esso e la muratura.
All'atto del prelievo ogni campione deve essere identificato chiaramente, annotando il
punto specifico di prelievo e la tessitura della muratura, possibilmente con l'aiuto di uno
schizzo della struttura.
Nella lavorazione dei campioni occorre scartare dagli stessi parti eventualmente
danneggiate dalle operazioni di estrazione.
La prova consente altresì di esaminare la stratigrafia e le condizioni della muratura
interna dall'esame della carota o con endoscopie.
2.2 Compressione su prisma
2.2.1 Considerazioni generali
Tutte le caratteristiche meccaniche di seguito specificate dovranno essere determinate
presso un Laboratorio Ufficiale su un insieme di un minimo di campioni a cui possa
applicarsi il metodo sotto riportato.
Nel caso in cui venga effettuata la prova su almeno 30 campioni la resistenza
caratteristica viene ricavata, in accordo con le UNI 9730-3, mediante la seguente
formula:
f k = f m - 1,64 s
(1)
nella quale
f m rappresenta la media aritmetica delle resistenze unitarie dei campioni ed s lo scarto
quadratico medio.
Nel caso in cui il numero n dei campioni sia compreso tra 10 e 29 il coefficiente
moltiplicatore di s assumerà convenzionalmente i valori k riportati nella tabella 1.
Tabella 1-Coefficiente k per calcolo della resistenza caratteristica in funzione del numero di provini
n
10
12
16
20
25
k
2,13
2,06
1,98
1,93
1,88
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In entrambi i casi qualora il valore s calcolato risultasse inferiore a 0,08 f m si dovrà
introdurre nella formula questo ultimo valore.
Nel caso infine in cui la prova venga effettuata su un numero di campioni compreso fra
6 e 9 la resistenza caratteristica viene assunta pari al minimo dei seguenti due valori:
a) 0,7 f m - 2 (N/mm2 );
b) il valore minimo della resistenza unitaria del singolo campione.
2.2.2 Compressione su componenti di muratura
La prova è normata dalle UNI 771-1 a cui fa esplicito riferimento l'Eurocodice 6 ed è
finalizzata alla determinazione della resistenza a compressione f b dei componenti di
muratura, siamo questi laterizi o pietre.
La macchina del collaudo avrà capacità adeguata a schiacciare tutti i campioni della
prova e deve poter fornire il carico in passi.
La pressa sarà equipaggiata con due piastre acciaio per il trasferimento del carico al
provino; una piastra si potrà allineare liberamente coi campioni a contatto mentre la
seconda è un blocco non inclinabile e piano. Le facce delle piastre devono essere
maggiori della massima dimensione dei provini da esaminare. Se necessario, si
procederà al taglio del blocco stesso. Qualora si operi su blocchi la cui larghezza ecceda
i 40 cm, ciascun elemento verrà suddiviso in due parti eguali e simmetriche mediante un
taglio parallelo alla direzione di eventuali fori; le porzioni in aggetto dei setti dovranno
essere eliminate. La resistenza del blocco si otterrà mediando i risultati ottenuti dalle
prove sui due semiblocchi.
I requisiti della pressa sono:
- massima ripetibilità sulle forze come percentuale della forza indicata 2.0 %;
- il massimo errore medio sull'applicazione delle forze deve essere pari a ± 2.0 %
della forza applicata;
- il massimo errore possibile di zero strumentale deve essere pari a ± 0.4 % del
massimo intervallo di forze.
Il campione deve essere pesato con accuratezza dello 0,1% della sua massa.
Il minimo numero di campioni sarà sei, se non specificatamente richiesto.
Campioni devono essere esaminati nell'orientamento specificato; per certe forme di
costruzione, sarà necessario per esaminare le unità della muratura in più di uno
orientamenti.
Le facce dei provini normali alla direzione del carico devono essere preventivamente
preparate rimuovendo eventuali incavi e scanalature e spianando le superfici, tramite
una smerigliatrice, con tolleranza di 0,1 mm ogni 100 mm, altrimenti dovranno essere
corrette con un foglio di piombo dello spessore di 1 mm interposto tra il piatto della
pressa e la faccia del blocco.
Se l'altezza che rimane dei campioni dopo la macinazione è meno che 40 mm o il
rapporto fra altezza e larghezza è minore di 0.4 la prova di compressione deve essere
eseguita su campioni compositi ottenuti dalla sovrapposizione di tre provini senza usare
qualsiasi malta o materiali di separazione tra loro. In alternativa la prova va eseguita
interponendo uno stato di teflon, o di altro materiale idoneo a ridurre l'attrito, fra le
piastre ed il provino per ridurre l'effetto di confinamento dato dalle piastre stesse..
I campioni per i quali è richiesta una prova a compressione con determinato contenuto
di umidità devono essere condizionati ad una serie di prescrizioni.
Il condizionamento in aria secca sarà realizzato in concordanza con una delle seguenti
procedure:
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- immagazzinando i campioni per almeno 14 giorni in laboratorio a temperatura
maggiore di 15 °C e umidità relativa minore di 65% e testandoli quando la differenza
di peso in un intervallo di 24 ore sia minore dello 0.2% del peso totale;
- asciugando i campioni a 105 °C ± 5 °C per almeno 24 ore e rinfrescando l'ambiente
per almeno 4 ore.
Il condizionamento in forno può essere effettuato:
- asciugando i campioni a 105 °C ± 5 °C e testandoli quando la differenza di peso in un
intervallo di 24 ore sia minore dello 0.2% del peso totale;
- asciugando i campioni a 70 °C ± 5 °C e testandoli quando la differenza di peso in un
intervallo di 24 ore sia minore dello 0.2% del peso totale. Prima di testarli vengono
portati a 20 °C ± 2 °C finché l'equilibrio termale non è raggiunto;
Le UNI EN 772-1 prevedono inoltre il condizionamento ad un contenuto di umidità pari
al 6% ± 2% delle massa che deve rispettare le seguenti procedure:
- calcolo della massa dell'asciutto dell'unità. La massa del campione al tempo di
collaudo sarà la massa dell'asciutto moltiplicata entro 1,06.
- Asciugamento del campioni a una temperatura che non ecceda i 500°C fino al
raggiungimento della massa finale voluta, con un'accuratezza di ± 0,2% della massa
asciutta.
- Prima di testarli i campioni vanno immagazzinati alla temperatura della stanza per
almeno 5 h, e prima di essere esaminati vanno pesati.
L'ultimo tipo di condizionamento previsto dalla norma è quello per immersione per cui
il campione va immerso in acqua alla temperatura di 20 °C ± 5 °C per 5 h.
Le superfici di carico della macchina devono essere pulite e deve essere rimossa
qualsiasi sabbia grossolana sciolta sul campione. Il campione va allineato col centro
della piastra e va assicurato un contatto uniforme.
Il carico deve essere fornito a passi sulla base del carico di rottura; per il primo provino
i passi vengono assunti al momento, mentre per i successivi provini i passi di carico
seguono le indicazioni in Tabella 2 sulla base del carico di rottura del primo provino.
Tabella 2- Incrementi di carico da adottare nella prova
Valore atteso del carico di rottura [MPa]
Passo di carico [MPa]
< 10
0.05
da 11 a 20
0.15
da 21 a 20
0.30
da 41 a 20
0.60
> 80
1.0
La resistenza a compressione di ciascun campione è ottenuta dividendo il carico del
massimo realizzato per l'area caricata, approssimando il risultato a 0,1 MPa. La
resistenza a compressione cercata è data del valore minore registrato.
Nella norma UNI EN 772-1 è compreso un allegato che riporta le conversioni delle
resistenza per i diversi condizionamenti e la normalizzazione del valore di resistenza.
La resistenza a compressione può essere convertita a seconda del condizionamento dei
provini in una resistenza equivalente attinente al condizionamento di aria asciutta. I
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moltiplicatori per questa conversione sono pari a 0,8 se il condizionamento è in forno,
di 1,2 per quello in immersione e di 1,0 per quello a contenuto di umidità del 6%.
La resistenza a compressione normalizzata f b viene calcolata moltiplicando quella
relativa al condizionamento di aria asciutta per un fattore di forma, dato in tabella 3.
Spessore (mm)
Altezza (mm)
40
50
65
100
150
200
>250
50
0.80
0.85
0.95
1.15
1.30
1.45
1.55
Tabella 3-Fattori di forma
100
150
0.70
0.75
0.85
1.00
1.20
1.35
1.45
0.70
0.75
0.90
1.10
1.25
1.35
200
>250
0.70
0.80
1.00
1.15
1.25
0.65
0.75
0.95
1.10
1.15
Il valore dell'altezza in tabella si intende quello dopo la preparazione della superficie; è
consentita l'interpolazione lineare tra valori adiacenti.
2.2.3 Compressione su muratura
La compressione su prisma è norma ta dalle UNI EN 1052-1 a cui fa riferimento
l'Eurocodice 6. La resistenza a compressione della muratura viene determinata dalla
resistenza di piccoli campioni di muratura che vengono testati in laboratorio. I provini
vengono caricati uniformemente in compressione e viene registrato il massimo valore di
carico Fmax .
Il macchinario applicherà il carico al provino in modo tale che attraverso le superfici
caricate gli spostamenti siano uniformi. Se le piastre della macchina della prova sono
più corte del campione esaminato il carico può essere trasmesso da travi che lunghezza
maggiore di quella del campione.
I requisiti del macchinario da carico sono:
- massima ripetibilità sulle forze come percentuale della forza indicata 2.0 %;
- il massimo errore medio sull'applicazione delle forze deve essere pari a ± 2.0 %
della forza applicata;
- il massimo errore possibile di zero strumentale deve essere pari a ± 0.4 % del
massimo intervallo di forze.
La prova va eseguita su un minimo di tre provini, realizzati seguendo precise
indicazioni fornite dalla norma e riportate in Tabella 4. Le grandezze citate nella tabella
sono rappresentate in Figura 2.
Tabella 4-Dimensioni dei campioni per prove di compressione.
Dimensioni del mattone
Dimensioni della muratura
lunghezza l u (mm) larghezza hu (mm)
lunghezza l s
altezza hs
≤ 150
≥ 5 hu
≤ 300
≥ (2xl u)
>150
≥ 3 t s e 15 t s
≥ 3 hu
e ≥ ls
≤ 150
≥ 5 hu
> 300
≥ (1.5xlu)
>150
≥ 3 hu
spessore t s
≥ 5 ts
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Figura 2- Posizione dei comparatori di spostamento
Se l'altezza del campione in accordo con la tabella 4 è maggiore di 1000 mm è
ammissibile la riduzione della dimensione del provino tagliando l'unità in modo che:
• ls≥ 400 mm e ls ≥ lu ;
• il campione includa almeno un giunto di testa nel corso centrale;
• l'altezza a cui viene operato il taglio dalle facce superiore e inferiore del mattone
non sia minore dello spessore del campione;
• la faccia originaria del mattone sia usata per la malta.
I provini devono essere costruiti con facce piane orizzontali. La maturazione della malta
deve avvenire nei primi tre giorni con precauzioni per evitare asciugamento; questo può
essere fatto con coprendo i campioni con fogli di polietilene. Va assicurato che la
distribuzione del carico sulla faccia del provino sia normale alla faccia e perpendicolare
all'asse della muratura. Questo può essere effettuato, per esempio, mettendo due piastre
d'acciaio sulle basi del campione e se necessario con un sottile strato di malta. Il
campione può essere testato quando la forza di compressione raggiunge valori richiesti
per classe di malte, in alternativa, dopo 28 giorni di maturazione.
Il provino deve essere centrato nella cella di carico assicurandosi che le basi permettano
un contatto uniforme con il macchinario.
L'applicazione del carico avviene in modo uniforme incrementando costantemente il
carico fino alla rottura, per una durata della prova tra i 15 ed i 30 minuti. Il tempo della
prova dipende dalla resistenza della muratura da cui dipende il valore dell'incremento di
carico che viene scelto sulla base del valore di rottura del primo campione, che viene
caricato con incrementi di 0.15 MPa per mattoni poco resistenti fino a 1.25 MPa per
quelli più resistenti.
Per la determinazione del modulo di elasticità si procede disponendo i comparatori di
spostamento come mostrato in Figura 1 ed applicando il carico almeno con tre passi
uguali fino al raggiungimento di metà del carico di rottura atteso. Dopo ogni passo la
forza di compressione va tenuta costante per n intervallo di tempo di 2 min ± 1 min per
determinare gli spostamenti. Dopo l'ultimo passo il carico viene incrementato fino al
raggiungimento della rottura.
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Le misura che vanno effettuate riguardano le dimensioni del provino che devono essere
determinate con approssimazione di 1 mm, il carico massimo Fmax che provoca la
rottura deve essere approssimato a 1 kN. Deve essere registrato, inoltre, il carico che
provoca l'insorgenza di fessure e la durata della prova. Se viene richiesta la
determinazione del modulo di elasticità E le deformazioni ε devono avere precisione di
25⋅10-6 e misurate rispetto ai quattro punti indicati in Figura 1 fino al raggiungimento di
un carico pari a metà di quello di rottura.
Le resistenza della muratura viene espressa come:
F
f i = i,max
(2)
Ai
mentre il modulo elastico secante E viene calcolato per un livello di carico pari ad un
terzo di quello di rottura tramite:
F
Ei = i,max
(3)
3 ⋅ ei ⋅ Ai
con ε i deformazione corrispondente ad un carico pari ad un terzo di quello di rottura e
Ai area della sezione del provino.
La resistenza caratteristica di compressione f k risulta maggiore di:
f
fk =
o f k = f i,min
(4)
1,2
qualsiasi sia il minore. Quando sono stati testati cinque o più campioni la resistenza
caratteristica è data del frattile 5%.
Se la resistenza del mattone f b o della malta f m al momento della prova devia dalle
specifiche resistenze del mattone f bd o della malta f m d il valore di resistenza a
compressione f i fornito dalla prova viene modificato in una resistenza equivalente f id per
mattoni e malta specifici usando equazione:
0.65
0.25
f 
f 
f id = f i ⋅  bd 
⋅  md 
(5)
 fb 
 fm 
Questa formula viene utilizzata quando la resistenza media a compressione del mattone
f b si discosti del 25% dal valore specifico f bm e/o quando la resistenza della malta f m non
rispetta le resistenza specifica delle classi f m .
La resistenza caratteristica della muratura, anche in questi casi viene ottenuta dalla
formula 4.
2.3 Compressione su carota
La prova a compressione su carota è normata dalle Fiche UIC 778-3E.
L'esecuzione della prova a compressione su carota avviene su provini prelevate in modo
che la ripartizione in pietre e malta dei giunti corrisponda a quella della muratura in
opera, la direzione di sondaggio deve essere perpendicolare alle linee di forza presenti
nella parte dell’opera.
La carota deve avere diametro d almeno 150 mm mentre la lunghezza l deve essere
almeno pari al diametro.
L’esame si svolge ponendo la carota fra i piatti, come mostrato in Figura 3, ed
applicando il carico sulle superfici laterali nella direzione di sollecitazione della
muratura in opera.
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Figura 3- Compressione su carota
Le superfici laterali devono essere regolarizzate nelle zone di appoggio in modo che il
provino appoggi su tutta superficie. Per la regolarizzazione le Fiche consigliano
l'utilizzo di malta di cemento con rapporto cemento sabbia di 1 a 2 e l'impiego di sabbia
fine con diametro massimo 1 mm. Se la regolarizzazione è fatta con altri materiali, la
loro resistenza deve essere almeno uguale a quella delle pietre.
La resistenza alla compressione viene determinata applicando al campione un carico di
crescente fino alla rottura, e che produce una tensione crescente nell’unità di tempo di
circa 1/120 del valore della tensione di rottura prevedibile. La durata della prova è circa
di 2 minuti.
La resistenza a compressione del campione di muratura viene espressa come:
F
R=
(6)
d ⋅l
dove F è il carico che provoca la rottura, d il diametro della carota e l la sua lunghezza
Il valore normalizzato della resistenza ottenuta dalla prova viene espresso come
Fmd = 1.1 ⋅ Fm,min ≤ Fm,m
(7)
dove il fattore 1,1 rappresenta un coefficiente che consente il passaggio dal frattile 5%
al frattile 10%, Fm,min il più piccolo valore di prova e Fm,m il valore medio di tutti i
valori di prova.
Le norme Fiche riportano un commento sul valore della resistenza a compressione
secondo il quale altri documenti fornirebbero come resistenza della carota β D,BK = 1,3
F/A e come resistenza dell’elemento β D,W = 1,75 βD,BK. Dato che i due fattori sono
prossimi ad 1, R corrisponderebbe alla resistenza a compressione dell’elemento di
muratura.
La determinazione del modulo di elasticità E e del coefficiente di deformazione
trasversale ν, avviene disponendo alle estremità della carota trasduttori per la misura
delle deformazioni in direzione orizzontale e verticale con precisione di 2⋅10-5 .
Mediante una prova preliminare si determina l’ordine di grandezza del carico di rottura.
Noto questo parametro si stabilisce l’incremento del carico di prova, che deve essere
1/10 del carico di rottura stimato, che può essere conferito anche in modo continuo fino
al livello equivalente di 0,5 volte il carico di rottura; i valori di misura sono annotati per
livelli di carico o in continuo. La forza di compressione viene quindi aumentata in
maniera continua fino alla rottura. Il modulo di elasticità E = σ / ε è calcolato come
modulo secante; quello calcolato in corrispondenza di 1/3 della resistenza e considerato
come modulo E normalizzato. Il coefficiente di deformazione trasversale ν è dato dal
rapporto della deformazione trasversale su quella longitudinale misurati sulle facce dei
provini.
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Per la determinazione della contrazione si introduce per σ=F/A la superficie A=0,75⋅d⋅l.
2.4 Endoscopia
Le indagini endoscopiche permettono il rilievo stratigrafico della muratura e
l’individuazione di eventuali vuoti o cavità all’interno dei corpi murari.
L’endoscopia si esegue praticando un foro di piccolo diametro nei punti da indagare;
possono essere sufficienti fori di 10 mm e genericamente inferiori ai 20 mm. La
profondità del foro è variabile a seconda dell’indagine da effettuarsi, come limite
massimo si possono eseguire fori di lunghezza pari a 120-150 cm.
Per eseguire i fori nella muratura vengono utilizzati trapani a basso numero di giri per
non indurre vibrazioni eccessive nella struttura muraria in esame.
Lo strumento che viene utilizzato è il boroscopio rigido, cioè un’asta con opportuno
sistema di lenti e luce guida che permette la completa ispezione interna delle pareti del
foro dalla quale è deducibile l’esecuzione tecnologica della muratura permettendo di
rilevare qualsiasi situazione di discontinuità.
Qualora siano presenti nella muratura fessure o distacchi sufficientemente ampi si può
ricorrere all’utilizzo dell’endoscopio flessibile, dotato di fibra ottica, che ha la
particolarità di adattarsi al cammino del foro.
All’endoscopio può essere applicata una macchina fotografica o una videocamera che
consente l’archiviazione della prova eseguita.
Le principali caratteristiche delle strutture emerse nel corso delle ispezioni visive
devono essere riportate in un’adeguata documentazione fotografica che evidenzierà con
didascalie e particolari le eventuali situazioni di discontinuità del tessuto murario.
Le fotografie in Figura 4 sono un esempio di endoscopia all'interno di una muratura;
nella fotografia a sinistra si evidenzia la presenza di un difetto nella parte superiore del
foro, mentre nell'altra fotografia il materiale si presenta intatto
Figura 4 - Immagini di endoscopie.
I risultati della prova possono anche essere registrati, nel caso delle video endoscopie,
su supporto magnetico per future analisi. Le informazioni contenute includono le misure
di grandi cavità ed una visione generale del materiale, tuttavia l'interpretazione dei
fotogrammi può essere un'operazione difficile; va ricordato quindi che l'endoscopia può
essere utilizzata solamente per capire la stratigrafia (Binda et al., 2000).
2.5 Estrazione di campioni da muratura esistente
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Per la rimozione di campioni di muratura esistente le raccomandazioni LUM D.1
forniscono una guida per la rimozione, per le condizioni prima del test e per i contenuti
del rapporto della prova.
Alcune delle prove descritte richiedono infatti l'estrazione di campioni di muratura che
possono essere rimossi dalla struttura senza provocare danno significativo.
Dove possibile i campioni prelevati dovrebbero rispettare le indicazioni prescritte per
ciascuna prova per quanto riguarda forma dimensione e numero. Particolare cura deve
essere prestata nel prelievo e nel trasporto dei campioni per non danneggiarli
significativamente e senza indurre eccessive vibrazioni. I campioni della muratura
dovrebbero essere mantenuti al livello di umidità presente al momento della rimozione.
Apparato necessario.
L'apparato per tagliare deve essere portatile; di seguito vengono riportati in tabella 5
possibili apparati con le relative applicazioni possibili.
Tabella 5- Apparecchiature e relative applicazioni
Apparecchiatura
Martello e cesello
Sega a mano in carburo di Tungsteno
fornita di punta
Cesello da malta attaccato a trapano a
percussione?
Disco diamantato a mano o sega di
carbonio.
Macchina montata o sega abrasiva.
Applicazione
Solo per campioni di mattoni.
Per unità e campioni piccoli in materiali
molli.
Campioni di mattoni
Pezzi piccoli di muratura
Grandi sezioni di muratura
I grandi campioni di malta non sono trovati facilmente in muratura; la loro dimensione
raramente sarà grande come quella richiesta da una prova standard. Equipaggiamento
sarà richiesto per maneggiarlo e trasportarlo in laboratorio. Idealmente ciascuno
campione dovrebbe essere precompresso prima del trasporto per ridurre la probabilità di
danno, per esempio stringendo con un morsetto pezzi piccoli tra due sezioni dell'acciaio.
Questo è particolarmente importante per campioni che vanno provati a flessione.
Procedura
Precauzioni strutturali: di fronte alla rimozione o al taglio di qualsiasi sezione della
muratura esso deve essere stimato adeguatamente da persona qualificata che controlli
che il danno non sarà critico alla stabilità.
La rimozione di singole unità o gruppi piccoli da grandi aree di muratura normalmente
sarà possibile senza precauzioni speciali ma si dovrebbero fare controlli se saranno
prelevati molti campioni da un'area limitata.
Dove è richiesto il prelievo di singole unità da muri stretti o colonne snelle la stabilità
dell'elemento strutturale deve essere verificata in anticipo.
La particolare cura dovrebbe essere esercitata per assicurare che il taglio non disturbi il
comportamento strutturale dell'elemento. In casi dove la stabilità del muro potrebbe
essere disturbata i percorsi del carico provvisorio devono essere calcolati prima del
taglio.
Se lo stato di tensione/deformazione del provino è rilevante, prima e dopo
l’asportazione del campione, devono essere misurati gli spostamenti nelle immediate
vicinanze della zona interessata. Questo rende possibile valutare lo stato di tensione
nella muratura e, se necessario, ricrearlo in laboratorio.
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Se le misura sono ritardate dopo l’asportazione avrà luogo un fenomeno di rilassamento
con grandi deformazioni.
2.6 Indagini radar
2.6.1 Considerazioni generali
L’Imaging georadar, normalmente indicato come GPR (Ground Penetrating Radar)
utilizza onde elettromagnetiche inviate sulla superficie dell’oggetto in esame da
un’antenna, movimentata sulla superficie stessa in modo controllato. L’antenna stessa
riceve il segnale riflesso (eco). La tecnica GPR può essere utilizzata in molte
applicazioni, quali ad esempio la misura dello spessore di strati stradali, di superfici
ghiacciate di laghi e della copertura interna di condotte e gallerie, l’indagine su
formazioni geologiche e siti archeologici e la mappatura di campi minati. I tempi
d’indagine sono relativamente contenuti, il che permette l’ispezione di strutture di
elevate dimensioni.
Il fenomeno d’interferenza dell’onda radar in un determinato materiale è legato alla
velocità di propagazione dell’onda stessa, che a sua volta dipende dalle caratteristiche
fisiche del materiale in questione. In generale, la velocità di propagazione dell’onda è
influenzata dalla costante dielettrica e dalla suscettività magnetica del materiale. La
profondità massima raggiungibile dall’impulso radar è funzione della frequenza dello
stesso e della resistività elettrica del materiale. Maggiore è la frequenza, minore è la
profondità raggiunta. Durante la propagazione all’interno del materiale, l’onda radar
subisce un’attenuazione, la cui entità è direttamente proporzionale alla conduttività
elettrica del materiale stesso. Inoltre, ogni qualvolta siano presenti discontinuità
strutturali, quali fratture, cavità o cambi di materiale, l’onda viene in parte riflessa,
generando impulsi secondari. Tali impulsi vengono registrati e, se correttamente
interpretati, permettono di risalire alle conformazioni materiche che li hanno generati.
Conoscendo la costante dielettrica del materiale, si può determinare la profondità
dell’interfaccia riflettente.
La scelta della frequenza di lavoro deve tenere conto delle caratteristiche meccaniche ed
elettriche dei materiali, della risoluzione spaziale richiesta e della profondità da
indagare. Antenne ad alta frequenza (500÷1000 MHz) forniscono elevate risoluzioni
spaziali ma limitate profondità di penetrazione, quindi sono adatte per investigare
spessori modesti. Al contrario, antenne a bassa frequenza (100÷500 MHz) consentono
una penetrazione superiore, con una penalizzazione, tuttavia, in termini di risoluzione. Il
risultato di un rilievo GPR è un radargramma, in pratica una sezione dell’oggetto, dove
una delle dimensioni rappresenta la linea lungo la quale è stata movimentata l’antenna e
l’altra definisce un intervallo temporale (tempo di volo dell’onda), che, una volta
definita la velocità di propagazione dell’onda radar all’interno del materiale, consente di
ottenere la profondità cercata.
I possibili usi della tecnica radar per l’ingegneria civile può far prevedere un suo
sviluppo nei prossimi anni; in Inghilterra la UK Highways Agency ha commissionato
uno stud io per l’utilizzo di metodi radar specifici per archi in muratura e ponti in
calcestruzzo (McCann, 2001)
2.6.2 Indagini radar per la fondazione
Il sistema radar per l’introspezione del sottosuolo utilizza un insieme di antenne per
acquisire contemporaneamente sezioni radar multifrequenza, monostatiche, cioè con
trasmettitore e ricevitore posizionati sulla stessa antenna, bistatiche, trasmettitore e
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ricevitore su due antenne distinte e cross-polari con trasmettitore e ricevitore ortogonali
fra loro. Operando con tale tecnica si ottiene una maggiore qualità avendo a disposizioni
un maggior numero di informazioni. La successiva fase di elaborazione dei dati
permette di ottenere:
• Sezioni Radar: sezioni verticali del sottosuolo (lunghezza per profondità) che
visualizzano la risposta del terreno alle onde elettromagnetiche., fornendo
informazioni circa la presenza di riflettori (bersagli, anomalie, e discontinuità fisiche)
riconoscibili sulla base di esempi caratteristici
• Sezioni tomografiche: sezioni orizzontali (lunghezza per larghezza) di spessore
definito in funzione dell’oggetto della ricerca, che consentono una visione in pianta
del sottosuolo alle varie profondità. La tomografia è ottenuta tramite particolari
algoritmi che enfatizzano le riflessioni delle onde elettromagnetiche. Le mappe
tomografiche sono di ausilio per ottimizzare in prima approssimazione la capacità di
individuazione degli elementi di interesse.
• Mappe della penetrazione e della attenuazione del segnale: dove si distinguono le
aree a maggiore o minore di penetrazione delle onde elettromagnetiche sulla base
delle caratteristiche fisiche del sottosuolo.
I risultati del rilievo radar vengono infine sintetizzati all’interno di un rapporto tecnico
contenente la cartografia tematica del sottosuolo, contenente la griglia delle passate
radar effettuate, la posizione dei target radar individuati e sezioni esplicative, dettagliate
mediante apposita simbologia.
La strumentazione necessaria per l’introspezione è costituita da una famiglia di sensori
che operano a varie frequenze (200, 400, 600 e 1200 MHz) e con diverse configurazioni
di antenne.
2.6.3 Indagini radar per la muratura
Le indagini radar possono essere applicate anche alla muratura utili avere un quadro
generale dello stato di conservazione. I principi e la tecnica su cui si basa la prova sono
gli stessi precedentemente descritti. Possono essere impiegate onde ad alta e bassa
frequenza oppure segnali multifrequenza. In fase di elaborazione i dati vengono
analizzati con algoritmi di tomografia a riflessione.
L’indagine permette l’individuazione di materiali di qualsiasi natura presenti all’interno
di murature esaminate, il rilievo di fratture e cavità, l’individuazione di discontinuità,
disomogeneità ed altre anomalie.
Nelle figure 5 e 6 vengono riportate due applicazione del georadar su muratura
effettuata (Binda et al. 1998). In entrambe le situazioni vengono riportate le immagini
radar prima e dopo l'elaborazione dei dati e in ultimo l'effettiva morfologia della
muratura.
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Figura 5- Immagini radar di muratura prima e dopo l'elaborazione dei dati ed effettiva morfologia.
Figura 6- Immagini radar di muratura prima e dopo l'elaborazione dei dati ed effettiva morfologia.
Maierhofer e Leipold (2001) hanno effettuato una sperimentazione su murature di
mattoni pieni, semipieni e forati e malta di calce, per testare l'efficacia ed i limiti della
prove radar.
Dalla sperimentazione è emerso che:
- la distribuzione di umidità è possibile misurando il tempo di volo dell'onda e la
permittività e comparando a curve di calibratura;
- la distribuzione dell'umidità è possibile misurando i tempi di volo, senza però ottenere
valori assoluti;
- la scoperta di giunti in murature di mattoni pieni è possibile utilizzando frequenze di
1.5 GHz; giunti non riempiti vengono scoperti con un segnale di piccola iperbole
purché il contenuto di umidità sia basso e contenga sali;
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- la scoperta di giunti in murature di mattoni forati può essere fatta con campo parallelo
alla giunture ed è richiesto basso contenuto di umidità e presenza di sali disciolti;
- il riempimento di giunti può essere investigato comparando i radargrammi di giunti
vuoti e riempiti senza ottenere dati quantitativi;
- la scoperta di stati di materiali differenti è affidata all'interpretazione dei segnali di
uscita dai quali sono ottenibili le caratteristiche di permissività dei vari strati.
- larghi vuoti possono essere scoperti facilmente; il volume del più piccolo vuoto
trovato dalle prove radar è stato di 800 cm3 .
Le conclusioni a cui sono arrivati Maierhofer e Leipold (2001) sono che il metodo radar
per le murature può essere utilizzato per la determinazione del contenuto di umidità e
della distribuzione e per la localizzazione di giunti riempiti e vuoti, di vuoti nella
muratura e delle interfacce tra materia li con differenti proprietà dielettriche. Tuttavia il
metodo è uno strumento promettente per ulteriori investigazioni sulle murature in
particolare per quanto riguarda murature storiche disomogenee.
2.7 Martinetto piatto
Le indagini effettuate tramite martinetti piatti singoli e doppi sono volte,
rispettivamente, alla determinazione dello stato tensionale locale all’interno di una
struttura e alla determinazione di parametri di deformabilità e resistenza della muratura.
2.7.1 Martinetto piatto singolo
L’indagine con il martinetto piatto singolo si basa sul concetto di eseguire un taglio in
un corpo e sostituire al materiale asportato forze equivalenti al ripristino delle
condizioni iniziali del corpo. L’esecuzione di un taglio piano in direzione normale alla
superficie di un elemento provoca una richiusura dei lembi della fessura; introducendo
un martino piano all’interno della fessura è possibile riportare i lembi della fenditura
nelle condizioni iniziali. Dalla forza esercitata del martinetto per ottenere questa
situazione permette la conoscenza dello stato tensionale presente nella muratura.
La metodologia prevede quindi l’esecuzione del taglio, la misurazione della chiusura
della fessura, la cui entità viene rilevata attraverso misure di convergenza fra due o più
punti situati in posizione simmetrica rispetto allo stesso taglio tramite di un
deformometro, situazione illustrata in Figura 7. Inserito il martinetto piatto all'interno
del taglio viene portato gradualmente in pressione fino ad annullare la convergenza in
precedenza misurata. In queste condizioni, come detto, la pressione all'interno del
martinetto sarà pari alla sollecitazione preesistente nella muratura, a meno di costanti
che tengono conto del rapporto tra l'area del martinetto e quella del taglio e di un
coefficiente di rigidezza del martinetto fornito dalla casa costruttrice.
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Fig. 7- Esecuzione di prove con martinetto piatto singolo previo posizionamento di basette
deformometriche a cavallo dei tagli per la misura della tensione locale
Raccomandazioni
Secondo le disposizioni dettate dalle LUM D.2 la prova è sconsigliata qualora sia da
effettuarsi in ambiente fortemente irradiato da raggi solari o durante pioggia o in altre
condizioni che possano causare fluttuazioni sia nello stato del provino sia nella
strumentazione.
La forma del martinetto può essere rettangolare con rapporto fra i lati di 1 a 2, oppure di
forma semicircolare e di spessore di circa 10 mm. Particolare attenzione deve essere
posta nei riguardi delle saldature lungo i bordi, punti di maggiore rigidezza del martino.
L’area del martino deve essere maggiore di quella di un elemento di muratura; qualora
debba sopportare una pressione maggiore di 6 MPa deve essere costruito in lamiera
d’acciaio con spessore di 0.8-1 mm.
Il calibro deve avere lunghezza di 200 mm e precisione maggiore dello 0.1%.
Raccomandazioni sulle procedure
Le raccomandazioni LUM D.2 descrivono dettagliatamente la prova ponendo particolari
attenzioni sulle modalità. Innanzitutto la scelta della parte di muratura da saggiare deve
essere scelta in modo che sia rappresentativa della muratura; secondo le LUM D.2
quando sia possibile è meglio inserire il martino all’interno di un giunto di malta. La
posizione delle basi deformometriche deve essere simmetrica rispetto alla linea dove
verrà operato il taglio. Per la misurazione degli spostamenti devono essere predisposti
almeno 3 punti per la rilevazione, come mostrato in Figura 8; posizionate le basi vanno
immediatamente misurate le distanze. L’area del taglio calcola ta viene misurando ogni
20 mm la profondità del taglio ed eseguendo la media.
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Figura 8- Posizionamento punti per misurazione di spostamenti
A queste prime fasi segue l’esecuzione del taglio che deve avvenire con tutte le
precauzioni per non disturbare la muratura circostante. Alla richiusura delle facce segue
quindi la misura degli spostamenti. Giunti a questo punto il martinetto viene mandato in
pressione con piccoli incrementi e monitorando gli spostamenti e bloccato al
raggiungimento dell’annullamento della convergenza..
Le indicazioni LUM danno formula per la determinazione dello stato di tensione Sr che
esplicita come
Sr = K m ⋅ K a ⋅ p
(8)
dove Km è una costante che tiene conto delle caratteristiche geometriche del martino,
della rigidezza e delle saldature presenti nel martino negli spigoli. La costante è fornita
dal costruttore e determinata da calibrazione tramite test; Ka è una costante data dal
rapporto fra le aree del martino e del taglio Ka =Afj/Acut ; p è la pressione ottenuta.
2.7.2. Martinetto piatto doppio
L’indagine con doppio martinetto piatto si basa sul fatto di eseguire due tagli paralleli
nella muratura a debita distanza, indicativamente da 50 a 100 cm a seconda della
muratura, all’interno dei quali posizionare due martini piatti. Mandando in pressione i
due martinetti si provoca uno stato di tensione monoassiale sulla porzione di muratura
compresa fra i due martini, riproducendo quindi una prova in condizioni simili a quelli
di un test uniassiale convenzionale.
Questo tipo di indagine differisce da quella con singolo martino anche per il
posizionamento dei comparatori per la misura degli spostamenti che vanno collocati
nella zona compresa tra i due martinetti, Figura 9.
La prova può proseguire fino al raggiungimento di pressioni tre volte superiori a quelle
iniziali, in modo da ottenere indicazioni sulle caratteristiche di resistenza della
muratura. Il rapporto del limite determinato con la tensione d’esercizio, individuata con
la prova del martinetto piatto singolo, fornisce un coefficiente di sicurezza relativo al
maschio murario in esame
Le prove con martinetti solitamente prevedono la perdita dei piatti, anche se si può
prevedere il riutilizzo della stessa cella con un'installazione a recupero: in questo caso
il martinetto viene cementato nella fessura e servirà al rilevamento a medio e lungo
termine delle misure di pressione nel punto di installazione, utili per una fase di
monitoraggio della struttura.
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Fig. 9- Esecuzione di prove con martinetto piatto doppio previo posizionamento di basette
deformometriche a cavallo dei tagli: misura di deformazioni
Le indicazioni LUM D.3 per la prova col doppio martino sostanzialmente sono uguali a
quelle per il singolo martino, con eccezioni nella procedura e sulla forma del martino,
che per questo tipo di prova, deve essere rettangolare, con rapporto 1 a 2 fra i lati, area
minima di 80000 mm2 e spessore 10 mm.
Raccomandazioni sulle procedure
Le LUM D.3 forniscono una descrizione dettagliata ed una serie di raccomandazioni,
pur non ripetendo alcuni aspetti comuni alla prova col singolo martinetto.
I martini, per le LUM D.3 , vanno inseriti all’interno di giunti di malta ad una distanza
di circa 430-500 mm.
La posizione delle basi deformometriche per la rilevazione di deformazione assiale
deve essere simmetrica rispetto alla linea media dei tagli, con distanza fra le basi di 400
mm. Per la misurazione di deformazione trasversale sulla faccia della muratura vanno
predisposte della basi deformometriche poste a metà fra i due martini, paralleli al taglio
ad una distanza di 400mm fra i due punti, come mostrato in Figura 10.
Figura 10- Posizione martinetti piatti e basi deformometriche
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L’area del taglio calcolata viene misurando ogni 20 mm la profondità del taglio ed
eseguendo la media.
La definizione delle caratteristiche di deformabilità, cioè la stima in opera del modulo
elastico, si realizza eseguendo cicli di carico e scarico incrementando gradualmente i
carichi ed acquisendo i dati dagli
La prova può proseguire incrementato il carico applicato dai martini fino a raggiungere,
nel diagramma sforzi deformazioni, le condizioni prossime alla rottura.
Per l’esplicitazione di un diagramma sforzi deformazioni le tensioni Sr si ottengono,
analogamente a quanto visto per il martino singolo, correggendo le pressioni p con delle
costanti correttive, per cui
Sr = K m ⋅ K a ⋅ p
(9)
in cui Km è la costante del martino e Ka il rapporto fra le aree del martino e del taglio.
Il valore del modulo elastico tangente Et può essere calcolato per ciascun incremento di
carico come
S
Et = inc ,
(10)
einc
dove Sinc è l’incremento di tensione ed einc è il corrispondente incremento di
deformazione. Il modulo elastico secante Es è dato da
S
E s = tot ,
(11)
etot
dove Stot ed etot sono la tensione e la deformazione totale a quel punto di carico.
Per questo tipo di prova le LUM D.3 affermano c’era da accertare che il confinamento
laterale della muratura fosse trascurabile. Qualora si abbia un effetto di confinamento si
ha una sovrastima della resistenza di circa il 15% e della deformabilità del 10%.
Jurina (1996) ha evidenziato alcuni problemi inerenti le due prove con i martinetti.
Jurina afferma che la costante k m del martino varia con la pressione applicata tra 0.8 e
0.95. La fase di taglio secondo Jurina è molto delicata per l'affidabilità della prova
soprattutto viene eseguito manualmente in quanto il foro può venire alterato da
forzature o vibrazioni eccessive. Tagli effettuati con raffreddamento ad acqua della lama
possono provocare un dilavamento della malta oltre ad una modifica della temperatura
superficiale.
Jurina afferma inoltre che durante la sperimentazione sono sorte perplessità riguardanti
la reversibilità delle operazioni effettuate, ossia l'effettivo ripristino delle tensioni
esistenti. Le perplessità di Jurina sono legate alle possibili non linearità del fenomeno
indotte dalla propagazione di fratture nel materiale e della limitata resistenza a trazione
dello stesso.
Jurina riporta l'obiettiva difficoltà riscontrata da Rossi, 1993 e Ghizzoni, 1995, a
determinare la tensione verticale in situ come ripristino delle condizioni iniziali. Questa
circostanza risulterebbe infatti verificate per i punti del continuo solo nel caso di un
materiale perfettamente elastico, mentre la realtà delle costruzioni esistenti, soprattutto
in muratura, è lontana dal modello ideale sia per la matura dei materiali ed esecuzione,
sia perché le fasi del taglio e del ripristino tensionale possono indurre fenomeni di
collasso localizzato nella zona esaminata.
2.10 Misure sclerometriche
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La prova permette di determinare puntualmente la durezza di giunti di malta,
esprimendola in termini di classi.
Il metodo può essere impiegato in situ sia per il controllo della qualità della malta sia
per cercare variazioni di qualità della malta all'interno di una struttura. La prova non
consente però la valutazione della resistenza assoluta della malta.
Il metodo non è applicabile qualora la superficie del giunto sia coperta di sali solubili
cristallizzati o per malta di calce debole.
La misura va eseguita in condizioni ambientali di aria secca e la zona ispezionata non
dovrebbe essere bagnata nelle ultime 24 ore prima del test. Se questa condizione non è
ottenibile tutte le misurazioni vanno fatte con campioni allo stesso contenuto di umidità
per essere comparate.
L'apparato che deve essere usato è il PM di Prufhammer di Schmidt così chiamato
(Schmidt Pointing Hardness Tester PM), mostrato in Figura 11, che è costituito da un
pendolo che è incernierato al centro di un semicerchio graduato che ne costituisce il
misuratore; il pendolo può scorrere su di esso fino ad incontrare un'apertura circolare sul
diametro.
Figura 11 - Pendolo per la misurazione della qualità della malta
L'attrezzo viene posizionato, con mano ferma, verticalmente col centro dell'apertura
circolare nel piede dell'apparato e nel centro del giunto.
Viene determinato lo zero strumentale lasciando cadere il pendolo. Tale operazione va
fatta regolarmente in cinque punti divisi sull'area esaminata.
Se il valore dello zero è maggiore di 5 va aggiunta una piastra sotto l'apparecchiatura di
alcuni millimetri di spessore. A questo punto si può eseguire il test facendo cadere e
rimbalzare il pendolo contro il giunto da provare. Il valore che deve essere letto è quello
del rimbalzo.
Questa prova va compiuta più volte, indicazioni RILEM 127 M.S. D.7 consigliano nove
misurazioni divise sull'area investigata su giunti orizzontali, verticali e in zone di
confine della muratura.
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Viene determinata la media delle misurazioni che va corretta con il valore medio dello
zero strumentale misurato nella fase preliminare alle prove. Il risultato della prova viene
confrontato con i risultati sperimentali riassunti in tabella 6, fornita dalle RILEM.
Tabella 6- Classificazione della qualità della malta fornita dalla prova sclerometrica
Classe
0
A
B
C
D
E
Durezza
< 15
15-25
25-35
35-45
45-55
> 55
Indicazione di qualità
Very soft
Soft
Moderate
Normal
Hard
Very hard
Il limite di questa prova ancora oggi (Binda et al., 2000) è costituito
dall'equipaggiamento necessario che è stato ideato per malte cementizie, per quelle di
calce l'energia dell'urto può essere eccessiva
2.11 Prova di taglio diretto (tripletta)
2.11.1 Generalità
La prova è finalizzata alla determinazione della resistenza a taglio dell’interfaccia fra
mattone e malta utilizzando un campione costituito da tre mattoni legati da malta.
I campioni vanno costruiti ponendo alcune attenzioni sulla regolarità geometrica e sul
contenuto di umidità. La stagionatura dei campioni è di 28 giorni per malta idraulica,
mentre per malta di calce è di 90 giorni.
La prova può essere eseguita secondo due modalità: la prima applicando solo forze di
taglio senza comprimere il campione, la seconda applicando anche una forza di
compressione al provino. Si assume come carico di crisi Fu quello massimo misurato
durante la prova e come tensione τu il rapporto tra la forza Fu e l'area del giunto.
2.11.2 Prova senza compressione del provino
La prova viene eseguita sollecitando a taglio i due giunti di malta applicando
alternativamente forze orizzontali sui mattoni in direzione opposta agendo in direzione
parallela al giunto, come mostrato in Figura 2.33 Per minimizzare gli effetti di momento
flettente il carico può essere trasmesso tramite dei coltelli o dei cilindri, visibili
anch'essi in figura 12.
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Figura 12- Prova di taglio diretto senza compressione del provino
Il carico viene quindi applicato in maniera crescente fino al collasso.
Ottenuto il carico F che provoca la rottura del provino la tensione tangenziale a rottura è
calcolata come
F
τ0 =
,
(12)
2⋅ A
dove A rappresenta l'area del singolo giunto. La prova va eseguita più volte, qualora
fornisca un valore di tensione τ0 inferiore a 0,03 MPa non va presa in considerazione nel
calcolo del valore medio.
2.11.3 Prova con compressione del provino.
La prova viene eseguita comprimendo il campione perpendicolarmente ai giunti e
sollecitando a taglio i due giunti di malta applicando forze orizzontali sui mattoni in
alternativamente in direzione opposta agendo in direzione parallela al giunto, come
mostrato in Figura 13. Analogamente alla prova in assenza di compressione, per
minimizzare gli effetti di momento flettente il carico può essere trasmesso tramite dei
coltelli o dei cilindri.
Il valore della compressione va mantenuto costante durante l’esecuzione della prova, è
accettata una variazione del 2%. Il carico viene quindi applicato in maniera crescente
fino al collasso.
La prova viene ripetuta con valori differenti di compressione, e precisamente devono
essere previste prove con tre valori di compressione. I valori della compressione da
adottare sono funzione della resistenza dei mattoni; per mattoni di resistenza maggiore
di 10 MPa le RILEM 127 B.4 suggeriscono la terna di valori 0,2-0,6-1.0 MPa, mentre
per mattoni di resistenza inferiore a 10 MPa la terna indicata vale 0,1-0,3-0,5 MPa.
Ottenuto il carico F che provoca la rottura del provino la tensione tangenziale a rottura è
calcolata come
τ0 =
F
,
2⋅ A
(13)
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dove A è l'area del singolo giunto. La prova va eseguita più volte e va eseguita la media;
qualora fornisca un valore di tensione τ0 inferiore a 0,03 MPa non va presa in
considerazione nel calcolo del valore medio.
Figura 13- Prova di taglio diretto con compressione del provino
2.11.4 Considerazioni
La tensione tangenziale τa nella prova in oggetto è esprimibile come
τ a = τ0 + µ ⋅ σ D
(14)
I valori della resistenza a taglio τ0 e dell’attrito µ sono ricavabili da una regressione
lineare dei risultati delle prove, considerando τa la variabile dipendente (Y) e la
compressione come variabile controllata (X). L’equazione della retta che approssima i
punti sperimentali fornisce il valore della resistenza a taglio τ0 tramite l’intersezione con
l’asse delle Y e il coefficiente angolare da misura del fattore d’attrito; un esempio viene
riportato in figura 14.
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Figura 14 - Andamento della resistenza a taglio in funzione dello stato di compressione
La rottura può provocare tre tipi distinti di frattura, mostrati in Figura 15.
Figura 15- Possibili modi ci rottura: a) sull'interfaccia malta-mattone;
b) della malta; c) del mattone
La rottura può avvenire sulla superficie tra malta e mattone (tipo a), può interessare
l’intera malta (tipo b) oppure può avvenire all’interno del laterizio (tipo c). Se la rottura
predominante è di tipo c la resistenza a taglio trovata è quella del mattone.
2.12 Taglio diretto in sito (Shave Test)
2.12.1 Considerazioni generali
La prova di taglio diretto è finalizzata alla determinazione del valore medio di resistenza
a taglio in situ.
La prova consiste nel far slittare orizzontalmente un elemento di laterizio
opportunamente isolato lateralmente dal resto della muratura. La forza orizzontale viene
trasmessa da martinetti opportunamente inseriti nella muratura; tale forza è dipendente
dallo stato di compressione presente sull’elemento di laterizio. La prova prosegue fino a
raggiungere la rottura per evidente scorrimento a livello di giunto. La resistenza a taglio
viene quindi misurata per il letto di malta adiacente al mattone caricato e calcolata sulla
base dell'area lorda della giuntura presupponendo che questa sia pienamente riempita.
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Il prova può essere eseguita secondo due metodi, A e B.
Il metodo A si avvale dell’utilizzo di due martinetti piatti, posti sopra e sotto la zona
interessata dalla prova, per il controllo dello stato di compressione del campione durante
lo svolgimento della prova. Il metodo B la compressione del provino non viene
controllata ma ne viene stimata l’entità.
Per entrambi metodi di prova è consigliato ripetere i test per almeno tre volte;
preferibilmente, secondo le RILEM 127 D.6 andrebbero ripetuti cinque o più volte.
Prima della prova vanno misurate con precisione le dimensioni del provino (secondo le
indicazioni RILEM l'accuratezza deve essere di 0,5 mm).
2.12.2 Prova secondo il metodo A
Il test può essere un'estensione dalla prova con martinetti piatti illustrata nei paragrafi
precedenti.
Vengono posizionati due martinetti interessando cinque file di mattoni; l'unità di prova
deve trovarsi in posizione simmetrica rispetto ai martinetti nelle due direzioni della
faccia della muratura come rappresentato in Figura 16.
Figura 16- Prova di taglio diretto secondo il metodo A
La porzione di muratura interessata dalla prova deve essere scelta in modo che sia
rappresentativa della struttura in esame e comunque devono essere evitate zone dove i
giunti non siano paralleli fra loro e dove siano presenti aperture o altre situazioni che
non rendano la base del martinetto perfettamente rigida.
La prima fase della prova consiste nell'inserimento nella muratura dei due martinetti
piatti; tale operazione viene eseguita con le stesse modalità e prescrizioni descritte nella
prova con doppio martinetto piatto. Ai martinetti viene fornita una pressione di 0,07
MPa che deve rimanere costante durante l'esecuzione della prova.
Viene quindi estratto un mattone per fare posto al martinetto idraulico. Assieme al
mattone vengono asportati i giunti orizzontali e verticali. Al posto dei giunti di testa
vengono inserite due piastre di base che servono per ripartire uniformemente il carico
applicato dal martino. Nell'incavo viene quindi inserito il martino.
A queste operazioni segue la rimozione, dalla parte opposta dell'unità di prova, di un
secondo mattone assieme ai relativi giunti; in questa zona vengono posizionati degli
estensimetri per la valutazione degli spostamenti orizzontali durante la prova.
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La prova consiste nell'incrementare la pressione al martino orizzontale fino a quando il
mattone si sposterà continuamente con carico orizzontale costante.
La prova viene ripetuta con carichi verticali differenti seguendo la stessa procedura. La
posizione del martino idraulico e dell'apparecchiatura possono essere invertiti e la prova
ripetuta per valutare, se richiesto, l'inversione della forza di taglio. Rimosse le
apparecchiature, a prova terminata, gli incavi realizzati devono essere chiusi utilizzando
materiali simili a quelli originali.
2.12.3 Prova secondo il metodo B
In questa seconda modalità di esecuzione della prova lo stato di compressione dell'unità
di prova non viene controllato ma ne viene stimato il valore.
La prima fase della prova è l'estrazione di un mattone per fare posto al martinetto
idraulico. Assieme al mattone vengono asportati, anche in questo caso, i giunti
orizzontali e verticali. Al posto dei giunti di testa vengono inserite due piastre di base
che servono per ripartire uniformemente il carico applicato dal martino. Nell'incavo
viene quindi inserito il martino come mostrato in Figura 17.
Figura 17- Prova di taglio diretto secondo il metodo B
Dalla parte opposta viene rimosso solamente il giunto di testa a contatto con l'unità di
prova; in questa zona vengono posizionati degli estensimetri per la valutazione degli
spostamenti orizzontali durante la prova.
La prova viene eseguita incrementando la pressione al martino orizzontale fino a
quando il mattone si sposterà continuamente con carico orizzontale costante.
Rimosse le apparecchiature, a prova terminata, gli incavi realizzati devono essere chiusi
utilizzando materiali simili a quelli originali.
In entrambi i metodi la prova può essere eseguita asportando solo i giunti di testa
adiacenti all'unità di prova; in questo caso viene utilizzato un piccolo martinetto piatto
inserito nello spazio ricavato da un lato del mattone e dall'altro vengono messi gli
estensimetri, come in Figura 18.
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Figura 18- Prova con rimozione dei soli giunti di testa
2.12.4 Risultati delle prove
Metodo A
Per ogni livello i di compressione del provino viene calcolata la tensione τi come
P
(15)
τ i = hi
Aj
dove Phi è la massima forza orizzontale esercitata nella prova per il livello i di
compressione e Aj è la somma dell'area lorda dei giunti orizzontali superiore e inferiore
del campione. Riportando in grafico i risultati della prove, figura 19, è immediato
ricavare la resistenza τ0 della muratura sotto un carico di compressione nullo e il
coefficiente d'attrito µ.
Figura 19- Andamento della resistenza a taglio in funzione dello stato di compressione
La tensione τi per ogni livello di compressione Sv può essere calcolata come
τ i = τ 0 + µ ⋅ Sv
Metodo B
(16)
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La tensione τi al momento della rottura è calcolata come
P
(17)
τ= h
Aj
dove:
Ph è la massima forza orizzontale esercitata nella prova e Aj è la somma dell'area lorda
dei giunti orizzontali superiore e inferiore del campione. La resistenza τ0 sotto
compressione nulla può essere ottenuta come
τ i = τ 0 + µ ⋅ Sv
(18)
dove lo stato di compressione Sv presente nel provino al momento della prova deve
essere stimato. Il coefficiente d'attrito µ deve essere ipotizzato; studi di laboratorio
hanno dimostrato che detto coefficiente varia tra 0,3 e 1,6 con valore medio di 1 e
coefficiente di variazione compreso fra 30 e 50 %.
2.13 Prova indiretta di pull-out su malta
La prova ha come scopo la determinazione della resistenza della malta e consiste
nell’introdurre ne l giunto una vite ad elica e nel misurare la forza necessaria per estrarla.
L’inserimento dell’elica, che secondo le RILEM 127 D.9 dovrebbe avere diametro di 6
mm, nella malta avviene praticando un foro giuda di diametro 4,5 mm con un trapano a
cui segue l’introduzione dell’elica battendo colpi, con martello in modo non violento, su
un attrezzo che fa da supporto all’elica stessa (figure 20 e 21).
La profondità dell’elica infissa dovrebbe essere di 35 mm per poter avere una prova
secondo gli standard dettati dalle RILEM, anche se le stesse indicazioni consentono
profondità differenti.
Infissa l’elica alla profondità desiderata il suo estremo libero viene bloccato da un
attrezzo, come mostrato in figura 21 a cui si attacca l’apparecchiatura per la prova di
carico, figura 22
Figura 20- Introduzione dell'elica nel foro guida
Figura 21- Introduzione dell'elica nel foro guida
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Figura 22- Bloccaggio dell'elica tramite morsetto
Figura 23 - Prova di carico
Il carico che provoca l’estrazione dell’elica viene registrato e può essere utilizzato per la
determinazione della resistenza cubica, di quella a flessione ed a trazione attraverso
curve di correlazione sperimentali.
Le RILEM 127 D.9 pongono attenzione verso un limite della prova; infatti il metodo è
limitato dalla forza che può trasmettere la vite che al massimo può arrivare a 8 Mpa;
l’applicazione di forze maggiori, su eliche di diametro 6 mm, provoca lo snervamento
dall’acciaio per cui il valore del test non è più proporzionale alla resistenza della malta.
La prova pull-out su malta può essere usata solamente sul giunto di spessori consistenti
(Binda et al., 2000).
2.14 Taglio diagonale
La prova consente la determinazione della resistenza a trazione di piccoli muri che sia
rappresentativo di una porzione di muratura e che quindi contenga un certo numero di
giunti orizzontali e verticali.
La prova è normalizzata dalla norma americana ASTM E519-81; in periodo successivo
le LUM B.6 nel 1990 hanno fornito una descrizione del metodo precisando alcune
raccomandazioni. Il pannello, secondo le ASTM (Cuomo, 1991), deve essere
approssimativamente quadrato di 1.2 metri di lato. Le LUM specificano che il campione
deve contenere almeno quattro file di mattoni. La prova andrebbe eseguita su più
campioni, almeno 5.
Il campione deve essere costruito cercando di ripetere la tessitura e le condizioni della
struttura muraria alla quale si fa riferimento. Anche il contenuto di umidità deve essere
riportato nelle condizioni reali della struttura. Lo spessore del campione deve essere
circa 1/10 della lunghezza del lato.
Durante la prova vengono misurati gli allungamenti lungo le diagonali del pannello.
I campioni devono essere stagionati; secondo le LUM vanno immagazzinati per 28
giorni nel laboratorio a una temperatura di tra il 10 e il 30°C e 90-100% di umidità.
Temperatura e umidità del laboratorio dovrebbero essere registrate continuamente.
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Il campione viene inserito in una macchina secondo la diagonale come mostrato in
figura 24 in modo che il giunto di malta sia inclinato a 45° rispetto alla direzione del
carico. Il campione deve essere posizionato verticalmente con l'aiuto di filo a piombo.
Figura 24 Condizioni di prova per taglio diagonale
Una piastra della macchina è fissa mentre l'altra può allineare liberamente i campioni
prima che inizi la prova.
Le superfici di dette piastre devono essere asciugate e pulite.
Il provino viene quindi caricato e portato a rottura.
La resistenza a trazione Sp viene calcolata come
P
S p = 0.707 ⋅
(19)
An
dove P è il carico ottenuto a rottura e An è l'area netta del campione ottenuta come
l +h
An =
⋅t⋅ n = d ⋅t ⋅n
(20)
2
avendo indicato con l, h e t rispettivamente la larghezza, l'altezza, lo spessore del
provino e con n la percentuale di area piena dell'unità lapidea costitutiva; d è la
dimensione media del lato nel caso di provini non perfettamente quadrati. Il valore di Sp
è posto pari alla resistenza a trazione della muratura lungo la diagonale, ed è utilizzato
come una stima per la tensione τ0 . L'equazione 19 deriva dall'ipotesi di distribuzione
delle tensioni tangenziali costante lungo il letto di malta ed avente risultante pari alla
componente orizzontale del carico P (Cuomo, 1991).
Studi più approfonditi sulla prova sono stati eseguiti da Cantù (Cuomo, 1991), sulla
base di un'analisi del pannello ipotizzandolo elastico lineare e isotropo e trovando una
tensione massima al centro del pannello pari a
P
S p = 1.273 ⋅
(21).
An
Analisi più accurate eseguite con elementi finiti mostrarono come il valore delle
tensioni normali e tangenziali sui latti di malta dipendano significativamente dalle
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dimensioni e dalla disposizione degli elementi nel pannello (Cuomo, 1991). Il campo
tensionale risulta uniforma solamente della fascia caricata, come mostrato in Figura 25,
dove si registra una forte tensione di compressione in direzione del carico ed una
tensione di trazione in direzione ortogonale.
Figura 25- Striscia con campo tensionale pressoché uniforme e posizione comparatore di spostamento
Nel caso la fascia caricata sia piccola rispetto alle dimensione del provino la tensione di
trazione è prossima a quella teorica che si ha lungo il diametro di un disco di materiale
elastico lineare e isotropo inscritto nel pannello quadrato soggetto a due sollecitazioni di
compressione diametrali pari a
P
s = 0.64 ⋅
(22).
d ⋅t
La presenza della tensione di trazione spiega il fatto che le prime lesioni si manifestano
nei bordi della fascia caricata. Il valore della forza P per cui insorgono dette lesioni
fornisce una stima della resistenza a trazione della muratura. A seguito dell'apertura
delle fessure il provino viene a trovarsi in una situazione di compressione monoassiale e
la crisi avviene per schiacciamento.
La prova di taglio diagonale non fornisce quindi una misura diretta della resistenza a
taglio della muratura. La prova è stata largamente utilizzata in quanto è di semplice
esecuzione, ma il valore stimato può essere usato solo come valore di confronto
(Cuomo, 1991).
2.15 Taglio su carota
Braga, Dolce e Masi (1993) hanno messo a punto una prova sperimentale per la stima
della resistenza a taglio di costruzioni esistenti in muratura. La prova si basa sulla
similitudine tra lo stato tensionale elastico di pannelli di muratura soggetti a
compressione diagonale e quello di carote cilindriche comprendenti un giunto di malta
orizzontale e compresse lungo un diametro a 45° rispetto al giunto di malta. Gli schemi
delle prove effettuate su carota e sul pannello sono riportati in figura 26.
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Figura 26 - Schema della prova su carota e sul pannello
La sperimentazione è stata eseguita eseguendo di prove di taglio diagonale su pannelli e
su carote estratte dai pannelli stessi.
I risultati hanno mostrato modalità di rottura simili per pannelli e carote, anche quando
la rottura non ha interessato i soli giunti di malta. Il confronto fra i carichi di rottura ha
inoltre evidenziato una buona correlazione fra i risultati delle due prove; in particolare
la resistenza tangenziale nominale della carota nel corso della sperimentazione è
risultata sempre maggiore di quella del pannello di un fattore pari a circa 1.50-1.90 a
seconda del tipo di malta, della stagionatura e della modalità di rottura. Questa tendenza
si è rivelata più marcata per campioni con malta bastarda per la formazione di un
meccanismo di rottura di scorrimento dei giunti.
Nella sperimentazione sono state anche proposte delle correlazioni per la stima della
resistenza a taglio di muretti a partire dalla resistenza e da altri parametri di rottura delle
carote.
Dalla sperimentazione è emerso che la presenza di difetti locali può provocare
differenze sui valori delle resistenze nominali non ancora quantificabile in quanto
ancora oggetto di approfondimenti, Inoltre per giungere ad una standardizzazione della
prova sarebbero necessarie ulteriori indagini sperimentali con altri tipi di malta e
mattoni.
TECNICHE DIAGNOSTICHE SULLA STRUTTURA
2.16 Tecniche topografiche: distanze, angoli, spostamenti relativi, rotazioni, errori
di misura, precisioni e tolleranze
Il rilievo di un opera consista nell'esecuzione di misure e calcoli usuali nella topografia
per rappresentate tutti i suoi punti in prospetto e planimetria.
A seconda della dimensione dell'opera e della sua accessibilità i metodi per il rilievo
possono essere differenti; misure dirette sono preferibili per manufatti di piccole
dimensioni e di facile accessibilità, mentre quando i punti da rilevare sono
irraggiungibile fisicamente dall'operatore si deve operare con misurazioni indirette. I
metodi possono essere complementari; per esempio in un viadotto di grandi dimensioni
potrebbe essere possibile la misurazione diretta delle dimensioni di base di pile e spalle
o ancora delle quantità desiderate per l'ordine inferiore in un viadotto a due ordini.
2.17 Trasduttori e sistemi di acquisizione
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Per un efficace espletamento di monitoraggi e misure durante prove statiche e
dinamiche vengono impiegati, i trasduttori.
Lo strumento di misura non va visto solo come un dispositivo che permette il confronto
fra due grandezze della stessa specie, ma come un elemento che trasforma un tipo di
segnale in ingresso in un altro all'uscita; questo è il principio dei trasduttori. Un
trasduttore è composto da un elemento sensibile alla grandezza in ingresso, spesso un
elemento modificatore che amplifica il segnale da questi rilevato o ne modifica la natura
ed infine un elemento rivelatore che trasforma la grandezza in uscita in una indicazione
che può essere percepita.
Nelle misure di spostamenti relativi tra due parti vengono usati potenziometri o LVDT.
Per il controllo dell’apertura (o della chiusura) dei lembi di una lesione, oltre ai sensori
di spostamento relativo, vengono impiegati estensimetri e fessurimetri, particolarmente
adatti a rilevare piccole deformazioni e caratterizzati dall'assenza di parti in movimento.
Lo strumento atto alla misura di rotazioni assolute di elementi strutturali è
l’inclinometro da parete.
Questi sensori operano la misura della grandezza fisica di interesse trasformandola in un
segnale elettrico in tensione, tensione o corrente, generalmente ad essa direttamente
proporzionale. L'elemento sensibile dello strumento rappresenta un componente del
circuito elettrico di misura, per cui ogni variazione durante la prova si ripercuote come
variazione di un parametro elettrico del circuito, quali resistenza, capacità e induttanza,
che viene rivelata attraverso un segnale in uscita. Un trasduttore elettrico normalmente
opera collegato ad un opportuno amplificatore, denominato condizionatore del segnale,
che ha il compito di modificare il livello del segnale elettrico generato per adattarlo alle
successive operazioni (trasmissione, registrazione, analisi).
Gli strumenti di misura con funzionamento elettrico hanno raggiunto negli ultimi anni,
grazie ai progressi dell'elettronica, caratteristiche di precisione, di sensibilità, di
maneggevolezza ed affidabilità tali da soddisfare ampiamente alle esigenze della
sperimentazione. Un altro vantaggio dell'utilizzo di questi strumenti consiste nel fatto
che essi forniscono tutti una stessa grandezza in uscita rappresentata da un segnale
elettrico in tensione che può essere agevolmente registrato da centraline di acquisizione
collegate ad un elaboratore elettronico per l'archiviazione e l'analisi dei dati della prova
sperimentale.
Le operazioni di misurazione avvengono attraverso diverse tipologie di sistemi di
acquisizione. Nel caso in cui il numero dei sensori sia elevato è possibile impiegare sia
un sistema centralizzato, sia più sistemi modulari dislocati nei vari punti della struttura,
tutti comunque facenti capo ad un acquisitore centralizzato, con collegamento per
lettura a distanza .
Per applicazioni localizzate e con numero di sensori limitato, dislocati non molto
distanti tra loro, i dati, dopo essere stati acquisiti e condizionati, vengono memorizzati, a
cadenza prestabilita, su memoria non volatile riscrivibile; le letture vengono effettuate
periodicamente tramite collegamento seriale con computer portatile esterno o
direttamente trasmesse via modem.
La moderna sperimentazione strutturale si è indirizzata quindi al perfezionamento di
questi metodi superando di fatto strumentazioni basate su principi fisici. Alcuni degli
strumenti basati sui principi fisici puramente meccanici o di ottica geometrica vengono
tuttora adoperati con successo in prove strutturali, come ad esempio i flessimetri ed i
comparatori nelle prove di carico statico su impalcati, gli estensimetri meccanici ad
ingranaggi per la misura delle deformazioni su elementi strutturali o il monitoraggio
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dell'ampiezza delle lesioni. Il loro impiego è comunque limitato solamente alle prove di
carattere statico nelle quali la grandezza da misurare non varia rapidamente nel tempo;
presentano inoltre lo svantaggio di necessitare di una o più unità di personale per
effettuare l'operazione di lettura.
2.17.1 Trasduttori a variazione di induttanza o di mutua induttanza
Sono trasduttori che consentono di risalire allo spostamento di un elemento sensibile
dalla misura della variazione di induttanza di una bobina o della mutua induttanza di più
avvolgimenti elettrici.
I trasduttori ad induttanza variabile sono costituiti da un avvolgimento elettrico
all'interno del quale può scorrere un nucleo in materiale ferromagnetico solidale con un
tastatore che segue lo spostamento da misurare: questo si ricava dalla variazione di
induttanza dell'avvolgimento rilevata attraverso un ponte di Wheatstone.
I trasduttori a variazione di mutua induttanza sono costituiti da un avvolgimento
elettrico primario alimentato in corrente alternata, coassiale con un avvolgimento
secondario; all'interno dei due avvolgimenti scorre un nucleo in materiale
ferromagnetico collegato al tastatore sonda e pertanto la mutua induttanza tra i due
avvolgimenti dipende dalla posizione del tastatore (Linear Variable Differential
Transformer o LVDT). In uscita LVDT produce quindi una corrente alternata la cui
ampiezza è proporzionale allo spostamento di un nucleo interno, core, libero di spostarsi
senza contatti.
2.17.2 Trasduttori resistivi (potenziometri)
Il potenziometro è un trasduttore a resistenza elettrica variabile costituito da un contatto
scorrevole e da un avvolgimento realizzato da una spirale di filo conduttivo avvolta
attorno ad un’anima non conduttiva. Imponendo una tensione nota alla resistenza
complessiva si misura la tensione di uscita che è proporzionale alla frazione della
distanza che il punto di contatto ha percorso, in virtù dello spostamento, lungo
l’avvolgimento.
Il segnale di uscita derivato dal punto di contatto scorrevole è di tipo discreto e la
risoluzione dello strumento è limitata dal numero di spire per unità di lunghezza. Una
accurata e miniaturizzata esecuzione meccanica comporta una più alta risoluzione e
precisione. Sono lenti nella risposta e quindi sono poco adatti nelle misurazioni di prove
dinamiche.
2.17.3 Deformometri
I deformometri sono dei trasduttori che consentono di misurare la deformazione per
unità di lunghezza sia in modo quasi puntuale, con basi corte di circa 10 cm, che su base
di lunghezza maggiore, anche fino a 2 m. Esistono anche modelli adatti all’immersione
di calcestruzzo per le misure di ritiro, deformazione e variazione di carico nella sezione
di installazione. Per opere compiute, può essere installata in modo superficiale per
mezzo di appositi accessori di montaggio. Il cuore del trasduttore e costituito da un
ponte montato su una barretta di materiale con basso valore del modulo elastico
apparente. Il tutto è inglobato in un elemento di protezione che rende il complesso
completamente stagno. La base di misura, per mezzo di apposite prolunghe in Invar,
può raggiungere i due metri. Il trasduttore è costituito da un trasformatore differenziale
(LVDT) che deve essere ad altissima sensibilità e compensato in temperatura. Possono
essere collegati ai sistemi di acquisizione dati.
2.17.4 Inclinometri
Gli inclinometri sono dei trasduttori che consentono di misurare le rotazioni intorno agli
assi del piano ove sono posizionati. Sono disponibili sia in versione monoassiale per la
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misura delle rotazioni attorno al un solo asse sia in versione biassiale per la misura
contemporanea delle rotazioni intorno ai due assi del piano. Possono essere collegati ai
sistemi di acquisizione.
Gli inclinometri possono essere di tipo fisso o rimovibile, monoassiali o biassiali e con
sensori potenziometrici a pendolo o servoaccelerometrici. I servo inclinometri sono
sostanzialmente degli accelerometri con campo di misura pari alla gravità terrestre
(±1G), basati sull'impiego di una massa inerziale, pendolo, che ruotando su una barra di
torsione viene ad essere controllato, nel suo movimento, da una coppia indotta da un
campo magnetico, la cui corrente è proporzionale alla accelerazione applicata.
Quando sottoposto ad un determinato angolo il pendolo abbandonerà la sua posizione
iniziale, che viene rilevata da sensore ottico, mentre il sistema di controllo tramite
coppia indotta cercherà di riportarlo alla posizione originaria.
Se è possibile raggiungere accuratezze della catena di misura inclinometrica contenute
in 0,001°.
Il pendolo viene mantenuto immerso in olio siliconico al fine di ottenere una buona
resistenza alle vibrazioni, mentre grazie alla barra di torsione vengono eliminati i
problemi di frizione.
2.17.5 Fessurimetri
I fessurimetri sono formati da due placchette in plexiglass fissate sui lembi di una
fessura, e che si sovrappongono parzialmente e che consentono di misurare lo
spostamento relativo, in direzione verticale ed orizzontale di due superfici contrapposte.
La piastra superiore è incisa con una mira costituita da due linee ortogonali, quella
inferiore presenta un reticolo calibrato in millimetri nelle direzioni verticale ed
orizzontale e con azzeramento sulle quattro parti mediane.
Quattro fori asolati, posti al lati, consentono il fissaggio per mezzo di viti o spine
all'oggetto della prova. La misura del movimento della lesione viene indicata in mm o
loro frazione ed è segnata dall’entità dello spostamento della piastra con reticolo rispetto
alla piastra millimetrata sottostante, a partire dal valore zero.
Esistono diversi tipi di fessurimetri a seconda del loro utilizzo che può essere:
• per la verifica di lesioni su superfici piane;
• per la misura delle lesioni negli spigoli delle strutture murarie;
• per la verifica degli spostamenti di planarità tra due superfici.
I fessurimetri sono di semplice uso e riescono ad apprezzare valori di spostamento
dell'ordine del decimo di millimetro.
2.17.6 Estensimetri
L'estensimetro è un sensore costituito da una griglia resistiva di metallo laminato
incollata su un supporto di materiale plastico; la sua dimensione è contenuta a
comparabile a quella di un francobollo.
Il materiale di supporto deve fornire isolamento elettrico tra estensimetro e l'oggetto
della prova.
La griglia, se sottoposta ad allungamento, presenta una corrispondente variazione di
resistenza elettrica direttamente proporzionale alla deformazione della struttura su cui è
fissata e che deve essere misurata con strumentazione apposita con elevata precisione.
Gli estensimetri possono essere usati per misurare la deformazione locale di un
elemento meccanico. La loro grande precisione consente di ottenere un segnale elettrico
proporzionale a una grandezza fisica quale il peso, la forza, la pressione, la coppia o
l'accelerazione e di costituire così un trasduttore.
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L'estens imetro è incollato sulla superficie della struttura di cui si vuole misurare la
sollecitazione. Per determinare sollecitazioni nelle varie direzioni della struttura si
usano estensimetri costituti da griglie montate in diverse direzioni, che vengono
chiama te rosette. La griglia singola viene usata solo quando la sollecitazione è assiale,
mentre la rosetta quando si vuole misurare uno stato biassiale delle sollecitazioni: in
questo caso se si conoscono le direzioni principali dello sforzo si possono usare rosette
con 2 griglie a 90°, altrimenti si devono usare rosette a 3 griglie
La risposta degli estensimetri è praticamente istantanea e permette di rilevare
deformazioni dinamiche con frequenze che arrivano a migliaia di Hetz.
I parametri che influenzano le misurazioni con l'estensimetro sono:
• lega metallica sensibile alla deformazione;
• supporto;
• lunghezza griglia;
• configurazione griglia;
• auto-compensazione termica;
• resistenza della griglia.
Nella scelta dell'estensimetro occorre tenere conto di varie specifiche che devono essere
soddisfatte che sono:
•
•
•
•
•
•
•
•
precisione;
stabilità;
temperatura;
allungamento;
durata della prova;
resistenza ciclica;
facilità d’installazione;
ambiente.
Quattro sono le leghe attualmente utilizzate negli estensimetri, ciascuna delle quali
presenta una serie di pregi e difetti a seconda dell'utilizzo.
Lega costantana auto-compensata in temperatura: è la più anziana ma ancora la più
usata in virtù della sua buona sensibilità alla deformazione. Ha una elevata resistività
che consente di avere griglie di piccole dimensioni e un coefficiente di temperatura non
eccessivo. I suoi pregi sono costituiti da una buona vita a fatica e una buona capacità di
allungamento, inoltre può essere trattata per l'autocompensazione termica. Il suo difetto
è per temperature superiori a 65°C quando si ha una variazione permanete della
resistenza ad ogni ciclo.
Lega costantana trattata: è una lega duttile che trova utilizzo per deformazioni
superiori al 5e può essere allungata circa del 20%. Ha il difetto di presentare una
variazione della resistenza ad ogni ciclo e la tendenza alla rottura se sottoposta a
deformazioni ripetute e quindi non va impiegata per nella misura di deformazioni
cicliche.
Lega isoelastica: è la lega adatta per misure puramente dinamiche in quanto ha una vita
a fatica superiore rispetto alla lega in costantana e un migliore rapporto di taratura che
migliora il rapporto segnale rumore. Presenta difetto di non avere autocompensazione
termica e la sua risposta alla deformazione non è lineare
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Lega Karma: viene usata in misure statiche con un range di temperature da -260°C a
260°C circa ed ha una buona vita a fatica e un'eccellente stabilità. Ha una curva termica
più piatta quindi le correzioni di uscita termica sono più precise. Offre
l'autocompensazione termica.
Generalmente la misura estensimetrica viene eseguita dove il gradiente della
sollecitazione è più elevato e questo richiederebbe l'impiego di una griglia di modeste
dimensioni poiché l'estensimetro media le deformazioni misurata da tutta la griglia una
di dimensioni troppo grandi potrebbe dare una misura troppo bassa. Estensimetri troppo
piccoli hanno però svantaggi in quanto sono meno stabili se sottoposti a sollecitazioni
statiche, oltre ad avere un minore allungamento e una minore resistenza a fatica se
sottoposti a deformazioni cicliche. Estensimetri più grandi, invece, sono più facili da
maneggiare ed hanno una maggiore dissipazione termica.
2.17.7 Accelerometri
Per la misura di velocità o accelerazione si deve avere un punto di riferimento fisso
rispetto al quale riferire la misura. Per questo motivo, solitamente, si usano dei
trasduttori detti appunto inerziali, che misurano la velocità o l'accelerazione di una
massa posta al loro interno, rispetto all'involucro esterno che si rende solidale ad un
punto della struttura. Nel caso di strutture soggette al solo rumore ambientale o
microsismico si possono usare i sismometri che rilevano la velocità del punto cui sono
solidali e riescono a fornire segnali di sufficiente entità anche per vibrazioni contenute,
ma il costo notevole e l'ingombro della massa li rendono poco diffusi.
L'accelerometro trasduce un'accelerazione in un segnale elettrico. E' pertanto costituito
ad 2 componenti, un sensore e una interfaccia elettrica. Gli accelerometri possono essere
classificati in base a caratteristiche costruttive, in particolare in base ai materiali
impiegati e alla tecnologia utilizzata.
I tipi più comuni sono: piezoelettrici ed a variazione capacitiva.
2.17.8 Accelerometri piezometrici
I trasduttori piezoelettrici sfruttano la proprietà di alcuni cristalli di materiali dielettrici,
fra cui il quarzo, di generare cariche elettriche proporzionali alle forze su di essi agenti.
La differenza di potenziale nel circuito di misura risulta proporzionale alle cariche
elettriche generate, che però vengono necessariamente dissipate nel circuito stesso
rendendo pertanto tali trasduttori adatti esclusivamente alla misura di grandezze
dinamiche.
I trasduttori piezoelettrici sono largamente utilizzati negli accelerometri: una massa
viene mantenuta premuta da una molla di precarico su un cristallo di quarzo per cui,
quando lo strumento è sottoposto ad un'accelerazione, la forza di inerzia agente sulla
massa viene misurata dal trasduttore piezoelettrico. Il precarico consente di lavorare nel
tratto lineare della curva di sensibilità del cristallo e permette di misurare accelerazioni
in entrambe le direzioni.
La sensibilità di questo tipo di accelerometri è funzione della massa che agisce sul
cristallo: con i trasduttori di dimensioni maggiori si possono misurare fedelmente
accelerazioni nell'ordine del centesimo di g, mentre i più piccoli sono particolarmente
adatti nell'analisi di urti, consentendo di rilevare accelerazioni sino a 250÷300 g. Il
campo di frequenza utile è compreso fra 5 e 10 4 Hz, essendo il limite inferiore causato
dalle caratteristiche elettriche del circuito di misura e quello superiore dovuto alla
risonanza meccanica.
2.17.9 Accelerometro capacitivo
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Gli accelerometri capacitivi usano 2 piastre in opposizione, che costituiscono una sorta
di condensatore. La variazione della capacità di questi, causata dalla deflessione di un
elemento a molla, è influenzata dall'accelerazione e fornisce misure precise per basse
ampiezze e basse frequenze. Il sensore deve essere molto robusto, stabile e immune alle
accelerazioni trasversali; esso consente di rilevare accelerazioni 30 microg sino a 200 g.
2.17.10 Sismometri
Il trasduttore è costituito da una massa mobile collegata attraverso una molla ed uno
smorzatore alla base dello strumento, a sua volta solidale al punto della struttura di cui
si vuole conoscere il moto, e quindi è un sistema di tipo inerziale. Si tratta in altri
termini di un oscillatore semplice, di opportuna frequenza e rapporto di smorzamento,
che consente di ricavare le caratteristiche del moto dalla misura dello spostamento
relativo fra la massa e l'involucro dello strumento. Il sismometro permette la misura
della velocità relativa fra la massa mobile e la base dello strumento; questo è possibile
purché si operi sufficientemente al di sopra della frequenza propria del sistema.
2.18 Termografia
Il principio della termografia è basato sul fatto che qualsiasi oggetto emette un flusso di
energia E regolato a seconda della temperatura alla quale si trova, que sto principio è
espresso dalla legge dì Stefan-Bolzmann:
E= εσT4
(23)
dove T è la temperatura assoluta, espressa in gradi Kelvin, della superficie da cui
proviene il flusso energetico E, misurato in W/m2 , σ è una costante che vale 5,67 · 10-8
W/m2 °K 4 , ed ε una costante adimensionale, detta emissività, che dipende dal materiale
che costituisce la superficie.
Immaginando che una struttura composita, ad esempio una muratura, sia esposta nelle
stesse condizioni termiche, per esempio dall'irraggiamento solare, i singoli elementi
(pietra, malta e mattone) si porteranno ad una diversa temperatura in funzione delle loro
proprietà termiche, ed in particolare del loro calore specifico e della loro conducibilità
termica. Ciascun elemento emette un flusso di energia in accordo con la legge di StefanBolzmann, in funzione della temperatura raggiunta e della sua emissività. La
termografia consiste nell’effettuare riprese nell’infrarosso con termocamere capaci di
rappresentare con immagini a colori le varie temperature raggiunte dagli elementi
costituenti l’oggetto esaminato.
In particolare deve cogliere le radiazioni infrarosse (IR) comprese nell'intervallo di
lunghezza d'onda tra 2 e circa 6 µm.
La termografia può essere variamente utile nella diagnostica per l'osservazione di
cavità, inclusioni di materiali differenti, presenza di umidità o infiltrazioni di acqua con
il limite, però, di analizzare solamente strati più superficiali della muratura e quindi è
incapace di localizzare anomalie nelle parti più interne della muratura.
Nelle zone umide la temperatura viene abbassata dal fenomeno dell'evaporazione e la
macchina termografica troverà aree superficiali, mentre la presenza in stati interni di
materiali a diversa conducibilità termica può avere influenza sulla temperatura degli
stati esterni e quindi i dati della termografia possono contenere più informazioni se
correlate ad una conoscenza specifica delle particolari tecniche costruttive degli
elementi analizzati. Per esempio una termografia su un muro a sacco il cui riempimento
è diverso nelle varie parti nella parete, ipotizzando inoltre che il paramento sia costituito
da mattoni dello stesso tipo, dovrebbe mostrare sostanzialmente zone a temperature
differenti che rispecchiano la situazione interna del muro.
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La termovisione può essere anche registrata da un elaboratore e l'interpretazione dei dati
effettuata da software appositi che possono dare risultati accurati; è utile comunque
registrare le immagini all'infrarosso per ottenere specifiche informazioni sul problema
in oggetto (Binda et al., 2000).
APPENDICE
Altre prove di caratterizzazione chimico-fisica e meccanica della muratura
A.1 Bond wrench
La prova ha lo scopo di determinare, in modo indiretto, la resistenza a trazione per
aderenza flessionale dovuta ad aderenza tra malta e mattone. La tecnica indiretta di
flessione è adottata in quanto la prova di trazione diretta dell'aderenza normale del
giunto malta- mattone fornisce risultati altamente dispersi a causa del comportamento
estremamente fragile del sistema. I campioni sono costituiti da mattoni sovrapposti e
legati con malta. Per malte con bassa aderenza è preferibile la costruzione del numero
richiesto di provini costituiti da una coppia di mattoni.
Le indicazioni fornite al riguardo dalle LUM, LUM B.3, prevedono per la prova la
costruzione, se è probabile avere una buona aderenza, di pile con piccoli prismi,
tipicamente in numero di 11. Per la costruzione di detto campione va posta particolare
attenzione al fatto che le superfici di sommità e di base siano parallele. Il campione deve
riprodurre la situazione reale della muratura.
Il campione deve essere costruito con giunti di similari a quelli della struttura
muraria alla quale si fa riferimento. Anche il contenuto di umidità deve essere riportato
nelle condizioni reali della struttura al momento dell’esecuzione della prova.
Immediatamente dopo la costruzione ciascun prisma viene compresso con una pressione
di 400 kg/m2 equivalenti alla pressione esercitata da tre corsi di mattoni. I campioni
devono essere stagionati; secondo le LUM B.3 vanno immagazzinati per 28 giorni nel
laboratorio a una temperatura di tra il 10 e il 30°C e 90-100% di umidità. Temperatura e
umidità del laboratorio dovrebbero essere registrate continuamente.
La prova di bond wrench viene eseguita da una leva che viene fissata con un
morsetto all’unità di sommità del campione. Applicando un carico lungo la leva, come
illustrato in Figura A.1 viene indotto uno stato di flessione nel giunto.
L’applicazione della leva induce uno stato iniziale di flessione che non deve
superare gli 0,1 MPa.
Un secondo morsetto viene collegato all’unità di muratura sottostante la prima in
modo che gli effetti flessionali non vengano trasmessi al resto del provino, come
mostrato in Figura A.2 due blocchi di sicurezza vengono predisposti per bloccare la leva
al momento della rottura.
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Figura A.1- Prova bond wrench
Figura A.2- Particolare dell'apparecchiatura
Il carico dovrebbe essere applicato incrementando la flessione tra 0,3 e 0,4 MPa al
minuto fino al raggiungimento della condizione di rottura.
A.2 Caratterizzazione chimico-fisica della muratura
A.2.1 Densità della muratura
Secondo le normative Fiche UIC 778-3E il valore della densità varia poco da un tipo
all’altro di pietra e da un tipo all’altro di malta e pertanto quello della muratura può
essere assunto da tabelle tenendo conto delle parti in volume della pietra e della malta.
Le norme precisano anche che se si dispone di carote di muratura, queste possono essere
utilizzate per determinare la densità prima delle prove di resistenza. Al riguardo è
opportuno controllare le condizioni di umidità del campione in modo che esse siano
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prossime a quelle della muratura in sito. La densità è data dal quoziente tra il peso e il
volume. Occorre prendere il valore medio di almeno tre determinazioni.
I provini devono essere tagliati con metodi che non alterino la struttura originale del
prodotto.
La posizione in cui sono ricavati i provini deve essere tale che la massa volumica
ottenuta sia rappresentativa della massa volumica del prodotto.
Per la determinazione della massa volumica apparente complessiva tutti i rivestimenti
devono essere rimossi dal prodotto.
I provini devono essere condizionati a (23 ± 2) °C e (50 ± 5) % di umidità relativa fino a
raggiungimento di massa costante.
Sia le misura del provino sia il suo peso vanno determinati con accuratezza dello 0.5%.
A.2.2 Dimensioni dei campioni
La misurazione delle dimensioni del provino possono essere eseguite secondo un
metodo riportato dalle UNI EN 771-1 e fornito dalle UNI EN 772-16. Secondo la norma
qualora il prodotto abbia dimensioni non superiori ai 250, 125 e 100 mm,
rispettivamente per la lunghezza, la larghezza e l’altezza la misurazione può avvenire
utilizzando un calibro a ganasce e con punti di misura posizionati nei baricentri delle
facce, come mostrato in Figura A.3. Lo spessore delle ganasce, secondo la norma, deve
essere compreso fra 5 e 10 mm.
Figura A.3- Posizione di misurazione secondo le UNI EN 772-16.
A.2.3 Determinazione del coefficiente di dilatazione lineare
Il coefficiente di dilatazione lineare viene determinato, in accordo con le UNI 9730-3,
per un salto termico tra 70 °C e 20 °C in ambiente con umidità relativa pari al 25% ed
una temperatura iniziale di 70 °C su almeno 3 campioni di dimensioni minime di 30 x
120 x spessore, in millimetri. Si assume come valore di riferimento il minore dei valori
trovati.
A.2.4 Determinazione del coefficiente di dilatazione per umidità
Il valore di dilatazione per umidità verrà misurato su almeno 4 campioni di dimensioni
minime di 30 x 120 x spessore, in millimetri, in accordo con le UNI 9730-3.
La misura avviene comparando le dimensioni del provino sottoposto a condizionamenti
differenti. Le prime misurazioni avvengono dopo avere essiccato i provini per 24 ore a
70 °C e raffreddati a 20 °C e 65% di umidità relativa; vengono eseguite due misurazioni
a distanza di 3 ore. Il provino successivamente viene immerso in acqua a 20 °C per 90
giorni, asciugati e condizionati a 20 °C e 65% di umidità relativa per 3 ore a cui
seguono due misure a distanza di 3 ore.
L'inizio della prova dovrà avvenire di regola entro 30 giorni dall'ultimazione del
processo produttivo del laterizio.
Il valore di riferimento si ottiene come media dei tre valori minori ottenuti avendo
quindi escluso il valore massimo.
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A.2.5 Determinazione dell’imbibizione (assorbimento specifico)
Il provino viene essiccato e successivamente immerso in acqua distillata per una
profondità di 10 mm e per la durata di 1 minuto, secondo le UNI 8942. L’imbibizione
d’acqua, riferita all’area lorda della faccia immersa, viene espressa in grammi per
decimetro quadrato e per minuto.
A.2.6 Determinazione dell’assorbimento d’acqua e stima del rischio di gelività
La prova di assorbimento d’acqua consiste nell’immergere per 24 ore in acqua distillata
il provino, precedentemente essiccato, e nella successiva determinazione, mediante
pesata, della quantità d’acqua assorbita, espressa in percentuale della massa del provino
stesso (essiccato).
Per ciò che concerne la valutazione del rischio di gelività, è noto che si può ricorrere,
anche a quello che utilizza il porosimetro a penetrazione di mercurio oppure al
tradizionale metodo dei cicli di gelo e disgelo.
La prova di gelo-disgelo viene condotta su laterizio diviso a metà, imbevuto di acqua e
portato a –10°C per 3 ore, successivamente riscaldato a + 35°C e mantenuto a tale
temperatura per 3 ore; la sequenza viene ripetuta per 20 volte. Il materiale è gelivo se
dopo il trattamento manifesta superfici lesionate, fessur ate o sfaldate con netta
diminuzione di peso, oltre 5%, o ha resistenza meccanica inferiore al 20% dell’iniziale
La prova al porosimetro è però costosa per i controlli di routine, mentre il metodo dei
cicli richiede tempi lunghi.
Risulta pertanto più agevo le effettuare tale valutazione attraverso un metodo
semplificato che richiede, oltre alla conoscenza del valore dell’assorbimento d’acqua,
anche quello del coefficiente di saturazione valutato in base alla quantità d’acqua,
espressa in percentuale della ma ssa del provino essiccato, trattenuta dal provino stesso
dopo immersione per 5 ore in acqua bollente.
Di valori di assorbimento e del coefficiente di saturazione è possibile il rischio di
gelività, per esempio utilizzando diagrammi appositamente sviluppati.
In nota, però, la norma richiama l’attenzione sul fatto che le determinazioni di
laboratorio non forniscono un criterio valido nella totalità dei casi, tenuto conto che le
condizioni a cui il materiale sarà effettivamente assoggettato in opera risultano molto
diverse da zona a zona e che i fattori che intervengono nel fenomeno (numerosità dei
passaggi attraverso lo 0°C della temperatura esterna, esposizione, ventilazione, ecc.)
possono combinarsi tra loro nei modi più vari.
A.2.7 Determinazione della porosità
La prova, condotta con porosimetro a mercurio, ha lo scopo di individuare la struttura
porosa all’interno del materiale e di mettere in evidenza eventuali comportamenti
differenti tra laterizi esterni ed interni, consentendo di valutare la dinamica
dell’invecchiamento dei componenti strutturali e di prevedere, assieme alle altre prove
fisiche e a quelle chimiche, la durata.
La prova consiste nello spingere del mercurio, sotto pressioni crescenti, nei pori di
alcune barrette di laterizio ricavate dal provino in esame: viene in tal modo determinato
il “diametro critico” di porosità, e cioè quel diametro tale che tutti i pori di diametro
inferiore costituiscono complessivamente il 90% del volume della porosità.
In base al valore del diametro critico è possibile valutare il rischio di gelività (rischio
che, secondo alcuni sperimentatori, risulterebbe modesto quando il diametro critico
supera 1,8 micron). I provini devono essere quanto possibile indisturbati in quanto lo
stato tensionale cui è soggetto un laterizio influenza la porosità dello stesso; non è
possibile eseguire la prova per esempio su parti di provini provenienti da prove di
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rottura, mentre per le carote vanno eliminate le parti superficiali disturbate
dall'operazione di carotaggio.
A.2.8 Solubilità in acqua
La prova può essere effettuata su un campione in polvere di laterizio del peso minimo di
25 grammi ottenuto dal laterizio e viene vagliato a 4900 maglie/cm2 . La polvere viene
immersa in acqua deionizzata e scaldata ad ebollizione per 1 ora; la sospensione viene
filtrata a caldo, il filtrato viene evaporato fino a secchezza ed il residuo viene pesato. Il
contenuto dei sali solubili può dare informazioni sul comportamento del laterizio nel
tempo in quanto se è maggiore dell’1% il materiale può diventare facilmente poroso.
A.2.9 Contenuto di solfati e resistenza
Contenuto dei solfati alcalini: i sali alcalini sono solubili e provocano la formazione di
macchie ed efflorescenze nei mattoni esterni e un aumento di volume con conseguente
sgretolamento nei mattoni interni. La prova si conduce con 25 grammi di polvere
vagliata a 4900 maglie/cm2 e trattata a freddo con una miscela di 2/5 alcool etilico e 3/5
acqua (massica). L'impasto viene filtrato, evaporato fino ad incipiente secchezza,
acidificato con HCl e trattato con BaCl2 ottenendo come precipitato del BaSO4 che
viene filtrato, seccato, calcinato ed infine pesato. Viene espressa la quantità di solfati
alcalini in equivalente ione SO4 --; per laterizi di nuova fabbricazione questo non deve
essere superiore allo 0,05%.
La resistenza ai solfati viene determinata mettendo il laterizio in soluzione di Na2 SO4
satura per 48 ore, si secca e si rimette in soluzione solfatica, ripetendo l’operazione per
40 volte (durata del saggio: mesi 3). Si valuta infine pesando i detriti staccati l’effetto
corrosivo che la soluzione solfatica ha sul laterizio (viene espresso in % come quantità
corrosa su quantità totale).
A.3 Misura di conducibilità
La conducibilità elettromagnetica di una struttura in muratura o in calcestruzzo varia col
grado di saturazione di acqua presente e dalle proprietà elettriche. Vengono propagati
nelle struttura dei campi elettromagnetici e vengono monitorate e registrate le variazioni
che esso subisce. Dall’interpretazione di dette informazioni vengono ricavate
indicazioni geometriche ed elettriche sui materiali investigati e sul grado di saturazione.
Il test è relativamente veloce e poco costoso.
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