IL DIALOGO NELL’ARTE - L’ARTE DEL DIALOGO P. F. Fumagalli, 31.10.2104 Il Dialogo è una componente essenziale dell’essere umano nel mondo, in qualsiasi cultura alla quale si voglia fare riferimento: si tratti di pensiero platonico, di 论语 Lún yǔ (Dialoghi) confuciano, di dibattito talmudico o di altri universi artistici, scientifici, religiosi. Il suo contrario, all’opposto, causa tragedie disumane che tuttora minacciano la civile convivenza. Il Cardinale Angelo Scola osservava di recente che « ogni persona è un io-in-relazione », per cui è « urgente e necessario promuovere un nuovo umanesimo che ponga l’uomo – ogni uomo e donna – al centro dell’interesse, in una società retta secondo giustizia, diritto ed equità. Mettere al centro l’uomo – uomo e donna nella loro insuperabile differenza sessuale – come soggetto creativo, comporta non solo un’attenzione agli sviluppi dell’antropologia e della sociologia, ma anche alla dimensione trascendente del suo essere ». «Dalle letture talmudiche – continua il Cardinale – scaturisce un perenne appello etico e civile, fondato sul volto “assolutamente Altro” di Dio » (Discorso in Ambrosiana, 22 ottobre 2014). Gli artisti, nel passato come nel presente, hanno spesso interpretato o preannunciato profeticamente quel dialogo tra il bello, il buono e il vero, al quale ciascuno di noi aspira quando s’interroga sul senso della vita e sulle scelte fondamentali che ci guidano nella nostra fame e sete d’infinito e d’amore. Nella poesia, nelle arti figurative, nella musica, nelle Scritture sacre delle religioni e delle civiltà del mondo, s’intrecciano percorsi di bellezza sui quali s’incamminano generazioni di donne, uomini, bambini, vecchi, affascinati da intuizioni che gli artisti hanno saputo cogliere e hanno tentato di rappresentare. A volte le creazioni dell’arte esprimono un desiderio di dialogo che valica i secoli e giunge fino a noi, come nel caso del mosaico del quinto secolo della Basilica di Santa Sabina a Roma, che sembra mandare un messaggio poi interpretato 1500 anni più tardi da due artisti milanesi incaricati di scolpire le statue al centro della facciata del Duomo di Milano, come vediamo nella balconata centrale del Duomo di Milano: Questa scultura fa parte di un dittico realizzato nel 1810 da due artisti italiani – Camillo Pacetti e Luigi Acquisti – che scolpirono ai lati della balconata centrale rispettivamente le statue della Legge Nuova e della Legge Vecchia, la prima con la struttura morfologica che ispirerà la Statua della Libertà di New York, la seconda rappresentante una donna di aspetto fiero e con il pettorale sacerdotale, che addita le Tavole della Legge, sorta di nuovo Mosè femminile emancipato, entrambe rivolte verso Occidente, verso Parigi e il Nuovo Mondo. Non sarà difficile mettere in relazione queste due icone con altre egualmente eloquenti del tipo di quelle paleocristiane che nel celebre mosaico in Santa Sabina sull’Aventino rappresentano l’Ecclesia ex Circumcisione e l’Ecclesia ex gentibus, e notare invece la profonda differenza rispetto alla tradizionale rappresentazione negativa della Sinagoga cieca e ostinata frequente in molte cattedrali medievali. In questo caso, il dialogo artistico suscitato alla vista di queste due statue ci propone diverse interpretazioni che – partendo dall’unica fede monoteistica – c’invitano a interrogarci sul senso profondo della chiamata divina di Israele e della Chiesa, gettando però un ponte anche verso nuove interpretazioni laiche suscitate nel dialogo con la modernità. Un’interpretazione classica di questo rapporto la troviamo nel celebre mosaico paleocristiano di Roma: Roma, Basilica di Santa Sabina, Mosaico della Ecclesia ex circumcisione (V secolo) Secoli più tardi, nel Novecento Marc Chagall, creando fantastiche riletture di temi sacri, ha suggerito interpretazioni nuove di questo dialogo, lasciandosi poeticamente interrogare dal perenne messaggio biblico e contemporaneamente accogliendo le suggestioni e gli interrogativi suscitati dalle tragedie storiche d’Israele, dalle interpretazioni cristiane e dai nuovi canoni estetici dell’Occidente. Perciò la contemplazione dei suoi capolavori non solo è fonte di emozioni per lo spirito, ma può suscitare nuovi slanci di profezie per un dialogo universale, contro ogni fanatismo disumano che sempre tenta di risorgere e di recare morte e distruzione tra uomini e donne, tutti figli di un solo Padre ed eredi della fede di Abramo. Un altro campo artistico che testimonia il costante e vivace dialogo ebraico-cristiano – rimanendo sempre nell’area delle arti visive – è quello che nel corso dei secoli viene attestato nei codici ebraici miniati medievali e rinascimentali. Quale esempio principe possiamo rifarci alla grande Bibbia Ambrosiana in 3 volumi, che reca la data del 1236-1237, ma con inserito al termine un bifoglio probabilmente più antico, miniato con scene ricche di suggestioni e richiami a tradizioni esegetiche tanto ebraiche quanto cristiane, come questa che si riferisce alla creazione del mondo e ai quattro animali della visione di Ezechiele. Sono due temi cari non solo alla tradizione rabbinica, ma anche alla tradizione della qabbalà, e che possono dare spunti per estendere il dialogo fino a toccare le radici della fede abramica che condividono ebrei, cristiani e musulmani. La pagina successiva in questa Bibbia ebraica reca una miniatura ancora più intrigante: In questo caso le due illustrazioni, separate da una spessa cornice, sono ispirate a testi talmudici e rabbinici di commento alla Creazione e al Banchetto dei giusti nel mondo futuro, quasi una sorta di “Ultima Cena” o Cena suprema all’ombra degli alberi del Paradiso. Infine, i codici ebraici miniati fanno anche costantemente riferimento al tema dei Comandamenti. Le “dieci parole” (in ebraico, ‘aseret haddebarîm; in greco, déka lógoi) vengono illustrate come vediamo in un altro manoscritto ambrosiano (C 105 sup.): Anche in questo caso, il tema dell’etica coinvolge e provoca domande urgenti che toccano sia ebrei, sia cristiani, sia musulmani e donne ed uomini di buona volontà ovunque nel mondo, a qualsiasi credo appartengano o non appartengano, come afferma anche il filosofo cinese He Guanghu invitando a un dialogo a tutto campo tra teologia, scienze umane e tecnologie: « le relazioni fra sviluppo economico e mercato, giustizia e dibattito ecologico, stabilità politica, ruolo della legge, giustizia e diritti umani, sicurezza nazionale e autonomie locali, armonia culturale e pluralità culturale, sono temi di primario rilievo » per l’umanità contemporanea.