lezione 3 fondamenti di conversione dell`energia

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LEZIONE 3
FONDAMENTI DI CONVERSIONE DELL’ENERGIA:
GLI IMPIANTI TERMOELETTRICI PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA
TURBINE A VAPORE / TURBINE A GAS /CICLI COMBINATI
Mantova, 2008/10/23
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CICLI TERMODINAMICI
Un fluido che si espande produce un lavoro esterno; ma per una produzione continua di lavoro, quale è
richiesta ai motori termici, è necessario riportare allo stato iniziale il fluido che ha subito l’espansione.
Occorre quindi che il fluido subisca trasformazioni la cui rappresentazione dia luogo ad una linea
chiusa, detta ciclo: l’area racchiusa da questa linea chiusa rappresenta, nel diagramma (T,s), il lavoro
utile effettuato.
Per il funzionamento di un motore termico occorre che il fluido, per il secondo principio della
termodinamica, descriva un ciclo ricevendo calore da una sorgente ad alta temperatura, e cedendo
calore ad un sorgente a temperatura inferiore. Com’è noto, il ciclo che fra due temperature assegnate
realizza il più elevato rendimento nella trasformazione di calore in lavoro meccanico è il ciclo di Carnot,
costituito da due isoterme e due adiabatiche; il suo rendimento è tanto più elevato quanto più grande è
il rapporto tra le due temperature estreme. Il ciclo di Carnot nel diagramma entropico è infatti
rappresentato da un rettangolo (ABCD).
•L’area aBCd rappresenta la quantità di calore Q1 fornita
al fluido dalla sorgente di calore T1;
• L’area aADd rappresenta la quantità di calore Q2
ceduta dal fluido alla sorgente a temperatura T2;
• L’area ABCD rappresenta il valore utile ottenuto.
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CICLO RANKINE
Lo schema di principio di un normale impianto con turbina a vapore è composto dai seguenti
elementi essenziali al suo funzionamento: il generatore di vapore (detto comunemente
caldaia), la turbina, il condensatore, la pompa alimento.
Il ciclo che rappresenta il funzionamento di questo impianto è il ciclo Rankine, che differisce
dal ciclo ideale di Carnot soprattutto per il fatto che la somministrazone di calore al fluido non
avviene tutta alla temperatura massima, secondo una isoterma.
Il ciclo Rankine ha ovviamente un rendimento inferiore a quello di Carnot operante tra le
stesse temperature estreme.
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CICLO RANKINE
L’adiabatica 3-4 rappresenta il pompaggio del condensato (spesso, viste le
piccole variazioni di temperatura e di entalpia si pone per semplicità 3 4), la
isobara 4-C corrisponde al riscaldamento dell’acqua in caldaia dalla temperatura
T4 alla temperatura Tc di ebollizione, la isoterma (e isobara) C-1’ corrisponde alla
vaporizzazione dell’acqua, la isobara 1’-1 corrisponde al surriscaldamento del
vapore fino alla temperatura T1, la adiabatica 1-2 corrisponde all’espansione del
vapore in turbina, la isobara (e isoterma) 2-3 corrisponde alla condensazione del
vapore nel condensatore.
Il ciclo 1-2-3-4 è un ciclo con vapore surriscaldato, il ciclo 1’-2’-3-4 è il
corrispondente ciclo con vapore saturo.
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CICLO RANKINE
Se, dopo una prima espansione adiabatica nella turbina di alta pressione
AP il vapore ritorna in caldaia per surriscaldarsi e portarsi nuovamente
ad una temperatura analoga a quella del surriscaldamento iniziale, si ha
un ciclo con surriscaldamento: il vapore risurriscaldato in uscita dalla
caldaia viene riammesso nella turbina di media pressione MP, da questa
passa successivamente nella turbina di basso pressione BP e si
espande fino alla pressione del condensatore.
3000 rpm
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CICLO RANKINE
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CICLO RANKINE
- E’ opportuno osservare che il risurriscaldamento del ciclo diventa necessario quando la
pressione in caldaia supera determinati valori. Poiché il titolo del vapore a fine espansione
in turbina non deve scendere al di sotto di 0,9 circa per non avere elevata umidità allo
scarico, che è dannosa per le pale degli ultimi stadi, una volta fissata la pressione (e
quindi la temperatura) nel condensatore risulta praticamente fissata anche l’adiabatica di
espansione del vapore. Aumentando la pressione e la temperatura in caldaia, si deve
aumentare anche la temperatura massima di surriscaldamento per raggiungere
l’adiabatica di lavoro: quando questa temperatura supera i limiti normalmente ammessi
per i materiali dei tubi del surriscaldatore (circa 550°C) occorre ricorrere al
risurriscaldamento.
- Per migliorare il rendimento è necessario ovviamente scegliere elevate temperature in
caldaia (e quindi elevate pressioni) ed avere basse temperature di condensazione (che
però sono legate alla temperatura ambiente). Si possono adottare pressioni in caldaia
superiori a quella critica: l’acqua alimento perviene al generatore di vapore e,
attraversando le varie superfici di scambio, al raggiungimento della temperatura critica
passa dallo stato liquido direttamente allo stato di vapore surriscaldato.
- Anche effettuando più risurriscaldamenti si possono ottenere miglioramenti di
rendimento. Tutto ciò comporta però l’adozione di impianti costruttivamente sempre più
complessi, con maggiori costi di investimento. Per aumentare ulteriormente il rendimento
si adottano i cicli rigenerativi o a spillamento di vapore, nei quali l’acqua che va alla
caldaia viene preriscaldata mediante vapore spillato dalla turbina.
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CICLO RANKINE
Il rendimento migliora perché le calorie contenute nel vapore spillato, che ha già compiuto del
lavoro in turbina, vengono utilizzate integralmente per innalzare la temperatura dell’acqua
all’ingresso di caldaia invece di andare perdute nel condensatore. Lo spillamento di vapore
riduce lo scostamento del ciclo Rankine da quello ideale di Carnot; infatti il calore, fornito
dall’esterno con la combustione del combustibile, è ceduto al fluido (l’acqua alimento) che è
già stato preriscaldato a spese di calore prelevato all’interno del ciclo. In tal modo viene
evitata una parte del ciclo Rankine a minor rendimento, cioè quella del riscaldamento
dell’acqua a bassa temperatura lungo la curva limite inferiore. Negli impianti termoelettrici
vengono effettuati parecchi prelievi di vapore lungo i vari stadi di turbina. Nella figura
seguente è rappresentato un ciclo a 7 spillamenti, secondo lo standard ENEL per i gruppi da
320 MW.
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CICLO RANKINE
La rappresentazione del ciclo rigenerativo sul diagramma entropico conserva
alle coordinate dei punti della linea di espansione il loro significato fisico,
mentre ciò non è vero per i punti del preriscaldamento dell’acqua. Valgono
invece le considerazioni energetiche sulle quantità di calore scambiate e sul
rendimento del ciclo.
Effettuando gli spillamenti lungo i vari stadi della turbina si ha come
conseguenza che, a parità di potenza generata, occore una maggiore portata
di vapore all’ammissione e quindi una produzione maggiore da parte della
caldaia, il cui consumo di combustibile si è però ridotto in quanto essa viene
alimentata con acqua preriscaldata.
Per quanto riguarda la turbina, gli spillamenti hanno il pregio di ridurre la
portata del vapore negli ultimi stadi, nei quali si incontrano difficoltà nello
smaltimento di grandi portate per motivi costruttivi (pale di considerevole
lunghezza, soggette ad elevate forze centrifughe). Inoltre la maggior portata
negli stadi ad alta pressione consente l’adozione di palette rotoriche di
maggiori dimensioni e quindi di miglior rendimento.
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CICLO RANKINE
In un ciclo senza surriscaldamento, facendo riferimento ad 1 kg di vapore
scaricato dalla turbina ed entrante nel condensatore, detta gi la quantità di
vapore spillata in valore relativo rispetto a quella scaricata al condensatore,
il lavoro utile ottenuto in turbina è pari a:
i=
Il calore fornito al fluido in caldaia è pari a:
i=
Dove:
hv entalpia del vapore all’uscita della caldaia e all’ingresso in turbina
hs entalpia del vapore allo scarico del condensatore
hi salto entalpico utilizzato in turbina dal vapore dello spillamento iesimo
ha entalpia dell’acqua alimento all’ingresso in caldaia
n numero degli spillamenti
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CICLO RANKINE
Il rendimento del ciclo vale dunque:
e aumenta all’aumentare di
a pari temperatura dell’acqua alimento
all’ingresso in caldaia e pari quantità di vapore spillato.
Se consideriamo un solo spillamento, potremmo pensare di praticarlo alla temperatura di
condensazione, non ottenendo in tal caso nessun riscaldamento e quindi nessun incremento
di rendimento. Se invece riscaldassimo l’acqua alimento con vapore spillato alla temperatura
di ingresso in turbina, avremmo in tal caso un efficace riscaldamento ma questo vapore non
produrrebbe nessun lavoro in turbina e quindi non otterremmo alcun incremento di
rendimento. Il massimo incremento di rendimento si avrà quindi per una temperatura
intermedia tra le due.
Aumentando il numero degli spillamenti si aumenta sempre più il rendimento e la temperatura
ottima di preriscaldamento dell’acqua.
Il grado di rigenerazione ottimale coincide con quello massimo (temperatura dell’acqua
alimento uguale a quella di ebollizione in caldaia) solo nel caso di infiniti spillamenti.
Nelle realizzazioni pratiche, poiché gli spillamenti comportano un onere d’impianto, si pone il
problema di ottimizzare il loro numero e la superficie di scambio dei singoli riscaldatori. Le
stesse considerazioni valgono anche per i cicli con surriscaldamento.
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RENDIMENTO DELLE CENTRALI
TERMOELETTRICHE A VAPORE
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SISTEMAZIONI
IMPIANTISTICHE
Le principali parti costituenti in impianto termoelettrico a vapore di tipo tradizionale sono le seguenti:
Generatore di vapore,
Macchinario termico ed elettrico,
Condensatore e relative opere idrauliche,
Parco combustibili,
Impianto di demineralizzazione,
Impianto di trattamento delle acque reflue,
Impianto di abbattimento delle emissioni inquinanti,
Stazione elettrica,
Quadri di comando, controllo, regolazione,
Servizi generali (uffici, officine, magazzini,…).
La disposizione generale delle varie parti dell’impianto è studiata in modo da tener conto della loro
specifica funzione e della posizione prefissata di alcune opere (presa e restituzione dell’acqua
condensatrice, pontile per lo scarico del combustibile trasportato per via d’acqua, raccordi stradali e
ferroviari, stazione elettrica collegata alle linee ad alta tensione) e per rendere più brevi i necessari
collegamenti (tubazioni per l’acqua, il vapore e i combustibili liquidi o gassosi; nastri trasportatori per i
combustibili solidi; sbarre e cavi per i collegamenti elettrici).
D’altra parte l’area dell’impianto deve essere percorsa da un ampio e razionale sistema di strade e
piazzali per rendere agevole l’accesso a tutte le installazioni.
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PRODUZIONE TERMOELETTRICA:
CENTRALI TERMOELETTRICHE A VAPORE
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CENTRALI TERMOELETTRICHE A
VAPORE
I circuiti (o cicli) principali di un gruppo termoelettrico sono:
Circuito condensato-alimentato,
Circuito acqua-vapore in caldaia,
Circuito aria-gas,
Circuito acqua condensatrice,
Ciclo del combustibile.
Nel circuito condensato-alimento l’acqua viene estratta dal pozzo caldo del condensatore
per mezzo delle pompe di estrazione del condensato e, dopo aver attraversato l’impianto
di trattamento, incrementa la propria temperatura nei riscaldatori di bassa pressione.
Perviene al degasatore e da qui, ripresa dalle pompe alimento, attraversa i riscaldatori di
alta pressione ed entra nel generatore di vapore.
Nel circuito acqua-vapore di caldaia l’acqua attraversa prima l’economizzatore, indi il
vaporizzatore e poi i surriscaldatori. Il vapore surriscaldato, in uscita dal generatore di
vapore, viene introdotto in turbina nel corpo di alta pressione. Dopo l’espansione nella
turbina di alta pressione il vapore ritorna in caldaia per risurriscaldarsi. Il vapore
risurriscaldato dalla caldaia ritorna in turbina per espandersi nei restanti corpi di media e
bassa pressione. Alla fine dell’espansione il vapore viene scaricato nel condensatore,
dove condensa scambiando calore con l’acqua condensatrice e si accumula allo stato
liquido nel pozzo caldo.
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CENTRALI TERMOELETTRICHE A
VAPORE
Un altro circuito fondamentale è il circuito aria-gas. Esso comprende i
ventilatori aria, i condotti e le casse aria dei bruciatori, la camera di
combustione della caldaia, i condotti dei gas, i preriscaldatori d’aria, i
precipitatori elettrostatici, la ciminiera.
Il circuito dell’acqua condensatrice, a ciclo aperto con acqua di fiume o
di mare, comprende l’opera di presa con la griglie fisse e rotanti, le
pompe d’acqua condensatrice, le tubazioni fino all’ingresso del
condensatore, le tubazioni dall’uscita del condensatore fino all’opera di
scarico.
Nel caso di ciclo chiuso, quando non siano disponibili sufficienti quantità
d’acqua, si adottano torri di raffreddamento che provvedono al
trasferimento all’aria del calore scambiato nel condensatore.
Il ciclo del combustibile fa capo al parco combustibili, che è costituito
dall’insieme di tutte le apparecchiature destinate al ricevimento, al
trattamento e all’immagazzinamento dei combustibili impiegati (solidi,
liquidi, gassosi). Vi sono poi le apparecchiature di invio dei combustibili
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ai bruciatori di caldaia.
RENDIMENTO DELLE CENTRALI
TERMOELETTRICHE A VAPORE
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CICLO TURBINA A GAS: ciclo
Brayton
I cicli delle turbine a gas hanno come riferimento concettuale il ciclo Brayton
(o Joule), composto da:
una compressione adiabatica, effettuata dal punto 1 al punto 2 nel
compressore;
un riscaldamento a pressione costante (dal punto 2 al punto 3);
un’espansione adiabatica, effettuata dal punto 3 al punto 4 in turbina;
una cessione di calore a pressione costante (dal punto 4 al punto 1).
temperatura
pressione
volume
entropia
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CICLO TURBINA A GAS
Nelle macchine reali si adotta un ciclo aperto, che ha le
seguenti caratteristiche rispetto al ciclo chiuso:
nella prima parte del ciclo il fluido di lavoro è l’aria, che è
aspirata dal compressore alla pressione e alla
temperatura ambiente;
l’introduzione di calore nel ciclo avviene mediante un
processo di combustione interna: l’aria, che è stata
compressa dal compressore, perviene in una camera di
combustione in cui viene iniettato combustibile. I prodotti
della combustione costituiscono il fluido di lavoro per la
parte seguente del ciclo (l’espansione in turbina);
la cessione di calore all’ambiente esterno avviene
semplicemente disperdendo nell’atmosfera i gas
combusti scaricati dalla turbina.
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Le turbine a gas in ciclo semplice hanno oggi raggiunto prestazioni e rendimenti
significativi. Tuttavia ciò è stato ottenuto sulla spinta di un forte sviluppo tecnologico,
senza intervenire sulla qualità intrinsecamente modesta del ciclo termodinamico di base,
che resta sempre caratterizzato da uno scarico di calore all’ambiente ad alta
temperatura e da un lavoro di compressione molto elevato rispetto a quello di
espansione. Per ridurre l’impatto di queste caratteristiche non positive sono possibili
alcuni interventi sul ciclo termodinamico, anche se, attualmente, nelle applicazioni
industriali si preferisce un ciclo semplice ad alta tecnologia in luogo di un ciclo
complesso con condizioni operative prudenti.
Una prima variante è la cosiddetta rigenerazione, ossia l’inserimento, tra compressore e
combustore, di uno scambiatore di calore (rigeneratore) che preriscalda l’aria
comburente prelevando calore dai gas di scarico prima di rilasciarli all’ambiente.
Se si considerasse il ciclo ideale rigenerativo (gas perfetto e rigeneratore ideale, ossia
senza perdite e con scambi di calore in ogni punto della trasformazione sotto differenze
di temperatura infinitesime), si avrebbe che T2 = T6 e T4 = T5. In tali condizioni il lavoro
della turbina e del compressore rimarrebbero inalterati, mentre verrebbe ridotto il calore
entrante nel ciclo, poiché sarebbe necessario passare da T5 a T3 anziché da T2 a T3: il
rendimento del ciclo aumenterebbe. Nel caso reale, a causa delle perdite e per la
irreversibilità dello scambio nel rigeneratore, il miglioramento di rendimento risulta
ridotto.
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Una seconda operazione atta a migliorare le prestazioni del ciclo a gas è la
compressione interrefrigerata. La compressione è realizzata in due fasi, intercalate da
uno scambiatore di calore (intercooler) che riduce la temperatura intermedia.
L’interrefrigerazione è pratica comune nei compressori industriali: lo scopo è quello di
diminuire il lavoro di compressione necessario per portare il gas da p1 a p2, operazione
resa possibile dalla diminuzione del volume specifico del gas per effetto
dell’abbassamento di temperatura ottenuto nell’intercooler.
Una terza variante del ciclo a gas è la ricombustione, che consiste in una espansione in
turbina frazionata e intercalata da un secondo processo di combustione. Come
l’interrefrigerazione ha lo scopo di diminuire il lavoro del compressore, così la
ricombustione permette di aumentare il lavoro della turbina, presentando alla turbina di
bassa pressione un fluido a volume specifico incrementato dal riscaldamento
conseguente alla seconda combustione. E’ bene ricordare che l’eccesso d’aria presente
nella combustione primaria delle turbine a gas è tale da offrire ampia disponibilità di
ossigeno per la seconda combustione.
I tre interventi sul ciclo semplice possono essere utilizzati in varie combinazioni tra loro.
I vantaggi ottenuti in termini di aumento di rendimento e lavoro specifico sono
controbilanciati da maggiori complessità e onerosità impiantistiche. Considerando che è
possibile operare anche più di una interrefrigerazione o più di una ricombustione, si
tende verso il ciclo di Ericsson, composto da due isoterme e da due isobare.
Il ciclo di Ericsson verrebbe approssimato da un ciclo a gas con infinite
interrefrigerazioni (compressione isoterma) ed espansioni (espansione isoterma) e uno
scambio di calore rigenerativo tra le due isobare, lungo le quali non si scambia pertanto
calore con l’esterno. Il rendimento del ciclo sarebbe dunque pari a quello di Carnot
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TURBOGAS
Per la produzione dell’energia elettrica, il tipo di impianto con turbina a gas
(turbogas) più semplice è ad una sola linea d’albero ed è costituito da un
compressore multistadio (in cui l’aria aspirata dall’esterno viene compressa),
una camera di combustione (in cui avviene la combustione di combustibile
addizionato all’aria compressa), una turbina o espansore (in cui avviene
l’espansione dei gas provenienti dal combustore). La potenza sviluppata
nell’espansore viene in parte assorbita dal compressore e per la parte restante
è fornita al generatore elettrico coassiale. Una considerevole potenza termica è
associata ai gas di scarico.
Negli anni recenti le turbine a gas hanno sempre più incrementato la propria
efficienza:
Le unità turbogas della penultima generazione (fino agli anni ’90) presentavano
potenze elettriche di circa 120 MW, temperature dei gas all’ingresso in turbina
di circa 1100°C, temperature dei fumi allo scarico di 530°C, rapporto di
compressione 12:1 ÷ 14:1. Il consumo orario di gas naturale, al carico di base
di 120 MW, era dell’ordine di 40.000 Nm3/h, corrispondente ad un rendimento
netto di circa il 32%. Il corrispondente consumo unitario di combustibile, riferito
al potere calorifico inferiore del gas naturale (p.c.i. medio del gas naturale =
8250 kcal/Nm3), risultava di circa 0,33 Nm3/kWh.
Le attuali turbine a gas, di taglia raddoppiata (circa 250 MW), con rapporto di
compressione 16:1 ÷ 30:1, temperature di ingresso turbina pari a
1300÷1400°C, raggiungono valori di rendimento intorno al 38% (consumo
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unitario di gas naturale 0,275 Nm3/kWh).
TURBOGAS
Queste macchine sono ormai esclusivamente
impiegate negli impianti a ciclo combinato,
che hanno trovato un notevole sviluppo grazie
soprattutto agli eccellenti rendimenti globali
raggiunti (56÷58%).
Le turbine a gas ultimamente offerte sul
mercato hanno temperature dei gas combusti
che raggiungono i 1500°C e sono impiegate
in cicli combinati con valori di efficienza pari al
60%.
Temperature così elevate possono essere
ammesse solo grazie all’adozione di
complesse
ed
efficaci
tecniche
di
raffreddamento
delle
pale
unitamente
all’impiego
di
materiali
speciali
nei
componenti che risultano maggiormente
sollecitati.
Oltre alla resistenza alla sollecitazione
meccanica di origine termica, che nelle parti
rotanti
è
accompagnata
dagli
sforzi
centrifughi,
è
cruciale
la
resistenza
all’ossidazione e alla corrosione, che sono
principalmente dovute all’alta reattività
dell’ossigeno ad elevate temperature e
all’erosione causata dal passaggio dei gas ad
alta velocità.
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PERDITE
Considerando il fluido (con le relative trasformazioni) e la macchina come reali,
durante il funzionamento delle turbine a gas si hanno varie perdite di energia:
Perdite termofluidodinamiche: Il lavoro perduto per queste cause si converte
in calore che generalmente rimane nel gas modificando le linee di
trasformazione da adiabatiche ad altre, verso stati di maggiore entropia a
seguito della degradazione dell’energia. Di queste perdite tengono conto i
rendimenti interni delle macchine, definiti dal confronto tra lavori reali sulle
palettature e lavori adiabatici reversibili a partire dalle stesse temperature iniziali
e fra gli stessi limiti di pressione delle operazioni reali.
Perdite di calore: sono dovute sia ad eventuale incompleta combustione, sia
alla dispersione del calore attraverso le pareti. Per semplicità si può supporre
che tutta la perdita di calore avvenga nel focolare e quindi possa essere
rappresentata dal rendimento B del combustore, definito come rapporto tra il
prodotto della portata di gas per l’aumento di entalpia ottenuto e il prodotto della
quantità di combustibile bruciato per il suo potere calorifico inferiore.
Perdite di pressione: A causa delle perdite di pressione nel sistema di
combustione, la relativa trasformazione non è rigorosamente isobara. Il rapporto
di espansione risulta quindi minore del rapporto di compressione. Per tenere
conto di queste perdite occorre moltiplicare la pressione di entrata nel
combustore (o dividere quella di uscita) per un coefficiente di rendimento
manometrico .
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PERDITE
Perdite meccaniche: sono le perdite meccaniche della turbina mt e del compressore mc
(assorbimenti di potenza per ventilazione delle parti rotanti, per attriti nei cuscinetti, ecc.).
Perdite per consumo di aria compressa: La resistenza termica dei materiali delle parti calde è
stata costantemente migliorata facendo ricorso al raffreddamento dei distributori fissi e delle palette
rotanti della turbina tramite aria compressa spillata da vari stadi del compressore. Raffreddare le
parti calde introduce dunque delle perdite per consumo di aria compressa spillata dal compressore e
per sottrazione di calore nell’espansione dei gas (a causa della fuoruscita di aria compressa dai
canali di ventilazione, che lambisce le superfici esterne delle palette creando un raffreddamento a
film e si miscela poi al gas della corrente principale diminuendone la temperatura).
Variazione delle prestazioni delle turbine a gas: le prestazioni delle turbine a gas possono
cambiare per effetto della variazione di alcuni parametri ambientali ed operativi. Per poter
confrontare le prestazioni di macchine differenti ed installate in luoghi diversi, si fa riferimento a
condizioni normalizzate ISO (15°C e 0,1013 MPa) come se tutte le macchine operassero nelle
stesse condizioni ambientali. Una turbina a gas, funzionante a velocità costante e ad una certa
temperatura dell’aria ambiente, è una macchina attraversata in ciascuna sezione da una portata
volumetrica costante. La sezione di ingresso compressore e la sezione di ingresso turbina sono
attraversate da portate in volume diverse tra loro ma costanti nel tempo al variare delle condizioni
esterne della macchina:
1. Variazione della pressione atmosferica
2. Variazione della pressione allo scarico
3. Perdite di carico all’aspirazione
4. Variazione della temperatura dell’aria ambiente
5. Sporcamento del compressore
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PERDITE
La linea d’asse di un impianto con turbina a gas (TG) è costituita dai
seguenti macchinari (partendo da sinistra nella figura seguente):
sistema di viraggio e giunto autodisinnestante,
alternatore,
tronchetto di unione alternatore-turbina a gas,
turbina a gas.
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References e approfondimenti
Ing.F.Zanellini,
Università di Pavia.
Lezioni SPDE master Università di
Mantova 30-31 Marzo 2007
Negri di Montenegro G., Bianchi M.,
Peretto A. Sistemi energetici e loro
componenti. Pitagora Editrice Bologna.
2003
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