Troppo amore. - Associazione Succede solo a Bologna

Troppo amore.
di Cristina Adinolfi
Hai troppo amore,
mangialo
nella tua bocca chiudilo
con i denti
masticalo
e fammi digerire.
Il tuo amore non me lo posso mangiare
il tuo amore magari me lo posso bere
a piccole gocce,
da una cannuccia.
Ha un sapore zuccherino di aranciata frizzantino,
mi lascia un buon sapore sul palato
mi lasci il bicchiere?
La cannuccia no,
te la puoi riprendere,
lo bevo dalla bocca.
Quanto buon amore sul palato,
zuccherino di aranciata frizzantino.
Ho bevuto troppo amore,
sono ubriaco.
Adesso come ci cammino sui marciapiedi del mondo?
Adesso chi mi bacio sui marciapiedi del mondo?
Il tuo sapore sulla lingua mi fa sentire le bollicine
e tra i denti lo zucchero
e nella gola l’arancia,
gli altri baci sono acqua naturale.
Riprenditi per favore questo amore
e tutti i sapori che mi hai lasciato
e tutti i ricordi che mi hai disegnato.
- Non so
Se mi sai dare mi sai pure togliere, qual è il problema.
- Non funziona così
Come no,
i sentimenti non sono equivalenze matematiche?
Sono sbronzo,
il tuo tutto troppo amore alla testa
mi fa male
mi fai male
mi fai odiare
ti odio.
Perché diamine mi hai preso?
Per chi diamine mi hai preso?
Ti sei confusa
mi sono confuso
mi hai fatto confondere tu.
Adesso devo andare a vomitare,
scusami
ma ho la nausea.
- Ti accompagno,
No, non mi accompagni.
- ti prendo la mano.
Già ti sei presa la mia bocca,
il mio cuore
e il mio cervello
non mi prendi pure la mano perciò scusami
anzi scusati
e lasciami da solo con le mie mani.
Le mani me le devi lasciare vuote
quelle me le devo infilare in gola.
- Non si può.
Si che si può,
mi ci infilo proprio tutte e dieci le dita.
- Sono troppe.
Pure il tuo amore è troppo ma io me lo devo togliere.
Mi servono tutte e dieci le dita
per farti uscire da me
e farmi ritornare in me.
Non mi far perdere tempo,
dopo devo andare a ballare.
Prendo tempo con te e intanto perdo il tempo del mondo.
Vattene a ballare pure tu,
smettila di star ferma con me
a riflettere su quante dita mi servono per vomitarti.
- Non mi piace ballare.
Beh peggio per te, scema, rimani ferma dove ti pare ma io sicuro fermo con te non ci sto.
Io voglio ballare
voglio girare
voglio viaggiare
- Dove vuoi andare?
Che ne so dove voglio andare ma intanto devo partire
- Partiamo insieme?
No,
è fuori discussione che tu parta con me,
siamo già partiti insieme
e tu hai portato troppo amore
e io non sono più tornato.
Adesso basta, fammi andare a vomitarti.
- Dove?
Ma che ne so da qualche parte dove tu non c’entri,
lo so che sei piuttosto magra
infatti mi serve uno spazio piuttosto piccolo piccolissimo
in cui non c’entra neanche un tuo respiro.
- Sei sicuro?
Si sono sicuro, sicurissimo perciò salutami.
- Ciao.
Solo ciao?
Il tuo tutto troppo amore ti fa dirmi solo ciao?
Va bene allora ciao, goodbye, bye, adieu, adiòs.
- Hasta la vista.
Hasta la vista col cavolo.
Io non ti vedo più
non ti sento più
non ti bevo più
non ti tocco più
non ti annuso più.
Mi anestetizzerò ai tuoi cinque sensi
così ritroverò il senso
illusorio di questo mondo nonsense.
Voglio credere a qualcosa di sensato
a qualcuno
a qualcuna
che cammina per strada con la schiena diritta
così mi dirige. Invece tu.
Tu mi fai sempre ubriacare
e alla fine mi ritrovo a traballare
sui marciapiedi del mondo senza alcuna direttiva.
Sono stanco di questa vita sregolata,
perciò scusami
ma vado a vomitare il tuo disordine
per fare ordine e domande più facili.
- E io?
E tu
E tu
E io
che ne so.
Non sono in grado di dirigere me, figurati te.
Giuro che rabbia
che rabbia che mi sale con tutto questo amore,
la prossima volta lo chiedo in anticipo.
Quanto mi ami da uno a cento?
Se mi dice settanta la saluto prima
e se mi dice cento non la saluto proprio.
Adesso devo sperare in tutte queste dieci dita.
Mi lascerai l’amaro in gola perciò
dammi un altro sorso del tuo amore zuccherino di aranciata frizzantino
che me lo bevo dopo,
così mi aggiusti la bocca
dopo che me l’hai guastata.
Con tutto quel vomito
ti perderò,
spero.
Prese in carico.
di Cristina Adinolfi
<< Ho troppa vita da portare, te ne posso un po’ lasciare?>>
<< Ok, giusto un pezzettino, ho già la mia da sostenere.>>
<< .... >>
<< Così troppa troppa vita non me ne puoi certo dare!>>
<<Ma io ho proprio tanta vita e la dovrò pure spartire!>>
<<Mi rincresce proprio tanto ma io che ci posso fare?>>
<<Prendi ancora un po’ di vita per piacere.>>
<<Me ne hai già dato abbastanza non ti pare?>>
<<E tutta quest’altra vita, io a chi cavolo la dò?>>
<<Ma scusa, dimmi un poco, io che cavolo ne so?>>
<<Ho capito, ho già capito non ti è dato saper niente. La dò a tutti, questa vita, la dò a tutta l’altra
gente.>>
Ho troppa vita, troppa
vita in corpo
per darla ad un unico corpo
e allora la do a tutti!
Scritta così,
pare il regalo di una puttana ma
chiamami pure tale
che magari lo sono pure.
Ho troppa vita in corpo che
me la scopano tutti i corpi
e pure tu,
con tutto il tuo corpo
scopami tutta la vita.
Non rimango senza, amore mio
e pure tu, senza vita non rimani.
Si spolpano in un impasto irregolare e noi
ci possiamo cucinare qualcosa.
Cuciniamo insieme, ti va?
Non si sa mai che
mangiamo qualcosa di buono.
Io voglio carne sulle labbra e tu?
Baciami amore mio,
ho troppa vita per immaginare
queste bocche che saranno baci.
Dammene subito uno, così
ci rimane più tempo
e ci rimangono più baci.
Ho troppa vita, te l’ho detto
l’attesa mi dà sui nervi.
Periodi ipotetici
di Cristina Adinolfi
E cosa succederebbe poi se
per pura casualità di eventi,
intenti,
piedi
piedi che si scontrano
piedi che per puro caso
s’incontrano
da versi opposti
nella stessa strada
nello stesso quartiere
della stessa città.
Insomma cosa succede se ti incontro,
perché può succedere che t’incontri
tutto può succedere,
puoi succedere pure tu di nuovo:
il tuo apparato muscolare nella mia orbita oculare.
Giuro che
dovesse succedere che t’incontri,
la mia orbita oculare la chiuderei.
Chiamami scema, cretina, bambina
chiamami, sul serio, chiamami
ma stai certo che
ci resterei male,
malissimo
ci resterei arrabbiata
se
il mio apparato muscolare non desterà più meraviglia alla tua orbita oculare.
Ti dirò
che vorrei quasi la fingessi
anzi senza vorrei e senza quasi,
voglio che se
dovesse succederci di capitarci
che i nostri piedi
per pura casualità di piedi
s’incontrino,
per quei pochi minuti in cui torni
ritorni
a guardarmi come mi guardavi.
A che serve ricordarci
che noi non sentiamo per noi
quello che noi sentivamo per noi
dicevo,
a che serve?
Se è per pochi minuti,
se poi ognuno
proseguirà
da versi opposti
nella stessa strada.
Fingiamo,
per un attimo
che non sia cambiato niente:
ci guardiamo come guardavamo
e ci sentiamo come sentivamo.
Per pochi minuti
giuro,
solo per pensarci
da qualcuno
nel mondo
amati,
ancora.