I prati magri
I prati magriUna buona parte della porzione più alta dei versanti est e sud del Monte Barro è occupata dai cosiddetti
"prati magri", associazioni erbacee caratterizzate dal colore giallastro e dalla presenza di un suolo sottile, poggiante
direttamente sulla roccia calcarea e che, contrariamente a quanto accade nei prati pingui, non viene mai concimato.
Questa vegetazione, un tempo diffusa nell'Insubria, sta ora scomparendo; per questo è tutelata in quest'area, che
costituisce, assieme alle rupi e alle ricchissime praterie insubriche della sommità del monte, la "Riserva naturale parziale
di interesse floristico della vetta".L'aspetto che colpisce maggiormente in questi ambienti è l'eccezionale varietà della flora:
mentre in 100mq di prato pingue da sfalcio sono reperibili una media di 30 specie vegetali, qui, nella medesima
superficie, le specie sono di regola 60-100. Tra le specie più vistose citiamo la peonia selvatica, rossa; un iris, azzurro e
giallo; il giglio rosso; la pulsatilla comune, dai fiori viola, e la pulsatilla alpina, bianca; il dittamo, dall'intenso profumo di
limone; le vedovelle o globularie, dai fiori bluastri, comuni soprattutto presso le rocce, oltre 20 orchidee e numerose altre
specie.I prati magri traggono la loro origine da antiche opere di disboscamento eseguite allo scopo di reperire pascoli o
foraggio. Dal punto di vista vegetazionale, queste ricche formazioni erbacee rientrano in gran parte nel "mesobrometo"
(= comunità caratterizzate dalla presenza di erbe tipiche, i bromi, e da condizioni di aridità non estreme) e sono
relativamente simili alle più estese steppe centroeuropee. Pur essendo ambienti artificiali e relativamente lontani dalla
massima espressione delle potenzialità naturali, si può dire che queste praterie siano l'esito di una interazione armonica tra
uomo ed ambiente, tanto da essere caratterizzati da notevole significato naturalistico. Tipiche sono ad esempio alcune
specie vegetali ed animali che, in periodi passati a clima più arido dell'attuale, hanno colonizzato questi ambienti
provenendo sia dalle steppe europee ed asiatiche, sia dall'area mediterranea; tra le specie più tipiche troviamo
innanzitutto alcune graminacee quali il forasacco (Bromus erectus), proveniente dalle steppe del Ponto, il paleo comune
(Brachypodium pinnatum), la trebbia maggiore (Chrysopogon gryllus) e la sesleria comune (Sesleria varia), che domina
sui substrati rocciosi calcarei e si rinviene anche sulla sommità della vetta. Nelle stazioni più aride fa mostra di sè il lino
delle fate (Stipa pennata), dai frutti lungamente piumati. Con il passare del tempo questi prati, lasciati a se stessi,
verrebbero invasi da arbusti ed alberi sino alla costituzione di un ambiente forestale; il mantenimento della attuale varietà
ambientale e del patrimonio vegetazionale, floristico e faunistico costituito dai prati magri è quindi strettamente legato ad
una gestione che preveda l'adozione di misure opportune (sfalcio e/o pascolo controllati, taglio degli alberi ecc.) che
contrastino con la naturale evoluzione dei luoghi. Un altro grave pericolo che, soprattutto in passato, ha minacciato
questi ambienti, è la concimazione, che induce la scomparsa di tutte quelle specie che non sopportano i suoli ricchi di
nutrienti, prime tra tutte, le orchidee: a titolo di esempio, si osserva che circa il 90% dei prati magri del Canton Ticino
sono andati incontro ad un tale destino nel corso di questo secolo, tanto che attualmente vengono versati agli agricoltori
contributi affinché tengano sfalciati questi prati una volta l'anno astenendosi dal concimarli.Non mancano tuttavia
associazioni di interesse ancora maggiore, inquadrabili nelle praterie insubriche: si pensi che in soli 1-2mq di queste
praterie assai peculiari si possono rinvenire fino a 30-40 diverse specie erbacee. Anche queste comunità sono ricchissime
di endemismi e specie rare come ad esempio l’aquilegia di Einsele e la primula glaucescente, entrambe specie
dai fiori grandi e vistosi.
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Generated: 8 June, 2017, 21:38