Complementi al Corso di Ecologia Approfondimenti di statistica
AUTORE: DOTT. TOMMASO RUSSO
RESPONSABILE DEL CORSO: PROF.
STEFANO CATAUDELLA
SCHEDA 1.2 Interpretazione delle probabilità
SCHEDA 1.3 Errori standard
SCHEDA 1.4 Campionamento, accuratezza e
precisione
Alcune definizioni della statistica
Un ramo della matematica applicata che si occupa della raccolta e
dell’interpretazione dei dati quantitativi e dell’uso della teoria delle
probabilità per la stima di parametri di una popolazione.
Lo studio scientifico dei dati numerici basato sui fenomeni naturali.
La procedura matematica per descrivere le probabilità e la
distribuzione casuale o non-casuale della materia o del verificarsi
degli eventi.
Una serie di teoremi matematici che aiuta ad analizzare i dati
attribuendo significatività ai risultati.
Una raccolta di metodi per raccogliere, organizzare, riassumere,
analizzare e interpretare i dati, e per trarre conclusioni basate su di
essi.
La scienza e l’arte di raccogliere, riassumere ed analizzare dati
soggetti a variazione casuale (Biology Online)
Tipi di statistica
Statistica descrittiva: procedure per riassumere e
presentare i dati e per descriverli attraverso strumenti
matematici
Statistica inferenziale: procedure per derivare dai dati
già noti, con l’aiuto di modelli matematici, affermazioni
più generali.
Statistica inferenziale
Probabilità
Campione
Popolazione
Statistica
inferenziale
Statistica descrittiva: riassunto e
presentazione dei dati
RIASSUME I DATI PER MEZZO DI TABELLE
E GRAFICI:
Tabelle di frequenza (numero assoluto di casi per
categoria)
Tabelle percentuali (% di casi per categoria)
Tabelle crociate (matrici 2 x 2, 2 x 3, ecc.)
Grafici (a barre, lineari, a torta, ecc.)
Tipi di variabili
I dati della statistica riguardano variabili, cioè grandezze che
possono assumere valori differenti. Le variabili possono essere di
tipo diverso:
Quantitative (i valori sono numeri)
continue: altezza, peso, ecc (i valori sono numeri reali).
discrete: risultati del lancio di un dado (possono assumere solo
certi valori)
Qualitative o categoriche (i valori sono rappresentati
dall’appartenenza
a categorie)
nominali: maschio/femmina (le categorie non sono ordinate)
NB: se le categorie sono solo due, mutuamente esclusive, si parla
di variabili binarie o dicotomiche
ordinali: <10 anni, fra 10 e 50 anni, > 50 anni (le categorie hanno
un ordine)
Tipi di variabili
In una ricerca, si definisce variabile indipendente quella
che viene manipolata direttamente dallo
sperimentatore, o in alternativa selezionata
attraverso il metodo di campionamento. Es. dose di
esposizione ad un pesticida o sesso
Al contrario, la variabile dipendente è quella che
misuriamo per verificare la sua correlazione con la
variabile indipendente.
Statistica descrittiva: descrizione matematica dei dati
Fornisce una descrizione sintetica dei dati
utilizzando (per i dati quantitativi) metodi
numerici:
Valutazione del “punto centrale” dei dati
Valutazione della distribuzione dei dati
Valutazione del “punto centrale” dei dati
Mediana: il punto centrale è calcolato sulla base
dell’ordinamento crescente dei dati, e rappresenta la
posizione centrale in questo ordinamento.
Dati: 2, 5, 6, 13, 14, 45, 47 Mediana = 13
Media aritmetica: è il rapporto fra la somma dei valori e il
numero dei valori
Dati: 2, 5, 6, 13, 14, 45, 47
18,85
Media = 132/7 =
Valutazione della distribuzione dei dati
Attorno alla mediana: utilizzando lo stesso principio
dell’ordinamento crescente dei dati e della loro posizione, è
possibile definire vari quantili (per esempio, dividendo in 4
intervalli si ottengono i quartili, e così via).
Se si divide in 100 intervalli, si ottengono i percentili. Per
esempio, il 75° percentile è il valore del dato che, nell’ordinamento
crescente, ha un posizione tale che:
il 75% dei dati ha un valore inferiore (cioè rimane a
nell’ordinamento)
il 25% dei dati ha un valore superiore (cioè rimane a
nell’ordinamento)
NB: la mediana è il 50° percentile
sinistra
destra
Statistica inferenziale
La statistica descrittiva, pur aiutandoci a capire le
proprietà dei dati in nostro possesso, non aggiunge
nulla alle informazioni che già abbiamo. Le sue
affermazioni, essendo relative a dati certi, sono
certe.
La statistica inferenziale, invece, si propone di fare
nuove affermazioni a proposito di dati che non
possediamo, per mezzo di una elaborazione
matematica derivata dalla teoria delle probabilità. Le
sue affermazioni, quindi, sono probabilistiche.
Statistica inferenziale
Il concetto di verità delle affermazioni della statistica
inferenziale deve essere ben compreso.
Le affermazioni della statistica inferenziale sono
matematicamente vere e rigorose (nell’ambito della
validità del modello matematico che si adotta, e purchè,
naturalmente, i calcoli vengano condotti
correttamente), ma riguardano esclusivamente la
probabilità della verità di altre affermazioni.
In altre parole, la statistica inferenziale non ci fornisce
certezze sull’argomento della nostra ricerca, ma solo
certezze sulla probabilità che le nostre asserzioni su
tale argomento siano vere.
Statistica inferenziale
I problemi che la statistica inferenziale cerca di risolvere sono
essenzialmente di due tipi:
1) Problema della stima (per esempio stima di una media):
fornisce informazioni sulla media di una popolazione
quando sono note media e deviazione standard di un
campione della stessa.
2) Problema della verifica di ipotesi (per esempio confronto fra
due o più campioni):
calcola la probabilità che due campioni, di cui siano
note media e deviazione standard, siano campioni
derivati da una stessa popolazione oppure da due
popolazioni diverse.
Campionamento statistico
Nell’ambito della statistica descrittiva abbiamo finora considerato
strumenti per descrivere un’intera popolazione quando siano noti
tutti i dati ad essa relativi. Ma nella ricerca, in genere, non si
conoscono i dati dell’intera popolazione, ma solo quelli di un campione.
Il campionamento si usa quando si vuole conoscere uno o più parametri
di una popolazione, senza doverli misurare in ogni suo elemento. Il
campionamento consiste nel selezionare un numero più piccolo di
elementi fra tutti quelli che formano una popolazione. Può essere
fatto in vari modi, ma deve sempre essere di tipo probabilistico (cioè
garantire la casualità della selezione).
Parleremo allora di numerosità, media e deviazione standard del
campione, e dobbiamo porci il problema di che rapporto esista fra
questi valori e la numerosità, la media e la deviazione standard
dell’intera popolazione.
Media del campione e media della popolazione
Immaginiamo di avere una popolazione rappresentata da
mille persone (per esempio la popolazione degli abitanti
maschi di un paese), e di volere conoscere la loro
statura.
Se conoscessimo la statura di ciascuno dei mille
abitanti, potremmo descrivere la popolazione con
assoluta precisione in termini di media e deviazione
standard.
Media del campione e media della popolazione
Se però non abbiamo le risorse per misurare la statura
di mille abitanti, possiamo scegliere un campione
casuale, per esempio di 30 abitanti. Avremo allora una
media e una deviazione standard del campione, la cui
numerosità è naturalmente 30.
Che rapporto c’è fra questi valori e quelli dell’intera
popolazione di mille abitanti?
Media del campione e media della popolazione
Immaginiamo di ripetere l’operazione di campionamento 20
volte, ogni volta con un diverso campione casuale di 30
abitanti. Otterremo 20 medie diverse, e 20 DS diverse.
Un concetto importante è che l’insieme di queste medie dei
campioni tende ad assumere una distribuzione normale,
anche se la popolazione di origine non è distribuita
normalmente.
In altre parole, il processo di campionamento casuale è di
per sé un fenomeno che si distribuisce normalmente.
Verifica di ipotesi
La verifica di ipotesi è il secondo tipo di problema
affrontato dalla statistica inferenziale.
L’ipotesi da verificare in questo caso è la cosiddetta
“ipotesi nulla” (null hypothesis)
Ipotesi nulla
L’ipotesi nulla (H0) è un’ipotesi che il ricercatore fa
riguardo a un parametro della popolazione oggetto
della ricerca (in genere la media) e che viene confutata
o non confutata dai dati sperimentali. Nel caso più
comune, del confronto fra due campioni, la forma
dell’ipotesi nulla è la seguente:
H0: µ1 = µ2
Dove µ1 e µ2 sono le medie delle due popolazioni da cui
sono stati tratti i due campioni.
Ipotesi nulla
Molto spesso l’ipotesi nulla è l’opposto di ciò che si vorrebbe
dimostrare.
Come vedremo, l’ipotesi nulla viene rigettata oppure no a
secondo del suo livello di “improbabilità”.
Se l’ipotesi nulla viene rigettata, questo è un dato a favore
dell’ipotesi alternativa. In senso stretto, però, il test
statistico non dice nulla sull’ipotesi alternativa H1, ma solo
sulla probabilità dell’ipotesi nulla.
Riassumendo:
Se H0 viene rigettata perché improbabile, questo è un dato a
favore di H1
Se H0 non viene rigettata, questo non vuol dire che H0 debba
essere vera. Si può solo dire che, sulla base dei dati raccolti,
non la si può considerare “abbastanza” improbabile.
Il p-value (probability value)
Ma che vuol dire “abbastanza” improbabile? Anche nel caso
della verifica di ipotesi, è necessario decidere un “livello” di
improbabilità che autorizzi a “rigettare” l’ipotesi nulla.
Questo valore si chiama p-value, o soltanto p, e si può definire
come la probabilità che il risultato ottenuto (per esempio la
differenza fra le medie dei due campioni) sia dovuto al caso, se
l’ipotesi nulla è vera, cioè se le medie delle popolazioni da cui i
campioni sono tratti sono uguali.
Il p si esprime come frazione dell’unità. Valori di p spesso usati
come livello sono:
<0,05
(cioè una probabilità < al 5%)
<0,01
(cioè una probabilità < all’1%)
Errori di tipo I e II
SE il p è < a 0,01: l’ipotesi nulla
viene rigettata, in favore di una
possibile ipotesi alternativa.
(studio che ha successo)
Se però l’ipotesi nulla è vera, si
commette un errore di tipo I.
La probabilità di commettere un
errore di tipo I (detta α) è uguale al
p-value.
Se comunque l’ipotesi nulla è falsa,
si commette un errore di tipo II.
SE il p è > a 0,01: l’ipotesi nulla
non viene rigettata. Ciò non
dimostra che essa sia vera.
(studio che non ha successo)
La probabilità di commettere un
errore di tipo II (detta β) spesso
non è calcolabile.
La causa più frequente di errore di
tipo II è la numerosità insufficiente
dei campioni.
Errore tipo II e potenza
• β è la probabilità di commettere un errore di tipo II, cioè
di non riuscire a rigettare un’ipotesi nulla che è falsa (in
altre parole, di non riuscire ad affermare la nostra
ipotesi anche se è vera
• 1- β esprime la potenza di uno studio, cioè la
probabilità di non commettere un errore di tipo II
• Se β è 0,20, la potenza dello studio sarà 0,80, in altre
parole lo studio avrà l’80% di probabilità di riuscire a
dimostrare la propria ipotesi, se questa è vera
Da cosa dipende la potenza?
1. Dalla dimensione reale dell’effetto che si vuole dimostrare. In
2.
3.
4.
5.
altre parole, quanto più il segnale da rivelare è grande, tanto
più facile è, per uno studio, rivelarlo.
Dal livello di significatività prefissato (soglia di p). In altre
parole, quanto più bassa si pone la soglia di p, tanto più facile
è che non si arrivi a quella soglia anche se l’ipotesi è vera. Uno
studio che vuole essere più affidabile, sarà anche meno
potente.
Dalla numerosità del campione. Più grande è N, più potente è
lo studio.
Dalla varianza (o DS) della popolazione di origine. Più grande è
la varianza, meno potente è lo studio
Da altri fattori: normalità della popolazione, tipo di test
statistico adoperato
Dimensionamento del campione
• Un campione troppo piccolo porta più facilmente ad errori
di tipo II
• La numerosità del campione dipende però in modo critico
dall’entità della differenza esistente fra le due popolazioni
relativamente al parametro oggetto dello studio
• In uno studio RCT, quindi, è importante dimensionare in
anticipo il campione, cioè decidere prima quanti soggetti
dovranno essere arruolati per rispondere al quesito
• Il dimensionamento va fatto tenendo conto della
differenza più piccola che si ha interesse a cogliere
(grandezza del segnale minimo che si considera utile), e del
livello di significatività statistica che si desidera
raggiungere (cioè, della soglia fissata per il p)
Scelta del test appropriato
A seconda della forma del problema, si sceglierà un test
diverso per la verifica delle ipotesi. E’ importante
ricordare che, qualunque sia il test statistico
impiegato, alla fine il risultato dovrà essere espresso
sotto la forma di un p-value perché lo si possa
interpretare.
Di che test ho bisogno?
Variabili quantitative in gruppi categorici:
confronto fra le medie di due campioni,
anche di numerosità diversa (betweensubject)
Variabili quantitative in un gruppo unico:
confronto fra coppie di misurazioni nello
stesso soggetto (within-subject)
t di Student, paired
Variabili qualitative in gruppi categorici:
confronto fra conteggi (numero dei casi che
ricadono in differenti categorie)
Chi quadro
Rapporto fra due variabili quantitative
continue misurate nello stesso gruppo di
soggetti
Variabili quantitative continue o in gruppi
categorici: confronto fra le medie di tre o più
campioni, e di più variabili indipendenti
(analisi covariata)
Analisi contemporanea di più variabili
dipendenti
t di Student, unpaired
Coefficiente di correlazione r
e regressione
ANOVA, ANCOVA
MANOVA
Popolazione e campione
Gli studi si effettuano normalmente su un campione
della popolazione
Il campione non sarà mai perfettamente
rappresentativo della popolazione
Nell’analisi delle differenze fra una statistica di
campione e un parametro di popolazione occorre
distinguere fra
gli effetti dovuti al caso (errore di campionamento)
gli effetti dovuti al trattamento
L’errore standard come misura di affidabilità
Nella maggior parte degli studi si utilizza un solo
campione
La dove l’errore standard è elevato è probabile che
diversi campioni produrranno risultati diversi
Simulazione: ripetizione degli esperimenti
Lo studio dell’errore standard consente di determinare
l’affidabilità del campione
Coefficiente di correlazione
Il coefficiente di correlazione esprime
la probabilità che due variabili siano
correlate fra loro, anche se non
sussiste necessariamente un
rapporto diretto di causalità. La
correlazione può essere lineare o di
altro tipo (quadratica, ecc.)
Un coefficiente di correlazione va da 1 (correlazione negativa) a 1
(correlazione positiva). I valori intorni
allo 0 esprimono l’assenza di
correlazione.
Il più semplice coefficiente di
correlazione è quello di Pearson,
detto r, che misura la correlazione
lineare fra due variabili in un campione.
r = -1
r=0
r = +1
Altri esempi di r
Coefficiente di determinazione r2
E’ il quadrato della correlazione, ed esprime la
percentuale della variazione dei valori di y che è
spiegata dal modello di regressione associato a x
0 ≤ r2 ≤ 1.
Quanto più grande è r2 , tanto più forte è la relazione
lineare
Quanto più r2 è vicino a 1, tanto più sicure sono le nostre
predizioni
Significato generale di un test
In altre parole, possiamo considerare il risultato di un test
statistico, come il t-test o r, come la misura di un rapporto
segnale/rumore.
Il segnale è l’entità della differenza fra due gruppi di dati nel
confronto fra medie (t di Student), o l’entità della correlazione fra
due variabili (r).
Il rumore è la probabilità della generazione casuale di uno pseudosegnale, e dipende in modo critico dalla numerosità dei dati.
entità della differenza fra le
medie, o della correlazione
Segnale
variabilità casuale
Rumore
SCHEDA 5.1 Metodi di marcatura-ricattura
per stimare l’ammontare di una popolazione
ESEMPI DI QUESTIONI IN GEST. FAUN.
Quanto e’ grande la popolazione?
Qual’e’ il trend della popolazione?
CENSIMENTO E
MONITORAGGIO
E’ sufficientemente grande per persistere a
ECOLOGIA
ETOLOGIA
MODELLI
lungo?
Qual’e’ il suo potenziale di crescita?
Cosa succede se prelevo o aggiungo individui?
Di quali risorse ha bisogno la popolazione?
Quali sono i fattori che limitano la popolazione?
Ci sono fattori limitanti di origine antropica?
Di quanto spazio ha bisogno la popolazione?
Come posso fare per eliminare la popolazione?
Qual’e’ il livello di inbreeding?
CENSIMENTO E MONITORAGGIO
Censire una popolazione significa valutarne la
consistenza numerica in un punto nel tempo
Monitorare una popolazione significa
controllare sistematicamente una popolazione
ad intervalli di tempo (regolari) e secondo
protocolli standard
PERCHE’ MONITORARE?
Necessario conoscere lo status del sistema per poterlo
gestire
2. Necessario seguire lo status del sistema nel tempo per
adottare di volta in volta il miglior metodo di gestione
possibile
Monitorare e’ costoso
Monitorare può disturbare il sistema
1.
E’ necessario decidere se il problema e’ sufficientemente
serio per meritare lo studio
METODI DIRETTI
Si suddivide l’area prescelta in aree piu’ piccole di
dimensioni regolari oppure si scelgono una serie di
siti campionari distribuiti all’interno dell’area
prescelta e si verifica la presenza o l’assenza della
specie.
E’ sufficiente osservare un individuo o le sue tracce
per considerare l’area positiva.
E’ un metodo rapido che permette di valutare aree
estese ma che fornisce poche informazioni sulla
popolazione/individui se non che e’ presente.
MISURE DI ABBONDANZA
Esistono 3 diversi modi di misurare l’
abbondanza di una popolazione:
1. Censimenti esaustivi
2. Censimenti campionari
3. Conteggi relativi o per indici
CENSIMENTI ESAUSTIVI
I censimenti esaustivi o assoluti (census) sonovolti a
determinare il numero totale di animalipresenti
all'interno di una determinata area, e
conseguentemente la loro densità.
Si può utilizzare con animali che sono ben visibili e
facili da contare.
DENSITA’ ASSOLUTA
CENSIMENTI CAMPIONARI
I censimenti campionari (sample census) sono
finalizzati alla valutazione delle densità in una o più
zone campione il più possibile rappresentative delle
realtà ambientali di una determinata area, in genere
per estrapolarle, con alcune precauzioni, all'intera
area.
STIMA DELLA DENSITA’ ASSOLUTA
CONTEGGI RELATIVI O INDICI
Conteggi relativi o per indici (count e non census)
volti alla definizione di indici di abbondanza relativa
qualora non sia possibile stabilire l'esatta
consistenza di una popolazione, o di una sua parte,
in relazione alla scarsa permanenza e al basso
coefficiente di contattabilità/rilevamento di molte
specie.
Si usa per specie elusive, difficilmente visibili (es.
Ermellino, Mustela erminea)
INDICE RELATIVO
INDAGINI DEMOGRAFICHE
Richiedono molti dati. E’ necessario:
Vedere o catturare gli animali (no segni indiretti)
Per indagini demografiche approfonditee’ necessario:
Riconoscerne il sesso e possibilmente l’eta’ dell’animale
2. Seguire la popolazione per piu’ anni
3. In popolazioni aperte stimare l’immigrazione e
l’emigrazione
Sono piu’ comuni per gli uccelli che per i mammiferi
perche’ gli uccelli sono piu’visibili.
1.
INDAGINI DEMOGRAFICHE
Le indagini demografiche sono molto utili
perche’ permettono di fare delle
previsionisull’andamento della popolazione
e di capire quale sezione della popolazione e’
piu’ vulnerabileo fornisce il maggiore
contributo riproduttivo.
SCELTA DEL METODO DI RILEVAMENTO
Se consideriamo solo le caratteristiche della
specie e ignoriamo altri parametri
(domanda, fondi, tecnologia disponibile,
etc.) la scelta del metodo di rilevamento dell’
animale dipende da:
1. Dimensione dell’animale
2. Dalla sua mobilita’
3. Dalla sua visibilita’
CATTURA, MARCATURA E RICATTURA
Il metodo di cattura-marcatura-ricattura (CMR) si basa
sul principio che la proporzione di animali marcati che
viene ricatturata e’ rappresentativa della proporzione di
animali marcati nell’intera popolazione
PROCEDURA:
Si cattura, si marca e si rilascia un certo n. di individui
(e.g. 100) in un’area ben definita
Si ricattura in un tempo sucessivo e si conta quanti degli
individui catturati sono marcati
Si stima la popolazione(N) in base al numero di animali
marcati che vengono ricatturati
PREMESSE
PREMESSE:Quando uso CMR per stimare il numero
di animali in una popolazione devo assumere che la
popolazione sia chiusa, quindi non deve passare
troppo tempo tra la prima e la seconda cattura.
QUANDO SI USA: Usato quando gli individui sono
difficili da vedere e quando sono particolarmente
mobili. Usato spesso per i vertebrati e in particolare
per i mammiferi.
VANTAGGI:Posso avere informazioni dettagliate
sull’individuo come il suo sesso, l’eta’, il peso, il
numero di parassiti, etc.
GENETICA NON INVASIVA
Si utilizza il DNA estratto da peli, penne o feci per
determinare l’identita’ dell’individuo, il suo sesso ed
eventualmente il suo grado di parentela con gli altri
membri della popolazione.
Metodo potenzialmente molto utile per monitorare
specie elusive come ad esempio la lontra (Lutra
lutra).
Metodo spesso utilizzato per i carnivori.
INDICE E ABBONDANZA
Gli indici non sono necessariamente direttamente
proporzionali all’abbondanza della popolazione ma
possono dipendere da fattori ambientali (e.g.
visibilita’) o dalla dimensione della popolazione (e.g.
piu’ facile catturare certe specie quando sono ad alta
densita’) (Gibbs 2000)
SCHEDA 5.2 Le basi della tavola di mortalità
CARATTERISTICHE DI UNA POPOLAZIONE
DENSITA’
NATALITA’ (TASSO DI NASCITE)
MORTALITA’ (TASSO DI MORTI)
DISPERSIONE
DISTRIBUZIONE PER ETA’
POTENZIALE BIOTICO
MODELLI DI ACCRESCIMENTO NUMERICO
DENSITA’ DI POPOLAZIONE
E’ la dimensione di una popolazione in relazione
all’unità di spazio; n° di individui, o biomassa della
popolazione , per unità di area o di volume:
DENSITA’ NUMERICA: n° individui/m2 o /m3
(Es: 200 alberi per acro; 5 mil. di diatomee per m3
d’acqua)
DENSITA’ DI BIOMASSA: g biomassa/m2 o / m3
(Es: 200Kg di pesce per ettaro di superficie d’acqua)
DISPERSIONE
DISPERSIONE UNIFORME
DISPERSIONE CASUALE
DISPERSIONE RAGGRUPPATA
NATALITA’
MORTALITA’
SCHEDA 6.4 Modelli nulli e neutrali
SCHEDA 8.1 Ampiezza ottimale della dieta
Nicchia fondamentale
Biotic factors
Historical
factors
Realized
environment
Le grandi domande
Come è fatto un modello nullo?
Quali assunzioni biologiche ci sono dietro i vincoli
deterministici di un modello nullo?
In che modo questi vincoli influenzano la nostra
capacità di rilevare pattern “interessanti”?
E’ un processo o un pattern ad essere assunto come
stocastico in un modello nullo?
I modelli neutrali sono modelli nulli?
Cos’è un modello nullo?
Gotelli and Graves (1996):
“Un modello nullo è un modello che genera pattern
basato sulla randomizzazione di dati ecologici..
Alcuni elementi dei dati sono assunti come
costanti mentre altri possono variare
stocasticamente.. La randomizzazione è concepita
per produrre un pattern che sarebbe atteso in
assenza di un particolare meccanismo
ecologico”
Due visioni dei modelli nulli:
Descrizione statistica di dati randomizzati
(Simberloff 1983)
Simulazione di processia assemblati casualmente
(Colwell and Winkler 1984, Gotelli and Graves 1996)
I modelli nulli assumono che:
Le ipotesi ecologiche sono falsificabili (sensu Popper)
L’ipotesi più semplice è la migliore (rasoio di Occam)
I processi ecologici possono essere rimossi dai dati
mediante simulazioni
Modelli nulli sono stati sviluppati per lo studio di:
- Relazione specie-area
- Andamento della diversità nel tempo
- Struttura della rete trofica
- Sovrapposizione di nicchia
- Co-occurrenza delle specie (quali associazioni
osserviamo nell’ambiente e da cosa sono state
generate)
Metodi per stimare la biodiversità specifica
Ricchezza di specie: il numero totale di specie in
una determinata area
Rappresentazione delle specie: il grado con cui il
numero di individui risulta essere diviso tra le
differenti specie della comunità
Dissimilarità delle specie: stima delle differenze
fenotipiche/genetiche tra le specie risultanti dai
livelli di relazioni filetica tra loro
Rarità delle specie: la rarità di organismi in una
determinata area.
Biodiversità: ricchezza delle specie
E’ la stima più semplice che dipende dalla presenza/assenza di
specie (è quindi semplicemente il numero di specie).
Vantaggi:
- Semplice e “facilmente” misurabile,
- Tutte le specie hanno la stessa importanza
- Le stime dei differenti operatori sono abbastanza confrontabili
(stesso numero di specie per le stesse aree)
Esiste già abbastanza informazione sul numero di specie esistenti
in una località (liste, flore, faune) e nella letteratura scientifica e
nei cataloghi dei musei, orti botanici etc.
Può fungere da buon surrogato per la stima di molti altri tipi di
variazione della biodiversità
Ha un ampia applicazione: la specie, come unità, è comunemente
utilizzata nelle pratiche legislative, di gestione, nella prassi
comune.
I più comuni metodi tassonomici utilizzati per
quantificare la biodiversità in termini di numero di
specie sono:
Concetto morfologico di specie
Concetto filogenetico di specie
Concetto biologico di specie
…………..ciascuno ha i suoi pregi e difetti!!
Concetto morfologico di specie:
Il più piccolo gruppo di organismi
permanentemente separato dagli altri per una
distinta discontinuità nei caratteri ereditari
(morfologia, biochimica, etc.)
Problemi con il concetto filogenetico di specie
Non abbiamo questo livello di informazione
filogenetica per tutte le specie
Rischia di aumentare la stima del numero di specie
(ogni ramo terminale viene considerato una
diversa specie)
Concetto biologico di specie
Gruppo di organismi che possono liberamente
incrociarsi tra loro in condizioni naturali e che sono
riproduttivamente isolati dagli altri gruppi
Problemi con il concetto biologico di specie:
Non tiene conto dell’ibridazione
Non funziona con le specie che non fanno solo
riproduzione asessuale (es. batteri)
Non funziona con i fossili
Concetto funzionale ma difficile da applicare nella
pratica
Compromesso:
l’auspicio è di poter applicare il concetto
filogenetico combinato con quello biologico per
tutte le specie ma nella pratica applichiamo
principalmente il concetto morfologico di specie
Il terzo livello della biodiversità è quello delle comunità
biologiche e degli ecosistemi.
Comunità biologica = insieme delle specie che occupano una
parte di territorio ed interagiscono fra loro
Ecosistema = insieme della comunità biologica associata ai fattori
fisici dell’ambiente (sistema funzionale che include gli
organismi di una comunità naturale ed il loro ambiente).
Il livello ecosistemico rappresenta la massima complessità, in
quanto:
1. riassume quella dei livelli precedenti (genetico e di specie)
2. comprende i fattori abiotici
3. include le reciproche influenze della componente biotica e di
quella abiotica
Biodiversità delle comunità e degli ecosistemi
La diversità ecosistemica si riferisce alla diversità di una
località a livello di ecosistema. Ci sono tre prospettive:
Alpha Diversità: la diversità all’interno della comunità: La
diversità degli organismi che vivono all’interno della stessa
comunità/habitat (diversità locale)
Beta Diversity: Diversità tra le comunità: diversità degli
organismi tra le comunità di due habitat (la variazione nella
rappresentazione delle specie da un sito all’altro)
Gamma Diversity : La diversità dei differenti habitat di un
paesaggio o di un area geografica (diversità regionale)