I contratti d`impresa: contratti per l`acquisizione e il godimento di

annuncio pubblicitario
3° GIORNATA
I contratti d'impresa:
contratti per l'acquisizione
e il godimento di beni e servizi
(2° modulo)
Il Commercialista
“giurista d’impresa”
La consulenza per la gestione
dei contratti d’impresa
IDEAZIONE E PROGETTAZIONE
RELAZIONI ESTERNE
LOGISTICA
Andrea Meneghello
Elena Scala
Claudia Pasetto
Patrizia Ballarini
Fabia Corbioli
RESPONSABILE MASTER BREVE
REDAZIONE
COLLABORATORI INTERNI
Sonia Zanconato
Milena Martini
Alvise Bissoli
Diego Finetto
Sergio Lovato
Luca Mamone
Matteo Pegoraro
Umberto Vesentini
COORDINAMENTO SCIENTIFICO
SERVIZIO CLIENTI
Alessandro Corsini
Duilio Liburdi
Paolo Meneghetti
Gian Paolo Ranocchi
Barbara Adami
Luca Castellani
Nicola Tonon
Laura Roma
Rita Zantedeschi
Massimiliano Tasini
Giovanni Valcarenghi
Norberto Villa
Un comitato di Esperti, verifica ed approva il contenuto professionale delle singole giornate
per garantire la massima correttezza, precisione e compiutezza delle informazioni.
Esso è preposto, inoltre, al controllo e alla supervisione dei lavori per l’organizzazione delle
attività e durante l’intero svolgimento delle stesse.
È lo specifico impegno di Euroconference per assicurare i massimi livelli di professionalità
nel fornire competenza altamente qualificata al professionista.
Materiale didattico non vendibile e riservato ai soli partecipanti al Master Breve 2006/2007:
IL COMMERCIALISTA “GIURISTA D’IMPRESA” – MODULO GIURIDICO
Dispensa chiusa per la stampa il 6 dicembre 2006
IN CASO DI MANCATA PARTECIPAZIONE ALLA GIORNATA IN AULA
Le ricordo che nel caso di assenza alle giornate del Master Breve potrà scaricare il materiale non
ritirato in versione cartacea accedendo all’area a Lei riservata del sito
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essere ritirato presso il desk di segreteria. La medesima richiesta potrà essere effettuata
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2
INDICE
PRESENTAZIONE SECONDA GIORNATA - MODULO GIURIDICO
pag.
5
CONTRATTO DI APPALTO E SUBAPPALTO
IL CONTRATTO D’APPALTO DI OPERE
a cura di Daniele Maccarrone
-
Fac simile contratto-tipo appalto di opere (file a)
pag.
8
pag. 11
COME DISTINGUERE L’APPALTO DALLA COMPRAVENDITA
E DALLA SOMMINISTRAZIONE
pag. 31
a cura di Antonio Bianchi
IL CONTRATTO DI APPALTO FRA PRESTAZIONE DI SERVIZI E CESSIONE DI BENI
a cura di Stefano Chirichigno e Alberto Santi
APPALTI E SUBAPPALTI: LA RESPONSABILITÀ SOLIDALE
a cura di Giovanni Valcarenghi
LA REGOLARITÀ CONTRIBUTIVA NELLA DISCIPLINA GENERALE DELL’APPALTO
Tratto da “La Pratica Forense”
pag. 38
pag. 45
pag. 55
CONTRATTO DI OUTSOURCING
IL CONTRATTO DI OUTSOURCING
a cura di Antonio Bianchi
-
Schema di contratto per l’affidamento in outsourcing delle attività informatiche (file b)
pag. 63
pag. 64
CONTRATTO DI ACQUISTO E VENDITA
IL CONTRATTO DI ACQUISTO/VENDITA
a cura di Flavia Silla e Cristina Schiatti
-
Fac simile contratto di vendita di beni mobili (file c)
Fac simile contratto di compravendita di immobili (file d)
PATTO DI RISERVATO DOMINIO: DISCIPLINA CIVILISTICA E FISCALE A CONFRONTO
a cura di Sandro Cerato
pag. 76
pag. 100
pag. 104
pag. 112
CONTRATTO DI PERMUTA
CONTRATTO DI PERMUTA
a cura di Flavia Silla
-
Fac simile contratto di permuta di beni immobili (file e)
PERMUTA DI AREA CON FABBRICATI: RICADUTE FISCALI
a cura di Giovanni Valcarenghi
pag. 116
pag. 116
pag. 121
CONTRATTO DI LOCAZIONE
DIFFERENTI TIPOLOGIE DI LOCAZIONI
LE PRINCIPALI PROBLEMATICHE IN MATERIA DI CONTRATTI
DI LOCAZIONE COMMERCIALE: ASPETTI GIURIDICI
a cura di Luca Lucenti e Cristina Schiatti
-
Fac simile contratto di locazione ad uso diverso (file f)
INDENNITÀ PER PERDITA DELL’AVVIAMENTO COMMERCIALE:
UNA PRESTAZIONE CHE C’È, MA NON SI VEDE
a cura di Franco Ricca
pag. 130
pag. 132
pag. 142
pag. 151
3
SPESE DI MANUTENZIONE SU BENI IN LOCAZIONE
a cura di Giovanni Valcarenghi
pag. 160
CONTRATTO DI COMODATO
IL CONTRATTO DI COMODATO: PROFILI GIURIDICI
a cura di Vittorio Casara e Alfredo Frangini
pag. 166
IL CONTRATTO DI COMODATO DI BENI STRUMENTALI:
ASPETTI FISCALI E CONTABILI
a cura di Mariateresa Cattaneo e Walter Vallero
IL LEASING
pag. 177
CONTRATTO DI LEASING
a cura di Alfredo Frangini
LEASING OPERATIVO E LEASING FINANZIARIO
a cura di Sandro Cerato
pag. 188
pag. 196
IL LEASING DEGLI IMMOBILI STRUMENTALI:
UNA MODIFICA NORMATIVA NEL SEGNO DELLA COERENZA
Tratto da “La Circolare Tributaria” n. 39 del 16 ottobre 2006
“ACQUISTO” DEL CONTRATTO DI LEASING
a cura di Sandro Cerato e Giovanni Valcarenghi
LA CESSIONE DEL CONTRATTO DI LEASING ASPETTI GIURIDICI
a cura di Alex Gilardini
-
Formulario della cessione del contratto del leasing (file g)
LA CESSIONE DEL CONTRATTO DI LEASING: ASPETTI CONTABILI E FISCALI
a cura di Walter Vallero
pag. 198
pag. 209
pag. 217
pag. 221
pag. 223
PROFESSIONAL LIBRARY
Sul sito, inserendo la propria login e password, è possibile accedere ad un’area riservata ai soli
partecipanti al Master Breve - PROFESSIONAL LIBRARY – che consente di attingere a
materiale implementativo, formulari, normativa di riferimento ecc… attinenti i temi affrontati
Si vedano:
a)
b)
c)
d)
e)
f)
g)
●
●
●
●
●
Fac simile contratto-tipo appalto di opere (in formato word)
Schema di contratto per l’affidamento in outsourcing delle attività informatiche (in formato word)
Fac simile contratto di vendita di beni mobili (in formato word)
Fac simile contratto di compravendita di immobili (in formato word)
Fac simile contratto di permuta di beni immobili (in formato word)
Fac simile contratto di locazione ad uso diverso (in formato word)
Formulario della cessione del contratto del leasing (in formato word)
Solidarietà nei subappalti e sicurezza sui luoghi di lavoro nel decreto Bersani” tratto da “La Circolare Tributaria” n.
38 del 9 ottobre 2006 – Sistema d’Informazione Integrato – Gruppo Euroconference Editore
L’outsourcing per le attività di audit: le attività che possono essere date in outsourcing
Contratto preliminare per la vendita di immobili: aspetti fiscali e contabili – a cura di Sandro Cerato
Fac simile contratto di comodato e somministrazione (in formato word)
Fac simile contratto di locazione finanziaria (in formato word)
Come visionare e scaricare il materiale sopra citato: Collegarsi al sito www.euroconference.it ed accedere all’area
Master Breve/materiale didattico. Digitando la propria password e login, che verranno comunicate via mail alcuni giorni
prima con la scaletta della giornata, (se privi di login e password digitare i propri dati e seguire le istruzioni che appaiono) si
accede direttamente all’area riservata ai partecipanti al Master Breve, seguire poi le istruzioni che appaiono a video.
In caso di necessità contattare il nostro servizio clienti al n. 045 820 18 28.
4
PRESENTAZIONE TERZA GIORNATA – MODULO GIURIDICO
La terza giornata del modulo giuridico ha ad oggetto i principali contratti di impresa per
l’acquisizione di beni e servizi. Attraverso lo studio e l’approfondimento degli elementi
peculiari, delle clausole contrattuali maggiormente diffuse nella redazione di tali contratti, si
svilupperà l’intero percorso relativo alla cognizione dei principali contratti di impresa e, in
particolare, del contratto di appalto e di subappalto, del contratto di outsourcing, del
contratto di vendita e di permuta, del contratto di locazione e del contratto di leasing
(avuto riguardo alla differenza tra il leasing operativo e il leasing finanziario).
Tra i contratti per l’acquisizione di beni e servizi spicca in particolare il contratto di appalto di
opere e servizi al quale, sia per la notevole diffusione nell’ambito della contrattualistica di
impresa, quanto per la evidente importanza assunta nella edilizia e – da ultimo – negli
aspetti fiscali della relativa disciplina, viene dedicata particolare attenzione ai risvolti giuridici
e a quelli più propriamente pratici ed aziendalistici.
Gli elementi essenziali del contratto di appalto, le clausole tipiche dello stesso, le forme di
responsabilità proprie dell’appaltatore (vizi e rovina di edificio, la responsabilità c.d.
urbanistica, la disciplina della revisione dei prezzi, il collaudo in corso d’opera e/o il collaudo
definitivo, le variazioni del progetto, l’accettazione delle opere, la figura del direttore dei
lavori) sono analizzate nell’ottica dell’impresa, con particolare riferimento ai rapporti tra
appalto e subappalto, alla relativa disciplina e all’impatto fiscale e finanche previdenziale alla
luce delle modifiche apportate dalla normativa di cui al D.L. 223/06.
Similmente sono rilevanti le distinzioni tra il contratto di appalto e il contratto d’opera, tra il
contratto di appalto e il contratto di vendita di cosa futura, tra tali contratti e la
somministrazione: il richiamo al concetto di prevalenza dell’elemento lavoro sulla materia
prima e al concetto di organizzazione di mezzi e di servizi rispetto alla dimensione
dell’impresa appare essere l’elemento maggiormente discretivo nella disamina delle singole
figure contrattuali più da vicino analizzate nella giornata.
La realizzazione di forme di esternalizzazione dei servizi, la cessione a terzi del ramo
d’azienda relative ad un insieme di elementi produttivi, personali e materiali che si presentino
prima del trasferimento come una entità dotata di autonoma ed unitaria organizzazione,
costituiscono forme di realizzazione di possibili tecniche mediante le quali un’impresa
dismette la gestione diretta di alcuni segmenti dell’attività produttiva e dei servizi estranei
alle competenze di base dell’azienda (cd. core business).
Al contratto di outsourcing di manutenzione – individuato quale forma autonoma di fornitura di
servizi organizzati idonea a garantire il corretto funzionamento di un impianto ed il
raggiungimento di indici di efficienza preventivamente pattuiti tra le parti – è dedicata la parte
finale del primo modulo al fine della più compiuta distinzione dalle figure contrattuali esaminate.
Il contratto di compravendita per l’acquisizione di beni e servizi viene analizzato attraverso
la disamina delle garanzie dei vizi della cosa venduta, della riserva di proprietà nella c.d.
vendita a rate, nel patto di riscatto e negli aspetti che hanno recentemente interessato la
riforma del diritto fallimentare mediante l’approfondimento della relativa disciplina e della
5
azione revocatoria fallimentare allorchè una delle parti del contratto di acquisizione di beni
e/o di servizi sia soggetto sottoposto a fallimento, ovvero dichiarato fallito nel c.d. periodo
sospetto antecedente al fallimento.
Il modulo giuridico della terza giornata si conclude con la disamina dei contratti utilizzati per
il godimento di beni e servizi: in particolare viene posta l’attenzione sul contratto di
locazione ad uso non abitativo (c.d. locazione commerciale).
Gli aspetti maggiormente pratici relativi al richiamato contratto di godimento sono analizzati
attraverso la previsione nel testo contrattuale delle clausole tipiche disciplinanti il diritto di
recesso, alla luce delle principali statuizioni giurisprudenziali relative al complesso ed
articolato rapporto locatore–locatario avuto riguardo alla distinzione tra obblighi di
manutenzione ordinaria e straordinaria, alla indennità di avviamento commerciale, al diniego
di rinnovo del contratto di locazione, ed allo stesso diritto di recesso per il locatario.
Infine, viene analizzata, con compiutezza di esempi pratici, la procedura relativa all’azione di
sfratto per morosità ed alla risoluzione del contratto quali aspetti patologici relativi alla
cessazione del contratto e del rapporto.
L’ultimo dei contratti esaminati nella terza giornata giuridica è il contratto di leasing, in
particolare la differenza tra leasing operativo e leasing finanziario avuto riguardo alla migliore
opportunità della scelta.
Il contratto di leasing viene esaminato nelle sue eccezioni tipiche (leasing di beni mobili ed
immobili) e tipologiche (leasing di godimento e traslativo) ed attraverso la disamina delle
modalità di conclusione del contratto e consegna del bene, dell’utilizzo del bene, della
corresponsione del canone di leasing, delle vicende del contratto (riscatto anticipato del bene,
subleasing, cessione contratto), nonchè della scadenza del contratto e dell’inadempimento.
Al fine di rendere maggiormente efficace e completo il percorso formativo previsto per la
terza giornata giuridica verrà trattato, in conclusione dello stesso modulo giuridico, l’aspetto
fiscale dei contratti precedentemente esaminati: in particolare, il focus previsto riguarderà,
attraverso l’ausilio dei relatori, le differenze e le principali novità applicabili alla intera
disciplina contrattuale degli istituti esaminati, ovvero ad alcuni aspetti degli stessi.
Antonio Bianchi e Alessia Zoppi
Coordinatori della terza giornata giuridica
Comitato Scientifico Euroconference
Il materiale contenuto in questa dispensa e tutto quello relativo al modulo “CONTRATTI
D’IMPRESA” sarà raccolto in un cd rom “FORMULARI DEI CONTRATTI D’IMPRESA” che vi
verrà consegnato in chiusura del MASTER BREVE
Il cd rom conterrà una raccolta commentata dei principali contratti d’impresa analizzati (e
non solo quelli analizzati) nel corso della giornata in aula, completi di formule
personalizzabili e di facile utilizzo.
6
STRUTTURA DELLA TERZA GIORNATA MODULO GIURIDICO
Modulo su:
Il commercialista “giurista d’impresa”
Contratti per l'acquisizione
e il godimento di beni e servizi (2° modulo)
I CONTRATTI PER IL
GODIMENTO DI BENI
I CONTRATTI PER IL
GODIMENTO DI SERVIZI
Î
Contratto di appalto e subappalto
Î
Contratto di locazione
Î
Contratto di outsourcing
Î
Contratto di comodato
Î
Contratto di acquisto e vendita
Î
Contratto di leasing
Î
Contratto di permuta
Aspetti fiscali
Ricordiamo che sul sito www.euroconference.it/Master Breve/materiale sono
consultabili i Quesiti (e le relative risposte) ritenuti più interessanti, emersi nel
corso della II giornata del Master Breve e quindi relativi a:
Elementi fondamentali del contratto
7
IL CONTRATTO D’APPALTO DI OPERE
a cura di Daniele Maccarrone*
1. Premessa
Il contratto d’appalto è un tipico contratto sinallagmatico con effetti obbligatori.
Al compimento dell’opera da parte di un contraente (l’appaltatore), corrisponde il pagamento
del prezzo da parte dell’altro (il committente).
Si tratta altresì, di un contratto “di risultato”, che obbliga l’appaltatore ad un determinato
risultato di lavoro.
È invero, la prestazione di quest’ultimo ad essere considerata quella “caratteristica” del
contratto, a fronte della neutralità della prestazione del committente di pagare il prezzo.
Ed è facendo riferimento alla prestazione caratteristica, che si individua l’oggetto del
contratto: il risultato di un facere.
La causa del contratto, e quindi la funzione economico-sociale, consiste nel compimento di
un’opera verso un corrispettivo in denaro, con l’organizzazione dei mezzi necessari e la
gestione a proprio rischio.
Elementi essenziali del contratto sono quindi, i soggetti, l’opera da eseguire ed il corrispettivo.
A questi vanno aggiunti gli “elementi tipizzanti”, quali – come a breve si dirà - l’esistenza di
un’impresa, l’autonomia nell’organizzare i lavori e l’assunzione del rischio di impresa.
Con riguardo agli ultimi due aspetti, si segnala in particolare che, “organizzazione dei mezzi
necessari” non comprende necessariamente anche la fornitura dei materiali, che ben può
essere compiuta dallo stesso committente; essa attiene invero, più specificatamente a tutti i
mezzi necessari, sotto il profilo organizzativo ed operativo, per compiere l’opera.
La locuzione “gestione a proprio rischio” inoltre, si riferisce, secondo l’opinione prevalente, al
rischio economico derivante dall’impossibilità di determinare il costo dell’opera al momento
della conclusione del contratto.
L’appaltatore, sottoscrivendo il contratto d’appalto ad un determinato prezzo, si assume il
rischio di giungere ad un profitto superiore rispetto alle previsioni oppure di dover sostenere
una perdita inattesa.
Aspetto di particolare rilevanza nel contratto d’appalto è quello dell’autonomia
dell’appaltatore, autonomia che è in parte ridotta dai poteri di ingerenza spettanti al
committente, tra i quali, quello di dirigere i lavori, di variare il progetto (art. 1661 c.c.) e di
recedere ad libitum dal contratto (art. 1667 c.c.).
Tali poteri tuttavia, non possono spingersi sino al punto di degradare l’appaltatore a mero
esecutore; quest’ultimo invero, deve disporre dell’autonomia necessaria (che si sostanzia in
particolare, nella scelta dei mezzi) per soddisfare l’obbligazione.
Altro aspetto riguarda i soggetti stipulanti il contratto.
Il committente, poco importa se persona fisica o giuridica, può essere costituito anche da
una pluralità di soggetti (cosiddetta “committenza plurima”); vi possono essere infatti più
proprietari del bene su cui si intende intervenire.
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
8
Il contratto d’appalto di opere
In tal caso, sarà sufficiente la stipula del contratto da parte della maggioranza dei proprietari
in comunione per le opere di ordinaria amministrazione e sarà necessario l’intervento di tutti,
per quelle di straordinaria amministrazione.
L’appaltatore, sia egli persona fisica o giuridica, deve essere necessariamente un’“impresa”, nel
senso indicato dall’articolo 2195 c.c. e quindi, obbligato all’iscrizione nel registro delle imprese.
Nulla vieta inoltre, che l’appalto venga affidato a più soggetti congiuntamente anche se
questi non abbiano dato vita ad una forma societaria (talvolta accade che gli appaltatori
costituiscano tra loro un associazione in partecipazione).
La pluralità di soggetti può verificarsi anche successivamente alla stipula del contratto.
L’appaltatore invero, potrebbe aver bisogno della collaborazione di altri, sia per motivi
finanziari, che meramente organizzativi.
Merita d’esser spesa qualche parola anche con riguardo alla responsabilità dell’appaltatore.
Due sono in particolare, le ipotesi di responsabilità: (i) la prima, generale, sorge allorquando
l’appaltatore non esegua interamente l’opera o, avendola eseguita, si rifiuti di consegnarla;
(ii) la seconda, specifica, ricorre quando l’appaltatore consegna un’opera completa ma affetta
da vizi e difetti tale da non renderla conforme a quella pattuita.
Nel primo caso quindi, risponderà per inadempimento o per inesatto adempimento ai sensi
degli articoli 1453 e 1455 del codice civile in tema di obbligazioni in generale; nel secondo
caso invece, si tratterà della responsabilità per la presenza di vizi e difetti prevista dagli
articoli 1667, 1668 e 1669 del codice civile, in tema di contratto d’appalto.
L’applicabilità della disciplina dell’inadempimento contrattuale anche in tema di appalto è
ormai pacifica.
Si ritiene invero, che le disposizione specifiche in tema di contratto d’appalto integrano ma
non sostituiscono i principi generali in tema di inadempimento contrattuale, applicabili
quando non ricorrono i presupposti previsti dalle norme speciali (ex multis,Cassazione, II
sezione, 16 ottobre 1995 n°10772, in Contratti, 1996, n°2, 127).
Quanto alla responsabilità per inadempimento, questa può sorgere per inosservanza
dell’obbligo di diligenza, delle prescrizioni contrattuali, delle regole dell’arte, dell’obbligo di
custodia, delle richieste del committente o del direttore lavori, nonché per in esecuzione di
varianti legittime, per rovina di edificio, per mancata denuncia dei difetti del materiale fornito
dal committente, per ritardo iniziale, in corso d’opera o nell’ultimazione, per esecuzione solo
parziale dell’opera, per mancata consegna dell’opera, per nomina non autorizzata di un
subappaltatore o mancata presentazione delle garanzie pattuite.
In tali casi non è previsto alcun onere in capo al committente di denuncia ed il termine
prescrizionale è quello ordinario decennale.
Quanto alla responsabilità per vizi e difetti invece, il committente che voglia far valere la
predetta garanzia nei confronti dell’appaltatore dovrà denunciare i vizi e difetti entro 60
giorni dalla scoperta e promuovere la relativa azione nel termine prescrizionale di 2 anni dal
giorno della consegna del bene.
Le divergenze tra i due tipi di responsabilità si riflette anche sui rimedi proponibili.
9
A
P
P
A
L
T
O
E
S
U
B
A
P
P
A
L
T
O
Nel caso di responsabilità dell’appaltatore ex artt. 1453 e 1455, il committente potrà
chiedere, a sua scelta, l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo in ogni caso il
risarcimento del danno.
Non potrà essere chiesta la risoluzione quando si tratta di inadempimento di scarsa importanza.
Ove invece, si faccia leva sulla responsabilità per vizi e difetti, i rimedi sono più numerosi
rispetto a quelli ordinari
Ed invero il committente potrà esperire un’azione tesa all’adempimento del contratto in via
specifica (e quindi chiedere che i vizi e difetti vengano eliminati), o una tesa alla riduzione
del prezzo, o ancora, un’azione volta alla risoluzione del contratto se i vizi e difetti rendono
l’opera inadatta alla sua destinazione.
Se l’appaltatore è in colpa, il committente potrà sempre chiedere il risarcimento del danno.
Un’ipotesi a parte in tema di contratto d’appalto riguarda la rovina ed i difetti di cose immobili
destinate per loro natura a lunga durata; in questo caso l’appaltatore sarà responsabile, se entro
10 anni dal compimento dell’opera questa rovini o presenti evidente pericolo di rovina o gravi
difetti, sempre che ne venga fatta denuncia entro un anno dalla scoperta. Entro il successivo
anno il committente dovrà, a pena di decadenza, promuovere la relativa azione.
Altrettanto rilevante è l’inadempimento dell’appaltatore nei confronti dei suoi ausiliari.
Il legislatore ha previsto che gli ausiliari dell’appaltatore, i quali alle sue dipendenze hanno
contribuito ad eseguire l’opera, possono proporre “…azione diretta contro il committente per
conseguire quanto è loro dovuto…”; ma ciò solo fino “…alla concorrenza del debito che il
committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda…”.
Viene in altre parole, consentito all’ausiliario dell’appaltatore di sostituirsi al proprio debitore.
Oltre che alla responsabilità dell’appaltatore, dev’esser fatto un breve cenno anche alla
responsabilità del committente.
Questi può essere in particolare, ritenuto responsabile nei confronti dell’appaltatore per non averlo
messo in grado di eseguire l’opera (e quindi, ad esempio, per non aver predisposto i macchinari, i
materiali, o non aver ottenuto i consensi necessari ecc.), per aver imposto variazioni fuori dai limiti
consentiti, per aver disposto rallentamenti, accelerazioni dei lavori, sospensioni o interruzioni (salvo
se indispensabili) e per non aver pagato il prezzo o anche parte di esso.
I rimedi esperibili dall’appaltatore sono tutti quelli previsti dalla disciplina generale del
contratto e quindi, la diffida ad adempiere, la domanda di condanna all’adempimento, di
risoluzione giudiziale e di risarcimento del danno.
Quanto alla forma del contratto, è sufficiente ricordare che lo stesso non necessita, né ad
probationem né ad substantiam, di una particolare forma scritta.
Lo stesso può in particolare, essere concluso anche solo con la sottoscrizione dell’elenco dei
lavori da eseguirsi, con i relativi prezzi.
***
Conclusa questa premessa contenente alcune nozioni di base in tema di contratto d’appalto, si
procederà ora all’analisi del contenuto del contratto e delle clausole che possono essere inserite.
10
Il contratto d’appalto di opere
CONTRATTO-TIPO
APPALTO DI OPERE
file a
*
Tra
…, d’ora in avanti “committente”, nato a … il ….. (se persona fisica), residente in …./ con
sede in ….., C.F. o P.IVA
e
…. d’ora in avanti “appaltatorore”, nato a … il ….. (se persona fisica), residente in …./ con
sede in ….., C.F. o P.IVA
premesso che
-
il committente è proprietario dell’immobile sito in …., censito a ….;
-
lo stesso intende affidare all’appaltatore l’esecuzione di opere di …. (costruzione o
ricostruzione, riparazione, modificazione, demolizione, ristrutturazione, manutenzione
ordinaria e/ straordinaria ….) consistenti in …. presso il cantiere sito in …..;
-
l’appaltatore dichiara di disporre di organizzazione propria di mezzi e di personale idonei
all’esecuzione delle opere di osservare tutte le disposizioni in materia edilizia, urbanistica
e di sicurezza sul lavoro;
-
di essere iscritto alla cassa edile della provincia di … (solo per gli edili);
-
di essere in possesso dei requisiti prescritti dalla legge 46/90, in relazione alle opere da
eseguire (solo per impiantisti);
-
di essere iscritto alla C.C.I.A.A. di …. con codice fiscale ….. e numero registro imprese ….
come da certificato allegato;
-
che ai propri dipendenti applica il CCNL di settore.
Si allega una dichiarazione relativa all’organico medio annuo, distinto per qualifica, corredata
dagli estremi delle denunce dei lavoratori effettuate all’inps e all’inail
Tutto ciò premesso
si conviene stipula
ART. 1 - Premesse
Le premesse e gli allegai costituiscono parte integrante del presente contratto. Tutte le
comunicazioni scritte previste nelle disposizioni che seguono devono pervenire all’indirizzo
delle parti sopra indicate.
ART. 2 - Oggetto del contratto
L’appaltatore si obbliga ad eseguire a regola d’arte e quindi, in conformità con la legislazione
vigente e con le regole della tecnica, le opere descritte nel progetto redatto da ….. (allegato
A), fornito dal committente, con i materiali e le finiture descritte nel capitolato (allegato B).
*
scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
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A
P
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A
L
T
O
E
S
U
B
A
P
P
A
L
T
O
ART. 3 - Oneri a carico del committente
Salvo diverso accordo scritto, il committente si fa carico della disponibilità di acqua, corrente
elettrica, idonei spazi di cantiere, ivi compreso l’eventuale uso di parti comuni/condominiali.
L’appaltatore potrà utilizzare:
-
gli immobili e le loro porzioni;
-
gli impianti; le attrezzature;
-
le macchine;
(altro)
….
di proprietà e/o disponibilità del committente, secondo le seguenti modalità convenute:
…..
L’appaltatore utilizza tali beni del committente nella misura strettamente necessaria
all’esecuzione dell’opera e conformemente alla legislazione vigente.
2. Le variazioni in corso d’opera
Nel corso dell’esecuzione del contratto potrebbe accadere che, per esigenze tecniche o per
volontà del committente, debbano essere apportati alcuni cambiamenti al progetto originario.
Si deve anzitutto distinguere tra varianti in corso d’opera e lavori extracontrattuali.
Le prime invero, costituiscono modifiche del contratto d’appalto, i secondi invece sono
estranei al contratto e investono opere autonome rispetto ad esso.
La distinzione è fondamentale tenuto conto che ai lavori extracontrattuali, frutto di una
pattuizione successiva, non si applicano gli accordi precedenti.
Opere in variante sono, secondo l’espressione codicistica, “…variazioni alle modalità
convenute dell’opera…” ed anche “variazioni al progetto”; l’oggetto quindi, può essere
estremamente ampio, potendo comprendere tanto modifiche strutturali, quanto modifiche
delle quantità, qualità o forma dell’opera. Le varianti possono essere di diversi tipi: (i) quelle
arbitrarie dell’appaltatore, o (ii) proposte dall’appaltatore e autorizzate dal committente, (iii)
quelle necessarie ovvero (iv) ordinate dal committente.
I e II. Sono considerate variazioni arbitrarie dell’appaltatore quelle da questi eseguite senza
l’autorizzazione del committente, anche se volte a migliorare l’opera (utilizzando ad esempio
materiale più pregiato).
Per escludere che si tratti di una variazione arbitraria è necessario che l’autorizzazione del
committente sia data per iscritto.
Non
sono
invece
considerate
variazioni
arbitrarie
e
quindi,
non
necessitano
di
un’autorizzazione scritta, le semplici segnalazioni comunicate al committente di vizi ed
imprecisioni e di possibili soluzioni alternative.
L’aver eseguito variazioni non autorizzate espone l’appaltatore a responsabilità per difformità
dell’opera.
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Il contratto d’appalto di opere
Responsabilità che assume toni differenti a seconda degli effetti della variante. Se
quest’ultima ha provocato un danno, sorgerà in capo al committente il diritto all’eliminazione
ovvero alla riduzione del prezzo e nel caso in cui l’opera divenga inadatta al fine cui è
destinata, il committente avrà diritto di chiedere la risoluzione del contratto, fermo il diritto al
risarcimento del danno.
Se invece, la variante non ha danneggiato l’opera (anche se si tratta di variante che ha
comportato un aumento di valore), vi è comunque una difformità da quanto pattuito; in
questo caso il committente avrà ugualmente diritto ad ottenere l’eliminazione della
difformità, ma non anche la riduzione del prezzo, né la risoluzione del contratto.
III. Il legislatore ha regolato poi le varianti necessarie, quelle cioè che devono essere
necessariamente eseguite perché l’opera sia a regola d’arte.
Ed ha in particolare previsto che se le parti non si accordano, sarà il Giudice a determinare le
variazioni da introdurre e le variazioni del prezzo.
Di fronte ad una variazione necessaria comunque, l’appaltatore non potrà procedere di sua
iniziativa ma dovrà informare il committente per ottenere il suo consenso; tale obbligo
tuttavia, è sprovvisto di sanzione in quanto non è richiesta, come accadeva invece per le
varianti non necessarie proposte dall’appaltatore, l’autorizzazione scritta del committente.
In altre parole, il committente non potrà dolersi di non essere stato consultato, salvo che si
tratti di un variante di “notevole entità”.
In quest’ultimo caso invero, il committente potrà sempre recedere dal contratto e dovrà
corrispondere un equo indennizzo.
L’appaltatore dal canto suo, potrà – se non ritiene di eseguire la variante necessaria - recedere
dal contratto quando l’importo delle variazioni superi il sesto del prezzo complessivo.
Si ritiene infatti, che qualora più varianti divengano necessarie in corso d’opera e il totale di
esse superi il sesto del prezzo, l’appaltatore potrà recedere dal contratto al momento in cui
l’ultima di esse, sommata alle precedenti, ecceda detta percentuale.
L’appaltatore che sceglie di recedere dal contratto avrà diritto ad un’“equa indennità”.
IV. Dalle varianti proposte dall’appaltatore e autorizzate dal committente vanno distinte
quelle che il committente ordina all’appaltatore il quale si limita a subirle.
Sono tali quelle che traggono origine da un’iniziativa del committente e vengono accettate
dall’appaltatore, il quale matura un diritto ad un compenso per i maggiori lavori eseguiti.
Il potere del committente di disporre varianti è limitato a quelle che non superino il sesto del
prezzo complessivo stabilito, che non comportino notevoli modificazioni “della natura dell’opera”
(e quindi, anche delle dimensioni) o dei “quantitativi nelle singole categorie di lavori”.
Va da sé che l’interpretazione del termine “notevoli”, come pure la decisione concreta se
siano o meno rispettati i predetti limiti, è rimessa al prudente apprezzamento del giudice.
Le parti possono comunque pattuire diversamente.
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A differenza di quanto avveniva per le varianti proposte dall’appaltatore, per provare che
l’iniziativa sia del committente non è necessario munirsi di prova scritta, ma è consentita
anche la prova per testimoni o addirittura per presunzioni.
Si segnala inoltre, che una clausola contrattuale che consenta al committente di disporre varianti
a suo piacimento sarebbe nulla per mancanza del requisito della determinatezza dell’oggetto.
Al contrario, le parti potrebbero decidere di escludere totalmente, o anche solo di limitare, il
potere del committente di imporre varianti.
Si noti peraltro, che l’esecuzione di varianti comporta il diritto in capo all’appaltatore di un
termine suppletivo che tenga conto del maggior tempo richiesto.
ART. 4 – Variazioni
4.a. Variazioni proposte dall’appaltatore e concordate
L’appaltatore non può apportare variazioni a quanto previsto negli allegati A e B salvo
preventiva autorizzazione scritta del committente o del suo rappresentante e, per quanto di
competenza, del coordinatore della sicurezza in fase esecutiva.
Se il prezzo dell’intera opera è stato determinato globalmente l’appaltatore non ha diritto a
compenso per maggiori lavori eseguiti, salvo diverso accordo scritto tra le parti.
4.b. Variazioni ordinate dal committente
Il committente ha diritto di apportare variazioni a quanto previsto negli allegati A e B
attraverso una specifica variante scritta da comunicare con congruo anticipo all’appaltatore
e, per quanto di competenza, al coordinatore della sicurezza in fase esecutiva, purché il loro
ammontare non superi 1/6 (un sesto) del prezzo complessivo convenuto e comunque purché
le stesse non determinino notevoli modificazioni della natura dell’opera o dei quantitativi
nelle singole categorie di lavori previste nel presente contratto.
L’appaltatore ha diritto al compenso per maggiori lavori preventivamente concordati con il
committente per iscritto, anche se il prezzo dell’opera era stato determinato globalmente.
I patti così definiti devono comprendere le modalità, i tempi di esecuzione ed i termini dei pagamenti
e vengono intesi come parti integranti del presente contratto a far data dalla loro stipula.
4.c. Variazioni necessarie
Qualora successivamente alla stipula del presente contratto e/o durante l’esecuzione
dell’opera, in seguito ad eventi sopravvenuti imprevedibili e non imputabili ad alcuna delle
parti, sia necessario apportare variazioni a quanto previsto nel presente contratto e nelle sue
eventuali modificazioni e/o integrazioni, le parti concordano le variazioni da introdurre ed il
correlativo del prezzo. Nel caso di mancato accordo, entro 30 giorni da verificarsi dell’evento, le
parti demanderanno la composizione della vertenza ad un esperto nominato da …. (specificare
chi provvederà alla nomina: la camera di commercio, l’ordine degli ingegneri, ecc.)
Se l’importo delle variazioni supera il sesto del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore
può recedere dal contratto e può ottenere, secondo le circostanze, un’equa indennità……...
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Il contratto d’appalto di opere
Se le variazioni sono di notevole entità, il committente può recedere dal contratto ed è
tenuto a corrispondere un equo indennizzo, da determinarsi tenendo conto dello stato di
avanzamento lavori e del valore dell’appalto. In caso di disaccordo la somma verrà
determinata da un esperto nominato da … (specificare chi provvederà alla nomina: la camera
di commercio, l’ordine degli ingegneri, ecc.) sulla base del prezziario delle opere edili.
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3. La direzione tecnica
E’ facoltà del committente nominare un soggetto, il cosiddetto Direttore Lavori, incaricato di
sorvegliare, nel suo interesse, i lavori dell’appaltatore (lo stesso si differenzia dal “capo
cantiere” o dal “direttore del cantiere”, nominati dall’appaltatore per dirigere i lavori).
L’incarico può essere affidato tanto ad una o più persone fisiche, quanto ad una società.
La nomina di un direttore lavori non priva peraltro l’appaltatore dell’autonomia di cui si è
detto in premessa.
L’appaltatore quindi, da un lato è tenuto ad osservare gli ordini impartiti dal direttore lavori,
ma dall’altro, in forza dell’obbligo di esatto adempimento, è tenuto a rilevare – nei limiti delle
sue capacità tecniche e delle cognizioni richiestegli – carenze od errori nelle istruzioni
impartitegli dal direttore lavori.
Con riguardo ai poteri spettanti al direttore lavori, questi coincidono con quelli spettanti al
committente, tra i quali, a titolo esemplificativo, si ricordano:
-
controllo dei disegni e specifiche fornite dall’appaltatore;
-
controllo dei dati amministrativi forniti dall’appaltatore;
-
esame di proposte ed accordi;
-
verifica delle qualifiche dell’appaltatore e dei subappaltatori;
-
controllo del programma lavori;
-
controllo dei materiali consegnati in cantiere;
-
verifica andamento lavori;
-
controllo normativa in materia di lavoro;
-
esame del giornale cantiere dell’appaltatore e della tenuta di un proprio registro lavori;
-
verifica e liquidazione degli stati di avanzamento lavori;
-
stima dei costi di varianti.
Viene invece escluso il potere del direttore lavori di ordinare, in assenza di un espresso
potere conferito dal committente, variazioni dell’opera.
E’ pertanto opportuno che il committente conferisca al direttore lavori specifici poteri ed
informi d ciò l’appaltatore; in caso contrario l’appaltatore potrà, al fine di evitare di incorrere
in responsabilità per aver dato esecuzione ad istruzioni del direttore lavori, chiedere
l’esibizione dei poteri.
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Quanto alla qualificazione del rapporto tra direttore lavori e committente, si osserva che il
primo non è altro che un rappresentante, limitatamente all’aspetto strettamente tecnico,
del committente.
Il committente potrà conferire l’incarico ad un semplice dipendente (in questo caso si tratterà
di un rapporto di dipendenza), o ad un libero professionista (con la conseguente
instaurazione di un rapporto d’opera professionale) o infine, ad una società di engineering (si
darà vita così ad un appalto di servizi).
Il conferimento o meno del potere di rappresentanza e quindi, del potere di porre in essere atti che
si ripercuotano direttamente nella sfera del committente dipende comunque, dall’atto di nomina.
L’obbligazione del direttore lavori, trattandosi di una prestazione intellettuale, è di mezzi e
non di risultato.
Secondo alcuni tuttavia, alla stessa non è applicabile la disciplina prevista dall’art. 2226 c.c.
che esonera il prestatore d’opera intellettuale dalla responsabilità per vizi o difformità quando
vi sia stata l’accettazione espressa o tacita dell’opera.
Tale opinione non è tuttavia, condivisa da altri autori.
La responsabilità del direttore lavori, prestatore d’opera professionale, è pertanto quella per
inadempimento ai doveri di alta sorveglianza dei lavori; tali doveri non comprendono invece,
secondo la giurisprudenza, le operazioni più semplici (tale è stato ritenuto ad esempio il
controllo della qualità del conglomerato cementizio adoperato dall’appaltatore).
Nella casistica, si ricorda che è stata affermata la responsabilità del direttore lavori (i) che
abbia autorizzato l’appaltatore ad ultimare i lavori oltre i termini contrattuali, o (ii) che non
abbia contestato all’appaltatore l’impiego di una quantità inferiore di materiale, o (iii) che
abbia omesso di vigilare sull’esecuzioni dei lavori in relazione al capitolato ed alle regole della
tecnica e che abbia omesso di impartire le opportune disposizioni all’appaltatore, o (iv) che
abbia omesso di individuare e correggere eventuali carenze progettuali che impediscono
quella “buona riuscita” per la quale è tenuto ad adoperarsi.
La responsabilità del direttore lavori (sia esso o meno progettista) e quella dell’appaltatore,
secondo un primo datato orientamento, non sarebbero tra loro solidali, traendo origine da
due distinti rapporti contrattuali. La solidarietà potrebbe invero, sussistere solo nel caso di
collusione ai danni del committente.
Secondo un secondo e più recente orientamento, le due responsabilità, in quanto
conseguenza di due concorrenti inadempimenti, sarebbero invece solidali. (Cassazione 10
maggio 1995 n°5103, in App. Urb. Ed., 1996, 319).
ART. 5 – Direzione tecnica del cantiere
L’appaltatore si obbliga a svolgere ogni attività necessaria di direzione del cantiere
personalmente e/o incaricando persona di propria fiducia, sin d’ora individuata nel
geom./ing. …..
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Il contratto d’appalto di opere
ART. 6 – Direzione tecnica dei lavori
Il nominativo del direttore dei lavori verrà comunicato all’appaltatore prima dell’inizio dei
lavori.
Il direttore dei lavori è il solo referente tecnico per l’appaltatore.
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4. Il controllo e le verifiche del committente
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Prima di entrare nel dettaglio delle verifiche spettanti al committente, merita d’esser fatto un
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breve cenno sulla definizione e sulla natura dei vizi e delle difformità dell’opera che
determinano la responsabilità dell’appaltatore di cui si è detto in premessa.
Vizi e difetti sono in particolare, imperfezioni nel processo di produzione del bene o della sua
struttura.
Per difformità si intende invece, la non conformità dell’opera alle prescrizioni contrattuali o
alle regole dell’arte.
Tanto i vizi quanto le difformità possono essere palesi od occulti; i primi sono quelli
conosciuti o riconoscibili (con riguardo ai parametri di riconoscibilità si fa riferimento al
soggetto che esegue la verifica e quindi, varieranno a seconda che questi sia un tecnico
nominato dal committente ovvero il committente stesso) i quali non potranno più essere
invocati dal committente dopo che questi ha accettato l’opera.
I secondi sono invece quelli non riconoscibili o che siano stati occultati con mala fede
dall’appaltatore, dei quali lo stesso continuerà ad essere responsabile anche dopo
l’accettazione dell’opera da parte del committente.
La disciplina speciale di cui agli articoli 1667 e segg. c.c., prevede un obbligo da parte del
committente di denunciare i vizi e difetti entro 60 giorni dalla scoperta ed un termine
prescrizionale per l’esercizio dell’azione, di 2 anni decorrenti dalla consegna dell’opera,
suscettibile di sospensioni ed interruzioni (con la precisazione che le interruzioni verificatasi
in relazione ad una specifica difformità o vizio non interromperà il termine relativo alle altre
difformità o vizi).
La denunzia non è tuttavia necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto i vizi o li ha occultati.
La garanzia per vizi e difformità cui è tenuto l’appaltatore mira a tutelare tanto le situazioni in
cui l’opera appaltata sia adatta alla propria destinazione, quanto quelle in cui, per effetto dei
vizi, l’opera sia del tutto inadatta alla destinazione contrattuale.
Nella prima ipotesi, i rimedi esperibili sono: (i) l’azione per esatto adempimento (al fine di
rimuovere i vizi), (ii) l’azione per la riduzione del prezzo e (iii) in ogni caso, l’azione per il
risarcimento dei danni, qualora vi sia la colpa dell’appaltatore.
L’eliminazione dei vizi e la riduzione del prezzo possono essere chieste anche in via
alternativa all’appaltatore, sempre che il vizio sia eliminabile; in caso contrario invero, al
committente non resterà che chiedere la riduzione del prezzo.
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Nella seconda ipotesi e solo in questa, il committente potrà chiedere la risoluzione del
contratto. Presupposto per la risoluzione è comunque l’ultimazione delle opere, in caso
contrario (e quindi, in corso d’opera) l’appaltatore ben potrebbe porre rimedio, fatta
eccezione per i vizi e le difformità ineliminabili.
L’“inidoneità” dell’opera viene normalmente valutata secondo parametri oggettivi, sempre
che le parti non abbiano pattuito una speciale destinazione dell’opera.
Le parti inoltre, ben possono modificare contrattualmente la responsabilità dell’appaltatore
ad esempio limitando gli effetti dell’esito positivo del collaudo (di cui si dirà a breve) o
dell’accettazione senza riserve, ovvero fissando un termine più lungo entro il quale possano
contestarsi i vizi.
Le verifiche in corso di esecuzione
Il committente ha diritto di effettuare in corso d’opera la verifica dei materiali e delle opere
dell’appaltatore, senza che sia necessaria una specifica pattuizione.
Nel caso in cui non sia stata prevista nel contratto una verifica del committente e di fatto la
verifica non avvenga nel corso delle opere, non viene comunque pregiudicato il diritto del
committente di contestare in seguito i materiali e le opere.
D’altra parte, la circostanza che la verifica abbia luogo e si concluda con un esito positivo
non esclude che il committente possa comunque far valere vizi occulti che si dovessero
manifestare in futuro.
Parte della dottrina ritiene che tale possibilità sussista anche in relazione ai vizi palesi,
potendo il committente giudicare definitivamente solo ad opera ultimata.
Se a seguito della verifica emergessero vizi e difetti, o comunque si accertasse che
l’esecuzione
non
procede
secondo
quanto
stabilito,
il
committente
può
chiedere
all’appaltatore di sostituire i materiali o di conformarsi alle condizioni pattuite, pena la
risoluzione del rapporto.
Per i materiali forniti dal committente, d’altra parte, l’appaltatore ha il dovere di comunicare
al committente l’esistenza di eventuali vizi.
Si ritiene invero, che l’appaltatore non possa essere esonerato dalla responsabilità per vizi e
difetti in relazione al materiale fornito dal committente, se non ne ha dato avviso al
committente al momento della consegna (o subito dopo), se si tratta di vizi riconoscibili a
prima vista, o nel corso dell’opera, se si tratta di vizi non riconoscibili al momento in cui è
avvenuta la consegna.
Una volta adempiuto l’obbligo di comunicazione, l’appaltatore dovrà, in mancanza di pattuizioni a
riguardo, sospendere i lavori o non darvi inizio, a seconda che siano o meno già iniziati.
La contestazione dei vizi e difetti nei materiali forniti dal committente è peraltro, preclusa
all’appaltatore che abbia accettato il materiale senza riserva.
In questo caso infatti, potrà contestare solo i difetti occulti ma non anche quelli palesi.
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Il contratto d’appalto di opere
Il committente, ricevuta la contestazione da parte dell’appaltatore potrà scegliere se sostituire i
materiali ovvero ordinargli di utilizzarli comunque; con la conseguenza che, in questo secondo
caso, l’appaltatore non incorrerà in responsabilità nei confronti del committente.
Ciò tuttavia, non significa che sia esonerato anche nei confronti della Pubblica
Amministrazione o di terzi.
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La verifica ad opera ultimata
Il Committente ha altresì diritto di verificare l’opera compiuta prima di ricevere la consegna.
E potrà a tal fine giovarsi della collaborazione di un tecnico nominato ad hoc ovvero
incaricare lo stesso direttore lavori ovvero ancora, nominare una commissione di collaudo,
composta da più tecnici.
L’appaltatore quindi, una volta ultimate le opere, ne darà comunicazione al committente,
invitandolo ad eseguire la verifica.
L’appaltatore dovrà inoltre, predisporre quanto necessario affinché la verifica possa avere luogo
(personale, energia elettrica ecc.). Il committente invece, si dovrà far carico dei relativi costi.
Le parti possono convenire un termine, dall’ultimazione dei lavori, entro il quale l’appaltatore
dovrà invitare il committente ad effettuare la verifica, così come potranno convenire un
termine, decorrente dal ricevimento della comunicazione, entro il quale il committente dovrà
eseguire la verifica.
Se il committente non provvede alla verifica entro un ragionevole termine (ovvero entro il
termine convenuto) l’opera si intenderà accettata.
L’accettazione e la consegna
L’accettazione dell’opera può essere espressa e quindi con dichiarazione del committente,
ovvero tacita.
Per l’accettazione tacita, è necessario che il committente ponga in essere atti che
presuppongono la volontà di accettare, quali ad esempio la presa in consegna dell’opera
senza riserve (come previsto dal comma 4 dell’art 1665 c.c.).
Il committente che voglia, senza aver effettuato la verifica e senza accettare l’opera,
ottenerne comunque la consegna, dovrà esprimere chiaramente tale intenzione.
Gli effetti dell’accettazione sono di particolare importanza, poiché comportano: (i) la
liberazione dell’appaltatore da responsabilità per i difetti apparenti, (ii) il passaggio del rischio
in capo al committente, (iii) il diritto del committente alla consegna.
Una volta accettata l’opera sorge quindi, in capo all’appaltatore l’obbligo di effettuare la consegna.
Fino all’avvenuta consegna, l’appaltatore dovrà custodire l’opera, così pure i materiali
affidatigli dal committente per l’esecuzione, e quindi, provvedere alla manutenzione, non
utilizzarla né farla utilizzare a terzi.
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Se il committente intende far valere la garanzia per vizi (palesi) deve non accettare l’opera o
accettarla ma con riserva.
Il legislatore non specifica cosa intenda con la locuzione “riserva” e spetta quindi
all’interprete definirla. Si ritiene che essa consista nell’enunciazione dell’intenzione di
prendere posizione in seguito, senza rinunciare, al momento, ad alcun diritto.
Merita infine d’esser fatto un breve cenno al momento in cui il committente acquista la
proprietà dell’opera eseguita.
Non vi è in merito un’opinione unanime; alcuni invero ritengono che, per il principio
dell’“accessione”, il committente, proprietario del suolo in cui viene costruita divenga
proprietario ab origine dell’opera.
Altri invece, riconducono l’istituto dell’“accessione” ai soli casi in cui un terzo esegua opere su un
fondo altrui al di fuori di qualsiasi disciplina contrattuale e ritengono poi che la proprietà del bene
realizzato venga acquistata solo dopo l’ultimazione dei lavori ed in particolare, con l’accettazione.
L’acquisto originario si avrebbe, secondo tale impostazione solo quando i materiali siano stati
forniti dal committente e compito dell’appaltatore sia stato solo quello di trasformare la materia.
Vengono riportate qui di seguito alcune clausole contrattuali relative al controllo dei lavori,
alle verifiche ed alla accettazione.
ART. 7 – Controllo sull’esecuzione dei lavori
Il controllo sui lavori è esercitato dal committente personalmente e/o per il tramite del
Direttore Lavori.
Qualora nel corso dell’opera si accerti che la sua esecuzione non procede secondo le
condizioni stabilite dal contratto, il committente può fissare un termine non inferiore a 10
giorni entro il quale l’appaltatore si deve conformare a tali condizioni; trascorso inutilmente il
termine il contratto si considererà risolto di diritto, salvo il risarcimento del danno.
La prosecuzione del rapporto contrattuale non pregiudica il diritto del committente al
risarcimento del danno.
ART. 8 - Dichiarazioni di conformità
L’appaltatore è tenuto a rilasciare o a far rilasciare dai propri subappaltatori le dichiarazioni di
conformità delle opere e/o degli impianti eseguiti ed a trasmetterle con le modalità previste
dalla legge.
Tale documentazione dovrà pervenire al committente prima della verifica dell’opera.
ART. 9 - Verifica ed accettazione dell’opera
La verifica dell’opera sarà eseguita dal committente o dal Direttore Lavori, in presenza
dell’appaltatore, su espresso invito di quest’ultimo inoltrato tramite raccomandata A.R.
Il committente o il suo Direttore lavori rilascia all’appaltatore dichiarazione scritta di
accettazione dell’opera indicando eventuali riserve ovvero dichiarazione scritta di non
accettazione, corredata dai motivi.
Se, nonostante l’invito a verificare l’opera, il committente non procede alla verifica senza
giusti motivi entro 30 giorni dal ricevimento dell’invito ovvero non ne comunica l’esito per
iscritto entro 30 giorni dall’effettuazione della verifica, l’opera si intende accettata.
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Il contratto d’appalto di opere
5. Il prezzo
Il prezzo rappresenta un elemento essenziale del negozio, la cui assenza tuttavia, non
determina la nullità del contratto.
E’ stato in merito affermato che l’articolo 1657 c.c. in tema di appalto, deroghi al disposto
dell’art. 1346 c.c. in tema di requisiti dell’oggetto del contratto e che quindi, la mancata
indicazione del prezzo “…non è causa di nullità del contratto, potendo la determinazione
avvenire a posteriori in base alle tariffe esistenti, ovvero agli usi da parte del giudice…”.
La dottrina inoltre, riconduce il contratto d’appalto privo della determinazione del
corrispettivo tra gli atti a titolo gratuito; con la conseguenza che allo stesso si applicherà la
disciplina tipica dell’appalto quanto alla prestazione dell’appaltatore, ma non le norme che
contrastino con l’istituto degli atti a titolo gratuito.
Non troverà pertanto, applicazione la disciplina della responsabilità dell’appaltatore per i vizi
e le difformità.
Requisito necessario del prezzo è che lo stesso sia in denaro.
Ove consistesse nella prestazione di beni diversi ci si troverebbe infatti, di fronte ad un contratto
atipico appartenente, secondo l’opinione prevalente, ai contratti do ut facies o facio ut facias.
In questi casi, si applicherà la disciplina dell’appalto ove non incompatibile con l’esecuzione
della controprestazione diversa dal denaro.
Una prassi abbastanza diffusa nel mercato dell’edilizia, vede poi quale corrispettivo per le opere
eseguite dall’appaltatore, la cessione a quest’ultimo di uno o più appartamenti costruiti.
In questi casi, il negozio andrebbe qualificato come permuta ovvero come contratto innominato
nel quale la prestazione di una parte è propria dell’appalto (realizzazione di appartamenti) e la
controprestazione è propria della compravendita (cessione di uno o più appartamenti).
Tale comportamento peraltro, non è limitato alle opere immobiliari ma viene altresì utilizzato
nel mercato delle lavorazioni dei tessuti (contro pagamento in natura, ossia attraverso altro
tessuto) e nella raccolta e spremitura di olive (con impegno dell’appaltatore di consegnare al
proprietario un determinato quantitativo di olio).
Con riguardo al prezzo, si distingue tra contratti a corpo e contratti a misura.
Nei primi, il prezzo viene determinato globalmente, per l’intera opera; nei secondi – detti
anche a prezzi unitari - il corrispettivo è invece, determinato per le unità di misura di
ciascuna delle lavorazioni che compongono l’opera.
In quest’ultimo caso, il prezzo dipenderà dal numero di unità di misura risultante alla
conclusione dell’opera.
Come sopra detto, la mancata determinazione del prezzo non comporta la nullità del contratto.
Tale determinazione peraltro può essere affidata dalle parti contraenti ad un “arbitratore”
designato al momento della conclusione del contratto o anche in seguito.
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Le parti inoltre, possono altresì scegliere che il prezzo venga determinato mediante ricorso
alle tariffe o agli usi, senza tuttavia, che con il termine “tariffe” possano essere intese quelle
abitualmente applicate dall’appaltatore.
In via del tutto sussidiaria, quando non sia possibile determinare il prezzo con le modalità
poc’anzi descritte, ci si potrà rivolgere al Giudice.
Salvo che sia stato diversamente pattuito, il prezzo dev’essere versato quando l’opera sia
stata accettata (1665 c.c.).
Le parti tuttavia, possono convenire che il pagamento venga effettuato prima, ad esempio
all’ultimazione o alla consegna o – ed è ciò che normalmente avviene negli appalti per
l’esecuzione di immobili – per stati di avanzamento lavori.
La revisione del prezzo
La regola generale è, per il contratto d’appalto, quella dell’invariabilità del prezzo; grava
infatti, sull’appaltatore il rischio del costo dell’opera.
Tale regola tuttavia, subisce, nei casi previsti dall’art. 1664 c.c. in tema di revisione del
prezzo, delle eccezioni.
L’appaltatore o il committente possono, in corso d’opera, chiedere la revisione del prezzo
quando (i) per cause imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei
materiali o della manodopera (comma 1, art.1664 c.c.) ovvero quando, (ii)
vi siano
impreviste difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili che rendano
notevolmente più onerosa la prestazione dell’appaltatore (comma 2, art. 1664 c.c.).
Rientrano nella prima ipotesi le variazioni dei canoni di locazione di mezzi d’opera, ma non
anche gli aumenti dei tassi di interesse nel costo dell’affitto di locali né nelle spese generali.
I predetti aumenti o diminuzioni che legittimerebbero la revisione devono tuttavia, essere
superiori ad un decimo del prezzo complessivo pattuito, revisione che comunque può essere
accordata solo per quella parte che eccede il predetto decimo del costo complessivo (per la
determinazione del quale si terrà conto anche delle varianti eseguite in corso d’opera).
Rientrano invece, nella seconda ipotesi tutte le cause naturali (avversità atmosferiche, frane
di strade d’accesso al cantiere, allagamenti ecc.), definite dalla giurisprudenza quali
“sorprese geologiche”.
Si discute invece, se possano essere ricompresi tra queste ultime anche fenomeni non
naturali, ma dipendenti comunque da soggetti terzi, quali ad esempio uno sciopero delle
maestranze di cementifici.
Deve trattarsi comunque nella prima ipotesi, di eventi imprevisti o anche solo imprevedibili e
nella seconda ipotesi, di eventi preesistenti ma scoperti solo in seguito, o sopravvenuti.
Ulteriore distinzione tra le due ipotesi riguarda il soggetto legittimato a chiedere la revisione
del prezzo. E quindi, tanto il committente quanto l’appaltatore nelle ipotesi previste dal primo
comma (con la conseguenza che la revisione del prezzo potrà comportare anche una
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Il contratto d’appalto di opere
diminuzione del prezzo a favore del committente) ed il solo appaltatore, nei casi previsti nel
secondo (qui la revisione del prezzo, individuata dal legislatore con l’inciso “giusto
compenso”, potrà comportare solo un aumento dello stesso, a favore dell’appaltatore).
Merita inoltre di essere sottolineata l’assenza, nella seconda ipotesi, di un tetto massimo oltre
il quale si possa chiedere la revisione del prezzo, come accade invece nella prima ipotesi (un
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decimo del prezzo complessivo).
Il legislatore fa invero, riferimento solo ad una prestazione “notevolmente” più onerosa,
lasciando all’interprete il compito di individuarne il contenuto.
Ciò non toglie che, in entrambi i casi, le parti possano scegliere di introdurre clausole
contrattuali volte ad attenuare, eliminare o aggravare la disciplina prevista.
L’istituto della revisione del prezzo previsto dall’art. 1664 ha fatto discutere dottrina e
giurisprudenza sull’applicabilità al contratto d’appalto anche dell’istituto della risoluzione del
contratto per eccessiva onerosità previsto dall’art. 1467 c.c..
Da un lato, vi è chi ritiene che il rimedio generale dell’art. 1467 c.c. non si applichi all’appalto
in quanto per esso è già operante il rimedio specifico previsto dal 1664 c.c.
Dall’altro, vi è invece chi (ed è l’opinione dominante) ritiene applicabile anche all’appalto
l’istituto generale della risoluzione, quando l’onerosità sopravvenuta sia da ricondurre a
cause diverse da quelle previste dall’art. 1664 c.c.
Si sottolinea infine, che il diritto alla revisione del prezzo si prescrive in 10 anni.
Ecco alcune clausole.
ART. 10 - Prezzo e termini di pagamento
Il prezzo è determinato a corpo e non a misura in € …. oltre IVA.
Il prezzo verrà corrisposto come segue:
€ …. alla sottoscrizione del presente contratto (o al verificarsi della condizione sospensiva, se
prevista);
€ …. all’inizio dei lavori;
€ …. alla data del ….;
€ …. entro …. dall’avvenuta accettazione dell’opera.
(oppure)
a stato di avanzamento lavori come di seguito concordato….
ART. 11 - Revisione del prezzo
Salvo diverso accordo scritto delle parti, la revisione del prezzo è disciplinata dall’art. 1664 c.c.
Ai fini della determinazione degli aumenti o delle diminuzioni ivi indicate si fa riferimento al
prezzario approvato dalla camera di commercio di ….
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6. Il recesso
Il recesso unilaterale costituisce un rimedio eccezionale, concesso dal legislatore al
committente e non anche all’appaltatore.
Il committente può recedere dal contratto per qualsiasi motivo (che non deve neppure
specificare all’appaltatore), a condizione tuttavia, che tenga indenne l’appaltatore delle spese
sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.
Da un lato quindi, il legislatore ha concesso il rimedio al solo committente, dall’altro tuttavia,
lo ha vincolato ad un gravoso indennizzo.
Si discute se il committente possa esercitare il recesso anche ove l’appaltatore abbia già
dichiarato stragiudizialmente di voler risolvere il contratto ovvero abbia già proposto
domanda giudiziale di risoluzione del contratto.
Le due ipotesi vanno tenute distinte.
Ed invero, se l’appaltatore ha già proposto domanda giudiziale di risoluzione, questa, se
accolta, avrà efficacia ex tunc, con la conseguenza che il recesso esercitato dal committente
non potrà avere alcun effetto; ove la domanda venisse respinta, il recesso intimato
diverrebbe efficace.
Se l’appaltatore invece si è limitato a fare una dichiarazione extragiudiziale, l’esercizio del
recesso non appare automaticamente impedito.
Altro problema è rappresentato dalla possibilità o meno che il committente, dopo aver
esercitato il recesso, possa far valere l’inadempimento dell’appaltatore ad esso anteriore.
Una risposta positiva dev’esser data quando si tratti di vizi e difformità dell’opera.
Dubbi vi sono invece, con riguardo alle altre ipotesi di inadempimento.
Per l’esercizio del recesso non è prevista una forma particolare; esso potrà quindi, aver luogo
tanto con atto a mezzo Ufficiale Giudiziario o per iscritto od oralmente.
Lo stesso tuttavia, costituisce un negozio unilaterale recettizio e quindi, deve essere portato
a conoscenza dell’appaltatore.
La disciplina del recesso nel contratto d’appalto non è inderogabile.
Le parti quindi, ben possono concedere anche all’appaltatore tale facoltà ed allargare o
alleggerire la disciplina, ad esempio esonerando il committente dall’obbligo di corrispondere
l’indennizzo.
ART. 12 - Recesso unilaterale dal contratto
Il committente può recedere dal contratto anche se è stata iniziata l’esecuzione dell’opera,
dandone comunicazione scritta all’appaltatore con almeno … giorni di anticipo, purché lo
tenga indenne delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.
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Il contratto d’appalto di opere
7. Gli atti di assenso della Pubblica Amministrazione e la condizione sospensiva
Si è fatto cenno in premessa all’oggetto del contratto, coincidente con il risultato di un
facere; l’oggetto del contratto, affinché questo non sia nullo, deve essere oltre che
determinato e possibile, anche lecito e quindi in sintonia con norme inderogabili e con
l’ordine pubblico.
A titolo esemplificativo, si ricorda che la giurisprudenza ha individuato particolari ipotesi di
illiceità dell’oggetto nel caso di appalto per la costruzione di un edificio su suolo inedificabile
o per la realizzazione di un’opera edilizia senza i prescritti atti di assenso della pubblica
amministrazione (permesso di costruire o D.i.a.).
L’illiceità dell’oggetto conduce, come è noto, alla nullità ex tunc del contratto, con la
conseguenza che l’appaltatore non può pretendere il pagamento del prezzo pattuito nel
contratto nullo e deve restituire gli acconti ricevuti. Per cautela è quindi, opportuno inserire
all’interno del contratto una clausola ad hoc.
ART. 13 - Provvedimenti amministrativi, condizione sospensiva
Il committente dichiara che sono già stati emanati tutti i provvedimenti amministrativi
previsti dalla legislazione vigente, che si allegano in copia al presente contratto.
(oppure)
Provvedimenti amministrativi, condizione sospensiva
Il committente dichiara di aver già richiesto tutti i provvedimenti amministrativi previsti dalla
legislazione vigente e/o effettuano le comunicazioni obbligatorie e si obbliga a fornire copia
all’appaltatore.
Il contratto è sottoposto alla condizione sospensiva del rilascio dei provvedimenti
amministrativi nonché alla decorrenza dei termini previsti per legge.
L’appaltatore si obbliga in ogni caso, a non iniziare i lavori prima che siano decorsi
inutilmente i termini previsti dalla legislazione vigente.
ART. 14 - Mancato rilascio dei provvedimenti amministrativi
In caso di mancato rilascio dei provvedimenti amministrativi entro il …. il contratto è
definitivamente inefficace.
Si è visto ora un esempio di clausola contenente una condizione sospensiva.
Tali clausole sono volte a condizionare l’efficacia del contratto all’avveramento di un
particolare fatto.
Esse possono essere utilizzate, come spesso avviene, non solo in relazione agli atti di
assenso dell’Amministrazione, ma anche in relazione al consenso di un comproprietario
all’espropriazione del terreno o all’ottenimento di un finanziamento.
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8. Altre clausole di particolare importanza
La condizione risolutiva
Meno frequenti rispetto alle clausole contenenti condizioni sospensive, sono quelle aventi ad
oggetto condizioni risolutive.
Le condizioni risolutive più diffuse sono quelle relative alla revoca e/o annullamento del permesso
di costruire, o comunque di qualsiasi intervento in autotutela da parte dell’Amministrazione che
renda illegittimo l’intervento oggetto del contratto e quelle relative alla vendita da parte di uno
dei comproprietari del bene ovvero alla revoca del finanziamento.
ART. 15 - Condizione risolutiva
Il presente contratto è subordinato alla condizione risolutiva che non venga revocata e/o
annullato il permesso di costruire, (oppure) che l’immobile non venga venduto da parte di
uno dei comproprietari, (oppure) che non venga revocato il finanziamento avuto da….
Ove si verificasse l’evento, il contratto sarà risolto di diritto.
I termini di consegna e la clausola penale
Si discute se il termine per l’esecuzione dell’opera sia da considerarsi elemento essenziale o
meno del contratto d’appalto.
Per la non essenzialità depongono una serie di circostanze, tra le quali la possibilità che, ove
le parti non indichino il termine, questo possa essere determinato dal Giudice ed altresì che il
mancato rispetto del termine non comporta, come accade invero ai sensi dell’art. 1457 c.c.
per i termini essenziali, la risoluzione di diritto del contratto, ma è data facoltà del
committente quella di concedere proroghe.
Ciò tuttavia, non significa che l’elemento “termine” sia di scarsa importanza, ed anzi, essendo
il contratto d’appalto un contratto ad esecuzione prolungata di un’unica prestazione
indivisibile (non può infatti, salvo pattuizione contraria, essere scomposta in singole parti,
ciascuna atta a soddisfare in parte l’interesse del creditore), la sua parziale esecuzione entro
il termine stabilito corrisponde ad una causa di inadempimento totale della prestazione
dell’appaltatore che porta, se non “di scarsa importanza”, alla risoluzione del contratto.
Va da sé che le parti possono, se lo ritengono opportuno, conferire carattere di “essenzialità”
al termine e stabilire che il mancato rispetto comporti la risoluzione di diritto.
Ciò che avviene normalmente è invece l’inserimento di una clausola cosiddetta penale che
individua la somma che l’appaltatore dovrà versare al committente per il ritardo.
Si osserva inoltre, che il termine per l’esecuzione dell’opera è previsto a favore
dell’appaltatore; con la conseguenza che il committente non potrà pretendere l’adempimento
prima della scadenza, mentre l’appaltatore potrà eseguire l’opera in anticipo.
Con riguardo alle conseguenze del mancato rispetto del termine per l’esecuzione dell’opera,
se si tratta di termine essenziale, il committente potrà comunicare all’appaltatore, entro tre
giorni dalla scadenza, che vuole ugualmente esigere la prestazione; se al contrario non è
essenziale, si applicherà la disciplina generale dell’inadempimento.
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Il contratto d’appalto di opere
ART. 16 - Termini di consegna e la clausola penale
Le opere dovranno essere ultimate entro … giorni lavorativi dall’inizio dei lavori.
Dal computo dei giorni utili saranno esclusi quelli in cui gli eventi atmosferici di straordinaria
entità avranno impedito la regolare esecuzione dei lavori, nonché i periodi di sospensione
determinati da cause di forza maggiore.
L’appaltatore è tenuto a corrispondere al committente, a titolo di penale, la somma di € ….
per ogni giorno/settimana di ritardo imputabile all’appaltatore e sino ad un importo massimo
pari al … % del corrispettivo pattuito, al netto dell’IVA, che il committente dedurrà dal saldo
dovuto previa comunicazione scritta all’impresa.
Il committente ha diritto al risarcimento del danno ulteriore, ai sensi dell’art. 1382, c. 1, c.c.
La clausola di esonero
La responsabilità dell’appaltatore può, per il principio dell’autonomia contrattuale, essere
modificata convenzionalmente.
Lo stesso infatti, può, ricevuta tardivamente una contestazione da parte del committente,
accogliere ugualmente la denunzia.
La
modifica
peraltro
può
essere
prevista
sin
dall’origine,
ad
esempio
limitando
contrattualmente gli effetti dell’esito positivo del collaudo e dell’accettazione senza riserva e
fissando un termine più lungo entro il quali possano contestarsi i vizi.
Di converso il committente potrà rinunciare espressamente a far valere i vizi occulti.
Viene riportato qui di seguito un esempio di clausola di esonero.
ART. 17 - Termine di decadenza denuncia vizi ed esonero del committente
Il committente è esonerato dall’osservanza del termine di decadenza per la denuncia dei vizi
previsto dall’articolo 1667 c.c.
Il predetto termine si intende sostituito dal più ampio di …. giorni dalla scoperta.
Per tutti gli altri aspetti concernenti la garanzia per vizi, si applicano gli articoli da 1667 a
1669 c.c.
Clausole compromissorie
ART. 18 - Risoluzione delle controversie – arbitrato rituale
Qualsiasi controversia concernente il presente contratto – comprese quelle relative alla sua validità,
interpretazione, esecuzione e risoluzione – sarà risolta mediante arbitrato rituale di diritto.
Il collegio arbitrale sarà composto da tre componenti, uno nominato da ciascuna delle parti
ed il terzo nominato di comune accordo.
In caso di disaccordo, la nomina sarà di competenza del Presidente del Tribunale di …. cui si
rivolgerà la parte più diligente.
L’arbitrato è regolato dagli artt. 806 e ss. del c.p.c.
(oppure)
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ART. 19 - Risoluzione delle controversie – arbitrato libero o irrituale
Qualsiasi controversia concernente il presente contratto – comprese quelle relative alla sua
validità, interpretazione, esecuzione e risoluzione – sarà risolta mediante arbitrato libero o
irrituale ai sensi dell’art. 803, comma ter, c.p.c
Il collegio arbitrale deciderà secondo equità e la sua decisione viene fin d’ora riconosciuta
dalle parti come manifestazione della loro stessa volontà contrattuale.
9. Formula di chiusura
ART. 20 - Rinvio alla legislazione vigente
Per quanto non espressamente previsto dal presente contratto, si applicano le disposizioni
normative vigenti.
Data …..
Il committente
L’appaltatore
10. Approvazione specifica delle clausole ai sensi degli articoli 1341 e 1342 c.c.
Gli articoli 1341 e 1342 c.c. prevedono che le condizioni di un contratto, anche concluso
mediante moduli o formulari, che stabiliscono a favore di colui che le ha predisposte,
limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospendere l’esecuzione,
ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di proporre
eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, tacita proroga o
rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe di competenza, dovranno
essere approvate per iscritto.
La relativa clausola avrà pertanto il seguente tenore:
ART. 21 - Approvazione specifica
Si approvano specificamente ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c. le
seguenti clausole:
…
(a titolo esemplificativo: clausole relative alle variazioni in corso d’opera, clausole
compromissorie o di rinunce, ecc.)
11. Normativa di riferimento
Il codice civile
Art. 1655. (Nozione)
L'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con
gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.
Art. 1657. (Determinazione del corrispettivo)
Se le parti non hanno determinato la misura del corrispettivo né hanno stabilito il modo di
determinarla, essa è calcolata con riferimento alle tariffe esistenti o agli usi; in mancanza, è
determinata dal giudice.
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Il contratto d’appalto di opere
Art. 1658. (Fornitura della materia)
La materia necessaria a compiere l'opera deve essere fornita dall'appaltatore, se non è diversamente
stabilito dalla convenzione o dagli usi.
Art. 1659. (Variazioni concordate del progetto)
L'appaltatore non può apportare variazioni alle modalità convenute dell'opera se il committente non le
ha autorizzate.
L'autorizzazione si deve provare per iscritto.
Anche quando le modificazioni sono state autorizzate, l'appaltatore, se il prezzo dell'intera opera è
stato determinato globalmente, non ha diritto a compenso per le variazioni o per le aggiunte, salvo
diversa pattuizione.
Art. 1660. (Variazioni necessarie del progetto)
Se per l'esecuzione dell'opera a regola d'arte è necessario apportare variazioni al progetto e le parti non si
accordano, spetta al giudice di determinare le variazioni da introdurre e le correlative variazioni del prezzo.
Se l'importo delle variazioni supera il sesto del prezzo complessivo convenuto, l'appaltatore può
recedere dal contratto e può ottenere, secondo le circostanze, un'equa indennità.
Se le variazioni sono di notevole entità, il committente può recedere dal contratto ed è tenuto a
corrispondere un equo indennizzo.
Art. 1661. (Variazioni ordinate dal committente)
Il committente può apportare variazioni al progetto, purché il loro ammontare non superi il sesto del
prezzo complessivo convenuto. L'appaltatore ha diritto al compenso per i maggiori lavori eseguiti,
anche se il prezzo dell'opera era stato determinato globalmente.
La disposizione del comma precedente non si applica quando le variazioni, pur essendo contenute nei
limiti suddetti, importano notevoli modificazioni della natura dell'opera o dei quantitativi nelle singole
categorie di lavori previste nel contratto per l'esecuzione dell'opera medesima.
Art. 1662. (Verifica nel corso di esecuzione dell'opera)
Il committente ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori e di verificarne a proprie spese lo stato.
Quando, nel corso dell'opera, si accerta che la sua esecuzione non procede secondo le condizioni
stabilite dal contratto e a regola d'arte, il committente può fissare un congruo termine entro il quale
l'appaltatore si deve conformare a tali condizioni; trascorso inutilmente il termine stabilito, il contratto
è risoluto, salvo il diritto del committente al risarcimento del danno.
Art. 1663. (Denuncia dei difetti della materia)
L'appaltatore è tenuto a dare pronto avviso al committente dei difetti della materia da questo fornita,
se si scoprono nel corso dell'opera e possono comprometterne la regolare esecuzione.
Art. 1664. (Onerosità o difficoltà dell'esecuzione)
Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei
materiali o della mano d'opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo
del prezzo complessivo convenuto, l'appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del
prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo.
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Se nel corso dell'opera si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e
simili, non previste dalle parti, che rendano notevolmente più onerosa la prestazione dell'appaltatore,
questi ha diritto a un equo compenso.
Art. 1665. (Verifica e pagamento dell'opera)
Il committente, prima di ricevere la consegna, ha diritto di verificare l'opera compiuta.
La verifica deve esser fatta dal committente appena l'appaltatore lo mette in condizione di poterla eseguire.
Se, nonostante l'invito fattogli dall'appaltatore, il committente tralascia di procedere alla verifica senza giusti
motivi, ovvero non ne comunica il risultato entro un breve termine, l'opera si considera accettata.
Se il committente riceve senza riserve la consegna dell'opera, questa si considera accettata ancorché
non si sia proceduto alla verifica.
Salvo diversa pattuizione o uso contrario, l'appaltatore ha diritto al pagamento del corrispettivo
quando l'opera è accettata dal committente.
Art. 1667. (Difformità e vizi dell'opera)
L'appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera. La garanzia non è dovuta se il
committente ha accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili,
purché, in questo caso, non siano stati in mala fede taciuti dall'appaltatore.
Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all'appaltatore le difformità o i vizi entro
sessanta giorni dalla scoperta. La denunzia non è necessaria se l'appaltatore ha riconosciuto le
difformità o i vizi o se li ha occultati.
L'azione contro l'appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell'opera. Il
committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i
vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni
dalla consegna.
Art. 1668. (Contenuto della garanzia per difetti dell'opera)
Il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell'appaltatore, oppure
che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa
dell'appaltatore.
Se però le difformità o i vizi dell'opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il
committente può chiedere la risoluzione del contratto.
Art. 1669. (Rovina e difetti di cose immobili)
Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso
di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in
parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti
del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta.
Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia.
Art. 1671. (Recesso unilaterale dal contratto)
Il committente può recedere dal contratto, anche se è stata iniziata l'esecuzione dell'opera o la
prestazione del servizio, purché tenga indenne l'appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e
del mancato guadagno.
Art. 1676. (Diritti degli ausiliari dell'appaltatore verso il committente)
Coloro che, alle dipendenze dell'appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l'opera o per
prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro
dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore nel tempo in cui essi
propongono la domanda.
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COME DISTINGUERE L’APPALTO DALLA COMPRAVENDITA
E DALLA SOMMINISTRAZIONE
Gli elementi dell’appalto
(si riprendono sinteticamente i punti dell’approfondimento precedente)
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L’appalto è il contratto con il quale una parte (appaltatore) si obbliga nei confronti di
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*
a cura di Antonio Bianchi
un’altra parte (committente o appaltante) a realizzare, con la necessaria organizzazione di
mezzi e con gestione a proprio rischio, un’opera o un servizio verso un corrispettivo in
denaro (art. 1655 cc).
È possibile distinguere due tipi di appalto:
APPALTO DI
OPERE
avente ad oggetto la modificazione dello
stato materiale di cose preesistenti o la
creazione di un nuovo bene (ad esempio
costruire una casa su un terreno di
proprietà del committente)
APPALTO DI
SERVIZI
avente ad oggetto la produzione di
“utilità”,
senza
elaborazione
o
trasformazione
della
materia
(es.
contratto di trasporto, di edizione,
assistenza e manutenzione)
L’appalto ha tre caratteristiche principali che permettono di distinguerlo da figure similari:
9
l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore;
9
il rischio della gestione che grava su di lui e la sua
9
autonomia nell’esecuzione dell’opera.
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Organizzazione
Secondo una parte della giurisprudenza, nel contratto d’appalto, l’esecuzione dell’opera
commissionata presuppone necessariamente un’organizzazione di mezzi propria della media
o della grande impresa (Cass. Civ., sent. n. 7307 del 29.05.01,). Secondo un altro
orientamento, invece, il contratto d’appalto non è incompatibile con il carattere artigianale
dell’impresa e con il fatto che il lavoro venga svolto da personale in prevalenza appartenente
al nucleo familiare dell’imprenditore (Cass. Civ., sent. n. 1856 del 8.03.90).
F
Rischio dell’opera gravante sull’appaltatore
L’appaltatore assume, principalmente, due rischi.
Il primo consiste nella possibilità che il corrispettivo pattuito, salvi i temperamenti della
revisione prezzi, non copra i costi sostenuti per eseguire la prestazione o non sia in grado di
assicurare all’appaltatore alcun profitto o utile.
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Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
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Il secondo consiste nella possibilità di perdere il diritto al corrispettivo se, rispettivamente:
a)
non riesca a realizzare l’opera nonostante l’attività svolta ed i costi affrontati (salvo che
la mancata realizzazione non dipenda dal committente);
b)
non realizza l’opera a regola d’arte o secondo le direttive ricevute;
c)
l’opera perisce o si deteriora per causa non imputabile ad alcuna delle parti prima che
sia accettata dal committente o prima che questi sia in mora nella sua verifica. Tuttavia,
se la materia è stata fornita in tutto o in parte dal committente, il perimento o il
deterioramento è a suo carico per quanto riguarda la materia da lui fornita.
F
Autonomia dell’appaltatore
L’appalto è caratterizzato dall’ampio grado di autonomia di cui deve godere l’appaltatore
nell’esecuzione della sua prestazione rispetto alle possibili interferenze del committente,
anche nelle ipotesi in cui il progetto dell’opera sia fornito da quest’ultimo.
Tale autonomia può subire alcuni temperamenti. Il committente ha, infatti, la facoltà di verificare
la rispondenza della prestazione alle prescrizioni ed alle esigenze contrattualmente previste, può
effettuare delle verifiche in corso d’opera e può nominare il direttore dei lavori, con potere di
verifica della costante corrispondenza dei lavori al progetto ed alle regole dell’arte.
In ogni caso, l’appaltatore non deve mai essere un mero esecutore materiale delle direttive del
committente, poiché in tal caso non ricorrerebbe un vero e proprio contratto di appalto, ma si
rientra nel c.d. appalto a regia in cui l’appaltatore provvede alla materiale esecuzione dell’opera
sotto la direzione del committente, che gli corrisponde una somma fissa ed una invariabile (c.d.
Regia semplice) o una percentuale dell’importo dei lavori (c.d. Regia cointeressata).
Differenze con altri contratti
Poiché non ogni contratto che ha per oggetto il compimento di un’opera o di un servizio può
essere definito appalto, ai fini della disciplina applicabile si pone il problema di differenziare
l’appalto da figure contrattuali simili o idonee a raggiungere analoghi risultati pratici.
Punto di riferimento per la differenziazione è la presenza o meno degli elementi caratteristici
essenziali dell’appalto indicati sopra.
Ad esempio nei casi in cui la prestazione dell’appaltatore consista sia in un dare, sia in un
fare, si ha appalto quando la prestazione della materia costituisce un mezzo per produrre
l’opera ed il lavoro è lo scopo essenziale del negozio (Cass. Civ., sent. n. 3807 del 30.03.95).
Lavoro
subordinato
L’appalto si differenzia dal contratto di lavoro subordinato con
riferimento al vincolo di subordinazione, che è essenziale in
quest’ultima fattispecie ed incompatibile con il carattere
imprenditoriale, l’autonomia dell’organizzazione e la gestione a
proprio rischio tipici dell’attività dell’appaltatore.
Cottimo
autonomo
Nel cottimo autonomo manca l’elemento dell’impresa.
L’eventuale
organizzazione
riguarda
soltanto
la
regolamentazione della materiale esecuzione del lavoro.
32
Come distinguere l’appalto dalla
compravendita e dalla somministrazione
Le differenze con il contratto di compravendita
La distinzione tra appalto e vendita di cosa futura si basa su
due elementi: la volontà dei contraenti ed il raffronto fra il
valore della materia (prestazione di dare) ed il valore della
prestazione d’opera (prestazione di fare).
E
È appalto il contratto in cui l’opera prevale sulla materia, ossia
il contratto in cui la materia costituisce solo un mezzo per
Vendita di
produrre l’opera, mentre il lavoro costituisce l’elemento
cosa futura
essenziale del negozio1.
È invece vendita di cosa futura il contratto in cui il bene
trasferito rientra nella produzione di serie del venditore ed in
cui le eventuali modifiche rispetto al prodotto di serie
consistono in accorgimenti marginali e secondari diretto ad
adattare il bene alle specifiche esigenze del destinatario.
Dalla giurisprudenza si possono ricavare i seguenti principi.
Quando l’appaltatore fornisce i materiali, se ciò (Cass. Civ., sent. n. 11602 del 02.08.05);
costituisce un semplice mezzo per produrre
l’opera ed il lavoro è lo scopo del negozio, può
ben dirsi che trattasi di contratto d’appalto; se
invece, il lavoro è il mezzo per trasformare la
materia e conseguire il bene è il vero scopo del
contratto, tale contratto è una vendita
il trasferimento della proprietà di un’area in (Cass. Civ., sent. n. 5322 del 29.05.98;
cambio di un fabbricato (o di parte di esso) da Cass. Civ., sent. n. 2952 del
erigere sull’area medesima a cura e con i mezzi 11.03.1993);
del cessionario costituisce un contratto misto di
vendita – appalto quando la costruzione del
fabbricato è stata al centro della volontà negoziale
e la cessione dell’area abbia costituito soltanto il
mezzo per conseguire detto obiettivo primario
l’accordo per realizzare mobili su misura dietro (App. Roma, 01.06.1999);
pagamento di un corrispettivo è un appalto e non
una vendita di cosa futura, considerate la
prevalenza dell’elemento lavoro sulla materia
prima
utilizzata,
nonché
la
specificità
della
commissione relativa a mobili non prodotti in serie
1
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(Cass. Civ., 02.08.2002, n. 11602; Cass. Civ., 21.05.2001, n. 6925; Cass. Civ., 21.06.2000, n. 8445)
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il contratto con cui una parte si impegna a fornire (Trib. Roma 02.10.2001).
prodotti che devono corrispondere ad un campione
tipo fornito dal compratore, è un appalto e non una
vendita (è prevalente la prestazione lavorativa
diretta alla trasformazione della materia)
Per l’esecuzione dell’opera o del servizio l’appaltatore può
ricorrere alla collaborazione di un’altra impresa a cui delegare
il
compimento
di
una
parte o
dell’intera
prestazione
avvalendosi dello strumento del subappalto, contratto di
secondo grado o subcontratto che per la sua natura derivata
risulta condizionato dalle vicende del contratto principale di
Subappalto
appalto (se viene meno il contratto di appalto, viene meno
anche quello di subappalto).
Il contratto di subappalto conserva però una sua autonomia
per cui l’applicazione delle clausole dell’appalto al subappalto
non è automatica, ma rimessa alla volontà dei contraenti: le
parti del subappalto possono, pertanto, stabilire prezzi e
termini di esecuzione e consegna diversi da quelli del
contratto principale2.
Le differenze con il contratto di somministrazione
Somministrazione
2
L'art. 29 D.Lgs. n.276/03 distingue dalla somministrazione il
contratto d'appalto, disponendo che quest'ultimo si
differenzia dal primo in quanto l'appaltatore provvede alla
organizzazione dei mezzi necessari all'appalto stesso. La
norma precisa che l'organizzazione dei mezzi può anche
risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio
appaltato, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo
nei confronti dei lavoratore utilizzati nell'appalto, nonché per
l'assunzione, da parte dell'appaltatore, del rischio d'impresa.
Ciò significa che l'appalto di servizi deve necessariamente
caratterizzarsi per la fornitura di un qualcosa in più, che non
può consistere nella semplice direzione dei lavori e che
determina la sussistenza di una soglia minima di
imprenditorialità dell'appaltatore: come si è visto, infatti, la
norma dispone che in ogni caso quest'ultimo deve assumersi
il rischio d'impresa.
(Cass. Civ., 24.7.2000, n. 9684; Cass. Civ., 29.04.1999, n. 5237).
34
Come distinguere l’appalto dalla
compravendita e dalla somministrazione
In altri termini, l'attività organizzativa non può esaurirsi
nell'assunzione, gestione amministrativa e direzione dei
lavoratori, né nell'assunzione da parte dell'appaltatore del
solo rischio relativo alle vicende dei rapporti di lavoro.
Piuttosto, l'appalto genuino presuppone che l'organizzazione
e la direzione dei lavoratori coinvolti siano espressione di un
vero imprenditore, che utilizzi in piena autonomia un preciso
e
identificabile
patrimonio
di
conoscenze,
esperienze,
professionalità del quale il committente sia privo. In tal
senso, assumono per esempio rilevanza l'attività di selezione
e formazione del personale impiegato, o la regolarizzazione
dei lavoratori dell'appalto, o il rispetto delle norme di
sicurezza sul lavoro e prevenzione degli infortuni.
Disamina di casi specifici
Esempio A
Un’impresa di costruzione e/o di ristrutturazione (titolare della relativa licenza amministrativa)
affida a diversi artigiani l’effettuazione dei lavori di completamento delle diverse unità immobiliari
(idraulico per quanto riguarda gli impianti, elettricista, falegname per i serramenti, ecc).
L’impresa stipula preliminari di vendita e, quindi, i beni e/o i lavori sono eseguiti direttamente a
carico del promissario acquirente. Nella pratica i rapporti tra questi soggetti (costruttore, artigiani
e promissari acquirenti) possono essere tra i più svariati.
Caso 1
L’artigiano – unitamente alla prestazione d’opera - fornisce egli stesso il bene (ferramenta,
sanitario, lampadari) da inserire nell’unità immobiliare.
Nella soluzione del caso non può prescindersi dalla seguente considerazione: l'elemento distintivo
dei due contratti (appalto e contratto di prestazione d’opera) è costituito dalla prevalenza
dell'attività lavorativa personale dell'esecutore dell'opera rispetto alla organizzazione del lavoro,
prevalenza altrettanto esclusa nel contratto d'appalto.
L'autonomia nella organizzazione del lavoro accomuna le due figure contrattuali ora individuate
(contratto di appalto e contratto di prestazione d’opera); li distingue invece dal rapporto di lavoro
subordinato nel quale il prestatore di lavoro subordinato (art. 2094 Codice civile) si obbliga
mediante retribuzione a collaborare nell'impresa prestando il proprio lavoro intellettuale o
manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore.
Nel caso previsto al n. 1, quindi, laddove la prestazione d’opera fornita dall’artigiano assuma
figura prevalente rispetto alla mera vendita del bene fornito, attraverso l’esecuzione personale
della prestazione, potrà aversi il contratto di prestazione d’opera professionale anziché di vendita.
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Caso 2
L’artigiano esegue unicamente i lavori di installazione in quanto il bene (sanitario,
ferramenta, lampadari) viene a lui fornito direttamente dal costruttore
Caso 3
L’artigiano esegue unicamente i lavori di installazione in quanto il bene (sanitario, ferramenta,
lampadari) viene a lui fornito direttamente dal promissario acquirente dell’immobile.
La prevalenza del lavoro dell’artigiano rispetto al bene fornito, vuoi che la fornitura provenga
direttamente dal costruttore, vuoi che provenga dal promissario acquirente induce a ritenere
la sussistenza di un contratto di prestazione d’opera professionale anziché di vendita
Caso 4
Il promissario acquirente si rivolge direttamente ad una impresa che vende pavimenti, la
quale procede anche ad effettuare la posa del pavimento stesso.
In tale caso potrebbe ipotizzarsi la sussistenza di un contratto di compravendita tra le parti,
avuto riguardo alla prevalenza del valore del bene compravenduto e alla mera opera di
installazione (posa in opera) del bene compravenduto da parte del prestatore d’opera.
Va da sé che in tutti i casi ora citati, nei quali si è individuata la sussistenza del contratto di
prestazione d’opera personale rispetto alla compravendita, laddove dovesse verificarsi la
prevalenza dell’organizzazione dei mezzi di impresa sull’aspetto personale della prestazione
d’opera si realizzerà un contratto di appalto anziché un contratto di prestazione d’opera.
In dottrina si è sostenuto che il contratto d’opera presuppone che il contraente (e l’esempio
più comune è costituito dal lavoro artigianale, ex art. 2083 cc) impieghi prevalentemente il
lavoro proprio e dei componenti della propria famiglia3.
La giurisprudenza in proposito ha costantemente posto l’accento sulla necessità di riscontro
del primato del facere rispetto al dare, avendo contemporaneamente riguardo alla comune
volontà delle parti in ragione del risultato che le stesse hanno voluto conseguire: nel
contratto d’opera viene in evidenza lo scambio tra opus e corrispettivo per la produzione
stessa dell’oggetto commissionato, ovvero il momento dell’esecuzione personale (Cass. Civ.,
8445/2000; Cass. Civ., 14209/99; Cons. St. 596/99).
“(...) : ai fini della differenziazione tra i contratti di appalto e vendita, quando alla prestazione
di fare caratterizzante l'appalto, si affianchi anche a quella di dare, caratterizzante la vendita
(come nella ipotesi in cui i materiali siano forniti dallo stesso appaltatore), si deve avere
riguardo alla prevalenza o meno del lavoro sulla materia, da considerarsi, però, non in senso
oggettivo, ma in relazione alla volontà dei contraenti, al fine di accertare, nei singoli casi, se
la somministrazione della materia sia un semplice mezzo per la produzione dell'opera ed il
lavoro lo scopo del negozio (appalto) oppure se il lavoro sia il mezzo per la trasformazione
della materia ed il conseguimento della cosa si configuri invece come l'effettiva finalità del
negozio medesimo (vendita)” (Cass. civ., sez. II, 02/08/2002, n.11602)
3
(Giannattasio, L’appalto, in Tratt. Cicu-messineo, Milano, 1967, 19; Moscarini, L’appalto, in Tratt. Rescigno, 11 Torino, 1984,
709: Rubino, Iudica, Dell’appalto, in Comm. Scialoja – Branca, sub artt. 1655 – 1677 cc, Bologna – Roma, 1992, 26;
ampiamente Mangini, Iacuaniello, Brugi, Il contratto di appalto, in Giursist. Bigiavi, Torino, 1997, 22)
36
Come distinguere l’appalto dalla
compravendita e dalla somministrazione
In definitiva, può dirsi che laddove la posa in opera della materia acquistata sia soltanto una
prestazione accessoria rispetto alla vendita si configura un contratto di acquisizione di beni.
Esempio B
Con riferimento ai casi analizzati in precedenza, si ipotizzi invece che sia un privato/impresa
proprietario dell’immobile che commette da un impresa di costruzione e/o di ristrutturazione
e lavori su un immobile e quest’ultima affidi ad altri artigiani (idraulico, elettricista, ecc) la
realizzazione di alcuni lavori. In questo caso il provato/impresa assume la veste del
committente mentre l’impresa di costruzione/ristrutturazione quella dell’appaltatore.
Le considerazioni sopra riportate non appaiono destinate a mutare nella situazione descritta
all’es. B: invero, l’attività dell’artigiano in quanto svolta personalmente, con una propria
organizzazione e autonomamente deve essere inquadrata nel contratto di prestazione
d’opera ex art. 2222 cc prescindendo dalla provenienza dell’incarico sia esso appaltatore o
proprietario committente4.
Infine, laddove fosse concluso un contratto di appalto nulla vieterebbe che l’appaltatore (che
diventa sub appaltante o sub committente) possa affidare l’esecuzione dell’opera o di singole
parti di essa ad un sub appaltatore, il quale svolge la propria prestazione in condizioni di
autonomia imprenditoria o quale libero professionista.
Si noti che il committente principale rimane estraneo al contratto di subappalto anche
quando lo abbia autorizzato, non acquistando diritti nè assumendo obblighi verso il
subappaltatore (Cass. 11.08.1990, n. 8202), nè il committente ha alcuna azione diretta nei
confronti del sub appaltatore.
Quest’ultimo, a sua volta, non ha alcuna azione diretta nei confronti del committente per
ottenere il pagamento del corrispettivo della prestazione oggetto del subappalto ( v. in ogni
caso art. 1676 c.c. ad oggetto i diritti degli ausili dell’appaltatore verso il committente).
4
(per ragioni di completezza, si segnala quella minoritaria giurisprudenza di legittimità in virtù della quale l’attività posta in
essere dall’artigianato – se espletata con mezzi e risorse da far ritenere prevalente l’organizzazione dei detti beni sul lavoro
personale - possa rientrare tout court nella fattispecie dell’appalto, Cass. Civ., 8.03.1990 n. 1856).
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IL CONTRATTO DI APPALTO FRA PRESTAZIONE
DI SERVIZI E CESSIONE DI BENI
a cura di Stefano Chirichigno e Alberto Santi*
La linea di demarcazione fra cessioni di beni e prestazioni di servizi, per quanto attiene
all’aspetto eminentemente oggettivo delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, non è sempre
individuabile con chiarezza sulla base dei criteri generali, tracciati sia dall’ordinamento
nazionale che da quello comunitario. La riconducibilità di una fattispecie concreta nell’una o
nell’altra categoria, d’altro canto, non determina conseguenze di ordine soltanto formale, ma
comporta - per taluni aspetti - significative difformità di trattamento. Per quanto il legislatore
abbia provveduto, «ex se», a risolvere un certo numero di casi dubbi, la pratica
commerciale propone talvolta figure negoziali che presentano - in inseparabile commistione - i
connotati tipici di entrambe. Ciò avviene, tipicamente, nell’appalto e nei contratti similari,
relativamente ai quali non è possibile addivenire ad una soluzione qualificatoria univoca.
La tematica concernente la corretta qualificazione delle operazioni rilevanti ai fini
dell’applicazione dell’IVA, nell’ambito della tradizionale dicotomia tra «cessioni di beni» e
«prestazioni di servizi», fornisce ampio materiale di discussione agli operatori del diritto
tributario, in relazione alle molteplici fattispecie che difficilmente possono essere ricondotte,
con chiarezza, all’una o all’altra categoria.
La giurisprudenza della Corte di giustizia delle comunità europee fornisce alcuni esempi di situazioni
variamente controverse al riguardo5, testimoniando così le notevoli incertezze che le peculiarità dei
singoli casi possono in concreto alimentare, le quali giustificano il ricorso del legislatore
all’elencazione puntuale di una serie di ipotesi assimilate, altrimenti di dubbia collocazione.
In tale contesto, si pone la questione qualificatoria - un tempo particolarmente avvertita, a
motivo della sperequazione di aliquota applicabile alla figura negoziale della fornituraappalto, piuttosto che a quella della fornitura-vendita, imperniata sulle previsioni agevolative
del soppresso art. 79 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 6336 - delle operazioni che recano
congiuntamente i connotati oggettivi di entrambe le tipologie anzidette, cioè quelle che, pur
contemplando l’effettuazione di spesso articolate prestazioni di servizi, presentano numerosi
punti di contatto con le cessioni, in quanto determinano comunque l’acquisizione di beni
materiali o immateriali7. Si tratta di un aspetto che, nonostante tutto, mantiene sicuri profili
di interesse, non essendo l’indagine concernente l’oggetto dell’operazione rilevante ai fini IVA
(quale finalizzata a ricondurre alternativamente la stessa nell’alveo delle cessioni di beni o
delle prestazioni di servizi) foriera di conseguenze di ordine soltanto formale. Basti pensare,
in proposito, ai diversi criteri delineati dal legislatore circa l’indi- viduazione del momento in
cui diviene esigibile l’imposta, la verifica del presupposto territoriale dell’operazione, la sua
concorrenza alla formazione del cd. plafond per gli esportatori abituali, la rilevanza delle
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
Tratto dal “Corriere Tributario” n. 29 del 2006
5
Si vedano, fra le altre, la sentenza 8 febbraio 1990, causa C-320/88, «Shipping and Forwarding Enterprise»; la sentenza 7
marzo2002, causa C-169/00, «Commissione delle Comunità europeec. Repubblica di Finlandia» e la sentenza 6 febbraio 2003,
causaC-185/01, «Auto Lease», in Banca Dati BIG, IPSOA.
6
Su cui vedasi G. Mandò e D. Mandò, Manuale dell’imposta sul valore aggiunto, IPSOA, 2005, pag. 371.
7
Cfr. L. Granelli, «Vendita ed appalto nell’Iva: la progressiva riduzione delle divergenze tra cessioni di beni e prestazioni di
servizi », in Boll. trib., 1997, pag. 1393.
38
Il contratto di appalto fra prestazione
di servizi e cessione di beni
ipotesi di autoconsumo esterno, la necessità o meno di porre in essere taluni adempimenti di
carattere strumentale (come, ad esempio, la compilazione dei modelli riepilogativi delle
operazioni intracomunitarie), ecc.8.
Con le brevi riflessioni che seguono, ci si intende essenzialmente focalizzare su quei rapporti
negoziali che, integrando la figura del contratto di appalto, ai sensi dell’art. 1655 c.c.,
risultano precipuamente connotati dalla circostanza per cui una parte assume il compimento
di un’opera per conto dell’altra, organizzando i mezzi necessari senza l’impiego di materie
prime o beni forniti dalla controparte, con l’effetto che - al termine della realizzazione quest’ultima diviene proprietaria del manufatto.
Quadro normativo di riferimento
I termini della questione che qui occupa sfuggono ad una puntuale definizione, anche a
causa di una non perfetta omogeneità - quanto meno sotto il profilo letterale - della
disciplina domestica di riferimento, rispetto alla pertinente normativa sovranazionale9. In
particolare, ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 costituiscono cessioni di
beni gli atti a titolo oneroso che importano il trasferimento della proprietà, ovvero la
costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere, mentre il
successivo art. 3 definisce prestazioni di servizi le operazioni rese verso corrispettivo in
dipendenza di contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia,
mediazione, deposito e in genere di obbligazioni di fare, di non fare e di permettere.
Viceversa, il legislatore comunitario, all’art. 5, n. 1, della direttiva 17 maggio 1977, n.
77/388/CEE (cd. VI direttiva), dispone che debba considerarsi «cessione di un bene il
trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario», mentre il
successivo art. 6, n. 1, della stessa definisce, in via del tutto residuale, prestazione di servizi
«ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’articolo 5».
Appare evidente che, mentre il legislatore nazionale sembra ancorarsi, con riferimento a
taluni contratti tipici (tra cui l’appalto), alla relativa qualificazione civilistica, l’ordinamento
comunitario riconduce nel novero delle cessioni di beni ogni operazione che comporti il
trasferimento della proprietà di un bene, prescindendo, in tal modo, dal negozio giuridico
utilizzato per raggiungere i suddetti risultati10; sicché risulta necessario considerare gli effetti
economici conseguiti per mezzo di tale negozio11.
8
Per tutti, cfr. P. Centore, «Il presupposto oggettivo delle operazioni Iva», in Corr.Trib. n. 9/2001, pag. 664;A. Comelli, Iva
comunitaria e Iva nazionale. Contributo alla teoria generale dell’imposta sul valore aggiunto, Padova, 2000, pagg. 522-523; L.
Castaldi, «Le operazioni imponibili», in AA.VV., L’imposta sul valore aggiunto. Giurisprudenza sistematica di diritto tributario,
diretta da F.Tesauro,Torino, 2001, pagg. 41-42, ove ulteriori riferimenti bibliografici.
Su cui, già R. Barr, «Comparison between the EC Sixth Vat Directive and the Italian Vat Law», in Vat Monitor n. 1/1992, pagg. 5-6.
10
Cfr. P. Centore, Iva comunitaria. Aspetti interpretativi e applicativi, IPSOA, 2001, pag. 122. In particolare, l’Autore rileva come
il legislatore nazionale nella identificazione delle «cessioni di beni» risulti inevitabilmente influenzato dagli schemi e dalle
strutture della tradizione civilistica, mentre «il legislatore comunitario ha invece inteso considerare «cessione di beni» non solo
l’operazione in cui si verifichi il trasferimento del diritto di proprietà (o di altro diritto reale di godimento, come dichiarato nella
formulazione dell’art. 2, primo comma, del D.P.R. n. 633/1972), ma piuttosto del potere di disporre di un bene come
proprietario».
11
Cfr. P. Maspes, «La disciplina degli scambi intracomunitari», in AA.VV., L’imposta sul valore aggiunto. Giurisprudenza
sistematica di diritto tributario, cit., pag. 911.
9
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La Corte di giustizia delle Comunità europee ha avuto occasione di chiarire tale approccio
interpretativo fin dalla sentenza 8 febbraio 1990, causa C- 320/88, «Shipping and Forwarding
Enterprise», punti 7 e 812, a tenore della quale, dal testo del richiamato art. 5 della VI
direttiva risulta che la nozione di cessione di un bene non si riferisce al trasferimento di
proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì comprende qualsiasi
operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte, che autorizza
l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario. La finalità della
VI direttiva, infatti, potrebbe essere seriamente compromessa qualora la constatazione della
sussistenza di un’operazione imponibile - nella specie di una cessione di beni - fosse soggetta
alla realizzazione di condizioni che variano da uno Stato membro all’altro, come avviene per
quelle relative al trasferimento di proprietà in diritto civile.
Difformità nel dettato normativo nazionale e comunitario di riferimento
Orbene, la riscontrata difformità nel dettato normativo nazionale e comunitario di riferimento
deve essere risolta facendo ricorso all’ormai consolidato principio di «interpretazione conforme»,
in ottemperanza al quale gli Stati membri, nell’adottare i provvedimenti attuativi delle direttive
comunitarie, devono strutturare ed interpretare le norme interne conformemente alla norma
sovranazionale, in modo tale da perseguire il risultato voluto da quest’ultima.
In ultima istanza, se la norma interna non è suscettibile di interpretazione conforme e si pone in
contrasto con quella comunitaria, sarà comunque quest’ultima a dover essere applicata13.
In siffatta prospettiva - ed in base ad un attento esame della tecnica di redazione legislativa
- emerge che la definizione di «prestazione di servizi», quale presupposto oggettivo del
tributo, risulta costituita in realtà di due parti, delle quali la prima costituisce un’elencazione
di carattere esemplificativo (vale a dire, i contratti tipici menzionati dall’art. 3, primo comma,
del D.P.R. n. 633/1972), avente sostanzialmente l’unico scopo di agevolare la comprensione
della seconda (rappresentata dalla locuzione «prestazioni verso corrispettivo dipendenti da …
obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte»), che presenta, invero,
un evidente carattere residuale, essendo tesa a ricomprendere tutto ciò che non ricade
nell’ambito dell’art. 2 del D.P.R. n. 633/197214.
Si può quindi affermare che, anche nella disciplina domestica, non esiste una vera e propria
definizione di prestazione di servizi, ma i tratti della stessa devono essere individuati
esclusivamente sulla base di precisi effetti giuridici degli atti posti in essere, in relazione alla
cessione di beni.
Stante il descritto scenario normativo comunitario ed interno, dovendo individuare il corretto
inquadramento ai fini IVA di una determinata fattispecie negoziale, appare imprescindibile
12
Ma il concetto è stato ulteriormente ribadito dalle sentenze citate alla precedente nota 1.
La Corte di giustizia (ad esempio, nella sentenza 13 marzo 1997, causa C-358/95, «Morellato c. USL Pordenone») ha
affermato, infatti, che in «presenza di disposizioni di diritto nazionale contrastanti col diritto comunitario, è giurisprudenza
costante che il giudice nazionale ha l’obbligo di garantire la piena efficacia del diritto comunitario disapplicando, di propria
iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale».
14
Analogamente si esprimono P. Centore, «Qualificazione delle operazioni: le prestazioni di servizi», in Corr.Trib. n. 19/2001,
pag. 1418; Id., «Il presupposto oggettivo delle operazioni Iva», cit., loc. cit., pag. 664; A. Comelli, Iva comunitaria e Iva
nazionale. Contributo alla teoria generale dell’imposta sul valore aggiunto, cit., pag. 548; L. Castaldi, «Le operazioni imponibili»,
cit., loc. cit., pag. 42, la quale ultima richiama anche la risoluzione 24 febbraio 1982, n. 332663, in Banca Dati BIG, IPSOA.
13
40
Il contratto di appalto fra prestazione
di servizi e cessione di beni
un’attenta analisi (i) tesa ad accertare la reale natura dell’operazione posta in essere, (ii) che
non resti ancorata all’eventuale possibilità di ricondurre il rapporto tra i contratti tipici
menzionati dall’art. 3 del D.P.R. n. 633/1972. Di conseguenza, non deve stupire che - in
alcuni casi - risulti oltremodo complesso qualificare un’operazione nel novero delle cessioni di
beni, piuttosto che in quello delle prestazioni di servizi, come potrebbe, infatti, avvenire in
presenza di contratti di appalto, o negozi ad esso affini, quanto alla sostanza.
Con specifico riferimento a questi ultimi, nel tentativo di alleviare le relative incertezze
qualificatorie, la prassi amministrativa ha tentato di elaborare una serie di criteri atti a
distinguere l’uno dall’altro caso, secondo un percorso evolutivo che ha risentito degli
inevitabili influssi scaturenti dalla progressiva elaborazione giurisprudenziale15. Nella
sostanza, l’elemento dirimente attiene all’indagine della specifica volontà delle parti
contraenti e, segnatamente, se le stesse hanno inteso attribuire un rilievo preminente al
mero trasferimento di beni, ovvero alla fase realizzativa di un’opera e, per tale via, all’aspetto
della lavorazione imprenditoriale.
In quest’ottica, di natura eminentemente soggettiva, i connotati oggettivi dell’operazione
dovrebbero pertanto assurgere a semplici elementi rivelatori delle reali intenzioni dei
contraenti, ed in questo senso dovrebbe quindi essere valutato il tradizionale parametro,
risiedente nella riconducibilità o meno dei beni oggetto di trasferimento a quelli
ordinariamente prodotti dall’impresa16.
Spunti per una qualificazione alternativa del contratto di appalto
Nel senso appena riferito - nonostante la suddetta esplicita inclusione nell’elenco dei contratti
nominati da cui scaturiscono prestazioni di servizi, contenuto nella prima parte dell’art. 3,
primo comma, del D.P.R. n. 633/1972 - non può escludersi a priori, dunque, la possibilità che
un contratto civilisticamente inquadrabile fra quelli d’appalto sia qualificabile, ancorché con
limitato riferimento all’IVA (in presenza delle sopracitate condizioni), fra quelli atti a
determinare una cessione di beni. E ciò, per quanto detto, in virtù della sua idoneità a
realizzare il trasferimento della proprietà del bene17.
Tale approccio interpretativo è stato avallato anche dall’Amministrazione finanziaria, seppur
in termini non altrettanto espliciti, allorché - nel commentare le modifiche alla disciplina delle
cessioni all’esportazione, di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, introdotte con il D.P.R. 29
gennaio 1979, n. 24 ed il successivo D.P.R. 31 marzo 1979, n. 94 - è stato precisato che
devono considerarsi cessioni «le consegne all’estero di beni anche in dipendenza di contratti
15
Cfr. principalmente, da un lato, risoluzione 5 luglio 1976, n. 36009; circolare 7 luglio 1977, n. 37/361546; risoluzione 9
febbraio 1982, n. 334359, tutte consultabili in Banca Dati BIG, IPSOA; e dall’altro, Comm. trib. centr., Sez. XI, 12 marzo 1990,
n. 1911, in Corr. Trib. n. 23/1990, pag. 1602; Id., Sez. XV, 16 aprile 1996, n. 1706, ivi n. 1/1997, pag. 48.
16
Per una visione d’insieme circa l’evoluzione subita dall’interpretazione amministrativa e giurisdizionale nel senso indicato nel
testo, si fa rinvio a G. Mandò e D. Mandò, Manuale dell’imposta sul valore aggiunto, cit., pag. 384-385, oltre che al lucido
intervento di L. Granelli, «Vendita ed appalto nell’Iva: la progressiva riduzione delle divergenze tra cessioni di beni e prestazioni
di servizi», cit., pagg. 1393-1394.
17
In dottrina, possono rinvenirsi autorevoli voci che - sin dalla nascita del tributo - ebbero a sostenere l’irrilevanza della figura
negoziale e l’attenzione che deve essere posta agli effetti sulla disponibilità del bene, per qualificare un’operazione come
cessione (ai fini IVA), in quanto atto a titolo oneroso che comporta il trasferimento della proprietà. Cfr. A. Fantozzi,
«Presupposto e soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto», in Dir. prat. trib., 1972, I, pag. 735.
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di appalto, limitatamente al corrispettivo dei beni esportati»18. L’interpretazione è
stata
sollecitata dalla circostanza che l’art. 8, primo comma, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972
riconduce testualmente alle esportazioni «le cessioni, anche tramite cessionari, eseguite
mediante trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità economica
europea, a cura o a nome dei cedenti o dei commissionari, anche per incarico dei propri
cessionari o commissionari di questi»; di talché, se si vuole riconoscere la non imponibilità
anche per le prestazioni dedotte in contratti di appalto, è necessario sottintendere una loro
assimilazione alle cessioni (nel senso che a tale termine conferisce la disciplina IVA e,
evidentemente, ai soli fini di detto tributo).
Più recentemente19, si è fatto espresso riferimento alla figura negoziale dell’«appaltofornitura », come ipotesi di contratto di appalto qualificabile ai fini IVA alla stregua di una
cessione di beni, desumibile dalla relativa definizione contenuta nella normativa comunitaria.
Siffatto orientamento risulta altresì confermato da pronunce giurisprudenziali, sia pur
episodiche. Valga, per tutte, la decisione della Commissione tributaria di I grado di Udine,
Sez. VI, 22 giugno 1990, n. 98420, secondo cui si deve dedurre «che il «contratto di appalto»
che l’art. 3 del D.P.R. n. 633/1972 annovera tra le prestazioni di servizi, va considerato invece,
limitatamente ai corrispettivi relativi ai beni esportati, come “cessioni all’esportazione”».
Modifiche alla disciplina domestica degli scambi intracomunitari
Ulteriori appigli alla proposta ricostruzione si rinvengono - per così dire a contrariis - dalle
modifiche apportate alla disciplina domestica degli scambi intracomunitari, in recepimento
della direttiva 10 aprile 1995, n. 95/7/CEE, di integrazione della VI direttiva, ove si prevede
che per «“consegna di un lavoro eseguito in base ad un contratto d’opera” si intende la
consegna da parte del prestatore d’opera al suo cliente di un bene mobile che ha prodotto o
assemblato utilizzando materiali o oggetti affidatigli dal cliente a tal fine, indipendentemente
dal fatto che il prestatore abbia fornito o meno una parte dei materiali utilizzati» (testo
inserito nell’art. 28, par. 2, lett. h, della VI direttiva), e si qualificano così le operazioni
descritte come prestazioni di servizi.
A tal riguardo, occorre rammentare che - antecedentemente a dette modifiche - l’art. 5, par.
5, della VI direttiva attribuiva ai singoli Stati membri la facoltà di qualificare come cessioni di
beni, piuttosto che come prestazioni di servizi, i trasferimenti di beni in conseguenza di
contratti d’opera, per i quali il prestatore utilizzasse prevalentemente materiali forniti dal
committente. La direttiva n. 95/7/CEE ha disconosciuto tale opzione, considerando a tutti gli
effetti le cennate operazioni alla stregua di prestazioni di servizi.
18
C.M. 3 agosto 1979, n. 26/411138, in Banca Dati BIG, IPSOA. I medesimi concetti sono stati successivamente ripresi dalle
risoluzioni 4 gennaio 1980, n. 412178, in Banca Dati BIG, IPSOA; 9 luglio 1980, n. 421221, ivi; 12 febbraio 1981, n. 370085, ivi;
4 luglio 1984, n. 405919, ivi; 6 ottobre 1987, n. 416907, in Corr. Trib. n. 43/1987, pag. 2952; 18 febbraio 1992, n. 500462, ivi
n. 25/1992, pag. 1851.
19
Si vedano, al riguardo, le risoluzioni 18 febbraio 1992, n. 500462, cit. alla nota precedente, e 26 maggio 2000, n. 72/E/2000/
112135, in Banca Dati BIG, IPSOA.
20
In Corr.Trib. n. 42/1990, pag. 2985; la pronuncia è chiaramente ispirata dalla prassi amministrativa sopra citata.
Analogamente, cfr. Comm. trib. I gr. Lucca, Sez. III, 28 marzo 1996, n. 420, in Boll. trib., 1996, pag. 1400.
42
Il contratto di appalto fra prestazione
di servizi e cessione di beni
Trasferimenti di beni in conseguenza di contratti d’opera assimilati alle cessioni di beni
Al contempo, può dirsi implicitamente confermata la qualificazione dei trasferimenti di beni in
conseguenza di contratti d’opera, per cui il prestatore abbia impiegato materiali dallo stesso
reperiti, relativamente ai quali - pertanto - deve ritenersi perdurare l’assimilazione alle
cessioni di beni21.
Tale considerazione è stata avallata dal Ministero delle finanze, a mezzo della propria
circolare 10 giugno 1998, n. 145/E/1998/52505, cap. 322, il quale dopo aver escluso «dalla
nozione di operazione assimilata a cessione intracomunitaria e ad acquisto intracomunitario
la consegna di beni sottoposti a lavorazione in dipendenza di contratti d’opera, d’appalto e
simili, con l’utilizzo di tutto o in parte di materie prime o beni spediti o forniti dal committente o
da terzi per suo conto», ragion per cui «dette operazioni, pertanto, sono adesso da qualificare
come prestazioni di servizi», afferma che non muta la «classificazione giuridica» dell’operazione vale a dire l’assimilazione alle cessioni di beni - se non ricorrono dette condizioni (la circolare,
invero con lettura estensiva, applica il medesimo trattamento al caso in cui i materiali forniti dal
committente siano «beni di scarso valore», rispetto al prodotto finito)23.
Considerazioni conclusive
Da tutto quanto precede emerge con chiarezza come non sia possibile approdare ad una
soluzione univoca della problematica di ordine qualificatorio a cui sono dedicate le presenti
considerazioni. Ed i risultati conseguiti divergono a motivo di elementi che non sembrano
sempre connaturati all’effettivo oggetto, ovvero agli effetti giuridici od economici che
scaturiscono dalle operazioni in parola. Pare, cioè, che la nostra Amministrazione finanziaria
sia stata quasi vincolata a «rettificare» (parzialmente) il dato normativo di riferimento - il
quale riconduce, tout court, l’appalto al novero delle prestazioni di servizi, sia pure con le
specificazioni di cui all’art. 40, comma 4-bis, del D.L. 30 agosto 1993, n. 33124, in caso di
committenti identificati in altri Stati membri dell’UE - laddove il prestatore nazionale abbia a
che fare con controparti non residenti.
Giusto per richiamare quella che pare la più eclatante fra le conseguenze derivanti dalla
predetta confliggente qualificazione, la medesima operazione soggiace a termini di
fatturazione diversi, a seconda che i beni realizzati in appalto siano o meno destinati
all’estero, ovvero (per gli appalti, per così dire, intracomunitari) a seconda che la lavorazione
sia eseguita su beni forniti a cura del committente.
D’altro canto, raffrontata con quella degli altri ordinamenti comunitari, la situazione italiana che impone agli operatori una difforme considerazione dell’appalto, a seconda della
21
Anteriormente alle modifiche apportate al D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre
1993, n. 427 per effetto del recepimento della direttiva richiamata nel testo, così si esprimeva A. Torence, «Lavorazioni
intracomunitarie di beni», in Corr.Trib. n. 31/1993, pag. 2090.
22
In Corr.Trib. n. 27/1998, pag. 2049.
23
Alle medesime conclusioni giunge anche l’Assonime con la circolare 17 dicembre 1997, n. 114 e la successiva circolare 14
luglio 1998, n. 67. In dottrina, si vedano anche F. Santoro, «Lavorazioni comunitarie su beni mobili», in il fisco, 1997, pag.
12025; P. Maspes, «La disciplina degli scambi intracomunitari», in AA.VV., L’imposta sul valore aggiunto. Giurisprudenza
sistematica di diritto tributario, cit., pag. 911; P. Centore, Iva europea. Aspetti interpretativi ed applicativi dell’Iva nazionale e
comunitaria, IPSOA, 2006, pagg. 465-466.
24
Convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.
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destinazione dei beni in base ad esso risultanti, e in certi casi, addirittura, richiede di
«frazionare» l’operazione nelle sue componenti idealmente riconducibili, rispettivamente, alle
cessioni ed alle prestazioni - appare in tutta la sua singolare unicità (fatta eccezione,
ovviamente, per le lavorazioni comunitarie).
Laddove in un buon numero di Stati membri le figure negoziali che regolamentano la
lavorazione su beni propri, destinati a costituire la porzione essenziale dell’opera commessa,
sono reputate determinare una cessione di beni (così in Austria, Francia, Germania, Irlanda,
Paesi Bassi, Portogallo), in altri casi l’aspetto che si risolve nella prestazione del servizio
assume connotato dominante, tanto da qualificare l’intera operazione (ciò avviene in Belgio,
Danimarca, Finlandia, Grecia, Lussemburgo).
NORME A CONFRONTO
Difforme definizione del presupposto oggettivo
Per il legislatore comunitario integra:
• la cessione di un bene il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale
come proprietario;
• la prestazione di un servizio ogni operazione che non costituisce cessione di un bene.
Per il legislatore nazionale integra:
• la cessione di un bene l’atto a titolo oneroso che importa il trasferimento della
proprietà, ovvero la costituzione o il trasferimento di un diritto reale di godimento su
beni di ogni genere;
• la prestazione di un servizio ogni prestazione verso corrispettivo dipendente da
obbligazioni di fare, non fare e permettere.
NORME A CONFRONTO
LA PRASSI AMMINISTRATIVA
Criteri distintivi dell’appalto rispetto alla compravendita
Secondo quanto affermato dall’Amministrazione finanziaria con la R.M. n. 36009 del 1976, gli
elementi caratterizzanti il contratto di appalto devono essere ricercati sulla
prevalenza del «fare» sul «dare» e, in particolare, deve desumersi dalle clausole
contrattuali se la volontà delle parti ha voluto dare maggior rilievo al trasferimento di
un bene o al processo produttivo di esso.
44
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APPALTI E SUBAPPALTI: LA RESPONSABILITA’ SOLIDALE
a cura di Giovanni Valcarenghi*
Nell’ambito di un processo finalizzato25:
•
ad incrementare il livello di adempimento degli obblighi fiscali,
previdenziali ed
assicurativi;
•
a migliorare le garanzie, per gli enti impositori e previdenziali, di riscossione dei propri crediti;
il decreto legge 223/2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 4 agosto
2006, ha previsto specifiche misure volte ad evitare che l’utilizzo dei contratti di appalto e
subappalto possano divenire uno strumento finalizzato all’evasione fiscale e contributiva.
Nel prosieguo, richiamando di volta in volta i commi interessati (proposti nei box a fondo
grigio) si fornisce una analisi ragionata delle disposizioni introdotte, cercando di svolgere
alcuni ragionamenti di carattere pratico operativo al riguardo.
Nell’ambito dell’articolo 35 del provvedimento, titolato Misure di contrasto all’evasione ed
all’elusione fiscale, viene previsto che:
PRINCIPIO GENERALE
28. L'appaltatore risponde in solido con il subappaltatore della effettuazione e del
versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dei
contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali dei dipendenti a cui è tenuto il subappaltatore.
Dalla relazione al provvedimento, appare chiaro che la novità è volta a rimediare ad una
situazione in cui appaltatori, ma più frequentemente subappaltatori, non adempiono in modo
regolare ai rispettivi obblighi fiscali e previdenziali; se tali soggetti, come spesso accade,
sono privi di un patrimonio personale o sociale che possa costituire garanzia per il recupero
delle somme dovute, deriva che gli enti creditori si trovano nell’impossibilità di esercitare il
recupero coattivo delle somme spettanti.
Mediante il sistema proposto, invece, si crea uno stretto legame di corresponsabilità tra tutti i
soggetti coinvolti nella “catena”, evitando la tentazione di utilizzare in modo strumentale dei
subappaltatori che, sovente, accettano l’incarico a tariffe ridotte, muovendo già con l’intenzione
di mantenere la propria quota di utile a discapito dei versamenti dovuti per legge.
Il sistema, tra l’altro, mutua l’impostazione da tempo già presente in altri stati comunitari
(come ad esempio la Francia) oppure nel particolare settore nazionale degli appalti pubblici
realizzati per il tramite delle associazioni temporanee di imprese26.
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
Disponibile sul sito il documento “Solidarietà nei subappalti e sicurezza sui luoghi di lavoro nel decreto Bersani” tratto da “La
Circolare Tributaria” n. 38 del 9 ottobre 2006 – Sistema d’Informazione Integrato – Gruppo Euroconference Editore
25
Confronta il comunicato stampa del Consiglio dei ministri, n. 5 del 30 giugno 2006, nonché il paragrafo 20 della circolare
dell’Agenzia delle entrate n. 28/E del 4 agosto 2006.
26
Sul punto si rinvia a S. MEZZACAPO, Responsabilità solidale negli appalti in attesa delle regole attuative sulla
documentazione, in Guida normativa 34/2006, pag. 126.
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In linea di principio, con il contratto di subappalto, l’appaltatore, previa autorizzazione del
committente ai sensi dell’articolo 1656 del codice civile, affida il compimento di una parte o
dell’intera opera ad un altro soggetto, che la svolge impiegando una propria organizzazione
di mezzi ed assumendo a proprio carico il rischio derivante27.
Se dunque, il subappaltatore agisce in autonomia nella esecuzione delle opere, assume a suo
carico gli obblighi derivanti, ad esempio, dalla circostanza di occupare lavoratori dipendenti,
in relazione ai quali scattano gli obblighi di sostituzione fiscale e previdenziale contenuti
nell’attuale ordinamento.
Poiché, ovviamente, il subappalto esiste in tanto in quanto esiste il contratto di appalto a
monte e rappresenta un contratto oneroso con previsione di un corrispettivo a fronte
dell’opera svolta, mediante la novella si vuole ottenere l’assicurazione che una debita parte di
quel corrispettivo, ricorrendone le previsioni, sia comunque dirottata presso le casse erariali.
Dal punto di vista tecnico, giova rammentare che la norma prevede specificamente che
l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore:
1.
della effettuazione e del versamento delle ritenute fiscali;
2.
del solo versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi per
l’assicurazione infortuni e malattie professionali.
Dal versante fiscale, dunque, non scatta unicamente una responsabilità solidale sul
versamento delle ritenute, bensì una obbligazione di fare (effettuazione della ritenuta all’atto
della erogazione della retribuzione) ed una successiva obbligazione di pagare, assimilabile ad
una sorta di garanzia fideiussoria nei confronti dell’ente pubblico.
Non è chiaro se il mancato svolgimento dell’obbligo di vigilare sull’effettuazione della ritenuta
(obbligo assai difficoltoso poiché non è noto, all’appaltatore, l’effettivo momento di
erogazione delle retribuzioni) comporti una specifica sanzione in capo al soggetto
inadempiente né, soprattutto, come potrà essere avviata una azione di difesa dallo stesso,
qualora il comportamento tenuto dal soggetto “controllato o da controllare” sia finalizzato
proprio al tentativo di eludere tale vigilanza imposta dalla legge.
Infine, poiché la posizione del sostituto di imposta sfocia nell’obbligo di presentazione della
dichiarazione annuale 770, si spera non si voglia coinvolgere l’appaltatore nella verifica anche
di tale ultimo momento.
AVVIO DEL REGIME ED AMBITO OGGETTIVO E SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE
34. Le disposizioni di cui ai commi da 28 a 33 si applicano, successivamente all'adozione di
un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto, che stabilisca la documentazione attestante
l'assolvimento degli adempimenti di cui al comma 28, in relazione ai contratti di appalto e
27
Così A. MAURO, Le nuove norme in materia di subappalto, in Schede di aggiornamento Eutekne, aggiornamento 8-9/2006,
scheda 855.02.
46
Appalti e subappalti:
la responsabilità solidale
subappalto di opere, forniture e servizi conclusi da soggetti che stipulano i predetti contratti
nell'ambito di attività rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 , con esclusione dei committenti non
esercenti attività commerciale, e, in ogni caso, dai soggetti di cui agli articoli 73 e 74 del
testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 29, comma 2, del decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, che deve intendersi esteso
anche per la responsabilità solidale per l'effettuazione ed il versamento delle ritenute fiscali
sui redditi di lavoro dipendente.
Prima ancora di analizzare la particolare struttura della norma, vale la pena, anche a costo di
effettuare un’analisi asistematica, di circoscrivere l’ambito soggettivo di applicazione ed il
momento di avvio effettivo delle disposizioni che, ad oggi, sono operativamente condizionate
all’adozione di un decreto attuativo.
Con lo specifico provvedimento, recita la norma, sembra debba essere prevista la
documentazione attestante l’assolvimento di un obbligo; quindi, si spera, non dovrebbero
essere richieste particolari analisi, bensì esclusivamente la ricezione e conservazione della
relativa documentazione.
Dal punto di vista previdenziale si crede che il DURC potrà certamente rappresentare un utile
strumento peraltro oggi ottenibile in forma telematica da parte dei soggetti interessati; dal
versante fiscale, invece, non paiono essere disponibili procedure standardizzate di tal tipo,
salvo ipotizzare al ricorso alla consegna del libro matricola, dei cedolini paga e dei modelli
F24 con opportuno prospetto di raccordo.
In via di principio, non appare per nulla chiaro, poi, se il controllo richiesto si possa limitare ad
aspetti di natura formale o debba spingersi anche ad un vero e proprio controllo di natura
sostanziale. Se, ad esempio, in un subappalto di servizi di pulizia si apprende che sono impiegati
3 soggetti, mentre solo 2 degli stessi risultano iscritti a libro paga; oppure, se i 3 soggetti di cui
sopra sono regolarmente assunti ma solo part time, mentre la loro presenza si esplica per l’intera
giornata, come dovrà comportarsi il soggetto cui sono demandati i controlli?
Per ciò che attiene l’oggetto, la norma si riferisce genericamente ai contratti di appalto e
subappalto di opere, forniture e servizi stipulati a decorrere dal 4 luglio 2006, nonostante la
già accennata presenza di una condizione di sospensione operativa; non si rinviene,
pertanto, alcuna limitazione specifica al settore dell’edilizia, che invece interessa altre norme
del DL 223/2006 (c.d. obbligo di applicazione del reverse charge), peraltro sospese ad opera
di semplici comunicati stampa28. Rientrano, a titolo esemplificativo, nella fattispecie appalti
dei servizi di pulizia, di facchinaggio, di handling e di management.
28
Sul punto si consenta il rinvio all’analisi già proposta nel corso della prima giornata del MASTER BREVE 2006-2007.
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Nonostante una formulazione letterale non felice, non pare che si possa concludere che la
disposizione trovi applicazione esclusivamente nel caso in cui sussista un contratto principale
di appalto ed anche (in senso di obbligo) un connesso contratto di subappalto; dalla
relazione di accompagnamento al DL 223/2006 sembra proprio evincersi la necessità di
applicare la tutela pubblica anche nell’ipotesi di sussistenza del solo contratto di appalto29.
Per ciò che attiene i soggetti, la norma prevede l’applicazione ai seguenti soggetti committenti:
•
tutti i soggetti IRES;
•
Stato ed enti pubblici;
•
tutti gli altri soggetti passivi IVA, imprenditori o lavoratori autonomi che siano, nel
momento in cui commissionino un appalto per la realizzazione di opere, forniture e
servizi attinenti la specifica attività esercitata (pertanto, sembrerebbe tranquillamente
ricadere nella previsione anche il lavoratore autonomo o l’imprenditore che,
semplicemente, affidi l’appalto dei servizi di pulizia del proprio studio o del proprio
stabilimento ad imprese specializzate).
Sono invece esclusi dalla norma, per esplicita previsione del comma 34, i committenti
persone fisiche private.
Per effetto dell'ultimo periodo del comma 34, viene comunque fatto salvo quanto previsto
dall'art. 29, comma 2, del D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, secondo cui " in caso di
appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in
solido con l'appaltatore, entro il limite di un anno dalla cessazione dell'appalto, a
corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti ", con la
specificazione che il precetto del suddetto articolo "deve intendersi esteso anche per la
responsabilità solidale per l'effettuazione ed il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di
lavoro dipendente".
Ciò significa che la nuova norma non si pone in nessun contrasto con la Legge Biagi, bensì
ne costituisce una sorta di amplificatore che estende le garanzie già previste a favore dei
lavoratori anche agli enti pubblici comunque interessati dai medesimi rapporti.
LIBERAZIONE DAGLI OBBLIGHI
29. La responsabilità solidale viene meno se l'appaltatore verifica, acquisendo la relativa
documentazione prima del pagamento del corrispettivo, che gli adempimenti di cui al comma
28 connessi con le prestazioni di lavoro dipendente concernenti l'opera, la fornitura o il
servizio affidati sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore. L'appaltatore può
sospendere il pagamento del corrispettivo fino all'esibizione da parte del subappaltatore della
predetta documentazione.
29
In tal senso depone il testo del comma 33, dove si parla di “eventuali subappaltatori”, proprio a rappresentare che la catena
di soggetti è una delle situazioni interessate dalla responsabilità solidale, ma non certo l’unica. In dottrina si veda S.M.
MESSINA, Appaltatore e subappaltatore corresponsabili per i versamenti fiscali e previdenziali, in Guida Normativa n. 29 del
29.07.2006, pag. 115 e seguenti.
48
Appalti e subappalti:
la responsabilità solidale
Il comma 29 fornisce all’appaltatore:
•
uno strumento per potersi alleggerire della responsabilità solidale;
•
uno strumento per forzare il subappaltatore a consentire l’effettuazione dei controlli imposti.
In relazione alla prima questione, letteralmente la norma evoca unicamente la casistica del
lavoro dipendente, mentre è stato acutamente osservato30 che, forse, lo spirito della norma
indurrebbe ad estendere l’analisi a qualsiasi obbligo di sostituzione di imposta realizzatosi per
effetto della realizzazione dell’opera, del servizio o della fornitura commissionati.
L’unico strumento a disposizione per superare eventuali ritrosie a fornire la documentazione
di prova sembra essere il “ricatto” della sospensione del pagamento del corrispettivo dovuto,
come a dire che, poiché tutti gli operatori sono sensibili al denaro, si dovranno “piegare” alle
richieste del vigilante se intendono incassare il corrispettivo. Ciò, nell’incertezza, determinerà
ovviamente anche possibili situazioni di abuso, risolvibili unicamente mediante una precisa
delimitazione oggettiva dei compiti a carico dell’appaltatore.
Va infatti notato che se il subappaltatore non è in grado di provare l’avvenuta consegna della
documentazione richiesta, non potrà eventualmente agire in giudizio per far valere le proprie
ragioni, pur avendo realizzato la prestazione oggetto del contratto31.
Ancora, bisognerà capire quale sia il corretto comportamento da tenersi nell’ipotesi in cui,
proprio in sede di controllo, si ravvisino delle irregolarità compiute: stante la responsabilità
prevista, il controllore dovrà attivarsi per provvedere in proprio alle mancanze del soggetto
controllato, decurtando, ad esempio, i pagamenti effettuati dal corrispettivo dovuto? Quale
dovrà essere la diligenza da utilizzare in tal senso? Cosa potrebbe accadere laddove il
controllore si attivasse in modo zelante rimediando, oltre il dovuto, alla presunta mancanza?
La decurtazione del corrispettivo, cioè, sarà ritenuta legittima, oppure si dovrà provvedere al
recupero di quanto pagato in eccesso? Ed ancora, materialmente, se non fossero state
versate delle ritenute, come potrà provvedere l’appaltatore? Dovrà compilare un modello F24
con i dati del subappaltatore o si dovrà rivolgere al competente ufficio affinché lo stesso
promuova il recupero?
LIMITE MASSIMO DI RESPONSABILITA’
30. Gli importi dovuti per la responsabilità solidale di cui al comma 28 non possono eccedere
complessivamente l'ammontare del corrispettivo dovuto dall'appaltatore al subappaltatore.
Onde evitare che le nuove complicazioni comportassero un blocco completo di taluni settori,
il comma 30 provvede a specificare che gli importi dovuti per la responsabilità solidale
giungono, al massimo, sino a coprire l’intero importo del corrispettivo pattuito.
30
S.M. MESSINA, op. cit.
In tal senso G. CHIAMETTI, Appalti: responsabilità solidale fra le parti, in Impresa commerciale & industriale, n. 7-8/2006,
pag. 1096 e seguenti.
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Ciò rende, in qualche maniera, indifferente la posizione dell’appaltatore che, in un modo o
nell’altro (o, meglio, nei confronti di un soggetto oppure di un altro) è comunque chiamato a
mettere sul piatto sempre la medesima somma di denaro.
Va notato, tra l’altro, che dal punto di vista puramente teorico il limite massimo di
responsabilità pare eccedente rispetto al rischio fiscale o previdenziale che, evidentemente,
rappresenta una sola quota dell’intero corrispettivo pattuito.
Pertanto, ciò che si presenta come una norma di favore, nei fatti rappresenta una forma di
ultra garanzia per le ragioni pubbliche.
CONOSCIBILITA’ DEGLI ATTI E COMPETENZA DEGLI UFFICI
31. Gli atti che devono essere notificati entro un termine di decadenza al subappaltatore
sono notificati entro lo stesso termine anche al responsabile in solido. La competenza degli
uffici degli enti impositori e previdenziali è comunque determinata in rapporto alla sede del
subappaltatore.
Il comma 31 dà pratica attuazione a due concetti base su cui poggi la responsabilità solidale:
1.
la conoscibilità degli atti che, ovviamente, dovranno essere notificati non soltanto al
subappaltatore ma anche a chi è con lui responsabile in solido;
2.
la competenza degli uffici cui sono demandati i poteri di controllo, con l’effetto che quelli
competenti in ragione della sede dell’appaltatore, avocano a sé anche la gestione degli
aspetti di solidarietà per eventuali soggetti che, in ragione della loro collocazione
territoriale, potrebbero essere assoggettati alla competenza di altri uffici
RESPONSABILITA’ IN CAPO AL COMMITTENTE
32. Il committente provvede al pagamento del corrispettivo dovuto all'appaltatore previa
esibizione da parte di quest'ultimo della documentazione attestante che gli adempimenti di
cui al comma 28 connessi con le prestazioni di lavoro dipendente concernenti l'opera, la
fornitura o il servizio affidati sono stati correttamente eseguiti dall'appaltatore.
Come già si è accennato in premessa, anche il committente rimane coinvolto in questa nuova
spirale di responsabilità, costituendo il soggetto da cui emana la prima volontà di dare corso
all’intera operazione “osservata”.
Pertanto, è previsto che non è possibile effettuare regolarmente il pagamento all’appaltatore,
se non dopo avere preso visione della documentazione (ancora da definire con decreto
ministeriale) che conferisca certezza dell’avvenuto regolare espletamento degli obblighi in
capo ai soggetti che rappresentano gli anelli inferiori della catena.
Ancora una volta, dunque, l’esibizione della documentazione richiesta rappresenta un onere
che incombe in capo al soggetto che vuole ottenere il pagamento delle somme.
50
Appalti e subappalti:
la responsabilità solidale
Si chiude, in un certo qual modo, il cerchio delle responsabilità in capo a tutti i soggetti
coinvolti nell’operazioni, mediante la previsione di un blocco dei pagamenti, subordinato alla
verifica materiale della correttezza delle procedure fiscali e previdenziali imposte per legge.
SANZIONI PER IL COMMITTENTE
33. L'inosservanza delle modalità di pagamento previste al comma 32
è punita con la
sanzione amministrativa da euro 5.000 a euro 200.000 se gli adempimenti di cui al comma
28 connessi con le prestazioni di lavoro dipendente concernenti l'opera, la fornitura o il
servizio affidati non sono stati correttamente eseguiti dall'appaltatore e dagli eventuali
subappaltatori. Ai fini della presente sanzione si applicano le disposizioni previste per la
violazione commessa dall'appaltatore. La competenza dell'ufficio che irroga la presente
sanzione è comunque determinata in rapporto alla sede dell'appaltatore.
L’interesse ad un rigoroso rispetto delle regole in capo al committente è assicurato
dall’inserimento di una pensante sanzione in caso di avvenuto pagamento senza il previo
rispetto degli oneri di controllo previsti (da euro 5.000 a euro 200.000).
La norma, come evidente, non risulta del tutto chiara e definita per effetto dell’utilizzo di
rimandi ai precedenti commi; dal punto di vista logico, comunque, sembra potersi affermare
che sul committente venga a gravare, in ultima analisi, un generalizzato onere di controllo
sulla regolarità di tutte le procedure (non solo di avvenuto controllo ma, evidentemente, di
effettivo rispetto sostanziale della legge) dell’intera catena di soggetti che stanno a valle.
Ovviamente, vi è da augurarsi che venga chiarito che tale fase si concretizzi:
•
per ciò che attiene alla fase di controllo appaltatore – subappaltatore, mediante un
semplice scambio di copia dei medesimi documenti che hanno già rivestito importanza
nei gradini inferiori della scala;
•
per ciò che attiene alla fase di controllo committente – appaltatore, nella semplice
replica di ciò che avvenuto negli stadi successivi.
Conclusioni
Da tutto quanto sopra esposto, pur in attesa di una più serena analisi del contenuto del più volte
citato decreto ministeriale, non possiamo non riscontrare come sia più che mai opportuno
consigliare la clientela di operare una rigida selezione dei soggetti utilizzati nella realizzazioni di
appalti e subappalti, onde evitare che i noti problemi di solidarietà fiscale e previdenziale possano
divenire delle vere e proprie “trappole” per il libero svolgimento degli affari.
La problematica, infine, non può essere arginata solo ai grandi operatori che realizzano
opere su commessa ma, a quanto oggi può essere desunto dal tenore letterale della norma,
riguarda anche i piccoli operatori ed anche i liberi professionisti.
Sarà pertanto necessario attivare una precisa funzione di standardizzazione e controllo per
gestire al meglio tale problematica.
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RESPONSABILITA’ SOLIDALE NEGLI APPALTI
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a cura di Giovanni Valcarenghi
LO SPIRITO DELLA NORMA
APPALTANTE
OPERA
APPALTATORE
DENARO
SUBAPPALTATORE
RISCHIO DI
“DIROTTAMENTO”
RIMEDIO DEL LEGISLATORE
L'appaltatore risponde in solido
con il subappaltatore
APPALTATORE
1
LEGAME
MAX
CORRISP.
SUBAPPALTATORE
*
2
della effettuazione e del versamento
delle ritenute fiscali
sui redditi di lavoro dipendente
e del versamento
dei contributi previdenziali
e dei contributi assicurativi
obbligatori per gli infortuni
sul lavoro e le malattie professionali
dei dipendenti a cui è tenuto
il subappaltatore.
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
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Responsabilità solidale negli appalti
APPLICAZIONE
DA QUANDO
Contratti
stipulati
dal
4.7.2006
A CHI
Dopo
emanazione
apposito
decreto
Tutti
titolari
partita
IVA
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Articolo
73 e 74
TUIR
SALVAGUARDIA
UN ONERE
ED UNO
STRUMENTO
VERIFICA
APPOSITI
DOCUMENTI
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POSSIBILE
BLOCCARE
I PAGAMENTI
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POSIZIONE DEL COMMITTENTE
BLOCCO
COMMITTENTE
HA L’ONERE
DI ACCERTARE
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PAGAMENTO
SENZA CONTROLLO
SANZIONATO
LA REGOLARITÀ CONTRIBUTIVA
NELLA DISCIPLINA GENERALE DELL’APPALTO
Tratto da “La Pratica Forense”*
L’aspetto della regolarità contributiva, come si può facilmente immaginare, è tema d’estrema
rilevanza sia per quanto attiene gli appalti pubblici, sia per quanto concerne i lavori privati.
L’interesse del committente al regolare adempimento degli obblighi retributivi e contributivi
da parte dell’appaltatore si collega alla previsione dell’art. 1676 cod. civ.: la norma, come
noto, fa richiamo ad un’azione eccezionalmente concessa agli ausiliari (collaboratori
dipendenti) dell’appaltatore, che possono rivolgersi direttamente al committente per
conseguire quanto loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso
l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda.
Tale azione, qualificata come sostitutoria o surrogatoria, permette all’ausiliario di far valere
direttamente il suo credito nei confronti del committente, prima ancora che questi abbia
versato all’appaltatore il corrispettivo pattuito per la realizzazione dell’opera, entro i limiti
anzidescritti; si può evincere, pertanto, una solidarietà passiva tra appaltatore e
committente, sebbene quest’ultimo non diventi parte del rapporto di lavoro.
Alla luce di tale previsione, e con lo scopo di facilitare l’emersione del ‘lavoro nero’, il
legislatore ha introdotto il c.d. DURC, documento unico di regolarità contributiva.
In data 15.04.2004, Inps, Inail, Casse edili e parti sociali hanno siglato una convenzione che
ha sancito la piena operatività del DURC (la prima convenzione risale al 3.12.2003). La
facoltà per tali soggetti di stipulare convenzioni era stata prevista già nella Legge 266/2002 e
nel Decreto Legislativo 276/2003.
Il documento unico di regolarità contributiva consiste in un certificato che attesta la
regolarità di un’impresa relativamente agli adempimenti Inps, Inail e Casse Edili; tale
documento rappresenta uno strumento che consente il monitoraggio delle attività delle
imprese, l’osservazione delle dinamiche del lavoro e attua una nuova forma di contrasto al
lavoro sommerso e alle irregolarità fiscali.
La convenzione disciplina le modalità di richiesta del documento, i rapporti tra i vari istituti
coinvolti e il campo d’applicazione di tale normativa, introducendo l’obbligo di provvedere alla
produzione del Durc anche per i lavori privati in edilizia soggetti al rilascio di concessione o a
denuncia d’inizio attività, e non limitandolo esclusivamente al settore pubblico (appalti di
servizi e forniture inclusi).
I settori coinvolti risultano, dunque, essere quello degli appalti, dei subappalti pubblici di
servizi e forniture, la gestione delle attività pubbliche in concessione e convenzione, il rilascio
d’attestazione delle SOA, l’assegnazione di contributi, finanziamenti e sovvenzioni
comunitarie e l’iscrizione all’albo dei fornitori.
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All’art. 1 prevede infatti: “ Con riferimento ai lavori del settore edile, sia pubblici sia privati,
Inps, Inail e Casse edili adottano comuni misure tecnico-organizzative finalizzate a
semplificare le fasi di richiesta e rilascio di un documento da parte della Cassa edile, dal
quale si evinca contestualmente la regolarità contributiva di un’impresa come risultante dai
documenti e dagli archivi di Inps, Inail e Casse edili.”
La procedura può essere di seguito così schematizzata:
La richiesta deve essere presentata dall’impresa, dalla pubblica amministrazione appaltante,
dall’ente privato a rilevanza pubblica e dalle società organismi di attestazione (SOA) presso la
Cassa edile del luogo dove ha sede l’impresa per l’insieme dei cantieri attivi e degli operai
occupati nel territorio di competenza della Cassa stessa, la quale invia l’ordine di verifica
della posizione del richiedente anche a Inps e Inail; le verifiche che tali istituti attuano sono
riferiti al rispetto della propria normativa di riferimento, controllando che il soggetto non sia
qualificato come irregolare dalla banca dati nazionale, ossia abbia versato tutti i contributi
dovuti fino all’ultimo mese per il qual è scaduto l’obbligo di versamento della richiesta Durc.
A tal fine, la Cassa edile deve fornire mensilmente all’apposita banca dati nazionale l’elenco
delle imprese non in regola e provvedere al suo aggiornamento.
La Cassa edile deve trasmettere il documento entro 30 giorni dalla richiesta; nel caso in cui
entro tale termine gli altri istituti non abbiano fornito le informazioni, la Cassa edile emette
comunque il Durc, procedendo sulla base del silenzio-assenso.
Per gli appalti di lavori pubblici, il documento deve essere richiesto nelle ipotesi previste dalla
vigente normativa e quindi prima della partecipazione alla gara d’appalto, mentre per i lavori
privati la domanda deve essere presentata prima dell’inizio dei lavori oggetto della
concessione edilizia o della denuncia d’inizio attività, mentre non è necessario per eventuali
pagamenti intermedi o a conclusione del lavoro; per l’attestazione SOA la domanda deve
proporsi prima dell’istanza agli organismi preposti al rilascio.
Qualora anche uno solo degli enti dichiari l’impresa irregolare, il documento unico attesterà
tale irregolarità.
Nei lavori privati, il Durc deve essere presentato per tutte le imprese che intervengono nel
cantiere per l’esecuzione del lavoro, anche per ogni singola impresa subappaltatrice e deve
essere presentato prima che sia iniziata l’attività; la sanzione nel caso di inadempienza
consiste nella sospensione dell’efficacia dei titoli abilitativi (decreto n. 251/04).
Nelle opere pubbliche, invece, il Durc si accompagna ad ogni fase dell’attività dell’impresa;
mentre non si può prescindere dal Durc per la stipula del contratto e per i pagamenti degli
stati di avanzamento lavori e per gli stati finali, per la partecipazione alla gara è
generalmente sufficiente l’autodichiarazione di regolarità dell’impresa, salvo alcune leggi
regionali che richiedono il Durc.
Il Durc riguarda la posizione di regolarità dell’impresa verso le casse edili in tutto il territorio
nazionale; se l’impresa che lavora sul territorio di più Casse risulta irregolare anche solo
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La regolarità contributiva nella
disciplina generale dell’appalto
presso di una di queste, ciò è sufficiente perché l’impresa in questione sia dichiarata
irregolare con conseguente impossibilità di eseguire i lavori o partecipare alle gare.
La Cassa del luogo dei lavori deve rilasciare il Durc anche per l’impresa subappaltatrice, a
patto che la stessa abbia versato alla Cassa di provenienza i contributi per i lavoratori in
trasferta; un’eventuale irregolarità dell’impresa subappaltatrice verificatasi nel corso
dell’esecuzione dei lavori può essere sanata dall’intervento dell’impresa appaltatrice, che
verserà i contributi in luogo della stessa
Nello specifico, per regolarità contributiva si deve intendere la correttezza nei pagamenti e
negli adempimenti previdenziali, assistenziali ed assicurativi riferita all’intera situazione
aziendale alla data della richiesta.
Ai fini Inps sono considerati requisiti di regolarità:
- correttezza negli adempimenti periodici;-che non sussistano inadempienze;
- che non esistano note di rettifica non contestate e non pagate;
- che nel caso di richiesta di rateazione, vi sia stato parere favorevole; che vi siano
sospensioni dei pagamenti a seguito di disposizioni legislative;
ai fini Inail:
- titolarità di PAT attive;
- dichiarazioni di retribuzioni imponibili congrue rispetto ai lavori svolti;
- versamenti corretti per premi e accessori;-corrispondenza del rischio assicurato a quello
proprio dell’appalto;
- richiesta di rateazione accolta favorevolmente;
- vi siano sospensioni dei pagamenti previste da disposizioni legislative;
ai fini della Cassa edile:
- versamento dei contributi e accantonamenti dovuti;
- dichiarazione di un numero di ore lavorate e non per ogni operaio non inferiore a quello
contrattuale;
In caso di pendenze di contenzioso amministrativo, il Durc potrà essere richiesto se il ricorso
verta su questioni interpretative; in caso di contenzioso giudiziario, invece, sarà possibile
dichiarare la regolarità solo all’impugnazione dell’accertamento davanti all’autorità giudiziaria
e nell’eventualità che non ci sia alcun provvedimento esecutivo da parte del giudice.
La convenzione ha predisposto la creazione di un comitato tecnico composto di
rappresentanti di Inps, Inail e Casse edili che avrà il ruolo di responsabile della gestione delle
procedure, ed in particolare:
1) acquisizione dati;
2) gestione fase on.line;
3) gestione smistamento richiesta;
4) gestione trasmissione del Durc al richiedente;
5) gestione dell’utilizzo dati da parte degli istituti.
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Per quanto riguarda la responsabilità, sarà il funzionario responsabile dell’unità presso cui è
richiesto il Durc a rispondere dell’iter procedimentale, resta invece a carico dei funzionari dei
rispettivi enti la responsabilità della correttezza delle singole attestazioni sulla regolarità
contributiva o meno dell’impresa.
Nel 2005 le Commissioni riunite Ambiente e Lavoro della Camera hanno approvato una
proposta per prolungare il periodo di validità del documento da uno a tre mesi al fine di non
intasare il carico di lavoro degli enti previdenziali, già appesantito da tali adempimenti.
L’esigenza di ottenere un sistema unico di certificazione della regolarità contributiva delle
imprese partecipanti alle gare di appalto ha portato alla prima sperimentazione del DURC, al
fine di attuare un coordinamento degli enti coinvolti.
Il primo progetto sperimentale è stato adottato per la provincia di Sassari al fine di “
pervenire ad una semplificazione e razionalizzazione delle procedure amministrative, per dare
un valido ausilio ai tecnici delle stazioni appaltanti ed alle imprese coinvolte nell’esecuzione di
opere pubbliche, ai committenti e responsabili dei lavori coinvolti nell’esecuzione di lavori
privati “ (Protocollo d’intesa per la provincia Sassari, 2000).
Secondo tale procedura, nel caso siano riscontrate irregolarità contributive dell’impresa,
l’impresa interessata è invitata alla regolarizzazione della propria posizione.
Si è giunti all’istituzione del Durc per semplificare i numerosi adempimenti previsti dalle varie
normative a carico delle stazioni appaltanti e degli appaltatori coinvolti, soprattutto nel
settore dei lavori pubblici.
La ratio di tale istituto consiste nell’esigenza che nell’esercizio di un’attività imprenditoriale in
cui intervenga la pubblica amministrazione, sia assicurato uno standard minimo di tutela ai
dipendenti coinvolti, come già scritto in premessa.
Il Legislatore, pertanto, ha voluto affidare ai vari enti pubblici una funzione di controllo del
rispetto delle norme sul trattamento dei lavoratori da parte di soggetti privati che stipulino
contratti d’appalto.
E per tale fine, la Pubblica Amministrazione e l’appaltatore, così come il subappaltatore, sono
sottoposti a specifici obblighi.
Sono nati nel tempo, di conseguenza, numerosi protocolli d’intesa tra enti pubblici, soggetti
privati, associazioni sindacali degli imprenditori e dei lavoratori finalizzati a promuovere un
coordinamento nel controllo e nella tutela del lavoro subordinato.
Norma base del sistema di tutela dei lavoratori è individuata nell’art. 36 Statuto dei Lavoratori,
che impone di inserire nei capitolati d’appalto di opere pubbliche la clausola sociale.
Tale obbligo grava sull’amministrazione appaltante, in modo tale da imporre all’appaltatore
aggiudicatario della gara l’applicazione ai lavoratori subordinati delle condizioni dei contratti
collettivi relativi alla categoria e alla zona in cui è eseguito l’appalto.
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La regolarità contributiva nella
disciplina generale dell’appalto
(l’obiettivo è di evitare che i contratti contengano clausole regolanti retribuzioni e condizioni
del rapporto di lavoro meno favorevoli di quelle derivanti dalla contrattazione collettiva (Cort.
Cost. 226/1998).
E inoltre, la Consulta individua nell’inserzione della clausola sociale uno specifico interesse
dell’amministrazione alla regolare ese4cuzione dell’opera nei termini contrattuali previsti, evitando
di rimanere esposta alle conseguenze dannose provocate dalla conflittualità e dalle rivendicazioni
che insorgono a causa dell’inosservanza della normativa collettiva(Cort. Cost. 226/1998).
Una volta inserita nel contratto la clausola sociale, l’appaltatore dovrà realizzare l’opera
commissionata eseguendola però nel rispetto delle norme dettate a tutela dei lavoratori.
La violazione di queste integrerà gli estremi dell’inadempimento contrattuale con tutte le
conseguenze derivanti sul piano civilistico, ed inoltre, la possibilità per il committente di
esperire un’azione di risoluzione del contratto o una sospensione obbligatoria dei lavori (Circ.
Min. Lav. N.26/2000).
La dottrina considera l’art. 36 Statuto lavoratori una clausola a favore di terzo che crea in
capo ai dipendenti dell’appaltatore il diritto all’osservanza delle condizioni previste nei
contratti collettivi.
L’art. 36 si rivolge quindi da un lato alla pubblica amministrazione obbligandola ad inserire la
clausola sociale nel capitolato d’appalto; una volta realizzato ciò, la clausola esplica effetti
sull’appaltatore e sul subappaltatore, vincolandoli sia verso l’amministrazione, sia nei
confronti dei dipendenti.
Nel caso in cui il committente ometta di inserire la clausola sociale, opera l’art. 1339 c.c. che
prevede che “ le clausole imposte dalla legge sono di diritto inserite nel contratto anche in
sostituzione di clausole difformi.
Nel caso invece in cui sia l’appaltatore a non rispettare la clausola, la Pubblica
Amministrazione potrà irrogare delle sanzioni, quali la revoca dell’appalto o l’esclusione da
successive gare.
La tutela in questo modo garantita non si riferisce soltanto ai lavoratori impiegati nell’opera
oggetto dell’appalto, ma a tutti quelli dipendenti dall’impresa, anche se utilizzati altrove
È l’Ispettorato del lavoro a vigilare sul rispetto della clausola e ove rilevi un’infrazione da
parte dell’impresa, lo comunicherà all’ente appaltante il quale potrà procedere alla risoluzione
del contratto e all’esclusione dell’appaltatore dalle gare per un massimo di cinque anni, oltre
a sanzioni minori quali una trattenuta sul corrispettivo, una multa, una diffida a adempiere.
E ancora, vi sono altre norme che creano in capo all’amministrazione e all’appaltatore una
complessa serie di adempimenti: art. 18 legge 55 del 1990; art. 8 legge 109 del 1994; art 7
D. lgs. 626 del 1994; art. 3 D.lgs. 494 del 1996; art. 8 del D.P.R. 554 del 1999; art. 7 e 13
D.M. 145 del 2000; art. 1 legge 327 del 2000; artt. 17, 27, 28, 31, 32 D.P.R. 34 del 2000.
In virtù dell’art. 7 del Capitolato Generale d’appalto l’appaltatore è obbligato ad osservare le
norme e le prescrizioni dei contratti collettivi, delle leggi e regolamenti sulla tutela, sicurezza,
salute, assicurazione e assistenza dei lavoratori, in quanto trattasi di clausola contrattuale
imposta per legge.
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La violazione di tale normativa costituirà inadempimento contrattuale.
Ulteriore norma di rilievo è l’art. 18 legge 55 del 1990 che impone all’appaltatore l’osservanza
del trattamento economico e normativo stabilito nei contratti collettivi nazionale e territoriale
in vigore per il settore e la zona in cui si svolgono i lavori.
In virtù di ciò, l’appaltatore e il subappaltatore devono trasmettere al committente prima
dell’inizio dei lavori la documentazione di avvenuta denuncia agli enti previdenziali, assicurativi e
antinfortunistici per permettere alla Pubblica amministrazione di verificarne la regolarità.
A ciò si aggiunge la disposizione del regolamento di attuazione della legge Merloni che in base al
quale le imprese esecutrici dell’appalto devono dimostrare l’iscrizione alla camera di commercio,
e produrre i modelli riepilogativi attestanti la congruenza dei versamenti assicurativi e
previdenziali in relazione alla retribuzione corrisposta ai dipendenti, il contratto collettivo
applicato e una rappresentazione dell’organico medio destinato al lavoro nelle varie qualifiche.
L’art. 7 del D.M. 145/2000 prevede una ritenuta a garanzia dell’osservanza da parte
dell’appaltatore
dei
contratti
collettivi,
leggi,
regolamenti
sulla
tutela,
assistenza,
assicurazione, salute e sicurezza.
Nel caso in cui gli enti previdenziali e assistenziali rilevino inadempienze da parte del
soggetto appaltatore il committente pubblico provvederà a pagare direttamente gli enti
utilizzando le predette trattenute.
Nel caso invece di ritardi nel pagamento delle retribuzioni dei dipendenti dell’appaltatore, l’art
13 prevede che il responsabile del procedimento solleciti a provvedere al pagamento in
difetto del quale l’amministrazione procederà al pagamento delle retribuzioni arretrate
detraendone l’importo dalle somme dovute all’appaltatore.
Al fine di garantire trasparenza negli appalti, gli enti pubblici hanno dato vita a numerose
intese, in modo tale da “ dar vita ad un’azione coordinata di tutti i soggetti firmatari,
nell’ambito delle relative specificità e competenze, con l’obiettivo di qualificare il sistema
degli appalti di opere e servizi attraverso la trasparenza delle relative procedure e di
sviluppare le iniziative legate alla lotta al lavoro nero o irregolare “( Protocollo d’intesa tra
Regione Toscana, le Associazioni Regionali degli enti locali e le parti sociali del 1997).
In alcuni ambiti, date le peculiarità del contesto sociale, ulteriore obiettivo è stato quello votato
all’arginare l’influenza delle associazioni criminose sull’assegnazione e esecuzione degli appalti.
A fronte dell’inadempimento dei suoi obblighi scaturenti dai vari protocolli l’appaltatore può
andare incontro anche alla perdita dell’appalto.
In virtù della legge n. 1369 del 1960 il dipendente dell’appaltatore, di fronte all’insolvenza di
quest’ultimo, ha dinnanzi a sé due diversi mezzi di tutela cui corrispondono obblighi differenti
per il committente.
Secondo l’art. 3 di tale normativa, l’imprenditore appaltante è responsabile in solido con
l’appaltatore per la corresponsione ai prestatori di quest’ultimo di un trattamento minimo
retributivo e di un trattamento normativo non inferiore a quelli spettanti ai lavoratori
dipendenti, nonché per l’adempimento di tutti gli obblighi derivanti dalla legge di previdenza
e di assistenza.
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La regolarità contributiva nella
disciplina generale dell’appalto
L’azione per ottenere l’adempimento di tale obbligo nei confronti dell’appaltante è soggetta
ad un termine di decadenza, ossia fino ad un anno dalla cessazione dell’appalto, ossia dal
momento dell’approvazione del collaudo.
Il lavoratore può sempre agire contro l’appaltatore entro il normale termine di prescrizione.
Ulteriore norma a tutela dei lavoratori risulta essere l’art. 1676 c.c., in base al quale “ coloro
che alle dipendenze dell’appaltatore hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per
prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire
quanto è loro dovuto, sino alla concorrenza del debito che il committente ha verso
l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda.
La dottrina e la giurisprudenza si soffermano a sottolineare il carattere diretto dell’azione contro il
committente e la distinzione con la suddetta forma di tutela: le azioni che i dipendenti
dell’appaltatore possono esperire nei confronti dell’impresa committente per la soddisfazione
delle loro spettanze in base all’art. 1676 c.c. e all’art. 3 legge 1960 n. 1369 si differenziano per
finalità e struttura, oltre che per petitum e causa petendi, poiché in quella codificata il
committente soddisfa un debito altrui, mentre in quella prevista dalla legge rileva l’aspetto della
garanzia apprestata in favore dei lavoratori dell’appaltatore e diretta ad impedire che l’appalto
costituisca uno strumento di disconoscimento di quei diritti dei quali essi diventerebbero titolari
se dipendessero direttamente dal committente. (Cass. 20.11.1998, n.11753).
Per sottolineare quanto sia rilevante lo strumento del DURC possiamo citare una sentenza
con cui è stato annullato un provvedimento di aggiudicazione di un appalto di servizi in
quanto l’impresa che si sarebbe dovuta occupare della sua esecuzione non era in una
situazione di regolarità contributiva in relazione al trattamento dei suoi lavoratori.
Nello specifico, si tratta della sentenza del TAR della Sardegna n. 271 del 2 marzo 2006 che ha
statuito su di un ricorso presentato da una società classificatasi al secondo posto nella gara
indetta dalla Pubblica Amministrazione (Ente Sardo Acquedotti e Fognature) per l’aggiudicazione
di un appalto di servizi riguardante la sorveglianza e la manutenzione di impianti idrici.
La società Pridesa Proyectos y Servicios ha chiesto, infatti, al T.A.R. l’annullamento del
provvedimento di affidamento dei lavori, del verbale di gara relativo alla provvisoria
aggiudicazione e di quello definitivo all’impresa Sistemi Idrici Integrati.
A motivo dell’impugnazione la società ricorrente fonda la mancanza in capo all’impresa
consorziata con l’aggiudicatrice e in concreto affidataria dell’esecuzione dei lavori in oggetto,
la Giunone s.r.l., della regolarità contributiva al momento della presentazione della domanda
di partecipazione e ammissione alla gara.
Il fatto che l’impresa in un momento successivo all’aggiudicazione si sia regolarizzata non è
rilevante in quanto avvenuto in tempi tardivi rispetto a quanto previsto dalla normativa in materia.
Il TAR nell’esaminare la questione nel merito, riprende una statuizione del Consiglio di Stato
del 27.12.2004 n. 8215, secondo cui la regolarità contributiva e fiscale prevista per la
partecipazione alla selezione per l’aggiudicazione di un appalto di servizi è richiesta come
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requisito indispensabile per la partecipazione alla gara stessa e quindi l’impresa deve essere
in regola con tali obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare la correttezza
per tutto lo svolgimento di essa, restando irrilevante un eventuale adempimento tardivo
dell’obbligazione tributaria.
Tale principio, affermato in relazione agli appalti di servizi di cui al D.Lgs. 17.03.1995 n. 157
è estensibile anche agli appalti di servizi regolati dal D.lgs. 17.03.1995 n. 158 in quanto
espressamente richiamato.
Anche lo stesso disciplinare di gara, nel regolamentare le modalità di partecipazione alla gara
stabiliva tale regolarità contributiva.
In sede di verifica dei requisiti, è emerso che la Giunone non era in regola in quanto risultava
inadempiente nei confronti dell’Inail per versamenti relativi al periodo 2002 –2004 al
momento di presentazione della domanda di partecipazione e anche successivamente
all’apertura delle buste.
Secondo il Tar la regolarità contributiva rientra tra i requisiti di natura formale relativi alla
corretta gestione delle imprese sotto il profilo dell’ordine pubblico anche economico, che come
tali devono essere posseduti da ciascuna delle imprese consorziate designate per lo
svolgimento del servizio (Tar Sardegna, 29.05.2001, n. 645_ Cons. Stato 24.11.1997 n. 1367)
La Sistemi idrici Integrati sarebbe dovuto essere esclusa dalla gara e pertanto
l’aggiudicazione risulta illegittima: così il Tar ha accolto il ricorso dell’impresa e annullato
l’aggiudicazione.
Nei limiti della sintesi dovuta, abbiamo cercato d’illustrare la rilevanza del documento unico
di regolarità contributiva, alla luce dei principi generali in materia d’appalto, così come
recepiti nella disciplina codicistica.
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IL CONTRATTO DI OUTSOURCING
a cura di Antonio Bianchi*
Concetto e definizioni
L’etimologia
perfettamente
del
termine
l’idea
della
outsourcing,
cessione
tradotto
in
italiano
esternalizzazione,
rende
all’esterno
di
attività
precedentemente
svolte
internamente all’azienda, attraverso la delega a terze parti, chiamate outsourcer.
L’outsourcing può essere descritto come quel processo che porta alla “acquisizione da un
fornitore esterno di prodotti o servizi attualmente risultanti dalla diretta attività produttiva e
di gestione interna dell’azienda”.
Affinché l’outsourcing si sviluppi come tecnica di gestione aziendale è necessario che siano
soddisfatte, tra l’altro, due condizioni: la prima ha carattere oggettivo, e consiste nella
presenza sul mercato di operatori sufficientemente professionali e specializzati, che
garantiscano un efficiente espletamento della funzione da esternalizzare; la seconda ha invece
natura più soggettiva, e riguarda il superamento da parte del management societario di varie
remore psicologiche, in particolare il timore di un “autodimensionamento” professionale.
Una recente sentenza pronunciata dalla suprema Corte di Cassazione ha definito
l’outsourcing come il fenomeno comprendente tutte le possibili tecniche mediante le quali
l’impresa dismette la gestione diretta di alcuni segmenti dell’attività produttiva e dei servizi
estranei alle competenze di base (cd. Core business).
Ciò può fare, tra l’altro, sia appaltando a terzi l’espletamento del servizio, sia cedendo un ramo
d’azienda. La scelta tra le varie alternative è rimessa all’insindacabile valutazione dell’imprenditore,
a norma dell’articolo 41 Costituzione (Cass. Civ., sez. Lavoro, 2.10.2006, n. 2187).
L’outsourcing ha come obiettivo principale l’abbattimento dei costi fissi, finalizzato a ottenere
migliori indici di bilancio; le aziende applicano outsourcing per ridurre o possibilmente
eliminare i costi relativi al personale e/o all’installazione/potenziamento di linee per l’attività
produttiva. Non a caso, parallelamente alle politiche di outsourcing, si parla della necessità di
rendere il lavoro (e di conseguenza il mercato del lavoro) più flessibile: l’esternalizzazione
consente un alleggerimento della struttura aziendale lasciando invece invariato il fatturato
con l’obiettivo strategico di perseguirne un aumento.
Particolare rilievo assume il c.d. contatto di outsourcing di manutenzione in virtù del quale
una parte si impegna a fronte di un corrispettivo a fornire una serie di servizi organizzati volti
a garantire il corretto funzionamento di un impianto e di raggiungimento di una serie di indici
di efficienza preventivamente pattuiti dalle parti.
Si tratta di una figura contrattuale nata di recente a fronte di nuove esigenze di
organizzazione aziendale, sicuramente riconducibile alla figura tipica di appalto di servizi ma
pur tuttavia caratterizzata da alcuni aspetti particolari che difficilmente possono risolversi
con l’applicazione delle norme del codice civile : assume, pertanto, grande importanza una
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
disponibile sul sito il documento “L’outsourcing per le attività di audit: le attività che possono essere date in outsourcing”
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accurata stesura del testo contrattuale diretta ad eliminare o almeno a ridurre al massimo i
possibili contrasti interpretativi ( v. in dispensa il fac-simile del contratto in affidamento per
outsourcing con particolare riferimento alle clausole di cui all’art. 4 – variazione, art.5 –
durata e recesso anticipato, art. 6 – obbligo e adempimenti dei paciscenti, art.9 – obbligo di
riservatezza, art. 13 – pianificazione e coordinamento della fornitura, art.14 – organi di
controllo, art. 15 – rispetto degli standard qualitativi, art.17 – penali, art. 19 – risoluzione e
recesso, art. 22 – rapporto fiduciario)
SCHEMA DI CONTRATTO PER L’AFFIDAMENTO IN
OUTSOURCING DELLE ATTIVITÀ INFORMATICHE*
file b
TRA
L’impresa
………………………………...………,
con
sede
in
…………………….,
via……………………………………………………….., n. …………., iscritta presso la Camera di
Commercio di …………………………………….., al n. ………….del Registro delle imprese, codice
fiscale n. …………….…..……, partita IVA n. …………….……...…., nella persona del suo legale
rappresentante pro tempore: ……………………………...………….., di seguito indicata anche come
“Committente”, da una parte,
e
l’impresa ………………………………...……..…, con sede in ……………………….………..……… via
…………………………..,
n.
………….,
iscritta
presso
la
Camera
di
Commercio
di……………………………….……….. al n. ………….del Registro delle imprese, codice fiscale n.
……………....…..……, partita IVA n……………………….……….nella persona del suo legale
rappresentante pro tempore ………………………………….……. di seguito indicata come
“Fornitore”, dall’altra.
PREMESSO CHE
− è sorta la necessità per il Committente di acquisire servizi oggetto del presente contratto;
− il Fornitore è imprenditore attivo nel campo della ………………(ad es. “dei servizi di
manutenzione applicativa), ed è risultato idoneo per l’affidamento dei servizi oggetto del
presente contratto;
−
il Committente e il Fornitore riconoscono le rispettive professionalità e ritengono di poter
addivenire alla conclusione di un accordo che contribuisca alla reciproca soddisfazione
economica, al miglioramento della qualità dei prodotti e delle conoscenze tecniche, alla
maggiore integrazione dei rispettivi processi aziendali.
Tutto ciò premesso, tra le parti come in epigrafe rappresentate e domiciliate:
si conviene e si stipula quanto segue:
*
scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
64
Il contratto di outsourcing
Articolo 1
Valore delle premesse, degli allegati e norme regolatrici
1. Le premesse di cui sopra costituiscono parte integrante e sostanziale del presente
contratto, così come il Capitolato Tecnico, nonché i documenti allegati allo stesso
Capitolato Tecnico e l’allegato di cui all’articolo 14 (Organi di Controllo). In caso di
conflitto tra le disposizioni contenute nel presente contratto e il Capitolato Tecnico, le
clausole del presente contratto prevarranno.
Articolo 2
Definizioni
1. Nel corpo del presente contratto, con il termine:
a) “Fornitore” o “Outsourcer” s’intende l’Impresa che, con l’erogazione di servizi di
consulenza specialistica è preposto allo svolgimento di attività per la manutenzione, lo
sviluppo e l’assistenza funzionale dei servizi informatici necessari al Committente per la
gestione delle proprie aree aziendali;
b) “Committente” s’intende l’impresa che ha affidato al Fornitore l’esecuzione dei servizi
informatici finalizzati alla gestione delle infrastrutture connesse ai propri processi
operativi e di gestione;
c) “Responsabile del Committente” s’intende la persona nominata dal Committente
per sovrintendere all’esecuzione del contratto, fungendo da interlocutore del Fornitore
per tutte le attività in cui ciò sia previsto;
d) “Responsabile del Fornitore” s’intende la persona nominata dal Fornitore per
coordinare l’esecuzione del contratto e fungere da interlocutore del Committente per
tutte le attività in cui ciò sia previsto.
Articolo 3
Oggetto del contratto
1. I sistemi informatici di cui dispone il Committente sono descritti sotto il profilo
dimensionale, tecnico, funzionale ed operativo nel Capitolato Tecnico;
2. Il Committente affida, in outsourcing al Fornitore, che accetta, l’organizzazione di servizi
informatici e l’utilizzo delle tecnologie ed in particolare la prestazione di uno o più dei
servizi di seguito indicati:
a) manutenzione correttiva;
b) manutenzione adeguativa;
c) manutenzione evolutiva;
da eseguirsi, conformemente alle previsioni, condizioni, modalità e termini previsti nel
Capitolato Tecnico e nel presente contratto.
3. gli output delle attività svolte dovranno essere realizzati nel rispetto degli standard
qualitativi (prevalentemente ISO 9001 e successivi aggiornamenti) e secondo le modalità
previste nel Capitolato Tecnico, o altrimenti concordati con il Committente, e consegnati
secondo la tempificazione prevista nel Capitolato Tecnico o quella diversa concordata con
il Committente, salvo l’applicazione delle penali di cui al successivo articolo 17.
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4. Nelle attività contrattuali di cui al precedente comma è, altresì, compreso un periodo di
affiancamento di inizio e fine fornitura, secondo modalità e scopi contenuti nel Capitolato
Tecnico.
Articolo 4
Variazioni
1. Le parti prendono atto, assumendo incondizionato impegno al riguardo, che è facoltà del
Committente di apportare variazioni in aumento o in diminuzione alla prestazione
contrattuale, previo preavviso di … (ad es.: da 3 a 6 mesi) nella misura massima, in entrambi
i casi, del 20% del valore del contratto per ogni anno compresi gli oneri accessori.
2. Le variazioni in aumento richieste dal Committente in corso di esecuzione determinano
una variazione del corrispettivo per la lavorazione oggetto della variazione. Il Fornitore ha
diritto al compenso per maggiori attività. Qualora le parti non giungano ad un accordo, il
corrispettivo è determinato nella misura della percentuale da applicare al prezzo pattuito
sulla base dei metodi di valutazione contenuti nel Capitolato Tecnico.
3. Qualora le variazioni in aumento e/o in diminuzione richieste dal Committente in corso di
esecuzione determinassero una variazione del termine di ultimazione della lavorazione
oggetto della modifica, la variazione è stabilita in accordo con le parti. Qualora le parti
non giungano ad un accordo, la variazione è determinata nella misura che risulti dai
metodi di valutazione contenuti nel Capitolato Tecnico.
4. Nel caso in cui tali variazioni si configurino come attività di manutenzione evolutiva eccedente
il tetto prestabilito o comunque come altre attività non previste, il Committente dovrà
predisporre un capitolato tecnico ed invitare il Fornitore a formulare entro un periodo di
tempo ragionevole un’offerta scritta. Qualora il Committente non intendesse accettare
l’offerta dovrà utilizzare lo stesso Capitolato Tecnico per ottenere ulteriori offerte da terzi. Il
Fornitore avrà altresì la facoltà di concorrere alla presentazione delle offerte dei Fornitori terzi
e di essere comunque preferito a tutti i terzi nel caso l’offerta proposta sia almeno
ugualmente competitiva rispetto alla migliore offerta dei terzi concorrenti.
Articolo 5
Durata e recesso anticipato
1. Il periodo di efficacia del presente contratto è fissato in… (ad es.: da 3 a 5 anni) a
decorrere dalla data di sottoscrizione tra le parti.
2. Alla fine del suddetto periodo, il contratto si rinnoverà automaticamente per successivi
periodi di un anno, salvo disdetta scritta comunicata da una parte all’altra almeno 6 mesi
prima della scadenza.
3. Salvo quanto stabilito nei precedenti punti 5.1 e 5.2, entrambe le parti avranno la facoltà
di recedere anticipatamente dal contratto. Il Committente avrà la facoltà di recedere
decorso almeno 1 anno nel caso di durata contrattuale di 3 anni o decorsi 2 anni nel caso
di durata contrattuale di 5 anni, purché tenga indenne il Fornitore delle spese sostenute,
66
Il contratto di outsourcing
dei lavori eseguiti e del mancato guadagno, dandone comunicazione scritta al Fornitore a
mezzo raccomandata A.R. Il recesso diverrà efficace decorso 1 anno dalla data di invio
della comunicazione scritta al Fornitore.
4. Il Fornitore avrà la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo con la stessa
tempistica prevista per il Committente, purché tenga indenne il Committente delle spese
sostenute e dei lavori eseguiti.
5. In entrambi i casi il Fornitore si impegna a dare l’assistenza che il Committente potrà
ragionevolmente richiedere per iscritto per far sì che l’attività possa continuare senza
interruzioni, fornendo tutte le informazioni ed il supporto necessario al passaggio di
consegne. Le modalità operative con cui verrà gestito il momento di passaggio delle
competenze dal Fornitore al Committente, per consentire la gestione dei servizi senza
soluzione di continuità, sono espressamente previste all’interno del Capitolato Tecnico. Le
parti si garantiscono reciprocamente l’obbligo di trasferimento di procedure e strumenti
standard di gestione.
Articolo 6
Obblighi e adempimenti
1. Il Fornitore si obbliga ad eseguire le prestazioni oggetto del presente contratto a perfetta
regola d’arte e nel rispetto di tutte le norme e prescrizioni legislative, anche tecniche e di
sicurezza, in vigore e di quelle che dovessero essere emanate nel corso di durata del
presente contratto, nonché secondo le condizioni, le modalità, i termini e le previsioni
contenute nel presente contratto e nei suoi allegati. Resta espressamente convenuto,
fatto salvo quanto espressamente previsto all’art. 4 (Variazioni), che gli eventuali
maggiori oneri, derivanti dall’osservanza delle predette norme e prescrizioni legislative
resteranno ad esclusivo carico del Fornitore, se contenute nella misura del ... (ad es.: 1%
- 3%) del corrispettivo. In caso di eccedenza della percentuale di cui sopra, l’ammontare
eccedente verrà equamente suddiviso tra le parti.
2. Il Fornitore si impegna ad eseguire le attività contenute nel Capitolato Tecnico, secondo
le modalità indicate dal Committente nel medesimo Capitolato Tecnico ovvero secondo
quelle diversamente concordate con il Committente stesso.
3. I servizi oggetto del presente contratto dovranno essere conformi, salva espressa
autorizzazione del Committente alla variazione, alle caratteristiche tecniche minime ed
alle specifiche indicate nel Capitolato Tecnico.
4. Il Fornitore si impegna espressamente a manlevare e tenere indenne il Committente da
tutte le conseguenze derivanti dalla eventuale inosservanza delle norme e prescrizioni
tecniche, di sicurezza e sanitarie vigenti.
5. Il Fornitore si impegna ad avvalersi di personale altamente specializzato, in relazione alle
diverse prestazioni contrattuali. Il personale che dovrà accedere agli uffici del Fornitore,
lo farà nel rispetto di tutte le relative prescrizioni di accesso.
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6. Ciascuna parte si impegna ad individuare persone idonee per lo svolgimento delle attività
contrattuali, in particolar modo per quanto concerne le figure dei Responsabili.
7. Il Fornitore si impegna, inoltre, a fornire, negli ultimi (tre/sei) mesi di efficacia del
presente contratto, il personale necessario al trasferimento del know-how e delle
competenze al personale del Committente o a terzi da questo designati, nei limiti del
Capitolato Tecnico. Le modalità di esecuzione di tali attività di affiancamento verranno
congiuntamente concordate.
8. Il Fornitore si obbliga a consentire al Committente di procedere, in qualsiasi momento,
alle verifiche sulla piena e corretta esecuzione del presente contratto, nonché alla
corrispondenza, anche sotto il profilo quantitativo, dell’insieme delle figure professionali
effettivamente impiegate, ed a prestare la propria collaborazione per consentire lo
svolgimento di tali verifiche, come previsto all’articolo 14 (organi di controllo).
9. Il Fornitore si obbliga a garantire la continuità delle prestazioni contrattuali, nonché la
stabilità della composizione del gruppo di lavoro, concordata nelle modalità di cui sopra,
impegnandosi a non variarne la composizione soggettiva, se non per motivate ragioni
organizzative ed esigenze imprenditoriali. In caso di sostituzione, il Fornitore dovrà
garantire un periodo di affiancamento del personale in sostituzione con quello sostituito,
idoneo a non diminuire l’efficienza del gruppo di lavoro.
10. Il Fornitore, nel caso di sostituzione di una figura professionale coinvolta nell’esecuzione
delle prestazioni contrattuali, dovrà darne comunicazione al Committente.
11. Il Committente si obbliga a comunicare tutte quelle informazioni e a porre in essere tutti
quei comportamenti necessari al fine di consentire e/o agevolare il Fornitore nello
svolgimento del servizio; in particolare il Committente è tenuto a:
− mettere a disposizione del Fornitore le infrastrutture informatiche e logistiche
concordate;
− identificare il proprio personale che interagisce con il Fornitore nella gestione dei
servizi descritti nel Capitolato Tecnico;
− garantire l’accesso al proprio elaboratore attraverso un’opportuna connessione
telematica e l’accesso ai propri uffici per l’esecuzione delle operazioni necessarie nei
tempi e nei modi stabiliti dal presente contratto;
− svolgere tutte le attività indicate relativamente al ruolo ed alle responsabilità secondo
i termini e le modalità previste nel Capitolato Tecnico;
− sottoscrivere con i fornitori di software di base i contratti di manutenzione per i
prodotti installati.
12. Le parti si obbligano, inoltre, a dare immediata comunicazione di ogni circostanza che
abbia influenza sull’esecuzione del contratto.
13. Alla scadenza del contratto, le parti dovranno riconsegnare, liberi da persone e cose, i
locali e le postazioni di lavoro eventualmente messi a disposizione dall’altra parte e
restituire tutti i materiali e gli eventuali prodotti software messi a disposizione.
68
Il contratto di outsourcing
14. Le prestazioni contrattuali da svolgersi presso gli uffici del Fornitore e/o del Committente
dovranno essere eseguite, di norma, nel corso del normale orario di lavoro degli uffici.
Articolo 7
Obblighi assicurativi
1. Ferma restando la responsabilità diretta del Fornitore ai sensi di quanto stabilito
all’articolo 6 (Obblighi e adempimenti) quest’ultimo, a sue cure e spese, stipulerà e
manterrà in essere, per tutto il periodo in cui verranno forniti i Servizi di Outsourcing, un
contratto di assicurazione con primaria compagnia, in conformità a quanto stabilito nel
Capitolato Tecnico.32
2. Il suddetto contratto di assicurazione dovrà indicare quale beneficiario esclusivo il
Committente a cui dovrà essere consegnata copia dello stesso.
Articolo 8
Obblighi derivanti dal rapporto di lavoro
1. Le parti si obbligano ad ottemperare a tutti gli obblighi verso i propri dipendenti e
collaboratori derivanti da disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di lavoro,
previdenza e disciplina infortunistica, assumendo a proprio carico tutti gli oneri relativi.
Articolo 9
Obblighi di riservatezza
1. Le parti si obbligano a mantenere riservati i dati e le informazioni, ivi comprese quelle
che transitano per le apparecchiature di elaborazione e di trasmissione dati, di cui
vengano in possesso e, comunque, a conoscenza, a non divulgarli in alcun modo e in
qualsiasi forma e a non farne oggetto di utilizzazione a qualsiasi titolo per scopi diversi da
quelli strettamente necessari all’esecuzione del presente contratto. Tale obbligo concerne
altresì le idee, le metodologie e le esperienze tecniche che il Fornitore sviluppa o realizza
in esecuzione delle prestazioni contrattuali.
2. L’obbligo di cui al precedente comma sussiste, altresì, relativamente a tutto il materiale
originario o predisposto in esecuzione del presente contratto.
3. Le parti sono responsabili per l’esatta osservanza da parte dei propri dipendenti,
consulenti e collaboratori, nonché dei propri eventuali subappaltatori e dei dipendenti,
consulenti e collaboratori di questi ultimi, degli obblighi di segretezza anzidetti.
32
Si considera opportuna un’assicurazione per i danni che i dipendenti del Fornitore possono arrecare al Committente presso gli
ufficio di quest’ultimo; occorrerà valutare caso per caso l’opportunità di un’assicurazione che abbia ad oggetto eventuali danni
causati dalla prestazione del servizio.
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Articolo 10
Brevetti industriali e diritti d’autore
1. Il Fornitore assume ogni responsabilità conseguente all’uso di dispositivi o all’adozione di
soluzioni tecniche o di altra natura che violino diritti di brevetto, di autore ed in genere di
privativa altrui.
Articolo 11
Responsabilità
1. Il Fornitore è responsabile dei danni di qualsiasi natura, materiali o immateriali, diretti e
indiretti, che dovessero essere causati da parte dei propri dipendenti, consulenti e
collaboratori, nonché dei propri eventuali subappaltatori e dei dipendenti, consulenti e
collaboratori di questi ultimi, al Committente, al loro personale, consulenti, nonché ai loro
beni mobili e immobili, anche condotti in locazione, nonché a terzi33.
Articolo 12
Forza Maggiore
1. Le Parti non potranno essere considerate responsabili per ritardi o mancata esecuzione di
quanto stabilito nel contratto, qualora ciò sia dipeso esclusivamente da eventi al di fuori
della sfera di controllo della Parte e la Parte non adempiente abbia agito con il massimo
impegno per prevenire i suddetti eventi e/o risolverne le conseguenze. L’onere di provare
che il verificarsi di tali eventi impedisce la tempestiva esecuzione, o l’esecuzione stessa,
grava sulla parte inadempiente.
2. La Parte che abbia avuto notizia di un evento che possa considerarsi di forza maggiore
ne darà immediata comunicazione all’altra e le Parti si incontreranno immediatamente al
fine di concordare insieme gli eventuali rimedi per ripristinare quanto prima la normale
funzionalità dei servizi.
3. In ogni caso qualora un evento di forza maggiore impedisca il regolare funzionamento dei
servizi per un periodo superiore a giorni… (es. 10 – 90 gg o per periodi superiori a quelli
previsti nel Capitolato Tecnico), il Committente avrà la facoltà di recedere immediatamente
dal contratto dandone comunicazione al Fornitore a mezzo raccomandata A.R. e senza che
nulla sia dovuto a quest’ultimo a titolo di mancato guadagno.
Articolo 13
Pianificazione e coordinamento della fornitura
1. Il Fornitore dovrà presentare al Committente una pianificazione iniziale delle attività
relative al servizio outsourcing, che recepisca i livelli di servizio indicati nel Capitolato
Tecnico (Piano di lavoro con attività, tempi). Tale pianificazione dovrà essere condivisa
tra le parti.
33
Le parti potranno valutare se, al fine di garantire l’economicità del contratto, aggiungere un secondo comma del seguente
tenore: ”Il Fornitore sarà responsabile dei danni patiti dal Committente per fatto addebitabile al Fornitore soltanto entro e non
oltre il limite massimo costituito dal ... (ad es. 50%) del valore del presente contratto, fatti salvi i limiti inderogabili di cui
all’articolo 1229 c.c.”
70
Il contratto di outsourcing
2. Successivamente, ed in particolare all’entrata in funzione del servizio, il Fornitore dovrà
comunicare e concordare con il Committente ogni eventuale ripianificazione delle attività,
aggiornando il Piano di lavoro.
Articolo 14
Organi di controllo
1. Al fine di potere effettuare un monitoraggio sistematico sulle attività che saranno
effettuate dal Fornitore (e dalle società da queste eventualmente incaricate ai sensi del
presente contratto) e per consentire sia al Committente che al Fornitore di valutare tutti
gli aspetti connessi al progetto, vengono costituiti due comitati:
i. Comitato di Gestione: che ha il compito di presidiare e controllare l’erogazione dei
Servizi sulla base del Piano di Controllo di cui al successivo articolo 15. E’ costituito dai
Capi-Progetto designati dalle singole parti e dal rappresentante del Comitato di
Direzione. Si riunisce almeno una volta a trimestre (in fase iniziale almeno una volta al
mese) su iniziativa del suo Presidente o su richiesta di un suo membro, per verificare
l’andamento
delle
attività,
realizzare/proporre
tutti
gli
interventi
ritenuti
necessari/sufficienti per correggere eventuali anomalie, pianificare le attività principali
del prossimo periodo e, più in generale, gestire ogni aspetto del Contratto riguardante
l’organizzazione e il funzionamento dei servizi. Il Comitato di Gestione redige ed invia i
verbali relativi agli incontri ai membri del Comitato di Direzione.
ii. Comitato di Direzione: che ha il compito di sviluppare le strategie relative all’evoluzione
del Contratto. E’ costituito dai Responsabili designati dalle singole parti e dal
rappresentante del Comitato di gestione senza diritto di voto. Il Comitato in oggetto
delibera all’unanimità. Si riunisce almeno una volta all’anno, su iniziativa del suo
Presidente, per esaminare l’andamento della situazione e decidere modifiche e/o
innovazioni da apportare al Contratto o, su richiesta del Comitato di Gestione, per
esaminare le proposte avanzate da quest’ultimo e, se del caso, approvarle.
2. Nell’Allegato n. … al presente contratto si dà la prima composizione del Comitato di
Direzione e del Comitato di Gestione con facoltà di successiva modifica.
Articolo 15
Rispetto degli standard qualitativi (ISO 9001)
1. Le attività svolte dal Fornitore dovranno essere sempre svolte nel rispetto degli standard
qualitativi basati sulla normativa ISO 9001 e successivi aggiornamenti per assicurare al
Committente il livello di qualità della propria prestazione. In particolare, il Fornitore si
impegna a predisporre, congiuntamente con il Committente, un Piano di Controllo, che
costituirà parte integrante e sostanziale del presente contratto e che identificherà in
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dettaglio le attività da porre in essere per dotare i servizi richiesti dal Committente dei
seguenti requisiti di base:
-
definizione in modo esplicito delle necessità di ogni funzione chiave del Committente;
-
standardizzazione della forma in cui vengono presentate le relazioni in modo che le
comunicazioni siano chiare e comprensibili a tutti in modo immediato;
-
definizione dei formati dei rapporti e delle procedure;
-
definizione della frequenza con cui generare le relazioni e il tipo di analisi da utilizzare.
Articolo 16
Consegna dei prodotti e servizi
1. I prodotti e servizi quali risultanti dalle attività svolte, di cui al precedente articolo 3, comma
2 dovranno essere realizzati nel rispetto degli standard e secondo le modalità previste nel
Capitolato Tecnico, o successivamente concordati con il Committente, e consegnati secondo
le scadenze temporali previste nel Capitolato Tecnico o quelle diverse indicate nel Piano di
lavoro, pena l’applicazione delle penali di cui al successivo articolo 17.
2. La verifica dei prodotti e servizi da parte del Committente dovrà avvenire nei termini indicati
nel Capitolato Tecnico a far data dalla messa a disposizione da parte del Fornitore.
3. Il Fornitore dovrà provvedere a proprio totale carico alla eliminazione delle eventuali
anomalie riscontrate dal Committente sui prodotti consegnati, ferma restando
l’applicazione delle penali di cui al successivo articolo 17.
Articolo 17
Penali
1. In caso di ritardo nell’avvio del servizio imputabile al Fornitore, il Committente, previa
contestazione dell’addebito e valutazione delle eventuali deduzioni addotte dal Fornitore
e da questo comunicate al Committente nel termine massimo di X (...) giorni dalla stessa
contestazione, applicherà una penale pari a … (…) euro per ogni giorno di ritardo
nell'avvio del servizio previsto per …
2. In caso di mancato servizio di affiancamento nonché del rilascio dei prodotti previsti per
la fine della fornitura, il Committente, previa contestazione dell’addebito e valutazione
delle eventuali deduzioni addotte dal Fornitore e da questo comunicate al Committente
nel termine massimo di X (…) giorni dalla stessa contestazione, applicherà una penale
pari a … (…) euro.
3. In caso di ritardo nella consegna dei prodotti secondo la pianificazione definita in accordo
a quanto previsto dall'articolo 13, il Committente, previa contestazione dell’addebito e
valutazione delle eventuali deduzioni addotte dal Fornitore e da questo comunicate al
Committente nel termine massimo di X (…) giorni dalla stessa contestazione, applicherà
una penale pari a … (…) euro per ogni giorno di ritardo nella consegna dei prodotti.
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Il contratto di outsourcing
4. In caso di esito negativo delle attività di verifica e validazione dei prodotti rilasciati di cui
all'articolo 16, il Committente, previa contestazione dell’addebito
e valutazione delle
eventuali deduzioni addotte dal Fornitore e da questo comunicate al Committente nel
termine massimo di X (…) giorni dalla stessa contestazione, applicherà una penale pari a
… (…) euro per ogni rilascio di prodotti non validati.
5. Le comunicazioni previste dal presente articolo si dovranno effettuare per iscritto, anche
via e-mail, eventualmente certificate.
Articolo 18
Corrispettivo34
Articolo 19
Risoluzione e recesso
1. Diffida ad adempiere
Di fronte all’inadempimento di una parte, l’altra parte potrà intimare per iscritto, mediante
una comunicazione non generica corredata di adeguata documentazione tecnica, di porre
rimedio a tale inadempimento entro il termine di 30 giorni, avvertendo esplicitamente la
controparte che, decorso inutilmente tale termine, la parte intimante potrà dichiarare per
iscritto la risoluzione del contratto o della sola parte cui è relativo l’inadempimento.
2. Clausola risolutiva espressa
Il contratto si risolverà di diritto ai sensi dell’art. 1456 c.c. quando l’inadempienza riguardi
una delle seguenti obbligazioni:
-
mancata esecuzione delle obbligazioni di risultato di cui ai punti …del Capitolato Tecnico;
-
superamento soglia applicazione penali per mancato rispetto del Service Level
Agreement;
-
caso di subappalto non autorizzato;
-
mancato pagamento dei corrispettivi al Fornitore oltre …giorni;
-
violazione del segreto aziendale e della riservatezza di cui all’art. 9;
-
violazione tutela della proprietà intellettuale.
3. Assistenza dovuta dal Fornitore
A partire dalla comunicazione di risoluzione e in ogni caso di recesso, il Fornitore darà
l’assistenza che il Committente potrà ragionevolmente richiedere per iscritto per fare sì
che l’esercizio del Sistema possa continuare senza interruzioni e per facilitare l’ordinato
trasferimento dell’esecuzione di tali Servizi a chi il Committente abbia designato.
L’assistenza dovrà comprendere quanto segue:
34
Il calcolo del corrispettivo varia a seconda della prestazione oggetto del contratto:
1. se il contratto ha ad oggetto la sola manutenzione correttiva, si prevede un canone annuo onnicomprensivo;
2. se il contratto ha ad oggetto la sola manutenzione adeguativa, si prevede un canone annuo onnicomprensivo oppure un
preventivo;
3. se il contratto ha ad oggetto la sola manutenzione evolutiva, si prevede un preventivo.
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il Fornitore continuerà ad eseguire, dopo il ricevimento della comunicazione di
cessazione, quelle parti dei Servizi in corso di esecuzione di cui il Committente potrà
ragionevolmente richiedere la continuazione, purché corrisponda i corrispettivi dovuti
per i Servizi resi in seguito a tale richiesta;
-
il Fornitore dovrà assistere il Committente nello sviluppo di un piano per il
trasferimento dei Servizi in una forma paragonabile al Periodo di Transizione;
-
il Fornitore dovrà provvedere all’addestramento del personale del Committente o del
soggetto da questi incaricato per l’esecuzione dei Servizi dietro corresponsione da
parte del Committente di un ragionevole corrispettivo per tale addestramento;
-
il Fornitore offrirà di vendere al Committente attrezzature e hardware necessari per
l’assunzione dei servizi;
-
il Fornitore trasferirà al Committente qualunque licenza del software dedicato
all’esecuzione dei Servizi, ove consentito dal contratto di licenza, purché tuttavia il
Committente paghi tutti gli oneri applicati dal Titolare dei diritti come standard in
relazione al trasferimento di questo software, a condizione che il medesimo sia
trasferito nella versione a quel momento in esercizio nel Sistema e questa risulti
quella indicata dal Committente durante gli incontri periodici d’aggiornamento delle
problematiche con il Fornitore.
Articolo 20
Divieto di cessione del contratto e cessione del credito
1. Il Fornitore può cedere a terzi i crediti derivanti alla stessa dal presente contratto, ma
tale cessione è subordinata all’accettazione espressa da parte del Committente.
Articolo 21
Concorrenza
1. Il Fornitore potrà svolgere prestazioni analoghe al servizio oggetto del presente contratto
a favore di altro Committente purché ciò non pregiudichi la proprietà intellettuale, il
know-how ed, in generale, il patrimonio ideativo del Committente.
Articolo 22
Rapporto Fiduciario
1. Ferme restando tutte le dichiarazioni e le garanzie rese nel contratto dal Fornitore al
Committente, le parti si danno reciprocamente atto che il contratto si fonda su un
rapporto fiduciario instaurato tra le parti stesse. Pertanto le parti si impegnano
reciprocamente a:
-
tenere sotto costante controllo l’andamento dell’esecuzione delle attività nel rispetto
delle procedure ISO 9001;
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Il contratto di outsourcing
-
adoperarsi in buona fede affinché l’esecuzione continuativa delle attività avvenga
nelle condizioni migliori, in modo da salvaguardare l’utilità reciproca;
-
eseguire anche prestazioni non previste, qualora queste appaiano strumentalmente
indispensabili per l’attuazione del rapporto di collaborazione;
-
operare con l’opportuna flessibilità per l’ottimale realizzazione degli interessi reciproci
oggetto del contratto;
-
comunicare tempestivamente circostanze di cui siano venute a conoscenza e che
siano rilevanti per l’esecuzione del contratto;
2. Le parti si impegnano inoltre a rinegoziare in buona fede eventuali modifiche al
contratto, qualora entrambe concordino circa la rilevanza di intervenute modifiche ai
presupposti commerciali e/o tecnologici alla base del rapporto.
Articolo 23
Contenzioso
1. Tutte le controversie derivanti dal presente contratto verranno deferite alla Camera di
Commercio in cui è la sede legale del Committente/Fornitore e risolte secondo il
regolamento di conciliazione della stessa.
2. (OPZIONE A) Qualora il tentativo di conciliazione fallisca, la controversia sarà risolta
mediante arbitrato secondo il regolamento della Camera Arbitrale di …35 . Il Tribunale
Arbitrale sarà composto da un arbitro unico, nominato in conformità a tale regolamento.
L’arbitrato sarà rituale e l’arbitro deciderà secondo diritto.
2. (OPZIONE B) Qualora il tentativo di conciliazione fallisca, le parti potranno adire l’autorità
giudiziaria.
3. Per quanto non è espressamente previsto e derogato dal presente contratto, valgono,
per quanto applicabili, le norme del Codice Civile e le altre norme di legge applicabili.
Articolo 24
Consenso al trattamento dei dati
1. Le parti dichiarano di consentire il trattamento dei dati personali ai sensi del D.lgs.
196/03 per le finalità connesse all’esecuzione del presente contratto.
__________, lì _______________
IL COMMITTENTE
IL FORNITORE
Legale rappresentante
Legale rappresentante
____________________
____________________
35
In Italia, esistono numerose Camere Arbitrali presso le Camere di Commercio. Si consiglia, comunque, l’esame preventivo dei
Regolamenti Arbitrali delle stesse.
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IL CONTRATTO DI ACQUISTO/VENDITA
*
a cura di Flavia Silla
Vendita
La vendita è un contratto
• con il quale una parte trasferisce in proprietà ad un’altra la
proprietà di una cosa mobile o immobile o di altro diritto dietro
corrispettivo di un prezzo in denaro
• a prestazioni corrispettive
• a titolo oneroso
• consensuale
Ciò significa
• che il contratto si perfeziona con l’accordo delle parti (espresse
secondo le modalità di proposta e accettazione)
a prescindere
dalla consegna del bene
o
dal pagamento del prezzo
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
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Il contratto di acquisto/vendita
• Per la stipula del contratto non è stabilita una forma particolare, a
meno che si tratti di bene immobile o di eredità
• Dalla conclusione del contratto discendono le obbligazioni del
venditore e del compratore
Si tratta delle seguenti:
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Obbligazioni del venditore
• Venditore
¾ 1. Consegnare la cosa al compratore al momento della
conclusione del contratto, salvo diverso accordo tra le parti
¾ 2. Fare acquistare al compratore la proprietà delle cose o il
diritto se l’acquisto non è effetto immediato del contratto
¾ 3. Garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa
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Consegna della cosa
Il venditore deve consegnare la cosa nello stato in cui si trovava
al momento della conclusione del contratto
Salvo diversa volontà delle parti la consegna comprende accessori,
pertinenze e frutti maturati dal giorno della vendita
Consegna
In via generale le parti stabiliscono il luogo della consegna
In mancanza, si guarda alla natura della prestazione o agli usi
Se non sono applicabili questi criteri, la consegna di una cosa mobile o
di una cosa certa e determinata deve avvenire nel luogo in cui la cosa
si trovava al momento del contratto (altrimenti dove il venditore ha il
suo domicilio o presso la sede dell’impresa)
Se la cosa venduta deve essere trasportata, il venditore si libera
dell’obbligazione rimettendo la cosa al vettore o allo spedizioniere
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Il contratto di acquisto/vendita
Consegna della cosa
• Le parti possono prevedere che la consegna avvenga in un
momento successivo al contratto
• In tal caso il venditore è tenuto alla custodia del bene (si applicano
le regole relative al deposito)
• Se il venditore consegna la cosa con vizi a lui imputabili, il
compratore può esercitare l’azione
di risoluzione per
inadempimento e, secondo alcuni, l’azione di riduzione del prezzo
senza incorrere nel termine di decadenza per la denuncia né in
quello di prescrizione previsti per i vizi della cosa
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Il bene è consegnato al compratore contestualmente alla firma del
presente contratto che ne costituisce accettazione
oppure
La consegna avverrà entro …. giorni decorrenti dalla firma del
presente accordo al seguente indirizzo….
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oppure
La consegna della cosa avverrà presso il domicilio del compratore
entro la data del ….. , a mezzo ….
Resta stabilito che le spese di trasporto sono a carico di ….
oppure
La consegna della cosa avverrà presso il domicilio del venditore
entro il …..
oppure
La consegna dovrà essere effettuata nel luogo indicato dal
compratore, a mezzo...
Le spese sono a carico del venditore/compratore
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Il contratto di acquisto/vendita
oppure
Il bene sarà consegnato dietro richiesta del compratore che dovrà
pervenire entro e non oltre il …..
Una volta decorso tale termine senza che sia pervenuta la richiesta
al venditore, il presente accordo si intenderà risolto e il venditore
avrà diritto ai danni subiti a causa dell’inadempimento del
compratore
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Consegna della cosa
Se durante la custodia il bene perisce o
l’impossibilità della consegna
sopravviene
occorre distinguere per le conseguenze tra vendita con
effetti reali immediati e vendita con effetti differiti
Nel primo caso tutti rischi di perimento della cosa si verificano
al momento della conclusione del contratto
Nella seconda ipotesi gli stessi rischi si trasferiscono al
compratore solo quando si verifica l’effetto traslativo della
proprietà
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Obbligo di far acquistare al compratore
la proprietà delle cose
• La vendita può avere ad oggetto anche una cosa futura; in questo
caso, l’acquisto della proprietà si determina al momento in cui la
cosa viene ad esistenza
• Se ha ad oggetto una cosa altrui, il passaggio della proprietà si
determina in un momento successivo all’accordo
Il venditore assume l’obbligazione di procurarne l’acquisto
all’acquirente che diventa automaticamente proprietario del bene nel
momento in cui il venditore riesce ad acquistare la proprietà del bene
dal terzo
Garanzia dall’evizione
• Riguarda la situazione di chi sia rimasto soccombente in un giudizio
instaurato da un terzo che vanta diritti sulla cosa
• In questo caso il compratore evitto ha l’onere di chiamare in causa
il venditore per essere dallo stesso garantito, in quanto
quest’ultimo potrà essere in grado di fornire le prove necessarie
per dimostrare che l’azione è infondata
• Se il compratore subisce l’evizione, il venditore deve restituire il
prezzo e corrispondere i danni; se l’evizione è parziale il
compratore può chiedere la risoluzione del contratto o una
riduzione del prezzo oltre il risarcimento dei danni
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Il contratto di acquisto/vendita
• Non occorre a tal fine indicare una specifica previsione nel
contratto essendo tale garanzia elemento naturale del contratto;
le parti possono però escluderla ovvero aumentarne o ridurre gli
effetti
• Se è pattuita l’esclusione, questa non vale in caso di colpa grave o
di dolo
“Il venditore garantisce al compratore la piena proprietà del bene
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oggetto del presente contratto nonché l’inesistenza su di esso da
qualsiasi vincolo, garanzia reale o diritto di terzo”
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Garanzia per i vizi della cosa
• Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia
immune da vizi che la rendono non idonea all’uso cui è
destinata o che ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore
•
-
Tra i vizi garantiti si segnalano in particolare:
Vizi materiali della cosa
Mancata qualità del bene venduto
Consegna di una cosa diversa da quella acquistata
83
Vizi materiali
¾ Imperfezioni che rendono il bene inidoneo all’uso o che ne
diminuiscono in modo apprezzabile il valore
¾ Il venditore garantisce il compratore dai vizi preesistenti alla
conclusione del contratto sia apparenti che occulti
¾ La garanzia non si estende comunque ai vizi successivi
¾ Vizi
apparenti, sono i vizi rilevabili dal compratore stesso con un
rapido e sommario esame della cosa
¾ Vizi occulti sono quelli non riconoscibili da un esame immediato del
bene e che si rilevano solo dopo che ne sia iniziata l’utilizzazione
¾ La garanzia non opera per i vizi che il compratore conosceva al
momento del contratto o per quelli che erano facilmente conoscibili
a prima vista e con il minimo sforzo di diligenza
¾ La garanzia sussiste anche per i vizi facilmente riconoscibili se il
venditore ha specificatamente dichiarato che la cosa era esente da
vizi
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Il contratto di acquisto/vendita
Il venditore garantisce al compratore la piena idoneità del bene all’uso
cui è destinato
Se il bene dovesse presentare vizi non facilmente riconoscibili al
momento dell’acquisto, il compratore può domandare la risoluzione
del contratto o la riduzione del prezzo in base all’art. 1492 c.c.
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¾ Il compratore deve denunciare l’esistenza di vizi del bene venduto
al venditore nel termine di 8 giorni decorrenti:
- per i vizi apparenti dal giorno in cui il compratore è stato in grado
di esaminare la merce (in genere dal giorno in cui gli è stata
consegnata)
- per i vizi occulti dal giorno della scoperta (da quando il
compratore ha acquisito certezza completa di tali circostanze)
¾ Se la vendita riguarda cose da trasportare il termine decorre dal
ricevimento delle stesse
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¾ Il termine è a pena di decadenza dal diritto di garanzia; ne
consegue che l’inutile scadenza comporta l’impossibilità per il
compratore di proporre pretese nei riguardi del venditore
¾ E’ possibile prevedere un termine diverso, purché non renda
eccessivamente difficile ad una delle parti l’esercizio del diritto
• Il compratore ha l’onere di provare il rispetto dei termini di
denuncia dei vizi; spetta al venditore contestare la decadenza del
diritto
• Tale decadenza non può mai essere rilevata d’ufficio dal giudice
• In via generale la denuncia non richiede particolari modalità e può
essere effettuata con qualsiasi mezzo
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Il contratto di acquisto/vendita
• Il compratore che ha denunciato i vizi nei termini può scegliere se
chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo
• In entrambi i casi ha comunque diritto ad avere il risarcimento dei
danni subiti a meno che il venditore non provi di aver senza colpa
ignorato i vizi della cosa
• Per agire in giudizio al fine di far valere la garanzia il compratore
ha tempo 1 anno dalla consegna della cosa
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• In particolare, il termine annuale decorre:
- se il compratore aveva la disponibilità della cosa prima della
conclusione del contratto, dalla conclusione del contratto stesso
- nella vendita con trasporto, dal momento in cui il venditore rimette
la cosa al compratore
- nella vendita su documenti dal momento in cui vengono rimessi al
compratore i titoli rappresentativi
- nella vendita a consegne ripartite dalla data di consegna della
prima partita
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• La garanzia può essere modificata con apposita clausola
contrattuale
• Se la modifica è predisposta da uno solo dei contraenti, la
clausola si considera vessatoria
Mancata qualità del bene venduto
• Se la cosa venduta non ha le qualità essenziali per l’uso a cui è
destinata o quelle promesse dal venditore, il compratore ha diritto di
ottenere la risoluzione del contratto purché il difetto di qualità
ecceda i limiti di tolleranza fissati dagli usi
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Il contratto di acquisto/vendita
Consegna di cosa diversa da quella venduta
• La legge non prevede un rimedio specifico in questo caso
• Si ritiene peraltro che il compratore possa proporre l’azione di esatto
adempimento o l’ azione di risoluzione
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• Per stabilire la diversità tra la cosa venduta e quella consegnata si
deve tener conto della natura, della consistenza e della
destinazione della cosa
• Esempi:
mobile acquistato in legno di mogano; consegnato mobile di legno
di abete;
pattuita acqua potabile e consegnata acqua non potabile
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Obbligazioni del compratore
• Consiste nel pagamento del prezzo nel termine e nel luogo fissati
dal contratto; diversamente, e salvo altri usi, il pagamento deve
avvenire al momento della consegna e nel luogo dove questa si
esegue; se non avviene al momento della consegna si fa al
domicilio del venditore
• L’ammontare del prezzo va espresso in Euro o in altra moneta
avente corso legale
• Le parti possono indicare direttamente l’esatto ammontare del
prezzo o fissare i criteri o gli elementi per la sua determinazione
Prezzo
• Se le parti non hanno determinato il prezzo, né hanno convenuto
il modo di determinarlo, si stabilisce come segue:
- se il contratto ha per oggetto beni di larga produzione si
presume che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo
normalmente praticato dal venditore;
- se il contratto ha per oggetto beni aventi un prezzo di borsa o di
mercato il prezzo si desume dai listini del luogo in cui deve essere
effettuata la consegna o da quelli della piazza più vicina tenuto
conto del tempo in cui il contratto è stato concluso
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Il contratto di acquisto/vendita
Il corrispettivo del trasferimento della proprietà del bene è
determinato in Euro …
Tale importo va versato contestualmente alla sottoscrizione del
presente contratto
oppure
Tale importo va versato dal compratore al venditore in base alle
seguenti modalità e termini:………………
I termini di corresponsione del corrispettivo sono da considerarsi
essenziali per il venditore
All’atto del versamento del prezzo , il venditore deve rilasciare
quietanza al compratore per avvenuto pagamento.
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Vendita di beni mobili
Vendita con riserva di gradimento
• Il contratto si perfeziona solo quando il compratore comunica
il proprio gradimento al venditore nel termine di decadenza
stabilito tra le parti o d’uso
• In caso di inerzia da parte del compratore alla scadenza, se il
bene è in possesso del compratore, il gradimento è presunto;
se la cosa doveva invece essere esaminata presso il venditore
questi è liberato dalla proposta di vendita
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Vendita di beni mobili
con riserva di gradimento
La presente vendita si intende effettuata con riserva di gradimento del
compratore.
Questi si riserva di comunicare tramite ….. al venditore presso ….., il
proprio gradimento in merito al bene venduto entro il termine di ….. giorni
(liberi o non liberi) dalla data di sottoscrizione del presente accordo
Il bene sarà oggetto di visione presso ….
Nell’ipotesi di esito negativo dell’esame della cosa, il venditore si obbliga a
mettere a disposizione del compratore altro bene mobile dello stesso genere e
natura, entro il termine di …giorni dalla conclusione dell’esame stesso.
Se il compratore non ritiene di proprio gradimento anche questo secondo
bene, il contratto si intenderà automaticamentre risolto.
Vendita di bene mobile
Vendita a prova
• Al compratore viene attribuito un termine per valutare se la cosa
acquistata ha le qualità indicate nel contratto o è idonea all’uso cui è
destinata
• La prova si qualifica come condizione sospensiva: in altre parole, il
contratto è già concluso, ma la sua efficacia è subordinata all’esito
positivo del controllo
• Se la prova ha esito negativo, il contratto si risolve e il compratore può
esigere la restituzione delle somme che fossero già state versate
• La prova va eseguita nei termini e secondo le modalità previste
contrattualmente
92
Il contratto di acquisto/vendita
La presente vendita si intende effettuata a prova in base all’art. 1521 c.c..
Il compratore proverà il bene entro il termine di …. giorni ( liberi o non
liberi) decorrenti dalla data del presente accordo presso ……
Qualora la prova si concluda in modo positivo, il venditore sarà esentato da
responsabilità circa i vizi apparenti della cosa
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Vendita di beni mobili
Vendita su documenti
• La consegna della cosa venduta avviene mediate consegna del titolo
che la rappresenta
• Lettera di vettura, ricevuta di carico per i trasporti terrestri, polizza di
carico, lettera di trasporto aereo, fede di deposito e nota di pegno
sono titoli rappresentativi della merce
• In genere il pagamento della merce avviene contestualmente alla
consegna del titolo
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Vendita di cose mobili
Vendita su documenti
La merce si intende consegnata tramite i documenti che la
rappresentano e specificatamente tramite:
………………….
La regolarità dei documenti sopra indicati è stata controllata in
contraddittorio tra le parti. Il compratore pertanto dichiara di
accettarne la veridicità e la rispondenza degli stessi alla merce
stessa.
Il compratore riceve dal venditore tali documenti e si obbliga a
versare al venditore stesso il prezzo secondo le modalità stabilite al
precedente art. …. Del presente contratto
Garanzia di buon funzionamento
• Il venditore può garantire per un tempo determinato il buon
funzionamento della cosa venduta
• Questa garanzia si aggiunge a quella per vizi o per mancanza di
qualità e deve essere specificatamente pattuita dalle parti
• Si deve inoltre precisare il termine della sua durata
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Il contratto di acquisto/vendita
• Durante il tempo della garanzia il compratore ha diritto di ottenere
la sostituzione o la riparazione della cosa in garanzia per difetto di
funzionamento anche se non sono dovuti a vizi o a mancanza di
qualità
• Il difetto di funzionamento deve essere denunciato entro trenta
giorni dalla scoperta del vizio
• L’azione si prescrive nel termine di sei mesi dalla data della
scoperta
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• Il venditore può liberarsi della garanzia dimostrando che il difetto è
imputabile a fatti del compratore o di un terzo o a caso fortuito
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Il venditore garantisce all’acquirente il buon funzionamento del bene
oggetto di vendita per un periodo di …. mesi dalla data di sottoscrizione
del presente accordo
Il venditore si impegna a sostituire o riparare il bene o suoi singoli
componenti, se, durante il suo utilizzo e nell’ambito del periodo di
garanzia su indicato si riscontrino guasti, rotture, malfunzionamenti o
difetti del medesimo derivanti da difetti di fabbricazione che non lo
rendano più conforme all’uso cui è destinato
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Nei casi indicati al comma 2 le spese di riparazione e di sostituzione sono
a carico del venditore
La garanzia non copre:
- i difetti o i danni dovuti a negligenza nell’uso o a uso non conforme del
bene rispetto a quello cui lo stesso era destinato
- i difetti o i danni causati da riparazioni e sostituzioni di singoli
componenti o da manutenzioni eseguite da soggetti non autorizzati
Il compratore per l’esercizio della presente garanzia deve, a pena di
decadenza, denunciare al venditore i vizi di funzionamento del bene
venditore entro e non oltre 30 giorni dalla sua conoscenza
Vendita con riserva di proprietà
Caratteristiche
1. La consegna del bene al compratore avviene immediatamente
2. Il pagamento del prezzo è frazionato
3. L’acquirente acquista fin da subito il possesso del bene e con esso
assume tutti i rischi del suo perimento
4. La proprietà della cosa è acquisita solo con il pagamento del
l’ultima rata del prezzo
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Il contratto di acquisto/vendita
Il presente accordo si intende effettuato con riserva di proprietà del
bene per il venditore fino al pagamento intero del corrispettivo da
parte del compratore
Ai sensi dell’art. 1523 c.c. l’acquirente assume fin dalla consegna del
bene tutti i rischi relativi al bene stesso
L’acquirente si obbliga a pagare il corrispettivo in …. rate mensili di
importo …. ciascuna entro il giorno … di ciascun mese a decorrere
da…..
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Fino al passaggio di proprietà che avverrà al pagamento dell’ultima
rata, l’acquirente non può vendere o comunque disporre del bene
stesso senza il consenso del venditore
Il mancato pagamento di una o più rate per un importo comunque
superiore all’ottava parte del prezzo dà luogo allo scioglimento del
contratto
In tal caso il venditore può trattenere il … per cento del prezzo già
riscosso a titolo di indennità, salvo il maggio danno da dimostrarsi
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L’acquirente si obbliga per tutto il periodo del pagamento a
conservare il bene in perfetto stato; il venditore potrà comunque a
sue spese procedere, previa comunicazione al compratore da
effettuarsi entro un termine congruo, ad ispezionare il bene per
controllare lo stato di conservazione
Le ispezioni non potranno comunque pregiudicare il diritto del
compratore all’uso normale della cosa
Vendita con patto di riscatto
• Il contratto di vendita può stabilire che il venditore abbia il diritto
di ottenere indietro la proprietà della cosa venduta mediante la
restituzione del prezzo e i rimborsi stabiliti dalla legge
• Con questa previsione, il contratto dà luogo all’immediato
trasferimento del diritto di proprietà, ma i suoi effetti possono venir
eliminati da una dichiarazione del venditore volta al riscatto del
bene
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Il contratto di acquisto/vendita
• Il patto di riscatto è valido ed efficace anche se stipulato con atto
separato
• E’ necessaria la forma scritta a pena di nullità e la trascrizione se
riguarda gli immobili
• Le stesse modalità sono previste per la vendita di beni
registrati
mobili
• Il venditore entro il termine di 2 anni ( beni mobili) o 5 anni ( beni
immobili) deve comunicare al compratore la dichiarazione di riscatto
con atto unilaterale
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• Tale comunicazione dà luogo al ritrasferimento del diritto di proprietà
appena giunge a conoscenza della controparte
• Una volta esercitato il diritto al riscatto, il venditore deve restituire al
compratore il prezzo oltre:
- alle spese relative alla vendita
- ogni altro pagamento legittimamente effettuato in relazione al
contratto (no consulenze)
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- alle spese riguardanti le riparazioni necessarie del bene
• Fino a quando non c’è la restituzione del prezzo il compratore ha
diritto di ritenzione sulla cosa
• L’esercizio del patto di riscatto produce effetti anche nei confronti
dei subacquirenti purché il patto sia loro opponibile
Il venditore si riserva il diritto di riscattare il/i bene/i sopraindicato/i
nel termine di … decorrenti dalla firma del presente contratto, tramite
la restituzione del prezzo versato e il rimborso delle spese come
stabilito dall’art. 1502 c.c.
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CONTRATTO DI VENDITA DI BENI MOBILI*
file c
a cura di Cristina Schiatti
Il sig. __________, nato a __________ il
__________ ed ivi residente in Via
__________ n. ___ (c.f. __________ ), in prosieguo denominato "Alienante "
E
la __________, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, sig. _______ con
sede in __________, Via __________ n. ___ (c.f. e p.iva __________) iscritta al registro
delle imprese di __________ n.________, in prosieguo denominata“Acquirente”
CONVENGONO E STIPULANO QUANTO SEGUE.
1) Oggetto
Con il presente contratto l’Alienante trasferisce all’Acquirente, che accetta, la proprietà di
…….. (di seguito definito: il “Bene”).
Ovvero
Con il presente contratto l’Alienante si impegna a trasferire, entro e non oltre il ……..
all’Acquirente, che accetta, la proprietà di …….. (di seguito definito: il “Bene”).
2) Prezzo
Il corrispettivo del contratto viene determinato in Euro ………
Il corrispettivo viene corrisposto contestualmente alla sottoscrizione del presente contratto,
sottoscrizione che ne costituisce quietanza.
Ovvero
Il corrispettivo sarà corrisposto dall’Acquirente all’Alienante con le seguenti modalità e nei
seguenti termini, da considerarsi stabiliti nell’interesse dell’Alienante:
a) quanto a ……… entro il ……….
b) quanto a ……… entro il ……….
c) quanto a ……… entro il ……….
Ovvero
Il presente contratto si intende stipulato con riserva di proprietà del bene in capo
all’Alienante fino all’integrale pagamento del corrispettivo come concordato all’articolo n. 2, ai
sensi e per gli effetti di cui all’art. 1523 c.c..
I rischi, pertanto, sono a carico dell’Acquirente
a decorrere dalla consegna del Bene.
L’acquirente si impegna a pagare il corrispettivo in numero …. Rate mensili con scadenza il
giorno ……. Di ogni mese.
*
scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
100
Fac Simile contratto di vendita di beni mobili
L’Acquirente, fino al passaggio della proprietà del Bene, non potrà alienare o comunque
disporre del Bene senza il consenso dell’Alienante.
Il mancato pagamento anche di una sola rata superiore all’ottava parte del prezzo, produrrà
lo scioglimento del contratto. In tal caso l’Alienante potrà trattenere il …. % del prezzo già
riscosso a titolo di penale, salva la prova del maggior danno.
L’Acquirente si impegna, altresì, a mantenere il Bene in perfetto stato e l’Alienante potrà, in
ogni momento ed a sue spese, ispezionare la cosa per verificare lo stato di manutenzione.
Ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1524 c.c. il presente contratto dovrà essere trascritto
presso il Registro della Cancelleria del Tribunale di ….. a spese dell’Acquirente.
3) Consegna
Il Bene viene consegnato all’Acquirente contestualmente alla sottoscrizione del presente
contratto.
Ovvero
Il Bene dovrà essere consegnato all’Acquirente al suo domicilio in ……….. entro la data del
…………. A mezzo ……….. ed a spese dell’Acquirente.
Con la consegna del Bene ogni rischio per la custodia e la perdita del Bene passano in capo
all’Acquirente.
Ovvero
(vendita su documenti)
Il Bene si intende consegnato a messo dei documenti rappresentativi di seguito indicati:
……………
La regolarità della documentazione è stata verificata in contraddittorio tra le parti
L’Acquirente riceve i sopracitati documenti ed, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1528 c.c.,
si impegna a versare all’Alienante il corrispettivo stabilito al precedente articolo 2.
4) Garanzie
L’Acquirente dichiara di aver visionato il Bene, di averlo trovato privo di vizi ed idoneo all’uso
cui è destinato.
Ovvero
(Clausola di vendita con riserva di gradimento)
La presente vendita è effettuata con riserva di gradimento in capo all’Acquirente.
L’Acquirente, pertanto, si impegna a comunicare, a mezzo raccomandata con ricevuta di
ritorno, oppure a mezzo fax confermato da raccomandata con ricevuta di ritorno,
all’Alienante il proprio gradimento in ordine al Bene alienato. Il Gradimento dovrà pervenire
entro e non oltre…. giorni dalla data di sottoscrizione del presente contratto, dopo l’esame
del Bene da effettuarsi presso ….
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In caso di esito negativo dell’esame, il presente contratto si intenderà automaticamente risolto.
Ovvero
(Clausola per vendita su campione)
La presente vendita si intende effettuata su campione di merce consegnato dall’Alienante
all’Acquirente, ex art. 1522 c.c.
Il Bene dovrà possedere qualità analoghe a quelle del campione consegnato.
Ogni difformità del Bene rispetto al campione consegnato o qualsiasi malfunzionamento dello
stesso, legittimerà l’Acquirente alla risoluzione del contratto.
Ovvero
(Clausola di vendita a prova)
La presente vendita è effettuata a prova, ex art. 1521 c.c..
L’Acquirente dovrà provare il Bene entro e non oltre … giorni dalla consegna del Bene.
In caso di esito positivo della prova, l’Alienante sarà esonerato dalla responsabilità per vizi
apparenti della cosa.
L’alienante garantisce all’Acquirente la piena proprietà del Bene e che su di esso non sussiste
alcun vincolo, garanzia reale o personale né diritto di terzi.
L’Alienante garantisce la perfetta idoneità del Bene all’uso per cui è destinato.
5) Garanzia di buon funzionamento
L’Alienante garantisce il buon funzionamento del Bene per un periodo di …. Mesi dalla data di
sottoscrizione del presente contratto.
L’Alienante si impegna a sostituire o riparare il Bene od i suoi componenti qualora, entro
detto termine, vengano riscontrati guasti o mal funzionamenti o difetti derivanti da difetti di
fabbricazione che lo rendano non più conforme all’uso per cui è destinato.
Le spese di riparazione o sostituzione sono a carico dell’Alienante.
Per
la
validità
della
garanzia,
l’Acquirente
dovrà
denunciare
il
vizio,
difetto
o
malfunzionamento entro 30 giorni dalla scoperta.
La presente garanzia non copre i difetto causati dall’Acquirente a seguito di negligenza o
cattivo uso o uso non conforme del Bene, o causati da riparazioni, sostituzione di
componenti, manutenzioni effettuate da soggetti non autorizzati dall’Alienante.
6) Risoluzione
Il mancato pagamento del corrispettivo da parte dell’Acquirente secondo le modalità di cui al
precedente articolo … comporterà il diritto dell’Alienante di risolvere i contratto, pervia diffida
ad adempiere in un tempo di 15 giorni.
7) Disposizioni generali
L’imposta di registrazione e la tassa di bollo del presente contratto sono a carico di entrambe
le parti in eguale misura.
102
Fac Simile contratto di vendita di beni mobili
Qualunque modifica al presente contratto dovrà essere provata solo mediante atto scritto.
Qualsiasi comunicazione richiesta o consentita dal presente contratto dovrà essere effettuata
per iscritto tramite lettera raccomandata, telegramma o telefax; essa si intenderà
efficacemente e validamente eseguita semprechè inviata come segue:
-
se all’Alienante …………….. fax n. ……..
-
se all’Acquirente …………. Fax n. ……..
ovvero presso il diverso indirizzo o numero di fax che ciascuna delle parti potrà comunicare
all’altra successivamente alla data del presente contratto.
L’eventuale tolleranza di una delle parti di comportamenti dell’altra posti in essere in
violazione delle disposizioni contenute nel presente contratto non costituisce rinuncia ai diritti
derivanti dalle disposizioni violate, né al diritto di esigere l’esatto adempimento di tutti i
termini e di tutte le condizioni qui previste.
8) Completezza del contratto
Il presente contratto annulla qualunque antecedente o contemporaneo altro accordo tra le
parti.
9) Legge applicabile
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Il presente contratto è disciplinato dalla legge italiana.
10) Foro competente
Per ogni controversia nascente dalla interpretazione o esecuzione del presente contratto sarà
esclusivamente competente il Foro di ………..
Redatto, confermato e sottoscritto in ________ il __________ .
Alienante _____________
Acquirente _____________
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COMPRAVENDITA DI IMMOBILI*
file d
a cura di Cristina Schiatti
Repubblica Italiana
- L'anno duemilasei, il giorno sei del mese di ottobre
6 ottobre 2006
- In Milano, nel mio studio in Viale Majno n. 4.
- Davanti a me, dr. ……….., Notaio in Milano, iscritta presso il Collegio Notarile di Milano,
Trattandosi di compravendita di bene immobile la forma, a pena di nullità, è quella scritta.
Ai fini della trascrizione (e quindi per rendere opponibile ai terzi l’atto stesso) è necessario
l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata. Anche i negozi strumentali all’atto definitivo
devono avere la stessa forma scritta a pena di nullità: il preliminare o la procura attribuente i
poteri vanno pertanto redatti in forma scritta.
sono presenti i Signori:
PARTE VENDITRICE:
•
Bianchi Roberto, nato a Pisa il giorno 11 luglio 1954, domiciliato per la carica a Milano
via Cordusio n. 2, che interviene al presente atto nella sua veste di Amministratore Unico
della Società "OCCIPI S.R.L.", con sede legale in Milano, Via Mazzini n. 70/D, iscrizione al
Registro delle Imprese di Milano e codice fiscale 045098098098, con capitale sociale di €
10.000,00 (diecimila virgola zero zero) interamente versato, e come tale in legale
rappresentanza della società stessa in forza dei poteri spettantigli in detta sua veste, a
tale atto autorizzato dall'Assemblea dei soci con verbale in data 7 aprile 2006, a risultanza
del relativo verbale, che in copia autentica si allega al presente atto sotto la lettera "A",
omessane la lettura per espressa concorde dispensa avutane dai comparenti;
PARTE ACQUIRENTE:
•
<Nominativo (i)>, nat<sesso (m) (/o/a)> a <luogo di nascita (c2)> il giorno <data di
nascita (d1)>, domiciliato per la carica a Milano (MI), Corso di Porta Nuova n. 1, che
interviene al presente atto nella sua veste di Procuratore Speciale della Società "Leasing
S.p.A. -", società soggetta all'attività di direzione e coordinamento del socio unico Leasing
Leasing S.p.A., con sede in Corso di Porta Romana n. 1, 20121 Milano, capitale sociale di
€ 10.000.000 (diecimilioni virgola zero zero), iscrizione al Registro delle Imprese di Milano
e codice fiscale 04329703096, tale nominato, ed a quanto infra autorizzato con Procura
Speciale a rogito Notaio Giuseppe Verdi di Roma in data 3 maggio 2006, rep. n.
162834/23510, registrata all'Agenzia delle Entrate di Roma 6 in data 10 maggio 2006,
che, in copia autentica si allega al presente atto sotto la lettera "B", omessane la lettura
per espressa concorde dispensa avutane dai comparenti;
*
scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
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Fac Simile compravendita di immobili
PARTE UTILIZZATRICE:
•
Neri Franco, nato a Milano (MI) il giorno 12 aprile 1963,, domiciliato per la carica a
Milano, Via Napoli n. 32, il quale interviene al presente atto nella sua veste di Procuratore
della società "GIRELLA S.R.L.", con sede legale in
Milano (MI),
Via Girella n. 32,
iscrizione al Registro delle Imprese di Milano e codice fiscale 1324440158, con capitale
sociale
di
€
102.768,00
(centoduemilasettecentosessantotto
virgola
zero
zero),
interamente versato, e come tale in nome e per conto della società stessa in forza dei
poteri conferitigli dal Presidente del Consiglio di Amministrazione, con atto da me
autenticato in data
al n.
di Rep., che
in originale si allega al presente atto sotto la lettera "C", omessane la lettura per espressa
concorde dispensa avutane dai comparenti.
= Detti comparenti, della cui identità personale io Notaio sono certa, convengono e mi
richiedono di fare, con il presente atto, constare di quanto segue:
1) la Società OCCIPI S.R.L., come sopra rappresentata,
cede e vende
alla Società Leasing S.p.A. - Società di Leasing Internazionale, che, pure come sopra
rappresentata, accetta ed acquista
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nominativamente
in Comune di Paterno Dugnano, nel complesso immobiliare denominato "La Piazzetta",
avente accesso dalla Via Brambilla n. 70/C, negozio a piano terra, con annesso WC e
disimpegno, il tutto censito al N.C.E.U. del Comune di Paterno Dugnano come segue:
foglio 21, mappale 803 sub. 16, via Brambilla, piano T, categoria C/1, classe 7, mq. 87,
R.C. € 2.987,96.
Con la proporzionale quota di comproprietà in ragione di millesimi 12,17 (dodici virgola
diciassette) di tutti gli enti, spazi e servizi comuni dell'intero complesso immobiliare, quali
anche individuati nell'atto di provenienza di cui a seguito e nel regolamento di condominio,
atteso che, non costituisce ente comune condominiale il mappale 804 del foglio 21, che
individua la piazza (pubblica) da cedere al Comune di Paterno Dugnano.
Coerenze in contorno da nord in senso orario:
area comune, negozio sub. 17 e negozio sub. 15.
= Il tutto salvo errori e come meglio in fatto.
= Gli enti in oggetto risultano identificati nella planimetria che vista, approvata e firmata
dalle Parti e da me Notaio si allega al presente atto sotto "D", fatta avvertenza che detta
planimetria è soltanto indicativa nonostante le misure in essa ricavabili.
L’immobile oggetto di cessione deve essere determinato o determinabile.
Oggetto del
contratto può anche essere un immobile futuro (essenzialmente da costruire).
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Nel caso di trasferimento di immobile da costruire vi è un’apposita tutela in forza del D. Lgs.
122/2005.
Essa si applica esclusivamente quando l’acquirente è una persona fisica ed il
venditore è un costruttore.
Oltre agli elementi che devono obbligatoriamente essere indicati (dati identificativi delle parti,
descrizione dell’immobile, caratteristiche tecniche della costruzione, termini massimi
dell’esecuzione, prezzo, eventuale esistenza di trascrizioni pregiudizievoli, estremi del
permesso a costruire) è prevista come obbligatoria una fideiussione da parte del costruttore
in favore dell’acquirente, di importo corrispondente alle somme riscosse e da riscuotere
prima del trasferimento definitivo (rogito)
2) La vendita, come le Parti mi dichiarano, è stipulata per il prezzo di Euro 240.000,00
(duecentoquarantamila
virgola
zero
zero),
oltre
I.V.A.
pari
ad
Euro
48.000,00
(quarantottomila virgola zero zero), pagato come meglio precisato in prosieguo.
3) Parte venditrice rilascia corrispondente quietanza liberatoria all'Acquirente, con rinuncia a
qualsiasi diritto di ipoteca legale.
Il venditore ha, per legge, l’ipoteca legale sul bene compravenduto. Egli può però rinunciarvi.
4) La proprietà viene trasferita da oggi alla parte acquirente con ogni effetto utile ed
oneroso e la parte Utilizzatrice dichiara di ricevere direttamente dal venditore senza riserve
ed eccezioni l'immobile che ha già visitato e trovato di pieno gradimento.
Si rammenta che è di uso comune, soprattutto per gli immobili da costruire, una consegna
del bene anticipata rispetto al contratto definitivo. Dalla consegna normalmente decorrono
sia i termini per la denuncia dei vizi che il termine per il passaggio di oneri e frutti al
compratore.
5) La Parte Acquirente e la Parte Utilizzatrice si obbligano per sè, successori ed aventi causa
ad osservare il Regolamento di condominio, del complesso immobiliare "La Piazzetta" che
unitamente alle tabelle millesimali è stato allegato all'atto in data 16 dicembre 2002 n.
32450/8767 di Rep. Dr. Giovanni Cattaneo, registrato all'Agenzia delle Entrate di Milano in
data 13 dicembre 2002 al n. 2134, Serie 1V, e trascritto presso la Conservatoria dei Registri
Immobiliari di Milano 2 con nota in data 14 gennaio 2003 n.ri 3645-3265, ad esse ben noto.
Le spese condominiali seguono la proprietà del bene.
6) La parte venditrice assume nei confronti della parte acquirente le garanzie di legge,
dichiarando che gli immobili venduti sono di sua assoluta ed esclusiva proprietà, pervenuti
per acquisto fattone, con maggior compendio, in forza di atto in data 16 dicembre 2002 n.
32450/8767 di Rep. Dr. Giovanni Cattaneo, registrato all'Agenzia delle Entrate di Milano in
data 13 dicembre 2002 al n. 2134, Serie 1V, e trascritto presso la Conservatoria dei Registri
Immobiliari di Milano 2 con nota in data 14 gennaio 2003 n.ri 3645-3265, al quale atto ed a
quelli in esso richiamati, viene fatto espresso riferimento per tutti i patti, clausole e
condizione la cui osservanza possa competere alla parte acquirente ed all'utilizzatore.
L'Acquirente e l'Utilizzatore dichiarano di essere a conoscenza del contenuto della
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Fac Simile compravendita di immobili
Convenzione stipulata dalla dante causa della venditrice con il Comune di Paterno Dugnano
in forza di atto in data 20 febbraio 1999 n. 2323/4.511 di rep. Dr. Cattaneo, registrato a
Milano il 5 marzo 1999 al n. 32345 - Serie 1A e trascritto presso la Conservatoria dei Registri
Immobiliari di Milano 2 con nota in data 17 marzo 1999 n.ri 43487-16150.
Si dà inoltre atto che non risultano nel ventennio trasferimenti per donazione e non risultano
trasferimenti per successione apertasi da meno di anni 10 (dieci).
7) Garantisce altresì parte venditrice che gli enti stessi sono pienamente conformi alla
vigente normativa urbanistica, liberi da ipoteche, trascrizioni pregiudizievoli, vincoli ed oneri
in genere, ad eccezione dei vincoli ed oneri di cui al Regolamento di Condominio, al citato
atto di provenienza, alla sopra citata convenzione, nonchè ad eccezione:
• dell'ipoteca 25 luglio 2000 n.ri 98743-22578, già assentita di cancellazione con atto a mio
rogito in data odierna n.
di rep.; e
• dell'ipoteca 23 dicembre 2002 n.ri 9874-40859 a garanzia di debito che verrà estinto
parzialmente dalla venditrice con parte del prezzo di cui sopra e da cui i beni oggetto della
presente vendita verranno svincolati con atto immediatamente successivo al presente.
Al riguardo la parte venditrice si impegna entro un anno da oggi a fornire alla parte
acquirente i dupli dell'avvenuto annotamento della cancellazione delle formalità.
L'Utilizzatore manleva la società di leasing acquirente per qualsiasi vizio, difetto, irregolarità,
idoneità all'uso, mancanza di qualità relativi all'immobile, agli impianti, alle pertinenze ed agli
accessori dell'immobile, nonchè per l'eventuale mendacità, irregolarità o imprecisione delle
dichiarazioni rese dal venditore nel presente atto.
Il venditore garantisce il compratore dai vizi preesistenti alla conclusione del contratto siano
essi apparenti o occulti. Per apparenti si intendono quei vizi che sono rilevabili dal compratore
a seguito di un sommario esame del bene o riconoscibili con l’uso della normale diligenza. Per
occulti si intendono quei vizi che non sono riconoscibili ad un esame sommario o che
emergono e possono essere rilevati solo dopo l’utilizzazione del bene. La garanzia non opera
per i vizi che il compratore conosceva al momento del contratto o quelli che erano facilmente
riconoscibili a prima vista o con la normale diligenza, a meno che il venditore abbia dichiarato
che il bene era esente da vizi o li ha espressamente riconosciuti. Vi è un termine di decadenza
per la denuncia dei vizi (8 giorni dalla consegna o dalla scoperta (se trattasi di vizi occulti) ed
un termine di prescrizione (un anno) per far valere la garanzia in giudizio ( a meno che sia il
compratore ad essere chiamato in giudizio: in tal caso, l’eccezione può essere fatta valere
anche decorso l’anno dalla consegna). Le azioni essenzialmente sono:
-
quella di risoluzione che può essere esperita solo quando l’inadempimento del venditore è
grave;
-
quella di riduzione del prezzo: nel caso in cui il vizio lamentato non sia così grave da
determinare la risoluzione ma possa solo comportare una richiesta di riduzione del prezzo
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8) Con riferimento al complesso immobiliare di cui è parte quanto in contratto l'Acquirente e
l'Utilizzatore si dichiarano edotti delle seguenti servitù:
- servitù attiva di passaggio pedonale e carrale con ogni mezzo a carico dei mappali 777 e
776 di proprietà SAIPEM IMMOBILIARE S.p.A., costituita con atto autenticato dal Notaio Dr.
Giovanni Cattaneo, in data 7 febbraio 2001 al n. 09823/6670 di rep., registrato a Milano il 20
febbraio 2001 al n. 250, serie 2V, e trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari
di Milano 2 con nota in data 23 febbraio 2001 n.ri 17522-11836;
- servitù passiva di elettrodotto a favore dell' "ENEL Distribuzione Società per Azioni",
costituita con atto autenticato sempre dal Notaio Dr. Giovanni Cattaneo,
in data 20
novembre 2002 al n. 51.311 di rep., registrato a Milano in data 29 novembre 2002, a carico
della cabina Enel al mappale 805, ente comune a tutto il condominio.
9) La Società utilizzatrice manleva ampiamente Leasing da qualsiasi onere e pendenza
derivanti dalla sopracitata Convenzione, assumendo solidalmente con la parte acquirente
ogni obbligazione nei confronti dell'Ente, nell'ipotesi in cui tali obbligazioni siano trasferite,
per legge o per contratto, alla stessa Leasing quale conseguenza dell'acquisto dell'immobile
ricadente nella citata convenzione.
10) Con riferimento alle vigenti disposizioni di legge in materia urbanistica ed edilizia, la
parte venditrice dichiara che l'unità immobiliare in contratto fa parte di stabile costruito in
base alle Concessioni Edilizie n. 121 e 122 del 16 novembre 1999, Concessioni Edilizie n.
135/2002 - Prot. 23009/52 del 22 ottobre 2002 (variante della 121/2002), e n. 163/2002 Prot.. 23010/52 dell'11 novembre 2002 (variante della 122/2002) e n. 171 dell'11 novembre
2002 (variante) tutte rilasciate dal Comune di Paderno Dugnano.
(fine lavori 6 dicembre 2002 richiesta agibilità 12 dicembre 2002).
Dichiara inoltre Parte Venditrice che è stata presentata al Comune di Paterno Dugnano
domanda in sanatoria in data 10 dicembre 2004 - Protocollo n. 1 per modifica servizio
igienico, corredata dalla documentazione richiesta;
-
che
è
stata
integralmente
pagata
l'oblazione
autoliquidata
di
Euro
516,00
(cinquecentosedici virgola zero zero) con bollettino postale in data 10 dicembre 2004 Ricevuta n.
- che non è dovuto il pagamento di oneri concessioni, trattandosi di abuso minore (tipologia 6);
- che in data 29 ottobre 2005 è stata trasmessa al Comune anche la documentazione
catastale aggiornata;
- che a tutt'oggi dal Comune non è intervenuta alcuna richiesta di documentazione
integrativa nè è stato emesso provvedimento espresso in sanatoria o di diniego.
Parte venditrice mantiene comunque a suo esclusivo carico eventuali ulteriori oneri che
dovessero essere richiesti al fine della chiusura della pratica di condono in oggetto,
sostenendo anche le relative spese.
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Fac Simile compravendita di immobili
Il Venditore deve dichiarare nell’atto gli estremi del permesso di costruire o del permesso in
sanatoria.
Se non è stato rilasciato un permesso a costruire ma è stata espletata una
sanatoria con sanzione, deve dare prova dell’integrale pagamento della sanzione.
In
mancanza l’atto è nullo ed il Notaio non stipulerà l’atto (per non incorrere in responsabilità
professionale).
In venditore di un immobile destinato ad abitazione deve consegnare al compratore anche il
certificato di abitabilità. In difetto il compratore può chiedere la risoluzione del contratto per
inadempimento del venditore concretatosi nella consegna di “aliud pro alio”.
11) La Leasing S.p.A. - Società di Leasing internazionale, dichiara di effettuare il presente
acquisto allo scopo di concedere l'immobile in oggetto con contratto di locazione finanziaria
n.
stipulato in data odierna
alla società "GIRELLA S.R.L.", con sede legale in Milano (MI), Via Girella n. 32, iscrizione
al Registro delle Imprese di Milano e codice fiscale 1324440158.
La suddetta società Girella s.r.l. conferma il motivo dell'acquisto espresso dalla Leasing S.p.A
Società di Leasing Internazionale, dichiara di avere essa stessa prescelto ed indicato alla
società di leasing l'immobile in oggetto quale bene strumentale del tutto rispondente alle
proprie esigenze operative - anche sotto il profilo delle licenze e delle eventuali autorizzazioni
necessarie allo svolgimento delle attività previste e riconosce che tutte le clausole
contrattuali formulate nel presente atto corrispondono fedelmente ed esaurientemente agli
accordi precedentemente conclusi dalla stessa con gli odierni venditori.
La parte venditrice dichiara di accettare espressamente che le azioni di garanzia ed ogni altra
azione spettante alla parte acquirente nei confronti della parte venditrice, possano essere
esercitate direttamente ed autonomamente anche dalla parte utilizzatrice quale conduttrice
"utendo juribus" della parte acquirente.
12) Imposte e spese del presente atto e delle dipendenti formalità si convengono a carico
della parte utilizzatrice.
13) REGIME FISCALE
Trattasi di trasferimento di fabbricato strumentale per natura, non suscettibile di diversa
utilizzazione senza radicali trasformazioni per il quale la parte venditrice intende avvalersi
dell'opzione di cui all'art. 10 primo comma n. 8ter, punto d) D.P.R. 633/1972, chiedendo
espressamente l'assoggettamento del presente trasferimento ad I.V.A..
Si da atto, pertanto, che detto trasferimento sarà assoggettato:
- ad I.V.A.;
- ad imposta di registro in misura fissa (art. 40 D.P.R. 131/1986);
- ad imposta di trascrizione con l'aliquota ridotta del 1,5% (uno virgola cinque per cento);
- ad imposta catastale con l'aliquota ridotta dello 0,5% (zero virgola cinque per cento) in
quanto cessione a favore di società di leasing;
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14) Ad ogni effetto di legge le Parti dichiarano, in via sostitutiva di atto di notorietà ai sensi
del DPR 445/2000, e consapevoli delle responsabilità penali in caso di dichiarazione mendace
nonchè dei poteri di accertamento dell'amministrazione finanziaria e delle sanzioni
amministrative applicabili in caso di omessa, incompleta o mendace indicazione dei dati, che
il prezzo come sopra convenuto di Euro 240.000,00 (duecentoquarantamila virgola zero
zero), oltre I.V.A. di Euro 48.000,00 (quarantottomila virgola zero zero), è stato corrisposto
con i seguenti mezzi di pagamento:
- Euro 20.000,00 (ventimila virgola zero zero) pagati a mezzo bonifico bancario
- Euro 200.000,00 (duecentomila virgola zero zero) a mezzo assegno circolare non
trasferibile n.
direttamente intestato alla
BANCA di Bergamo, stante l'attuale normativa valutaria, emesso dalla Banca
per consentire alla venditrice di procedere seduta stante alla estinzione del mutuo di cui sopra;
- Euro
Vi è l’obbligo di indicare gli estremi dei mezzi di pagamento.
= dichiarano altresì, sempre in via sostitutiva di atto di notorietà ai sensi del DPR 445/2000,
che la presente cessione di immobili è stata conclusa senza l'intervento di intermediari.
La legge impone che sia il venditore che l’acquirente dichiarino se si siano avvalsi di
mediatori ed in caso positivo dichiarino a quale prezzo.
Trascrizione
Il contratto va trascritto, a cura del notaio rogante, presso la Conservatoria dei registri
immobiliari. La trascrizione serve per rendere opponibile ai terzi la vendita.
Così, se il
venditore ha venduto a più soggetti lo stesso bene, la proprietà del bene spetterà a quel
compratore che ha trascritto per primo, fatto salvo il diritto al risarcimento dei danni in
favore degli altri acquirenti.
Fallimento
Gli effetti del fallimento di una delle parti sono diversi a seconda che il contratto sia ancora
ineseguito o solo parzialmente eseguito da entrambe le parti o che, invece, sia stato eseguito
compiutamente da una solo delle parti o, ancora, che sia stato compiutamente eseguito da
entrambe le parti.
Quelli eseguiti compiutamente da entrambe le parti sono soggetti alle regole della
revocatoria fallimentare se compiuti (ricorrendo i presupposti) entro un anno – due anni dalla
dichiarazione di fallimento per i fallimenti aperti sino al 16 marzo 2005 ed entro sei mesi – un
anno per i fallimenti aperti dopo tale data.
110
Fac Simile compravendita di immobili
Se si tratta di preliminare di bene immobile, il curatore può decidere di sciogliersi dal
contratto, evitando l’obbligo di stipulare il rogito, oppure subentrare ed accordarsi per
concludere il definitivo. Per i fallimenti aperti dopo il 16 luglio 2006, non è più ammessa la
clausola risolutiva espressa che comporta la risoluzione dipendente dalla dichiarazione di
fallimento di una delle parti.
Se fallisce il venditore dopo la consegna ma senza aver ricevuto il prezzo, il curatore deve
agire contro il compratore; se il compratore ha pagato senza aver ricevuto nulla in cambio
deve insinuarsi al passivo per la restituzione del prezzo.
Se fallisce il compratore dopo aver pagato il prezzo senza aver ricevuto il bene, il curatore deve
agire per ottenere il bene o la restituzione del prezzo; se invece è il venditore ad aver consegnato il
bene ma senza aver ricevuto il corrispettivo, deve insinuarsi al passivo per il prezzo.
Ricordiamo che il contratto preliminare è stato oggetto di trattazione della
seconda giornata del Master Breve 2006/2007.
In ogni caso, sul sito www.euroconference.it è disponibile un ulteriore documento
su “Contratto preliminare per la vendita di immobili: aspetti fiscali e contabili”
a cura di Sandro Cerato
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PATTO DI RISERVATO DOMINIO:
DISCIPLINA CIVILISTICA E FISCALE A CONFRONTO
*
a cura di Sandro Cerato
La vendita con riserva di proprietà è il negozio giuridico in forza del quale un soggetto vende
un bene (mobile od immobile) differendo il trasferimento del diritto di proprietà al momento
in cui sarà stato interamente versato il corrispettivo pattuito; nel periodo intercorrente tra la
stipulazione del contratto ed il pagamento dell’intero prezzo, l’acquirente (che non può
ancora considerarsi proprietario) ha il godimento del bene oggetto del negozio e, per
quest’ultima ragione, sopporta il rischio del perimento della cosa.
Imposte sui redditi
Nel caso di vendita con patto di riservato dominio la separazione fra la disciplina civilistica
appena citata (art. 1523 C.C.) e quella fiscale (art. 109, co. 2 lett a) TUIR) risulta essere
evidente: per il codice civile, infatti, il trasferimento avviene solo ad avvenuto pagamento del
prezzo pattuito; sul piano impositivo, invece, gli effetti traslativi si considerano prodotti già
alla consegna del bene o alla stipula dell’atto, con conseguente immediata concorrenza alla
formazione del reddito d’impresa della plusvalenza derivante dalla cessione.
Dunque anche nel caso di cessione di azienda ai sensi dell’art. 86, co. 2, TUIR la differenza
fra corrispettivo del negozio di compravendita ed il costo non ammortizzato dei beni
costituenti il patrimonio aziendale concorre alla formazione del reddito d’impresa alla data di
consegna del complesso dei beni a nulla rilevando il differimento degli effetti civilistici
disposto dall’art. 1523 C.C..
IVA
Medesimo trattamento viene applicato ai fini IVA ai sensi dell’art. 6, co. 1
D.P.R. n.
633/1972 il quale dispone che la cessione di beni mobili si considera effettuata alla consegna
a nulla rilevando l’effetto traslativo posticipato che si origina da una operazione di vendita
con riserva di proprietà che costituisce, come noto, cessione rilevante ai fini IVA ex art. 2, co.
2, n. 1) D.P.R. n. 633/1972.
La lettera del citato art. 6 ben chiarisce la fattispecie : “Tuttavia le cessioni i cui effetti
traslativi o costitutivi si producono posteriormente, tranne quelle indicate ai nn. 1) e 2)
dell'art. 2, si considerano effettuate nel momento in cui si producono tali effetti e comunque,
se riguardano beni mobili, dopo il decorso di un anno dalla consegna o spedizione” (vedi
R.M.. 24.09.1973 n. 503389).
Per quanto concerne la cessione di azienda momento di effettuazione dell’operazione risulta
essere quello della consegna della medesima dal momento che, come peraltro avviene per la
disciplina delle imposte sui redditi, la posticipazione degli effetti traslativi di natura civilistica
non assume alcuna rilevanza ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
112
Patto di riservato dominio:
disciplina civilistica e fiscale a confronto
Imposta di registro
Per quanto concerne infine l’imposta di registro l’art. 27, co. 3, D.P.R. n. 131/1986 afferma
che non si applica alle vendite con riserva di proprietà il regime fiscale proprio delle vendite
sottoposte a condizione sospensiva.
In tali circostanze è dovuto il versamento dell’imposta in misura fissa al momento della
registrazione mentre successivamente al momento del verificarsi della condizione è dovuta la
differenza fra l’imposta effettivamente dovuta e quella già versata in misura fissa.
Tanto premesso ne consegue che, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, l’atto di
vendita con riserva di proprietà fa sì che l’imposta di registro risulti immediatamente ed
integralmente dovuta dal momento che l’operazione effettuata produce un immediato effetto
traslativo (vedi anche R.M. n. 144/2001).
Nel caso di operazione di cessione di azienda, operazione considerata fuori dal campo di
applicazione IVA, l’imposta, in misura proporzionale, risulta pertanto integralmente dovuta al
momento della registrazione dell’atto presso l’Ufficio del registro.
Spese di manutenzione ordinaria e straordinaria su immobili in proprietà e
su immobili locati a terzi
Il trattamento ai fini civilistici e fiscali delle spese di manutenzione e riparazione è diverso a
seconda della titolarità del bene cui le spese afferiscono, nel senso che la disciplina relativa
alle spese sostenute su beni di proprietà diverge da quella applicabile alle spese sostenute su
beni di terzi in forza di contratti di locazione, di affitto, di comodato e di leasing .
Per quanto concerne i beni in proprietà le spese di manutenzione e riparazione,
ammodernamento e trasformazione sono disciplinate, ai fini delle imposte sui redditi, dall’art.
102, co. 6 TUIR.
La norma fa riferimento alle spese che non risultino imputate ad incremento dei beni,
tuttavia come noto, tali spese, al ricorrere di certe condizioni, possono essere capitalizzate
sul valore del bene cui si riferiscono.
Tale distinzione non è tuttavia direttamente considerata dal Testo unico ma demandata alla
corretta applicazione dei principi contabili ed in particolare del P.C. n. 16 par. DVI che ben
chiarisce la distinzione fra spese straordinarie di natura incrementativa e spese ordinarie.
Le spese incrementative rappresentano quelle spese che vanno ad aumentare il valore del
bene aumentandone la produttività o la vita utile.
Le spese di manutenzione ordinaria rappresentano invece spese di natura ricorrente e che
servono a mantenere i beni in buono stato di funzionamento.
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La differente natura delle spese fa si che queste siano civilisticamente allocate in differenti
“zone” del bilancio:
•
ad aumento del valore delle immobilizzazione nell’attivo dello S.P. se aventi natura
straordinaria ed incrementativa dei beni su cui sono effettuate;
•
fra i costi del CE se individuate come manutenzioni ordinarie.
Dopo avere proceduto ad effettuare la suddetta distinzione nel bilancio di esercizio secondo corretti
principi contabili il TUIR dispone come trattare le poste in oggetto dal punto di vista fiscale:
•
le spese capitalizzabili si sommano al valore del bene cui si riferiscono e vengono
dedotte secondo l’ordinario procedimento di ammortamento effettuato sul bene.
La quota viene calcolata sul valore del bene maggiorato della spese incrementative (non
essendo possibile, come chiarito dalla C.M. n. 98/2000 che la spesa costituisca un
cespite autonomo);
•
le spese ordinarie vengono invece dedotte integralmente nell’esercizio salvo il
superamento del limite del 5% imposto dal già citato art. 102, co. 6.
Tale norma dispone che le spese non capitalizzate possano essere integralmente dedotte
nell’esercizio di sostenimento a condizione che l’ammontare della spesa non superi il limite
del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta dall’inizio
dell’esercizio dal libro cespiti. In caso di superamento del predetto limite l’eccedenza risulta
deducibile in quote costanti nei cinque esercizi successivi a quello di sostenimento.
Preme sottolineare che nel caso di spese incrementative non è ravvisabile l’appena citata
limitazione alla deducibilità delle stesse essendo il limite imposto unicamente sulle spese di
manutenzione ordinaria.
Le spese di manutenzione relative a beni strumentali oggetto di locazione sono
sottratte all’applicazione dell’art. 102 e sono deducibili dal locatario che provvede al loro
sostenimento, qualora ciò chiaramente sia stabilito dal contratto di locazione.
Infatti nel caso in cui il locatario sostenga sull’immobile oggetto di locazione spese di
manutenzione ordinaria queste saranno dedotte integralmente nell’esercizio di sostenimento,
infatti non essendo applicabile la disciplina di cui all’art. 102 TUIR non risulta essere apposto
il limite del 5% vigente per le spese di manutenzione ordinaria sui beni in proprietà.
Qualora invece la spesa sostenuta abbia carattere pluriennale il testo unico non dispone
alcuna norma specifica, dunque la deduzione avverrà in più esercizi ai sensi dell’art. 108, co.
3 TUIR (si veda anche R.M. 179/2005).
La spese risulta dunque deducibile in base ai criteri civilistici per la parte imputabile ad ogni
esercizio (vedi C.M. 73/1994).
Il Principio contabile n. 24 in riferimento alla voce B.I.7 “Altre immobilizzazioni immateriali”
così precisa: “I costi sostenuti per migliorie e spese incrementative su beni presi in locazione
dall’impresa (anche in leasing) sono capitalizzabili e iscrivibili in questa voce se le migliorie e
le spese incrementative non sono separabili dai beni stessi (ossia non possono avere una
114
Patto di riservato dominio:
disciplina civilistica e fiscale a confronto
loro autonoma funzionalità); altrimenti sono iscrivibili tra le “Immobilizzazioni materiali” nella
specifica categoria di appartenenza. L’ammortamento di tali costi si effettua nel periodo
minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione,
tenuto conto dell’eventuale periodo di rinnovo se dipendente dal conduttore”.
Ne deriva che, qualora ai fini civilistici si sia tenuto conto dell’eventuale periodo di rinnovo
del contratto di locazione commerciale, anche ai fini fiscali l’ammortamento risulterà
deducibile in tale maggior arco temporale, fermo restando che, in caso di mancato rinnovo,
le quote residue si renderanno interamente deducibili nell’esercizio in cui si verificherà la
cessazione del rapporto( R.R.M.M. 10.07.1982, n. 9/2980 e 27.12.1983, n. 9/400).
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EFFETTI FISCALI
DIFFERENZIATI
PER COMPARTO
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DIRETTE
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REGISTRO
IRRILEVANTE
IRRILEVANTE
COME
CONDIZIONE
SOSPENSIVA
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CONTRATTO DI PERMUTA
a cura di Flavia Silla*
CONTRATTO DI PERMUTA DI BENI IMMOBILI**
file e
La permuta è diretta a realizzare tra i contraenti il trasferimento reciproco della proprietà di
una cosa e di un'altra cosa, distinguendosi dalla compravendita per l'assenza di un corrispettivo
in danaro. E' ammissibile la permuta di una cosa presente con una cosa futura, purché la
esistenza della cosa futura non sia soltanto eventuale, perché altrimenti si avrebbe la cessione
di un diritto senza corrispettivo, cioé a titolo gratuito, e ciò in contrasto con la natura stessa di
permuta (Cass. 11986/1998). In tal caso si realizza il trasferimento immediato della proprietà
della cosa esistente e della costituzione, in favore di chi tale proprietà acquista, dell'obbligo di
fare in modo che la cosa non ancora esistente venga ad esistenza: ciò sarà sufficiente a
perfezionare il trasferimento della proprietà della cosa successivamente venuta ad esistenza
senza bisogno di ulteriori manifestazioni di volontà negoziale. Fattispecie tipica di permuta di
tal natura si verifica quando il proprietario di un'area edificabile la cede ad un imprenditore in
cambio di alcune delle unità immobiliari che su di essa saranno costruite. Invece, qualora le
due parti si impegnino rispettivamente, l'una (l'imprenditore) a costruire un edificio e l'altra (il
proprietario dell'area) a cedere parte dell'immobile quale compenso, si ha un contratto
innominato analogo all'appalto differenziato, rispetto a questo, dall'assenza di un corrispettivo
in danaro (v. Cass. 8630/1995).
Tra i sottoscritti X (cognome e prenome, luogo e data di nascita, domicilio o residenza, condizione)
e Y (generalità come sopra),
si conviene e stipula quanto segue
1. OGGETTO DEL CONTRATTO
1.1. X cede a titolo di permuta a Y, che a tal titolo accetta ed acquista, il seguente immobile
sito in ..... (descrizione dell' immobile, dati catastali, menzioni richieste dalla legge 28-2-
1985, n. 47, e successive modifiche, sul controllo dell' attività urbanistico-edilizia)
1.2. Y a sua volta cede ad ugual titolo di permuta ad X, che a tal titolo accetta ed acquista, il
seguente immobile sito in ..... (indicazioni come sopra)
2. PERMUTA A CORPO
2.1. La presente permuta è convenuta a corpo e i beni vengono trasferiti con tutti gli inerenti diritti,
obblighi, azioni, usi, accessioni, pertinenze, servitù attive e passive, nulla escluso o riservato.
3. GARANZIE
3.1. Le parti permutanti garantiscono la libertà delle porzioni in oggetto da pesi, vincoli,
iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli, volendo, in caso contrario, rispondere come per legge.
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
**
116
Contratto di permuta
4. CONGUAGLIO
4.1. Le parti permutanti attribuiscono agli immobili sopradescritti l' ugual valore di EURO .....,
per cui dichiarano non farsi luogo ad alcun conguaglio e si rilasciano reciproca quietanza, con
rinunzia a qualsiasi ipoteca legale nascente da questo atto.
ovvero
4.1. Le parti dichiarano di attribuire al bene ceduto da X il valore di EURO ed a quello ceduto da
Y il valore di EURO ....., per cui risulta un conguaglio di EURO ..... a favore di X, conguaglio che Y
qui paga ad X, che ne rilascia corrispondente quietanza, ed entrambe le parti si rilasciano
reciproca liberazione, rinunziando ad ogni eventuale diritto di ipoteca legale.
5. EFFETTI DEL CONTRATTO
5.1. Gli effetti giuridici ed economici della presente permuta decorrono da oggi a reciproco
vantaggio e carico dei permutanti.
6. SPESE
6.1. Le spese del presente contratto e accessorie sono a carico di entrambi i contraenti in
parti uguali a norma di legge.
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Firme
Permuta
• E’ il contratto con cui le parti si trasferiscono reciprocamente la
proprietà di cose o altri diritti
• Non è contemplato alcun corrispettivo essendo la causa del
contratto lo scambio di cosa contro cosa; si può prevedere il
versamento di un conguaglio quando i beni scambiati non hanno
lo stesso valore
117
•
-
E’ un contratto
oneroso
consensuale
ad efficacia reale o obbligatoria
• A parte le poche disposizioni specificatamente previste è
disciplinato dalle norme in materia di vendita in quanto applicabili
• Le spese del contratto e quelle accessorie sono a carico di
entrambe le parti ( la disposizione è derogabile)
• La permuta di cose mobili è un contratto a forma libera, ad
esclusione dell’ipotesi in cui oggetto del contratto sia un bene
mobile registrato
• In tal caso è richiesta la forma scritta per la trascrizione
• Se oggetto del contratto è un diritto reale immobiliare ( anche
come prestazione di una sola parte) occorre la forma scritta a pena
di nullità
118
Contratto di permuta
• Le parti assumono reciprocamente:
- l’obbligo di fare acquistare all’altra la proprietà o il relativo diritto
sulla cosa permutata
- di consegnare la cosa oggetto di scambio
- di garantire l’altro contraente dai vizi della cosa e dall’evizione
• Il trasferimento della proprietà può essere:
- immediato se consegue al semplice consenso delle parti (contratto
a effetti reali)
- differito
se l’effetto traslativo dipende da un ulteriore evento
(acquisto della cosa da parte del permutante o venuta ad esistenza
della cosa medesima)(contratto a effetti obbligatori)
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Permuta tra suolo edificabile e
immobile da costruire
• Questa fattispecie evidenzia una permuta tra un bene esistente
contro un bene futuro: in particolare, si trasferisce
immediatamente la proprietà dell’area, mentre l’acquisto delle
unità immobiliari si determina nel momento in cui queste verranno
ad esistenza
• I rischi per il proprietario dell’area concernono l’inadempimento
del costruttore; per evitare tale circostanza si possono adottare
nella pratica diverse soluzioni
119
Permuta tra suolo edificabile e
immobile da costruire
a) differire la proprietà del terreno al momento dell’avvenuta
costruzione dell’immobile
b) stipulare un preliminare di permuta con riserva di concludere il
definitivo a costruzione avvenuta
c) concludere un contratto con cui il proprietario dell’area vende l’area
stessa riservandosi un diritto di superficie in corrispondenza di uno o
più futuri appartamenti dei quali diventerà proprietario
d) concludere un contratto con il quale trasferisce solo una parte del
suolo al costruttore il quale si obbliga a realizzare parte
dell’immobile nell’altra porzione dell’area che il permutante conserva
per se stesso
120
PERMUTA DI AREA CON FABBRICATI: RICADUTE FISCALI
a cura di Giovanni Valcarenghi*
Premessa
L’articolo 1552 del codice civile definisce la permuta come il contratto che ha per oggetto il
reciproco trasferimento della proprietà di cose o di altri diritti da un contraente all'altro.
A detto contratto si applicano, in
quanto compatibili, le norme che il codice civile detta in
36
materia di vendita; tuttavia , a differenza della vendita, nella permuta l’utilità ricercata dalle
parti è realizzata direttamente dal bene ricevuto.
In particolare, nella permuta lo scambio avviene nelle seguenti forme:
•
cosa contro cosa;
•
cosa contro diritto;
•
diritto contro cosa;
•
diritto contro diritto.
Nell’ipotesi in cui il denaro possa entrare nella transazione a titolo di conguaglio, la
distinzione tra vendita e permuta deve avvenire37 sulla scorta di criteri oggettivi (il conguaglio
deve rappresentare un minus rispetto al valore del bene), soggettivi (considerazione
secondaria che le parti attribuiscono al denaro rispetto ai beni), misti (sintesi dei due
precedenti criteri).
Trattandosi di contratto consensuale ad effetti reali, con il consenso delle parti (validamente
manifestato) produce:
•
da un lato, il perfezionamento del contratto, potendo la consegna della cosa essere
differita nel tempo;
•
dall'altro, il conseguimento del risultato perseguito, vale a dire il trasferimento della
proprietà dei beni permutati da un contraente all'altro.
Se i beni oggetto di permuta sono esistenti, non si ravvisano particolari problematiche.
Giova rammentare, tuttavia, come sia possibile realizzare contratti di permuta ad effetti
obbligatori, nel caso in cui la prestazione a carico di una o entrambe le parti abbia ad
oggetto un bene non ancora venuto ad esistenza.
Questo è il caso frequente in cui un soggetto privato, proprietario di un’area edificabile,
permuta il bene stesso con un fabbricato realizzato sul suolo da un costruttore.
Così operando, le parti conseguono l’effetto traslativo di scambiare la proprietà di un bene
esistente (terreno edificabile) contro la proprietà di un bene futuro (unità immobiliari)38.
L’effetto traslativo, pertanto, si scinde in due momenti temporali:
•
passaggio immediato dell’area (effetto reale) al costruttore;
•
obbligo del costruttore di realizzare la costruzione (effetto obbligatorio).
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
Così E. BERGAMO, Permuta, in Compendio giuridico sui contratti, a cura di V. Cuffaro, Ipsoa editore.
37
Cos’ ha affermato la Cassazione, sentenza 2811 del 16.07.1975.
38
Cassazione 22.11.2001 n. 14779; 12.04.2001 n. 5494.
36
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In tal caso, il contratto si perfeziona sempre per effetto del consenso, ma l'effetto reale
del trasferimento del bene futuro è
differito ad un successivo momento, vale a dire
nell’istante in cui il bene stesso viene ad esistenza e senza che necessitino alcune ulteriori
manifestazioni di volontà, secondo quanto previsto dall'art. 1472 del codice civile39.
Nella pratica, si è cercato di alleviare la zona di rischio cui si espone il soggetto privato che si
priva della proprietà del terreno mediante le seguenti operazioni40:
•
differimento dell’effetto traslativo della cessione del terreno in coincidenza con
l’avvenuta costruzione degli immobili (Cassazione 3265 del 29.10.1974);
•
stipula di un preliminare di permuta con rinvio del rogito al momento della ultimazione
dei fabbricati;
•
stipula di un contratto misto tra vendita e appalto, mediante la cessione del suolo con
riserva del diritto di superficie della parte di terreno destinata ad “ospitare” il fabbricato
promesso (utilizzabile per la realizzazione di immobili singoli);
•
cessione di una sola parte dell’area, dietro appalto per la costruzione del fabbricato.
Tali tematiche di natura civilistica debbono essere “testate” a livello fiscale, ove si
contrappongono, solitamente, le problematiche di un soggetto privato proprietario del
terreno (che deve risolvere problemi legati alla possibile emersione di una plusvalenza da
cessione di una area edificabile) e di un imprenditore (individuale o societario) che deve
risolvere problemi di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.
Problematiche ai fini IVA per l’impresa che realizza i fabbricati
L’articolo 11 del DPR 633/72 dispone che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi
effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, o per estinguere
precedenti obbligazioni, sono soggette ad Iva separatamente da quelle in corrispondenza
delle quali sono effettuate.
Tale disposizione viene solitamente definita come “principio di autonomia” delle due operazioni
ricomprese nel contratto di permuta che, come tali, devono soggiacere alle regole impositive
generali del tributo (momento impositivo, base imponibile, aliquota, fatturazione, ecc.).
Il successivo comma 2 dell’articolo 13 del DPR 633/72 prevede, altresì, che per le operazioni
permutative la base imponibile è costituita dal valore normale dei beni e dei servizi che
formano oggetto di ciascuna prestazione.
Nell’ipotesi prospettata, ovviamente, i problemi di natura IVA potranno sussistere
esclusivamente in capo all’impresa che realizzerà i fabbricati, mentre dal punto di vista del
privato possessore dell’area fabbricabile non si porrà alcuna questione in merito. In sostanza,
l’acquisto del terreno sarà assoggetto ad imposta di registro, in forza dell'art. 40, comma 2,
del DPR 131/86, mentre la cessione del fabbricato sconterà IVA, naturalmente secondo le
ormai note regole introdotte con la manovra Prodi.
39
40
Cassazione 27.04.1993 n. 4926; 20.07.1991 n. 8118; 18.11.1987 n. 8487.
Così E. BERGAMO, op. cit.
122
Permuta di area con fabbricati:
ricadute fiscali
In merito al momento impositivo, se è vero che la cessione del terreno rappresenta il
pagamento dei futuri fabbricati e tale pagamento avviene in sede di stipula del rogito
notarile, fatta salva l’esistenza di una condizione sospensiva inserita dalle parti nell’atto (ed
esempio, rilascio della concessione edilizia o altro documento amministrativo equipollente),
si verifica il presupposto menzionato dall’articolo 6, comma 4 del DPR 633/72, vale a dire il
pagamento (in tutto o in parte) del corrispettivo.
A conferma di tali conclusioni riportiamo integralmente il testo della risoluzione 460210
rilasciata in data 08.06.1989 dal Ministero delle finanze.
La signora CM premesso di aver effettuato una permuta di un terreno di sua proprietà con
quattro costruendi appartamenti e i sottostanti scantinati, ha chiesto di conoscere:
1) se la permuta del terreno edificatorio contro cessione degli appartamenti da costruire sia
soggetta o meno all' IVA e, in caso affermativo, con quale aliquota;
2) se la cessione dei costruendi appartamenti deve essere assoggettata al menzionato
tributo al momento della stipulazione degli atti relativi ovvero alla consegna degli stessi;
3) se la cessione degli scantinati è soggetta alla stessa aliquota stabilita per gli
appartamenti.
Al riguardo si fa rilevare anzitutto che nel caso in esame si è in presenza di una permuta di
un bene presente (terreno) contro un bene futuro (appartamenti da costruire).
Le cessioni realizzate nella permuta sono soggette autonomamente a imposizione, ai sensi
dell'articolo 11 del DPR 26-10-1972, n. 633. Perché vi sia, tuttavia, per entrambe le cessioni
autonoma soggezione all' IVA è necessario che ricorrano per le medesime i requisiti oggettivi e
soggettivi.
Nel caso di specie, se non vi è dubbio della sussistenza dei primi, altrettanto non può dirsi
per quelli soggettivi, perché gli appartamenti e i relativi scantinati vengono ceduti da una
impresa costruttrice (soggetto d' IVA), mentre la cessione del terreno viene posta in essere
da un "privato".
Comunque, anche in tale ipotesi, i due beni dati in permuta sono da assoggettare
autonomamente alle imposte relative (IVA e registro), come si evince chiaramente dalla
disposizione contenuta nel comma 2 dell' art. 40 del DPR 26-4-1986, n. 131, che stabilisce
che per le operazioni indicate nell' articolo 11 del DPR 26-10-1972, n. 633, l' imposta (di
registro) si applica sulla cessione o prestazione non soggetta all' imposta sul valore aggiunto,
in applicazione al principio dell' alternatività dei due tributi.
Tale principio, sancito dall' art. 40 ora citato, era del resto deducibile anche dalla precedente
normativa in materia di imposta di registro (art. 38 DPR 26-10-1972, n. 634), come del resto
la Scrivente ha già avuto modo di precisare con precedenti risoluzioni (fra l' altro RM 5-81978, n. 360918).
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Per quanto concerne poi il momento impositivo, si fa rilevare che in materia d' IVA le cessioni
di immobili si considerano di norma effettuate al momento della stipulazione degli atti
relativi, ai sensi del primo comma dell' art. 6 del menzionato DPR n. 633/1972, tranne nelle
ipotesi in cui gli effetti traslativi o costitutivi si producono posteriormente; nel qual caso la
cessione si deve considerare effettuata al verificarsi di tali effetti.
Tuttavia se prima della stipula o del trasferimento, viene pagato in tutto o in parte il
corrispettivo, l' operazione si considera effettuata, limitatamente all' importo pagato, alla
data del pagamento, ai sensi del quarto comma dello stesso art. 6.
Sulla base delle suesposte precisazioni ne consegue che:
a) la cessione dei costruendi appartamenti deve essere assoggettata all' IVA, in quanto
effettuata da un' impresa edile e il momento impositivo è quello della cessione del terreno in
quanto esso ne costituisce il corrispettivo. Ciò anche in conformità a quanto precisato dalla
Suprema Corte di cassazione con sentenza n. 4842 del 7-9-1982;
b) l' aliquota IVA applicabile è quella del 2 per cento (4 per cento dal 1-1-1989), ai sensi dell'
art. 8 del DL 31-10-1980, n. 693, convertito nella legge 22-12-1980, n. 891, e successive
modificazioni, qualora gli appartamenti non abbiano le caratteristiche delle case di abitazione
di lusso. Alla stessa aliquota è soggetta la cessione degli scantinati se i medesimi
costituiscono, come appare dagli atti, pertinenze degli appartamenti.
Per quanto concerne il trattamento tributario applicabile al terreno, lo stesso, essendo dato
in permuta da un privato, non rientra nell' ambito di applicazione dell' imposta sul valore
aggiunto, ma in quella dell' imposta di registro.
Al riguardo si conferma che il trasferimento del terreno effettuato dalla signora CM alla
impresa costruttrice è soggetto all' imposta di registro con l' aliquota pari all' 8 per cento
(trattandosi di suolo edificatorio), a quella ipotecaria di trascrizione con l' aliquota dell' 1,60
per cento ed a quella catastale con l' aliquota dello 0,40 per cento sul valore dichiarato e
salvo giudizio di congruità.
Problematiche ai fini delle imposte dirette per il privato che cede l’area
edificabile
L’art. 67, comma 1, lettera b), del TUIR ascrive alla famiglia dei redditi diversi le plusvalenze
realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione
edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento del trasferimento.
Dando per scontata, ai fini che qui interessano, la sussistenza del requisito della edificabilità
dell’area (ovviamente sulla scorta della nuova definizione a tal fine inserita nel decreto legge
223/2006), è sufficiente verificare la ricorrenza di un atto a titolo oneroso per considerare
perfezionato l’insieme dei requisiti menzionati dalla norma in esame.
124
Permuta di area con fabbricati:
ricadute fiscali
La permuta, come già affermato, è senza dubbio una cessione a titolo oneroso, consistendo
nello scambio di bene contro bene o servizio; tale forma, realizzando il presupposto di un
corrispettivo in natura, deve ritenersi senza ombra di dubbio atta a generare la plusvalenza.
Il successivo art. 68, comma 1, del Tuir, quantifica la base imponibile nel differenziale tra il
corrispettivo percepito nel periodo di imposta ed il prezzo di acquisto del bene ceduto,
aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.
Dunque, se il valore di acquisto del terreno (debitamente incrementato degli oneri accessori)
è inferiore al prezzo di cessione, esiste la plusvalenza e rimane solo da verificare quale sia il
momento (periodo di imposta) in cui la stessa debba essere assoggettata ad imposizione,
applicando il noto principio di cassa che regna nella famiglia dei redditi diversi.
Qui possono sussistere alcune difficoltà operative, in quanto il corrispettivo conseguito non è
sotto forma di denaro, bensì rappresentato da un fabbricato che verrà edificato sull’area ceduta.
Dal versante civilistico, si è già accennato alla circostanza secondo la quale la percezione del
prezzo (sia pure in natura) sia da “collocare” nell’istante in cui il fabbricato viene ad esistenza.
Secondo la Cassazione (sentenza 8118 del 20.07.1991) si dovrebbe individuare il momento
di perfezionamento del processo produttivo dell’immobile, quanto meno nelle sue
componenti essenziali, non assumendo alcun rilievo il fatto che siano ancora non realizzate le
finiture né tanto meno la circostanza che difetti il rilascio della agibilità o abitabilità.
Sul punto, tra l’altro, è anche possibile rammentare che, con l’introduzione nel codice civile
dell’articolo 2645-bis , comma 6 (registrazione dei contratti preliminari) nell’ordinamento
italiano si dispone di una definizione di fabbricato, intendendosi esistente lo stesso con
l’esecuzione del rustico, comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità, e del
completamento della copertura.
A detta definizione, pertanto, sembrerebbe logico rifarsi anche per ciò attiene il caso della
permuta; inoltre, l’esistenza di un preciso criterio normativo – sia pure ad altri fini elaborato
– potrebbe far perdere di attualità le discussioni in merito alla possibilità, per le parti, di
regolare in modo patrizio le caratteristiche che deve possedere l’edificio in modo che lo
stesso possa ritenersi conforme a quanto spettante al soggetto privato. Si tratta, in sostanza,
di capire se è possibile, per il tramite di accordi privati, differire nel tempo il momento in cui
si può considerare ultimato il fabbricato e, pertanto, incassato il prezzo.
Vi è infine da interrogarsi in merito alla possibile influenza della modalità di stipula
dell’originario atto di permuta, vale a dire se all’interno dello stesso si sia provveduto:
•
alla specifica individuazione del fabbricato da assegnare in permuta;
•
alla semplice indicazione delle caratteristiche generali dello steso, senza precisa
individuazione dello stesso.
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Non pare che la impostazione originaria degli accordi possa influire sulle conseguenze fiscali,
poiché, in ogni caso, l'ammontare del corrispettivo (necessario per la determinazione della
plusvalenza) è quanto meno determinabile.41
Alla luce di quanto sopra, confortati anche dalla recente sentenza della Cassazione che si
riporta integralmente nel box sotto, è possibile affermare che il corrispettivo per la cessione
a titolo oneroso del fabbricato può considerarsi incassato solo al momento della ultimazione
del fabbricato, nel senso sopra detto ed eventualmente diversamente graduato a seconda
degli accordi tra le parti.
Cassazione, Sezione tributaria
Sentenza n. 1427 del 25 novembre 2005 (dep. il 25 gennaio 2006)
Presidente Saccucci, Relatoree. Altieri
Imposte sui redditi - Plusvalenza - Permuta di cosa presente con cosa futura - Anno di
competenza - È quello in cui viene in esistenza la cosa futura - Art. 76 del D.P.R. 29
settembre 1973, n. 597
Massima
Nella permuta di cosa presente con cosa futura (terreno contro unità immobiliari da
costruire), la plusvalenza (nel caso di specie, in capo alla cedente) si realizza con il venire ad
esistenza del bene futuro e non al momento della stipulazione del contratto; è pertanto in
quel momento che la plusvalenza diventa tassabile.
Svolgimento del processo
1. C.S. impugnava dinanzi alla Commissione tributaria di I grado di Caserta l'avviso di
accertamento ai fini Irpef-Ilor per il 1987, col quale veniva ripresa a tassazione una
plusvalenza di lire 242.758.900, assumendo che la stessa, secondo l'ufficio, era derivata da
una permuta di cosa presente con cosa futura (realizzazione di unità immobiliari), venuta ad
esistenza soltanto nel 1990.
La Commissione accoglieva il ricorso.
L'ufficio proponeva appello, che veniva accolto dalla Commissione regionale della Campania
con sentenza 3-17 novembre 1999.
Secondo la Commissione regionale, pur non essendo la proprietà dei beni ceduti in permuta
alla C.S. in quanto non ancora esistenti al momento del contratto, lo stesso era stato
stipulato dalla contribuente con intento speculativo, per cui legittimamente l'ufficio aveva
ritenuto l'esistenza di una plusvalenza, ai sensi dell'art. 76 del D.P.R. n. 597/1973. Il
mancato trasferimento della proprietà del bene al momento del contratto era irrilevante,
41
Così, ad esempio, G. A. VENTIMIGLIA, in Il Fisco 11/2006, pag. 1-1669 e seguenti.
126
Permuta di area con fabbricati:
ricadute fiscali
essendosi immediatamente costituito, a favore della C.S., uno jus ad habendam rem in
corrispettivo sinallagmatico con la cessione, da parte di lei, di un terreno all'impresa che
doveva realizzare
le costruzioni. Si trattava, in altri termini, di un contratto perfetto ab
origine, e non di un negozio in formazione. Il proprietario dell'area consegue infatti
immediatamente il credito e l'impresa ha l'obbligo dell'immediata fatturazione.
Avverso tale sentenza la C.S. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre mezzi di
annullamento.
L'Amministrazione finanziaria non ha svolto attività difensiva in questa sede.
2. I motivi di ricorso
2.1. Col primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 76 del D.P.R.
597 del 1973, 1552 e seguenti, 1472 del codice civile, la ricorrente deduce che, come
avevano esattamente affermato i primi giudici, nella permuta di cosa futura la proprietà della
stessa si acquista solo quando la cosa viene in esistenza, e solo in quel momento si realizza
la plusvalenza imponibile, che secondo il citato art. 76 si riferisce solo a plusvalenze
conseguite, e non da conseguirsi.
2.2. Col secondo motivo la ricorrente denuncia che la sentenza impugnata - in violazione
dell'art. 116 del codice di procedura civile - non ha tenuto conto della sentenza penale,
passata in giudicato, con la quale il Gup del Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha dichiarato
non luogo a procedere perché il fatto non sussiste nei suoi confronti, per il reato di cui all'art.
1, comma 10, della L. n. 516/1982, per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi
relativi al 1987, in relazione al conseguimento della contestata plusvalenza.
2.3. Col terzo motivo la ricorrente lamenta che, in violazione dell'art. 112 del codice di procedura
civile, la decisione si sia fondata su un fatto (l'emissione della fattura da parte dell'impresa
costruttrice) diverso da quelli allegati nell'appello dell'ufficio. Rileva che la fattura è un documento
fiscale e non incorpora un credito; inoltre oggetto della controprestazione del permutante era il
trasferimento dell'immobile, unico tema costituente oggetto dell'appello dell'ufficio.
3. Motivi della decisione
3.1. Il primo motivo merita accoglimento. Come ha esattamente dedotto la ricorrente, nella
permuta di cosa esistente con cosa futura (la realizzazione di un fabbricato), secondo l'art.
1472 del codice civile la plusvalenza viene conseguita, non già al momento della stipulazione
del contratto, ma quando la parte acquista la proprietà della cosa, il che si verifica al
momento in cui la stessa viene ad esistenza. Del tutto irrilevante, prima di tale momento,
l'intento speculativo eventualmente perseguito dalla contraente, come pure le considerazioni
sull'esistenza di uno jus ad habendam rem, e sulla trascrivibilità di tale diritto.
L'art.76, comma 10, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, il quale contempla tra i redditi diversi
le plusvalenze derivanti da operazioni speculative, prevede, al comma 2, che la plusvalenza sia
costituita dalla differenza tra il prezzo di acquisto e quello conseguito con l'alienazione.
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Nel caso di specie, quindi, occorre tenere conto del momento in cui il corrispettivo della
cessione del terreno (e cioè la proprietà della costruzione realizzata) è entrato nel patrimonio
del soggetto che ha ceduto il terreno. In proposito la Corte non condivide l'interpretazione
seguita dalla Commissione tributaria regionale, secondo cui per prezzo non deve intendersi il
corrispettivo pattuito (nella specie, non una somma di danaro, ma l'acquisto della proprietà
di un bene), ma il valore entrato nel patrimonio al momento della stipulazione del contratto,
costituito dal cosiddetto jus ad habendam rem.
3.2. L'accoglimento della censura comporta l'annullamento della sentenza impugnata, con
assorbimento degli altri motivi e con rinvio ad altra Sezione della Commissione tributaria
regionale della Campania. I giudici di rinvio dovranno, pertanto, accertare la data di
costruzione dell'immobile, utilizzando gli elementi offerti dalle parti, fra cui le risultanze
probatorie emerse nel processo penale per il reato di cui all'art. 1, comma 10, della L. n. 516
del 1982, conclusosi con sentenza favorevole alla ricorrente, dalla quale, beninteso, non
deriva alcun vincolo di giudicato nel presente processo.
Ai giudici di rinvio è affidata anche la decisione sulle spese della presente fase.
P.Q.M. - la Corte di Cassazione; accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti gli altri; cassa
l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione
tributaria regionale della Campania.
SITUAZIONE DI BASE
CONTRATTO
PERMUTA
PRIVATO
POSSESSORE
DI AREA EDIFICABILE
128
IMPRESA EDILE
CHE REALIZZA
FABBRICATO
Permuta di area con fabbricati:
ricadute fiscali
PROBLEMI IVA PER IMPRESA
DPR 633/72
ARTICOLO
11 DPR 633/73
Autonomia delle
prestazioni
ARTICOLO
13 DPR 633/72
Base imponibile
ARTICOLO
6 DPR 633/72
Momento impositivo
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PROBLEMI DIRETTE PER PRIVATO
TUIR
REDDITI
DIVERSI
CRITERIO
DI CASSA
MOMENTO
DI INCASSO
FIGURATIVO
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DIFFERENTI TIPOLOGIE DI LOCAZIONI*
Uso abitativo
TIPOLOGIA
CONTRATTUALE
RIFERIMENTO
NORMATIVO
ART. 2, C.1, L. 431/98
FATTISPECIE
esigenze abitative di qualsiasi
DURATA
4 ANNI, CON RINNOVO DI 4
CANONE
AGEVOLAZIONI
FISCALI
LIBERO
NO
tipo
CONTRATTI LIBERI
STIPULABILI in tutti i Comuni
ART. 2, C.1, L. 431/98
esigenze abitative ordinarie
NON INFERIORE A 3 ANNI,
CON PROROGA DI 2
STIPULABILI in tutti i Comuni
CONTRATTI AGEVOLATI
ART. 5, C. 1, L.431/98
per proprietari o conduttori,
Ire sul 59,5% del canone (a
oscillazione fissate negli
Venezia centro, Giudecca,
accordi territoriali; in
Murano e Burano, sul 52,5%)
mancanza di accordo locale,
e Registro sul 70% del canone,
supplisce il dm sostitutivo ex
nei Comuni ad alta tensione
art. 4, c. 3, l.431/98
abitativa
nei comuni di roma, milano,
NO
come individuate negli Accordi
venezia, genova, bologna,
territoriali; in mancanza di
firenze, napoli, torino, bari,
Accordo locale, supplisce il DM
sostitutivo ex art. 4, c. 3,
CONTRATTI TRANSITORI
da 1 a 18 mesi
all’interno di fasce di
L.431/98
palermo, catania, nei comuni
confinanti e negli altri comuni
capoluogo di provincia,
all’interno di fasce di
oscillazione fissate negli
STIPULABILI in tutti i Comuni
accordi territoriali; in
mancanza di accordo locale,
supplisce un dm sostitutivo ex
art. 4, c. 3, l.431/98; libero in
tutti gli altri comuni
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
130
Differenti tipologie di locazioni
ART. 5, C. 2 E 3, L.431/98
per studenti iscritti a un corso
da 6 mesi a 3 anni
all’interno di fasce di
Ire sul 59,5% del canone (a
universitario in un Comune
oscillazione fissate in appositi
Venezia centro, Giudecca,
diverso da quello di residenza
accordi territoriali; in
Murano e Burano, sul 52,5%)
CONTRATTI PER STUDENTI
UNIVERSITARI
mancanza di accordo locale,
e Registro sul 70% del canone,
STIPULABILI nei Comuni sedi
supplisce un dm sostitutivo ex
nei Comuni ad alta tensione
di università o corsi universitari
art. 4, c. 3, l.431/98
abitativa
distaccati o di specializzazione
nonché nei Comuni limitrofi
ART. 1, C. 1, LETT. A),
CONTRATTI PER IMMOBILI
L.431/98
esigenze abitative di qualsiasi
LIBERA
LIBERO
tipo
Ire sulla minore delle tariffe
d’estimo previste per le
abitazioni della relativa zona
STORICO-ARTISTICI
STIPULABILI in tutti i Comuni
censuaria, se inferiore al
canone percepito
CONTRATTI PER FINALITA’
TURISTICHE (vacanze,
ART. 1, C. 1, LETT. C),
finalità turistiche
LIBERA
LIBERO
NO
LIBERA
LIBERO
NO
L.431/98
villeggiatura)
STIPULABILI in tutti i Comuni
non esiste una specifica
esigenze abitative transitorie di
previsione normativa per la
persona diversa dal conduttore
stipula dei contratti in
questione: la fattispecie,
CONTRATTI PER
messa in dubbio subito dopo
FORESTERIA
l’entrata in vigore della l.
STIPULABILI in tutti i Comuni
431/98, è oggi comunemente
accolta dalla dottrina, anche se
mancano pronunce
giurisprudenziali
131
LE PRINCIPALI PROBLEMATICHE IN MATERIA DI CONTRATTI
DI LOCAZIONE COMMERCIALE: ASPETTI GIURIDICI
a cura di Luca Lucenti*
Premessa
Il contratto di locazione commerciale, o meglio, avente ad oggetto “immobili urbani adibiti ad
uso diverso da quello di abitazione”, come recita il Capo II della L. n.392 del 27.07.1978, che
lo regolamenta, è contratto a torto considerato, nella pratica, di agevole stesura e gestione.
In realtà, le cose stanno ben diversamente, trattandosi di un negozio giuridico dai tratti
delicati ed insidiosi, spesso non evidenti nella lettura della normativa ad esso dedicata,
peraltro oggetto di plurimi interventi giurisprudenziali, anche tra loro divergenti.
Ambito applicativo e durata
L’art.27 della L. n.392 del 27.07.1978, regolamenta l’ambito di applicazione della normativa
in esame, ricollegando, alle diverse tipologie in tal modo individuate, una diversa durata del
contratto, in deroga a quanto previsto, per la locazione in generale, dall’art.1574 c.c..
Schematicamente, la norma in esame individua:
(a)
locazioni aventi ad oggetto:
- immobili adibiti ad attività industriali, commerciali ed artigianali e/o d’interesse turistico ai
sensi della L. n.326/68 (da non confondere con le attività alberghiere di cui appresso);
- immobili adibiti all’esercizio di attività di lavoro autonomo;
in relazione ai quali la durata contrattuale è fissata in 6 anni ex art.27, co.1, L. n.392/78 cit.;
(b)
locazioni aventi ad oggetto attività alberghiere, per cui è prevista una durata di anni 9
(ex art.27, co.3, L. n.392/78 cit.).
Entro il medesimo ambito applicativo, gravitano pure, ex art.42, L. n.392/78 cit., i contratti di
locazione aventi ad oggetto immobili adibiti ad attività ricreative, assistenziali, culturali e
scolastiche, nonché a sede di partito e sindacato, così come i contratti stipulati dallo Stato e
dagli enti pubblici territoriali in qualità di conduttori (locazioni che pongono problematiche di
particolare natura, le quali non saranno oggetto, per ragioni di spazio, del presente lavoro).
L’individuazione dei tipi contrattuali di cui sopra non sembra porre difficoltà di rilievo,
potendosi fare riferimento, per la qualificazione dei rispettivi ambiti, ad abituali concetti
giuridico economici (sempre tenendo presente, tuttavia, che l’interpretazione offerta dalla
giurisprudenza appare assai lata, ricomprendendo “gli immobili di qualunque specie che
nell’ambito della disciplina urbanistica siano adibiti ad una delle attività indicate” nella norma
in esame; v. Cass. Civ., sez.III, 27.02.1987 n.2112, riguardante le c.d. aree nude).
Di seguito, dunque, saranno trattati solo alcuni aspetti che sono apparsi di rilievo.
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
Tratto da “La Circolare Tributaria” n.18 del 9 maggio 2005 – Sistema d’Informazione Integrato – Gruppo Euroconference Editore
132
Le principali problematiche in materia di contratti
di locazione commerciale: aspetti giuridici
Attività di interesse turistico e attività alberghiere
La prima questione interpretativa si è posta con riferimento alla distinzione, introdotta dal
co.1, n.2 e dal co.3 dell’art.27, L. n.392/78 qui in commento, tra locazioni aventi ad oggetto
immobili di interesse turistico e locazioni alberghiere, in relazioni alle quali la legge stabilisce
una diversa durata contrattuale, rispettivamente pari a 6 e 9 anni.
Il problema nasce dal fatto che le attività di interesse turistico, cui l’art.27, co.1, L. n.392/78
cit. ricollega una durata contrattuale di 6 anni, sono individuate dal n.2 dell’articolo appena
menzionato mediante rinvio all’art.2 della L. n.326 del 12.03.1968.
Quest’ultima disposizione, dal canto suo, prevede particolari agevolazioni economiche
finalizzate allo sviluppo della ricettività alberghiera e turistica e, nell’elencare le attività
beneficiarie di tali provvidenze, fa testuale riferimento ad alberghi, pensioni, locande, nonché
a villaggi turistici, campeggi, case per ferie, alberghi per la gioventù e via dicendo.
Tutte imprese, cioè, potenzialmente rientranti nel generale ambito alberghiero preso in
considerazione dal predetto art.27, co.3, L. n.392/78 cit., che sancisce una durata novennale dei
relativi contratti locatizi, in luogo dei 6 anni di cui al co.1 del medesimo articolo, sopra esaminato.
Il problema consiste, dunque, nello stabilire se il contratto di locazione relativo ad immobili
destinati all’esercizio di un’attività potenzialmente rientrante nel concetto di quella
alberghiera (ex art.27, co.3, L. n.392/78 cit.), ma elencata nell’art.2 della L. n.326/68 (a sua
volta richiamato dall’art.27, co.1, n.2, L. n.392/78), sia da considerarsi di durata novennale,
come stabilito dalla prima disposizione, oppure sia destinato ad esaurirsi nell’ordinario arco
temporale di 6 anni.
La giurisprudenza sul punto sembra optare per l’esistenza di un rapporto di specialità tra il
disposto dell’art.2 della L. n.326/68, oggetto di richiamo da parte del co.1, n.2, dell’art.27, L.
n.392/78 in commento e la generale previsione delle attività alberghiere, di cui al co.3
dell’art.27, L. n.392/78 cit.; con la conseguenza che, per le attività elencate nella prima norma,
la durata del contratto sarà comunque pari a 6 e non a 9 anni.
Si confronti, ad es., in materia di locazione di camping, Cass. Civ., sez.III, 30.12.1991,
n.13999.
Attività stagionali e transitorie
L’art.27, L. n.392/78 in esame introduce una differenziazione tra locazione finalizzata
all’esercizio di attività transitoria e finalizzata all’esercizio di quella stagionale, che determina
conseguenze di un certo rilievo sul rispettivo regime negoziale.
Ai sensi del co.5 dell’articolo in discorso, infatti, in ipotesi di locazione per uso transitorio, è
consentito alle parti stabilire un termine di durata inferiore a quelli (6 o 9 anni) sopra
previsti, deroga che, come vedremo di seguito, non è per solito consentita; d’altro canto, per
tali locazioni non è prevista alcuna indennità per perdita di avviamento, ex artt.34 e 35, L.
n.392 del 27.07.1978.
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Ai sensi dell’art.27, co.6, L. n.392/78 cit., viceversa, in ipotesi di locazione stagionale i
termini di durata contrattuale sono quelli ordinari e il locatore è obbligato a concedere
l’immobile al conduttore che gliene faccia richiesta, di anno in anno, per la stagione pattuita,
sino alla naturale scadenza.
Per distinguere le due ipotesi, i cui ambiti definitori presentano elementi di interferenza, si è
fatto ricorso al concetto di periodicità: l’esigenza transitoria, infatti, è per sua natura
episodica e saltuaria, laddove quella stagionale ha natura periodica, come tale destinata a
ripetersi nel tempo ad intervalli regolari.
L’accertamento di quanto sopra avverrà secondo gli usuali criteri interpretativi, tenendo
presente sia il dato oggettivo dell’attività dedotta in contratto, sia l’atteggiamento soggettivo
delle parti (Cass. Civ., sez.III, 30.12. 1997, n.13133).
In proposito, per quanto particolarmente concerne le locazioni transitorie, vale la pena di
ricordare che la Suprema Corte ha addossato alle parti del negozio l’onere di enunciare
espressamente nel contratto, sia la transitorietà dello stesso, sia le ragioni che la
determinano: ciò a pena di comminatoria della nullità della previsione ai sensi dell’art.79,
co.1, L. n.392/78 cit. e di riconduzione del contratto al tipo legale, ex artt.1339 e 1419 c.c.
(v. Cass. Civ., sez.III, 18.04.1996, n.3663).
Locazione di immobile e affitto di azienda
In tema d’azienda alberghiera, si è posto il problema della distinzione tra locazione di
immobile alberghiero, sottoposto alla normativa di cui alla L. n.392/78 qui in esame, e affitto
d’azienda, la cui regolamentazione, per converso, esula dall’ambito vincolistico in esame
(Cass. Civ., sez.III, 12.06.1995, n.6591).
Il problema è abbastanza complesso e la sua compiuta trattazione richiederebbe uno spazio
qui non concesso.
Ci si limita, dunque, ad osservare che secondo la giurisprudenza, in caso di affitto di azienda,
l’immobile “è considerato non nella sua individualità giuridica, ma come uno degli elementi
costitutivi del complesso dei beni (mobili ed immobili) legati tra loro da un vincolo di
interdipendenza e complementarità per il conseguimento di un determinato fine produttivo”
(Cass. Civ., sez.III, 08.08.1997, n.7361), ovverosia come uno di quei beni organizzati
dall’imprenditore, ex art.2555 c.c., in vista dell’esercizio dell’impresa.
Viceversa, nella locazione immobiliare (anche nell’ipotesi in cui insieme all’immobile siano
locate pertinenze del medesimo) l’immobile concesso “assume una posizione di assoluta ed
autonoma centralità nell'economia contrattuale, secondo la sua consistenza effettiva e con
funzione prevalente ed assorbente rispetto agli altri elementi che, legati materialmente o
meno ad esso, assumono, comunque, carattere di accessorietà, rimanendo ad esso collegati
sul piano funzionale in una posizione di coordinazione-subordinazione” (Cass. Civ., sez.III,
08.08.1997, n.7361; v. pure, in tema, Cass. Civ., sez.III, 09.11.1993, n.11054).
134
Le principali problematiche in materia di contratti
di locazione commerciale: aspetti giuridici
E’ bene tenere presente, inoltre, che, ai sensi dell’art.1, co.9-septies, D.L. n.12 del
07.02.1985 (conv. con modificazioni in L. n.118 del 5 aprile 1985), laddove l’attività
alberghiera sia stata iniziata dal conduttore, il rapporto si deve considerare, per presunzione
legale, quale locazione d’immobile e non quale affitto di azienda (in tema v., ad es. , Cass.
Civ., sez.III, 20.04.2004, n.7498).
Durata, onere di trascrizione e forma
E’ diffusa opinione tra gli operatori pratici che il contratto di locazione commerciale abbia una
durata di 12 anni, ovvero di 18, in caso di locazione alberghiera.
In realtà tale opinione è del tutto erronea.
Il contratto in discorso, come si è osservato sopra, ha durata pari a 6, ovvero a 9 anni e
l’erronea convinzione cui si è appena fatto riferimento è frutto di una fallace interpretazione
dell’art.28, L. n.392/78 cit. (che prevede la tacita rinnovabilità del contratto), nonché dei
limiti posti, dall’art.29 della medesima legge, alla facoltà del conduttore di denegare il
rinnovo contrattuale alla prima scadenza.
E’ ovvio, infatti, che il combinato operare di tali previsioni determina, nella pratica del
rapporto, una durata negoziale ordinariamente pari a 12 o 18 anni, a seconda dei casi; ma è
altrettanto vero che esso non influisce sulla regolamentazione legale, la quale comunque
prevede il rinnovo contrattuale in termini solo eventuali e fissa la durata negli anzidetti limiti
di 6, ovvero 9 anni.
Quanto sopra assume rilievo a mente sia dell’art.2923, co.2, c.c., che rende inopponibili
all’acquirente dell’immobile locato, venduto in seguito a procedura espropriativa, le locazioni
ultranovennali non trascritte nei registri immobiliari ex art.2643, n.8 c.c., sia dell’art.1350,
n.8, c.c., il quale prescrive la forma scritta ad substantiam per i contratti di locazione
immobiliare che superino il novennio.
Entrambe le norme appena citate, dunque, non saranno applicabili alle locazioni commerciali
la cui durata, come si è detto, è prevista in misura inferiore al limite novennale appena
ricordato (in tema di forma, v. espressamente Cass. Civ., sez.III, 16.02.1998 n.1633).
Con particolare riferimento alla forma scritta, tuttavia, appare opportuno segnalare
l’esistenza dell’art.1, co.4, L. n.431 del 09.12.1998, il quale impone il ricorso alla detta forma
scritta ad substantiam per i contratti ad uso abitativo.
L’espressa delimitazione a tale ambito locatizio abitativo, derivante dal combinato disposto
dei co.1 e 4 dell’art.1, L. n.431/88 cit., sembra escludere qualsiasi interferenza della norma
in questione con il tema del presente lavoro, ma è sembrato opportuno dedicarvi un
accenno, sia per via della portata testuale della norma stessa (riferentesi, pur sempre, ai
“contratti di locazione”), sia in relazione ai problemi di disparità di trattamento, rilevanti ex
art.3 Cost., che essa parrebbe determinare.
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Derogabilità della regolamentazione in tema di durata
Altro problema è quello relativo alla derogabilità della normativa dettata dal sopra ricordato
art.27, L. n.392/78 cit. in tema di durata contrattuale.
Sul punto, occorre distinguere l’ipotesi in cui la regolamentazione pattizia preveda una durata
inferiore a quella prevista dalla legge (ovvero non vi sia pattuizione alcuna), dall’ipotesi in cui
la durata pattuita sia, viceversa, superiore a quella legale.
Nel primo caso (durata inferiore o non prevista), soccorre la previsione dell’art.27, co.4, L.
n.392/78 cit., in virtù della quale la vigenza contrattuale viene automaticamente riportata a
quella prevista dalla legge, pari a 6, o, rispettivamente, a 9 anni.
Tale meccanismo comporta, anche per il tramite di quanto previsto dall’art.79, co.1, L.
n.392/78 cit., l’invalidità negoziale limitata alla singola clausola derogativa, sopperendo a tale
carenza tramite l’integrazione legale del contratto nella parte interessata dalla nullità,
secondo quanto previsto dall’art.1419, co.2, c.c. (v. Cass. Civ., sez.III, 26.04.2004 n.7927;
Cass. Civ., sez.III, 25.11.2002 n.16580).
Nel secondo caso (durata superiore a quella legale), viceversa, non sembra sussistere
problema alcuno, avendo la legge previsto l’inderogabilità della sola durata minima, e restando
le parti vincolate, quanto alla durata massima, unicamente al disposto dell’art.1573 c.c., che la
fissa in 30 anni (v. Cass. Civ., sez.III, 26.04.2004, n.7927).
L’ipotesi da ultimo considerata, tuttavia, genera qualche incertezza in ordine alla correlata questione
della durata delle eventuali proroghe del contratto successive alla prima scadenza, laddove il periodo
iniziale di vigenza sia stato convenuto dalle parti in un tempo superiore a quello legale.
La giurisprudenza sul tema sembra escludere che il rinnovo debba avere durata analoga a
quella originaria convenzionalmente pattuita, ritenendo invece applicabili, per i periodi
successivi al primo, i tempi di cui al combinato disposto degli artt.27 e 28 L. n.392/78 cit.
(Cass. Civ., sez.III, 24.11.2004 n.22129; Trib. Modena, 7 aprile 2004).
Quid, se la previsione pattizia stabilisce una durata superiore a quella legale, sia per il
periodo iniziale, sia per i successivi periodi di rinnovo del contratto?
Pur non essendosi rinvenuti precedenti in termini, sul punto sembra potersi concludere per la
prevalenza dell’accordo negoziale, stante il fatto, già segnalato in precedenza, che la L.
n.392/78 cit. si limita a stimmatizzare il difetto di previsione della durata, ovvero la
previsione di una durata inferiore rispetto a quella legalmente stabilita, non impedendo, per
converso, che le parti concordino tempi contrattuali superiori al dettato legale.
La rinnovazione del contratto con particolare riferimento alla prima scadenza
Come si è già visto, l’art.28, L. n.392/78 cit., derogando a quanto generalmente previsto
dall’art.1596, co.1, c.c., stabilisce che il contratto di locazione commerciale si rinnovi
tacitamente alla scadenza, salvo disdetta da inviarsi, rispettivamente, 12 mesi (in ipotesi di
locazione alberghiera, 18 mesi) prima della scadenza.
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Le principali problematiche in materia di contratti
di locazione commerciale: aspetti giuridici
La disposizione va correlata a quella di cui al successivo art.29, L. n.392/78, il quale, per
quanto attiene alla prima scadenza contrattuale, consente al locatore di negare il rinnovo
solo in presenza di alcune specifiche ragioni in tale norma indicate (adibire l’immobile ad
abitazione propria, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado; adibirlo all’esercizio in
proprio di attività commerciale; demolire l’immobile per ricostruirlo ovvero procedere alla sua
ristrutturazione etc.; v. art.29, co.1, L. n.392/78 cit.; per la locazione alberghiera, v., invece,
quanto disposto dal co.2 della disposizione in questione).
In ipotesi, dunque, la disdetta negoziale non è libera, ma condizionata all’effettiva sussistenza dei
presupposti sopra riassunti, i quali devono essere esplicitati, a pena di nullità, nella comunicazione
intesa a denegare il rinnovo, da inviarsi al conduttore negli stessi termini sopra indicati.
Si badi che, ai sensi dell’art.31, L. n.392/78 cit., laddove il locatore, negato il rinnovo
contrattuale alla prima scadenza per una delle ragioni di cui sopra e conseguentemente
riottenuta la disponibilità dell’immobile, non dia poi effettivo seguito alle intenzioni espresse
nel termine dei sei mesi dalla consegna dello stesso (adibendolo effettivamente ad
abitazione, principiando l’attività commerciale in proprio etc.), la parte conduttrice potrà
chiedere il ripristino del contratto, salvi i diritti dei terzi di buona fede, ovvero ottenere il
risarcimento del danno nella misura stabilita dalla disposizione in commento.
La delicatezza delle norme sopra riassunte e delle conseguenze derivanti dalla loro
applicazione hanno determinato l’insorgere di diversi problemi, tra cui ricordiamo i seguenti.
Tassatività delle ragioni: onere di motivazione
La giurisprudenza ha ripetutamente deciso che il diniego di rinnovazione contrattuale alla
prima scadenza da parte del conduttore è possibile, a pena di nullità della disdetta, solo ed
esclusivamente per uno dei motivi tassativamente elencati dall’art.29, co.1, L. n.392/78 cit.,
motivi che devono essere espressamente enunciati nella comunicazione inviata al conduttore
al fine di consentire, sia la verifica preventiva della legittimità del diniego, sia il controllo
dell’effettiva destinazione dell’immobile riconsegnatogli agli utilizzi dichiarati (v. sul punto,
Cass. Civ., sez.III, 06.11.2002 n.15547, espressione di un indirizzo costante).
E’ bene precisare che, una volta che il locatore abbia fatto ricorso ad un determinato motivo,
tra quelli di cui all’art.29 cit., non gli sarà più possibile mutare avviso, dovendosi, la
successiva azione giudiziale, intesa al rilascio dell’immobile locato, necessariamente fondare
sulla medesima situazione prospettata nella comunicazione di cui si tratta (v., ad es., Cass.
Civ., sez.III, 06.11.2002 n.15547).
Casistica
Onde comprendere esattamente la portata del rigore giurisprudenziale relativo all’onere di
esposizione specifica delle ragioni addotte dal locatore a giustificazione del diniego di rinnovo
alla prima scadenza contrattuale e di tassatività delle relative previsioni, si considerino le
seguenti fattispecie.
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Nel caso in cui il locatore si sia avvalso di una delle ragioni indicate nelle lett.a) e b)
dell’art.29, co.1, L. n.392/78 (adibire l’immobile ad abitazione, ovvero ad attività lavorativa
propria o del coniuge o di una parente in linea retta sino al secondo grado), gli si è
addossato l’onere di specificare espressamente l’uso previsto, il soggetto beneficiario di tale
uso, e, in caso di nuova attività commerciale, il tipo della medesima (v. Cass. Civ., sez.III,
19.01.2001 n.792).
Laddove, poi, il locatore si sia riferito alla necessità di ricostruire, ristrutturare o restaurare
l’immobile, ex art.29, co.1, lett.c) e d), L. n.392/78 cit., occorre che egli, oltre ad indicare
specificamente tali opere nella preventiva comunicazione di diniego, dimostri di essere in
possesso, al momento della richiesta di rilascio dell’immobile locato, del o dei provvedimenti
amministrativi permissivi che gli consentano di procedere alle opere edilizie preannunziate,
difettando i quali, non sarà possibile procedere al rilascio stesso (Cass. Civ., sez.III,
25.09.1996, n.8460).
Quanto alla locazione alberghiera, si è altresì deciso che le ragioni di diniego possono essere
solo quelle previste dal co.2 dell’art.29, L. n.392/78 cit., con esclusione dunque, posta la
specialità di tale disposto, dell’applicabilità di quanto stabilito, in via generale, dal co.1 della
medesima disposizione (Cass. Civ., sez.III, 12.08.1991, n.8789).
Esigenze di brevità, purtroppo, non consentono di proseguire l’esemplificazione della
casistica, la cui lettura, comunque, consiglia estrema cautela laddove si decida di ricorrere
alla disposizione in esame.
Rinuncia del conduttore al primo rinnovo contrattuale
A mente di quanto previsto dall’art.79, co.1, L. n.392/78 cit., si ritiene nulla la rinunzia
preventiva del conduttore alla rinnovazione alla prima scadenza, anche allorché la stessa sia
operata a fronte di una durata del contratto di locazione superiore al minimo legale, ma
inferiore al periodo complessivo che si sarebbe avuto operando la rinnovazione (Cass. Civ.,
sez.III, 29.12.1995, n.10270; nella specie, il locatore aveva rinunziato alla rinnovazione, a
fronte di una durata contrattuale stabilita in 9 anni, laddove operando la regolamentazione
legale, tale durata sarebbe stata complessivamente pari a 6 anni + 6 anni).
Nullità della disdetta ed acquiescenza del conduttore
Si è detto che la disdetta difettante dei requisiti di legge è nulla e, come tale, non possiede effetto
alcuno sul contratto, che si rinnova, dunque, secondo la previsione legale.
A tale nullità è riconosciuto carattere assoluto, con conseguente rilevabilità d’ufficio da parte
del Giudice (Cass. Civ., sez.III, 29.09.1997, n.9545).
Quid, tuttavia, nel caso in cui il conduttore, a fronte di una disdetta nulla, faccia
acquiescenza alle pretese del locatore, riconsegnando l’immobile?
138
Le principali problematiche in materia di contratti
di locazione commerciale: aspetti giuridici
La giurisprudenza ha deciso che, in ipotesi, si determina comunque “la cessazione del rapporto
locativo alla data bilateralmente concordata, non incorrendo nel divieto di cui all'art. 79 legge
citata la rinuncia del conduttore al diritto di rinnovazione del contratto alla prima scadenza, se
compiuta dopo la stipulazione del contratto” (Cass. Civ., sez.III, 13.09.1996, n.8262).
Determinazione ed aggiornamento del canone
Come è noto, principio informatore della determinazione del canone in materia di contratti di
locazione commerciale è quello della libera negoziazione del medesimo, in virtù del quale,
dunque, le parti sono libere di fissare il corrispettivo nella misura che più gli aggradi.
Tuttavia, una volta stabilito tale importo, l’art.32, co.2, L. n.392/78 cit. consente loro di
apportarvi una variazione annuale pari, al massimo, al 75% di quella accertata dall’Istat,
dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati.
Sul punto è bene rilevare che ogni diversa previsione intesa a far ottenere al locatore un
vantaggio economico superiore rispetto a quello sopra previsto, viene considerata dalla
giurisprudenza radicalmente nulla, ex art.79, co.1, L. n.392/78 cit., conseguendone la riduzione
dell’aggiornamento previsto dalle parti nei limiti di quanto prescritto dall’art.32, co.2, L. n.392/78
cit. (v., ad es., Cass. Civ., sez.III, 15.10. 2002, n.14655).
La norma assume una speciale valenza in relazione alla prassi contrattuale, di verificazione
alquanto frequente, in virtù della quale le parti del contratto stabiliscono un canone in misura
crescente nel corso degli anni, prevedendo progressivi ed a volte consistenti aumenti del
medesimo a cadenze predeterminate.
Tale meccanismo può essere finalizzato a far effettivamente ottenere al locatore aumenti
annuali superiori a quelli consentiti dal predetto art.32, L. n.392/78 cit., ipotesi in cui
incapperà nella sanzione di nullità per le ragioni sopra indicate.
Tuttavia, può pure darsi il caso che la previsione in discorso trovi la propria ragione d’essere in
particolari condizioni negoziali, tali da giustificare le variazioni concordate secondo criteri obiettivi.
Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di lavori di ristrutturazione di forte entità addossati al
conduttore, che potrebbero giustificare una riduzione del canone pattuito per i primi anni di
attività, oppure a sfavorevoli congiunture di mercato al momento della sottoscrizione del
contratto e via dicendo.
In tali casi, la giurisprudenza ‘apre’ alla clausola in esame, purché essa risulti ancorata “ad
elementi predeterminati (idonei ad influire sull'equilibrio economico del sinallagma
contrattuale e del tutto indipendenti dalle eventuali variazioni annuali del potere di acquisto
della moneta)” e purché “ non risulti una sottostante volontà delle parti volta, in realtà, a
perseguire surrettiziamente lo scopo di neutralizzare esclusivamente gli effetti della
svalutazione monetaria, eludendo, così, i limiti quantitativi posti dall'art. 32” cit. (Cass. Civ.,
sez.III, 24 giugno 1997 n.5632).
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La prelazione
Come è noto, a mente dell’art.38, L. n.392/78 cit., al conduttore di immobile ad uso
commerciale spetta, in caso di vendita dell’immobile stesso da parte del locatore, diritto di
prelazione.
Al fine di garantire l’effettività di tale diritto, la norma impone al locatore-venditore, l’onere di
notificare al conduttore un atto contenente le condizioni della vendita.
Laddove il locatore non ottemperi alla prescrizione in questione, soccorre il diritto di riscatto
dall’acquirente dell’immobile o da qualsiasi altro avente causa, che il conduttore potrà
esercitare nei sei mesi successivi alla trascrizione del contratto, a mente dell’art.39, L.
n.392/78 cit..
Analoga prelazione è riconosciuta al conduttore, ex art.40, L. n.392/78 cit., laddove il
locatore, venuto a scadenza del contratto, intenda locare a terzi l’immobile.
In tale seconda ipotesi, tuttavia, il diritto del conduttore non è sorretto dallo strumento del
riscatto, giacché, com’è stato deciso in giurisprudenza, la disposizione da ultimo citata “non
prevede che, nel caso di violazione del diritto di prelazione dell'originario conduttore,
quest'ultimo possa essere autoritativamente sostituito al soggetto al quale l'immobile sia
stato nuovamente locato” (Cass. Civ., sez.III, 19.08.2003 n.12098): unico rimedio concesso,
dunque, sarà quello del risarcimento del danno.
Prelazione in caso di vendita
La normativa in tema di prelazione in caso di vendita ha posto innumerevoli problemi, a partire
dall’individuazione del suo fondamento (conservazione delle attività produttive a contatto con il
pubblico), dei soggetti titolari del diritto (tra cui è ricompreso anche il subconduttore), dei
presupposti per l’esercizio dello stesso, delle modalità di informativa da parte del locatore, delle
modalità di esercizio della prelazione da parte del conduttore e via dicendo.
Una compiuta disamina di tali problematiche appare evidentemente impossibile in un
contesto quale è il presente, talché si è ritenuto opportuno limitare l’analisi ad alcuni cenni
relativi alle fattispecie in cui, casisticamente, si è ritenuto operante, ovvero non operante il
diritto in questione.
In considerazione del fatto che l’art.38, L. n.392/78 cit., nel prevedere il diritto di cui si tratta, si
riferisce, testualmente, ai “trasferimenti” effettuati “a titolo oneroso”, la dottrina tende ad
escludere dall’ambito in esame gli atti costitutivi di diritti reali parziari, nonché le donazioni.
Analogamente, si esclude dalla prelazione, in considerazione dell’impossibilità che il
conduttore possa offrire al locatore lo stesso vantaggio offerto a quest’ultimo dal contraente
originario, le ipotesi in cui l’immobile locato passi di mano in virtù di negozi transattivi, di
datio in solutum, di negozi rientranti nello schema del do ut facias, o, infine, di permute (per
quest’ultimo caso, v. Cass. Civ., sez.III, 06.05.2003, n.6867).
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Le principali problematiche in materia di contratti
di locazione commerciale: aspetti giuridici
Si è anche esclusa la prelazione, per difetto della corrispettività immediata prevista dall’art.38, L.
n.392/78 cit., in ipotesi di conferimento dell’immobile in società (Cass. Civ., sez.III, 21.07.2000
n.9592), così come, sotto il profilo della mancanza della volontà di trasferire, nel caso di vendita
forzata dell’immobile stesso (Cass. Civ., sez.III, 16.12.1996, n.11225).
Ancora, al conduttore non spetta prelazione nell’ipotesi di vendita “in blocco” dell’intero
edificio in cui sia inserito l’immobile locato, rappresentando, in tal caso, l’unità complessiva
compravenduta, un bene diverso ed autonomo rispetto a quello, oggetto di locazione,
facente parte di tale unitario complesso (v., ad. es., Cass. Civ., sez.III, 04.02.2002 n.1443).
Viceversa, il caso di vendita cumulativa di più unita immobiliari, si tende a distinguere
l’ipotesi in cui la vendita abbia oggetto plurimo (vale a dire tante unità immobiliari,
individualmente considerate, tra cui quella locata), dal caso in cui l'oggetto del contratto sia
comunque unico, “sia, cioè, un complesso immobiliare dotato di una propria individualità
giuridico-strutturale sussistente, tra le diverse unità trasferite” (v. Cass. Civ., sez.III,
21.05.1999 n.4956).
Nel primo caso, secondo la giurisprudenza, “la prelazione ed il riscatto devono essere esclusi per
le stesse ragioni per le quali lo sono nella vendita in blocco (in quanto oggetto del trasferimento
è un bene che ha una configurazione sua propria, che lo rende diverso dall'immobile locato), nel
secondo devono essere riconosciuti, poiché realizzano le finalità dell'accorpamento aziendale
perseguito dalla legge” (v. Cass. Civ., sez.III, 21.05.1999, n.4956).
Conclusioni
Come premesso al principio di questa breve disamina concernente il contratto di locazione
commerciale, l’indagine è stata necessariamente limitata ad alcune delle principali questioni
emerse nella pratica del contratto stesso.
Ne sono, per converso, restate fuori altre, anche rilevanti - quali il diritto di recesso del
conduttore, il ristoro dell’avviamento commerciale perduto, la cessione del contratto di
locazione, la sublocazione, la successione nel contratto, le regole di ripartizione degli oneri di
manutenzione - che, se del caso, potranno essere affrontate in un successivo intervento.
Quel che si spera di aver trasmesso, comunque, è una sensazione di complessità negoziale
adeguata all’effettiva pregnanza degli interessi delle parti ed alla rilevanza sociale del tipo
contrattuale esaminato, spesso, purtroppo, oggetto di regolamenti pattizi poco accurati e non
adeguati all’importanza del rapporto che sono destinati a governare.
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CONTRATTO DI LOCAZIONE AD USO DIVERSO*
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a cura di Cristina Schiatti
Con il termine locazione commerciale si intende la locazione di immobili urbani ad uso diverso da
quello abitativo, normalmente caratterizzato da un’attività economica produttiva di reddito.
L’oggetto della locazione commerciale è essenzialmente un immobile. Si differenzia dall’oggetto
dell’affitto di azienda che è costituito, invece da un complesso di beni organizzato per l’esercizio
dell’attività imprenditoriale nel quale, sovente, l’immobile è un componente.
Il sig. __________, nato a __________ il
__________ ed ivi residente in Via
__________ n. ___ (c.f. __________ ) e la sig.ra __________, nata a __________ il
__________ ed ivi residente in __________ n. ___ (c.f. __________ ), in prosieguo
denominati "parte locatrice"
E
la __________, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, sig. _______ con
sede in __________, Via __________ n. ___ (c.f. e p.iva __________) iscritta al registro
delle imprese di __________ n.________, in prosieguo denominata“parte conduttrice”
CONVENGONO E STIPULANO QUANTO SEGUE
La forma del contratto dipende dalla sua durata. Se la durata è uguale o inferiore a 9 anni, la
forma è libera. E’ quindi ammessa anche la forma orale, anche se, nella prassi e, soprattutto
per questioni di prova, è preferibile la forma scritta.
Se la durata è superiore a 9 anni, il
contratto necessita della forma scritta e, più in particolare, la forma dell’atto pubblico o della
scrittura privata autenticata.
Per il calcolo della durata non rilevano le clausole che
determinano un’automatica rinnovazione del contratto, dovendosi fare riferimento solo alla
“prima scadenza”.
1) Oggetto
La parte locatrice concede in locazione alla parte conduttrice, che accetta, l’immobile sito in
__________, con accesso dal civico n. ___ di Piazza __________, angolo Via
__________
n. __, della superficie di circa metri quadrati ___, di cui ___ adibiti ad uso commerciale al
piano terreno ed ___ adibiti ad uso magazzino al piano seminterrato. L’unità immobiliare di
cui sopra risulta essere individuta in catasto al foglio n. ___, particella n. ___ sub. ___.
La locazione può avere ad oggetto un edificio o anche un’area. L’immobile deve però essere
urbano cioè destinato ad un uso che può essere commerciale, professionale, artigianale o
industriale. Sono esclusi i cosiddetti fondi agricoli per i quali è prevista una disciplina ad hoc.
E’ locazione commerciale anche quella che ha per oggetto immobili adibiti a parcheggio,
deposito, autorimessa, garage, magazzino.
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scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
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Contratto di locazione ad uso diverso
2) Destinazione
La parte conduttrice utilizzerà l’immobile oggetto della locazione per la propria attività di
,____________.
Qualsiasi
diversa
utilizzazione
dovrà
essere
preventivamente
ed
espressamente autorizzata dalla parte locatrice. La parte conduttrice dichiara che la parte
dell’unità immobiliare sita al piano terreno verrà utilizzata per attività che comporta contatti
diretti con il pubblico.
Il conduttore deve rispettare l’uso convenuto nel contratto. Qualora, durante la locazione,
muti l’attività esercitata nello stesso senza il consenso del locatore, quest’utlimo potrà agire
per la risoluzione del contratto. Una particolarità è per il mutamento dall’uso commerciale
all’uso abitativo. In tal caso il locatore avrà un termine di 3 mesi (decorrenti dal momento in
cui ha avuto conoscenza del mutamento) per agire per la risoluzione del contratto. Decorso
detto termine inutilmente, il rapporto sarà disciplinato dal regime giuridico corrispondente
alla nuova destinazione dell’immobile.
Quando il contratto cessa per volontà del locatore, quest’ultimo è tenuto a versare una
somma al conduttore a titolo di indennità per la perdita di avviamento. L’importo è pari a 18
mensilità dell’ultimo canone corrisposto (per le attività alberghiere: 21 mensilità). L’indennità
è dovuta solo per il caso in cui l’attività esercitata nell’immobile comporta contatti diretti con
il pubblico. Nel caso in cui l’immobile venga adibito all’esercizio della stessa attività (entro un
anno dalla cessazione della precedente locazione) il conduttore ha diritto ad un’ulteriore
indennità di importo pari alla precedente. Il diritto all’indennità non è rinunciabile alla
conclusione del contratto a meno che il conduttore, per detta rinuncia, abbia ottenuto un
vantaggio (ad es. una riduzione del canone).
3) Cessione del contratto
La parte conduttrice non potrà sublocare, cedere in uso o comunque affittare a terzi
l’immobile locato o parte di questo, nè cedere il contratto, fatte salve le ipotesi di cui all'art.
36 L. 392/78. La violazione di detti divieti costituirà clausola risolutiva espressa del presente
contratto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1456 c.c..
Se non convenuto il divieto nel contratto, il conduttore può concedere in sublocazione
l’immobile ad un terzo (subconduttore). Anche qualora il contratto prevedesse il divieto di
sublocazione, quest’ultimo è superabile se il conduttore dia contestualmente in sublocazione
l’immobile e affitti o ceda l’azienda. In tale caso non vi è subentro nel rapporto originario ma
si crea un rapporto derivato tra il locatore originario ed il subconduttore. Il locatore si può
opporre solo per gravi motivi (ad esempio gravi circostanze che possono far venir meno le
garanzie patrimoniali).
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La cessione del contratto è iammessa solo con il consenso del locatore, a meno che il
conduttore ceda o affitti al terzo (o la conferisca) la propria azienda della quale la locazione
sia un elemento funzionale. Anche in tal caso il locatore si può opporre solo per gravi motivi.
4) Durata
La locazione ha la durata di sei anni, con inizio dal __________ e termine al __________.
La parte conduttrice ha la facoltà di recedere anticipatamente ai sensi dell'art. 27, 7° comma
L. 392/78, con preavviso di mesi sei, da formularsi mediante lettera raccomandata con
ricevuta di ritorno. In caso di mancata disdetta inviata dalla parte locatrice da comunicarsi, a
mezzo di lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, almeno dodici mesi prima della
scadenza, la locazione si rinnoverà per un uguale periodo e così di seguito.
La durata minima, inderogabile, è di 6 anni (salvo le locazioni transitorie per le caratteristiche
dell’attività- e quelle alberghiere).
Se le parti fissano una durata inferiore, la durata è
comunque di 6 anni. Quella massima è di 30 anni.
Normalmente, alla prima scadenza il contratto si rinnova tacitamente di 6 anni. Le parti
possono stabilire una durata diversa per il rinnovo.
Il rinnovo non avviene se, alla prima scadenza del contratto, il locatore nega il rinnovo
stesso. Il diniego di rinnovo, da parte del locatore, però può essere dato solo alla prima
scadenza e per determinati motivi stabiliti dalla legge: a) adibire l’immobile ad abitazione
propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta; b) adibire l’immobile
all’esercizio di un’attività commerciale in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il
secondo grado in linea retta o anche attraverso una società di persone di cui il locatore sia
socio; c) demolire l’immobile per ricostruirlo o ristrutturarlo integralmente o intervenire su di
esso sulla bsae di un programma pluriennale, oppure quando vuole ristrutturarlo per rendere
i locali di vendita conformi a legge ed ai piani comunali sempre che le opere da effettuare
saino incompatibili con la permanenza del conduttore nell’immobile. E’ necessario, per agire
per il rilascio, il possesso della licenza o concessione ad eseguire i lavori.
Dopo la prima scadenza il locatore può disdettare il contratto con comunicazione da
effettuarsi entro 12 mesi dalla scadenza.
Il conduttore, invece, può disdettare il contratto già alla prima scadenza, previo invio della
relativa comunicazione entro il termine di 12 mesi dalla scadenza stessa.
Le parti possono prevedere che il conduttore possa, in qualsiasi momento, recedere dal
contratto dando il preavviso entro 6 mesi. Se tale facoltà non è prevista il conduttore potrà
recedere alle sole scadenze contrattuali (con preavviso di 12 mesi) o qualora ricorrano gravi
motivi (con preavviso di sei mesi).
I gravi motivi che consentono il recesso sono
esclusivamente quelli che non dipendono in alcun modo da fatto o volontà del conduttore,
siano imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendere gravosa la
sua prosecuzione.
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Contratto di locazione ad uso diverso
5) Riconsegna dell’immobile
Alla scadenza i locali dovranno essere riconsegnati personalmente alla parte locatrice o a
persona da quest'ultima espressamente incaricata per iscritto. Nel caso di mancata o
ritardata riconsegna dei locali alla scadenza, la parte conduttrice - oltre a quanto previsto
nell'art. 15 (quindici) - dovrà pagare alla parte locatrice una indennità per l'abusiva
occupazione pari al canone di affitto a quel momento dovuto in virtù del presente contratto,
oltre ad una ulteriore indennità giornaliera, a titolo di penale parziale, pari ad 1/60 (un
sessantesimo) del canone mensile che sarà a quel momento dovuto, fatto salvo, comunque,
il risarcimento del maggior danno. Resta salvo il diritto della parte locatrice a procedere
giudizialmente per ottenere il rilascio coattivo dell’immobile.
Le parti possono prevedere nel contratto un’apposita clausola penale che preveda, ad
esempio, l’obbligo di pagare, da parte del conduttore, una determinata somma rivalutabile
per ogni giorno di ritardo. Il locatore evita, in tal modo, di dover dare dimostrazione dei
danni subiti dal ritardo nella riconsegna del bene.
6) Canone
Il canone della locazione è stabilito in complessive € __________ (€ __________ ) annue, da
pagarsi in rate mensili anticipate di € __________ ( € __________ ) entro il giorno -__ di
ciascun mese, a mezzo bonifico bancario sul conto corrente bancario della parte locatrice
intrattenuto presso la __________ n. __________ cod. Abi __________ cod. Cab
__________.
Il canone così corrisposto sarà automaticamente e senza bisogno di
richiesta scritta, aggiornato in relazione alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al
consumo per le famiglie degli operai ed impiegati intervenuta a decorrere dall'inizio del
secondo anno di locazione. La misura dell'aggiornamento sarà quella massima consentita
dalla legge. Successivamente, il canone sarà aggiornato annualmente, in relazione alla
variazione ISTAT intervenuta nell'anno precedente. In ogni caso, laddove, dovesse venire a
mutare l’indice di riferimento in relazione ad inderogabili disposizioni legislative, sia nazionali
che comunitarie, verrà applicata, comunque, quella più favorevole alla parte locatrice.
Il canone può essere liberamente stabilito dalle parti. Deve rimanere invariato per tutta la
durata del contratto salvo gli aggiornamenti. Spesso, peraltro, il canone viene pattuito in
maniera crescente per i primi anni giustificano l’iniziale minor importo con le spese di
ristrutturazione dell’immobile.
Le parti possono convenire un aggiornamento annuale del canone, ammessa solo nella
misura del 75% dell’indice ISTAT. E’ preferibile non fare riferimento ad alcuna percentuale,
inserendo invece “la misura massima consentita dalla legge”.
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7) Spese condominiali
Sono a carico della parte conduttrice, che sin d'ora, dichiara irrevocabilmente di accollarsene
il pagamento, tutte le spese di gestione, ivi comprese telefono, luce, gas, corrente
industriale, nonchè tute le spese condominiali ordinarie; quest'ultime dovranno essere
pagate direttamente dalla parte conduttrice all'amministrazione del condominio che è
abilitata a rilasciare le relative quietanze. In ogni caso tutte le somme che la parte locatrice
avesse ad anticipare per conto della parte conduttrice per quanto innanzi detto, dovranno
essergli da quest'ultima rimborsate entro e non oltre il 5° giorno dal ricevimento della
relativa richiesta. Sulle somme non corrisposte decorreranno interessi moratori pari al ….%
L'inadempimento della parte conduttrice darà diritto alla parte locatrice di ottenere la
risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1456 c.c..
Il conduttore ha diritto di partecipare alle assemblee condominiali ed ha diritto di voto
relativamente alle spese ed alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di
condizionamento dell’area. Può intervenire, ma senza diritto di voto, sulle delibere relative
alla modificazione degli altri servizi comuni.
A meno che non vi siano pattuizioni diverse, sono interamente a carico del conduttore le
spese relative al servizio di pulizia, al funzionamento ed all’ordinaria manutenzione
dell’ascensore, alla fornitura dell’acqua, dell’energia elettrica, del riscaldamento e del
condizionamento dell’aria, allo spurgo dei pozzi neri ed alla fornitura dei servizi comuni oltre
chè delle spese di portineria nella misura del 90%.
8) Divieto di eccezioni e risoluzione del contratto
Il pagamento del canone non potrà essere sospeso nè ritardato da pretese od eccezioni della
parte conduttrice, qualunque ne fosse il titolo, salvo il successivo e separato esercizio delle
sue ragioni.
Il mancato pagamento, in tutto od in parte del corrispettivo alle scadenze mensili pattuite,
costituirà automaticamente la parte conduttrice in mora; tale mancato pagamento costituirà
inoltre inadempienza grave, legittimando in ogni caso la parte locatrice a chiedere la
risoluzione di diritto del contratto.
In caso di mancato pagamento dei canoni il locatore può agire in giudizio per chiedere lo
sfratto del conduttore.
9) Manutenzione dell’immobile
La parte conduttrice si obbliga per tutta la durata della locazione a provvedere a proprie
spese a tutte le manutenzioni ordinarie dell’immobile in tutte le sue parti ed adempirà ad
ogni obbligo derivante da leggi o regolamenti applicabili, tenuto conto della specifica
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Contratto di locazione ad uso diverso
destinazione dell’immobile. Se la parte conduttrice rifiuta di eseguire le manutenzioni poste a
suo carico o ne ritarda l’esecuzione senza giusto motivo, la parte locatrice avrà la facoltà,
previo preavviso scritto di …. giorni di farle eseguire direttamente.
Le spese dovranno
essere immediatamente rimborsate dalla parte conduttrice su semplice richiesta della parte
locatrice. La parte locatrice, per tutta la durata della locazione, provvederà a proprie spese a
tutte le manutenzioni straordinarie dell’immobile quali in via esemplificativa:
………….
………….
Ovvero
Qualora il bene locato necessiti di riparazioni non a carico della parte conduttrice, questa
deve darne avviso alla parte locatrice, ovvero può provvedervi direttamente qualora si tratti
di riparazioni urgenti. In questo ultimo caso potrà ottenere un rimborso per il costo dei
lavori eseguiti.
Salvo patto contrario, il conduttore deve provvedere alla manutenzione ordinaria
dell’immobile. Dovrà sostenere le spese di manutenzione che derivano dall’uso dell’immobile
(sono escluse quelle dovute a vetustà od a caso fortuito). Esempio: sono a carico del
conduttore le spese per la tinteggiatura, riparazione dei vetri, degli impianti come ad
esempio della rubinetteria o dell’impianto elettrico od igienico sanitario.
Sono invece a
carico del conduttore gli interventi di straordinaria manutenzione
10) Dichiarazioni e garanzie del conduttore
La parte conduttrice dichiara di aver visitato l’immobile e gli impianti, di averli trovato in
buono stato locativo ed adatti all'uso convenuto. Il conduttore dichiara, inoltre, di possedere
tutte le licenze ed autorizzazioni amministrative necessarie all’uso del bene secondo la
destinazione pattuita.
Il locatore deve consegnare l’immobile in buono stato di manutenzione, con gli accessori e le
pertinenze strumentali in uso. Lo stato dell’immobile normalmente è descritto nel contratto o
nel verbale di consegna; in mancanza si presume che il conduttore abbia ricevuto l’immobile
in buono stato di manutenzione. Le parti, per evitare problemi, spesso inseriscono la clausola
nella quale il conduttore dichiara di aver preso visione dell’immobile e di averlo trovato
adatto all’uso che intende effettuarne. Se vi sono attrezzature particolari è uso indicarle.
11) Miglioramenti, addizioni e innovazioni
Alla parte conduttrice è fatto divieto di apportare modifiche, addizioni, innovazioni o
miglioramenti alla cosa locata, senza il preventivo consenso scritto della parte locatrice.
Salvo quanto pattuito al comma precedente, i miglioramenti e le addizioni eseguiti dalla parte
conduttrice nel corso del contratto, eccettuabile quanto asportabile senza danno, resteranno
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a favore della parte locatrice, la quale potrà conservare detti miglioramenti o addizioni o
chiedere l’eliminazione avvalendosi della facoltà di richiedere la messa in pristino.
Qualora le opere eseguite costituiscano effettivi miglioramenti della cosa locata e la parte
locatrice decida di conservarle, alla parte conduttrice sarà dovuto un indennizzo pari alla
minor somma tra la spesa effettuata e l’aumento del valore conseguito dall’immobile per
effetto di detti miglioramenti ed addizioni.
Ogni modificazione deve essere eseguita a regola d’arte senza alterare la struttura portante
del fabbricato. In ogni caso deve essere effettuata nel rispetto delle disposizione di legge e
previo ottenimento delle prescritte licenze ed autorizzazioni.
E’ in ogni caso fatta salva la facoltà per la parte locatrice di chiedere la messa in pristino nel
caso siano state eseguite modificazioni, innovazioni e trasformazioni non autorizzate.
In generale il conduttore può apportare dei miglioramenti all’immobile sempre nel rispetto
del divieto di mutamento di destinazione. Salvo che il contratto preveda diversamente il
conduttore non ha diritto ad un’indennità per i miglioramenti apportati. Se, però, il locatore
acconsente o autorizza i miglioramenti, deve pagare un’indennità al conduttore pari alla
minor somma tra l’importo di spesa ed il valore della cosa al tempo della riconsegna.
Il conduttore può anche apportare addizioni all’immobile (cioè eseguire opere che, anche se
unite al bene, non si fondono con lo stesso conservando, invece, una propria individualità).
Alla cessazione del rapporto se dette addizioni sono facilmente rimuovili, il locatore può
decidere di trattenerle pagando un’indennità pari alla minor somma tra l’importo della spesa
ed il valore delle addizioni al tempo della riconsegna. Se il locatore non esercita il diritto alla
ritenzione il conduttore può asportarle. Se le addizioni non sono invece separabili
dall’immobile senza che questo ne subisca un danno, il locatore ne diviene proprietario senza
dover nulla al conduttore a meno che le addizioni non costituiscano anche un miglioramento
dell’immobile. In tale ipotesi si applicherà al disciplina dei miglioramenti
12) Custodia ed esonero da responsabilità
La parte conduttrice è costituita custode della cosa locata e dichiara di essere a conoscenza
del regolamento condominiale dello stabile ove ubicato l’immobile oggetto della locazione
impegnandosi a rispettare ed assolvere le prescrizioni dello stesso. La parte locatrice, fino
alla riconsegna, ha il diritto di ispezionare e far ispezionare l’immobile affittato per accertarne
lo stato ed il buon uso.
Per ovviare agli inconvenienti è spesso previsto a carico del conduttore l’obbligo di assicurare
l’immobile.
La parte conduttrice esonera espressamente la parte locatrice da ogni responsabilità per i
danni diretti ed indiretti a persone e/o cose che potessero derivargli da fatto doloso o
colposo di propri dipendenti o di terzi in genere, tranne che concorra colpa grave o manifesta
della parte locatrice.
148
Contratto di locazione ad uso diverso
13) Visita
Successivamente alla disdetta o nel caso in cui la parte locatrice intendesse vendere la cosa
locata, la parte conduttrice dovrà sempre consentire, previo avviso, la visita dell'immobile
locato, sotto pena della risoluzione di diritto del contratto e del risarcimento dei danni.
14) Fallimento
Nel caso di fallimento della parte conduttrice, il presente contratto si intenderà ipso iure
automaticamente risolto. Pertanto - salvo ogni altro diritto - il locale dovrà essere
prontamente riconsegnato.
Per i fallimenti del locatore anteriori al 16 luglio 2006, salvo che il contratto preveda per
questa ipotesi la risoluzione o lo scioglimento del rapporto, il curatore subentra nel contratto
senza necessità di alcun provvedimento del giudice delegato.Egli può riscuotere i canoni,
dare disdetta ed ottenere giudizialmente il rilascio dell’immobile. In caso decida di vendere
l’immobile all’asta il conduttore non vanta alcun diritto di prelazione.
Per i
fallimenti
dichiarati dopo il 16 luglio 2006, il curatore subentra automaticamente nel contratto di
locazione; non pare prevista la possibilità di convenire il patto contrario.
Se fallisce il conduttore il contratto continua senza sospensione; il curatore può recedere in
qualsiasi momento. I canoni saranno pagati dal curatore in prededuzione.
I canoni
precedenti il fallimento sono di natura, invece, concorsuale ma sono assistiti dal privilegio
anche sui beni presenti nell’immobile.
15) Deposito cauzionale
A garanzia dell’esatto adempimento delle obbligazioni assunte con il presente contratto, la
parte conduttrice ha corrisposto alla parte locatrice, a titolo di deposito cauzionale, la somma
di Euro ….. pari a tre mensilità di canone.
Detto deposito verrà restituito alla parte
conduttrice al termine della locazione, maggiorato degli interessi legali, salvo il diritto della
parte locatrice di compensare detto importo con eventuali importi dovuti dalla parte
conduttrice a titolo di canoni o spese o altri oneri derivanti dalla locazione.
Il deposito cauzionale può essere pari ad un massimo di tre mensilità di canone. Gli interessi
legali sono obbligatori anche se non convenuti.
16) Garanzia
A garanzia delle obbligazioni nascenti dal presente contratto, la parte conduttrice si impegna
a consegnare alla parte locatrice una fideiussione a prima richiesta stipulata con primario
istituto di credito, con esclusione dell’onere della preventiva escussione, in forza della quale
la parte locatrice potrà richiederne il pagamento al garante senza che questi possa eccepire
la pendenza di eventuali contestazioni sollevate direttamente dalla parte conduttrice in
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riferimento alla richiesta di pagamento avanzata dalla parte locatrice, né alcuna eccezione
nascente dal rapporto intercorrente tra lo stesso garante e la parte conduttrice.
La fideiussione dovrà avere la medesima durata del presente contratto; dovrà essere
sostituita in caso di rinnovo dello stesso e dovrà essere rilasciata per un importo pari ad
un’annualità di canone.
17) Disposizioni generali
L’imposta di registrazione e la tassa di bollo del presente contratto sono a carico di entrambe
le parti in eguale misura.
Qualunque modifica al presente contratto dovrà essere provata solo mediante atto scritto.
Qualsiasi comunicazione richiesta o consentita dal presente contratto dovrà essere effettuata
per iscritto tramite lettera raccomandata, telegramma o telefax; essa si intenderà
efficacemente e validamente eseguita semprechè inviata come segue:
-
se alla parte locatrice …………….. fax n. ……..
-
se alla parte conduttrice…………. Fax n. ……..
Ovvero presso il diverso indirizzo o numero di fax che ciascuna delle parti potrà comunicare
all’altra successivamente alla data del presente contratto.
L’eventuale tolleranza di una delle parti di comportamenti dell’altra posti inessere in
violazione delle disposizioni contenute nel presente contratto non costituisce rinuncia ai diritti
derivanti dalle disposizioni violate, né al diritto di esigere l’esatto adempimento di tutti i
termini e di tutte le condizioni qui previste.
18) Completezza del contratto
Il presente contratto annulla qualunque antecedente o contemporaneo altro accordo tra le parti.
19) Legge applicabile
Il presente contratto è disciplinato dalla legge italiana.
Redatto, confermato e sottoscritto in ________ il __________ .
Parte conduttrice _____________
Parte locatrice _____________
La parte conduttrice, previa rilettura, approva espressamente, a norma degli artt. 1341 e
1342 c.c. i seguenti articoli del presente contratto: 3, 7 e 14 (clausole risolutive espresse); 5
(penale);.
Redatto, confermato e sottoscritto in ________ il __________ .
Parte conduttrice ______________
Parte locatrice ________________
150
INDENNITÀ PER PERDITA DELL’AVVIAMENTO COMMERCIALE:
UNA PRESTAZIONE CHE C’È, MA NON SI VEDE
a cura di Franco Ricca*
Con R.M. n.73/E del 3 giugno 2005, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata sul trattamento
Iva applicabile all’indennità per perdita di avviamento, che il locatore di un immobile a
destinazione commerciale deve corrispondere al conduttore alla scadenza del contratto, ai
sensi dell’art.34 della L. n.392 del 27 luglio 1978.
Secondo l’amministrazione, l’indennità è soggetta all’Iva – ricorrendo, come di norma
avviene, anche il presupposto soggettivo – in quanto rappresenta il corrispettivo di una
prestazione di servizi resa dal conduttore al locatore. A nostro avviso, però, la conclusione
non è condivisibile.
L’analisi dell’Agenzia
Nell’esaminare la questione, la risoluzione prende avvio dall’art.34 della L. n.392/78, il quale
stabilisce al co.1 che “In caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili di cui
all’art.27, che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del
conduttore o ad una delle procedure previste dal regio decreto n.267 del 16 marzo 1942, lo
stesso ha diritto, per le attività indicate ai nn.1) e 2) dell’art.27 (attività industriali, commerciali e
artigianali, oppure di interesse turistico, n.d.a.), ad un’indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo
canone corrisposto; per le attività alberghiere l’indennità è pari a 21 mensilità”42.
L’applicazione della norma, esclusa solo qualora la risoluzione del contratto sia in qualche modo
imputabile al conduttore, non ha necessariamente funzione risarcitoria, commisurata cioè ad un
atto unilaterale del locatore che decida di rescindere anzitempo il negozio, causando così un
danno al conduttore, essendo, infatti, riconosciuta anche in caso di “cessazione naturale” per
decorso del termine. Ciò in quanto si riconosce (comunque) un danno subito dall’azienda che è
costretta a trasferirsi, consistente nel venir meno della componente dell’avviamento
rappresentata dalla clientela che sarà perduta per motivi di localizzazione.
La legge si preoccupa, dunque, di quantificare l’elemento patrimoniale del quale il conduttore
viene privato, ponendo a carico del locatore l’obbligo di erogare la corrispondente somma.
Nella sentenza 20 marzo 1980, n.36, la Corte costituzionale ha affermato, per l’appunto, che
la norma tende a ristabilire l’equilibrio di ordine economico e sociale che verrebbe turbato
dall’arricchimento del locatore, per effetto dell’avviamento creato dall’impresa locataria,
quando egli dovesse subentrare nella medesima (od anche in altra) attività, oppure locare
nuovamente l’immobile ottenendo canoni particolarmente elevati.
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
Ai sensi del successivo art.35, l’indennità non è dovuta in caso di cessazione di rapporti di locazione relativi ad immobili
utilizzati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, oppure
destinati all’esercizio di attività professionali, ad attività di carattere transitorio, nonché agli immobili complementari o interni a
stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici.
42
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In ordine al profilo fiscale, viene osservato che l’art.15, n.1) del DPR n.633 del 26 ottobre
1972, richiamato dal contribuente interpellante a fondamento dell’irrilevanza impositiva
dell’indennità in quanto avente natura prettamente risarcitoria, esclude dalla base imponibile
le somme dovute a titolo di interessi moratori o di penalità per ritardi o altre irregolarità
nell’adempimento degli obblighi del cessionario o del committente. Presupposto per
l’applicazione della disposizione, dunque, è l’esistenza di un risarcimento da inadempimento
che, nella fattispecie, non necessariamente sussiste, essendo l’indennità dovuta anche se il
rapporto di locazione sia cessato per decorrenza dei termini.
Esclusa pertanto l’applicabilità della disposizione sopra richiamata, l’Agenzia affronta la meno
semplice problematica centrale, passando all’indagine circa l’esistenza del requisito oggettivo
necessario per l’assoggettamento ad Iva.
Al riguardo, viene in primo luogo osservato che già con la circolare n.24 del 19 maggio 1979
il Ministero delle Finanze sostenne che l’indennità in questione “…non può assumere natura
meramente risarcitoria e divenire perciò irrilevante al pari delle indennità che assolvono una
funzione reintegrativa del patrimonio appartenente al soggetto beneficiario”.
Con risoluzione n.430797 del 10 ottobre 1990, è stato poi fissato un principio per distinguere,
nel caso di corresponsione di indennità, quelle erogate a fronte di cessioni e prestazioni da una
parte, e quelle propriamente risarcitorie dall’altra, indipendentemente dalla denominazione. In
quell’occasione si è inteso evidenziare come non possa escludersi che un risarcimento sottenda
un’operazione rilevante, come avviene per l’indennità di esproprio per pubblica utilità, “che pur
mantenendo la natura di indennità per la perdita del bene dell’espropriato, dà origine ad
un’operazione imponibile in quanto si sostanzia, in un certo senso, in una cessione di beni”.
Peraltro, la circostanza che l’obbligazione relativa alla corresponsione dell’indennità per la
perdita di avviamento tragga origine dalla legge e non da un accordo negoziale non esclude
l’applicabilità dell’Iva, così come si verifica in altri casi.
Tanto premesso, la risoluzione afferma che, nella fattispecie, la situazione che si verifica tra
le parti, seppure in forza di legge, appare riconducibile ad un vero e proprio rapporto
sinallagmatico, avente per oggetto lo scambio dell’incremento di valore che il conduttore,
riconsegnando il bene, rimette nella disponibilità del proprietario. L’indennità, pertanto,
costituisce il corrispettivo di quello che l’attività del conduttore ha rappresentato, in termini di
aumento di valore dell’immobile e della potenzialità dello stesso ad essere utilmente
impiegato a scopi aziendali. Viene richiamata, a questo punto, la giurisprudenza della Corte
di Cassazione in merito agli effetti derivanti dal mancato pagamento dell’indennità,
segnatamente in ordine alla detenzione dell’immobile.
Anche la Corte di Giustizia Europea, prosegue la risoluzione, nella sentenza 15 dicembre
1993, C-63/92, ha censurato la normativa di uno Stato membro che prevedeva un diverso
trattamento ai fini dell’Iva per i canoni di locazione corrisposti durante il periodo di validità di
un contratto e per l’indennità versata da una delle parti all’altra in occasione della risoluzione
152
Indennità per perdita dell’avviamento commerciale:
una prestazione che c’è, ma non si vede
convenzionale dell’accordo. In quell’occasione, la Corte ha sancito il principio per cui il fatto
del conduttore che, dietro il pagamento di un’indennità, rimette l’immobile a disposizione del
proprietario, rientra nella nozione stessa di locazione di beni immobili ed è, pertanto, da
considerare una prestazione a carattere corrispettivo.
Sulla base alle predette argomentazioni, l’Agenzia conclude che all’indennità in questione
debba riconoscersi natura sinallagmatica, ancorché scaturisca da disposizione di legge, “come
del resto riconosciuto nella citata risoluzione n. 430797/90 a proposito dell’indennità dovuta in
caso di espropriazione per pubblica utilità”.
L’indennità di cui all’art.34, L. n.392/78, pertanto, qualora corrisposta in seguito alla naturale
cessazione della locazione, “…costituisce il corrispettivo di un’obbligazione che come affermato
dalla Corte di giustizia, ai fini dell’Iva, deve essere considerata alla stregua di una prestazione
di servizi ex art. 3 comma 1 del D.P.R. 633 del 1972…”.
Considerazioni critiche
Prima di esporre alcune obiezioni, va sottolineato che, secondo quanto pare di capire
dall’ultimo passaggio sopra riportato, il carattere di corrispettività sussisterebbe, ad avviso
dell’Agenzia, solo quando l’indennità venga corrisposta alla naturale scadenza del contratto;
nell’ipotesi di risoluzione anticipata, ovviamente per causa del locatore, prevarrebbe invece la
funzione risarcitoria, per cui l’operazione sarebbe esclusa dalla sfera dell’imposta (una simile
distinzione causale, però, non sembra desumersi dal quadro normativo e dagli indirizzi
giurisprudenziali anzi delineati).
Venendo alla questione, si tratta di stabilire se realmente sussista, nella fattispecie, una
“prestazione di servizi” resa dal conduttore, alla quale ricollegare, in funzione di controprestazione, ovverosia di corrispettivo, l’obbligazione di pagamento che la legge pone a
carico del locatore.
Com’è noto, nella normativa comunitaria sull’Iva la nozione di prestazione di servizi non è
definita positivamente, ma in via residuale: l’art.6 della Direttiva n.77/388/CEE del 17 maggio
1977 stabilisce, infatti, che si considera prestazione di servizi “ogni operazione che non
costituisce cessione di un bene ai sensi dell’art.5. Tale operazione può consistere, tra l’altro:
-
in una cessione di beni immateriali, siano o no rappresentati da un titolo;
-
in un obbligo di non fare o di tollerare un atto od una situazione;
-
nell’esecuzione di un servizio in base ad un’espropriazione fatta dalla pubblica
amministrazione o in suo nome o a norma di legge”.
E’ inoltre richiesto, in via di principio, il requisito dell’onerosità, sul quale in questa sede non
occorre però soffermarsi.
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Nella disciplina interna, invece, l’art.3, co.1 del DPR n.633/72 esordisce qualificando
prestazioni di servizi quelle dipendenti da una serie di negozi giuridici tipici del codice civile
(contratti d’opera, appalto, trasporto, ecc.), per poi estendere la definizione fino a
ricomprendervi le prestazioni dipendenti, in genere, “…da obbligazioni di fare, di non fare e
di permettere quale ne sia la fonte…”; sostanzialmente, dunque, la nozione domestica finisce
per coincidere con quella comunitaria.
In definitiva, costituiscono prestazioni di servizi le obbligazioni che comportano un “dare” (che
non integri la categoria della “cessione di beni”), un “fare”, un “non fare” o un “permettere”.
Attingendo all’insegnamento della Corte di giustizia, si deve precisare che affinché una siffatta
obbligazione rientri nel sistema dell’Iva, è necessario che essa implichi un “consumo”, essendo la
finalità dell’imposta quella di tassare, appunto, i consumi di beni e di servizi.
Al riguardo, la Corte ha avuto modo di dichiarare, tra l’altro, che:
-
un agricoltore che percepisce dallo Stato, nel quadro di una politica di razionalizzazione
del settore, una somma di denaro a fronte dell’impegno di ridurre la propria produzione,
non effettua una prestazione di servizi43;
-
un soggetto passivo che si obbliga a diventare conduttore di un immobile, percependo
per questa obbligazione una somma di denaro da parte del locatore, non fornisce, solo
per questo, una prestazione di servizi al proprietario44.
Come si è visto, l’Agenzia afferma che l’indennità (erogata dal locatore) costituisce il
corrispettivo di un’obbligazione (del conduttore). Tuttavia, dato che l’obbligazione, in senso
tecnico, rappresenta il rapporto giuridico per cui il debitore è tenuto ad eseguire una
determinata prestazione verso il creditore, riesce difficile inquadrare tra le obbligazioni la
(presunta) prestazione a fronte della quale il conduttore riceve in corrispettivo l’indennità, non
avendo egli alcun impegno, contrattuale o extracontrattuale, di accrescere il valore
dell’immobile; né potrebbe il locatore, da parte sua, reclamare l’adempimento. Si potrebbe
dire, quindi, che la L. n.392 sull’equo canone, nell’imporre al locatore l’obbligo di cui all’art.34,
prende in considerazione una situazione di fatto che normalmente (ma non necessariamente)
viene a determinarsi per effetto dell’attività d’impresa svolta dal conduttore.45
43
Sentenze 29 febbraio 1996, Mohr, causa C-215/94 e 18 dicembre 1997, Landboden-Agrardienste, causa C-384/95.
Sentenza 9 ottobre 2001, Mirror Group plc, causa C-409/98.
45
Si potrebbe ipotizzare, al fine di individuare l’operazione imponibile sulla traccia della sentenza n.36/1980 della Consulta, la
sussistenza di un’obbligazione (naturale) consistente nel trasferimento (parziale) dell’avviamento, cioè in una cessione di diritto
immateriale che, ai fini dell’Iva, costituisce prestazione di servizi ai sensi dell’art.3, co.2, n.2), DPR n.633/72. Anche una simile
ipotesi, però, sembra decisamente da scartare. In primo luogo, per l’inidoneità dell’avviamento – “qualità” e non “elemento”
dell’azienda, non suscettibile di esistenza autonoma – a formare oggetto di cessione indipendentemente dall’azienda stessa
(Cassazione, sentenza 21 luglio 1967, n.1889). Quand’anche si ammettesse, poi, la “trasferibilità” dell’avviamento, nella
fattispecie l’oggetto di questo trasferimento sarebbe meramente eventuale: non è affatto certo, infatti, che l’avviamento esista
(l’esercizio di particolari attività potrebbe, al contrario, risultare pregiudizievole in termini di “sviamento”, al di fuori dell’ambito
particolare, della clientela), né che sia effettivamente “acquisito” dal locatore (il quale potrebbe, al limite, modificare la
destinazione dell’immobile, o addirittura demolirlo), senza che, per questo, venga meno l’obbligo di corrispondere l’indennità.
Non è detto, quindi, che l’avviamento perduto dal conduttore (di “perdita” dell’avviamento parla, appunto, la legge) sia acquisito
dal locatore; pertanto se la “spoliazione” del primo e il corrispondente (presunto) arricchimento del secondo possono assumersi,
nel contesto di quello specifico intervento della Consulta, quale ratio giustificatrice dell’attribuzione patrimoniale in esame, non
sembrano tuttavia elementi sufficienti a dare vita ad una prestazione di servizi.
44
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Indennità per perdita dell’avviamento commerciale:
una prestazione che c’è, ma non si vede
Passando alle argomentazioni dell’amministrazione, essa prende le mosse dalla sentenza
della Corte Costituzionale n.36/80, che tuttavia si è limitata a riconoscere, richiamando le
considerazioni della precedente sentenza n.73 del 21 giugno 196646, legittimo l’art.34 della L.
n.392/78, giustificando l’obbligazione che la norma pone a carico del proprietario
dell’immobile sotto il profilo dell’arricchimento che egli potrebbe conseguire, senza alcun
contributo personale, in funzione dell’avviamento dovuto all’attività svolta dal conduttore. La
censura di incostituzionalità prospettata alla Corte riguardava, comunque, la presunta lesione
del principio di eguaglianza che il giudice del rinvio aveva ravvisato nella discriminazione tra
conduttori che godono dell’indennità (e locatori che sono tenuti a corrisponderla), da una
parte, e conduttori (e locatori) che ne sono esclusi, dall’altra; in questo contesto la Corte ha
ritenuto giustificata l’esclusione dell’indennità per le attività nelle quali, secondo la regola di
normalità, gli immobili non producono “avviamento”.
Successivamente, però, nelle sentenze n.128 del 5 maggio 1983 e n.300 del 5 ottobre 1983,
la Corte ha statuito che “l’attuale previsione dell’indennità per la perdita dell’avviamento ha
quale scopo la conservazione, anche nel pubblico interesse, delle imprese considerate, cioè
delle imprese esercenti una delle attività di cui ai nn. 1 e 2 dell’art.27, salvi i limiti posti
dall’art.35, e quale principale, più generale, giustificazione un contenuto riparatorio del
danno subito dal locatario per la perdita dell’avviamento stesso”.
Dai richiamati interventi della Consulta, pertanto, non sembra possibile, a nostro avviso,
desumere elementi a sostegno dell’esistenza di una prestazione resa dal conduttore al
locatore; le sentenze del 1983, anzi, depongono decisamente per la natura risarcitoria
dell’indennità.
Occorre peraltro rammentare che, secondo l’insegnamento della Corte di giustizia, il diritto
interno dei singoli Stati membri, in assenza di un espresso rinvio, non può essere posto a
fondamento dell’interpretazione delle “nozioni proprie” del diritto comunitario, dovendo
queste essere interpretate e applicate uniformemente in tutti i Paesi comunitari. In questa
prospettiva, quindi, la nozione di “prestazione di servizi”, in quanto presupposto oggettivo
per l’applicazione dell’Iva, non può che ricavarsi unicamente dall’art.6 della VI Direttiva.
Anche per questa ragione non pare significativa la posizione espressa dal Ministero delle
Finanze con la circolare n.24/7947, in ordine all’imponibilità dell’indennità in questione ai fini
delle imposte sui redditi, i cui presupposti sono, oltretutto, profondamente diversi da quelli
dell’Iva (basti pensare, limitandoci al profilo della rilevanza o meno dei proventi, alle
indennità spettanti a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi,
imponibili ai fini reddituali ma non certo, in via di principio, ai fini dell’Iva).
46
Pronunciata nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art.4, ultimo comma, della L. n.19 del 27 gennaio 1963, sulla “Tutela
giuridica dell’avviamento commerciale”.
47
L’intervento ministeriale era stato occasionato dal fatto che l’art.12 del DPR n.597 del 29 settembre 1973, nel testo all’epoca
in vigore, menzionava tra i redditi soggetti a tassazione separata “i compensi percepiti per la perdita di avviamento in
applicazione della L. n.19 del 27 gennaio 1963”. Solo con l’art.3-bis, co.2, D.L. n.832 del 9 dicembre 1986, la disposizione venne
riformulata sostituendo il precedente rinvio normativo con quello alla L. n.392/78 (cfr. l’art.17, co.1, lett.h del vigente Tuir).
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Quanto all’altra risoluzione richiamata, la n.430797 del 10 ottobre 1990, ove è stato precisato
che l’indennità di esproprio per pubblica utilità, pur mantenendo il carattere d’indennizzo per
la perdita di un bene, origina un’operazione imponibile, proprio non si vede come possa
tornare utile alla causa sostenuta dall’Agenzia. Se vi è, in quella pronuncia, un chiarimento
degno di menzione, è l’affermazione della natura risarcitoria, con conseguente esclusione dal
campo di applicazione dell’Iva, delle somme corrisposte da un ente locale a titolo di indennità
di occupazione temporanea dei beni di una società fallita, in attesa dell’espletamento della
procedura espropriativa. Per il resto, infatti, è invece assolutamente scontata l’affermata
imponibilità
dell’indennità
corrisposta
per
l’esproprio
dei
beni
della
società,
data
l’incontrovertibile sussistenza – diversamente dal caso che ci occupa – di una sottostante
operazione rientrante nel sistema dell’Iva, consistente nel trasferimento della proprietà dei
beni in conseguenza dell’espropriazione, che integra la nozione di cessione di beni, ancorché
non volontaria bensì per atto della pubblica autorità, ai sensi dell’art.5, par.4, lett.a) della VI
Direttiva, e che si realizza all’atto del pagamento del corrispettivo, rappresentato
dall’indennizzo, comunque denominato48.
Né sembra di maggior peso, infine, la citazione della sentenza C-63/92 “Lubbock Fine”, con
la quale la Corte di giustizia ha fissato, come osserva la risoluzione, “…un principio in base al
quale il fatto di rimettere a disposizione del proprietario un bene immobile da parte del
conduttore, che riceve per questo un’indennità, rientra nella nozione stessa di locazione di
beni immobili…ed è pertanto da considerare…una prestazione di carattere corrispettivo”. Il
richiamo non pare, infatti, pertinente, giacché in quel caso il locatario aveva rinunciato al
contratto, acconsentendo alla risoluzione “anticipata” dietro il pagamento di un’indennità.
Nella sentenza, la Corte ha dichiarato che tale fatto, consistente nel rimettere un bene
immobile nella disponibilità del proprietario, rinunciando ai diritti derivanti dal contratto di
locazione, rientra nel sistema dell’Iva come “locazione di beni immobili”. E’ persino superfluo
evidenziare come, diversamente che nell’attribuzione dell’indennità per la perdita di
avviamento, effetto automatico normativamente ricollegato alla cessazione naturale del
contratto (nonché alla risoluzione per causa non imputabile al conduttore), nel caso della
sentenza “Lubbock Fine” l’attribuzione dell’indennità trovasse causa nell’obbligazione del
conduttore di permettere la risoluzione anticipata del contratto, obbligazione nella quale la
Corte ha ravvisato una prestazione di servizi, sostanzialmente riconducibile (ma questo è
irrilevante ai nostri fini) alla nozione di locazione di beni immobili.
Restiamo pertanto convinti che l’indennità per perdita di avviamento, prevista dall’art.34
della L. n.392/78, contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione Finanziaria, non
sia soggetta all’Iva
48
Cfr. art.6, co.2, lett.a) e art.13, co.2, lett.a) del DPR n.633/72.
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Indennità per perdita dell’avviamento commerciale:
una prestazione che c’è, ma non si vede
SPESE CONDOMINIALI
Tabella degli oneri accessori *
allegata al Decr. Interministeriale 30.12.2002
(contrattazione territoriale, contratti di locazione di natura transitoria,
contratti di locazione per studenti universitari)
TIPOLOGIA SPESA
AMMINISTRAZIONE
ASCENSORE
LOCATORE
Tassa occupazione suolo
pubblico per lavori condominiali
Installazione, manutenzione
straordinaria e adeguamento
norme di legge
Tasse annuali per rinnovo
licenze d’esercizio
CONDUTTORE
Tassa passo carrabile
Manutenzione ordinaria, piccole
riparazioni, consumi energia,
ispezione e collaudi
AUTOCLAVE
Manutenzione ordinaria, forza
Installazione e sostituzione
motrice, ricarico pressione del
integrale impianto o componenti
serbatoio, ispezione, collaudi,
primari, imposte e tasse
lettura contatori
ILLUMINAZIONE,
VIDEOCITOFONO,SPECIALI
Installazione e sostituzione di :
impianto comune illuminazione,
impianti suoneria e allarme,
citofoni e videocitofoni,
impianti allarme e sicurezza
e simili
Installazione, sostituzione degli
RISCALDAMENTO,
impianti
CONDIZIONAMENTO,
PRODUZIONE ACQUA CALDA,
Adeguamento degli impianti a
ADDOLCIMENTO ACQUA
leggi e regolamenti
Manutenzione ordinaria di :
impianto comune illuminazione,
impianti suoneria e allarme,
citofoni e videocitofoni,
impianti allarme e sicurezza e
simili
Manutenzione ordinaria impianti,
compreso rivestimento
refrattario, pulizia annuale degli
impianti e dei filtri, messa a
riposo stagionale, lettura
contatori.
Acquisto combustibile, consumi
forza motrice, energia elettrica,
acqua
IMPIANTI SPORTIVI
Installazione e manutenzione
straordinaria
Addetti ( bagnini, pulitori,
manutentori in genere);
consumo acqua per pulizia e
depurazione: acquisto materiale
per manutenzione ordinaria
IMPIANTI ANTIINCENDIO
Installazione e sostituzione
impianto, acquisto estintori
Manutenzione ordinaria, ricarica
estintori, ispezioni e collaudi
157
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IMPIANTO TELEVISIVO
Installazione, sostituzione o
potenziamento impianto
televisivo centralizzato
PARTI COMUNI
Manutenzione ordinaria di tetti,
lastrici solari, rete fognaria,
Manutenzione straordinaria tetti, compresa disotturazione condotti
e pozzetti, pareti, corrimano,
lastrici solari, rete fognaria.
Sostituzione di grondaie, sifoni, ringhiere di scale, locali comuni,
caselle postali, cartelli
colonne di scarico, marmi,
segnalatori, bidoni, armadietti
corrimano, ringhiere.
per contatori, zerbini, tappeti,
Installazione di caselle postali,
guide e altro materiale di arredo,
cartelli segnalatori, bidoni,
armadietti per contatori, zerbini, grondaie, sifo i e colonne di
scarico.
tappeti, guide e altro materiale
Manutenzione aree verdi,
di arredo.
compresa riparazione attrezzi
Installazione e sostituzione di
utilizzati.
serrature
Consumo di acqua ed energia
elettrica per le parti comuni
PARTI INTERNO
APPARTAMENTO LOCATO
Sostituzione integrale pavimenti
e rivestimenti, manutenzione
straordinaria impianto di
riscaldamento
Manutenzione straordinaria
guardiola
PORTIERATO
158
Trattamento economico del
portiere e del sostituto,
compresi contributi previdenziali
ed assicurativi,accantonamento
liquidazione, tredicesima, premi,
ferie e indennità varie, come da
c.c.n.l. nonchè eventuale
alloggio del portiere e
manutenzione ordinaria
guardiola
( 10%)
Manutenzione ordinaria impianto
televisivo centralizzato
Manutenzione ordinaria
pavimenti e rivestimenti, infissi e
serrande, impianti di
riscaldamento e sanitario,
apparecchi e condutture di
elettricità e del cavo
dell’impianto citofonico e video
citofonico.
Rifacimento chiavi e serrature,
tinteggiatura pareti, sostituzione
vetri, verniciature opere in legno
e metallo
Materiale per pulizie
Trattamento economico del
portiere e del sostituto, compresi
contributi previdenziali ed
assicurativi,accantonamento
liquidazione, tredicesima, premi,
ferie e indennità varie, come da
c.c.n.l. nonchè eventuale
alloggio del portiere e
manutenzione ordinaria
guardiola
( 90%)
Indennità per perdita dell’avviamento commerciale:
una prestazione che c’è, ma non si vede
PULIZIA
SGOMBERO NEVE
Spese assunzione addetto o
conferimento appalto a ditta.
Acquisto e sostituzione
macchinari per la pulizia.
Acquisto bidoni, trespoli e
contenitori
Trattamento economico addetto,
spese per pulizie appaltate a
ditta, materiale per pulizie e
manutenzione ordinaria
macchinari per pulizia.
Spese sgombero neve, compresi
materiali.
Derattizzazione e disinfestazione
dei locali legati alla raccolta delle
immondizie, disinfezione dei
bidoni e contenitori rifiuti, sacchi
per raccolta rifiuti.
Tassa rifiuti o tariffa sostitutiva
Spese relative al servizio di
sgombero neve, compresi i
materiali d’uso
* Per le voci non considerate nella citata Tabella il decreto interministeriale rinvia espressamente alle
leggi vigenti e agli usi locali
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SPESE DI MANUTENZIONE SU BENI IN LOCAZIONE
*
a cura di Giovanni Valcarenghi
SPESE INCREMENTATIVE
PERCORSO
LOGICO
ONERI DA
IMPUTARE A C.E.
ONERI DA
CAPITALIZZARE
AUTONOMA
RILEVANZA
LEGAME CON
IL FABBRICATO
% AUTONOMA
UT ILITA’
DURATA DIRITTO
PRINCIPI CONTABILI
D.III) Ampliamento, ammodernamento o miglioramento
elementi strutturali di un'immobilizzazione
SI
NO
*
I costi rivolti all'ampliamento, ammodernamento o miglioramento
degli elementi strutturali di un'immobilizzazione, incluse, quindi, le
modifiche e le ristrutturazioni effettuate in modo da aumentarne
la rispondenza agli scopi per cui essa era stata acquisita,
acquisita
sono capitalizzabili se essi si traducono in un aumento significativo
e misurabile di capacità o di produttività o di sicurezza o di vita
utile.
Nel caso in cui tali costi non producano i predetti effetti vanno
considerati manutenzione ordinaria e conseguentemente addebitati
al conto economico.
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
160
degli
Spese di manutenzione su beni in locazione
TETTO MASSIMO
Il valore risultante del cespite, se esso è destinato a far parte
dell'organizzazione permanente dell'impresa, non può eccedere il
valore recuperabile tramite l'uso (D.XIII), come definito per le
imprese in funzionamento.
LA CAPITALIZZAZIONE NON PUO’ MAI RAPPRESENTARE
UN MODO PER ATTUARE IL DIFFERIMENTO DI PERDITE
RESPONSABILITA’ DEGLI AMMINISTRATORI
VISIONE FISCALE (CM 27/E/05)
In tal caso, come già affermato nella circolare n.10/E del 16.03.2005, al
paragrafo n. 4.3, gli ammortamenti vanno computati, anche ai fini
fiscali, sull'intero valore incrementato del bene. Ne consegue che
eventuali maggiori ammortamenti non imputabili in bilancio potranno
essere dedotti extracontabilmente attraverso il prospetto EC.
UGUALE LA
BASE DI
COMPUTO
DIVERSO IL
RITMO DELLA
DEDUZIONE
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ESEMPIO DI RAFFRONTO
CASO:
· costo del bene 500, completamente ammortizzato;
· costi incrementativi 50;
· aliquota di ammortamento 10 per cento.
PER SEMPLICITA’
ESEMPIO DI RAFFRONTO
RAGIONAMENTO FISCALE
• BASE DI COMPUTO: 500 + 50 = 550
• QUOTA DI AMMORTAMENTO
TEORICA = 550 x 10% = 55
• QUOTA DI AMMORTAMENTO DEDUCIBILE: 50
• STORICO AL 31.12 = 550
• FONDO AL 31.12
= 550
162
Spese di manutenzione su beni in locazione
ESEMPIO DI RAFFRONTO
RAGIONAMENTO CIVILISTICO
•
•
•
•
•
•
•
•
STORICO = 500
FONDO AMMORTAMENTO = 500 (ESAURITA UTILITA’)
INCREMENTO = 50 (COMPORTA UN ALLUNGAMENTO UTILITA’)
NON PUO’ ESISTERE AMMORTAMENTO INTEGRALE IN UN PERIODO DI UN
COSTO CAPITALIZZATO AD INCREMENTO DEL BENE
UTILITA’ STIMATA = 2 ANNI
QUOTA DI AMMORTAMENTO = 50 : 2 = 25
STORICO AL 31.12 = 550
FONDO AMMORTAMENTO AL 31.12 = 525
DISALLINEAMENTO TRA QUOTA CIVILE E QUOTA FISCALE
DEDUZIONE EXTRACONTABILE – FISCALITA’ DIFFERITA
IMMOBILI LOCATI
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TIPOLOGIA
DI
MANUTENZIONE
PICCOLA
MANUTENZIONE
MANUTENZIONE
ORDINARIA
MANUTENZIONE
STRAORDINARIA
A CARICO DEL
CONDUTTORE
ACCORDI
CONTRATT UALI
A CARICO DEL
PROPRIETARIO
163
SPESE SU BENI DI TERZI
DISTINZIONE
SULLA TIPOLOGIA DI SPESA
SENZA UTILITA’
PLURIENNA LE
CON UTILITA’
PLURIENNA LE
IMPUTA ZIONE A CONTO
ECONOMICO
ONERI PLURIENNA LI
RIPARTITI SULLA DURATA
DEL CONTRA TTO
MIGLIORIE SU BENI DI TERZI
PRINCIPI CONTABILI
Le migliorie apportate ai beni immobili di terzi, presi in
affittodall'impresa, vanno ammortizzate nel più breve periodo scelto
•tra quello in cui le migliorie stesse possono essere utilizzate
•e quello di durata residua dell'affitto (Se esistono situazioni obiettive
che fanno ritenere che il contratto sarà rinnovato, anche il periodo di
rinnovo deve essere considerato nel determinare la durata
dell'ammortamento, sempre che la maggior durata dell'affitto sia
inferiore al periodo di previsto utilizzo delle migliorie)
164
Spese di manutenzione su beni in locazione
DISPOSIZIONI FISCALI
CONCLUSIONI
OPPOSTE A
SECONDA CHE:
ONERI SU
BENI
PROPRI
ONERI SU
BENI DI TERZI
SIAMO SEMPRE NEL
CAMPO DEI BENI
MATERIALI
SIAMO NEL CAMPO
DEGLI ONERI
PLURIENNALI
SI APPLICANO LE
DISPOS IZIONI
CIVILISTICHE
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IL CONTRATTO DI COMODATO: PROFILI GIURIDICI
a cura di Vittorio Casara*
Natura e caratteristiche del contratto
Il comodato, com’è noto, è quel contratto con cui una parte consegna all’altra una cosa
mobile o immobile, affinché se ne serva per un periodo o un uso determinato, assumendo
l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta alla scadenza del termine convenuto o in
mancanza di termine o di usi, quando se n’è servito in conformità ai patti contrattuali oppure
non appena il comodante la richiede (art.1803, co.1; art.1809 co.1 e art.1810 c.c.).
Il negozio in esame deve essere classificato fra quelli reali, poiché per la sua perfezione è
necessario non solo il consenso, ma anche la traditio, ovvero la consegna della cosa.
Secondo l’opinione prevalente, prima della consegna, il rapporto che si instaura tra le parti è
di pura cortesia, in quanto è solo la dazione del bene che permette la creazione del vincolo
giuridico, mentre per altra opinione minoritaria, il comodante risponderebbe a titolo di
responsabilità precontrattuale se, raggiunto l’accordo, non eseguisse la consegna del bene
promesso in comodato.
Dalla natura di contratto reale del comodato discende che, con la consegna, il comodatario
acquista la detenzione della cosa, perché quest’ultimo riconosce l’altruità del possesso (c.d.
laudatio possessoris).
Caratteristica fondamentale del negozio giuridico in esame è quella di essere essenzialmente
gratuito (art.1803 co.2 c.c.), poiché delle due parti del contratto, il comodante e il
comodatario, solo quest’ultimo riceve un beneficio; anche se, in realtà, è possibile che le
parti fissino un modus a carico del comodatario ed, in tal caso, il negozio giuridico si
definisce comodato modale, figura ammessa nel nostro ordinamento, ma che non viene
prevista espressamente dal codice civile.
F
Il termine
Per comodato precario, si intende, invece, un comodato senza indicazione tacita o
espressa del termine. In questo caso, ai sensi dell’art.1810 c.c., il comodante può decidere
quando estinguere il rapporto e chiedere al comodatario la restituzione della bene in ogni
momento (restituzione ad nutum).
Figura diversa dal contratto in oggetto, è il c.d. precario oneroso, negozio atipico con il
quale un soggetto concede l’uso di una res (in genere immobile), contro la corresponsione di
una somma di denaro o di un’altra prestazione corrispettiva, con il diritto per il concedente di
ottenere la restituzione a semplice richiesta. Tale figura negoziale si avvicina in modo
evidente alla c.d. locazione senza prefissione di durata.
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
Tratto da “La Circolare Tributaria” n.8 del 28 febbraio 2005 – Sistema d’Informazione Integrato – Gruppo Euroconference Editore
166
Il contratto di comodato: profili giuridici
In caso di morte del comodatario, ai sensi dell'art.1811 c.c., il comodante, anche se è stato
convenuto un termine, può esigere dagli eredi l'immediata restituzione della cosa, mediante
idonea manifestazione di volontà (infatti, la cessazione del contratto non è automatica).
Viceversa, non vi è una norma specifica che disciplina l'ipotesi di morte del comodante, né
un orientamento univoco:
1)
secondo alcuni autori e parte della giurisprudenza, gli eredi del comodante possono
esercitare il recesso dal contratto e restituire il bene;
2)
secondo altra dottrina e giurisprudenza, si verifica una successione del rapporto con gli
eredi del comodante, per cui il contratto continua ad avere efficacia fra questi ultimi ed il
comodatario.
F
Uso
Il comodatario che utilizza la cosa per un uso diverso o per un tempo più lungo di quello a lui
consentito, è responsabile della perdita avvenuta per causa a lui non imputabile, qualora non
provi che la cosa sarebbe perita, anche se non l’avesse impiegata per l’uso diverso o l’avesse
restituita a tempo debito (art.1805, co.2 c.c.). Benché tale ultima norma faccia riferimento
solamente al “perimento” della cosa, è applicabile anche al “danneggiamento” della stessa49.
Comodato di immobili
Il contratto di comodato avente ad oggetto beni immobili risulta essere quello che ha dato
adito al maggior numero di controversie.
Infatti, se è vero che il comodato è un contratto essenzialmente gratuito, è altrettanto vero
che molto spesso nella stesura del medesimo accordo avente ad oggetto beni immobili, le
parti inseriscono pattuizioni accessorie aventi carattere economico-patrimoniale.
Si pensi, ad esempio, al pagamento delle spese condominiali, di alcune imposte dovute per
legge, della polizza di assicurazione del fabbricato, ovvero alla corresponsione di una somma a
titolo di rimborso spese o, addirittura, di un vero e proprio canone, seppur di modesta entità.
In tali casi, diviene opportuno verificare se il contratto di comodato, configuri in realtà un
contratto di locazione ovvero altro contratto a titolo oneroso.
Secondo la prevalente giurisprudenza, il rapporto di comodato sussiste anche nell’ipotesi in
cui il comodatario assume una determinata prestazione a suo carico, quale ne sia la natura,
che funga da semplice modus del rapporto, senza snaturarne la causa, ossia di consistenza
tale da non integrare il corrispettivo del godimento della cosa e non assumendo quindi la
natura di una controprestazione.
L’operazione ermeneutica deve essere svolta ponendo a confronto i sacrifici ed i vantaggi che dal
negozio derivano rispettivamente alle parti, con contenuto di equivalenza sullo stesso piano
49
Si veda Cass., sent. 6 novembre 2001 n.13691, con la quale per la prima volta è stata affrontata in maniera esplicita
l’applicabilità dell’art.1805, co.2 c.c., all’ipotesi del deterioramento fortuito della cosa data in comodato.
167
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Per risolvere il problema della distinzione tra comodato modale, locazione e precario
immobiliare oneroso, la giurisprudenza ha peraltro elaborato anche una serie di criteri di
differenziazione, quali ad esempio:
l’entità del canone valutato singolarmente ovvero legato da un vincolo di reciprocità alla
•
prestazione del concedente;
•
la durata del rapporto;
•
l’eventuale sussistenza a carico del concedente dell’obbligo di far godere il bene;
•
il comune intento delle parti, ecc..
Tali criteri possono essere molto utili nella determinazione della natura dell’accordo e ciò
indipendentemente dal nomen iuris che le parti vi hanno conferito.
F
La pubblicità
Circa il regime di pubblicità, è opportuno affermare che, per il comodato, non necessita la
trascrizione nei registri della Conservatoria, affinché assuma efficacia nei confronti dei terzi e
ciò anche nel caso di comodato ultrannovennale di immobile (anche se, in tal modo, si
attenuano notevolmente le garanzie a tutela dei terzi).
L’assenza di un obbligo, in tal senso, deriva dal fatto che la giurisprudenza ha affermato che
il comodato non rientra tra gli atti che ai sensi dell’art.2645 c.c. prevedono l’obbligo di
trascrizione50.
Sempre in tema di pubblicità e diritti dei terzi, giova ricordare la recente ed importante
sentenza della Suprema Corte emessa a Sezioni Unite, con la quale viene statuito che
nell’ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua
proprietà destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore
del coniuge affidatario (di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non
autosufficienti senza loro colpa), emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non
modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull’immobile, ma determina
concentrazione nella persona dell’assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta
regolato dalla disciplina del comodato (Cass. Civ. Sez. Un. 21 luglio 2004 n.13603).
Da ciò deriva la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del
godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed
impreveduto bisogno ai sensi dell’art.1809, co.2 c.c.
La pronuncia riconosce in capo al coniuge beneficiario un vero e proprio diritto personale di
godimento atipico, smentendo l’orientamento giurisprudenziale che aveva sostenuto la tesi
opposta, secondo la quale la durata del contratto di comodato senza termine era governata dalla
disciplina del provvedimento di assegnazione e non da quella dell’originario rapporto di comodato.
La Cassazione, con tale pronuncia, sacrifica il diritto di proprietà dinanzi alle esigenze di
tutela del nucleo familiare ed in secondo luogo crea in capo al coniuge assegnatario, non
50
Cass. Sez. Un., sent. 21 luglio 1949 n.1917.
168
Il contratto di comodato: profili giuridici
titolare del preesistente contratto di comodato sulla casa coniugale, una nuova situazione
giuridica non tipizzata e non assimilabile ad altri istituti, ma opponibile oltre che al
proprietario anche ai terzi.
F
Il regime delle spese
Per quanto riguarda i lavori eseguiti sull’immobile dal comodatario, bisogna distinguere tra
spese inerenti al godimento da quelle inerenti alla conservazione del bene comodato, così
come disposto dall’art.1808 c.c..
Mentre il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa,
ha invece diritto al rimborso delle spese straordinarie sostenute ed anticipate per la
conservazione del bene, purché queste ultime rivestano il carattere di necessità ed urgenza.
Tale qualificazione è determinata e rimessa al prudente apprezzamento del Giudice, che
verificherà caso per caso se le spese possiedono tali requisiti.
Non sono, invece, rimborsabili le spese straordinarie non necessarie ed urgenti, anche se
hanno comportato dei miglioramenti all’immobile, in quanto il comodatario non vanta alcun
diritto all’indennizzo per le migliore, (contrariamente a quanto accade nel rapporto di
locazione, ai sensi dell’art.1592 c.c.), né potrà invocare i principi di cui agli artt.1150 e 936
c.c., in quanto non riveste la qualifica di possessore o di terzo.
Secondo alcuni - poiché il codice non stabilisce alcuna disciplina per il rimborso delle spese di
comodato - per i miglioramenti e le addizioni apportate dal comodatario, devono invece
ritenersi applicabili per analogia le norme dettate in materia di locazione.
In ogni caso, la disciplina del diritto al rimborso delle spese può essere comunque derogata
concordemente da parte dai contraenti.
Sulla somma spettante al comodatario a titolo di rimborso delle spese per la conservazione
della cosa che siano straordinarie, necessarie ed urgenti, non sono dovuti interessi fino alla
scadenza del comodato e ciò in forza dell’art.1282, co.3 c.c., il quale dispone che “se il
credito ha per oggetto rimborso di spese fatte per cose da restituire, non decorrono interessi
per il periodo di tempo in cui chi ha fatto le spese abbia goduto della cosa senza corrispettivo
e senza essere tenuto a rendere conto del godimento”.
Nel caso di spese sostenute dal comodatario per il bene immobile non spetta a quest’ultimo il
diritto di ritenzione, in caso di mancato pagamento in capo al comodante, in quanto
l’art.1152 c.c., attribuisce tale diritto solo al possessore di buona fede e non ad un semplice
detentore come il comodatario.
In particolare, la Suprema Corte51 ha escluso che le spese sostenute dal comodatario per
edificare sul terreno avuto in comodato siano da considerare spese necessarie, urgenti e
straordinarie per la conservazione della cosa, ed in quanto tali rimborsabili, poiché tale fattispecie
non può essere ricondotta alla norma dell’art.936 c.c., ovvero all’acquisto tramite accessione.
51
Cass., sent. 12 giugno 1963 n.1575.
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Tale assunto deriva sempre dal fatto che, ai sensi dell’art.1808 c.c., il comodatario non ha
diritto di essere indennizzato delle spese straordinarie non necessarie ed urgenti, volte al
godimento della cosa da lui liberamente effettuate, che abbiano dato luogo a miglioramenti o
addizioni, intendendo per miglioramenti quelle modifiche del bene, tali da far conseguire un
aumento del valore o della produttività dello stesso e per addizioni, quei beni aggiunti che
non danno luogo ad alcun rapporto funzionale con il bene principale.
Comodato di autovetture
Tra i beni che possono essere oggetto di comodato vi sono anche i beni mobili registrati quali
le autovetture, i motoveicoli, ecc…
Con riferimento a tale particolare oggetto di comodato, la giurisprudenza di legittimità e di
merito si è limitata quasi esclusivamente ad analizzare la legittimazione attiva e passiva del
comodatario in ordine all’azione di responsabilità del danno causato/subito in relazione alla
circolazione del veicolo.
In estrema sintesi, è possibile affermare che il comodatario potrà chiedere personalmente al
terzo i danni per il mancato utilizzo del mezzo, ma non quelli per la riparazione
dell’autovettura danneggiata e ciò in quanto il comodatario si trova rispetto alla cosa in un
rapporto di mera detenzione animo alieno, in virtù di un titolo obbligatorio.
La res comodata non è parte del patrimonio del comodatario e quindi nessun pregiudizio
diretto egli risente per la sua distruzione o deterioramento, se non appunto quel danno
indiretto dovuto alla mancata utilizzazione del veicolo.
Sembra, inoltre, ammissibile in capo al comodatario utilizzatore dell’autovettura la
surrogazione legale ex art.1203, n.3 c.c., quando quest’ultimo abbia provveduto a pagare
personalmente e direttamente il danno ovvero abbia integralmente risarcito il comodante per
il pregiudizio subito dall’autoveicolo oggetto del contratto di comodato per fatto e colpa del
terzo. Affinché tale domanda possa essere accolta, l’attore/comodatario deve, però, fornire la
prova di aver già sostenuto le spese per la riparazione del veicolo stesso, o in caso di sua
completa distruzione, di aver già risarcito al proprietario l’equivalente pecuniario52.
E’ da segnalare una recente pronuncia, la quale ha affermato che qualora un contratto di
comodato, avente per oggetto l’uso di un furgone non risulti iscritto nel pubblico registro
automobilistico e non abbia data certa per non essere stato registrato al momento della sua
stipulazione, non è opponibile ai terzi per cui il comodante, proprietario e custode del veicolo
all’epoca dei fatti, è responsabile dei danni che la cosa comodata abbia recato a terzi.
52
Cass., sent. 10 aprile 1990 n.3005, in Arch. Giur. Circ. 1990, 755.
170
Il contratto di comodato: profili giuridici
Diverso dal danno subito per fatto e colpa di un terzo, è il caso di deterioramento e
perimento dell’autovettura che deriva dal normale utilizzo per la quale essa è stata
comodata, perché in questa ipotesi, in capo al comodatario non grava alcun obbligo53.
Qualora vengano commessi illeciti amministrativi con l’autovettura concessa in comodato il
comodatario dovrà rispondere in solido con il proprietario, in forza dell’art.6 della L. n.689 del
24 novembre 1981.
A tal proposito giova, inoltre, mettere in luce la recente sentenza della Corte
Costituzionale n.27 del 12-24 gennaio 2005, che ha dichiarato costituzionalmente
illegittimo l’art.126-bis, co.2 del nuovo codice della strada, nella parte in cui prevede
che, in caso di mancata identificazione del trasgressore, la decurtazione dei punti
dalla patente di guida deve essere eseguita al proprietario del veicolo, salvo che
questi non comunichi entro 30 giorni il nome e la patente di chi guidava in quel
momento l’auto. Quest’ultima norma, secondo la consulta, viola l’art.3 della
Costituzione sotto il profilo dell’irragionevolezza.
Con tale sentenza, se il comodante/proprietario del veicolo non fornisce il nominativo e
il numero della patente del comodatario/conducente che ha commesso l’infrazione al
codice della strada, entro il termine sopra indicato, pur restando comunque obbligato
a pagare la contravvenzione, non si vedrà decurtare automaticamente i punti dalla
propria patente di guida.
Per quanto riguarda le spese relative all’autovettura – richiamandosi a quanto sopra detto e
disposto dall’art.1808 c.c. - bisogna suddividere quelle relative all’uso (sostenute per servirsi
del bene) che se compiute dal comodatario non danno diritto al rimborso, da quelle
straordinarie (sostenute per la conservazione del mezzo) che, se necessarie ed urgenti,
danno diritto al rimborso al comodatario.
Per quanto riguarda le prime - pur non essendo riconosciuto né in capo al comodante, né al
comodatario uno specifico obbligo di adoperarsi materialmente affinché sia reso possibile
l’uso convenuto del mezzo - si sostiene debbano essere rimesse all’iniziativa di entrambi i
contraenti, ma in particolar modo dell’utilizzatore (ovvero del comodatario) che ha interesse
ad usufruire e godere del bene.
Sono, invece, da ritenere esclusi dall’ambito delle spese ordinarie, i costi sostenuti dal
comodatario per provvedere alla riparazione dei danni o dei vizi sopraggiunti durante l’uso
del bene, in quanto necessari ed urgenti.
E’ bene portare qualche esempio pratico per meglio comprendere la distinzione tra spese
rimborsabili e non rimborsabili al comodatario.
1. spese di riparazione guasti:
- senza ombra di dubbio le spese relative al consumo del carburante, dell’olio motore,
dei pneumatici, ecc., sono da considerarsi spese relative all’uso del mezzo, quindi non
rimborsabili al comodatario;
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- nel caso di completa rottura del motore/propulsore del mezzo, dovuta a cause
estranee all’utilizzo da parte del comodatario, le spese per la riparazione sono da
considerarsi straordinarie, nonché necessarie ed urgenti, pertanto se sostenute dal
comodatario, danno diritto al rimborso;
- se però il guasto o la rottura sono dovuti ad un uso incauto, distorto e/o irregolare
del mezzo da parte di quest’ultimo, egli dovrà sostenere le spese per la riparazione,
senza pretendere alcun tipo di rimborso e ciò in virtù dell’obbligo disposto
dall’art.1804 c.c., di conservare il bene con la diligenza del buon padre di famiglia.
- infine
nel
caso
di
rovina
dovuta
a
difetti
di
fabbricazione,
solo
il
comodante/proprietario del mezzo potrà far valere l’eventuale garanzia nei confronti
della casa produttrice.
2. spese premio assicurazione:
per quanto riguarda le spese relative al premio di assicurazione RCA, nonché per le tasse
automobilistiche, risultando obbligato il solo proprietario, resterà in capo a quest’ultimo il
pagamento del dovuto, salvi diversi accordi che imprimano tale obbligo a colui che
utilizza il mezzo dato in comodato. Tali diversi accordi hanno, comunque, una valenza
puramente interna ai rapporti tra comodante e comodatario. Per cui se il comodatario si
accolla tali costi negli accordi contrattuali, ma poi non adempie correttamente, la
responsabilità resterà in capo al comodante.
Occorre, infine, specificare che il comodatario di cosa mobile, a differenza di quello di bene
immobile) a garanzia del rimborso non solo gode del diritto di ritenzione, ai sensi
dell’art.2756 c.c. (che non richiede in capo al creditore il possesso giuridico del bene, né una
detenzione qualificata, ma esige soltanto una detenzione non qualificata nell’interesse altrui e
strumentale rispetto all’espletamento dell’obbligazione di conservare il bene), ma anche del
privilegio speciale sul bene mobile comodato.
Comodato di macchinari ed impianti
La prassi negoziale ha dimostrato in questi ultimi anni una capacità espansiva del contratto di
comodato che, seppur entro i confini dei beni materiali, vi ha fatto ricomprendere qualsiasi
cosa mobile o immobile, purché specificatamente determinata.
Ad oggi, soprattutto nel settore industriale, il contratto di comodato ha raggiunto un utilizzo
quasi quotidiano. Si pensi ai casi di società capogruppo che concedono in comodato interi
impianti di produzione ad un'altra impresa appartenente al medesimo gruppo.
Nel settore commerciale è frequente il comodato di attrezzature per la gestione di mense
aziendali o di macchine e strumenti fra case editrici e centri di stampa.
Anche il comparto sanitario vede frequentemente i produttori concedere in uso gratuito le
proprie attrezzature per la sperimentazione di nuove tecniche o nuovi prodotti. In tal modo,
172
Il contratto di comodato: profili giuridici
è evidente il vantaggio sia del produttore, che attraverso le esperienze assunte dall’utilizzo
riesce ad affinare e migliorare il prodotto, sia del comodatario, che in tal modo fornisce un
servizio utile senza esborso di capitali.
Lo schema contrattuale del comodato si presta molto facilmente a tali modelli commerciali o
industriali in quanto adattabile a qualunque categoria di bene.
I Giudici non hanno tendenzialmente eliminato dall’oggetto di comodato nessuna categoria di
beni mobili o immobili e anche nel caso di comodato di impianti e/o di macchinari, deve
ritenersi applicabile la disciplina codicistica, parimenti a quanto visto sopra per il comodato
immobiliare e di autovetture, così in tema di spese ordinarie e straordinarie, di obbligo di
restituzione, di stima e perimento della cosa, di danni causati per vizi della cosa, ecc..
Per quanto riguarda il comodato degli impianti, nella giurisprudenza è stato affrontato, in
particolar modo, il contratto di comodato degli impianti di distribuzione dei
carburanti, riguardante un’attività che, pur avendo natura privatistica, soddisfa un interesse
pubblico ed è quindi soggetta a vincoli ed obblighi di carattere pubblicistico. In riferimento a
tale tipo di comodato l’art.25 del R.D. n.1303/34 disponeva che il titolare di una concessione
amministrativa per il servizio di distribuzione carburanti che non intendeva provvedere
direttamente alla distribuzione con personale alle proprie dipendenze, poteva cedere a terzi
gli apparecchi senza benestare dell’amministrazione concedente, purché ciò avvenisse con
contratto di comodato che tuttavia doveva contenere particolari pattuizioni atte ad affermare
il prodotto sul mercato (come ad esempio l’obbligo di esporre l’insegna o di indossare la
divisa con il nominativo del produttore). La normativa aveva individuato per tale scopo il
contratto di comodato, perché quest’ultimo conciliava l’esigenza di affidare a terzi la gestione
dei distributori da parte delle grosse società petrolifere con quella di mantenere ferma la loro
responsabilità di fronte all’autorità amministrativa concedente e la sua gratuità impediva
abusi e speculazioni sulla cessione delle autorizzazioni.
Tale normativa è poi mutata in virtù della L. n.1034/70, nonché del DPR n.1269/71, ove non
è più prevista la stipulazione di un contratto di comodato, bensì quella di più generici
contratti aventi ad oggetto la cessione gratuita dell’uso degli impianti di distribuzione di
carburanti con durata non inferiore ai nove anni, negozi che la giurisprudenza ha comunque
definito di comodato modale.
Una recente sentenza della Suprema Corte54, ha affermato che in caso di cessione della
concessione per l’esercizio di impianti di distribuzione di carburanti, si verifica ope legis una
successione del nuovo concessionario nel contratto di comodato stipulato fra il cedente ed il
gestore dell’impianto, senza bisogno di accettazione da parte di quest’ultimo, analogamente
a quanto previsto dall’art.1602 c.c..
54
Cass., sent. 8 gennaio 1999 n.114 in Foro.It. 1999, I, 1219.
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La nozione di comodato *
Art. 1803 c.c.:
Nozione.
“Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all’altra una
cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un
uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.
Il comodato è essenzialmente gratuito”.
Art. 1810 c.c.:
Comodato senza determinazione di durata.
“Se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall’uso a cui la
cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non
appena il comodante la richiede”.
Il perimento della cosa
Art. 1805 c.c.:
Perimento della cosa.
“Il comodatario è responsabile se la cosa perisce per un caso fortuito
a cui poteva sottrarla sostituendola con la cosa propria o se,
potendo salvare una delle due cose, ha preferito la prima.
Il comodatario che impiega la cosa per un uso diverso o per un
tempo più lungo di quello a lui consentito, è responsabile della
perdita avvenuta per causa a lui imputabile, qualora non provi che la
cosa sarebbe perita anche se non l’avesse impiegata per l’uso
diverso o l’avesse restituita a tempo debito.
*
a cura di Alfredo Frangini
174
Il contratto di comodato: profili giuridici
segue: … le applicazioni giurisprudenziali
“L'art. 1805, comma 2, c.c. - a norma del quale il comodatario che impiega la cosa
per un uso diverso o per un tempo più lungo di quello a lui consentito è responsabile
della perdita avvenuta per causa a lui non imputabile, qualora non provi che la cosa
sarebbe perita anche se non l'avesse impiegata per l'uso diverso o l'avesse restituita
a tempo debito - benché faccia riferimento solamente al perimento della cosa, è
applicabile anche al deterioramento della stessa” (Cass., 6 novembre 2001, n.
13691).
“In caso di furto del bene in comodato, il comodatario è responsabile per colpa non
in caso di semplice prevedibilità ed evitabilità dell'evento, ma qualora, avuto riguardo
alle circostanze concrete, non abbia posto in essere tutte le attività richieste
dall'ordinaria diligenza; pertanto, il comodatario convenuto in giudizio per la
risarcibilità dei danni a titolo di responsabilità ex recepto, al fine di raggiungere la
prova della non imputabilità della perdita, non deve necessariamente dimostrare che
il furto è stato compiuto con violenza o con minaccia alle persone, essendo
sufficiente a tal fine che egli provi di avere adottato tutte le precauzioni che le
circostanze suggerivano per evitare la sottrazione del bene, secondo la diligenza del
buon padre di famiglia” (Cass., 10 novembre 2003, n. 16286).
Il regime delle spese
Art. 1808 c.c.
Spese per l’uso della cosa e spese straordinarie.
“Il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della
cosa.
Egli ha però diritto di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la
conservazione della cosa, se queste erano necessarie e urgenti”.
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segue: … le applicazioni giurisprudenziali
“Il comodatario che, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione (nella
specie, straordinaria) può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di
affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne i
rimborso dal comodante” (Cass., 6 novembre 2002, n. 15543).
“Al comodatario non sono rimborsabili le spese straordinarie non necessarie ed urgenti, anche se
comportino miglioramenti, tenendo conto della non invocabilità da parte del comodatario stesso,
che non è né possessore né terzo, dei principi di cui agli art. 1150 e 936 c.c., ed altresì della
carenza, anche nel similare rapporto di locazione, di un diritto ad indennizzo per le migliorie”
(Cass., 26 giugno 2002, n. 7923; Trib. Palermo, 13 giugno 2003).
“Il contratto di comodato non è snaturato dalla previsione che il comodatario provveda anche alle
spese di manutenzione straordinaria volte a rendere la cosa comodata idonea all'uso pattuito,
giacché in detta pattuizione è ravvisabile non un corrispettivo dovuto al comodante ma un onere
inerente al gratuito godimento della cosa, secondo l'uso concordato; la clausola del contratto di
comodato che addossi al comodatario le spese di straordinaria manutenzione volta a consentire
l'uso concessogli non osta a che il comodatario ai sensi dell'art. 1808 c.c. ottenga il rimborso
delle spese sostenute per la conservazione della cosa, ove ne dimostri il carattere straordinario e
urgente” (Trib. Bergamo, 20 novembre 2001).
Scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it il fac simile di
contratto di comodato e somministrazione
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IL CONTRATTO DI COMODATO DI BENI STRUMENTALI:
ASPETTI FISCALI E CONTABILI
a cura di Mariateresa Cattaneo e Walter Vallero*
Nelle aziende è diffuso concedere in uso beni strumentali a terzi o a fornitori, utilizzando un
contratto di comodato, attraverso il quale una parte (il comodante) consegna all’altra (il
comodatario) una cosa mobile o immobile, affinché questi se ne serva per un determinato
periodo o per un uso determinato con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.
L’utilizzo di questo contratto permette:
a)
di garantire un servizio da parte del concedente nei locali del comodatario (ad esempio i
distributori automatici);
b)
di concedere la possibilità a fornitori terzisti di produrre beni per il comodante (à facon).
Nel caso b) il fornitore si impegna a produrre in esclusiva per il concedente, a particolari
condizioni economiche, in cambio dell’uso gratuito del cespite e quindi si obbliga a non
utilizzare il medesimo bene strumentale del comodante per produzione a favore di terzi.
Lo stesso contratto può prevedere, oltre all’esclusiva nell’utilizzo, la conservazione e custodia
del bene con la diligenza del buon padre di famiglia, l’obbligo di effettuare le manutenzioni
ordinarie, talvolta quelle straordinarie, la possibilità per il comodante di ottenere in qualsiasi
momento la restituzione del bene, una dichiarazione per gli eventuali danni a terzi e così via.
Il fornitore terzista nel calcolare il prezzo dei beni prodotti con i beni strumentali ottenuti in
comodato, non include:
-
l’ammortamento dei cespiti,
-
gli oneri diretti ed indiretti (compresi quelli finanziari) collegati all’investimento.
I motivi che spingono il comodante a concedere in uso gratuito l’utilizzo del bene
strumentale ai propri fornitori vanno ricercati nel trattamento favorevole circa i tempi di
consegna e di lavorazione nonché nel controllo sulla qualità di produzione.
Esaurite queste necessarie premesse circa le motivazioni che spingono le imprese ad
utilizzare il contratto di comodato, ci si occuperà in questa sede dei principali aspetti fiscali,
esaminando le problematiche connesse a tale contratto ai fini delle imposte dirette,
dell’imposta sul valore aggiunto e dell’imposta di registro, oltre agli aspetti di natura
prettamente contabile.
Il comodato e le imposte dirette
Il trattamento fiscale dei beni in comodato è legato:
a)
all’oggetto, ovvero al tipo di bene, a seconda esso sia mobile o immobile;
b)
ai soggetti, che intervengono nel contratto, ovvero privati o soggetti passivi economici.
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
Tratto da “La Circolare Tributaria” n.10 del 14 marzo 2005 – Sistema d’Informazione Integrato – Gruppo Euroconference Editore
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Beni strumentali concessi in comodato
Una prima domanda che ci si pone, è questa: l’impresa comodante può dedurre le quote di
ammortamento di beni concessi in uso a terzi tramite il contratto di comodato (ad esempio
stampi per determinate lavorazioni)?
Il Legislatore fiscale fa dipendere la deducibilità delle quote di ammortamento del costo dei
beni materiali dalla strumentalità per l’esercizio dell’impresa e dall’esercizio dell’entrata in
funzione del bene stesso (art.102, co.1 del Tuir).
Il primo requisito indispensabile da ricercare in ogni circostanza al fine di rispondere in modo
affermativo alla domanda posta è dunque quello della strumentalità del bene.
La stessa relazione ministeriale allo schema di Testo Unico, commentando il co.1 del
previgente art.67 (ora art.102, in seguito alla rinumerazione prevista dal D.Lgs. n.344/03),
prevedeva che “la deducibilità delle quote di ammortamento è ammessa soltanto per i beni
strumentali e rimane invece esclusa per quelli non strumentali (tranne gli immobili, per i
quali l’ammortamento è compreso nella determinazione del reddito catastale), tuttavia
civilisticamente ammortizzabili”.
Nella ricerca della strumentalità è necessario verificare se il bene sia suscettibile a fornire
un’utilità continuata che perdura oltre alla durata dell’esercizio e che esso risulti inserito nel
processo produttivo (di ricavi) dell’impresa. Si conclude quindi che la strumentalità “fiscale”
viene
meno
quando
questi
beni,
pur
appartenenti
all’impresa
e
ammortizzabili
civilisticamente, in quanto subiscono un deperimento tecnologico e fisico, non sono produttivi
di reddito perché non inseriti nel processo produttivo oppure distolti da esso.
La stessa relazione ministeriale all’art.67 del DPR n.917/86 precisava che la determinazione
dell’esercizio di decorrenza dell’ammortamento è quello di “esercizio di entrata in funzione” e
non quello di “esercizio nel quale il bene è stato o avrebbe potuto essere utilizzato”. Esso
cessa nell’esercizio in cui il bene viene distolto del processo produttivo.
Una nota sentenza della Commissione Tributaria Centrale (Sez. XX n.1893 del 17/05/1993) ha
stabilito, che in presenza di un contratto di comodato, non viene meno la strumentalità del bene
e pertanto il comodante può continuare a dedurre le quote di ammortamento del bene stesso.
E’ indispensabile al fine di ammettere la deducibilità delle quote di ammortamento dei beni
concessi in comodato, dimostrare l’inerenza tra il contratto stesso e l’attività d’impresa svolta
dal comodante. I beni concessi in uso gratuito, anche se non utilizzati direttamente dal
proprietario/comodante possono essere considerati “in funzione” in termini economici e quindi
“strumentali” alla produzione di ricavi di impresa.
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Il contratto di comodato di beni strumentali:
aspetti fiscali e contabili
Come già indicato in premessa l’inerenza va ricercata in ordine alle motivazioni che spingono
il comodante a concedere l’uso dei propri beni strumentali al comodatario, quali il minor
prezzo praticato o il miglior servizio prestato dal comodatario/fornitore, venendosi così a
realizzare quel rapporto sinallagmatico, che nel caso, ad esempio, delle macchine distributrici
automatiche, si ha nella possibilità di ottenere un guadagno dalla vendita dei beni distribuiti,
ovvero, nel caso degli stampi, dalla possibilità di ottenere prodotti di qualità verificata.
Tali beni devono dunque rispettare il requisito dell’inerenza se cedono la propria utilità all’impresa
proprietaria (comodante) e non a quella che lo ha utilizzato (comodataria). In tal senso si è
espressa la R.M. n.9/2320 del 05/01/1981, la quale ha stabilito che l’ammortamento di silos di
proprietà e collocati presso i clienti spetta comunque all’impresa proprietaria “indipendentemente
dalla collocazione fisica degli stessi, non venendo meno l’anzidetto carattere di strumentalità per
il fatto che essi sono situati al di fuori dello stabilimento”.
Tale principio è sicuramente rispettato ogni qualvolta l’utilizzo del bene strumentale è riferito
ad un preciso interesse dell’attività dell’impresa del comodante.
L’eccezione a questo principio generale si ha riguardo ai beni immobili relativi ad imprese
commerciali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza
radicali trasformazioni: si tratta degli immobili appartenenti alle categorie catastali C, D e
A/10, i quali si considerano strumentali (per natura) anche se non utilizzati dall’impresa o
dati in comodato (art.43 Tuir).
Il Legislatore distingue i beni immobili strumentali in due categorie:
a)
immobili strumentali per destinazione;
b)
immobili strumentali per natura.
Gli immobili di cui al punto a) sono quelli utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa,
quindi quelli di civile abitazione utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’impresa.
Gli immobili di cui al punto b) sono considerati strumentali a prescindere dalla loro
destinazione o dal loro uso e quindi non sono in ogni caso produttivi di reddito di fabbricati,
anche se dati in comodato a terzi (strumentalità di diritto).
Riepilogando si potranno aver le seguenti situazioni:
-
per gli immobili strumentali per destinazione utilizzati direttamente dall’impresa quali
beni strumentali per lo svolgimento della propria attività, non affluiscono a conto
economico proventi di alcun genere, mentre rilevano tra i componenti negativi le quote
di ammortamento, le spese di manutenzione, gli eventuali oneri finanziari;
-
per gli immobili strumentali per natura, concessi in comodato concorrono alla
formazione del reddito d’impresa i componenti di reddito positivi (pari a zero nel caso
di comodato, ad eccezione di eventuali somme spettanti a titolo di risarcimento o
rimborsi) e componenti negativi di reddito, quali le quote di ammortamento, le spese di
manutenzione e gestione, gli eventuali oneri finanziari.
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Si citano a conforto delle tesi sopra esposte:
-
la R.M. n.225/E dell’11/07/2002 riguardante la realizzazione ed ammortamento di
stazioni di servizio concesse in uso gratuito a terzi gestori, dove “il relativo
investimento è in ogni caso pianificato, realizzato e (co-) gestito dal comodante” e “il
ricorso al comodato ha come effetto diretto quello di chiudere il “ciclo” di impresa e di
consentire al comodante di realizzare i ricavi tipici dell’attività caratteristica che lo
contraddistingue presso il mercato ed i consumatori”;
-
la R.M. n.9/E del 10/01/02 dell’Agenzia delle Entrate riguardante una risposta ad un
interpello circa la possibilità di fruire del credito di imposta di cui all’art.8 della L.
23/12/2000 n.388 per l’acquisto di attrezzature pos (point of sale) acquistate da una
società che fornisce servizi di monetica e poi concessi in comodato d’uso ed utilizzati
fuori dalla sede della società (comodante) presso gli esercizi commerciali che li
utilizzano come sistemi di pagamento. L’Agenzia delle Entrate conclude che nel caso
specifico “non può negarsi che i pos nuovi, concessi in comodato d’uso, siano
qualificabili come beni strumentali ai sensi dell’art.67 del Tuir (ora art.102); essi, infatti,
sono utilizzati dal comodatario nell’ambito di un’attività strettamente funzionale
all’esigenza del comodante di fornire alle banche clienti i servizi di monetica.
Beni immobili ad uso abitativo in comodato tra privati
Per completezza di informazione, si ricorda in questa sede il comodato tra soggetti privati,
avente ad oggetto beni immobili ad uso abitativo. È il tipico caso del padre che concede in
uso gratuito al figlio l’immobile ad uso abitativo: il comodante, quale proprietario
dell’immobile, dichiara la rendita catastale rivalutata dell’immobile, senza applicazione della
maggiorazione di un terzo, prevista per gli immobili a disposizione, nel caso il famigliare
comodatario vi abbia stabilito la propria residenza anagrafica, ovvero applicando la
maggiorazione di un terzo, trattandosi di immobile a disposizione.
Il trattamento delle spese di manutenzione, riparazione e trasformazione dei beni
in comodato
Il trattamento delle spese di manutenzione, riparazione e trasformazione dei beni in
comodato si differenzia in base ai seguenti parametri:
a)
proprietà dei beni a cui le spese si riferiscono;
b)
natura economica delle spese.
Quindi, in base al parametro di cui al punto a) le spese di manutenzione possono riguardare:
-
beni propri (sostenute dal comodante);
-
beni di terzi (sostenute dal comodatario).
180
Il contratto di comodato di beni strumentali:
aspetti fiscali e contabili
Invece, in base al parametro di cui al punto b) le spese di manutenzione possono così
suddividersi:
-
spese di manutenzione ordinarie;
-
spese di natura incrementativa.
Le spese di manutenzione sostenute dal comodante
Il Legislatore fiscale nell’art.102, co.6 consente la patrimonializzazione delle spese di
manutenzione, ovviamente quando esse abbiano natura incrementativa, imputandole ad
aumento del costo dei beni cui si riferiscono ed ammortizzandole con i relativi coefficienti.
Nel caso invece di spese di manutenzione non aventi natura incrementativa e quindi con
imputazione al conto economico (voce B7- spese per servizi), la loro deduzione è regolata
come segue:
-
deduzione di detti componenti negativi di reddito nell’esercizio di sostenimento nei limiti
del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili (compresi anche
quelli concessi in comodato), esistenti all’inizio del periodo di imposta, anche nell’ipotesi
in cui non tutti i beni abbiano costituito oggetto di manutenzione;
-
ripartizione delle spese eccedenti la percentuale del 5% in quote costanti nei successivi
cinque esercizi, anche nell’ipotesi in cui tale parte non estende la propria utilità
economica ai futuri periodi, ma la esaurisca nell’esercizio di sostenimento della spesa.
Tale variazione fiscale in aumento, da evidenziare nell’apposito rigo del quadro RF (nel caso
di impresa in contabilità semplificata, nel quadro RG sarà invece indicata esclusivamente la
quota fiscalmente deducibile, senza altre implicazioni di natura contabile) genera quindi,
trattandosi di variazione temporanea, imposte differite attive con la conseguente
imputazione nell’attivo dello Stato Patrimoniale di crediti per Imposte anticipate e relativa
spiegazione al punto 14 della Nota Integrativa (art.2427 c.c.).
Le spese di manutenzione sostenute dal comodatario
In questo caso le spese di manutenzione “ordinarie”, non aventi natura incrementativa,
essendo relative a beni di terzi (beni in comodato), da un punto di vista fiscale, sono
deducibili nell’esercizio di sostenimento, in quanto in questo caso (analogo ai beni in leasing
o in affitto) la deducibilità non è soggetta alle limitazioni di cui all’art.102, co.6, prevista per i
beni di proprietà.
Se le spese di manutenzione hanno invece natura incrementativa trova applicazione invece il
co.3 dell’art.108 Tuir e pertanto sono deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun
periodo di durata del contratto di comodato.
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Si applica per analogia quanto previsto nel caso di contratto di locazione, dove i criteri
civilistici di ripartizione delle spese in esame costituiscono presupposto per la determinazione
della quota di dette spese imputabili al reddito dell’esercizio (si veda la C.M. n.73/E del
27/05/1994, p.3.36 “Immobili assunti in locazione – Spese di ristrutturazione”).
In bilancio queste spese trovano collocazione tra le Immobilizzazioni Immateriali (voce BI7
dell’attivo) e seguono il seguente criterio di ammortamento:
-
le quote di ammortamento devono interessare, fino ad esaurimento, anche le annualità
per le quali il contratto viene rinnovato;
-
in caso di mancato rinnovo, le residue quote saranno interamente dedotte nell’esercizio
in cui si verificherà tale circostanza.
Il comodato e l’imposta sul valore aggiunto
Trattandosi di un contratto essenzialmente gratuito, la cessione di beni in comodato non
rientra tra le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, non essendo
considerato ne una prestazione di servizi (non si ritiene in ogni caso possa rientrare in una di
quelle prestazioni previste dal co.3 dell’art.3 del DPR n.633/72), ne una cessione di beni. Una
prima conseguenza di tale circostanza è che non è necessario porre in essere alcun
adempimento (diretto) ai fini Iva (fatturazione, registrazione, ecc.).
Tuttavia al fine di vincere le presunzioni di cessione o di acquisto di cui all’art.53 del DPR
n.633/72 è bene seguire le regole previste dal DPR n.441 del 10/11/1997 (commentate nella
C.M. n.193/E del 23/07/98, in particolare p.1, relativo alle presunzioni di cessione e p.2,
relativo alle presunzioni di acquisto). La prova per superare le presunzioni, dimostrando che i
beni sono stati consegnati a terzi in comodato o ricevuti da terzi in comodato, si ottiene
alternativamente dai seguenti comportamenti:
-
annotazione sul libro giornale o da altro libro tenuto a norma del codice civile;
-
annotazione su apposito registro tenuto ai sensi dell’art.39 del DPR n.633/72;
-
atto registrato presso l’Agenzia delle Entrate;
-
emissione di un documento di trasporto progressivamente numerato dall’emittente e
integrato con la relativa causale “comodato d’uso”;
-
annotazione apposita effettuata, al momento del passaggio dei beni, in uno dei registri Iva.
Nel caso del comodato non si ritiene debba trovare applicazione la regola secondo la quale
l’operazione deve essere regolarizzata dopo il decorso di un anno dalla consegna (come nel
caso dei beni consegnati in prova). La regola contenuta nell’art.6, co.1, seconda parte del
DPR n.633/72 fa riferimento a cessioni i cui effetti traslativi o costitutivi si producono
posteriormente, cosa che non accade nel comodato.
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Il contratto di comodato di beni strumentali:
aspetti fiscali e contabili
Alla conclusione del contratto di comodato si possono verificare le seguenti ipotesi con
conseguenze diverse sotto il profilo Iva:
- i beni vengono restituiti al proprietario- comodante: in tal caso non vi è nessuna
conseguenza ai fini Iva. Per vincere le presunzioni occorre provare la restituzione, ad
esempio, emettendo un documento di trasporto con la causale “reso da comodato d’uso”,
oppure con apposita annotazione nella colonna “scarico” del registro tenuto per certificare i
beni ricevuti a titolo diverso da quello traslativo della proprietà;
- il comodato è trasformato in una locazione o noleggio di bene mobile: l’operazione è
rilevante ai fini Iva, il momento di effettuazione dell’operazione ovvero del suo
assoggettamento ad Iva coincide con quello di pagamento del corrispettivo (art.6, co.3
del DPR n.633/72);
- il bene oggetto di comodato è venduto al comodatario: l’assoggettamento all’imposta sul
valore aggiunto è immediato, in quanto la regola da applicare è l’effettuazione
dell’operazione coincide con il momento della consegna.
Per completezza di analisi, qualora invece vi sia un addebito al comodatario, ad esempio, per
eccessivo deperimento del bene o per la sua mancata restituzione alla scadenza pattuita, questo
importo non dovrebbe essere ritenuto rilevante ai fini Iva, in quanto trattandosi di penalità per
inadempimento contrattuale, rientra nell’ipotesi di cui all’art.15, co.1, DPR n.633/72.
L’altra questione da risolvere in tema di imposta sul valore aggiunto è quella se considerare
detraibile l’imposta assolta per l’acquisto dei beni concessi in comodato.
Il dubbio circa la detraibilità o meno dell’imposta assolta sugli acquisti trova una risposta
nell’inerenza di tali operazioni all’attività di impresa del comodante e quindi quei beni
concessi in comodato possono essere considerati strumentali nel caso in cui l’attività del
comodatario sia funzionale a quella del comodante (si veda la R.M. n.9/E del 10/01/2002
dell’Agenzia delle Entrate).
L’art.19, co.1 del DPR n.633/72 stabilisce un diritto di detrazione, in via generale, per tutti i beni
ed i servizi acquistati nell’esercizio d’impresa, arte o professione; tuttavia questo diritto alla
detrazione non spetta nel caso in cui i beni e servizi vengono utilizzati per realizzare operazioni
esenti o, comunque, non soggette ad imposta o escluse dal suo campo di applicazione.
Quindi la risposta alla domanda se il comodato è un’operazione esclusa che comporta una
limitazione al diritto alla detrazione è la seguente:
-
per il comodante, la detrazione è ammessa se la concessione di beni in comodato è
inquadrata nell’ordinaria attività dell’impresa rivolta a realizzare operazioni che ne diano diritto.
La C.M. n.328 del 14/12/1997 al par.3.1 precisa quanto già rilevato nella relazione
governativa accompagnatoria al D.Lgs. n.313/97, la quale espressamente cita il
comodato: “è da tener presente che l’anzidetto diniego della detrazione dell’imposta, pur
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concernendo i beni ed i servizi impiegati in operazioni non soggette ad Iva, non
s’intende esteso a quelli indirettamente e funzionalmente ricollegabili ad altre operazioni
imponibili o ad esse assimilate dalla legge ai fini della detrazione”.
-
per il comodatario, la detraibilità dell’imposta sul valore aggiunto correlata alle spese di
manutenzione sostenute per l’utilizzazione dei beni acquisiti a titolo di comodato è ammessa
qualora il bene possa essere considerato inerente all’attività dallo stesso esercitata.
La conferma che non esiste alcuna limitazione in riferimento al titolo che permette al
soggetto l’utilizzo del bene si ha nella R.M. n.461413 del 05/10/1988, la quale così esprime
“la detrazione dell’Iva non può essere subordinata, in tema di immobili, al diritto di proprietà
degli stessi, essendo sufficiente che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi siano
effettuate nell’esercizio dell’impresa, ossia impiegati ai fini della realizzazione di operazioni
rientranti nella normale attività dell’imprenditore e tale destinazione risulti comprovata dai
documenti contabili dell’imprenditore stesso”.
Il comodato e l’imposta di registro
L’imposta di registro, in linea generale, si propone di colpire tutti gli atti scritti a contenuto
patrimoniale formati in Italia, o se formati all’estero, aventi ad oggetto il trasferimento di diritti reali
o la locazione o l’affitto di beni immobili o aziende situate in Italia (R.M. n.14 del 06/02/2002).
I contratti verbali, quindi anche i contratti di comodato verbali aventi ad oggetto beni mobili
o immobili, ad eccezione del caso in cui siano citati in altri atti scritti (ad esempio contratti di
locazione o affitto di beni immobili nel territorio dello Stato) sono esclusi dal campo di
applicazione dell’imposta di registro. Tale disposizione non si concilia dunque con quanto
previsto dal co.346 della L. n.311 del 30 dicembre 2004 (Finanziaria 2005), dove si prevede
che i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di
unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se ricorrendone i
presupposti, non sono registrati.
Nel caso di contratto di comodato redatto in forma scritta, l’imposta va applicata a seconda
del tipo del bene oggetto di comodato:
-
nel caso di beni immobili, il contratto redatto in forma scritta va registrato in termine
fisso, con il pagamento dell’imposta in misura fissa di Euro 168,00 (importo in vigore
dall’1 febbraio 2005, in seguito al D.L. n.7 del 21/01/2005) sia esso redatto con atto
pubblico o scrittura privata autenticata);
-
nel caso di beni mobili, il contratto redatto con scrittura privata non autenticata deve
essere registrato solo in caso d’uso e con il pagamento dell’imposta di registro in misura
fissa (Euro 168,00 – art.3, parte II, tariffa allegata al DPR n.131/86). Per evitare la
registrazione e ottenere la data certa dell’accordo è possibile ricorrere allo scambio di
corrispondenza;
184
Il contratto di comodato di beni strumentali:
aspetti fiscali e contabili
-
nel caso di beni mobili, il contratto di comodato redatto con scrittura privata autenticata
o con atto pubblico deve essere registrato in termine fisso con il pagamento dell’imposta
in forma fissa (Euro 168,00 – art.11, parte I, tariffa allegata al DPR n.131/86).
Il comodato e gli studi di settore
Ai fini di una corretta rilevazione degli elementi contabili necessari per l’applicazione degli
studi di settore è bene ricordare che nell’ammontare complessivo del valore dei beni
strumentali occorre indicare il valore normale, al momento dell’immissione nell’attività, dei
beni (solo quelli mobili – non si tiene, infatti, mai conto degli immobili) acquisiti in comodato
(ovvero in dipendenza di contratto di locazione non finanziaria). Per valore normale dei beni
dei servizi si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni o servizi della
stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di
commercializzazione nel tempo e nel luogo in cui è stata effettuata l’operazione o nel tempo
o nel luogo più prossimi.
Il comodato e gli aspetti contabili
Sebbene marginale rispetto a quanto esaminato in precedenza, di seguito si riportano alcuni
aspetti di natura prettamente contabile, in ordine a talune fattispecie di concessione in
comodato di beni.
F Beni strumentali concessi in comodato a terzi, ma inerenti l’attività dell’impresa proprietaria
In questo caso, si pensi, quale esempio significativo, ai distributori di bibite e bevande calde
e fredde. I beni concessi in comodato sono inseriti in bilancio tra le “attività” dell’impresa
proprietaria. Alla stessa spetta pertanto sia l’ammortamento, che la rilevazione in contabilità
delle spese di manutenzione e di gestione di tali beni. Il vantaggio per il comodante è fornire
e vendere quei determinati prodotti indispensabili per l’utilizzo dell’apparecchiatura.
Il comodante deve registrare tra i Conti d’Ordine, nella voce “nostri beni presso terzi” il
valore dei beni concessi in comodato.
La scrittura sarà la seguente:
nostri beni c/o terzi
a
debitori per ns. beni in comodato
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O
In maniera speculare nella contabilità del possessore dei beni a titolo di comodato
(comodatario), comparirà la seguente scrittura contabile:
beni di terzi c/o di noi
a
creditori per beni in comodato
indicando il valore normale dei beni.
F Beni strumentali concessi in comodato a terzi per l’utilizzo nell’attività di terzi
In questo caso, invece, i beni di cui trattasi vengono utilizzati dal comodatario nell’ambito
dello svolgimento della sua attività.
Le fattispecie più frequenti sono quelle relative all’autovettura e a macchinari/attrezzature.
Nel caso dell’autovettura si possono individuare due situazioni:
-
l’autovettura è di proprietà dei soci e viene concessa in comodato alla società per
essere da questa utilizzata. Il contratto potrà stabilire che i costi di manutenzione e
di gestione dell’autovettura siano a carico della società, così come per i costi di bollo
e assicurazione;
-
l’autovettura è di proprietà della società e viene data in comodato a collaboratori
dell’azienda o agli stessi soci. In tal caso la società potrebbe mantenere a proprio carico i
costi di gestione del veicolo, salvo non pattuire diversamente nel contratto.
La società proprietaria dovrà rilevare, nei conti d’ordine, la seguente scrittura contabile:
nostri beni c/o terzi
a
debitori per ns. beni in comodato
Nel caso dei macchinari, stampi ed attrezzature, concessi in comodato ad altre imprese per lo
svolgimento di lavorazioni che interessano il comodante, il contratto deve regolare non tanto le
spese di gestione, che di norma sono a carico del comodatario, ma soprattutto chi debba
sostenere le spese di manutenzione ordinarie e/o straordinarie sul bene concesso in comodato.
Si possono verificare le seguenti condizioni:
a)
manutenzione a carico del comodante: trattasi di manutenzioni su beni di proprietà
e come tali devono essere trattate contabilmente.
b)
manutenzione a carico del comodatario: sono manutenzioni ordinarie su beni di
terzi. E’ preferibile che vengano contabilizzate separatamente, come le manutenzioni su
beni in leasing o su beni in noleggio.
186
Il contratto di comodato di beni strumentali:
aspetti fiscali e contabili
La scrittura contabile può essere:
manutenzione su beni in comodato
a
fornitore
Nel caso in cui tali spese avessero utilizzabilità pluriennale o carattere di straordinarietà
possono essere inserite nell’attivo patrimoniale con la seguente scrittura:
altre
immobilizzazioni
immateriali
(sottoconto: manutenzione su beni di
a
fornitore
terzi in comodato)
E’ bene sottolineare, a proposito dell’ammortamento di tali spese appena menzionate, che
non sempre il contratto di comodato prevede un termine di scadenza. Pertanto risulta difficile
determinare un piano d’ammortamento per questi specifici oneri pluriennali. E’ preferibile che
la durata del contratto sia determinata o rapportata a quantità di prodotti da produrre e/o
consegnare. In tale circostanza si predisporrà un piano di ammortamento congruo all’uso del
bene, determinato soggettivamente dall’utilizzatore.
Anche in questo caso, come nel precedente, il valore del bene dato e ricevuto in comodato
deve essere inserito tra i conti d’ordine nel bilancio delle aziende, sia del comodante che del
comodatario.
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187
IL LEASING
a cura di Alfredo Frangini*
La nozione di leasing
Definizione desumibile da art. 17, c. 2 . 2 maggio 1976, n. 183:
“per operazione di locazione finanziaria si intendono le operazioni di locazione di beni mobili e
immobili, acquisiti o fatti costruire dal locatore, su scelta e indicazione del conduttore, che ne
assume tutti i rischi e con facoltà per quest’ultimo di divenire proprietario dei beni locati al
termine della locazione, dietro versamento di un prezzo prestabilito”.
Definizione desumibile dall’art. 1 degli usi relativi al leasing mobiliare ed immobiliare della
Camera di Commercio di Milano:
“contratto con il quale il locatore mette a disposizione del conduttore un bene mobile o
immobile per un tempo determinato verso un corrispettivo pagabile a scadenze periodiche e
determinato in relazione al valore del bene, alla durata del contratto e ad altri elementi”.
Quindi siamo di fronte ad un contratto mediante il quale una parte (locatore, concedente,
finanziatore) concede all’altra (locatario, utilizzatore, conduttore) il godimento di un bene,
preventivamente individuato, verso corrispettivo di un canone periodico e gli riconosce inoltre il
diritto di riscattare il bene medesimo al termine del periodo contrattuale.
Il leasing operativo e finanziario
Nel leasing c.d. operativo il locatore produce il bene nell’ambito della sua attività di impresa e lo
concede direttamente in locazione il bene all’utilizzatore, assicurandogli una serie di servizi
accessori (manutenzioni e riparazioni periodiche, consulenza, pezzi di ricambio).
Nel leasing finanziario, la società di leasing previa indicazione del locatario, acquista il bene dal
produttore e lo concede al locatario con facoltà di riscatto alla scadenza.
Il leasing operativo non è altro che una locazione, con fornitura di servizi accessori; dunque:
ƒ l’utilizzatore versa un canone al produttore/concedente per la concessione in godimento del
bene per un periodo solitamente breve (e inferiore alla vita economica dello stesso);
ƒ al termine del contratto non è solitamente previsto il diritto di riscatto ma la restituzione del
bene o la rinnovazione del contratto.
Il leasing finanziario consiste nella locazione di beni mobili o immobili fatti costruire o acquistati
dalla società di leasing su scelta dell’utilizzatore; dunque, il conduttore:
ƒ assume tutti i rischi connessi all’acquisto del bene;
ƒ ha la facoltà di diventarne proprietario al termine del contratto versando un prezzo predefinito;
ƒ al termine del contratto può riscattare il bene, restituirlo alla società di leasing, cedere l’opzione
per il riscatto ad un terzo (previo consenso della società di leasing), rinnovare il contratto per
un ulteriore periodo.
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
188
Il leasing
I vantaggi del contratto
In linea generale, il leasing:
(i) rispetto alle forme tradizionali di finanziamento
™ presenta tempi di istruttoria più rapidi;
™ consente di finanziare il costo del bene per intero (compresa l’IVA);
™ non intacca i ratios di bilancio dell’utilizzatore;
™ rappresenta un ser vizio flessibile che può essere “tagliato” sulle diverse e specifiche
esigenze aziendali;
(ii) rispetto alle forme tradizionali di finanziamento
™ l’utilizzatore sceglie il bene su misura;
™ consente di usufr uire di eventuali sconti sul prezzo in quanto il fornitore viene pagato subito
e per l’inter o;
™ consente, al termine del contratto, di acquistare la proprietà del bene.
segue
Sul piano economico il leasing operativo permette all’utilizzatore di ottenere i seguenti benefici:
ƒ possibilità di utilizzare il bene per un periodo prolungato (di norma superiore al termine
breve, ma inferiore alla vita utile del bene stesso), senza sopportare il rischio di
obsolescenza del bene (come avviene invece nel leasing finanziario e nel normale
acquisto del bene);
ƒ possibilità di acquisire il bene insieme ai servizi accessori utili a garantire il
funzionamento del bene stesso, attraverso un unico pagamento;
ƒ assenza dell’impegno a pagare l’intero prezzo del bene.
A differenza di quanto previsto nel leasing operativo, nel leasing finanziario:
ƒ l’oggetto può essere un qualsiasi bene mobile o immobile occorrente all’azienda
utilizzatrice per un periodo che, solitamente, corrisponde alla durata economica–tecnica
del bene stesso;
ƒ l’ammontare dei canoni corrisposti per tutta la durata del contratto è pari, se non
superiore, al valore delle attrezzature, per cui viene stabilita la possibilità di acquisto
della proprietà ad un valore residuo modesto;
ƒ i servizi collaterali non sono inclusi nel canone versato dall’utilizzatore.
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189
Il leasing (finanziario) di godimento e quello
traslativo
Ricorre la figura del leasing di godimento, pattuito con funzione di finanziamento rispetto a
beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e
dietro canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell'uso dei beni stessi.
Ricorre il leasing traslativo allorché la pattuizione si riferisca a beni atti a conservare a quella
scadenza un valore residuo superiore all'importo convenuto per l'opzione e dietro canoni che
scontano anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto, e solo in
quest'ultimo caso, stante la eadem ratio, può applicarsi in via analogica al contratto di leasing
la disciplina dettata dall'ar t. 1526 c.c. per la vendita con riser va di proprietà.
(Cass., 10 giugno 2005, n. 12317; Cass., 7 febbraio 2001, n. 1715).
Alcune clausole tipiche del leasing finanziario;
alcune vicende del contratto
ƒ
ƒ
ƒ
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ƒ
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ƒ
190
esonero dalle responsabilità del concedente per mancata o ritardata consegna del bene
[art. 9, lett. b) del contratto messo a disposizione]: criticità;
esonero dalla responsabilità del concedente in caso di perimento del bene [art. 9, lett. h)
del contratto messo a disposizione];
vizi del bene [art. 9, lett. c) e d) del contratto messo a disposizione];
clausola risolutiva espressa e misura del danno in caso di inadempimento [artt. 14 e 15
del contratto messo a disposizione]: criticità;
mancata restituzione del bene [art. 17 del contratto messo a disposizione];
fideiussione di terzi e nel gruppo societario;
cessione del contratto.
Il leasing
L’esonero da responsabilità del concedente per
mancata o ritardata consegna del bene: criticità
[cfr. art. 9, lett. b) del contratto messo a disposizione]
In passato la giurisprudenza riconosceva la validità della clausola di trasferimento in capo
all’utilizzatore del rischio per mancata o ritardata consegna del bene; il concedente doveva
ritenersi obbligato solo all’acquisto del bene, ma non anche alla consegna dello stesso (Cass.,
30 giugno 2998, n. 6412), mentre l’utilizzatore era tenuto al pagamento dei canoni anche in
caso di mancato utilizzo del bene.
I successivi interventi giurisprudenziali hanno riconosciuto invece (i) la responsabilità anche del
concedente in caso di mancata consegna e (ii) l’invalidità della clausola di inversione
dell’assunzione dei rischi, giacché essa:
ƒ snatura lo scopo del collegamento negoziale voluto dalle par ti (Appello Milano, 21
dicembre 1999);
ƒ è contraria alla causa del contratto, costituita dal godimento del bene per un
determinato tempo (Cass., 2 novembre 1998, n. 10926).
L’utilizzatore conser verebbe quindi il diritto a rifiutare la consegna del bene e a non versare
alcun corrispettivo al concedente per un godimento mai avvenuto.
(segue)
La posizione attuale della giurisprudenza:
ƒ“In un contratto di leasing finanziario, nell'ipotesi in cui l'utilizzatore prescelga, oltre al bene, la
persona che dovrà for nirglielo, e si sia stabilito che il fornitore consegni direttamente il bene
all'utilizzatore, l'obbligazione del concedente diventa quella di concludere il contratto di vendita
con il fornitore mediante l'impiego del capitale nell'acquisto, mentre l'obbligazione di consegna
del bene sulla base del contratto di vendita va adempiuta nei confronti dell'utilizzatore. In tale
ipotesi, l'eventuale clausola di esonero di responsabilità del concedente per inadempimento del
fornitore non presenta tecnicamente la funzione di stabilire un esonero di responsabilità,
gravando in questo caso sul concedente solo l'obbligazione di determinare in capo al fornitore
l'obbligo di consegnare il bene all'utilizzatore. Quest'ultimo, pur non potendo far valere nei
confronti del concedente il diritto alla consegna del bene ed anche alla possibilità di farne uso
secondo la sua destinazione, non rimane, però, privo di tutela. Infatti egli può esercitare, nei
confronti del for nitore, in via diretta e non surrogata, le azioni intese ad ottenere
l'adempimento o il risarcimento dei danni in caso di inadempimento. Ciò in quanto finisce per
realizzarsi, nella conclusione del contratto di fornitura, quella medesima scissione di posizioni,
nei confronti del terzo contraente, che si presenta in caso di contratti conclusi dal mandatario in
nome proprio e nell'interesse del mandante” (Cass., 5 settembre 2005, n. 17767).
ƒ“L'inadempimento del fornitore, consistente nella mancata consegna del bene, rapportato al
contratto di leasing, per il concedente costituisce incolpevole impossibilità sopravvenuta di
adempiere, e per l'utilizzatore - nonostante ogni eventuale, contraria clausola contrattuale, da
ritenere invalida se esistente - esclude l'obbligo di corrispondere quanto sarebbe stato a suo
debito ove avesse goduto del bene” (Cass., 8 marzo 2005, n. 5003).
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L’esonero da responsabilità del concedente in
caso di perimento del bene
Come conseguenza del passaggio dei rischi relativi al bene oggetto di leasing in capo
all’utilizzatore, quest’ultimo, in caso di perimento, anche fortuito (tra cui va ricompreso il furto),
dello stesso, è tenuto a versare sia i canoni scaduti che quelli a scadere (attualizzati al tasso
ufficiale di sconto) al netto dell’eventuale indennizzo assicurativo ottenuto dal concedente.
Questo genere di clausole sono ritenute legittime “in considerazione della peculiarità del
rapporto in cui esse si inseriscono, ove v’è la necessità di una particolare distribuzione del
rischio contrattuale tale da contenerlo per il concedente nei limiti della sfera finanziaria,
accollandolo all’utilizzatore per gli altri aspetti, come ad esempio il mancato godimento del
bene” (Trib. Milano, 7 dicembre 1981).
Con riferimento al diritto dell’utilizzatore alla percezione dell’indennizzo assicurativo:
ƒ In caso di assenza di previsioni contrattuali a favore dell’utilizzatore, questi non potrà
avanzare alcun diritto sull’indennizzo prima del pagamento dei canoni e del prezzo di
opzione;
ƒ In caso di indicazione nel contratto del diritto all’indennizzo a favore dell’utilizzatore,
questi avrà diritto all’indennità assicurativa limitatamente al danno subito solo dopo aver
pagato i canoni ma non il prezzo di opzione.
I vizi del bene
[cfr. art. 9, lett. c) e d) del contratto messo a disposizione]
Sono escluse azioni verso il concedente in capo all’utilizzatore (art. 9 del testo di condizioni
generali di leasing messo a disposizione).
In particolare, tale esclusione opera in presenza di sottoscrizione di verbale di consegna e
collaudo (Trib. Milano, 17 marzo 1977 che ha escluso la responsabilità del concedente “… per
eventuali vizi o inidoneità della cosa all’uso cui essa è destinata … dal momento che rimane
estraneo alla sua - del bene, N.d.R. - individuazione, effettuata dall’utilizzatore, in vista delle
sue peculiari esigenze produttive ”).
Generalmente, in presenza di una clausola di esonero di responsabilità del concedente, si
prevede un mandato all’utilizzatore di agire direttamente verso il fornitore (art. 10 del testo di
condizioni generali di leasing messo a disposizione); all’utilizzatore spettano dunque le azioni
di garanzia derivanti dalla compravendita dei beni stipulata tra fornitore e concedente (Cass.,
30 giugno 1998, n. 6412; Cass., 9 gennaio 1998, n. 9785; Cass., 19 maggio 2006, n. 11776).
192
Il leasing
(segue)
In giurisprudenza si fa inoltre strada l’idea che si tratti non di una azione surrogatoria o
esercitata sulla base di un mandato, ma che si tratti di un’azione diretta in capo all’utilizzatore:
ƒ
ƒ
“l'operazione di leasing finanziario, pur non dando luogo ad un contratto plurilaterale,
realizza un collegamento negoziale tra contratto di fornitura e contratto di leasing, e tale
collegamento ha l'effetto giuridico di legittimare l'utilizzatore a esercitare in nome proprio
le azioni scaturenti dal contratto di fornitura” (Cass, 30 marzo 2005, n. 6728)
“nel contratto di leasing finanziario, l'utilizzatore che agisca con l'azione di garanzia per i
vizi della cosa nei confronti del fornitore potrà chiedere anche di essere risarcito dei danni
che avrà subito per i difetti del bene locato, tra i quali possono rientrare i canoni pagati al
concedente nel periodo in cui l'utilizzatore non ha potuto godere del bene locato per i vizi
dello stesso, mentre non costituiscono danni risarcibili gli interessi di mora dovuti al
ritardo nel pagamento dei canoni da parte dell'utilizzatore ” (Cass., 1° ottobre 2004, n.
19657)
La clausola risolutiva espressa
[cfr. artt. 14 e 15 del contratto messo a disposizione]
La clausola risolutiva espressa permette al concedente, in presenza di certe condizioni, di
ottenere l’automatico scioglimento del contratto.
La clausola deve contenere in maniera analitica le tipologie di obblighi che, in caso di
inadempimento, determinano la risoluzione di diritto del contratto (mancato pagamento di rate
di canone, insolvenza dell’utilizzatore, mancata diligenza nella custodia del bene, distruzione o
furto del bene).
È legittima, in deroga all’art. 1525 c.c., la clausola che prevede la risoluzione del contratto anche
in caso di mancato pagamento di una sola rata di canone.
La determinazione del danno, in caso di inadempimento, è in genere effettuata attraverso l’uso
di penali.
Nel leasing di godimento, il concedente avrà diritto alla restituzione del bene, a trattenere i
canoni già ricevuti e ad un risarcimento dei danni in misura pari alla differenza tra i canoni
residui (comprensivi del prezzo di riscatto) ed il valore del bene al momento della sua
liquidazione (cfr. art. 15 del testo di condizioni generali di leasing messo a disposizione).
Nel leasing traslativo, il concedente dovrà restituire all’utilizzatore i canoni percepiti e avrà
diritto alla restituzione del bene ed al risarcimento del danno in misura pari al differenziale tra il
corrispettivo contrattuale e il valore del bene a prezzi correnti al momento della liquidazione.
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193
segue: … criticità
La Corte di Cassazione sottolinea che:
ƒ “nel leasing traslativo, cui si applica la disciplina della riserva di proprietà, in caso di
risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, quest’ultimo, restituita la cosa, ha diritto alla
restituzione delle rate riscosse, fatto salvo il diritto del concedente di trattenere un equo
compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno. Mentre l’equo compenso
comprende la remunerazione del godimento del bene ed il deprezzamento conseguente alla
sua non commerciabilità come nuovo per il logoramento per l’uso, ma non il mancato
guadagno da parte del concedente, il risarcimento del danno può derivare da un
deterioramento anormale della cosa dovuto all’utilizzatore” (Cass., 24 giugno 2002, n. 916);
ƒ “il concedente deve conseguire un risultato economico corrispondente al preventivato ricavo
finale dell’operazione” e che “l’equo compenso comprende la remunerazione del godimento
del bene, il deprezzamento conseguente alla sua commerciabilità come nuovo, il logoramento
per l’uso; non comprende invece il risarcimento del danno derivante da un deterioramento
anormale della cosa, né il mancato guadagno” (Cass., 13 gennaio 2005, n. 574);
ƒ “il risarcimento del danno deve tener conto del mancato guadagno che il concedente si
attendeva dal contratto se l’utilizzatore avesse adempiuto alla propria obbligazione di
pagamento dei canoni” (Cass., 23 marzo 2001, n. 4208).
Criticità delle clausole che, in un leasing traslativo, prevedano, in caso di risoluzione del contratto,
il diritto del locatore di richiedere il pagamento dei canoni insoluti, nonché una parte dei canoni a
scadere.
La mancata restituzione del bene
Nel caso di risoluzione anticipata del contratto o di mancato esercizio del
diritto di riscatto, in caso di mancata spontanea consegna del bene, sarà
possibile agire in sede monitoria chiedendo un decreto ingiuntivo per
consegna, previa dimostrazione dell’inadempimento contrattuale.
194
Il leasing
Le fideiussione di terzi;
le fideiussioni nel gruppo societario
Fideiussione di terzi:
secondo la giurisprudenza (Cass., 29 marzo 1996, n. 2909; Trib. Milano, 21 gennaio 1991)
ƒ eventuali clausole del tipo solve et repete non preclude al fideiussore la possibilità di
chiedere l’applicazione dell’art. 1526, comma 2, c.c., con conseguente acquisizione dei
canoni versati da parte del concedente a titolo di indennità) e dell’art. 1384 c.c. (obbligo
dell’utilizzatore al pagamento dei canoni successivi a titolo di risarcimento dei danni;
ƒ Il fideiussore può eccepire l’eccessività dell’ammontare della penale rispetto al valore
ricavato dalla vendita del bene.
Fideiussione da par te di società del gruppo:
necessità di verificare:
ƒ l’estraneità della fideiussione rispetto all’oggetto sociale della società concedente, anche
avendo riguardo al nesso di strumentalità tra rilascio della fideiussione e conseguimento
dell’oggetto sociale; la fideiussione sarà estranea all’oggetto sociale della fideiubente se
incapace di apportare vantaggio, diretto o indiretto, a quest’ultima;
ƒ la sussistenza di eventuali conflitti di interesse:
™ necessità di autorizzazione da par te dell’assemblea dei soci della concedente la
fideiussione
™ delibera assunta con il solo voto di amministratori indipendenti;
™ previsione di un corrispettivo.
La cessione del contratto
La cessione del contratto presuppone che nessuno degli elementi del
contratto originario venga modificato.
Il cessionario subentra del diritto di utilizzazione del bene e nel
diritto di esercitare il riscatto alla fine del contratto.
Il corrispettivo della cessione è solitamente pari al valore economico
del bene, al netto del valore attualizzato dei canoni ancora dovuti e
dell’eventuale prezzo di riscatto.
Scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it il fac simile di
contratto di locazione finanziaria
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LEASING OPERATIVO E LEASING FINANZIARIO
*
a cura di Sandro Cerato
La classificazione del contratto di leasing nelle due categorie di “leasing finanziario” e
“leasing operativo”, ha notevoli riflessi, sia sul piano fiscale, sia sul piano contabile.
Il leasing finanziario presenta le seguenti caratteristiche principali:
•
i rischi ed i benefici connessi con la proprietà del bene vengono trasferiti in capo
all’utilizzatore sin dal momento della consegna del bene;
•
l’utilizzatore, in base al contratto, ha il diritto di diventare proprietario del bene,
esercitando la relativa facoltà nei termini previsti dal contratto stesso.
Il leasing operativo è un contratto di locazione che consente l’utilizzo di un bene dietro il
pagamento di un canone, ma che non trasferisce all’utilizzatore i rischi ed i benefici connessi
alla proprietà del bene. Lo IAS n. 17 considera il leasing operativo una categoria residuale, in
cui allocare tutti i contratti di leasing non classificabili tra quelli di natura finanziaria.
Dal punto di vista fiscale, l’art. 102, co. 8, del TUIR, prevede alcuni “paletti” per la
deducibilità dei canoni riferiti ai contratti di locazione finanziaria, precisando sin d’ora che tali
vincoli sono riferiti solo all’ipotesi di leasing finanziario. Infatti, nel caso di leasing operativo,
trattandosi di una mera fattispecie di “noleggio”, i canoni sono deducibili in base alle regole
ordinarie (competenza, inerenze, ecc.).
Focalizzando l’attenzione sulla fattispecie di leasing finanziario, pertanto, il citato art. 102, co.
8, prevede le seguenti regole:
•
generale: per tutti i beni (salvo per alcuni veicoli di cui si dirà oltre) sia mobili che immobili, i
canoni di competenza (quindi già eventualmente riscontando il maxicanone lungo la durata
del contratto) sono deducibili se il contratto di leasing è almeno pari alla metà del periodo di
ammortamento previsto dalle tabelle allegate al D.M. 31.12.1988 (esempio: sottoscrizione di
un contratto di leasing per l’acquisto di un bene mobile con aliquota di ammortamento
tabellare del 25%. La durata minima del contratto sarà pari a 24 mesi);
•
specifica: per i beni immobili, è richiesta comunque una durata minima pari a 8 anni e
non superiore a 15 anni.
Beni immobili
Come detto, per i beni immobili non è sufficiente verificare che il contratto abbia una durata
almeno pari alla metà del periodo di ammortamento, ma è altresì richiesto che la durata così
determinata sia compresa tra un minimo di otto ed un massimo di quindici anni.
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Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
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Leasing operativo
e leasing finanziario
Esempio:
•
immobile ad uso ufficio, aliquota prevista dal D.M. 31.12.1988 pari al 3%;
•
periodo di ammortamento: 33 anni;
•
metà del periodo di ammortamento: 16,5 anni;
Poiché la metà del periodo di ammortamento porta ad un risultato superiore a 15 anni, la
durata minima “fiscale” del contratto deve essere almeno pari a 15 anni, fermo restando che
è possibile prevedere anche una durata maggiore.
Per il leasing immobiliare, è necessario altresì tener conto dell’obbligo di “scorporo” della
quota di canone riferita al terreno, così come sancito dapprima dal D.L. n. 223/06, ed in
seguito confermato con modifiche dal D.L. n. 262/06. In buona sostanza, tale scorporo deve
essere eseguito preocedeno come segue:
•
determinazione del canone di competenza dell’esercizio;
•
calcolo della quota interessi del canone;
•
applicazione della percentuale del 20% o del 30%, a seconda della natura dell’immobile,
alla quota capitale.
Riscatto anticipato del bene
Con la R.M. 4.12.2000, n. 183/E, l’Agenzia delle Entrate ha fornito un importante chiarimento
in merito alla fattispecie del riscatto anticipato del bene oggetto di locazione finanziaria,
precisando che tale evento non influisce sulla deduzione dei canoni operata fino a quel
momento da parte dell’utilizzatore. In altre parole, l’espressione “durata del contratto”,
contenuta nell’art. 102, co. 8, deve intendersi riferita alla durata del contratto “prevista” e
non a quella “effettiva”.
Leasing di automezzi
Il D.L. n. 223/06 (art. 36, co. 6-bis) ha apportato un’importante modifica al regime di
deducibilità dei canoni di locazione finanziaria relativamente agli automezzi compresi nell’art.
164, co. 1, lett. b), del TUIR, prevedendo che la durata minima del contratto deve essere
almeno pari al periodo di durata dell’ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito
dal D.M. 31.12.1988.
L’ambito oggettivo di tale novità riguarda i seguenti veicoli che non siano utilizzati
esclusivamente come beni strumentali:
•
autovetture ed autocaravan di cui all’art. 54, co. 1, lett. a) e m), del D.Lgs. n. 285/92;
•
ciclomotori e motocicli.
Per tali veicoli, pertanto, a decorrere dai contratti di leasing stipulati dal 12 agosto 2006, i
canoni sono deducibili, nei limiti percentuali ed assoluti previsti dall’art. 102, co. 8, solo se il
contratto abbia una durata minima pari a 48 mesi, corrispondente al periodi di
ammortamento previsto dalle tabelle allegate al D.M. 31.12.1988 (aliquota 25%).
197
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IL LEASING DEGLI IMMOBILI STRUMENTALI:
UNA MODIFICA NORMATIVA NEL SEGNO DELLA COERENZA
Tratto da “La Circolare Tributaria” n. 39 del 16 ottobre 2006 – Euroconference Editore*
Premessa
Come noto, l’art. 36, co. 7 del D.L. n. 223 del 4 luglio 2006, convertito con modificazioni
dalla L. n. 248 del 4 agosto 2006, stabilisce che:
“ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo dei fabbricati
strumentali deve essere assunto al netto del costo delle aree occupate dalla
costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza.”
In particolare, la manovra d’estate ha previsto che il costo delle predette aree (non più
fiscalmente ammortizzabili) è quantificato in misura pari al valore risultante da apposita
perizia di stima, redatta da soggetti iscritti agli albi degli ingegneri, degli architetti, dei
geometri e dei periti industriali edili; comunque, tale importo non può essere inferiore al
20% e, per i fabbricati industriali, al 30% del costo complessivo del fabbricato.
La disposizione limitatrice, come introdotta dal citato D.L. n. 223/06, non faceva alcun cenno
agli immobili detenuti in locazione finanziaria talché gli stessi erano sfuggiti alla predetta
limitazione.
Si è trattato, ovviamente, di una dimenticanza del Legislatore il quale ha tempestivamente
provveduto a ristabilire le regole del gioco. Ed infatti, il D.L. n. 262 del 3 ottobre 2006 collegato alla Finanziaria 2007 - ha esteso ai contratti di leasing le disposizioni previste nel
suddetto co. 7, prevedendo l’applicazione delle stesse anche ai fabbricati strumentali
acquisiti mediante contratti di locazione finanziaria con riferimento alla quota
capitale del canone. La disposizione di cui trattasi si applica anche a tutti i contratti di
leasing in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge.
Si reputa, ad ogni modo, utile rappresentare che, presumibilmente, le disposizioni
concernenti le limitazioni alla deducibilità degli ammortamenti dei terreni nonché dei canoni
di leasing dei medesimi potrebbero subire, a breve, ulteriori modifiche normative.
La disciplina civilistica dei terreni
Il codice civile non fornisce specifiche indicazioni in ordine all’ammortamento dei
terreni, talché occorre rifarsi ai principi contabili.
Il principio contabile OIC 16, rubricato “Immobilizzazioni materiali”, chiarisce che la
procedura di ammortamento è prescritta per le immobilizzazioni materiali la cui utilizzazione
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
198
Il leasing degli immobili strumentali:
una modifica normativa nel segno della coerenza
è limitata nel tempo; non appare, dunque, estendibile tout court a tutte le immobilizzazioni.
Vi sono, infatti, immobilizzazioni non soggette a utilizzazione limitata nel tempo per le quali la
procedura di ammortamento è improponibile (l’esempio tipico è costituito dai terreni), altre
che, pur soggette a tale limitazione, per la loro modesta entità non vengono assoggettate
all’ammortamento, ma direttamente imputate a costo nell’esercizio.
In linea di principio, quindi, tutti i cespiti vanno assoggettati ad ammortamento salvo quei
cespiti la cui utilità non si esaurisce nel tempo, come i terreni. Tuttavia, nel caso in cui il
valore dei fabbricati incorpori anche quello dei terreni sui quali essi insistono, il valore
dei terreni va scorporato ai fini dell’ammortamento sulla base di stime. In quei
casi, invece, in cui il terreno ha un valore in quanto vi insiste un fabbricato, se quest’ultimo
viene meno (ad esempio, viene demolito) il costo di bonifica può azzerare verosimilmente
quello del terreno, con la conseguenza che anch’esso va ammortizzato.
Il principio contabile internazionale n. 16 (IAS 16), rubricato “Immobili, impianti e
macchinari”, dispone che i terreni e gli edifici sono beni separabili e sono contabilizzati
separatamente, anche quando sono acquistati congiuntamente. Con qualche eccezione,
come nell’ipotesi di cave e di siti utilizzati per discariche, i terreni hanno una vita utile
illimitata e quindi non vengono ammortizzati. Gli edifici, invece, hanno una vita utile limitata
e perciò sono beni ammortizzabili. Un incremento nel valore del terreno sul quale un edificio
è costruito non influisce sulla determinazione del valore ammortizzabile del fabbricato.
La disciplina fiscale dei leasing dei terreni ante Manovra-bis
Prima del D.L. n. 262 del 3 ottobre 2006, nessuna norma aveva dettato una disciplina in
materia di trattamento della quota del canone di locazione finanziaria riferita ai terreni su cui
insistono i fabbricati ovvero concernente i terreni pertinenziali; tuttavia, qualche
“avvisaglia” si era avuta, in particolare, in alcuni documenti di prassi.
Prima il Ministero delle Finanze poi l’Agenzia delle Entrate hanno univocamente sostenuto,
quando si è trattato di prendere specifica posizione sull’ammortamento o meno dei terreni (non
edificati), che questi ultimi, in via generale, non sono ammortizzabili, avendo una vita illimitata.
Da ultimo, l’Agenzia delle Entrate - nella R.M. n. 19 del 23 febbraio 2004, in risposta ad
un interpello, proprio riferito ad un contratto di locazione finanziaria - nel chiarire che sono
deducibili ai fini delle imposte sui redditi gli interessi passivi impliciti sui canoni di leasing
concernenti l’acquisizione di un area edificabile sul quale l’impresa conduttrice ha installato
un impianto di riciclaggio e lavorazione di materiale inerte (sabbia, ghiaia, etc.), ha affermato
la non deducibilità del costo del terreno.
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L’Agenzia ha precisato, infatti, che il trattamento fiscale dei canoni derivanti da un
contratto di leasing per l’acquisizione di un terreno, deve essere equivalente a
quello applicabile al costo sostenuto per l’acquisto di un terreno a titolo di proprietà; ciò
in quanto occorre “assicurare nel tempo, la necessaria neutralità fiscale della scelta
aziendale tra acquisizione dei beni in proprietà e in leasing”. Tanto premesso,
prosegue l’Agenzia, è noto che “i terreni non sono ammortizzabili poiché hanno una vita
illimitata. Ciò è confermato dal fatto che la tabella dei coefficienti di ammortamento del
costo dei beni materiali strumentali approvata con decreto ministeriale 31 dicembre 1988
non prevede la possibilità di ammortizzare i terreni salvo nel caso in cui essi siano adibiti
a piste, moli, linee ferrate ed autostrade. Si tratta di particolari attività, ricomprese nel
Gruppo XVIII - specie dalla prima alla quinta e la dodicesima - che operano in regime di
concessione nel settore del trasporto aereo, marittimo, ferroviario, nonché della
costruzione e gestione delle autostrade, strade e superstrade per le quali al termine della
concessione l’intera proprietà dei beni in concessione va devoluta gratuitamente all’ente
concedente”.
È bene sottolineare che la suddetta pronuncia dell’A.F. non è riferita ai terreni su cui insistono
i fabbricati ovvero alle aree pertinenziali, bensì è limitata ai terreni “non edificati”.
Va, tuttavia, fatto presente che l’A.F. in più di un’occasione, come di seguito schematizzato,
si era sostanzialmente espressa, seppure in modo indiretto, per la deducibilità dei terreni
“pertinenziali”.
Indiretto riconoscimento della possibilità di ammortizzare il terreno pertinenziale
I terreni, in quanto privi del requisito della strumentalità,
sono, in via generale, esclusi dall’agevolazione. Benché
non rilevino autonomamente come beni in sé agevolabili,
Circolare n. 90 del 17
ottobre 2001
(Tremonti-bis)
i
terreni
applicativo
possono,
del
tuttavia,
beneficio
rientrare
qualora
nell’ambito
incorporino,
per
accessione, un fabbricato strumentale per natura. Ne
consegue che il diritto a fruire dell’agevolazione non si
acquisisce, se non con l’inizio dei lavori di costruzione del
fabbricato, da quando, cioè, la destinazione del terreno a
scopo edificatorio trova concreta attuazione.
200
Il leasing degli immobili strumentali:
una modifica normativa nel segno della coerenza
Per
quanto
riguarda
i
contributi
statali
riferibili
all’acquisto del suolo aziendale, considerato che i
terreni non sono generalmente beni ammortizzabili, i
Circolare n. 100 del 29
contributi ad essi relativi potranno essere considerati in
marzo 2002
conto impianti, solo se l’acquisto del terreno è
(Contributi alle imprese
finalizzato, nell’ambito del medesimo progetto di
di cui alla L. n.488/92)
investimento agevolato, alla costruzione di fabbricati
industriali (edifici, strade, piazzali, ecc.) ammortizzabili
ai sensi del D.M. del 31 dicembre 1988 concernente i
coefficienti di ammortamento.
D.M. del 13 febbraio
Il costo delle unità immobiliari classificate nella
1992 di attuazione della
categoria D ed E su cui calcolare la rivalutazione è
L. n.413/91 di
comprensivo di quello dell'area su cui insiste il
rivalutazione dei beni
fabbricato (art. 5, co. 5).
La disciplina fiscale introdotta dalla Manovra-bis
Ebbene, con il D.L. n. 223 del 4 luglio 2006, è stato definitivamente stabilito che ai fini
fiscali il valore (rectius, costo) del terreno su cui insiste l’immobile strumentale e del terreno
pertinenziale al fabbricato non può essere ammortizzato. Una soluzione normativa che va
ben oltre le pronunce di prassi che sino a quel momento avevano caratterizzato il pensiero
dell’Agenzia delle Entrate, poiché quest’ultime erano riferite al solo terreno non edificato.
Art. 36, co. 7 del D.L. n. 223 del 4 luglio 2006
“Ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo dei fabbricati strumentali
deve essere assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che
ne costituiscono pertinenza. Il costo delle predette aree è quantificato in misura pari al
valore risultante da apposita perizia di stima, redatta da soggetti iscritti agli albi degli
ingegneri, degli architetti, dei geometri e dei periti industriali edili e comunque non inferiore
al 20 per cento e, per i fabbricati industriali, al 30 per cento del costo complessivo.”
Successivamente, il D.L. n. 262 del 3 ottobre 2006 - collegato alla Finanziaria 2007 - ha
esteso ai contratti di leasing le disposizioni previste nel suddetto co. 7, stabilendo
l’applicazione delle stesse anche ai fabbricati strumentali acquisiti mediante contratti di
locazione finanziaria con riferimento alla quota capitale del canone.
201
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Art. 3, co. 1 D.L. n. 262 del 3 ottobre 2006
“Le disposizioni del comma 7 (n.d.r., dell’art. 36 del decreto legge n. 223/2006) si applicano
anche ai fabbricati strumentali acquisiti mediante contratti di locazione finanziaria con
riferimento alla quota capitale del canone.”
I contratti di leasing di immobili - il substrato normativo
Prima di entrare nel vivo degli impatti della nuova disposizioni sui leasing di immobili, è utile
ricordare le numerose novità legislative recentemente introdotte in materia di
locazione finanziaria:
€ la riforma del diritto societario ha aggiunto il punto n. 22 all’art. 2427 c.c.
relativamente alle “operazioni di locazione finanziaria che comportano il trasferimento al
locatario della parte prevalente dei rischi e dei benefici inerenti ai beni che ne
costituiscono oggetto”. Per via di tale disposizione il soggetto utilizzatore deve gestire in
nota integrativa un apposito prospetto dal quale risulti:
−
il valore attuale delle rate di canone non scadute determinato utilizzando tassi
di interesse pari all’onere finanziario effettivo inerenti i singoli contratti;
−
l’onere finanziario effettivo attribuibile a essi e riferibile all’esercizio;
−
l’ammontare complessivo al quale i beni oggetto di locazione sarebbero stati
iscritti alla data di chiusura dell’esercizio qualora fossero stati considerati
immobilizzazioni, con separata indicazione di ammortamenti, rettifiche e riprese di
valore che sarebbero stati inerenti all’esercizio;
€ il D.Lgs. n. 38 del 28 febbraio 2005 recante “Esercizio delle opzioni previste
dall’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1606/2002 in materia di principi contabili
internazionali” ha stabilito, tra l’altro, per alcune società l’obbligatorietà dell’utilizzo
degli Ias per la redazione del bilancio consolidato a partire dall’esercizio 2005. Pertanto,
il metodo finanziario di contabilizzazione del leasing finanziario è entrato a pieno
titolo nei bilanci nazionali. Inoltre, il suddetto decreto legislativo ha apportato una
modifica all’art. 109, co.4, lett. b) del Tuir per cui è possibile dedurre, utilizzando il quadro
EC del modello Unico, al fine di non perdere i benefici fiscali, anche la differenza tra i
canoni di locazione finanziaria e la somma degli ammortamenti dei beni acquisiti in
locazione finanziaria e degli interessi passivi che derivano dai relativi contratti imputati a
conto economico;
€ l’art. 5-ter del D.L. n. 203 del 30 settembre 2005 ha stabilito, ai fini della deducibilità
fiscale, nuovi limiti di durata per i contratti aventi ad oggetto beni immobili. Per
l’impresa utilizzatrice la deducibilità dei canoni di locazione finanziaria è ammessa soltanto
202
Il leasing degli immobili strumentali:
una modifica normativa nel segno della coerenza
se la durata del contratto (al momento della stipula) non è inferiore alla metà del
periodo d’ammortamento ricavabile dalle apposite tabelle previste dal D.M. del 31
dicembre 1988 e, comunque, con un minimo di 8 anni ed un massimo di 15, nel senso
che ove la metà della durata dell’ammortamento dovesse risultare superiore a 15 anni è
possibile comunque stipulare un contratto della durata di non meno di 15 anni;
€ il D.L. n. 223 del 4 luglio 2006 convertito, con modificazioni, dalla L. n.248 del 4
agosto 2006, ha modificato il regime di imposizione degli immobili, incidendo in
maniera consistente sia sulla loro cessione sia sulla concessione dell’immobile in locazione,
anche finanziaria.
Infatti, in relazione agli immobili di tipo residenziale, ai sensi dell’art. 10, n. 8) del DPR n.
633/72, è stato stabilito il regime di esenzione per tutte le locazioni, comprese quelle
finanziarie. Conseguentemente è stato soppresso il n. 127-ter della tabella A, parte III che,
in riferimento alla precedente normativa, prevedeva l’applicazione dell’aliquota ridotta del
10% alle locazioni di fabbricati abitativi effettuate dalle imprese che li avevano costruiti per
la successiva vendita.55
L’art. 10, n. 8) del DPR n. 633/72 prevede che le locazioni di immobili strumentali siano:
-
in linea generale esenti da Iva;
-
soggette ad Iva se effettuate nei confronti di soggetti d’imposta che non hanno diritto
a detrazione (ad es. privati) ovvero che possono esercitare tale diritto in misura molto
ridotta (ossia non superiore al 25%);
-
soggette ad Iva negli altri casi, su base opzionale: l’opzione dovrà risultare dal
contratto.
I contratti di leasing di immobili - le novità
Terminato l’inquadramento sistematico delle diverse disposizioni riguardanti le locazioni finanziarie,
veniamo alle problematiche connesse al D.L. n. 262 del 3 ottobre 2006 - collegato alla
Finanziaria 2007 – che ha esteso ai contratti di leasing gli effetti del D.L. n. 223 del 4 luglio 2006,
posto che il citato decreto legge, come detto, aveva trascurato i contratti di leasing.
In base alla disposizione introdotta dal recentissimo D.L. n. 262/06, si ha:
1.
l’indeducibilità, per la parte riferita al terreno, dei canoni di leasing sui
fabbricati strumentali;
2.
la conferma della deducibilità della quota degli interessi passivi dovuti in base al
contratto di leasing. Si ricorda comunque che, ricorrendone i presupposti, gli interessi
impliciti sono soggetti ai limiti di deducibilità della thin cap di cui all’art. 98 del Tuir.
55
Pertanto, le locazioni di immobili abitativi sono in ogni caso assoggettate ad un regime di esenzione dall’Iva, con applicazione
dell’imposta di registro in misura proporzionale del 2%.
203
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È evidente che poggiando la norma relativa ai leasing immobiliari sulla disposizione limitatrice
degli ammortamenti degli immobili, alcuni aspetti sono affrontabili a fattor comune.
Ed infatti, rientrano nell’ambito oggettivo di applicazione della disposizione (solo) i fabbricati
strumentali:
▪ per destinazione, ossia anche abitativi ma utilizzati direttamente dall’impresa (sede
amministrativa, ufficio commerciale, ecc.);
▪ per natura, ai sensi dell’art. 43, co. 1 e 2 del Tuir (ossia le categorie catastali A10, B, C,
D ed E).
Ne restano esclusi, pertanto, i leasing di impianti e macchinari ancorché infissi al suolo (c.d.
fabbricati costituenti impianti) come, ad esempio, le stazioni di arrivo e partenza delle
funivie, le cabine elettriche, i molini, i pozzi, ecc.).
A differenza di quanto originariamente previsto dal D.L. n. 223 del 4 luglio 2006 per
determinare il valore del terreno e delle aree pertinenziali al fine di calcolare la quota capitale
del canone di locazione riferito al fabbricato, è necessario ricorrere ad una perizia di stima
che può essere effettuata da un soggetto iscritto all’albo degli ingegneri, architetti,
geometri o periti edili.
Il valore delle predette aree, comunque, non può essere inferiore al 20% del costo
complessivo del bene strumentale ovvero al 30% se si tratta di fabbricati
industriali.
In buona sostanza, la nuova norma stabilisce che:
il costo dei fabbricati
deve essere assunto al
netto del costo del
terreno
il costo del terreno, ai
fini fiscali, è pari al
maggiore tra il valore
risultante da perizia e
quello ottenuto
applicando una
percentuale al costo
complessivo
è deducibile soltanto
l’ammortamento (per il
leasing la quota
capitale del canone)
riferibile al fabbricato
Il co.8 del citato art. 36 prevede che le disposizioni in commento si applicano a decorrere dal
periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto anche con riferimento
alla quota dell’ammortamento relativo ai terreni concernenti i fabbricati costruiti o acquistati
in periodi di imposta precedenti. Spostando il concetto sui leasing si deve concludere che la
disposizione si applica anche ai contratti di locazione finanziaria stipulati precedentemente
alla data di entrata in vigore della legge.
204
Il leasing degli immobili strumentali:
una modifica normativa nel segno della coerenza
COSTO AMMORTIZZABILE DELL’IMMOBILE STRUMENTALE PER
DESTINAZIONE E NATURA
costo complessivo
meno
costo del terreno e delle aree pertinenziali
Maggiore tra
Valore risultante
dalla perizia di stima
Redatta da iscritti
all’albo di ingegneri,
architetti, geometri,
periti industriali edili
20%
(30% se fabbricato
industriale) del costo
complessivo
Vediamo di chiarire, con alcuni esempi, le nuove disposizioni.
Esempio
La Alfa Srl ha acquisito in locazione finanziaria nel 2002 un capannone industriale che la
società di leasing concedente ha acquistato al prezzo di euro 500.000,00.
Il valore dell’area su cui insiste il fabbricato, risultante dalla perizia di stima, è pari a euro
100.000,00.
Poiché il valore di stima è inferiore al limite minimo del 30% del costo complessivo, ossia
euro 150.000,00 (500.000,00 x 30%), il costo del terreno è assunto in misura pari a tale
ultimo ammontare.
Il nuovo costo fiscalmente rilevante è quindi pari a euro 350.000,00 (500.000.00 150.000,00).
Prezzo complessivo dell’immobile
Valore dell’area da perizia di stima
Valore dell’area da D.L. n.223/06 (30% di 500.000,00)
Costo fiscalmente rilevante per la deduzione del canone
di locazione finanziaria
500.000,00
100.000,00
150.000,00
150.000,00 (-)
350.000,00
Il canone di locazione finanziaria, dal periodo d’imposta 2006, sarà deducibile
proporzionalmente al rapporto 350.000,00/500.000,00, previo scorporo della quota interessi.
205
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Esempio
La Alfa Srl ha acquisito in locazione finanziaria nel 2003 un capannone industriale che la
società di leasing concedente ha acquistato al prezzo di euro 600.000,00.
Il valore dell’area su cui insiste il fabbricato, risultante dalla perizia di stima, è pari a euro
200.000,00.
Poiché il valore di stima è superiore al limite minimo del 30% del costo complessivo, ossia
euro 180.000,00 (600.000,00 x 30%), il costo del terreno è assunto in misura pari a euro
200.000,00.
Il nuovo costo fiscalmente rilevante è quindi pari a euro 400.000,00 (600.000.00 200.000,00).
Prezzo complessivo dell’immobile
600.000,00
Valore dell’area da perizia di stima
200.000,00
Valore dell’area da D.L. n.223/06 (30% di 600.000,00)
180.000,00
200.000,00 (-)
Costo fiscalmente rilevante per la deduzione del canone
400.000,00
di locazione finanziaria
Il
canone
di
locazione
finanziaria,
dal
periodo
d’imposta
2006,
sarà
deducibile
proporzionalmente al rapporto 400.000,00/600.000,00, previo scorporo della quota interessi.
Esempio
La Alfa Srl ha acquisito in locazione finanziaria nel 2000 un capannone industriale che la
società di leasing concedente ha acquistato al prezzo di euro 400.000,00.
Il valore dell’area su cui insiste il fabbricato, risultante dalla perizia di stima, è pari a euro
100.000,00.
Poiché il valore di stima è inferiore al limite minimo del 30% del costo complessivo, ossia
euro 120.000,00 (400.000,00 x 30%), il costo del terreno è assunto in misura pari a tale
ultimo ammontare.
Il nuovo costo fiscalmente rilevante è quindi pari a euro 280.000,00 (400.000.00 120.000,00).
Prezzo complessivo dell’immobile
400.000,00
Valore dell’area da perizia di stima
100.000,00
Valore dell’area da D.L. n.223/06 (30% di 400.000,00)
120.000,00
Costo fiscalmente rilevante per la deduzione del canone
280.000,00
di locazione finanziaria
Il
canone
di
locazione
finanziaria,
dal
periodo
120.000,00 (-)
d’imposta
2006,
sarà
deducibile
proporzionalmente al rapporto 280.000,00/400.000,00, previo scorporo della quota interessi.
206
Il leasing degli immobili strumentali:
una modifica normativa nel segno della coerenza
Numerosi sono i dubbi interpretativi derivanti dalla concreta applicazione della disciplina.
Vediamo i principali.
F
La perizia di stima
Per quel che concerne la perizia di stima, prevista quale strumento per determinare il costo
dell’area, si prospettano numerosi dubbi, tra cui se essa sia obbligatoria, se debba essere
asseverata e a quale data vada riferita la stima del valore del terreno.
Con riferimento alla prima questione, si ritiene che la redazione della perizia sia
obbligatoria tenuto conto del tenore letterale della norma: “Il costo delle predette aree è
quantificato in misura pari al valore risultante da apposita perizia di stima”. In secondo
luogo, si osserva che la norma non prevede che la perizia debba essere giurata. Su
questo aspetto sarebbe tuttavia utile una rassicurante pronuncia dell’Agenzia. Circa la data di
riferimento della perizia, sembra coerente che essa debba essere riferita alla data di
stipula del contratto di locazione finanziaria e non quella di chiusura dell’esercizio.
Infatti, la data di chiusura dell’esercizio appare non razionale in quanto sarebbe necessario
effettuare una perizia in ciascun esercizio, con conseguente variazione, in ciascun esercizio,
del costo ammortizzabile.
Inoltre, la norma non prevede una data ultima per la redazione della stessa. È ovvio che essa
deve essere redatta in tempo utile per stabilire correttamente la quota indeducibile da
riprendere a tassazione nel modello Unico. Tanto detto, si osserva, però, che limitatamente
ai soggetti Ires, gli acconti d’imposta (Ires e Irap) relativi al 2006 devono essere
calcolati tenendo conto della indeducibilità dei terreni su cui insistono i fabbricati
strumentali. Pertanto, l’acconto di novembre (salvo auspicabili e non improbabili modifiche
normative) dovrà essere rideterminato conguagliando il primo acconto sulla base delle nuove
disposizioni. In definitiva, per questi soggetti, la perizia dovrà essere effettuata in tempo utile
per la rideterminazione e versamento dell’acconto.
F
Immobili con contratti di locazione finanziaria in corso
Sembra indubitabile, posto che la norma non ha carattere retroattivo, che la previsione
secondo cui la disposizione ha effetto anche sui contratti in corso, significa solo che, a partire
dal 2006 i canoni di competenza divengono parzialmente deducibili secondo quanto previsto
dalla nuova disposizione. In definitiva, i canoni degli esercizi precedenti sono stati
correttamente dedotti e non devono essere ricalcolati.
207
L
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N
G
F
Il riscatto dell’immobile
Un problema al momento irrisolto è quello del riscatto del fabbricato. Una volta riscattato
esso viene usualmente iscritto in bilancio in modo indistinto sotto la voce “Terreni e fabbricati”.
Si tratta dal punto di vista fiscale e giuridico di un acquisto a tutti gli effetti, talché ci si
chiede se occorra nuovamente rifare una perizia o meno. Gli scriventi ritengono che non si
debba in alcun modo procedere a nuova perizia posto che non avrebbe senso
scorporare dal modesto valore di riscatto il valore di mercato del terreno. È, invece, da
ritenersi che si debba ripartire percentualmente il prezzo pagato per il riscatto tra terreno e
fabbricato sulla base dell’originaria perizia acquisita al fine di stabilire la quota (in)deducibile
del canone di locazione finanziaria: la parte riferita al fabbricato produrrà ammortamenti
deducibili, mentre quella riferita al terreno comporterà ammortamenti non deducibili o
meglio, se adottati i principi contabili, non verrà ammortizzata.
208
“ACQUISTO” DEL CONTRATTO DI LEASING
a cura di Sandro Cerato e Giovanni Valcarenghi*
Sovente accade, nella prassi aziendale, di assistere all’ipotesi di acquisto di beni strumentali
tramite subentro in un contratto di locazione finanziaria già in essere.
In tal caso, è necessario valutare l’impatto fiscale e contabile del prezzo pagato dal soggetto
subentrante all’originario titolare del contratto. In assenza di specifiche disposizioni
normative, l’unico elemento interpretativo di riferimento è la Norma di Comportamento n.
141/2000 dell’Associazione dottori commercialisti di Milano.
In tale documento, si sostiene di dover scindere in due l’importo complessivo corrisposto per
il subentro nel contratto di leasing:
•
riscontando la quota di corrispettivo pagata in relazione al godimento del bene,
•
e capitalizzando la parte relativa all’opzione di acquisto della proprietà.
In particolare, la parte di corrispettivo relativa al godimento del bene comprende:
•
i canoni residui;
•
la quota del maxicanone iniziale relativo alla durata del contratto;
•
il differenziale di tasso utilizzato dalle parti per l’attualizzazione dei canoni residui ed il
tasso di interesse implicito nel leasing;
•
il rateo del canone in corso di maturazione;
•
la maggiorazione del prezzo pagata per l’opportunità di immediato utilizzo del bene.
La sommatoria di tutte queste componenti deve essere suddivisa per la residua durata del
contratto con la tecnica dei risconto, di modo che in ciascun esercizio confluisca la quota
parte di competenza dell’esercizio stesso.
Per quanto riguarda la determinazione del prezzo relativo all’opzione di acquisto (riscatto), si
considerano i seguenti elementi:
•
prezzo di riscatto;
•
differenziale tra valore economico del bene al momento della cessione e valore all’atto
della stipula del contratto con la società di leasing;
•
quota capitale implicita nei canoni già pagati.
La sommatoria di tali elementi deve essere imputato ad acconto nel comparto
immobilizzazioni e, una volta riscattato il bene, si somma al corrispettivo pagato per il
riscatto del bene e si inizia il processo di ammortamento calcolato sull’importo complessivo di
tali due valori.
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Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
209
Aspetti fiscali
Per quanto riguarda la rilevanza fiscale del corrispettivo pagato dal soggetto subentrante, si
rileva la totale mancanza di regolamentazione legislativa nel TUIR. L’imputazione del costo
sostenuto per il subentro nel contratto di leasing dovrebbe quindi seguire i criteri di
contabilizzazione previsti ai fini civilistici.
L’unica posizione ministeriale è la Nota della DRE Emilia Romagna del 4.5.1999, in cui si
ritiene corretto classificare il costo sostenuto per l’acquisto del contratto tra le “Altre
immobilizzazioni immateriali” (B.I.7 dello S.P.), e considerarlo ammortizzabile per la residua
durata del contratto stesso. In alternativa, la stessa DRE ha previsto la possibilità di rilevare
il costo nella voce “Immobilizzazioni in corso e acconti”.
Tuttavia, posto il non particolare approfondimento da parte dell’Amministrazione Finanziaria
della fattispecie in esame, si ritiene quindi corretto anche fiscalmente procedere seguendo le
regole contabili prima illustrate.
Nota Min. Fin. Dip. Ent. Dir. Reg. Entrate Emilia-Romagna 04-05-1999
Locazione finanziaria. Leasing immobiliare. Cessione del contratto. Costi di acquisto. Deducibilità. Criteri
Nell'ambito delle procedure di consultazione definite con il protocollo d'intesa sottoscritto con gli Ordini
dei Dottori Commercialisti dell'Emilia Romagna, è stato chiesto il parere di questa Direzione Regionale
in merito al trattamento tributario applicabile al prezzo-corrispettivo, pagato in modo unitario, per
subentrare, a titolo particolare, in tre contratti di leasing immobiliare.
Viene prospettato l'inquadramento del costo d'acquisto dei contratti di leasing nella voce Altre
Immobilizzazioni immateriali delle Attività dello Stato Patrimoniale e la sua deducibilità ex art. 74,
comma terzo, del T.U.I.R., D.P.R. n. 917 del 22 dicembre 1986.
Tale soluzione parte dal considerare che il costo sostenuto dall'acquirente per subentrare in un contratto di
leasing non riceve esplicita disciplina nell'ambito T.U.I.R., per cui assume carattere di centralità e di quasi
esclusività, anche sotto l'aspetto tributario, la qualificazione da operare ai fini civilistici.
Al riguardo, nel richiamare quelle posizioni dottrinarie che individuano gli elementi distintivi delle
immobilizzazioni immateriali nella loro idoneità a produrre utilità pluriennali e per l'appunto nella
immaterialità, ed il loro oggetto in diritti la cui titolarità sia stata acquisita in modo oneroso ed in costi
pluriennali, si evidenzia che, attraverso la cessione del contratto di leasing, l'acquirente subentra nei
diritti e obblighi già insistenti in capo all'alienante, nel diritto di godere e utilizzare l'immobile per tutta
la durata residua del contratto, oltre che nella facoltà di esercitare l'opzione di acquisto.
La protratta facoltà di godimento del bene svela in re ipsa la pluriennalità e giustifica la deducibilità del
costo sostenuto sullla base del criterio costituito dalla residua durata del contratto.
Detto criterio si appalesa coerente con il principio dell'ammortamento in base alla residua possibilità di
utilizzazione, enunciato, per le immobilizzazioni immateriali, dall'art. 2426, comma primo, n. 2) c.c.
Ciò, in considerazione del fatto che la residua possibilità di utilizzazione di un contratto non può che
coincidere con la residua possibilità di utilizzazione dei diritti da essa derivanti.
210
“Acquisto” del contratto di leasing
Si esclude la correttezza di una procedura che si snodi, dapprima, attraverso l'iscrizione tra l'attivo
dello Stato Patrimoniale del costo di acquisizione del contratto quale prezzo anticipato per il futuro
riscatto del bene; poi, al momento del riscatto, attraverso l'iscrizione del valore del bene, determinato
dal prezzo di riscatto aumentato del costo di cessione del contratto, tra le attività dello Stato
Patrimoniale, per operare, su tale valore, gli ammortamenti previsti dalla normativa fiscale.
Tale ultima conclusione, tra l'altro fatta propria da un nucleo di verificatori della G.d.F. in un P.V.C.,
potrebbe, al limite, avere una sua legittimità, in un'ipotesi di cessione di contratti di leasing, in cui il
subentro avvenisse in prossimità dell'esercizio della facoltà di riscatto del bene, negli ultimi anni di
vigenza dei contratti, ovvero, palesemente, in caso di acquisto della sola facoltà di riscatto.
Esaminata la questione, la Scrivente, in via preliminare, rileva come la stessa direttamente consegua
dalla genetica poliformità strutturale del contratto di leasing, il cui contenuto minimo, combina, tra le
altre, lungo un arco temporale variamente determinato, funzioni di godimento e funzioni di
trasferimento di un bene.
Questa caratteristica ne ha da sempre connotato l'evoluzione, anche sotto il profilo tributario,
riflettendosi, soprattutto, in riferimento all'individuazione dei periodi temporali per la deduzione dei
relativi oneri.
Anche la fattispecie in esame attiene, infatti, alla determinazione dei criteri per ripartire nel tempo un
costo di cui non è posta in discussione l'effettività e l'inerenza.
In proposito, sono state avanzate, anche in dottrina, due generali ipotesi di soluzione.
La prima, sostanzialmente, coincide con le prospettazioni fatte dal professionista istante, l'altra, più
propensa a valorizzare il futuro momento acquisitivo del bene oggetto del contratto in cui si succede,
tende a configurare il costo di acquisizione del contratto quale costo sospeso, rectius, quale prezzo di
acconto sulla definitiva acquisizione del bene che, unitamente al prezzo di riscatto, andrà a comporre il
valore del bene da iscrivere tra le Attività dello Stato Patrimoniale.
Detto valore potrà essere dedotto, sub specie di ammortamento, a partire dal periodo d'imposta in cui
è per l'appunto esercitato il diritto di riscatto.
In assenza di una specifica disciplina diretta a regolare la materia, si ritiene che entrambe le tesi
suesposte, pur nella loro antiteticità, presentino, pro parte, principi ed elementi di ragionevolezza e di
aderenza al sistema.
Tale situazione di ambivalenza dipende dalla circostanza che gli argomenti addotti da una tesi e
dall'altra sono naturalmente presenti nell'astratto schema causale del leasing, che si presta a
supportare conclusioni tra loro non omogenee, a seconda della funzione astrattamente individuata,
che si intende valorizzare.
In merito, può essere avanzata l'opinione che, in luogo di una soluzione unitaria, sia maggiormente
significativa la ricerca di una prospettiva, per così dire, pluralista, che, prestando attenzione alle
concrete vicende contrattuali, attraverso l'esame coomparato degli elementi oggettivi da queste
desumibili (ragioni di formazione del prezzo di cessione del contratto, piano di ammortamento del
contrattto, beni oggetto del contratto, durata residua del contratto, ecc.), riesca a cogliere l'effettività
dell'operazione posta in essere, decifrando, di volta in volta, se la stessa trovi le sue obiettive
motivazioni e connotazioni nella pluriennale facoltà di godimento e di utilizzo del bene, o, al contrario,
nelle potenzialità acquisitive connesse al subentro nel contratto.
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Dagli esiti di questa verifica, conseguiranno le qualificazioni e rilevazioni dell'operazione, nonchè i
criteri di deducibilità del costo nel singolo caso.
Quanto premesso, un criterio di riferimento normativo per distinguere le componenti che possono
rientrare nella pattuizione del corrispettivo in esame è dato dal disposto dell'ultimo comma
dell'art. 55 TUIR.
La richiamata previsione, nell'introdurre una fattispecie di sopravvenienza attiva presunta in
dipendenza della cessione del contratto in argomento, riferendosi per la sua quantificazione, al valore
normale del bene al momento della cessione - da assumersi al netto dei canoni relativi alla residua
durata del contratto (cfr. circolare n. 108/E del 3 maggio 1996) - riporta, infatti, la stessa all'ipotesi di
realizzo di un plusvalore conseguente alla circolazione del bene, operando una interpretazione dei fatti
di indubbia aderenza alla realtà economica.
Ad avviso della scrivente l'importo così quantificato potrà essere effettivamente considerato, in
relazione al corrispettivo pattuito, connesso all'acquisizione del diritto d'opzione per il futuro riscatto
del bene, mentre la differenza potrà essere dedotta, ex art. 74, comma 3, del TUIR in rapporto alla
durata residua del contratto.
Si sottolinea, comunque, che l'opportunità di una rettifica delle impostazioni seguite dal contribuente
dovrà essere valutata, anche in relazione all'effettiva portata del principio di cui all'art. 127 del TUIR,
che sancisce il divieto della doppia imposizione, sulla base dell'effettivo danno creato all'Erario, nonchè
in riferimento alle disposizioni di cui all'art. 6, comma 1, secondo periodo del D.Lgs n. 472 del 18
dicembre 1997, che comprende tra le cause di non punibilità le rilevazioni eseguite nel rispetto della
continuità dei valori di bilancio e secondo corretti criteri contabili, sulla scorta dei principi direttivi
espressi a commento del comma 1, secondo periodo, del citato art. 6 dal Dipartimento delle Entrate
con la circolare n. 180/E del 10 luglio 1998.
Norma di comportamento Associazione Dottori Commercialisti- Settembre
2000, n. 141
Modalità di identificazione, contabilizzazione e trattamento fiscale delle due componenti il prezzo di
acquisto di un contratto di leasing
Classifica di validità: Risoluzione del problema tuttora pienamente condivisa dalla
Commissione ADC
La massima
Il corrispettivo d'acquisto di un contratto di leasing deve essere scomposto, ai fini tributari, nella parte
finalizzata ad ottenere il godimento del bene nel periodo di durata del contratto e in quella pagata a
fronte del diritto di acquisire la proprietà del bene alla scadenza del contratto.
La prima parte del prezzo deve essere imputata a più esercizi in proporzione alla residua durata del
contratto. La seconda parte deve essere trattata come un acconto sul futuro riscatto del bene.
212
“Acquisto” del contratto di leasing
Motivazione
Con la cessione di contratto di leasing, l'utilizzatore trasferisce al soggetto acquirente sia il diritto di
utilizzare il bene oggetto del contratto, sia il diritto ad esercitare il riscatto del bene stesso alla
scadenza prevista e - in contropartita - l'acquirente si impegna a pagare all'utilizzatore quanto pattuito
e subentra nell'obbligo di corrispondere alla società di leasing i residui canoni previsti dal contratto ed,
eventualmente, il prezzo di riscatto.
Dal punto di vista economico, il corrispettivo della cessione di un contratto di leasing è di norma
pari al valore economico del bene oggetto del contratto dedotto il valore attualizzato dei canoni
ancora dovuti e dell'eventuale prezzo di riscatto. Frequentemente si tratta di un importo dovuto
dall'acquirente al venditore, ma in determinate circostanze, può verificarsi la situazione inversa.
Il prezzo, tuttavia, può variare anche a causa di circostanze soggettive, quali ad esempio, l'esigenza
del compratore di ottenere l'immediata disponibilità di un bene, altrimenti non ottenibile.
Per la corretta contabilizzazione del corrispettivo di acquisizione del contratto di leasing, occorre tener
conto dei diversi elementi che incidono sulla sua determinazione.
Ciò premesso, appare evidente che le motivazioni che possano aver indotto l'acquirente a pagare un
corrispettivo per l'acquisizione di un contratto di leasing possono essere di due tipi [1]:
- l'acquisizione della facoltà di godimento del bene nel periodo di durata del contratto attraverso il
pagamento dei canoni residui;
- l'acquisizione dell'opzione d'acquisto della proprietà del bene alla scadenza del contratto.
Le motivazioni sopra esposte si riflettono sulla formazione del corrispettivo e ne determinano i criteri
di contabilizzazione e il conseguente trattamento tributario.
In particolare:
- la parte di corrispettivo pagata a fronte della facoltà di godimento del bene - costituendo una sorta
di "rettifica" del peso economico dei canoni futuri - è da considerarsi un onere o provento da ripartire
sulla residua durata del contratto mediante la tecnica dei risconti;
- la parte di corrispettivo connessa all'opzione d'acquisto, essendo riferita alla possibilità di acquisire la
proprietà del bene, deve essere considerata come un acconto per il futuro riscatto del bene (da
contabilizzarsi come acconto su immobilizzazioni materiali nella voce B.II.5 dell'attivo dello stato
patrimoniale). Quando si riscatterà il bene, il prezzo di riscatto pagato alla società di leasing, andrà
sommato all'acconto, e su entrambi si inizierà la procedura di ammortamento prevista dall' art. 67 del
D.P.R. n. 917/1986 .
Sulla determinazione della prima parte del prezzo di acquisto del contratto incidono, ad esempio, i
seguenti fattori:
a) l'eventuale maxicanone pagato dal cedente, e implicitamente riconosciuto dall'acquirente,
proporzionalmente imputabile alla residua durata del contratto;
b) l'eventuale rateo di canone in corso di maturazione alla data di acquisto del contratto;
c) l'eventuale differenziale esistente fra il tasso d'interesse utilizzato dalle parti per attualizzare i
canoni futuri e quello implicito nel contratto di leasing (se si tratta di leasing a tasso fisso);
d) l'eventuale differenziale positivo fra il corrispettivo contrattualmente pattuito ed il corrispettivo
teorico (determinato dall'attualizzazione tra il prezzo di riscatto e il valore normale) conseguente al
bisogno di uso immediato da parte dell'acquirente;
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e) l'eventuale differenziale conseguente alla opportunità di smobilizzo immediato del bene.
Infatti, nella determinazione del prezzo di acquisto del contratto le componenti sopra evidenziate
svolgono la funzione di "rettificare" indirettamente l'impatto economico dei futuri canoni di leasing
adeguandoli all'ammontare che si sarebbe convenuto se il contratto fosse stato stipulato ex novo nella
data in cui è stato ceduto.
Sulla determinazione della residua parte del prezzo d'acquisto incidono, di norma, i seguenti fattori:
- il maggiore o minore valore economico del bene alla data di acquisto del contratto rispetto al costo
sostenuto dalla società di leasing al momento della stipula dello stesso;
- la "quota capitale" contenuta nei canoni di leasing già pagati dal cedente.
Queste componenti di prezzo non devono essere imputate in proporzione alla durata del contratto in
quanto esse costituiscono il corrispettivo riconosciuto al cedente a fronte della possibilità di acquisire
al termine del contratto di leasing la piena proprietà del bene.
Di norma, se l'acquisto del contratto di leasing avviene in prossimità della scadenza e il contratto ha i
connotati di un leasing traslativo il corrispettivo dell'acquisizione del contratto trova causa prevalente
nell'acquisizione del diritto d'opzione; se, invece, il contratto di leasing rientra fra quelli di "godimento"
o - pur essendo un leasing traslativo - l'acquisto avviene molto prima della scadenza del contratto, la
parte di corrispettivo imputabile all'acquisizione del diritto d'opzione è marginale.
Nota tecnica
Si presenta un esempio di scomposizione del corrispettivo d'acquisto di un contratto di leasing (per
semplicità si è ipotizzato che il contratto prevedesse il pagamento di canoni annuali posticipati) nei
principali elementi che lo determinano.
Si formula un'ipotesi di leasing traslativo (con prezzo di riscatto inferiore al previsto valore economico
del bene alla scadenza).
Si confronta il caso di cessione al termine del primo anno di durata del contratto con quella di cessione
al termine del penultimo anno di durata del contratto.
Inoltre si fanno tre ipotesi di tasso vigente al momento della cessione.
Si evidenzia come nel primo caso la componente di prezzo imputabile all'acquisizione del diritto
d'opzione sia notevolmente inferiore rispetto al secondo caso.
Caratteristiche del contratto
Costo di acquisto
10.000.000
Maxicanone
1.000.000
Tasso di interesse implicito del contratto
10%
Durata anni
5
Prezzo di riscatto
1.000.000
Canone
2.210.377
Piano di ammortamento
Quota capitale
Quota interessi
214
anno 1
anno 2
anno 3
anno 4
anno 5
1.310.380
1.441.418
1.585.560
1.744.116
1.918.527
900.000
768.962
624.820
466.264
291.853
2.210.380
2.210.380
2.210.380
2.210.380
2.210.380
“Acquisto” del contratto di leasing
Ipotesi di cessione all'inizio del 2°
Ipotesi A
Ipotesi B
Ipotesi C
10%
5%
15%
anno
Tasso vigente
Durata residua
4
4
4
Valore normale
9.000.000
9.000.000
9.000.000
-7.006.607
-7.837.898
-6.310.587
-683.013
-822.702
-571.753
1.310.379
339.399
2.117.660
0
-831.291
696.020
0
-139.689
111.260
-1.000.000
-1.000.000
-1.000.000
200.000
200.000
200.000
800.000
800.000
800.000
1.310.380
1.310.380
1.310.380
1.310.380
339.400
2.117.660
Prezzo teorico del contratto
1.310.379
339.399
2.117.660
Prezzo concordato fra le parti
1.800.000
600.000
2.800.000
489.621
260.601
682.340
Valore attuale dei canoni residui
Valore attuale del prezzo di riscatto
Prezzo teorico del contratto
di cui
- (1) per differenza tasso sui canoni
- (2) per differenza tasso su prezzo riscatto
- (3) per differenza valore del bene
per maxicanone pagato:
- (4) maturato alla data di acquisto
- (5) non maturato alla data di acquisto
- (6) per 1 canone pagato (quota capitale)
- (7) differenziale
Ripartizione finale prezzo teorico + differenziale concordato fra le parti
- da riscontare (1)+(5)+(7)
1.289.620
229.310
2.178.360
510.380
370.690
621.640
1.800.000
600.000
2.800.000
Ipotesi A
Ipotesi B
Ipotesi C
10%
5%
15%
2
2
2
- da capitalizzare sul riscatto
(2)+(3)+(4)+(6)
Ipotesi di cessione all'inizio del 4° anno
Tasso vigente
Durata residua
Valore reale
Valore attuale dei canoni residui
6.000.000
6.000.000
6.000.000
-3.836.197
-4.110.004
-3.593.434
-826.446
-907.029
-756.144
1.337.357
982.967
1.650.422
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Valore attuale del prezzo di riscatto
Prezzo teorico del contratto
215
di cui
- (1) per differenza tasso sui canoni
0
-273.807
242.762
0
-80.583
70.303
-4.000.000
-4.000.000
-4.000.000
600.000
600.000
600.000
400.000
400.000
400.000
4.337.358
4.337.358
4.337.358
1.337.358
982.968
1.650.423
Prezzo teorico del contratto
1.337.357
982.967
1.650.422
Prezzo concordato fra le parti
1.600.000
1.000.000
2.100.000
262.643
17.033
449.578
- (2) per differenza tasso su prezzo riscatto
- (3) per differenza valore del bene
per maxicanone pagato:
- (4) maturato alla data di acquisto
- (5) non maturato alla data di acquisto
- (6) per 3 canoni pagati (quota capitale)
- (7) differenziale
Ripartizione finale prezzo teorico + differenziale concordato fra le parti
- da riscontare (1)+(5)+(7)
662.642
143.225
1.092.340
937.358
856.775
1.007.660
1.600.000
1.000.000
2.100.000
- da capitalizzare sul riscatto
(2)+(3)+(4)+(6)
Note:
1 Sostanzialmente conformi: Direzione Regionale delle Entrate della Lombardia, protocollo 28058 del
30 maggio 1995; Direzione Regionale dell'Emilia Romagna nota 4 maggio 1999.
216
LA CESSIONE DEL CONTRATTO DI LEASING
ASPETTI GIURIDICI
a cura di Alex Gilardini*
La cessione del contratto di leasing
Bilateralità - Trilateralità
Riguardo alla struttura del leasing, la dottrina è sostanzialmente divisa in relazione alla
bilateralità o trilateralità del contratto.
La prima afferma che non esisterebbero contratti trilaterali al di fuori di quelli con comunione
di scopo: pertanto, la locazione finanziaria è un contratto bilaterale che si conclude
esclusivamente tra il concedente e l’utilizzatore ed è distinto dal contratto di acquisto del
bene stipulato tra il concedente ed il fornitore.
La seconda, osserva come la funzione contrattuale del leasing sia quella di finanziare un
acquisto mediante la triangolazione fornitore – concedente – utilizzatore: pertanto, nella
locazione
finanziaria
ciascun
contraente
nel
concludere
un
contratto
si
assume
volontariamente degli obblighi nei confronti delle altre due parti; il fornitore si obbliga nei
confronti del concedente a trasferirgli la proprietà e nei confronti dell’utilizzatore a
consegnargli il bene ed a fornirgli le garanzie necessarie; il concedente si obbliga a pagare il
prezzo del bene al fornitore e a consentirne il godimento all’utilizzatore; quest’ultimo, infine,
si obbliga a rimborsare al concedente, con i relativi interessi e spese, il finanziamento che
egli ha effettuato a suo favore ed a mani del fornitore.
La dottrina che sostiene lo schema della bilateralità del contratto osserva, in particolare,
come nel caso di cessione del contratto da parte dell’utilizzatore, sia previsto il solo consenso
del concedente e non anche quello del fornitore che sarebbe necessario, a norma dell’art.
1406 c.c., se il contratto fosse trilaterale.
La dottrina contraria, afferma come il frazionamento del contratto trilaterale in più atti
negoziali non esclude la sua unitarietà sostanziale e giuridica:56 i due originari contraenti,
pattuendo l’acquisto a mezzo di leasing, lasciano aperto il contratto all’adesione del
finanziatore che completerà l’operazione accettando le condizioni stabilite dalle altre due
parti, anche se formalizzerà la sua adesione concordando con entrambe le modalità della
consegna e l’attribuzione all’utilizzatore delle garanzie e dei rischi di vendita. La volontà delle
tre parti tende, quindi, a costruire vincoli obbligatori incrociati tra loro e non soltanto
obbligazioni corrispettive tra concedente ed utilizzatore.
*
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
Tratto da “La Circolare Tributaria” n.47 del 12 dicembre 2005 – Sistema d’Informazione Integrato – Gruppo Euroconference Editore
Vedi sul punto, Cass. 29/11/1993 n. 11847: “…il consenso del contraente ceduto, costituendo elemento essenziale del
56
negozio di cessione del contratto, il quale richiede la necessaria partecipazione del cedente, del cessionario e del ceduto, può
essere anche successivo all’accordo tra cedente e cessionario purché nel momento di tale adesione non sia venuto meno
l’accordo originario al quale essa vuole aggiungersi per perfezionare il contratto, e permangano, inoltre, tutte le condizioni della
cessione, che deve avere per oggetto la complessiva posizione attiva e passiva del contraente ceduto e non è, quindi, più
possibile dopo che, essendo state adempiute le prestazioni di una delle parti, il contraente ceduto sia rimasto solo creditore o
solo debitore dell'altro…”
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La cessione del contratto
La cessione del contratto è il negozio con cui si realizza la successione inter vivos a titolo
particolare di un terzo nella posizione contrattuale di uno dei contraenti originari. Il negozio
non ha causa propria, ma si caratterizza per il suo oggetto, assumendo di volta in volta la
causa che giustifica l’operazione. La cessione del contratto è possibile:
a) nei contratti con prestazioni corrispettive;
b) fino a quando le relative prestazioni non siano state ancora eseguite.
La disciplina della cessione del contratto è prevista negli articoli dal 1406 al 1410 del c.c.:
ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con
prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l’altra parte vi
consenta (art.1406 ); se una parte ha consentito preventivamente che l’altra sostituisca a sé
un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, la sostituzione è efficace nei suoi confronti dal
momento in cui le è stata notificata o in cui essa l’ha accettata (art.1407); il cedente è
liberato dalle sue obbligazioni verso il contraente ceduto dal momento in cui la sostituzione
diviene efficace nei confronti di questo: il contraente ceduto, se ha dichiarato di non liberare
il cedente, può agire contro di lui qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte.
Il contraente ceduto deve dare notizia al cedente dell’inadempimento del cessionario, entro
quindici giorni da quello in cui l’inadempimento si è verificato, in mancanza è tenuto al
risarcimento del danno (art.1408); il contraente ceduto può apporre al cessionario tutte le
eccezioni derivanti dal contratto, ma non quelle fondate su altri rapporti col cedente, salvo
che ne abbia fatta espressa riserva al momento in cui ha consentito alla sostituzione
(art.1409). Chiude la disciplina civilistica l’art.1410 , secondo cui il cedente è tenuto a
garantire la validità del contratto: se il cedente assume la garanzia dell’adempimento del
contratto, egli risponde come un fideiussore per le obbligazioni del contraente ceduto.
La cessione del singolo contratto di locazione finanziaria
Il contratto di leasing può essere estinto prima della sua scadenza naturale nei seguenti casi:
a) per inadempienze contrattuali;
b) in caso di riscatto anticipato del bene in leasing;
c) per cessione del contratto.
Le situazioni che si possono prospettare nel caso di cessione del rapporto di locazione
finanziaria sono molteplici e possono dare luogo a diverse soluzioni.
Il fornitore
Per quanto concerne il fornitore, il contratto, una volta concluso, può essere ceduto
limitatamente al rapporto fra cedente ed utilizzatore senza bisogno del consenso del
fornitore, il cui rapporto non viene coinvolto nella cessione. La necessità del consenso del
fornitore non è d’altra parte esclusa del tutto, in particolare, in tutti i casi nei quali egli abbia
218
La cessione del contratto
di leasing aspetti giuridici
interesse alla immutabilità dell’utilizzatore e nel caso in cui egli si sia obbligato a riacquistare
il bene venduto, qualora il rapporto tra concedente e fornitore si sciolga per inadempimento
dell’utilizzatore. In tale ipotesi, il consenso del fornitore è necessario perché egli o ha
interesse all’immutabilità soggettiva del contratto o è rimasto vincolato alle vicende del
rapporto tra le altre parti.
Consenso del Fornitore
Non occorre il consenso del
Fornitore
Occorre il consenso del
Fornitore
Quando è concluso il contratto
- ha interesse alla immutabilità
soggettiva del contratto
- vincolato alle vicende del
rapporto tra le altre due parti
Il concedente
Per quanto concerne il concedente, il motivo della cessione può essere dato dall’intenzione di
uscire da una situazione finanziaria alterata per effetto di investimenti eseguiti oltre i limiti
delle effettive possibilità. Può formare oggetto di cessione da parte del concedente sia il
credito per canoni sia la proprietà del bene oggetto del godimento da parte dell’utilizzatore.
9
La cessione dei canoni, avendo per oggetto un credito, può essere effettuata, salvo
patto contrario, senza necessità del consenso del debitore, occorrendo soltanto che gli
venga notificata l’avvenuta cessione (art.1260 c.c., art. 1264 c.c.).
9
Per la cessione della proprietà del bene oggetto del contratto di leasing, i formulari di
contratto prevedono il preventivo consenso dell’utilizzatore ai sensi dell’art.1406 c.c.. Il
diritto di proprietà della società di leasing sul bene è, infatti, limitato dall’esistenza del
diritto di opzione a favore dell’utilizzatore, che crea un vincolo obbligatorio di
indisponibilità per il concedente. Stante la particolare struttura della locazione
finanziaria, la cessione del contratto da parte del concedente non può prescindere dalla
contestuale cessione della proprietà del bene ed il cessionario subentra nella medesima
posizione contrattuale del cedente, inclusa la proposta unilaterale ed irrevocabile
rappresentata dall’opzione finale di acquisto, che in quanto parte integrante ed
219
L
E
A
S
I
N
G
essenziale del contratto, non può mancare o subire modificazioni, poiché costituirebbe
una mutazione oggettiva del rapporto ed in quanto tale inammissibile in caso di cessione
del contratto.
9
Non è possibile per la società di leasing cedere il solo rapporto con l’utilizzatore,
conservando la proprietà del bene, perché la scissione della proprietà dal rapporto di
godimento e dall’opzione attinente, determinerebbe un mutamento degli elementi
essenziali del contratto che provocherebbe la nullità della cessione.
L’utilizzatore
Per quanto concerne l’utilizzatore, il motivo della cessione può risiedere nel diminuito e
cessato interesse all’utilizzazione del bene che forma oggetto del contratto. Con riguardo alla
cessione del lato passivo del rapporto, i formulari di contratto, nell’escludere la cessione a
qualsiasi titolo del godimento del bene a terzi da parte dell’utilizzatore, prevedono anche
l’incedibilità della sua posizione contrattuale.
9
In primo luogo, l’utilizzatore è di regola un imprenditore, per cui si presenta il problema di
stabilire se, avendo egli inserito il bene oggetto del leasing nella struttura della sua azienda,
la cessione di questa importi la cessione automatica del contratto di locazione finanziaria
indipendentemente dal consenso della società di leasing. La risposta non può che essere
positiva. L’art.2558 c.c. dispone il subentro dell’acquirente nel contratto di locazione
finanziaria stipulato per l’esercizio dell’azienda “se non è pattuito diversamente”. Pertanto,
nel caso in cui sia espressamente prevista l’incedibilità del contratto da parte dell’utilizzatore,
questa opera anche in caso di cessione della sua azienda.
9
Anche il diritto di opzione può essere ceduto dall’utilizzatore, non sussistendo alcun
ostacolo di legge e non potendosi configurare alcun interesse della società onerata ad
impedire tale cessione. Vi è, però, dissenso in dottrina sulle condizioni e i limiti della
cedibilità. L’opinione prevalente ritiene che la cedibilità del diritto di opzione senza il
consenso dell’offerente derivi sia dal fatto che i diritti patrimoniali sono di regola
cedibili e sia dal fatto che il diritto di opzione è un diritto patrimoniale. L’opzione è
altresì cedibile senza il consenso dell’offerente quando il suo esercizio può concludere
un contratto a sua volta cedibile. In ogni caso, il diritto di opzione è liberamente
cedibile quando il cessionario versa il prezzo pattuito contestualmente all’esercizio
dell’opzione.
9
Riguardo la sublocazione o la cessione del semplice diritto di godimento o di uso del
bene a terzi, i formulari di contratto vietano l’una ipotesi, l’altra, o entrambe.
220
La cessione del contratto
di leasing aspetti giuridici
La cessione in blocco dei contratti di locazione finanziaria
Una diversa disciplina si applica, invece, alla cessione in blocco dei contratti di locazione
finanziaria. L’art.58 del T.U. l. bancaria, disciplina la cessione in blocco dei rapporti
giuridici a banche ed, a seguito delle modifiche introdotte dall’art.12 D.Lgs. n.342 del 4
agosto 1999 (Modifiche al T.U. l. bancaria), anche agli intermediari finanziari. In breve, la
ratio dell’art.58 del T.U. l. bancaria è quella di prevedere un regime di favore verso
operazioni di riorganizzazione ed accorpamento degli intermediari bancari e finanziari,
anche in deroga ai vincoli derivanti dalla disciplina civilistica o societaria di diritto
comune.
FORMULARIO DELLA CESSIONE DEL
CONTRATTO DEL LEASING*
-
file g
Contratto di leasing mobiliare:
Art. x Limiti alla cedibilità del contratto da parte dell’utilizzatore
L’utilizzatore potrà cedere il contratto od i diritti che gli derivano dal medesimo solamente in
caso di cessione, affitto od usufrutto dell’azienda nella quale si trova inserito il macchinario,
ovvero previo ottenimento di espresso consenso scritto dal locatore.
In ogni caso l’utilizzatore resterà comunque responsabile dell’adempimento del contratto in
solido con il cessionario.
Art. x Facoltà di cessione del contratto da parte del locatore
Il locatore ha la facoltà, in qualsiasi tempo, di cedere il contratto, ovvero in tutto o in parte, i
diritti che gli derivano dal medesimo. La cessione, con relativa modalità di esecuzione, sarà,
a cura del locatore, comunicata all’utilizzatore, il quale sin da ora si obbliga ad accettarla. Il
locatore potrà inoltre sottoporre a vincoli, oneri e pegno il macchinario oggetto del contratto
senza necessità di darne notizia all’utilizzatore, purché ciò non comporti alcuna turbativa alla
facoltà del medesimo di utilizzarlo e di esercitare le scelte di cui alla successiva clausola (…)
delle condizioni generali di contratto.
*
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scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
221
-
Contratto di leasing immobiliare:
Art. x Cessione del contratto e relativi diritti
L’utilizzatore non può cedere a terzi il presente contratto, né l’uso o il godimento anche
parziale dell’immobile senza il preventivo assenso scritto della concedente, salvo il caso di
cessione dell’azienda in esso esercitata. In ogni caso egli resterà comunque interamente
responsabile dell’adempimento degli obblighi assunti con il presente contratto, in solido con il
cessionario. La concedente, di contro, ha facoltà di cedere a terzi in qualsiasi tempo in tutto
od in parte, i diritti che le derivano dal presente contratto. Tale cessione, con le relative
modalità di esecuzione, sarà comunicata a mezzo raccomandata dalla concedente
all’utilizzatore, il quale sin d’ora si obbliga ad accettarla. Ugualmente e in facoltà della
concedente di sottoporre a vincoli, oneri, servitù od ipoteche l’immobile e le sue pertinenze,
purché ciò non arrechi turbativa all’uso dello stesso da parte dell’utilizzatore e non
pregiudichi o non renda più oneroso l’esercizio da parte sua, al termine del rapporto, della
facoltà prevista alla successiva clausola (…) delle condizioni generali di contratto.
222
LA CESSIONE DEL CONTRATTO DI LEASING:
ASPETTI CONTABILI E FISCALI
a cura di Walter Vallero*
Nell’esercizio dell’attività di impresa può accadere che un contratto di leasing, in corso di
validità, venga ceduto ad un terzo soggetto:
a)
in modo autonomo;
b)
in seguito ad operazioni di acquisizione di azienda, di conferimento, di fusione e di scissione.
Sia nel caso a) che nel caso b), qualora la società di leasing dia il proprio assenso alla
cessione, il soggetto cessionario/subentrante, si assume l’obbligo di pagare i canoni residui
ed eventualmente di esercitare il riscatto alla conclusione del contratto.
Prima di esaminare le problematiche concernenti l’aspetto contabile e fiscale57 dell’operazione
di cessione del contratto di leasing, sia da parte del cedente che del cessionario, è opportuno
sintetizzare le due modalità di contabilizzazione del leasing finanziario in bilancio:
1.
metodo patrimoniale;
2.
metodo finanziario;
Come vedremo in seguito l’adozione della seconda metodologia di rilevazione. potrà risolvere
in modo definitivo il problema della corretta rilevazione contabile in caso di cessione del
contratto.
F
Metodo patrimoniale
La prassi italiana, contrariamente alla prassi internazionale, impone il metodo patrimoniale,
che privilegia la forma sulla sostanza, prevedendo l’iscrizione:
▪
in conto economico, dei canoni passivi di leasing, tra i costi di godimento dei beni di terzi
(voce B8);
▪
in calce allo Stato Patrimoniale nei conti d’ordine, degli impegni relativi agli importi
ancora da corrispondere alla società di leasing (o, in alternativa, il valore complessivo dei
beni presso l’azienda).
Solo al termine del contratto di leasing, in caso di esercizio del riscatto, il bene viene iscritto
nell’attivo dello Stato Patrimoniale tra le immobilizzazioni materiali a un valore pari al prezzo
pagato per il riscatto. Questo valore, deve essere sistematicamente ammortizzato.
Durante il contratto, la rilevazione del bene tra le immobilizzazioni viene effettuata dalla
società di leasing, in quanto proprietaria del bene, e la stessa procede al relativo processo di
ammortamento.
*
Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)
Tratto da “La Circolare Tributaria” n.49 del 26 dicembre 2005 – Sistema d’Informazione Integrato – Gruppo Euroconference Editore
57
Per gli aspetti giuridici del contratto di cessione di leasing e formulario allegato, si veda A. Giardini, in La Circolare Tributaria
n.47_05, pag.34 ss..
*
223
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F
Metodo finanziario
I principi contabili internazionali (Ias 17), recepiti nel nostro ordinamento con il D.Lgs. n. 38 del
28.02.2005 ma che possono essere applicati (obbligatoriamente o facoltativamente) solo da
determinati soggetti, prevedono invece l’iscrizione del leasing finanziario attraverso il metodo
finanziario che privilegia la sostanza sulla forma, non avendo riguardo alla sua forma giuridica.
Infatti, anche se il locatario giuridicamente non acquisisce la proprietà del bene in locazione, con
il leasing finanziario la sostanza è quella per cui il locatario acquisisce i benefici economici ed i
rischi derivanti dall’uso del bene locato per la maggior parte della vita economica.
Con questo metodo, i canoni periodici vengono suddivisi nelle seguenti componenti:
•
quota di restituzione del debito;
•
interessi passivi.
In stato patrimoniale devono essere iscritti:
•
il bene oggetto del contratto ad un valore pari al costo sostenuto dalla società di leasing,
tra le immobilizzazioni materiali;
•
il debito verso la società di leasing (che successivamente si riduce per effetto dei
pagamenti periodici).
In conto economico, devono essere iscritti:
•
l’ammortamento del costo, calcolato con i coefficienti propri dell’utilizzatore, a partire
dall’esercizio in cui il bene viene messo in funzione;
•
gli interessi passivi corrisposti alla società di leasing tra gli oneri finanziari.
Il D.Lgs. n. 6 del 17.01.2003, aveva previsto solo l’indicazione in Nota Integrativa al n. 22
dell’articolo 2427 del codice civile dei dati che sarebbero necessari per l’applicazione del
metodo finanziario, ovvero di un prospetto contenente:
-
il valore attuale delle rate di canone non scadute (utilizzando un tasso di interesse pari
all’onere finanziario effettivo inerente ai singoli contratti);
-
l’onere finanziario effettivo attribuibile ad essi e riferibile all’esercizio;
-
l’ammontare complessivo al quale i beni oggetto di locazione sarebbero stati iscritti alla
data di chiusura dell’esercizio qualora fossero stati classificati tra le immobilizzazioni,
indicando separatamente ammortamenti, rettifiche e riprese di valore che sarebbero
stati inerenti all’esercizio.
E’ bene ricordare che prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n.38/05, il metodo patrimoniale
era il solo consentito dalla normativa fiscale, in quanto veniva negato all’utilizzatore, la
possibilità di iscrivere tra le attività i beni in leasing, con conseguente indeducibilità delle
quote di ammortamento. In tal senso si era espressa la Corte di Cassazione con sentenza n.
8292 del 26 maggio 2003, precisando che malgrado il Legislatore non ha negato la possibilità
di adottare il metodo finanziario, l’art. 67 co.8 del Tuir, ora art.102, co.7 ne precludeva la
possibilità di detrarre le quote di ammortamento. Nello stesso senso, si era orientata
l’Agenzia delle Entrate con R.M. n. 211/E del 18 novembre 2003.
224
La cessione del contratto
di leasing aspetti contabili e fiscali
Aspetto contabile della cessione del contratto di leasing
Nel caso di adozione del metodo patrimoniale, il soggetto cedente, al momento della
cessione del contratto di leasing, rileva un componente positivo di reddito, per l’importo
equivalente al corrispettivo percepito. Tale importo confluirà nella voce A5) Altri ricavi e
proventi del conto economico, tranne il caso in cui si configuri come un provento
straordinario (in tal caso andrà indicato nella voce E20 del conto economico). Si dovrà quindi
procedere a stornare dai conti d’ordine i residui impegni nei confronti della società di leasing.
Nel caso di adozione del metodo finanziario, il soggetto cedente, dovrebbe procedere ad
eliminare il bene in precedenza iscritto tra le immobilizzazioni, stornando il fondo di
ammortamento ad esso relativo, ed azzerare il debito verso la società di leasing.
In ogni caso, per risolvere le problematiche relative alla determinazione del valore di
cessione del contratto di leasing, si deve assimilare, sotto un profilo formale, questo
contratto a quello di mutuo, pur tenendo presente che nel caso del leasing non vi è la
proprietà del bene. Si tratta infatti di un’operazione che prevede il pagamento di un importo
a scadenze prestabilite di importi, da scomporre in due parti:
-
una quota capitale,
-
una quota di interessi.
Si dovrà, quindi, procedere alla determinazione del valore del contratto di leasing, ad una
determinata data, detraendo dal valore del bene, al momento della cessione del contratto , il
debito residuo nei confronti della società di leasing, così come risulta dal piano di ammortamento.
Per la sua corretta determinazione, si dovrà inoltre tenere conto della diversa forza
contrattuale delle parti, ed eventualmente partendo da un valore peritale del bene. Questa
eventuale diversa valutazione, si concretizza nella capacità di ottenere dal cedente o dal
cessionario un tasso di interesse per attualizzare i canoni residui diverso da quello utilizzato
dalla società di leasing.
Sulla base di quanto sopra precisato, cerchiamo di esemplificare numericamente, riportando
il piano di ammortamento di un contratto di leasing su un impianto, stipulato nel gennaio
2004, con decorrenza (consegna dello stesso bene) al 1 gennaio 2004, ipotizzando che il
contratto venga ceduto all’inizio del mese di dicembre 2005. Il contratto di leasing, presenta
le seguenti caratteristiche:
Esempio
-
valore del bene Euro 66.000,00
Maxicanone iniziale: Euro 1808,35
Importo canoni mensili: Euro 1808,35
Numero dei canoni mensili: 35
Prezzo di riscatto: Euro 9.166,67
Decorrenza contratto: 1.1.2004 – .12.2006
Aliquota di ammortamento fiscale: 20%
Aliquota di ammortamento economico tecnico: 20%
L
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N
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225
Piano
di
ammortamento
fornito
dalla
società
di
leasing (o ricalcolato
dall'impresa)
Rata
importo
operazione
maxicanone
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23 *
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
riscatto
226
Data
Scadenza
Importo
rata
Quota
interesse
Quota
capitale
Debito
residuo
Debito
estinto
-
-
66.000,00
-
01/2004
02/2004
03/2004
04/2004
05/2004
06/2004
07/2004
08/2004
09/2004
10/2004
11/2004
12/2004
01/2005
02/2005
03/2005
04/2005
05/2005
06/2005
07/2005
08/2005
09/2005
10/2005
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
401,67
392,61
383,50
374,32
365,09
355,80
346,45
337,03
327,56
318,02
308,43
298,77
289,05
279,27
269,42
259,52
249,54
239,51
229,40
219,24
209,01
198,71
1.808,35
1.406,68
1.415,74
1.424,85
1.434,03
1.443,26
1.452,55
1.461,90
1.471,32
1.480,79
1.490,33
1.499,92
1.509,58
1.519,30
1.529,08
1.538,93
1.548,83
1.558,81
1.568,84
1.578,95
1.589,11
1.599,34
1.609,64
64.191,65
62.784,97
61.369,24
59.944,39
58.510,36
57.067,10
55.614,55
54.152,65
52.681,33
51.200,54
49.710,21
48.210,29
46.700,71
45.181,41
43.652,33
42.113,41
40.564,57
39.005,77
37.436,92
35.857,98
34.268,86
32.669,52
31.059,88
1.808,35
3.215,03
4.630,76
6.055,61
7.489,64
8.932,90
10.385,45
11.847,35
13.318,67
14.799,46
16.289,79
17.789,71
19.299,29
20.818,59
22.347,67
23.886,59
25.435,43
26.994,23
28.563,08
30.142,02
31.731,14
33.330,48
34.940,12
11/2005
1.808,35
188,34
1.620,01
29.439,87
36.560,13
12/2005
01/2006
02/2006
03/2006
04/2006
05/2006
06/2006
07/2006
08/2006
09/2006
10/2006
11/2006
12/2006
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
1.808,35
9.166,67
177,91
167,42
156,85
146,22
135,51
124,74
113,90
102,99
92,01
80,96
69,84
58,64
-
1.630,44
1.640,93
1.651,50
1.662,13
1.672,84
1.683,61
1.694,45
1.705,36
1.716,34
1.727,39
1.738,51
1.749,71
9.166,67
27.809,43
26.168,50
24.517,00
22.854,86
21.182,03
19.498,42
17.803,97
16.098,61
14.382,28
12.654,89
10.916,38
9.166,67
-
38.190,57
39.831,50
41.483,00
43.145,14
44.817,97
46.501,58
48.196,03
49.901,39
51.617,72
53.345,11
55.083,62
56.833,33
66.000,00
La cessione del contratto
di leasing aspetti contabili e fiscali
Al momento della cessione, il valore dell’impianto risulta essere di Euro 55.000,00.
Si procede quindi alla determinazione del valore di cessione come segue:
-
Valore del bene: Euro 55.000,00
-
A dedurre: debito residuo al 1.12.2005, dopo il pagamento della rata n. 23: Euro
29.439,87
-
Valore di cessione pari ad Euro 25.560,13
Si tratta di un valore teorico, in quanto le parti potrebbero concordare un valore diverso,
dopo aver valutato il tasso di interesse del contratto di leasing.
E’ evidente che il valore normale del bene debba essere determinato tenendo conto delle
quote di capitale, comprese nei canoni da pagare, nonché del prezzo di riscatto, trattandosi
di un debito che viene accollato dall’acquirente del contratto di leasing. Infatti, se un bene è
gravato da un debito, il suo valore non può che essere inferiore al valore normale dello
stesso bene, che non risulta gravato da alcun debito. La quota di interessi compresa nei
canoni ancora da pagare, non deve essere detratta in quanto si tratta di un debito ancora da
maturare. Nel caso di cessione del contratto in una data a cavallo, la quota interessi
compresa in tale canone dovrà essere considerata per competenza.
Aspetti fiscali
La cessione del contratto di leasing assume rilevanza in riferimento alle imposte dirette,
all’Irap e all’Iva.
Imposte dirette
Si premette che sia in caso di risoluzione del contratto e quindi di riscatto anticipato ovvero
di sua cessione, così come confermato nella R.M. n. 183/E del 4 dicembre 2000, la durata del
contratto minima prevista dall’art.102 del Tuir, già art. 67, co. 8, deve intendersi riferita alla
durata del contratto “prevista” e non a quella “effettiva”.
La parte di costo complessivo del contratto di leasing non ancora maturata alla data della
cessione, trattandosi di sopravvenuta insussistenza di attività (risconti attivi) iscritte in
bilancio in precedenti esercizi, rappresenta una sopravvenienza passiva, ai sensi dell’art.101,
co. 4 del Tuir.
Il valore normale del bene costituisce, invece, una sopravvenienza attiva, ai sensi dell’art.88 co. 5
del Tuir. Tale importo dovrebbe prescindere dal corrispettivo eventualmente pattuito per la
cessione del contratto, affluito nel conto economico. In caso di non coincidenza di valore, il
valore normale attribuito alla sopravvenienza attiva, o meglio la differenza positiva costituirà una
variazione in aumento in sede di compilazione di Unico, senza influire sul conto economico.
Ovviamente anche se il dato letterale dell’art.88 del nuovo Tuir (già art.55) non prevede la
possibilità di dedurre i canoni residui, attualizzati alla data della cessione medesima, e il
prezzo stabilito per il riscatto, così come previsto nella C.M. n. 108/E del 3 maggio 1996 al
227
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punto 6.11, il valore normale non può che essere assunto al netto dei canoni relativi alla
residua durata del contratto.
Ritornando all’esemplificazione sopra riportata, la sopravvenienza attiva è pari ad Euro
25.560,13, ipotizzando una coincidenza tra valore normale e corrispettivo pattuito tra
cedente e subentrante.
Si sottolinea che in tale fattispecie, il Legislatore, a differenza di altre, (si veda l’art.86 co. 2
del Tuir) non dà rilevanza al corrispettivo conseguito, ma al valore normale, come nel caso in
cui i beni vengono assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’impresa.
Una problema particolare, si pone nel caso in cui il contratto di leasing abbia per oggetto
aeromobili da turismo, navi e imbarcazioni da diporto, autovetture, autocaravan, ciclomotori
e motocicli il cui costo di acquisizione sia stato fiscalmente riconosciuto soltanto in parte ai
sensi dell’art.164 del Tuir (già art.121-bis). Tale articolo, al co. 2 limita la rilevanza fiscale
delle plusvalenze e delle minusvalenze nella misura proporzionale fra “l’ammontare
dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato”, ma non
richiama esplicitamente l’art.88 co. 5, relativo alla determinazione della sopravvenienza
attiva. Quindi un’interpretazione rigorosa della norma, farebbe concorrere per intero la
sopravvenienza attiva. A tale riguardo, sarebbe auspicabile un intervento ministeriale, che
consenta un’interpretazione analogica a quanto previsto per le plusvalenze patrimoniali, in
modo da considerare fiscalmente rilevante la solo parte del valore normale, ovvero della
sopravvenienza attiva, nella proporzione esistente tra l’ammontare dei canoni di locazione
finanziaria fiscalmente dedotti e l’ammontare degli stessi complessivamente sostenuti.
Nel caso contrario, il cedente si troverebbe nella situazione in cui la sopravvenienza attiva
realizzata verrebbe tassata per intero, a fronte di una deduzione parziale dei canoni corrisposti.
Sul versante dell’acquirente del contratto di leasing, non esistendo disposizioni fiscali
specifiche in relazione al trattamento da riservare al prezzo pagato per l’acquisto dello
stesso, si ritiene che il costo sostenuto per il subentro in un contratto di leasing, in corso di
validità, debba essere fiscalmente imputato osservando quanto previsto dalla normativa
civilistica, ovvero secondo corretti principi contabili. L’A.F. (punto 3.6 della C.M. n. 73/E del
27 maggio 1994), ha interpretato la disposizione contenuta nell’art.108 , co. 3, del Tuir, (già
art.74) nel senso che “i criteri civilistici di ripartizione delle spese in esame costituiscono
presupposto per la determinazione della quota di dette spese imputabile al reddito
dell’esercizio”.
In conclusione, se sotto l’aspetto civilistico, l’ammortamento del prezzo pagato per
l’acquisto del contratto di leasing avvenga sulla base della vita utile del cespite, si possono
avere due soluzioni:
-
in caso di esercizio del diritto di riscatto la parte ancora da ammortizzare del prezzo
pagato per l’acquisto del contratto di leasing rappresenta un onere accessorio
fiscalmente riconosciuto, ai sensi dell’art.110, co. 1, lett. b);
228
La cessione del contratto
di leasing aspetti contabili e fiscali
-
in caso di mancato esercizio del diritto di riscatto la parte ancora da ammortizzare
costituirà invece un onere deducibile ai sensi dell’articolo 101, comma 4, trattandosi di
insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi.
E’ infine opportuno ricordare come l’art.102, dopo le modifiche intervenute con il D.Lgs.
38/05 (si veda l’art.11), prevede che indipendentemente dai criteri di contabilizzazione,
l’utilizzatore può dedurre, ai fini fiscali, i canoni di locazione, dando così legittimazione all’uso
del metodo finanziario. In coerenza con tale disposizione il legislatore ha stabilito all’art.109
del Tuir che “le differenze tra i canoni di locazione finanziaria di cui all’art.102, co. 7 e la
somma degli ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria
e la somma degli
ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e degli interessi passivi sono
deducibili mediante il prospetto EC in sede di compilazione di Unico”.
Irap
L’operazione della cessione del contratto di leasing, se avviene in modo autonomo, dovrebbe
essere ricondotta alla gestione operativa dell’impresa, paragonabile alla cessione di un bene
strumentale di proprietà; nel caso invece avvenga in seguito ad un’operazione straordinaria
di acquisizione di azienda o di conferimento, ritengo che la relativa sopravvenienza debba
essere collocata nell’area straordinaria, e quindi vada trattata come la plusvalenza realizzata
in seguito alla cessione di azienda.
In linea di massima, quindi, la sopravvenienza attiva conseguita in seguito alla cessione del
contratto di leasing, indipendentemente dalla sua collocazione nel conto economico, per il
principio di correlazione, deve essere assoggettata ad Irap. Ovviamente il valore rilevante,
stante il principio stabilito all’art.11 bis, co.1, del D.Lgs. n.446/97, è quello previsto ai fini
delle imposte sui redditi, quindi il valore deve essere calcolato sottraendo il debito residuo
dal valore normale del bene (art. 88, co. 5 del Tuir).
Una parte minoritaria della dottrina58, non condivisibile, anche in riferimento a quanto stabilito
dal Principio contabile n. 12 del Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti e del Consiglio dei
Ragionieri, sostiene che la sopravvenienza attiva vada sempre collocata nell’area E del conto
economico e quindi non rientrerebbe nel calcolo della base imponibile ai fini Irap.
Iva
Ai sensi dell’art.3, co. 2, n. 5) del DPR n. 633 del 26.10.1972, la cessione del contratto di
leasing è considerato una prestazione di servizi e non una cessione di beni ed è soggetta ad
Iva, con la stessa aliquota del bene oggetto del contratto. In ogni caso si dovrà applicare
l’aliquota ordinaria nella misura del 20%, anche quando il trasferimento del bene non sia
58
Si veda Cerato- Popolizio, La cessione del contratto di leasing- Imposte dirette ed indirette, in “Il commercialista veneto” n.
131/00
229
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soggetto ad Iva: è il caso, ad esempio, di un contratto di leasing avente per oggetto un
terreno non suscettibile di utilizzazione edificatoria, ossia un terreno la cui cessione è esclusa
dal campo di applicazione dell’Iva, ai sensi dell’art.2, co. 3 lett. c), del DPR n. 633/7259 .
Si deve ritenere, in attesa di un intervento ministeriale che interpreti diversamente, che nel
caso di cessione, tutto l’importo del corrispettivo pattuito (non quello del
valore normale), sempre al netto dei debiti residui, vada assoggettato ad Iva, anche nel caso
in cui l’Iva sui canoni era stata detratta solo parzialmente oppure era stata considerata
totalmente indetraibile, in base all’art.19-bis co.1 del DPR 633/72 (indetraibilità oggettiva)
oppure per la natura del soggetto (in detraibilità soggettiva). L’art.10 n. 27 quinquies del
DPR n. 633/72 prevede, infatti, l’esenzione dall’imposta solo per le cessioni di beni acquistati
senza il diritto alla detrazione totale della relativa imposta e quindi non è applicabile alla
cessione del contratto di leasing, considerata una prestazione di servizi.
La norma di comportamento n.141 dell’Associazione dottori commercialisti
di Milano
Questa norma di comportamento affronta il problema della cessione del contratto di leasing
nell’ottica
del
soggetto
subentrante,
raccomandando
di
suddividere
l’importo
complessivamente corrisposto in due componenti:
▪
la quota riferita al godimento del bene, da riscontare per la durata residua del contratto,
▪
la quota costituita dal prezzo di riscatto del bene, che viene capitalizzata.
La quota riferita al godimento del bene comprende:
i canoni residui, la quota di maxicanone iniziale non ancora maturato, il differenziale tra
-
tasso di interesse utilizzato dalle parti per l’attualizzazione dei canoni residui e il tasso di
interesse implicito nel leasing, il rateo del canone di leasing in corso di maturazione, la
maggiorazione di prezzo pagata per l’opportunità di usare subito il bene;
La quota costituita dal prezzo di riscatto del bene comprende:
il prezzo di riscatto, il differenziale tra il valore economico del bene al momento della
-
cessione con quello al momento della sottoscrizione del contratto con la società di
leasing, la quota capitale implicita nei canoni già pagati. Tale quota viene dapprima
imputata ad acconto delle immobilizzazioni e sarebbe ammortizzabile, unitamente al
prezzo di riscatto, a partire dal periodo d’imposta in cui è esercitata l’opzione.
Nella prassi aziendale, però, due elementi, previsti dalla norma di comportamento in oggetto,
non vengono mai calcolati e cioè quelli che si riferiscono al differenziale di tasso di interesse
usato dalle parti per l’attualizzazione dei canoni residui e il tasso di interesse implicito nel
leasing e alla maggiorazione di prezzo pagata per l’opportunità di poter utilizzare subito il
bene. La loro determinazione comporterebbe un impegno notevole da parte del subentrante,
pertanto la soluzione, prospettata dalla norma di comportamento, rimane valida dal punto di
vista teorico, ma non pratico.
59
si veda la R.M. n. 57/E del 7.04.97.
230
La cessione del contratto
di leasing aspetti contabili e fiscali
Per tale motivo si è prospettata una soluzione semplificata60, che propone di suddividere il
valore in due parti:
-
la quota da riscontare, costituita dal maxicanone non ancora maturato, dalla differenza
tra il prezzo concordato e il valore del contratto al momento della cessione (determinato
come differenza tra il valore del bene a quella data e il debito residuo);
-
la quota da capitalizzare, costituita dalla variazione del valore del bene dall’inizio del
contratto di leasing alla sua cessione, dalla quota di maxicanone già maturato e dalla quota
di capitale dei canoni già pagati. Questo valore capitalizzato viene imputato a costo dal
momento in cui viene effettuato il riscatto, attraverso la rilevazione in conto economico delle
relative quote di ammortamento. Si ritiene comunque superfluo effettuare tali calcoli nel
caso in cui il soggetto subentrante decida di esercitare l’opzione di riscatto subito dopo il
subentro, in quanto, in tal caso, si procede a capitalizzare l’intero importo, essendo il
subentro funzionale all’acquisto della proprietà del bene.
Riprendendo i dati dell’esemplificazione precedente, ipotizzando che il subentro avvenga
dopo il pagamento della 23° rata si avrebbe:
- Acquisto/subentro al prezzo di euro 25.560,13
Importo da suddividere per la durata residua del contratto:
- Maxicanone non ancora maturato (1808,35 x 13/36):
653,02
- differenziale tra corrispettivo e valore equo
(valore del bene – debito residuo)
0,00
Totale
653,02
Nel caso le parti pattuissero un prezzo diverso, dovuto alla diversa forza contrattuale dei
soggetti coinvolti, tale importo dovrà essere aggiunto a quello del maxicanone non ancora
maturato e ripartito per la durata residua del contratto.
Importo da capitalizzare, oltre al riscatto
- variazione valore del bene
(66.000,00 – 55.000,00)
- maxicanone già maturato (1.808,35 x 23/36)
(11.000,00)
1.155,33
- quota capitale canoni pagati (somma delle prime 23
Rate conto capitale, risultanti dal piano di ammortamento)
Totale
60
34.751,78
24.907,11
si veda “il Fisco” n. 21/04 pag. 3209 e seguenti in “Cessione del contratto di leasing – aspetti contabili e fiscali” di G. Rebecca
e Carlotta Pilotto
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Viene fatto notare, che con il trascorrere del tempo, quindi con l’avvicinarsi alla data di
scadenza del contratto, diventa sempre più rilevante l’importo da capitalizzare, mentre si
riduce il valore da riscontare.
Tale soluzione, appare corretta sia dal punto di vista contabile sia dal punto di vista fiscale,
nel silenzio della norma tributaria, in quanto si rendono applicabili i corretti criteri contabili
(art.6, co. 1 del D.Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997). In conclusione, si ritiene che qualora in
futuro venga utilizzato esclusivamente il metodo finanziario di contabilizzazione dei contratti
di leasing, il problema sarebbe eliminato dall’origine.
Riprendendo gli stessi dati numerici, si rileverebbe:
Stato Patrimoniale
Immobilizzazioni:
Impianti
55.000,00
Debiti
29.439,87
Banca
25.560,13
In conto economico verrà imputata la quota di ammortamento di competenza di ogni
esercizio e la quota di interessi compresa nei canoni, sempre per competenza, mentre la
quota capitale dei canoni non viene rilevata in conto economico.
PROBLEMI CONNESSI
CESSIONE
DEL
CONTRATTO
DURATA DEL
CONTRATTO
SUL CEDENTE
232
DEDUZIONE DEL
COSTO
PER ACQUIRENTE
TRATTAMENTO
IVA
La cessione del contratto
di leasing aspetti contabili e fiscali
CESSIONE LEASING
TRATTAMENTO AI FINI DELLE IMPOSTE DIRETTE
(ris.min. n. 183/E del 4 dicembre 2000) il mancato rispetto della
durata minima non rileva
L’ importo pagato può considerarsi:
¾ come spesa pluriennale da ripartirsi sulla durata residua del
contratto di leasing;
¾ quale prezzo anticipato per il futuro riscatto del bene, e quindi
classificato tra le immobilizzazioni materiali in corso e acconti.
CESSIONE LEASING
LA TESI DELLA DRE EMILIA
La Dre propone di adottare un sistema misto, avvalendosi di
entrambe le componenti di costo (onere pluriennale e costi
anticipato sull’acquisto del bene). L’ufficio suggerisce infatti di
“cogliere l’effettività dell’operazione posta in essere, decifrando, di
volta in volta, se la stessa trovi le sue obiettive motivazioni e
connotazioni nella pluriennale facoltà di godimento e di utilizzo del
bene o, al contrario, nelle potenzialità acquisitive connesse al
subentro al contratto”.
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233
CESSIONE LEASING
LA TESI ADC – NORMA COMPORTAMENTO 141/2000
Concorda con Dre
subentrante in:
nella
suddivisione
del
prezzo pagato dal
• parte pagata a fronte della possibilità di godimento del bene, da
considerarsi quale onere da ripartire su più esercizi (fino a quello del
riscatto) con la tecnica dei risconti;
• parte pagata a titolo di opzione sull’acquisto definitivo, da
contabilizzarsi tra gli acconti per immobilizzazioni materiali (voce B.II.5).
All’atto del riscatto del bene, il costo complessivo formato dall’acconto e
dal prezzo di riscatto, sarà soggetto ad unitaria procedura di
ammortamento.
CESSIONE LEASING
TRATTAMENTO IVA
I leasing sono prestazioni di servizi ai sensi dell’art. 3 del Dpr
633/72. Alla cessione del contratto si rende applicabile l’aliquota
ordinaria. Anche nel caso in cui il bene oggetto del contratto non sia
di per sé soggetto ad Iva, sul corrispettivo derivante dalla cessione
del contratto deve essere applicata l’aliquota Iva del 20%. In tal
senso si esprime la Risoluzione n. 57/E del 7 aprile 1997, in merito
ad un terreno non edificabile (pertanto normalmente escluso da
Iva), il trasferimento del quale attuato mediante la cessione del
contratto di leasing deve comunque scontare l’aliquota iva ordinaria.
234
La cessione del contratto
di leasing aspetti contabili e fiscali
LA DURATA DEL CONTRATTO – RASSEGNA DI PRASSI
Circolare Agenzia delle entrate 13 febbraio 2006 n. 6/E
7.2 Contratto di leasing immobiliare stipulato dalla promissoria acquirente
D. Una società di leasing ha stipulato in data 30 novembre 2005 un contratto con la
società Alfa utilizzatrice dell'immobile, senza esserne proprietaria, ma essendo soltanto
promissoria acquirente. Il contratto in esame rientra nella precedente o nella nuova
normativa?
R. Come stabilito dal comma 2 dell'art. 5-ter del d. l. 203/2005, le nuove regole sulla deducibilità dei
canoni di locazione finanziaria su beni immobili si applicano avendo riguardo alla data di stipula del
contratto di leasing. Al contratto preso in considerazione è, pertanto, applicabile la normativa vigente
anteriormente alle modifiche recate dalla citata disposizione essendo del tutto irrilevante a tali fini la
circostanza che la società di leasing si sia obbligata con un contratto di locazione finanziaria
relativamente ad un bene del quale non era ancora proprietaria.
7.3. Contratto di leasing-appalto su immobili
D. Una società di leasing nel mese di settembre 2005 è divenuta proprietaria di un'area
edificabile e contemporaneamente ha stipulato un contratto di leasing con una impresa
utilizzatrice avente per oggetto uno opificio industriale.
L'immobile verrà consegnato alla locataria nel mese di giugno 2006. In questo caso il
contratto rientra nel disposto di cui all'art. 5 ter, comma 1, del D.L. n. 203/2005?
R. Come stabilito dal comma 2 dell'art. 5-ter del D.L. n. 203/2005, le nuove regole sulla deducibilità
dei canoni di locazione finanziaria su beni immobili si applicano ai contratti stipulati successivamente
alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto che reca la predetta norma, vale a
dire ai contratti stipulati dal 4 dicembre 2005, data successiva a quella di entrata in vigore della legge
che ha convertito tale decreto.
Ai fini della individuazione della data di stipula del contratto di locazione finanziaria occorrerà dare
rilievo a quelle vicende giuridiche che consentano di ritenere definitivamente intervenuto ad una data
certa l'accordo di locazione finanziaria.
Si ritiene pertanto che anche nell'ambito del "leasing appalto" rilevi il momento della stipula del
contratto, nel quale viene individuata l'opera che il locatore deve realizzare e stabilite le condizioni del
leasing, restando in tal modo ininfluenti le vicende relative alla decorrenza del contratto e, pertanto,
alla consegna dell'opera medesima.
7.4. Contratto di leasing-appalto su immobili: decorrenza della durata del contratto
richiesta dalla norma
D. In presenza di leasing stipulato congiuntamente ad un contratto di appalto per la
costruzione di un immobile, la durata del contratto, per la verifica del numero minimo
degli anni (art. 102, comma 7, del T.U.I.R.) decorre dalla data della stipula del contratto o
dalla data in cui il fabbricato viene consegnato all'impresa locataria e questa ultima ne
inizia l'utilizzo?
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R. La verifica della " metà del periodo di ammortamento ", nonché del range temporale degli otto e
quindici anni previsti dall'art. 102, comma 7, del T.U.I.R. deve essere effettuata con riferimento alla "
durata del contratto " di locazione finanziaria.
Quest'ultima decorre dalla data di stipula del contratto ovvero, se diversa, da data successiva (che
potrebbe essere quella di consegna del bene) qualora le parti abbiano differito il momento a partire
dal quale decorre l'obbligo di pagamento dei canoni.
Circolare Agenzia delle entrate 13 marzo 2006 n. 10/E
10. DEDUCIBILITA' DEI CANONI DI LOCAZIONE FINANZIARIA SUI BENI IMMOBILI
Il comma 1 dell'art. 5-ter, del decreto-legge in commento prevede che " all'articolo 102, comma 7,
primo periodo del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole da "a otto anni" fino alla fine del periodo sono
sostituite dalle seguenti: "alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente
stabilito a norma del comma 2, in relazione all'attività esercitata dall'impresa stessa, se il contratto ha
per oggetto beni mobili, e comunque con un minimo di otto anni ed un massimo di quindici anni se lo
stesso ha per oggetto beni immobili" ".
A seguito di tali modifiche la nuova formulazione dell'art. 102, comma 7, primo periodo del T.U.I.R., è la
seguente: " Per i beni concessi in locazione finanziaria l'impresa concedente che imputa a conto
economico i relativi canoni deduce quote di ammortamento determinate in ciascun esercizio nella misura
risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario e non è ammesso l'ammortamento anticipato;
indipendentemente dai criteri di contabilizzazione, per l'impresa utilizzatrice è ammessa la deduzione dei
canoni di locazione a condizione che la durata del contratto non sia inferiore alla metà del periodo di
ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2, in relazione all'attività
esercitata dall'impresa stessa, se il contratto ha per oggetto beni mobili, e comunque con un minimo di
otto anni ed un massimo di quindici anni se lo stesso ha per oggetto beni immobili ".
La norma in commento ha modificato il criterio di deduzione dal reddito per l'impresa utilizzatrice dei
canoni di locazione finanziaria sui beni immobili, mentre nulla è cambiato con riguardo alla locazione
finanziaria dei beni mobili.
Prima delle modifiche introdotte dal predetto art. 5-ter, la deducibilità dei canoni di locazione
finanziaria sui beni immobili era ammessa a condizione che la durata del contratto non fosse inferiore
a otto anni, mentre per i beni mobili la deducibilità era (ed è) ancorata alla durata del periodo di
ammortamento.
A seguito delle modifiche apportate dalla norma in esame, anche per i beni immobili viene richiesta, in
linea generale, una durata contrattuale almeno pari alla " metà del periodo di ammortamento "
corrispondente all'applicazione dei coefficienti ministeriali del D. M. 31 dicembre 1988, con un minimo
di otto ed un massimo di quindici anni.
Analogamente a quanto affermato nelle circolare n. 188/E del 16 luglio 199861 con riferimento alla
durata minima dei contratti di locazione finanziaria relativi a beni mobili, si ritiene che, ai fini della
61
Così recita il richiamato documento di prassi:
6. Coefficienti di ammortamento. Durata minima del contratto di locazione finanziaria
D. Sono deducibili ai fini fiscali i canoni corrisposti a seguito della stipula di un contratto di locazione finanziaria di durata pari a
24 mesi ed avente ad oggetto un'autovettura?
R. L'art. 67, comma 8 del Testo Unico imposte sui redditi, relativamente ai beni mobili utilizzati a seguito della stipula di un
contratto di locazione finanziaria, dispone che la deduzione dei canoni di locazione da parte dell'impresa utilizzatrice è ammessa,
236
La cessione del contratto
di leasing aspetti contabili e fiscali
determinazione della " metà del periodo di ammortamento ", non assume rilievo la regola posta dal
comma 2 dell'art. 102, secondo la quale ai fini dell'ammortamento dei beni i coefficienti ministeriali
devono essere ridotti alla metà per il primo esercizio.
In sintesi, ai fini della deducibilità dei canoni di locazione finanziaria sui beni immobili la durata minima
del relativo contratto non deve essere inferiore alla " metà del periodo di ammortamento " tenendo
presente che:
•
se tale arco temporale (la metà del periodo di ammortamento) è inferiore a otto anni,
quest'ultima (otto anni) è la durata minima del contratto richiesta ai fini della deducibilità dei
relativi canoni;
•
se detto arco temporale è compreso tra otto e quindici anni (ad esempio dodici anni), la durata
minima del contratto deve essere pari a tale valore (nell'esempio, 12 anni);
•
se detto arco temporale è superiore a quindici anni, quest'ultima (quindici anni) è la durata
contrattuale minima richiesta dalla norma.
Resta inteso che nei casi descritti sono comunque deducibili, sulla base della durata contrattuale
effettivamente prevista dalle parti, i canoni relativi a contratti con durata superiore ai predetti limiti minimi.
In definitiva, l'introduzione del limite superiore di quindici anni rappresenta un beneficio per il
contribuente. Il legislatore ha, infatti, inteso consentire comunque di dedurre i canoni di locazione
finanziaria in un periodo di tempo inferiore (quindici anni) a quello che si sarebbe dovuto osservare in
presenza di un contratto di locazione riguardante un immobile il cui ordinario periodo di
ammortamento, ridotto alla metà, fosse risultato superiore a tale limite. Si è voluto, in sostanza,
evitare di rendere troppo penalizzante l'applicazione della nuova disciplina rispetto a quella
precedentemente in vigore.
In applicazione dei principi precedentemente enunciati viene evidenziato nella tabella che segue in quali
casi è possibile dedurre i canoni di locazione tenuto conto della durata del contratto di leasing immobiliare.
Coefficiente di
Metà del periodo di
ammortamento tabellare ammortamento (in anni)
10 %
5
4%
12,5
3%
16,6
Durata del contratto
(in anni)
4
6
8
13
8
13
15
16
17
Deducibilità
NO
NO
SI
SI
NO
NO
SI
SI
SI
in relazione all'attività esercitata dall'impresa stessa, a condizione che la durata del contratto non sia inferiore alla metà del
periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito con decreto del Ministro delle finanze (per i beni strumentali
entrati in funzione nei periodi di imposta iniziati in data successiva al 31 dicembre 1988 trattasi del D.M. 31 dicembre 1988).
Al riguardo, con riferimento alla durata minima che deve rivestire il contratto di locazione finanziaria, si ritiene che non assuma
rilievo la regola posta dal comma 2 dell'art. 67 del Testo Unico imposte sui redditi, secondo la quale detti coefficienti debbono
essere ridotti alla metà per il primo esercizio (nel qual caso, ai fini in esame, il contratto di locazione finanziaria dovrebbe avere
una durata non inferiore a 30 mesi), in quanto il rinvio operato a quest'ultimo comma dal successivo comma 8 dello stesso art.
67 del Testo Unico imposte sui redditi, è da intendersi esclusivamente quale richiamo dei coefficienti tabellari.
D'altronde, anche l'art. 50 del Testo Unico imposte sui redditi, relativamente alla determinazione del reddito di lavoro autonomo,
al comma 2, terzo periodo, dispone che la deduzione dei canoni di locazione finanziaria di beni mobili è ammessa a condizione
che la durata del contratto non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito con
decreto del Ministro delle finanze.
In conclusione, posto che per le autovetture si applica il coefficiente di ammortamento del 25 per cento, deve considerarsi valido il
contratto di locazione finanziaria che, in relazione all'attività dell'impresa utilizzatrice, abbia durata non inferiore a 24 mesi.
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Giova precisare che la norma in esame prevede che i nuovi vincoli sulla deducibilità dei canoni di
locazione finanziaria su beni immobili operano " indipendentemente dai criteri di contabilizzazione "
adottati dal locatario; tale precisazione chiarisce che le nuove regole trovano applicazione anche nei
confronti dei soggetti che, avendo adottato i principi contabili internazionali (IAS 17), abbiano
contabilizzato il bene in leasing tra le immobilizzazioni dello stato patrimoniale, indicando nel conto
economico le relative quote di ammortamento.
Per completezza di trattazione si segnala che, ai fini della determinazione del periodo di
ammortamento, occorre avere riguardo - in conformità a quanto previsto dall'art. 102, comma 7,
del T.U.I.R. - ai coefficienti di ammortamento previsti per il settore di attività nel quale opera il
locatario finanziario; ciò anche quando il bene in leasing fosse eventualmente utilizzato in un
settore di attività diverso da quello nel quale opera il locatario medesimo.
Infatti, in coerenza con quanto sostenuto nella risoluzione 9 aprile 2004, n. 56/E , la strumentalità
oggettiva dell'immobile del proprietario ovvero del conduttore in leasing richiede che si applichino i
coefficienti del settore di attività riferibile a questi ultimi, prescindendo dall'effettivo utilizzo di tale
bene o dalla sua eventuale locazione a terzi. Si pensi al caso dell'immobile condotto in leasing da una
società immobiliare e dato da questa in locazione ordinaria ad un terzo che opera nel settore delle "
industrie estrattive di minerali metalliferi e non metalliferi " (gruppo IV del D.M. 31/12/1988); la
verifica della durata del contratto di locazione finanziaria andrà effettuata nella misura del 3 per cento,
corrispondente al coefficiente di ammortamento previsto per gli edifici del settore " altre attività ", a
cui deve essere ricondotta l'attività della società immobiliare, e non in base al coefficiente del 5%
stabilito per i fabbricati destinati alle predette industrie.
In presenza della cessione del contratto di leasing da un locatario finanziario ad altro,
continueranno ad applicarsi i coefficienti riferibili al primo locatario, sempre che la modifica negoziale
sia tale da non dare luogo ad un nuovo contratto di locazione finanziaria; in presenza di un nuovo
contratto di leasing si avrà una nuova decorrenza del periodo di ammortamento, che andrà
commisurato facendo riferimento ai coefficienti ministeriali applicabili al settore di attività che
caratterizza il nuovo locatario finanziario.
Occorre precisare, infine, che per la determinazione della durata minima del contratto richiesta dalla
norma occorre avere riguardo, quale data iniziale di decorrenza della " durata del contratto ", alla data
di stipula del contratto o, se diversa, alla successiva data di consegna dell'opera (come nell'ipotesi di
"leasing appalto"), a partire dalla quale le parti abbiano differito il momento dal quale decorre l'obbligo
di pagamento dei canoni.
Solo in tal modo, avendo cioè riguardo alla " durata del contratto " intesa come periodo in cui è pattuito il
pagamento dei canoni, è possibile assicurare il rispetto della finalità della modifica normativa, volta ad
ampliare l'arco temporale nel quale è consentita la deduzione dei canoni di leasing.
10.1. Decorrenza della norma
Il comma 2 del predetto art. 5-ter stabilisce che " la disposizione di cui al comma 1 trova applicazione
relativamente ai contratti di locazione finanziaria stipulati successivamente alla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto. ".
Le nuove regole si applicano, pertanto, ai contratti stipulati successivamente al 3 dicembre 2005, data
di entrata in vigore della legge di conversione del decreto che reca la predetta norma e, quindi, ai
contratti stipulati a partire dal 4 dicembre 2005.
238
La cessione del contratto
di leasing aspetti contabili e fiscali
In ipotesi di modifica delle pattuizioni di un contratto già in corso di esecuzione al 3 dicembre 2005,
tale da configurare la novazione del precedente contratto, ai sensi dell'art. 1230 e seguenti del codice
civile, troveranno applicazione le nuove regole sulla deducibilità dei canoni di locazione finanziaria
introdotte dal decreto.
Ai fini della individuazione della data di stipula del contratto di locazione finanziaria occorrerà dare
rilievo a quelle vicende giuridiche che consentano di ritenere definitivamente intervenuto ad una certa
data l'accordo di locazione finanziaria.
Ciò posto, a tali fini si ritiene irrilevante la eventuale indisponibilità del bene in capo al locatario, al
momento della stipula del contratto, ben potendo questi acquisire la disponibilità del medesimo in un
momento successivo.
Anche in relazione al contratto di "leasing appalto", si ritiene che per l'applicabilità delle nuove norme
rilevi il momento della stipula del contratto nel quale viene individuata l'opera che il locatore si obbliga
a realizzare e consegnare, restando ininfluenti, a tal fine, le vicende relative alla consegna dell'opera
medesima che, come detto sopra, assumono invece rilevanza in relazione alla determinazione della
durata del contratto.
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La quarta giornata del Master Breve – Area Giuridica, affronterà il seguente argomento:
I CONTRATTI D’IMPRESA (III° modulo):
CONTRATTI PER LO SVILUPPO D’AZIENDA
E ALTRI CONTRATTI
Secondo il seguente calendario:
MILANO (1^ ed)
9 gennaio 2007
TORINO
9 gennaio 2007
MILANO (2^ ed)
10 gennaio 2007
BOLOGNA
11 gennaio 2007
FIRENZE
11 gennaio 2007
ROMA
12 gennaio 2007
TREVISO
15 gennaio 2007
VENEZIA
16 gennaio 2007
VERONA
17 gennaio 2007
BRESCIA
17 gennaio 2007
GENOVA
18 gennaio 2007
ALESSANDRIA
18 gennaio 2007
PESARO
19 gennaio 2007
VICENZA
30 gennaio 2007
BERGAMO
1 febbraio 2007
UDINE
1 febbraio 2007
CAGLIARI
6 febbraio 2007
Per ulteriori informazioni telefonare allo 045/8201828 o consultare il sito www.euroconference.it
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