Tempo Libero 21 Corriere di Bologna Venerdì 1 Giugno 2012 BO di HELMUT FAILONI Delikatessen [email protected] Parole a tavola Cocktail, tra leggenda e realtà Galleria Il collettivo Tom Collins ha pubblicato un libro sui drink A sinistra Bing Crosby e Grace Kelly in «High Society» con un Martini in mano A destra Tom Cruise nel film «Cocktail» I bevitori di Martini cocktail sono un po’ come gli ascoltatori di Wagner. Mono-maniacali. Per i primi la coppetta ghiacciata con il lemon twist è un must irrinunciabile a una certa ora (gli altri drink? Inutili per loro), per i secondi Tristan und Isolde, Tannhäuser e Lohengrin sono i capisaldi della storia della musica (e il resto? Mah, forse si salva solo Mahler...). Ed è ovvio, inutile dirlo, che se la parte di Isolde è affidata alla voce di Kirsten Flagstad (grande e compianto soprano), e non a una qualsiasi, Wagner vola. Allo stesso modo, se ci vogliamo concedere un Martini ogni tanto, che sia fatto a) da chi lo sa fare come va fatto b) che vengano utilizzati ingredienti di qualità. E se non è un Martini ma un Gin & Tonic o un Bloody Mary, poco cambia. Il Martini storico di Bologna, in molti lo ricorderanno, lo preparava Franco nei primi anni 90 al Bar dei Commercianti, dove Roberto Dionigi e Umberto Eco disquisivano su Wittgenstein e dintorni sorseggiando il cocktail ghiacciato. Ora, uno dei maestri barman è senza dubbio Celestino Salmi di Gamberini. Ha messo nero su bianco i suoi consigli, le sue personali variazioni, su dieci cocktail, raccontati in lungo e in largo dal collettivo di bevitori/autori che si firma Tom Collins (che è, e non a caso, il nome di un cocktail a base di gin). Il volume che si intitola I dieci cocktail che sconvolsero il mondo ed è stato pubblicato dalla casa editrice bolognese La Linea, verrà presentato alla Melbookstore di via Rizzoli lunedì 4 giugno alle ore 18 con la partecipazione degli autori, di Salmi e di Marco Nardini in veste di moderatore. I dieci cocktail scelti dagli autori sono nell’ordine: Martini (La metafisica delle proporzioni), Bloody Mary (Sangue e bugie) Daiquiri (Una bevanda piena di dolcezza), Manhattan (New York New York), Margarita (Sotto i cieli del Messico), Negroni (Una storia italiana, gin a parte), Cuba Libre (Alla ricerca della libertà perduta), Mojito (Sortilegio caraibico), Kir (Tra sacro e profano), Spritz (Locale, globale). Ogni appassionato del genere in questione potrebbe essere anche non d’accordo sull’inserimento di un drink piuttosto che un altro, ma le scelte sono scelte e in quanto tali vanno rispettate. In un altro illuminante libro, C’era una vodka (un titolo da oscar...) di Sapo Matteucci si legge per esempio che Al ristorante «I Portici» Arriva lo chef Iacobucci È già da qualche tempo che nell’ambiente girava la notizia che Guido Haverkock, lo chef che ha fatto prendere la stella Michelin al ristorante i Portici, se n’era andato. Lo sostituirà Agostino Iacobucci, chef partenoAgostino Iacobucci peo de La Cantinella di Napoli (altro ristorante con 1 stella). SP 68 2011 di Arianna Occhipinti Freschezza e sole Che piacere bere i vini della giovane pasionaria Arianna Occhipinti (siciliana doc, di Vittoria). Splendida la nuova annata del suo S.P. 68, uvaggio uvaggio fra Frappato e Nero d’Avola. Frutta, pulizia, freschezza, e tanto sole. 12 euro La citazione ❜❜ Quando venne a Madrid, nel novembre del 1937, avevano ancora il gin giallo e l’acqua tonica indiana Ernest Hemingway Legenda I nostri giudizi per i vini assaggiati, vanno da 1 a un massimo di 5 bottiglie L’appuntamento Lunedì 4 giugno alle 18 gli autori presenteranno al pubblico della Melbook il loro volume con la partecipazione del barman Celestino Salmi Il ristorante N el ventre della balena. Un po’ come Pinocchio. Di giorno la luce naturale che si fa strada fra le grandi vetrate fa il suo effetto. Ci piace molto anche la distanza fra i tavoli, la seduta piuttosto «comodosa», e l’idea di trasformare ogni tavolo in un piccolo «salottino» con il proprio tappeto dedicato. Del nuovo ristorante si è parlato e riparlato (anche prima che aprisse..). Ora, passato il tempo necessario per un breve rodaggio, ci siamo andati a pranzo. La professionalità la respiri sin dal momento che apri la porta per entrare. La persona dedicata all’accoglienza ti accompagna in sala consegnandoti nelle mani di una cameriera che ti fa scegliere il tavolo che più ti piace. Marcello Leoni ha sempre avuto una mano felice. La sua cucina è una cucina ricca. Proviamo a spiegare il concetto che, detta così, può sembrare banale: in ogni piatto ci sono diverse materie prime «sulla luna, se esistesse un bar e ci fosse un solo avventore, probabilmente berrebbe un Gin & Tonic. È maschile, femminile, neutro e forse anche qualcosa di più». Il Gin & Tonic non rientra invece nei comandamenti degli autori de I dieci cocktail che sconvolsero il mondo, ma poco importa. Il loro libro è divertente, la scrittura è effervescente come le bollicine di una Fever Tree (la migliore acqua tonica), gli autori sono colti. Salmi chiude ogni capitolo con le sue preziose dritte. Per il Martini per esempio scrive che «è fondamentale che sia il gin sia il bicchiere siano a temperatura di freezer». E per il Bloody Mary d’estate si possono aggiungere «zenzero e basilico». Nelle foto sopra, tre grandi gin, Beefeater 24 (provatelo nel Martini con twist di arancia al posto del limone), Hendrick’s (con tonica, foglie di coriandolo e cetriolo), Martin Miller’s (sentori di pepe bianco e banana). NELLA PANCIA DELLA BALENA CON CANESTRELLI E ANGUILLE In cucina Il territorio emerge con forza in alcuni piatti come l’anguilla profumata al timo con rape rosse protagoniste, non una unica con le altre che le fanno da contrappunto e che se ne stanno sullo sfondo. Non è il trionfo del monosapore, quello che ha la meglio nei piatti di alcuni chef della cosiddetta nouvelle vague gastronomica. La cucina di Leoni è un accostamento (spesso armonico) di più cose. Un esempio: le alici le propone con salsa di carote, cialde ai porri e tartufo nero (tutti sapori importanti, presenti), le capesante (cotte e crude) con polvere di capperi, pomodoro e arancio. C’è tecnica nei suoi piatti (il raviolo di riso liquido profumato al limone), © RIPRODUZIONE RISERVATA ma non è mai un virtuosismo fine a se stesso. Nel minestrone con canestrelli le verdure sono tutte cotte a temperature diverse e il risultato in bocca lo si sente. Eccome. Il territorio emerge con forza nell’anguilla profumata al timo con saba e rape rosse, nel manzo al Parmigiano (prodotto che Leoni adora) caramellato in salsa al vino rosso. La carta dei vini è talmente vasta che ci vorrebbero un paio d’ore a leggerla con attenzione. Ci sono due menu degustazione (55 euro per 5 portate e 90 euro per 9 portate). Alla carta per 3 piatti si spendono sui 85/90 euro (vini esclusi). Ristorante Leoni, piazza di Mello 4, tel. 051/700102 Legenda I nostri giudizi, basati a volte su più visite, vanno da 1 a 5 pentole