Sociologia G. Settimana dal 6 all’8 ottobre 2008
1. I livelli dell’osservazione e dell’analisi sociologica. Micro , meso, macro
Livello micro può essere definito quello di scala più piccola dei livelli di analisi della sociologia.
Per alcuni esso identifica il livello del singolo individuo, che non è ulteriormente scomponibile.
Per altri si può applicare il livello micro anche a interazioni di tipo duale o all’analisi delle reti.
Il livello meso può essere definito come il livello intermedio, che cioè si riferisce a contesti di
interazione che contengono unità individuali e che possono essere a loro volta contenute in unità di
livello più elevato: vicinato, famiglia, comunità, classi, ceti, gruppo di lavoro, équipe, classe
scolastica, reparto, ecc
Il livello macro. Si riferisce alla società nel suo insieme o a società locali abbastanza grandi e
complesse da essere “autosufficienti” dal punto di vista delle funzioni sociali essenziali; ovvero a
insiemi di relazioni complesse (sistemi) non direttamente osservabili (il sistema giudiziario,
l’università italiana, ecc); ovvero si può riferire a caratteristiche di popolazioni. Si parla in genere in
questo caso di livello aggregato( (il tasso di disoccupazione dei giovani).
Agli esordi della sociologia il livello di studio è in genere di tipo macro. Oggi lo studio della società
avviene a diversi livelli e dopo un periodo orientato in termini “micro”, anche il livello di tipo
macro sta riprendendo quota”1. In termini teorici-Possiamo parlare di teorie micro e macro sociologiche quando la prospettiva
suggerita da quella teoria si pone stabilmente su uno o l’altro dei livelli di indagine ( es. Il suicidio
di Durkheim o il sistema sociale di Parsons come teorie macrosociologiche; la teoria dell’azione
sociale di Boudon o la teoria dell’interazionismo simbolico come teorie microsociologiche).
2. In termini analitici Possiamo parlare contemporaneamente di livelli micro e macro.Se studio
l’Università italiana posso studiarla da un punto di vista macro ( come istituzione che ha certe
proprietà: n. studenti, spese, indirizzi, orientamenti, ecc) e/o utilizzando livelli di osservazione
intermedi (le facoltà, i corsi, le discipline), ovvero studiando gli atteggiamenti dei singoli studenti.
Se studio la famiglia posso studiarla da un punto di vista micro (le interazioni tra generazioni al suo
interno) o dal punto di vista macro (le funzioni che il sistema dell’istruzione le assegna
2. Generi della sociologia:
Esistono diversi generi della sociologia, così come esistono diversi generi letterari, musicali, ecc.
I generi della sociologia dipendono dagli obiettivi del lavoro sociologico. Possiamo in primo luogo
distinguere l’obiettivo di descrivere e l’obiettivo di spiegare. (Successivamente si parlerà di critica
sociale e di sociologia applicata. A proposito della critica sociale si ricordi la lettura fatta in classe
di Zygmunt Bauman).
2.1. Sociografia e descrizione
L’intenzione fondamentale degli studi sociografici è la descrizione
Descrivere significa rappresentare compiutamente, ma in modo mirato selettivo, affidabile e
significativo(cioè dotato di senso rispetto a ciò che di quell’oggetto si vuol conoscere). Per
descrivere dunque non basta guardare un oggetto e riportarne i dettagli. Occorre avere una teoria o
un’ipotesi ( comunque un’idea di nessi tra elementi) che guidi la lettura di quell’oggetto di studio.
I fatti non parlano da soli, ma vanno fatti parlare dalle domande che pone loro il sociologo. Così
guardando una fotografia o leggendo una tabella dobbiamo avere una direzione prevalente di
osservazione, una guida all’oggetto che diriga la nostra attenzione a cogliere ciò che di quel
fenomeno crediamo ci possa interessare ( vedi esempio sulla fiducia)
Se l’intento del sociologo è quello di arrivare alla messa a fuoco di alcuni nessi generali, allora
occorre operare semplificazioni per via di astrazioni, ad esempio raggruppando elementi tra loro
simili in classi omogenee, individuandone i tratti comuni, per rapporto a quelli contenuti in altre
classi( si ricordi l’esercizio in classe sugli oggetti di fiducia. Li si possono raggruppare secondo
caratteri comuni, salvo poi verificare se la percezione sociale del loro valore scompone questi
gruppi
Una descrizione può comunque sfumare in analisi e spiegazione quando si dà conto di differenze e
variazioni che occorrono nel contesto studiato .
Dire che i bambini di classi sociali sfavorite hanno un rendimento inferiore a quelli di classi sociali
favorite pone già sul terreno il fatto che il tipo di classe sociale, che fa differenza, potrebbe essere
alla radice, cioè spiegare le differenze di rendimento.
2.2. Analisi sociologica e spiegazione.
Con la descrizione si arriva spesso alle soglie della spiegazione, ma ciò che fa una spiegazione è il
passaggio dal riscontro di uniformità accertate (generalizzazioni empiriche) alla individuazione
delle loro cause.
La ricerca e la individuazione delle cause passa attraverso la teoria cioè insiemi di proposizioni tese
a ordinare la conoscenza di un fenomeno in termini di enunciazione di cause ed effetti.
(cfr. Vocabolario)
3. Teoria e teorie sociologiche
La teoria sociologica è , specie alle sue origini, meno formalizzata che in altre scienze (cioè non
possiede una sintassi di regole da cui derivare rigidamente i criteri di produzione e trasformazione
di tutti gli asserti di quella teoria, indipendentemente dai loro contenuti).
Il sapere sociologico si organizza più spesso in tradizioni che in paradigmi.
Si parla di tradizione quando si voglia mettere in rilievo la continuità nel tempo di una certo filone o
di una certa corrente di pensiero (idee, immagini, teorie) che, pur non essendo fortemente
strutturata, mantiene un suo nucleo di problematiche (insiemi di interrogativi e di risposte tipiche)
riconoscibile come tale anche nel mutare del tempo dei temi e nell’avvicendarsi di autori.
La tradizione si distingue dal paradigma. Anch’esso è un insieme di idee, immagini largamente
condiviso. Esso tuttavia si fonda sulla accumulazione selettiva di acquisizioni precedenti della
disciplina stessa, inoltre è fortemente strutturato, è capace cioè di indirizzare lo sviluppo teorico ed
empirico di una disciplina in maniera da definire strettamente ciò che è proprio di quel paradigma e
ciò che invece non gli appartiene (quindi provvede ipotesi, concetti, teorie,. suggerisce temi di
ricerca, tiene memoria dei risultati, costruisce e verifica tecniche di indagine,ecc).
3.2. Inoltre in sociologia raramente si assiste al definitivo superamento di un tipo di analisi teorica,
poiché il modo di procedere dell’analisi sociologica si verifica più per affiancamenti di nuove
interpretazioni rispetto a interpretazioni precedenti, che per cumulazione, o per smentita e
superamento definitivi di una precedente interpretazione di un certo fenomeno.
E’ infatti impossibile creare in sociologia le condizioni per quell’esperimento cruciale che
smentendo definitivamente una certa interpretazione dei fatti definisce il punto di svolta di una
scienza paradigmatica. Come si è già detto la variabilità nello spazio e nel tempo del fenomeno
studiato difficilmente consente di mettere in concorrenza due interpretazioni riferite a oggetti che
possano essere davvero confrontabili per somiglianza e differenza.
3.3. In sociologia sono possibili letture diverse (e quindi diverse teorie) di uno stesso fenomeno,
questo deriva dall’ appartenenza a contesti diversi, dal riferimento a tradizioni teoriche diverse, o a
paradigmi diversi dal mutare dei criteri di rilevanza da un periodo all’altro.
Esempi di teorie.
Es. 1. teoria della devianza secondo Merton: la devianza, è un comportamento non naturale, ma
socialmente costruito: essa deriva dalle diverse risposte date dagli individui alla tensione esistente
tra norme sociali condivise e scarsità dei mezzi leciti disponibili per rispettarle (l’innovatore è colui
che aderisce alle mete segnalate dalla società ma non ai mezzi leciti che essa prevede debbano venir
utilizzati per raggiungerle).
Es. 2: teoria della devianza secondo Sutherland (devianza come subcultura) la devianza è un
comportamento appreso tramite il contatto e la comunicazione ravvicinata con altri “devianti”
insediati in uno stesso contesto sociale e geografico.
4.Teoria e spiegazioni
4.1 In che cosa consiste l’operazione di spiegare
Spiegare significa tentare di dare risposta a un interrogativo, a un perché.
Può essere interessante sapere che l’etimologia latina del verbo spiegare si riferisce al fatto di
svolgere( di-spiegare) una pergamena (influenza dell’antico Egitto): man mano che si srotola il
foglio ciò che era nascosto al lettore appare alla luce.
Spiegare quindi presuppone la possibilità di portare alla luce qualcosa.
àLa conoscenza scientifica, utilizza, come quella di senso .comune, degli a-priori ovvero
categorie mentali preesistenti, che restringono il campo della ricerca della verità. I dati, infatti, non
parlano da soli, ma vanno fatti parlare attraverso un “filtro”. Il quale seleziona e mete in risalto
alcuni tra i molti possibili aspetti di un certo fenomeno.
Gli a-priori conoscitivi sono diversi da quelli relativi ad attività di valutazione e di giudizio. Nelle
scienze ( nella prospettiva dunque di cercare una spiegazione non occasionale e non singolare di un
certo fenomeno), non ci si chiederà mai di chi è la colpa ( interrogativo tipico di un approccio
valutativo), ma quale sia, o quali siano, le cause dirette e/o indirette di un certo effetto osservato.
La conoscenza di qualsiasi fenomeno, e quindi la ricerca delle sue cause, presuppone la capacità di
interrogarsi su aspetti e ritenuti rilevanti di quel fenomeno. Infatti qualsiasi scienza, non solo a
sociologia, non opera alla cieca, ma per rispondere a problemi(problemi=interrogativi rimasti senza
soluzione).Nessun interrogativo può essere posto se non c’è una qualche conoscenza precedente.
àPer sapere ciò che non so, devo sapere quel che so!! !!! Quindi alla base della ricerca che vuole
superare l’ignoranza relativamente a un certo fenomeno ci dev’essere per forza già un sapere che
orienta la mia indagine (appunto una teoria, o una semplice ipotesi, ecc.).
àUna spiegazione (o un tentativo di spiegazione) attraverso una teoria si distingue dalla
spiegazione di buon senso perché nel primo caso non ci si riferisce a fatti episodici o casuali (perché
quella gallina attraversa la strada?) ma a fatti che si presuppone siano ripetibili, generalizzabili o, se
unici, non dovuti al caso.
( i gatti che attraversano la strada di sera rimangono in genere abbagliati perché il loro sistema
visivo, ecc….)
In qualsiasi modo questa spiegazione avvenga nelle diverse scienze, essa comunque prevede la
messa in relazione di concetti
4.2. I presupposti comuni alla spiegazione scientifica
Il modo di spiegare che le scienze sociali condividono con le altre scienze (ereditato dalla critica del
positivismo) ritiene:
- che la conoscenza abbia carattere convenzionale. Cioè che la produzione di verità scientifiche sia
garantita non dalla perfetta corrispondenza tra realtà e conoscenza, ma dall’ accordo
degli scienziati su determinate regole (di osservazione , analisi, inferenza* , quest’ultima essendo un
modo di passare dalle premesse alle conclusioni, in un ragionamento) stabilite dalla comunità
scientifica
-che la realtà sia solo parzialmente conoscibile:
le teorie non rispecchiano la realtà sociale così com’è, nella sua completezza, bensì la costruiscono
per quegli aspetti che al ricercatore interessa selezionare e indagare.
-che si debba utilizzare un modello probabilistico e non deterministico: cioè un modello non
guidato dall’ipotesi di esistenza di cause necessarie e sufficienti, ( se a-e soltanto a-, allora b e
soltanto b) bensì aperto, cioè orientato ad accettare l’incertezza relativa all’esistenza di più
alternative possibili.
5. La spiegazione in sociologia e i suoi a-priori
Nello specifico caso della sociologia occorre accettare il presupposto di non avere mai un perfetto
controllo su tutti i fattori che possono entrare in gioco nel produrre un certo fenomeno
àil fenomeno da spiegare è infatti sempre espresso da comportamenti e atteggiamenti che è
impossibile smontare e riprodurre in laboratorio
àè difficile ricostruire un fenomeno nelle sue concatenazioni temporali, spesso di tipo cumulativo.
In sociologia difficilmente si assiste direttamente al costruirsi del fenomeno sociologico che si sta
indagando, più spesso osserva il fenomeno già “costruito”
àè difficile, isolare un fenomeno dal contesto in cui è immerso, compreso l’effetto ricercatore.
àIn sociologia le cause dei fenomeni vanno ricercate a livello del sociale (non della sfera psichica
né dell’ambito fisico)
àNella spiegazione usata in sociologia non si trovano tendenzialmente mai condizioni di necessità
e sufficienza (una condizione è necessaria quando per produrre un certo effetto essa dev’essere
sempre presente; una condizione è sufficiente quando basta da sola a produrre un certo effetto. Una
condizione necessaria e sufficiente, se applicata al comportamento sociale, chiude quindi la porta a
qualsiasi libertà di scelta e presuppone massima prevedibilità dei comportamenti e totale assenza di
eterogeneità nella popolazione indagata, sotto quel certo aspetto.
-Il modello causale in sociologia è piuttosto multifattoriale, si costruisce attraverso pluralità di
combinazioni e concatenazioni tra fattori. Si badi bene che Weber, nello spiegare il sorgere del
capitalismo mercantile nell’Europa del ‘600 non si sogna di individuare un’unica causa di questo
fenomeno (come magari saremmo portati a credere leggendo in qualche riassunto frettoloso, che la
religione protestante è, per Weber, causa dell’avvento dello spirito del capitalismo …).
Oltre la pluralità dei fattori un altro problema che il sociologo deve affrontare è quello della
difficoltà a separare la causa dall’effetto e di stabilire quale delle molte possibili cause o
combinazione di cause produce un particolare effetto.
Poiché l’antecedenza è il requisito fondamentale perché si possa trovare un legame causale (ciò che
viene prima potrebbe, anche se non sempre, aver causato quello che viene dopo, mentre il contrario
e escluso) in sociologia l’informazione sulla sequenza degli eventi è spesso proprio
l’informazione che manca
Un'altra caratteristica è che la causalità in sociologia si realizza come influenza, non già in termini
direttamente, fisicamente, trasformativi .
Dunque il sociologo deve sempre interpretare il legame tra cause ed effetti, non essendoci piena
evidenza a priori (tranne che per caratteristiche che non possono essere effetto, ma solo causa,
essendo immodificabili: come la età , il genere, la razza, ecc.,) né della direzione causale(
alcolismoßàdisoccupazione, bassa natalitààßoccupazione femminile, ecc)né dei meccanismi
messi in opera (attraverso quale meccanismo accade che i bambini poveri vadano male a scuola più
di frequente degli altri?)
Per convenzione metodologica i fattori utilizzati nella ricerca empirica dalla sociologia si chiamano
variabili (le variabili sono caratteristiche che variano, cioè possono assumere diversi valori da un
individuo o da un gruppo, ad un altro:età , sesso, razza, classe sociale, provenienza, ecc.) . Quando
si dice che al variare dell’età varia la capacità di reddito, ciò significa che se considero gruppi con
età diversa (per esempio i giovani, gli adulti e gli anziani) troverò per quegli stessi gruppi un valore
diverso per la variabile reddito ( redditi prima più poi meno alti con l’avanzare dell’età )
Esercizio àsi rifletta sulla quantità di fattori che contribuiscono a spiegare la riduzione del tasso di
natalità in Italia, o sui fattori che possono variamente influenzare l’aumento della disoccupazione, o
sulla molteplicità di stimoli che possono indurre a scegliere una facoltà—A> esercizio in classe).
àLa scoperta di una correlazione statistica tra due variabili
(aumentando il numero di anni di istruzione aumenta l’ammontare di redito guadagnato da adulti)
segnala un possibile legame di causa-effetto. Non sempre però una correlazione statistica sottende
causalità. Spesso si tratta di una coincidenza. In questo caso la relazione individuata è apparente,
cioè spuria e tra la causa e l’effetto c’è una terza variabile, la vera “causa”( se ci concentrassimo
soltanto su una) della relazione individuata.
Se a seconda del genere del guidatore varia la probabilità di incidenti, la causa non sarà tanto il fatto
che al volante ci siano uomini o donne, bensì dal legame tra genere e diverso ammontare di
chilometri percorsi…
Relazioni spurie
La scoperta di una relazione ricorrente tra fenomeni non fa capo necessariamente a una teoria.
Senza uno schema causale, sostenuto da una teoria, le uniformità riscontrate atteso la descrizione,
rimangono mere generalizzazioni empiriche
Quando si parla di generalizzazioni empiriche si vuol dire che le varie enunciazioni ( si ricordi la
tabella letta in classe) vengono costruite senza che le uniformità di relazione tra feno meni siano
collegate a una teoria.
Un esempio da seguire, a proposito dell’ inserimento di una generalizzazione empirica in uno
schema teorico è la teoria del suicidio di Durkheim. Tale teoria , pur appoggiandosi a uniformità
empiriche, inserisce queste uniformità in un quadro teorico attraverso la individuazione di relazioni
tra concetti.
Ecco qui di seguito la sequenza di proposizioni che rendono teoricamente giustifica l’uniformità
empirica che emerge dal àriscontro di una più alta frequenza di suicidi tra i protestanti.
Ce la propone Merton (sociologo americano che studieremo più oltre) mostrando come le
uniformità empiriche, nel caso di Durkheim, siano derivate da una serie di proposizioni più astratte
e generali, che sono tra loro correlate e che si incardinano nella teoria dell’anomia.
Se la leggiamo dall’alto verso il basso partiamo da un alto livello di astrazione concettuale e
scendiamo già fino al riscontro empirico.
Se la leggiamo dal basso ragioniamo su un’uniformità empirica che, risalendo nello schema del
ragionamento viene collocata entro uno schema causale ad alto grado di astrazione, per diventare
elemento di una teoria
I concetti guida qui sono: religione, coesione, sostegno , ansietà( non alleviate)
1-La coesione fornisce un sostegno ai membri di un gruppo che sono soggetti a tensioni e ad
ansietà acute
2-le percentuali dei suicidi sono in funzione delle tensioni e delle ansietà non alleviate cui le
persone vanno soggette
3-I cattolici hanno una coesione sociale maggiore dei protestanti
4-Perciò si dovrebbero prevedere percentuali di suicidi più basse tra i cattolici che non tra i
protestanti
Il carattere di teoria compare dunque quando la generalizzazione empirica viene concettualizzata in
astrazioni di più alto livello (religione (cattolicesimo/protestantesimo)à coesione sociale, tensioni e
ansietà alleviate,à sostegno àriduzione esposizione a rischio di suicidio, ecc) che vengono
incorporate in enunciazioni di relazioni più generali.
Una teoria consente così di estendere la portata della scoperta empirica, anche ad altri ambiti di
comportamento
VOCABOLARIO della settimana
Gli ingredienti fondamentali della ricerca sociologica
L’interrogativo di ricerca o problema, , teorie e concetti, i dati,
-All'origine della ricerca c'è sempre un problema, cioè un interrogativo rimasto senza risposta.
Quindi dove c'è un problema c'è già una conoscenza (imperfetta e parziale) precedente.
-Per produrre altra conoscenza ogni ricerca dev'essere guidata da una ipotesi (che è poi
un'aspettativa) fondata su teorie o su informazioni non organizzate in teoria. Qualsiasi teoria si
fonda sulla dimostrazione dell’esistenza di una relazione tra concetti. I dati sono informazioni
organizzate raccolte attraverso l’osservazione diretta e indiretta di alcuni aspetti selezionati dei
fenomeni che si vogliono indagare (vedi Vocabolario)
Concetto
à astrazione ( procedura di isolamento) che seleziona e unifica sotto uno stesso termine
caratteristiche salienti di oggetti e situazioni, che sono r ritenuti simili per quelle caratteristiche
-Concetti possono essere generali o specifici ( cioè a minor grado di generalità)
- tanto più generale un concetto tanti più elementi include. Tanto più specifico, tanto più stretta la
base
di riferimento ( libertàà libertà di stampaà libertà di stampa in Italiaà libertà di stampa in
Italia oggi). Anche un concetto concreto, cioè che si riferisce a elementi o situazioni facilmente
osservabili o oggetto di esperienza diretta, può essere enunciato come generale, quanto includa
molti elementi: ad esempio il concetto di studente : è un concetto concreto, ma che così enunciato è
ancora molto generale. Studenti di che ordine di studi? Di che età?, ecc
- Definizione di un concetto: stabilire un’equivalenza semantica tra un termine (parola attraverso
cui si esprime quel concetto) e una frase composta da un certo numero di termini.
Es 1 : classe socialeàQuel raggruppamento fondato sulla comune posizione rispetto alla proprietà
dei mezzi di produzione ( Marx)
-Nella sociologia la definizione di un concetto serve spesso a riformulare i suoi significati di senso
comune (come nel caso del concetto di rete)
-In sociologia uno stesso concetto può ricevere definizioni diverse (il concetto di azione sociale è
diversamente usato da Parsons e Weber, il concetto di devianza in Merton e in Goffman, ecc)
Definizione lessicale caratterizzata dall’individuazione del significato di un concetto secondo il
lessico comune (il cui repertorio sta in un vocabolario)
Definizione operativa di un concettoàinsieme di operazioni che servono a riempire di contenuti
osservabili un concetto (il concetto di "gioventù" è operativizzato quando stabilisco quali categorie
o fenomeni entrano in questo concetto e quali ne stanno fuori: ad es. si possono considerare giovani
persone dai 16 ai 34 anni, ecc.)
àindividuazione dei confini( per stabilire differenze rispetto ad altri concetti)
àidentificazione dei modi di essere all’interno di questi confini
decisione circa i modi di rilevare l’informazione.
Teoria. Insieme di proposizioni logicamente interconnesse che, basandosi sulla connessione tra
diversi concetti, rigorosamente definiti cercano di ordinare la conoscenza di un fenomeno in termini
di enunciazione di cause ed effetti.