RACCOLTA SENTENZE ACCESSO PRIVACY

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Di rilevante interesse è l’orientamento del Consiglio di Stato, da
ultimo ribadito con la recente sentenza n. 925 del 11 febbraio
2011 (Sez. IV). Nel caso esaminato, il richiedente, dopo aver
ricevuto l’atto d’accertamento da parte dell’Agenzia delle
Entrate basato su indagini bancarie, aveva chiesto l’accesso
all’autorizzazione alle stesse da parte del Comandante della
Guardia di Finanza. In sede di interpretazione del divieto di
accesso agli atti del procedimento tributario, sancito dall’art.24
della l.241 “occorre procedere ad una lettura
costituzionalmente orientata della disposizione anzidetta…non
rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue la
conclusione del procedimento di adozione del provvedimento
definitivo di accertamento dell’imposta dovuta”. Ne consegue
che l’accesso agli atti del procedimento tributario è comunque
consentito, “allorquando è intervenuto l’atto di accertamento
definitivo del tributo”. Ove poi gli atti richiesti facciano
riferimento a metodologie di indagine della Guardia di Finanza
da tenere riservate, sarà sufficiente a tal fine espungere i
riferimenti mediante gli “omissis”.
Al di là delle eccezioni sopra ricordate, non sussistono ulteriori
limiti all’accesso ai documenti propri del richiedente.
Diverse e più restrittive interpretazioni da parte delle
singole amministrazioni, sono state passate al vaglio del
Giudice amministrativo, che non di rado ha disapplicato i
regolamenti ministeriali che individuano gli atti sottratti
all’accesso in applicazione dell’art. 24 l.241/90. Come
anche di recente ha fatto il Consiglio di Stato (sentenza n.
9381 del 23.12.2010 sez. IV) in relazione al diniego del
Ministero della Difesa di dare accesso alle schede
valutative e rapporto in formativi riguardanti l’interessato.
Ha ritenuto, Palazzo Spada, che è illegittimo e pertanto va
disapplicato il regolamento del Ministero della Difesa,
nella parte in cui “non consente la visione degli atti
riguardanti la carriere dell’interessato e, come tali, non
incidenti sulla riservatezza di altri soggetti terzi, ma solo per
asserite ragioni di riservatezza dell’amministrazione”.
Il Consiglio di Stato, anche da ultimo (sent.
3 febbraio 2011 n. 783, sez. VI), ha più
volte affermato che possono formare
oggetto di accesso “tutti gli atti di
gestione del personale dipendente degli
enti pubblici e dei soggetti agli stessi
equiparati (quali appunto i soggetti
privati concessionari di pubblici servizi”.
Per quanto riguarda l’interesse ad accedere, questo è stato sempre
considerato coincidente con un’esigenza di tutela di una
situazione giuridicamente rilevante (Con. di Stato, sez. VI, sen. 22
marzo 1992, n. 193; Con. di Stato, sez. V, sen. 14 ottobre 1998, n.
1478). In base a quanto afferma l’art. 2 del D.p.r. 27 giugno 1992
n. 352, emanato in attuazione dell’art. 24 comma II della L. n.
241, l’interesse a ricorrere deve essere personale e concreto e
non avere uno scopo emulativo (Con. di Stato, sez. IV, sen. 11
gennaio 1994, n. 8) o riconducibile a mera curiosità (Con. di
Stato, sez. IV, sen. 2 febbraio 1996, n. 98, in Con. di Stato , 1996, I,
p.45). La Pubblica Amministrazione deve accertare l’esistenza
dell’interesse riferendosi alle finalità che l’istante dichiara di
perseguire (Con. di Stato, sez. IV, sen. 27 agosto 1998, n. 1131);
tale valutazione deve essere compiuta in astratto, senza che
possa essere operata alcuna valutazione in ordine alla
fondatezza di una successiva domanda giurisdizionale (Con. di
Stato, sez. IV, sen. 26 novembre 1993, n. 1036; Con. di Stato, sez.
IV, sen. 8 settembre 1995, n. 688).
La Pubblica Amministrazione deve accertare l’esistenza
dell’interesse riferendosi alle finalità che l’istante dichiara di
perseguire (Con. di Stato, sez. IV, sen. 27 agosto 1998, n. 1131);
tale valutazione deve essere compiuta in astratto, senza che
possa essere operata alcuna valutazione in ordine alla
fondatezza di una successiva domanda giurisdizionale (Con. di
Stato, sez. IV, sen. 26 novembre 1993, n. 1036; Con. di Stato, sez.
IV, sen. 8 settembre 1995, n. 688). La posizione che legittima
l’accesso non deve, quindi, possedere necessariamente tutti i
requisiti che legittimerebbero il ricorso al giudice amministrativo
(Con. di Stato, sez. IV, sen. 11 gennaio 1994, n. 21; Con. di Stato,
sez. IV, sen. 19 luglio 1994, n. 1243; Con. di Stato, sez. IV, sen. 2
febbraio 1996, n. 98); si può affermare che, tra le caratteristiche
che l’interesse dell’istante deve avere, non vi sia quella
dell’attualità, ossia l’esigenza immediata di tutela di una propria
posizione giuridica (Fra le ultime sentenze sul punto: Con. di
Stato, sez. IV, sen. 15 gennaio 1998, n. 14,; Cons. giust. Amm.
Regione Sicilia, sen. 18 marzo 1998, n. 171; Con. di Stato, sez. V,
sen. 14 gennaio 1999, n. 32; Con. di Stato A.P., dec. 28 aprile
1999, n. 6).
Una volta accertato l’interesse, risulta irrilevante sia il motivo
concreto per cui è stato richiesto l'accesso, sia la presenza
di forme di conoscibilità alternative (Con. di Stato, sez. IV,
sen. 10 settembre 1996, n. 1024,), in quanto l’interesse ad
accedere assurge a bene della vita autonomo (Con. di
Stato, sez. V, sen. 14 gennaio 1999, n. 32), e quindi, anche
in caso di acquisibilità dei documenti in sede
giurisdizionale, l’accesso deve essere comunque
consentito (T.A.R. Lazio, sez. I, sen. 4 ottobre 1993, n. 1416;
Con. di Stato, sez. VI, sen. 16 maggio 1996, n. 678).
L’istante deve essere portatore di un interesse che si fondi,
non solo in modo concreto e personale, ma anche diretto
su una sua posizione giuridicamente rilevante; se infatti si
assumesse un criterio di strumentalità indiretta il cittadino
sarebbe titolare di un potere ispettivo generalizzato
suscettibile di estendersi all’intera attività amministrativa
(Con. di Stato, sez. V, sen. 19 gennaio 1999, n. 45).
Passando al concetto di "situazione giuridicamente rilevante", a cui
l’interesse esaminato deve essere collegato, si nota una
evoluzione nel corso dei dieci anni di vigenza della L. n. 241.
Nelle prime pronunce (Con. di Stato, sez. IV, sen. 26 novembre 1993,
n. 1036; Con. di Stato, sez. VI, sen. 18 ottobre 1995, n. 1190), il
presupposto per l’accesso era la sussistenza di una situazione
giuridicamente protetta dall’ordinamento come diritto
soggettivo o interesse legittimo. Per evitare un eccessivo
restringimento degli spazi di accesso, in un secondo momento,
la giurisprudenza ha optato per una nozione estensiva del
concetto e, pur continuando a non comprendervi gli interessi di
fatto, ha superato la rigida dicotomia interesse legittimo-diritto
soggettivo (Con. di Stato, sez. IV, sen. 2 febbraio 1996, n. 98). In
particolare è stato affermato che (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I bis,
sen. 21 marzo 1997, n. 471) (1), essendo la trasparenza
amministrativa il fine dell’accesso, la situazione che lo legittima
deve identificarsi in tutte quelle posizioni utili cui l’ordinamento
riconosce una forma di tutela, comprese le legittime aspettative
e gli interessi diffusi.
E’ necessario rilevare lo stretto legame che vi è
tra interesse e situazione rilevante. La Pubblica
Amministrazione può infatti chiedere di
dimostrare che il provvedimento o l’atto
endoprocedimentale possano dispiegare
effetti nei confronti dell’istante (Con. di Stato,
sez. IV, sen. 23 ottobre 1995, n. 830; Con. di
Stato, sez. IV, sen. 2 febbraio 1996, n. 98) e
ritenere il requisito dell’interesse non sussistente
se la situazione tutelata è divenuta definitiva
ed inoppugnabile o se l’intervento del
richiedente non può svolgere alcuna funzione,
neppure in via partecipativa (Con. di Stato,
sez. VI, sen. 14 maggio 1998, n. 731).
La categoria che richiede un maggior
approfondimento è quella dei dati
personali c.d. "comuni", in quanto non è
richiesto il consenso per il loro
trattamento, ed inoltre la loro
comunicazione è possibile se prevista da
una legge o da un regolamento. Questa
limitazione è dettata dalla L. n. 675/1996,
come mezzo di tutela ulteriore rispetto
alla legge del 1990.
La tutela della riservatezza del titolare non è lasciata alla
stessa volontà di questo soggetto, ma all’intervento
dell’Amministrazione, la quale è legittimata al trattamento
solo se esso si svolge per fini istituzionali, e deve
regolamentare l’accesso attraverso un proprio
regolamento interno. E’ l’organo pubblico che deve
quindi tutelare sia l’interesse del terzo all’accesso che
quello del titolare alla riservatezza. In caso di sussistenza di
tutti i requisiti previsti dalla L. n. 675/96, l’Amministrazione è
legittimata ad effettuare la comunicazione dei dati, ma
questo non significa che il richiedente abbia il diritto ad
accedere. L’Amministrazione ha infatti lo spazio per
compiere valutazioni (e non accertamenti) sulla posizione
del soggetto istante. Per trovare i criteri di queste
valutazioni è necessario tornare alla L. n. 241 del 1990 e al
D.p.r. 352 del 1992.
L’Amministrazione deve valutare che il
soggetto istante sia in una posizione di
"necessità" di accedere a quei dati, ed
inoltre che l’accesso sia finalizzato alla
tutela di un "interesse giuridico". In caso
questi requisiti siano presenti in capo al
soggetto istante l’Amministrazione deve
consentire la sola visione dei dati e non
l’estrazione di copia
Sul diritto dei singoli concorrenti ad accedere ai curricula-vitae
degli altri candidati aspiranti a ricoprire cariche presidenziali o
direttive in enti e società comunali, mediante nomina del
Sindaco, prendendone visione ma non pure estraendone copia,
si segnala T.A.R. Reggio Calabria 27.02.04, sent. n.192. In tale
sede il giudice di merito osserva che i curricula, pur essendo atti
formati da privati, sono detenuti dalla P.A. e costituiscono il
presupposto della sua scelta, comparativa, ai fini
dell’individuazione del candidato ritenuto più idoneo a ricoprire
la carica di presidente nelle aziende, enti e istituzioni degli enti
locali. E nelle scelte amministrative concernenti dette
procedure si impone, naturalmente, il massimo della
trasparenza. Il T.A.R. osserva che: <<Di fronte però alla richiesta
di accesso richiesto dal terzo per curare e difendere i propri
interessi, le esigenze di riservatezza del privato trovano la loro
tutela nella limitazione dell’accesso alla visione dei documenti
senza possibilità di estrarne copia (Cons. St., IV^ Sez, 30.07.02)
In tema di soggetti portatori di interessi diffusi
e loro legittimazione ad esercitare il diritto
d’accesso la giurisprudenza è orientata nel
senso di ammetterla esclusivamente per le
tutela dell’interesse differenziato della
categoria rappresentata e non pure per la
tutela degli interessi propri dei singoli
associati. Per tutte: Cons. St., VI^ Sez.,
16.12.98 sent. n.1683 e Cons. St., IV^ Sez,
14.01.99, sent. n..32.
L’ art. 1049 comma 2 lett. b) del dPR 90/2010, richiamando l’ art.
24 della legge 241/90 sottrae all’accesso per 50 anni i
documenti concernenti l’ordine pubblico, la prevenzione e la
repressione della criminalità,
fra i quali “i documenti
concernenti la struttura ordinativa e dotazioni organiche di
personale, mezzi, armamento, e munizionamento tecnico dei
reparti dell'Arma dei carabinieri, con riferimento alla
concreta utilizzazione dei mezzi, dell'armamento e
munizionamento tecnico e alla dislocazione delle dotazioni
organiche”. La norma consente al Governo di prevedere
casi di sottrazione al diritto di accesso in relazione all’interesse
alla salvaguardia dell’ordine pubblico, della prevenzione e
repressione della criminalità, ma ha cura di specificare che
“deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai
documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria
per curare o per difendere i propri interessi giuridici” (art. 24
comma 7).
Il legislatore ha cioè operato a monte un
bilanciamento degli interessi, affermando “la
cedevolezza delle esigenze connesse alla
segretezza, dinanzi a quelle alla difesa degli
interessi dell’istante, ove i documenti risultino
perciò necessari”.
In questo caso “la tendenziale segretezza della
documentazione deve essere contemperata
con le esigenze di difesa, operando, ove
ragionevolmente possibile, sulle modalità
dell’ostensione (apposizione di omissis, visione
senza rilascio di copia, etc.)”.
Nel caso esaminato il Comando dei Carabinieri aveva
negato ad un militare, che aveva chiesto il
ricongiungimento con il proprio coniuge lavoratore, l’
accesso agli atti riguardanti la struttura ordinativa e
dotazioni
organiche
di
personale,
mezzi,
armamento….dell’Arma.
Il Consiglio di Stato -sentenza N. 04493/2014 - ha ritenuto
illegittimo il rifiuto, in quanto la conoscenza delle tabelle
degli organici da parte del militare, doveva ritenersi
necessaria a contestare efficacemente, nella sede
giurisdizionale amministrativa
il diniego opposto
dall’amministrazione alla domanda di ricongiungimento.
Altri militari avevano infatti ottenuto il trasferimento prima
e dopo la richiesta del ricorrente. Il rifiuto era stato
giustificato facendo riferimento all’ art. 1049 del dPR
90/2010.
Il TAR Sardegna -sezione seconda, sentenza n. N.
00554/2014ha ritenuto prive di fondamento le
motivazioni, con le quali la Regione aveva rifiutato l’
accesso
alla
documentazione
richiesta,
con
la mancanza di uno specifico interesse del ricorrente e
con l’ esigenza di tutelare l’originalità del progetto del
contro interessato (che, a sua volta, aveva presentato
motivata opposizione alla visione degli elaborati) ed il
relativo know how scientifico.
Rispetto a tali documenti deve essere esclusa in radice
l’esigenza di riservatezza e di tutela dei terzi, posto che i
concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno
acconsentito a misurarsi in una competizione la cui
essenza risiede nella comparazione dei valori di ciascuno;
tutti gli atti, quindi, una volta acquisiti alla procedura
escono
dalla
sfera
personale
dei
partecipanti
“Il contrasto tra accesso e privacy è disciplinato dal
combinato disposto degli art. 24 L. n. 241/90 e 59 e 60 del
codice della privacy (d. lgs. n. 169/2003)”.
“L’art. 59 del d. lgs. 196/2003 rimanda a quanto previsto dalla
legge n. 241/1990 per l’individuazione del punto di
equilibrio tra esercizio del diritto di accesso e tutela della
riservatezza dei terzi, ove venga richiesta l’ostensione di un
documento rappresentativo di altrui dati personali,
ponendo però un’eccezione per i dati idonei a rivelare lo
stato di salute (e la vita sessuale). Questi ultimi, qualificati
come dati super sensibili, ai sensi dell’art. 60 del
medesimo d.lgs. n. 196/2003, possono essere oggetto di
accesso solo se la situazione giuridicamente rilevante,
che si intende tutelare con la richiesta di ostensione, sia di
rango pari al diritto alla riservatezza dell’interessato o
consista in un diritto della personalità o in altro diritto o
libertà fondamentale e inviolabile”.
In concreto, tuttavia, si deve però tenere presente che, laddove
venga in rilievo una richiesta di accesso a documenti
amministrativi contenenti dati sensibili (o giudiziari) per motivi di
difesa legale, l’accesso è consentito solo "nei limiti in cui sia
strettamente indispensabile" alla difesa medesima, come
stabilito dall’art. 27, comma 7, secondo periodo, della l. n.
241/1990.
“E’ vero che, in via generale, le necessità difensive - riconducibili ai
principi tutelati dall’art. 24 della Costituzione - sono ritenute
prioritarie ed in tal senso il dettato normativo richiede che
l’accesso sia garantito "comunque" a chi debba acquisire la
conoscenza di determinati atti per la cura dei propri interessi
giuridicamente protetti (art. 20, comma 7, L. n. 241/90 cit.); la
medesima norma tuttavia - come successivamente modificata
tra il 2001 e il 2005 (art. 22 L. n. 45/01, art. 176, c. 1, D.Lgs. n.
196/03 e art. 16 L. n. 15/05) - specifica con molta chiarezza
come non bastino esigenze di difesa genericamente enunciate
per garantire l’accesso, dovendo quest’ultimo corrispondere ad
una effettiva necessità di tutela di interessi che si assumano lesi
ed ammettendosi solo nei limiti in cui sia "strettamente
indispensabile" la conoscenza di documenti, contenenti "dati
sensibili e giudiziari" (cfr. Cons. St., sez. VI, 20 novembre 2013, n.
5515).
Occorre, invece, la dimostrazione di una rigida "necessità" e non
della mera "utilità" del documento in questione (Cons. St., sez. VI,
12 gennaio 2011, n. 117).
I documenti richiesti, dunque, non sono
necessari per la difesa in giudizio, ma solo utili
per articolare la difesa in giudizio secondo una
particolare modalità, ossia per articolare una
particolare censura. La necessità degli atti per
la difesa in giudizio, prevista dall’art. 24, co. 7,
in commento postula infatti che vi sia già una
lesione concreta e attuale degli interessi
giuridici … L’indagine potrebbe anche, ad
esibizione degli atti avvenuta, risolversi
nell’assenza del vizio, ovvero nell’assenza in
relazione a talune pratiche visionate, con il
risultato che la privacy è stata violata senza
che il diritto di difesa sia stato soddisfatto” (cfr.
Cons. St., sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 117).
Al diritto di accesso va garantita piena tutela. Non possono
essere invocate in contrario difficoltà amministrative, che le
legge non preveda espressamente come limiti all’esercizio
del diritto stesso. Tuttavia nella sentenza n. 08370/2014 del 30
luglio 2014 il TAR Lazio tiene a precisare che l'azione prevista
dall'art. 25 della legge n. 241/90 (davanti ai Tribunali
Amministrativi) introduce, in realtà, un giudizio di
accertamento dello stesso diritto di accesso… tale giudizio si
pone come sostanzialmente inteso ad accertare la
sussistenza o meno del titolo all'accesso nella specifica
situazione, alla luce dei parametri normativi di riferimento …
indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza
delle ragioni addotte dall'Amministrazione per giustificare il
diniego stesso (Cons. Stato, Sez. V, 27.5.11, n. 3190); nel caso
esaminato
vengono valutate le condizioni che
legittimano
con chiarezza il richiamo all’istituto del
differimento dell’accesso, di cui all’art. 24 della citata legge
n. 241/90, così come stabilito dall’art. 9 del d.p.r. n. 184/2006.
E’ pertanto legittimo il differimento dell'accesso
disposto “a salvaguardia delle esigenze di
celerità e di ordinata speditezza dei lavori
dell’Amministrazione,
contestualmente
impegnata nell’utilizzo dei documenti richiesti
per finalizzare l’attività preparatoria della
nuova graduatoria, al fine di prestare
ottemperanza al giudicato amministrativo; e
tanto corrisponde alla previsione del citato art.
9 sui casi di differimento dell’accesso laddove
contempla la necessità di “salvaguardare
specifiche
esigenze
dell'amministrazione,
specie
nella
fase
preparatoria
dei
provvedimenti, in relazione a documenti la cui
conoscenza possa compromettere il buon
andamento dell'azione amministrativa”.
Non costituisce istanza di accesso preordinata ad un
controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche
amministrazioni, la richiesta della documentazione
relativa all’ affidamento di un contratto pubblico da parte
di un’ impresa interessata ad un eventuale affidamento
del servizio ovvero a contestarne l’affidamento avvenuto
senza confronto concorrenziale.
Rileva il Consiglio di Stato - sezione quinta, N. 04028/2014 del
30
luglio 2014- che
“l’accesso ai documenti
amministrativi costituisce principio generale dell’attività
amministrativa, al fine di favorire la partecipazione e di
assicurarne l’imparzialità e la trasparenza, richiedendosi
per l’accesso un interesse diretto, concreto ed attuale,
corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata
e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”.
Tale situazione ricorre anche nell’ interesse concorrenziale
che giustifica la richiesta di accesso dell’appellante. L’
interesse, delle imprese del settore, al rispetto delle norme
sulla concorrenza può, non soltanto, trovare soddisfazione
in sede di giustizia amministrativa (ove, può anche
condividersi l’assunto delle parti appellate, secondo cui
l’affidamento non sarebbe più contestabile), ma può
trovare tutela anche in sede civilistica, ove ne ricorressero
i presupposti; presupposti che possono essere verificati
solo in presenza di una completa documentazione
riguardante il predetto affidamento.
“Dimostrata, nell’istanza d’accesso, la qualità di impresa del
settore, tale situazione soggettiva costituisce un
riconoscibile e riconosciuto fatto di legittimazione
all’accesso, essendo chiaramente intellegibile il legame
tra il documento richiesto (e, segnatamente, il contratto
pluriennale stipulato) e la posizione soggettiva ritenuta
meritevole di tutela, così come sopra si è precisato”.
Nella stessa sentenza viene poi specificato che i soggetti di
diritto privato esercenti attività di pubblico interesse sono
sottoposti alla disciplina dell’ accesso come disposto art.
22, comma 1, lett. e), l. n. 241-90 limitatamente all’ attività
di pubblico interesse.
Corte di Cassazione, sez. III pen., Sent. 37197/10
di Alessio Tavanti
Le videoriprese effettuate in ambito lavorativo, in
accordo con la polizia, possono essere
utilizzate come prova processuale per
dimostrare le molestie subite sul luogo di
lavoro.
E’ quanto ha affermato la Cassazione penale
con la sentenza in commento, con la quale ha
annullato la decisione del Giudice dell’udienza
preliminare (Gup) rinviando la questione allo
stesso per il suo riesame sulla base degli ulteriori
elementi istruttori ritenuti utilizzabili
Tar
Sicilia,
Palermo,
Sez.
I
Sent.
n.
14412/10
di Alessio Tavanti
Il diritto di accesso agli atti, esercitato in corso di causa, è
subordinato alla valutazione del giudice del relativo
procedimento, che ai fini dell’ammissibilità ne deve valutare
l’inerenza e la specifica rilevanza probatoria.
E’ quanto ha affermato il Tar Sicilia, con la sentenza in commento,
con la quale ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da
un dipendente di un Ente, in seguito al rifiuto della richiesta di
accesso agli atti relativi al proprio rapporto di lavoro presentata
all’Ente di appartenenza
modo la giurisprudenza amministrativa da tempo afferma che la
domanda di accesso in corso di causa è soggetta a limitazioni,
stante il suo carattere strumentale “rispetto alle domande e alle
eccezioni ivi formulate, conseguendone un diritto di accesso
processualmente condizionato,la cui istanza dovrebbe essere
dichiarata inammissibile ogni qualvolta riguardi atti non rilevanti
ai fini del decidere”(Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. n. 734/03).
“pendenza di un processo civile – peraltro in fase istruttoria
riguardante l’accertamento delle medesime circostanze,
in funzione delle quali è stata rivolta la presente istanza di
accesso – incide in maniera determinante sull’interesse
ad agire in questa diversa sede giurisdizionale. La sede
processuale civile, nella quale pende il giudizio, è quella
naturalmente deputata a valutare la rilevanza dei
documenti in relazione al thema decidendum e, in caso
positivo, ad ordinarne la produzione … ai sensi
dell’articolo 213 c.p.c.” (Tar Molise, Sent. n. 252/09).
In conclusione, sulla base di tale orientamento, il Tar ha
ritenutoinammissibile il ricorso presentato dal dipendente,
volto al riconoscimento del diritto di accesso ai
documenti dell’Ente di appartenenza, ritenendo
competente a decidere il giudice dello specifico
procedimento in corso rappresentato, nel caso di specie,
dal Tribunale in funzione di giudice del lavoro, in quanto
naturalmente legittimato e competente a verificarne
l’inerenza e la fondatezza ai fini della decisione del
processo
Il diritto di accesso che il Legislatore riconosce agli
amministratori locali è, infatti, particolarmente ampio,
avendo gli stessi “diritto di ottenere dagli uffici (…)
tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili
all’espletamento del proprio mandato” (art. 43, D.lgs.
n. 267/00).
La norma ha previsto al consigliere un diritto pieno e
non comprimibile atteso che la speciale normativa
non ha previsto alcun limite nemmeno a tutela della
riservatezza, fermo restando, tuttavia, il dovere per gli
amministratori di mantenere il segreto “nei casi
specificamente determinati dalla legge”.
Diritto d’accesso: può essere negato solo se lede la
sicurezza e la difesa nazionale
Tar Lazio, Sez.II, Sentenza n. 1653/10
L’accesso agli atti è un diritto generalmente
riconosciuto a tutti i soggetti, cui fanno
eccezione soltanto specifiche ipotesi
previste dalla Legge.
Tale diritto può essere negato, in particolare,
qualora la divulgazione possa provocare
una lesione alla sicurezza e alla difesa
nazionale (art. 24, Legge n. 241/90).
E’ quanto ha affermato il Tar, con la
sentenza in commento, con la quale ha
accolto il ricorso, presentato da un
dipendente della Polizia di Stato, avverso
il diniego di accesso agli atti relativi al
procedimento sanitario aperto a suo
carico.
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 895/11
Il
dipendente
trasferito
d’ufficio
per
incompatibilità
ambientale
non
può
conoscere le generalità dei colleghi che
hanno rilasciato dichiarazioni, in base alle quali
è stato avviato il procedimento disciplinare.
Questo l’importante principio ribadito dal
Consiglio di Stato con la sentenza in
commento, con la quale ha respinto il ricorso
proposto da un’insegnante avverso il diniego
dell’istanza
di
accesso
agli
atti
del
procedimento disciplinare, disposto da parte
dell’Istituto
scolastico
ove
lavorava
l’interessata.
Corte di Cassazione, Sez. lavoro, Sentenza n. 2117/11
Nel caso in cui le telecamere installate da un vicino riprendono
situazioni rilevanti ai fini del procedimento disciplinare per alcuni
lavoratori, le riprese possono legittimare il licenziamento.
In tal caso, infatti, non è violato l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori in
quanto le registrazioni provengono da un impianto installato
non dal datore di lavoro, ma da un terzo.
Restano, invece, illegittime le riprese finalizzate a controllare la
qualità del lavoro (ex art. 4, comma 1, Legge n. 300/70).
E’ questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la
sentenza in commento, con la quale ha respinto il ricorso
presentato da alcuni lavoratori avverso la sentenza del
Tribunale che aveva dichiarato legittimo il licenziamento
intimato agli stessi per l’accesso, non autorizzato in un ufficio
non facente parte della struttura organizzativa del proprio
datore di lavoro ma di una diversa società.
Tar Lazio, Sez. II, sentenza n. 2260/11
II diritto di accesso oltre che a favore delle
persone fisiche, deve essere riconosciuto
anche agli Enti portatori di interessi se l’oggetto
dell’istanza sia pertinente ai fini statutari.
Il Tar Lazio, con la sentenza in commento ha
ribadito tale principio, accogliendo il ricorso
proposto da alcune associazioni che avevano
presentato ricorso avverso il silenzio-rigetto di
un Comune cui avevano presentato domanda
d’accesso verso alcuni documenti.
Tar Cagliari, Sez., II, sent. n. 148/11
L’accesso alle liste elettorali comunali può essere negato
dall’Amministrazione quando l’utilizzo risulti astratto e
generico.
E’ questo il principio affermato dal Tar con la sentenza in
commento,con la quale ha respinto il ricorso presentato
da un cittadino, quale coordinatore del Comitato difesa
del cittadino, avverso il diniego di un Comune cui aveva
presentato domanda d’accesso alle liste elettorali.
In particolare, nel caso di specie, il ricorrente aveva chiesto
l’accesso ai dati delle liste elettorali aggiornate al fine di
“agire direttamente con gli elettori per sensibilizzarli sui
singoli problemi, sia per tentare d’indirizzarli verso
candidati e/o partiti, (…) che abbiano dimostrato
interesse per le nostre rivendicazioni”.
Corte di Cassazione, sez. III, sentenza n. 18908/11
Non è possibile registrare una conversazione a
meno che gli interlocutori non siano a
conoscenza della registrazione e abbiano
espressamente rilasciato il proprio consenso.
Questo il principio ribadito dalla Corte di
Cassazione, che con la sentenza in commento
ha ritenuto infondato il ricorso presentato
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame
con la quale era stato confermato il sequestro
dello strumento utilizzato per effettuare
registrazioni illegittime.
La decisione che si commenta, pur riconoscendo carattere
generale al diritto di accesso, afferma che in relazione alla
informativa antimafia e agli atti istruttori da cui trae origine, un
eventuale diniego va motivato in maniera puntuale. Ciò non
significa, però, che il diritto di accesso possa estendersi ad ogni
documento connesso all’informativa stessa, perché, qualora si
divulgassero tutti gli atti istruttori, seppure con le garanzie
proprie della sede giurisdizionale, si vanificherebbe o si
renderebbe del tutto inefficace l’azione amministrativa volta al
contrasto del crimine e al mantenimento dell’ordine pubblico.
In tal modo, i giudici calabresi si conformano all’orientamento
maggioritario in giurisprudenza che ricostruisce le ipotesi di cui
all’art. 24, co. 6, l. 241/90 come limiti oggettivi e tassativi
all’esercizio del diritto di accesso, in presenza dei quali la P.A.
non ha alcun margine discrezionale di apprezzamento ed è
obbligata a dare risposta negativa alla richiesta di accesso.
Ciò proprio in considerazione dell’importanza degli interessi
pubblici sottesi, giudicati dal legislatore fondamentali e
prevalenti rispetto al generale interesse alla conoscenza dei
documenti amministrativi.
Emerge, dunque, come in presenza di un ricorso
avverso il diniego dell’ostensione della
documentazione
correlata
all’informativa
interdittiva di cui all’art. 84 del D. Lgs. 159/2011,
il giudice si trovi nella necessità di effettuare un
bilanciamento
tra
valori
ed
esigenze
contrapposte: da un lato, il rispetto delle
garanzie connesse all’esercizio dell’inviolabile
diritto costituzionale alla difesa, sancito dall’art.
24 Cost., dall’altro, la tutela dell’ordine e della
sicurezza pubblica nonché delle attività di
prevenzione e di repressione della criminalità,
che giustifica il divieto di ostensione, il quale
può valere sia nei confronti delle parti private
interessate, sia nei confronti della stessa autorità
giudiziaria
chiamata
a
decidere
sul
provvedimento di diniego.
A tal proposito, la giurisprudenza nel tentativo di
contemperare le opposte esigenze, ha
stabilito che, nel rispetto della normativa
vigente, è possibile richiedere copia integrale
dei documenti recanti le notizie confluite
nella informativa antimafia, essendo questa,
per sua natura, un documento destinato ad
essere divulgato, mediante, ad esempio,
comunicazione alla stazione appaltante;
tuttavia, l’amministrazione in possesso della
documentazione ha la potestà di oscurare
con qualunque tecnica idonea, ivi inclusa
l’apposizione di “omissis”, le parti di
documento da mantenere riservate, fermi
restanti
i
limiti
oggettivi
previsti
dall’ordinamento.
Il Garante della privacy ha pubblicato le “Linee guida”,
concernente il trattamento di dati personali
effettuato da soggetti pubblici per finalità di
pubblicazione e di diffusione sul web di atti e
documenti adottati dalle P.A., al fine di definire le
misure e gli accorgimenti che le P.A. sono tenuti ad
applicare
nello
svolgimento
di
attività
di
comunicazione e diffusione sui propri siti istituzionali,
al fine di garantire la trasparenza e la pubblicità
dell’azione amministrativa.
Trasparenza
Le P.A. devono verificare quali sono i dati personali, che
devono essere pubblicati sui propri siti ufficiali,
necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni
istituzionali
Si esclude la conoscibilità, salvo nei casi previsti dalla legge,
delle “notizie concernenti la natura delle infermità e degli
impedimenti personali o familiari che causino l’astensione
dal lavoro, nonché le componenti della valutazione o le
notizie concernenti il rapporto di lavoro tra il predetto
dipendente e l’amministrazione, idonee a rilevare alcune
delle informazioni di cui all’art. 4 comma 1 lett. D”.
Le P.A. hanno l’obbligo di pubblicare sui propri siti istituzionali
gli atti di spesa con l’indicazione dei destinatari e
dell’ammontare del compenso, condizione questa
indispensabile per attuare gli stessi atti.
In riferimento alla pubblicazione dei curricula dei dirigenti,
segretari comunali e provinciali e dei titolari delle P.O.,
l’Ente deve individuare quali dati contenuti nel curriculum
sono pertinenti, con l’incarico svolto o alle funzioni
pubbliche ricoperte dal personale interessato.
In particolare devono essere pubblicate
- Informazioni personali, dati anagrafici, amministrazione di
appartenenza, qualifica e/o incarico ricoperto, indirizzo di
posta elettronica
- Titoli di studio e professionali, esperienze lavorative, incarichi
ricoperti, capacità linguistiche, partecipazione a convegni
e seminari, pubblicazioni.
- Ulteriori informazioni indicate dall’interessato di carattere
professionale.
Priva di giustificazione appare la pubblicazione sul web di
cedolini dello stipendio, dati risultanti dalla dichiarazione
dei redditi, orario di entrata/uscita dei dipendenti, indirizzo
del domicilio privato, posta elettronica personale,
informazioni che riguardano, lo stato di salute o le assenze
verificatesi per motivi di salute.
Per quanto riguarda la pubblicazione di dati personali sulla
sezione, dei siti istituzionali, dedicata alla “trasparenza,
valutazione e merito” si privilegiano siti interni idonei a
limitare la possibilità di eseguire copie, restando ferma la
possibilità di reperire in maniera agevole i documenti e
informazioni oggetto di divulgazione.
La trasparenza può essere perseguita
anche senza l’utilizzo di dati personali.
Sono tutti quei casi in cui la l’Ente
pubblica
sul
proprio
sito
web
informazioni
non
riconducibili
a
persone
identificate o identificabili.
(Tassi di assenza e maggiore presenza
del personale, obiettivi assegnati agli
uffici ed i relativi indicatori, notizie
relative alla gestione dei pagamenti e le
buone prassi, etc.).
Sempre ai fini della trasparenza della P.A. gli artt. 8 e 9 della
Legge n. 441/82 prevedono che “i cittadini iscritti nelle
liste elettorali per le elezioni della Camera dei Deputati”
possono consultare il bollettino dove è riportata la
situazione patrimoniale dei titolari di cariche elettive e di
cariche direttive di alcuni Enti.
Tuttavia per gli Enti Territoriali, la consultabilità del suddetto
bollettino, non è limitata ai soli cittadini elettori della
camera dei deputati, tant’è che le Regioni e gli Enti Locali
possono pubblicarli sui propri si istituzionali.
Altre disposizioni prevedono che alcuni dati di amministratori
locali e regionali, dati anagrafici, titolo di studio,
professione esercitata etc vengano raccolti dal Ministero
dell’Interno in un anagrafe consultabile da chiunque.
Per quanto riguarda gli atti statutari, legislativi o
regolamentari delle Amministrazioni Regionali e degli Enti
Locali interessati possono essere resi pubblici per via
telematica attraverso i propri siti istituzionali. (art. 76 Dlgs n.
267/00).
Ciascuna P.A. ha l’obbligo di pubblicare sul proprio sito web il ruolo dei
dirigenti dandone avviso nella Gazzetta ufficiale.
Il ruolo deve contenere:
Ulteriori informazioni professionali dei dirigenti sono contenute nella
“Banca Dati”, istituita presso il Dipartimento della funzione pubblica
della Presidenza del Consiglio dei Ministri e consultabile per via
telematica.
Tale “Banca dati” è finalizzata alla mobilità e all’interscambio
professionale dei dirigenti, va resa accessibile solo alle P.A. interessate
al conferimento di incarichi dirigenziali e a coloro che ne abbiano
interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti.
Le P.A. sono tenute, altresì, a pubblicare il ruolo di anzianità del personale
rendendolo disponibile in formato elettronico.
La Disciplina relativa al ruolo in questione non indica in maniera
dettagliata quali sono i dati che deve contenere,
per cui
l’amministrazione deve individuare quei dati che non siano eccedenti
o riguardanti stati, qualità personali ovvero informazioni idonee a
rilevare dati sensibili.
Sul sito delle amministrazioni sono consultabili anche i bollettini Ufficiali
dove vengono inseriti mensilmente, atti normativi, disposizioni generali,
nonché provvedimenti di organizzazione concernenti anche il
personale dell’amministrazione.
Tutto ciò garantendo la tutela dei dati sensibili.
Al fine di rendere trasparente l’azione amministrativa,
sia in ordine alle risorse finanziarie e sia all’esigenza di
assicurare la partecipazione dei cittadini al
procedimento di assegnazione, le P.A., le Regioni,
comprese anche quelle a statuto speciale, e le
Province di Trento e Bolzano, gli Enti Locali e gli altri
Enti pubblici, sono tenuti ad istituire l’albo, aggiornato
annualmente, dei soggetti beneficiari di contributi,
sovvenzioni, crediti, sussidi, e benefici di natura
economica.
In tale albo devono essere indicati:
Le informazioni, relative ai soggetti beneficiari di
provvidenze di natura economica, non devono
rivelare lo stato di salute degli interessati, cercando di
utilizzare motori di ricerca interni ai medesimi siti.
È necessario verificare se i dati personali contenuti negli
atti e documenti siano messi a disposizione di tutti,
ovvero ai soli utenti che ne fanno richiesta, ovvero
agli interessati o contro interessati in un
procedimento amministrativo.
Concorsi e selezioni pubbliche – Graduatorie, elenchi
professionali ed altri atti riguardanti il personale.
Le
previsioni
normative
che
disciplinano
la
pubblicazione degli esiti delle prove concorsuali e
delle graduatorie finali di concorsi e selezioni
pubbliche, prevedono la diffusione dei dati personali
mediante
l’utilizzo
del
sito
istituzionale
dell’amministrazione di riferimento, escludendo
quindi la reperibilità tramite i motori di ricerca esterni.
Tale previsione assolve la finalità di consentire il
controllo sulla regolarità delle procedure concorsuali
o selettive da parte dei soggetti interessati.
Diposizioni di legge richiedono ai soggetti
pubblici di mettere a disposizione atti e
documenti amministrativi solo a persone
legittimate o che ne facciano richiesta.
In queste ipotesi potendo individuare i
soggetti
interessati
o
legittimati
a
conoscere
le
informazioni,
bisogna
privilegiare modalità di accesso dedicate
solo agli aventi diritto, che ne abbiano
fatto richiesta, selezionando, solo le parti
che possono essere consultabili.
Il trattamento da parte di soggetti pubblici, di dati riferiti a
persone disabili è da ritenersi lecito in quanto risponde alle
finalità di interesse pubblico individuate dal codice. (artt.
73, comma 2, lett. i) e 112, comma 1, lett a)
Le disposizioni che prevedono la formazione di graduatorie di
soggetti che hanno diritto al collocamento obbligatorio,
stabiliscono un generico regime di pubblicità, purchè
vengano prescelte modalità che impediscano la libera
consultabilità in internet, tenendo conto che i suddetti
elenchi e graduatorie del collocamento obbligatorio
contengono informazioni idonee a rilevare lo stato di
salute delle persone iscritte.
Tali informazioni possono essere rese conoscibili solo ai
soggetti richiedenti, per le sole finalità previste dalla
specifica normativa di riferimento, o a coloro che vi
abbiano interesse per la tutela di situazioni giuridicamente
rilevanti.







http://www.self-entilocali.it/2011/01/31/privacyvideoriprese-sul-luogo-di-lavoro-utilizzabili-contro-lemolestie/
http://www.garanteprivacy.it/home/provvedimentinormativa/giurisprudenza
www.StudioCataldi.it
http://www.giustiziaamministrativa.it/documentazione/Zerman_Accesso_priva
cy.htm
http://www.diritto.it/articoli/amministrativo/ventura2.html
http://www.diritto.it/docs/22916-diritto-di-accesso-eriservatezza-limiti-e-mezzi-di-tutela-del-cittadino-neiconfronti-della-pubblica-amministrazione
http://www.filodiritto.com/articoli/2009/01/accesso-eprivacy-affinita-e-contemperamento-di-interessi/
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