Di rilevante interesse è l’orientamento del Consiglio di Stato, da ultimo ribadito con la recente sentenza n. 925 del 11 febbraio 2011 (Sez. IV). Nel caso esaminato, il richiedente, dopo aver ricevuto l’atto d’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate basato su indagini bancarie, aveva chiesto l’accesso all’autorizzazione alle stesse da parte del Comandante della Guardia di Finanza. In sede di interpretazione del divieto di accesso agli atti del procedimento tributario, sancito dall’art.24 della l.241 “occorre procedere ad una lettura costituzionalmente orientata della disposizione anzidetta…non rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione del provvedimento definitivo di accertamento dell’imposta dovuta”. Ne consegue che l’accesso agli atti del procedimento tributario è comunque consentito, “allorquando è intervenuto l’atto di accertamento definitivo del tributo”. Ove poi gli atti richiesti facciano riferimento a metodologie di indagine della Guardia di Finanza da tenere riservate, sarà sufficiente a tal fine espungere i riferimenti mediante gli “omissis”. Al di là delle eccezioni sopra ricordate, non sussistono ulteriori limiti all’accesso ai documenti propri del richiedente. Diverse e più restrittive interpretazioni da parte delle singole amministrazioni, sono state passate al vaglio del Giudice amministrativo, che non di rado ha disapplicato i regolamenti ministeriali che individuano gli atti sottratti all’accesso in applicazione dell’art. 24 l.241/90. Come anche di recente ha fatto il Consiglio di Stato (sentenza n. 9381 del 23.12.2010 sez. IV) in relazione al diniego del Ministero della Difesa di dare accesso alle schede valutative e rapporto in formativi riguardanti l’interessato. Ha ritenuto, Palazzo Spada, che è illegittimo e pertanto va disapplicato il regolamento del Ministero della Difesa, nella parte in cui “non consente la visione degli atti riguardanti la carriere dell’interessato e, come tali, non incidenti sulla riservatezza di altri soggetti terzi, ma solo per asserite ragioni di riservatezza dell’amministrazione”. Il Consiglio di Stato, anche da ultimo (sent. 3 febbraio 2011 n. 783, sez. VI), ha più volte affermato che possono formare oggetto di accesso “tutti gli atti di gestione del personale dipendente degli enti pubblici e dei soggetti agli stessi equiparati (quali appunto i soggetti privati concessionari di pubblici servizi”. Per quanto riguarda l’interesse ad accedere, questo è stato sempre considerato coincidente con un’esigenza di tutela di una situazione giuridicamente rilevante (Con. di Stato, sez. VI, sen. 22 marzo 1992, n. 193; Con. di Stato, sez. V, sen. 14 ottobre 1998, n. 1478). In base a quanto afferma l’art. 2 del D.p.r. 27 giugno 1992 n. 352, emanato in attuazione dell’art. 24 comma II della L. n. 241, l’interesse a ricorrere deve essere personale e concreto e non avere uno scopo emulativo (Con. di Stato, sez. IV, sen. 11 gennaio 1994, n. 8) o riconducibile a mera curiosità (Con. di Stato, sez. IV, sen. 2 febbraio 1996, n. 98, in Con. di Stato , 1996, I, p.45). La Pubblica Amministrazione deve accertare l’esistenza dell’interesse riferendosi alle finalità che l’istante dichiara di perseguire (Con. di Stato, sez. IV, sen. 27 agosto 1998, n. 1131); tale valutazione deve essere compiuta in astratto, senza che possa essere operata alcuna valutazione in ordine alla fondatezza di una successiva domanda giurisdizionale (Con. di Stato, sez. IV, sen. 26 novembre 1993, n. 1036; Con. di Stato, sez. IV, sen. 8 settembre 1995, n. 688). La Pubblica Amministrazione deve accertare l’esistenza dell’interesse riferendosi alle finalità che l’istante dichiara di perseguire (Con. di Stato, sez. IV, sen. 27 agosto 1998, n. 1131); tale valutazione deve essere compiuta in astratto, senza che possa essere operata alcuna valutazione in ordine alla fondatezza di una successiva domanda giurisdizionale (Con. di Stato, sez. IV, sen. 26 novembre 1993, n. 1036; Con. di Stato, sez. IV, sen. 8 settembre 1995, n. 688). La posizione che legittima l’accesso non deve, quindi, possedere necessariamente tutti i requisiti che legittimerebbero il ricorso al giudice amministrativo (Con. di Stato, sez. IV, sen. 11 gennaio 1994, n. 21; Con. di Stato, sez. IV, sen. 19 luglio 1994, n. 1243; Con. di Stato, sez. IV, sen. 2 febbraio 1996, n. 98); si può affermare che, tra le caratteristiche che l’interesse dell’istante deve avere, non vi sia quella dell’attualità, ossia l’esigenza immediata di tutela di una propria posizione giuridica (Fra le ultime sentenze sul punto: Con. di Stato, sez. IV, sen. 15 gennaio 1998, n. 14,; Cons. giust. Amm. Regione Sicilia, sen. 18 marzo 1998, n. 171; Con. di Stato, sez. V, sen. 14 gennaio 1999, n. 32; Con. di Stato A.P., dec. 28 aprile 1999, n. 6). Una volta accertato l’interesse, risulta irrilevante sia il motivo concreto per cui è stato richiesto l'accesso, sia la presenza di forme di conoscibilità alternative (Con. di Stato, sez. IV, sen. 10 settembre 1996, n. 1024,), in quanto l’interesse ad accedere assurge a bene della vita autonomo (Con. di Stato, sez. V, sen. 14 gennaio 1999, n. 32), e quindi, anche in caso di acquisibilità dei documenti in sede giurisdizionale, l’accesso deve essere comunque consentito (T.A.R. Lazio, sez. I, sen. 4 ottobre 1993, n. 1416; Con. di Stato, sez. VI, sen. 16 maggio 1996, n. 678). L’istante deve essere portatore di un interesse che si fondi, non solo in modo concreto e personale, ma anche diretto su una sua posizione giuridicamente rilevante; se infatti si assumesse un criterio di strumentalità indiretta il cittadino sarebbe titolare di un potere ispettivo generalizzato suscettibile di estendersi all’intera attività amministrativa (Con. di Stato, sez. V, sen. 19 gennaio 1999, n. 45). Passando al concetto di "situazione giuridicamente rilevante", a cui l’interesse esaminato deve essere collegato, si nota una evoluzione nel corso dei dieci anni di vigenza della L. n. 241. Nelle prime pronunce (Con. di Stato, sez. IV, sen. 26 novembre 1993, n. 1036; Con. di Stato, sez. VI, sen. 18 ottobre 1995, n. 1190), il presupposto per l’accesso era la sussistenza di una situazione giuridicamente protetta dall’ordinamento come diritto soggettivo o interesse legittimo. Per evitare un eccessivo restringimento degli spazi di accesso, in un secondo momento, la giurisprudenza ha optato per una nozione estensiva del concetto e, pur continuando a non comprendervi gli interessi di fatto, ha superato la rigida dicotomia interesse legittimo-diritto soggettivo (Con. di Stato, sez. IV, sen. 2 febbraio 1996, n. 98). In particolare è stato affermato che (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I bis, sen. 21 marzo 1997, n. 471) (1), essendo la trasparenza amministrativa il fine dell’accesso, la situazione che lo legittima deve identificarsi in tutte quelle posizioni utili cui l’ordinamento riconosce una forma di tutela, comprese le legittime aspettative e gli interessi diffusi. E’ necessario rilevare lo stretto legame che vi è tra interesse e situazione rilevante. La Pubblica Amministrazione può infatti chiedere di dimostrare che il provvedimento o l’atto endoprocedimentale possano dispiegare effetti nei confronti dell’istante (Con. di Stato, sez. IV, sen. 23 ottobre 1995, n. 830; Con. di Stato, sez. IV, sen. 2 febbraio 1996, n. 98) e ritenere il requisito dell’interesse non sussistente se la situazione tutelata è divenuta definitiva ed inoppugnabile o se l’intervento del richiedente non può svolgere alcuna funzione, neppure in via partecipativa (Con. di Stato, sez. VI, sen. 14 maggio 1998, n. 731). La categoria che richiede un maggior approfondimento è quella dei dati personali c.d. "comuni", in quanto non è richiesto il consenso per il loro trattamento, ed inoltre la loro comunicazione è possibile se prevista da una legge o da un regolamento. Questa limitazione è dettata dalla L. n. 675/1996, come mezzo di tutela ulteriore rispetto alla legge del 1990. La tutela della riservatezza del titolare non è lasciata alla stessa volontà di questo soggetto, ma all’intervento dell’Amministrazione, la quale è legittimata al trattamento solo se esso si svolge per fini istituzionali, e deve regolamentare l’accesso attraverso un proprio regolamento interno. E’ l’organo pubblico che deve quindi tutelare sia l’interesse del terzo all’accesso che quello del titolare alla riservatezza. In caso di sussistenza di tutti i requisiti previsti dalla L. n. 675/96, l’Amministrazione è legittimata ad effettuare la comunicazione dei dati, ma questo non significa che il richiedente abbia il diritto ad accedere. L’Amministrazione ha infatti lo spazio per compiere valutazioni (e non accertamenti) sulla posizione del soggetto istante. Per trovare i criteri di queste valutazioni è necessario tornare alla L. n. 241 del 1990 e al D.p.r. 352 del 1992. L’Amministrazione deve valutare che il soggetto istante sia in una posizione di "necessità" di accedere a quei dati, ed inoltre che l’accesso sia finalizzato alla tutela di un "interesse giuridico". In caso questi requisiti siano presenti in capo al soggetto istante l’Amministrazione deve consentire la sola visione dei dati e non l’estrazione di copia Sul diritto dei singoli concorrenti ad accedere ai curricula-vitae degli altri candidati aspiranti a ricoprire cariche presidenziali o direttive in enti e società comunali, mediante nomina del Sindaco, prendendone visione ma non pure estraendone copia, si segnala T.A.R. Reggio Calabria 27.02.04, sent. n.192. In tale sede il giudice di merito osserva che i curricula, pur essendo atti formati da privati, sono detenuti dalla P.A. e costituiscono il presupposto della sua scelta, comparativa, ai fini dell’individuazione del candidato ritenuto più idoneo a ricoprire la carica di presidente nelle aziende, enti e istituzioni degli enti locali. E nelle scelte amministrative concernenti dette procedure si impone, naturalmente, il massimo della trasparenza. Il T.A.R. osserva che: <<Di fronte però alla richiesta di accesso richiesto dal terzo per curare e difendere i propri interessi, le esigenze di riservatezza del privato trovano la loro tutela nella limitazione dell’accesso alla visione dei documenti senza possibilità di estrarne copia (Cons. St., IV^ Sez, 30.07.02) In tema di soggetti portatori di interessi diffusi e loro legittimazione ad esercitare il diritto d’accesso la giurisprudenza è orientata nel senso di ammetterla esclusivamente per le tutela dell’interesse differenziato della categoria rappresentata e non pure per la tutela degli interessi propri dei singoli associati. Per tutte: Cons. St., VI^ Sez., 16.12.98 sent. n.1683 e Cons. St., IV^ Sez, 14.01.99, sent. n..32. L’ art. 1049 comma 2 lett. b) del dPR 90/2010, richiamando l’ art. 24 della legge 241/90 sottrae all’accesso per 50 anni i documenti concernenti l’ordine pubblico, la prevenzione e la repressione della criminalità, fra i quali “i documenti concernenti la struttura ordinativa e dotazioni organiche di personale, mezzi, armamento, e munizionamento tecnico dei reparti dell'Arma dei carabinieri, con riferimento alla concreta utilizzazione dei mezzi, dell'armamento e munizionamento tecnico e alla dislocazione delle dotazioni organiche”. La norma consente al Governo di prevedere casi di sottrazione al diritto di accesso in relazione all’interesse alla salvaguardia dell’ordine pubblico, della prevenzione e repressione della criminalità, ma ha cura di specificare che “deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici” (art. 24 comma 7). Il legislatore ha cioè operato a monte un bilanciamento degli interessi, affermando “la cedevolezza delle esigenze connesse alla segretezza, dinanzi a quelle alla difesa degli interessi dell’istante, ove i documenti risultino perciò necessari”. In questo caso “la tendenziale segretezza della documentazione deve essere contemperata con le esigenze di difesa, operando, ove ragionevolmente possibile, sulle modalità dell’ostensione (apposizione di omissis, visione senza rilascio di copia, etc.)”. Nel caso esaminato il Comando dei Carabinieri aveva negato ad un militare, che aveva chiesto il ricongiungimento con il proprio coniuge lavoratore, l’ accesso agli atti riguardanti la struttura ordinativa e dotazioni organiche di personale, mezzi, armamento….dell’Arma. Il Consiglio di Stato -sentenza N. 04493/2014 - ha ritenuto illegittimo il rifiuto, in quanto la conoscenza delle tabelle degli organici da parte del militare, doveva ritenersi necessaria a contestare efficacemente, nella sede giurisdizionale amministrativa il diniego opposto dall’amministrazione alla domanda di ricongiungimento. Altri militari avevano infatti ottenuto il trasferimento prima e dopo la richiesta del ricorrente. Il rifiuto era stato giustificato facendo riferimento all’ art. 1049 del dPR 90/2010. Il TAR Sardegna -sezione seconda, sentenza n. N. 00554/2014ha ritenuto prive di fondamento le motivazioni, con le quali la Regione aveva rifiutato l’ accesso alla documentazione richiesta, con la mancanza di uno specifico interesse del ricorrente e con l’ esigenza di tutelare l’originalità del progetto del contro interessato (che, a sua volta, aveva presentato motivata opposizione alla visione degli elaborati) ed il relativo know how scientifico. Rispetto a tali documenti deve essere esclusa in radice l’esigenza di riservatezza e di tutela dei terzi, posto che i concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno acconsentito a misurarsi in una competizione la cui essenza risiede nella comparazione dei valori di ciascuno; tutti gli atti, quindi, una volta acquisiti alla procedura escono dalla sfera personale dei partecipanti “Il contrasto tra accesso e privacy è disciplinato dal combinato disposto degli art. 24 L. n. 241/90 e 59 e 60 del codice della privacy (d. lgs. n. 169/2003)”. “L’art. 59 del d. lgs. 196/2003 rimanda a quanto previsto dalla legge n. 241/1990 per l’individuazione del punto di equilibrio tra esercizio del diritto di accesso e tutela della riservatezza dei terzi, ove venga richiesta l’ostensione di un documento rappresentativo di altrui dati personali, ponendo però un’eccezione per i dati idonei a rivelare lo stato di salute (e la vita sessuale). Questi ultimi, qualificati come dati super sensibili, ai sensi dell’art. 60 del medesimo d.lgs. n. 196/2003, possono essere oggetto di accesso solo se la situazione giuridicamente rilevante, che si intende tutelare con la richiesta di ostensione, sia di rango pari al diritto alla riservatezza dell’interessato o consista in un diritto della personalità o in altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile”. In concreto, tuttavia, si deve però tenere presente che, laddove venga in rilievo una richiesta di accesso a documenti amministrativi contenenti dati sensibili (o giudiziari) per motivi di difesa legale, l’accesso è consentito solo "nei limiti in cui sia strettamente indispensabile" alla difesa medesima, come stabilito dall’art. 27, comma 7, secondo periodo, della l. n. 241/1990. “E’ vero che, in via generale, le necessità difensive - riconducibili ai principi tutelati dall’art. 24 della Costituzione - sono ritenute prioritarie ed in tal senso il dettato normativo richiede che l’accesso sia garantito "comunque" a chi debba acquisire la conoscenza di determinati atti per la cura dei propri interessi giuridicamente protetti (art. 20, comma 7, L. n. 241/90 cit.); la medesima norma tuttavia - come successivamente modificata tra il 2001 e il 2005 (art. 22 L. n. 45/01, art. 176, c. 1, D.Lgs. n. 196/03 e art. 16 L. n. 15/05) - specifica con molta chiarezza come non bastino esigenze di difesa genericamente enunciate per garantire l’accesso, dovendo quest’ultimo corrispondere ad una effettiva necessità di tutela di interessi che si assumano lesi ed ammettendosi solo nei limiti in cui sia "strettamente indispensabile" la conoscenza di documenti, contenenti "dati sensibili e giudiziari" (cfr. Cons. St., sez. VI, 20 novembre 2013, n. 5515). Occorre, invece, la dimostrazione di una rigida "necessità" e non della mera "utilità" del documento in questione (Cons. St., sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 117). I documenti richiesti, dunque, non sono necessari per la difesa in giudizio, ma solo utili per articolare la difesa in giudizio secondo una particolare modalità, ossia per articolare una particolare censura. La necessità degli atti per la difesa in giudizio, prevista dall’art. 24, co. 7, in commento postula infatti che vi sia già una lesione concreta e attuale degli interessi giuridici … L’indagine potrebbe anche, ad esibizione degli atti avvenuta, risolversi nell’assenza del vizio, ovvero nell’assenza in relazione a talune pratiche visionate, con il risultato che la privacy è stata violata senza che il diritto di difesa sia stato soddisfatto” (cfr. Cons. St., sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 117). Al diritto di accesso va garantita piena tutela. Non possono essere invocate in contrario difficoltà amministrative, che le legge non preveda espressamente come limiti all’esercizio del diritto stesso. Tuttavia nella sentenza n. 08370/2014 del 30 luglio 2014 il TAR Lazio tiene a precisare che l'azione prevista dall'art. 25 della legge n. 241/90 (davanti ai Tribunali Amministrativi) introduce, in realtà, un giudizio di accertamento dello stesso diritto di accesso… tale giudizio si pone come sostanzialmente inteso ad accertare la sussistenza o meno del titolo all'accesso nella specifica situazione, alla luce dei parametri normativi di riferimento … indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza delle ragioni addotte dall'Amministrazione per giustificare il diniego stesso (Cons. Stato, Sez. V, 27.5.11, n. 3190); nel caso esaminato vengono valutate le condizioni che legittimano con chiarezza il richiamo all’istituto del differimento dell’accesso, di cui all’art. 24 della citata legge n. 241/90, così come stabilito dall’art. 9 del d.p.r. n. 184/2006. E’ pertanto legittimo il differimento dell'accesso disposto “a salvaguardia delle esigenze di celerità e di ordinata speditezza dei lavori dell’Amministrazione, contestualmente impegnata nell’utilizzo dei documenti richiesti per finalizzare l’attività preparatoria della nuova graduatoria, al fine di prestare ottemperanza al giudicato amministrativo; e tanto corrisponde alla previsione del citato art. 9 sui casi di differimento dell’accesso laddove contempla la necessità di “salvaguardare specifiche esigenze dell'amministrazione, specie nella fase preparatoria dei provvedimenti, in relazione a documenti la cui conoscenza possa compromettere il buon andamento dell'azione amministrativa”. Non costituisce istanza di accesso preordinata ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni, la richiesta della documentazione relativa all’ affidamento di un contratto pubblico da parte di un’ impresa interessata ad un eventuale affidamento del servizio ovvero a contestarne l’affidamento avvenuto senza confronto concorrenziale. Rileva il Consiglio di Stato - sezione quinta, N. 04028/2014 del 30 luglio 2014- che “l’accesso ai documenti amministrativi costituisce principio generale dell’attività amministrativa, al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza, richiedendosi per l’accesso un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”. Tale situazione ricorre anche nell’ interesse concorrenziale che giustifica la richiesta di accesso dell’appellante. L’ interesse, delle imprese del settore, al rispetto delle norme sulla concorrenza può, non soltanto, trovare soddisfazione in sede di giustizia amministrativa (ove, può anche condividersi l’assunto delle parti appellate, secondo cui l’affidamento non sarebbe più contestabile), ma può trovare tutela anche in sede civilistica, ove ne ricorressero i presupposti; presupposti che possono essere verificati solo in presenza di una completa documentazione riguardante il predetto affidamento. “Dimostrata, nell’istanza d’accesso, la qualità di impresa del settore, tale situazione soggettiva costituisce un riconoscibile e riconosciuto fatto di legittimazione all’accesso, essendo chiaramente intellegibile il legame tra il documento richiesto (e, segnatamente, il contratto pluriennale stipulato) e la posizione soggettiva ritenuta meritevole di tutela, così come sopra si è precisato”. Nella stessa sentenza viene poi specificato che i soggetti di diritto privato esercenti attività di pubblico interesse sono sottoposti alla disciplina dell’ accesso come disposto art. 22, comma 1, lett. e), l. n. 241-90 limitatamente all’ attività di pubblico interesse. Corte di Cassazione, sez. III pen., Sent. 37197/10 di Alessio Tavanti Le videoriprese effettuate in ambito lavorativo, in accordo con la polizia, possono essere utilizzate come prova processuale per dimostrare le molestie subite sul luogo di lavoro. E’ quanto ha affermato la Cassazione penale con la sentenza in commento, con la quale ha annullato la decisione del Giudice dell’udienza preliminare (Gup) rinviando la questione allo stesso per il suo riesame sulla base degli ulteriori elementi istruttori ritenuti utilizzabili Tar Sicilia, Palermo, Sez. I Sent. n. 14412/10 di Alessio Tavanti Il diritto di accesso agli atti, esercitato in corso di causa, è subordinato alla valutazione del giudice del relativo procedimento, che ai fini dell’ammissibilità ne deve valutare l’inerenza e la specifica rilevanza probatoria. E’ quanto ha affermato il Tar Sicilia, con la sentenza in commento, con la quale ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un dipendente di un Ente, in seguito al rifiuto della richiesta di accesso agli atti relativi al proprio rapporto di lavoro presentata all’Ente di appartenenza modo la giurisprudenza amministrativa da tempo afferma che la domanda di accesso in corso di causa è soggetta a limitazioni, stante il suo carattere strumentale “rispetto alle domande e alle eccezioni ivi formulate, conseguendone un diritto di accesso processualmente condizionato,la cui istanza dovrebbe essere dichiarata inammissibile ogni qualvolta riguardi atti non rilevanti ai fini del decidere”(Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. n. 734/03). “pendenza di un processo civile – peraltro in fase istruttoria riguardante l’accertamento delle medesime circostanze, in funzione delle quali è stata rivolta la presente istanza di accesso – incide in maniera determinante sull’interesse ad agire in questa diversa sede giurisdizionale. La sede processuale civile, nella quale pende il giudizio, è quella naturalmente deputata a valutare la rilevanza dei documenti in relazione al thema decidendum e, in caso positivo, ad ordinarne la produzione … ai sensi dell’articolo 213 c.p.c.” (Tar Molise, Sent. n. 252/09). In conclusione, sulla base di tale orientamento, il Tar ha ritenutoinammissibile il ricorso presentato dal dipendente, volto al riconoscimento del diritto di accesso ai documenti dell’Ente di appartenenza, ritenendo competente a decidere il giudice dello specifico procedimento in corso rappresentato, nel caso di specie, dal Tribunale in funzione di giudice del lavoro, in quanto naturalmente legittimato e competente a verificarne l’inerenza e la fondatezza ai fini della decisione del processo Il diritto di accesso che il Legislatore riconosce agli amministratori locali è, infatti, particolarmente ampio, avendo gli stessi “diritto di ottenere dagli uffici (…) tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato” (art. 43, D.lgs. n. 267/00). La norma ha previsto al consigliere un diritto pieno e non comprimibile atteso che la speciale normativa non ha previsto alcun limite nemmeno a tutela della riservatezza, fermo restando, tuttavia, il dovere per gli amministratori di mantenere il segreto “nei casi specificamente determinati dalla legge”. Diritto d’accesso: può essere negato solo se lede la sicurezza e la difesa nazionale Tar Lazio, Sez.II, Sentenza n. 1653/10 L’accesso agli atti è un diritto generalmente riconosciuto a tutti i soggetti, cui fanno eccezione soltanto specifiche ipotesi previste dalla Legge. Tale diritto può essere negato, in particolare, qualora la divulgazione possa provocare una lesione alla sicurezza e alla difesa nazionale (art. 24, Legge n. 241/90). E’ quanto ha affermato il Tar, con la sentenza in commento, con la quale ha accolto il ricorso, presentato da un dipendente della Polizia di Stato, avverso il diniego di accesso agli atti relativi al procedimento sanitario aperto a suo carico. Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 895/11 Il dipendente trasferito d’ufficio per incompatibilità ambientale non può conoscere le generalità dei colleghi che hanno rilasciato dichiarazioni, in base alle quali è stato avviato il procedimento disciplinare. Questo l’importante principio ribadito dal Consiglio di Stato con la sentenza in commento, con la quale ha respinto il ricorso proposto da un’insegnante avverso il diniego dell’istanza di accesso agli atti del procedimento disciplinare, disposto da parte dell’Istituto scolastico ove lavorava l’interessata. Corte di Cassazione, Sez. lavoro, Sentenza n. 2117/11 Nel caso in cui le telecamere installate da un vicino riprendono situazioni rilevanti ai fini del procedimento disciplinare per alcuni lavoratori, le riprese possono legittimare il licenziamento. In tal caso, infatti, non è violato l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori in quanto le registrazioni provengono da un impianto installato non dal datore di lavoro, ma da un terzo. Restano, invece, illegittime le riprese finalizzate a controllare la qualità del lavoro (ex art. 4, comma 1, Legge n. 300/70). E’ questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza in commento, con la quale ha respinto il ricorso presentato da alcuni lavoratori avverso la sentenza del Tribunale che aveva dichiarato legittimo il licenziamento intimato agli stessi per l’accesso, non autorizzato in un ufficio non facente parte della struttura organizzativa del proprio datore di lavoro ma di una diversa società. Tar Lazio, Sez. II, sentenza n. 2260/11 II diritto di accesso oltre che a favore delle persone fisiche, deve essere riconosciuto anche agli Enti portatori di interessi se l’oggetto dell’istanza sia pertinente ai fini statutari. Il Tar Lazio, con la sentenza in commento ha ribadito tale principio, accogliendo il ricorso proposto da alcune associazioni che avevano presentato ricorso avverso il silenzio-rigetto di un Comune cui avevano presentato domanda d’accesso verso alcuni documenti. Tar Cagliari, Sez., II, sent. n. 148/11 L’accesso alle liste elettorali comunali può essere negato dall’Amministrazione quando l’utilizzo risulti astratto e generico. E’ questo il principio affermato dal Tar con la sentenza in commento,con la quale ha respinto il ricorso presentato da un cittadino, quale coordinatore del Comitato difesa del cittadino, avverso il diniego di un Comune cui aveva presentato domanda d’accesso alle liste elettorali. In particolare, nel caso di specie, il ricorrente aveva chiesto l’accesso ai dati delle liste elettorali aggiornate al fine di “agire direttamente con gli elettori per sensibilizzarli sui singoli problemi, sia per tentare d’indirizzarli verso candidati e/o partiti, (…) che abbiano dimostrato interesse per le nostre rivendicazioni”. Corte di Cassazione, sez. III, sentenza n. 18908/11 Non è possibile registrare una conversazione a meno che gli interlocutori non siano a conoscenza della registrazione e abbiano espressamente rilasciato il proprio consenso. Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione, che con la sentenza in commento ha ritenuto infondato il ricorso presentato avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame con la quale era stato confermato il sequestro dello strumento utilizzato per effettuare registrazioni illegittime. La decisione che si commenta, pur riconoscendo carattere generale al diritto di accesso, afferma che in relazione alla informativa antimafia e agli atti istruttori da cui trae origine, un eventuale diniego va motivato in maniera puntuale. Ciò non significa, però, che il diritto di accesso possa estendersi ad ogni documento connesso all’informativa stessa, perché, qualora si divulgassero tutti gli atti istruttori, seppure con le garanzie proprie della sede giurisdizionale, si vanificherebbe o si renderebbe del tutto inefficace l’azione amministrativa volta al contrasto del crimine e al mantenimento dell’ordine pubblico. In tal modo, i giudici calabresi si conformano all’orientamento maggioritario in giurisprudenza che ricostruisce le ipotesi di cui all’art. 24, co. 6, l. 241/90 come limiti oggettivi e tassativi all’esercizio del diritto di accesso, in presenza dei quali la P.A. non ha alcun margine discrezionale di apprezzamento ed è obbligata a dare risposta negativa alla richiesta di accesso. Ciò proprio in considerazione dell’importanza degli interessi pubblici sottesi, giudicati dal legislatore fondamentali e prevalenti rispetto al generale interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi. Emerge, dunque, come in presenza di un ricorso avverso il diniego dell’ostensione della documentazione correlata all’informativa interdittiva di cui all’art. 84 del D. Lgs. 159/2011, il giudice si trovi nella necessità di effettuare un bilanciamento tra valori ed esigenze contrapposte: da un lato, il rispetto delle garanzie connesse all’esercizio dell’inviolabile diritto costituzionale alla difesa, sancito dall’art. 24 Cost., dall’altro, la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica nonché delle attività di prevenzione e di repressione della criminalità, che giustifica il divieto di ostensione, il quale può valere sia nei confronti delle parti private interessate, sia nei confronti della stessa autorità giudiziaria chiamata a decidere sul provvedimento di diniego. A tal proposito, la giurisprudenza nel tentativo di contemperare le opposte esigenze, ha stabilito che, nel rispetto della normativa vigente, è possibile richiedere copia integrale dei documenti recanti le notizie confluite nella informativa antimafia, essendo questa, per sua natura, un documento destinato ad essere divulgato, mediante, ad esempio, comunicazione alla stazione appaltante; tuttavia, l’amministrazione in possesso della documentazione ha la potestà di oscurare con qualunque tecnica idonea, ivi inclusa l’apposizione di “omissis”, le parti di documento da mantenere riservate, fermi restanti i limiti oggettivi previsti dall’ordinamento. Il Garante della privacy ha pubblicato le “Linee guida”, concernente il trattamento di dati personali effettuato da soggetti pubblici per finalità di pubblicazione e di diffusione sul web di atti e documenti adottati dalle P.A., al fine di definire le misure e gli accorgimenti che le P.A. sono tenuti ad applicare nello svolgimento di attività di comunicazione e diffusione sui propri siti istituzionali, al fine di garantire la trasparenza e la pubblicità dell’azione amministrativa. Trasparenza Le P.A. devono verificare quali sono i dati personali, che devono essere pubblicati sui propri siti ufficiali, necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali Si esclude la conoscibilità, salvo nei casi previsti dalla legge, delle “notizie concernenti la natura delle infermità e degli impedimenti personali o familiari che causino l’astensione dal lavoro, nonché le componenti della valutazione o le notizie concernenti il rapporto di lavoro tra il predetto dipendente e l’amministrazione, idonee a rilevare alcune delle informazioni di cui all’art. 4 comma 1 lett. D”. Le P.A. hanno l’obbligo di pubblicare sui propri siti istituzionali gli atti di spesa con l’indicazione dei destinatari e dell’ammontare del compenso, condizione questa indispensabile per attuare gli stessi atti. In riferimento alla pubblicazione dei curricula dei dirigenti, segretari comunali e provinciali e dei titolari delle P.O., l’Ente deve individuare quali dati contenuti nel curriculum sono pertinenti, con l’incarico svolto o alle funzioni pubbliche ricoperte dal personale interessato. In particolare devono essere pubblicate - Informazioni personali, dati anagrafici, amministrazione di appartenenza, qualifica e/o incarico ricoperto, indirizzo di posta elettronica - Titoli di studio e professionali, esperienze lavorative, incarichi ricoperti, capacità linguistiche, partecipazione a convegni e seminari, pubblicazioni. - Ulteriori informazioni indicate dall’interessato di carattere professionale. Priva di giustificazione appare la pubblicazione sul web di cedolini dello stipendio, dati risultanti dalla dichiarazione dei redditi, orario di entrata/uscita dei dipendenti, indirizzo del domicilio privato, posta elettronica personale, informazioni che riguardano, lo stato di salute o le assenze verificatesi per motivi di salute. Per quanto riguarda la pubblicazione di dati personali sulla sezione, dei siti istituzionali, dedicata alla “trasparenza, valutazione e merito” si privilegiano siti interni idonei a limitare la possibilità di eseguire copie, restando ferma la possibilità di reperire in maniera agevole i documenti e informazioni oggetto di divulgazione. La trasparenza può essere perseguita anche senza l’utilizzo di dati personali. Sono tutti quei casi in cui la l’Ente pubblica sul proprio sito web informazioni non riconducibili a persone identificate o identificabili. (Tassi di assenza e maggiore presenza del personale, obiettivi assegnati agli uffici ed i relativi indicatori, notizie relative alla gestione dei pagamenti e le buone prassi, etc.). Sempre ai fini della trasparenza della P.A. gli artt. 8 e 9 della Legge n. 441/82 prevedono che “i cittadini iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei Deputati” possono consultare il bollettino dove è riportata la situazione patrimoniale dei titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni Enti. Tuttavia per gli Enti Territoriali, la consultabilità del suddetto bollettino, non è limitata ai soli cittadini elettori della camera dei deputati, tant’è che le Regioni e gli Enti Locali possono pubblicarli sui propri si istituzionali. Altre disposizioni prevedono che alcuni dati di amministratori locali e regionali, dati anagrafici, titolo di studio, professione esercitata etc vengano raccolti dal Ministero dell’Interno in un anagrafe consultabile da chiunque. Per quanto riguarda gli atti statutari, legislativi o regolamentari delle Amministrazioni Regionali e degli Enti Locali interessati possono essere resi pubblici per via telematica attraverso i propri siti istituzionali. (art. 76 Dlgs n. 267/00). Ciascuna P.A. ha l’obbligo di pubblicare sul proprio sito web il ruolo dei dirigenti dandone avviso nella Gazzetta ufficiale. Il ruolo deve contenere: Ulteriori informazioni professionali dei dirigenti sono contenute nella “Banca Dati”, istituita presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri e consultabile per via telematica. Tale “Banca dati” è finalizzata alla mobilità e all’interscambio professionale dei dirigenti, va resa accessibile solo alle P.A. interessate al conferimento di incarichi dirigenziali e a coloro che ne abbiano interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti. Le P.A. sono tenute, altresì, a pubblicare il ruolo di anzianità del personale rendendolo disponibile in formato elettronico. La Disciplina relativa al ruolo in questione non indica in maniera dettagliata quali sono i dati che deve contenere, per cui l’amministrazione deve individuare quei dati che non siano eccedenti o riguardanti stati, qualità personali ovvero informazioni idonee a rilevare dati sensibili. Sul sito delle amministrazioni sono consultabili anche i bollettini Ufficiali dove vengono inseriti mensilmente, atti normativi, disposizioni generali, nonché provvedimenti di organizzazione concernenti anche il personale dell’amministrazione. Tutto ciò garantendo la tutela dei dati sensibili. Al fine di rendere trasparente l’azione amministrativa, sia in ordine alle risorse finanziarie e sia all’esigenza di assicurare la partecipazione dei cittadini al procedimento di assegnazione, le P.A., le Regioni, comprese anche quelle a statuto speciale, e le Province di Trento e Bolzano, gli Enti Locali e gli altri Enti pubblici, sono tenuti ad istituire l’albo, aggiornato annualmente, dei soggetti beneficiari di contributi, sovvenzioni, crediti, sussidi, e benefici di natura economica. In tale albo devono essere indicati: Le informazioni, relative ai soggetti beneficiari di provvidenze di natura economica, non devono rivelare lo stato di salute degli interessati, cercando di utilizzare motori di ricerca interni ai medesimi siti. È necessario verificare se i dati personali contenuti negli atti e documenti siano messi a disposizione di tutti, ovvero ai soli utenti che ne fanno richiesta, ovvero agli interessati o contro interessati in un procedimento amministrativo. Concorsi e selezioni pubbliche – Graduatorie, elenchi professionali ed altri atti riguardanti il personale. Le previsioni normative che disciplinano la pubblicazione degli esiti delle prove concorsuali e delle graduatorie finali di concorsi e selezioni pubbliche, prevedono la diffusione dei dati personali mediante l’utilizzo del sito istituzionale dell’amministrazione di riferimento, escludendo quindi la reperibilità tramite i motori di ricerca esterni. Tale previsione assolve la finalità di consentire il controllo sulla regolarità delle procedure concorsuali o selettive da parte dei soggetti interessati. Diposizioni di legge richiedono ai soggetti pubblici di mettere a disposizione atti e documenti amministrativi solo a persone legittimate o che ne facciano richiesta. In queste ipotesi potendo individuare i soggetti interessati o legittimati a conoscere le informazioni, bisogna privilegiare modalità di accesso dedicate solo agli aventi diritto, che ne abbiano fatto richiesta, selezionando, solo le parti che possono essere consultabili. Il trattamento da parte di soggetti pubblici, di dati riferiti a persone disabili è da ritenersi lecito in quanto risponde alle finalità di interesse pubblico individuate dal codice. (artt. 73, comma 2, lett. i) e 112, comma 1, lett a) Le disposizioni che prevedono la formazione di graduatorie di soggetti che hanno diritto al collocamento obbligatorio, stabiliscono un generico regime di pubblicità, purchè vengano prescelte modalità che impediscano la libera consultabilità in internet, tenendo conto che i suddetti elenchi e graduatorie del collocamento obbligatorio contengono informazioni idonee a rilevare lo stato di salute delle persone iscritte. Tali informazioni possono essere rese conoscibili solo ai soggetti richiedenti, per le sole finalità previste dalla specifica normativa di riferimento, o a coloro che vi abbiano interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti. http://www.self-entilocali.it/2011/01/31/privacyvideoriprese-sul-luogo-di-lavoro-utilizzabili-contro-lemolestie/ http://www.garanteprivacy.it/home/provvedimentinormativa/giurisprudenza www.StudioCataldi.it http://www.giustiziaamministrativa.it/documentazione/Zerman_Accesso_priva cy.htm http://www.diritto.it/articoli/amministrativo/ventura2.html http://www.diritto.it/docs/22916-diritto-di-accesso-eriservatezza-limiti-e-mezzi-di-tutela-del-cittadino-neiconfronti-della-pubblica-amministrazione http://www.filodiritto.com/articoli/2009/01/accesso-eprivacy-affinita-e-contemperamento-di-interessi/