da Il nome della rosa

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UMBERTO ECO
da Il nome della rosa
G U I D A
le ore canoniche
Vennero così fissate da San
Benedetto (Norcia 480 ca.Montecassino, 547 ca.) nella Regola (540 ca.): Mattutino, tra le
2,30 e le tre di notte; Laudi, tra le 5
e le 6 di mattina: Prima, tra le 6 e
le 7,30 di mattina; Terza, verso le 9
di mattina; Sesta, ore 12; Nona, tra
le 2 e le tre pomeridiane; Vespro,
verso le 4,30 al tramonto;
Compieta, verso le sei, prima di
andare a coricarsi. Il computo si
basa sul fatto che nell’Italia
settentrionale, alla fine del mese di
novembre, il sole sorge intorno alle
7,30 e tramonta intorno alle 4,40
pomeridiane. L’individuazione delle
ore canoniche varia a seconda
delle località e delle stagioni.
Guglielmo da Baskerville è incaricato di compiere una missione
presso un’abbazia situata in una località non specificata, che sarà
teatro di tutte le vicende del romanzo. Il dotto francescano è accompagnato da Adso, al quale tiene celata la natura dell’incarico.
Nel brano che proponiamo, Adso, il narratore, ci dà un saggio del grande acume del maestro, delle sue straordinarie capacità deduttive nonché della sua vasta cultura.
È una limpida mattina d’inverno quando Guglielmo e Adso si arrampicano per il sentiero che serpeggia intorno al monte e da qui
scorgono l’abbazia. L’Edificio è una grande costruzione a pianta
ottagonale, che da lontano sembra avere la forma di un tetragono.
Le mura la cingono come una fortezza dalla parte meridionale,
mentre sul lato settentrionale la costruzione si erge a strapiombo
sulle pendici stesse del monte. La posizione dell’abbazia è talmente
impervia da incutere timore a chi vi si avvicini, e infatti Adso ne
resta profondamente turbato.
Dopo l’ultima voltata stretta del monte Guglielmo e Adso odono prima dei rumori e poi vedono un gruppetto di monaci e di servi. Uno di essi, Remigio da Varagine, il cellario del monastero, dà
loro il benvenuto e subito manda ad informare l’Abate dell’arrivo
degli attesi visitatori. Guglielmo ringrazia il cellario, tanto più perché, aggiunge inaspettatamente, per salutarli, egli ha interrotto l’inseguimento del cavallo. Gli dà poi indicazioni per ritrovarlo. Alla domanda di Remigio – Quando lo avete visto? Guglielmo risponde che
lui e Adso non l’hanno visto affatto, ma che il cavallo non può che
essere andato dove egli ha indicato. Poi descrive il cavallo nei minimi particolari, ne indovina anche il nome e il proprietario, lasciando sbalordito il cellario che insieme ai suoi si dirige per il sentiero
indicato da Guglielmo. Pochi minuti dopo riappaiono i monaci e i
servi che riportano, tra grida festose, Brunello per il morso e continuano a guardare con meraviglia i due visitatori.
Adso ha la sensazione che Guglielmo rallenti il passo alla sua cavalcatura per permettere al manipolo di monaci e di servi di raccontare all’Abate quanto era accaduto per farsi precedere da una solida
fama di uomo sapiente. Guglielmo poi espone ad Adso, fremente
per la curiosità, gli indizi sui quali si era basato il suo intuito. Dopo
aver citato Alano delle Isole e Isidoro di Siviglia, invita il discepolo
ad osservare ogni dettaglio apparentemente insignificante di quanto avviene intorno a lui per trarne deduzioni logiche e sensate. Adso
prova stupore per l’acume di Guglielmo e si mortifica per non aver
saputo dare una spiegazione alle deduzioni del maestro.
Il dotto francescano e il discepolo arrivano nel frattempo
all’abbazia.
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L’arrivo all’abbazia
l’abbazia: il monastero benedettino a cui
sono diretti Guglielmo e Adso.
l’Edificio: il corpo principale dell’abbazia
che si ergeva separato dalla chiesa da una
spianata coperta di tombe.
ottagonale: configurata a ottagono; dal
greco, composto di októ, «otto» e gōnon,
«angolo».
tetragono: in geometria, solido con quattro facce e quattro spigoli; dal greco tetrágōnos, quadrangolo, composto di tétra,
«quattro» e gōnon, «angolo».
Città di Dio: il Paradiso.
pianoro: altopiano, spiazzo.
Castel Ursino o Castel dal Monte: poderosi castelli fatti costruire tra il 1239 e il
1250 da Federico II; il primo si trova a
Catania, il secondo in Puglia.
animo mio immaturo: ricorda che Adso,
la voce narrante, sta rievocando una vicenda di cui è stato testimone quando era un
giovane novizio.
indubitabili ... pietra: la mole e la forma
dell’abbazia suscitano in Adso spavento e
inquietudine.
trivio: incrocio di tre strade.
il mio maestro: il francescano Guglielmo
di Baskerville.
“Abbazia ricca”: Guglielmo comincia a
dare prova di un non comune spirito di osservazione
manipolo: piccolo gruppo.
famigli: servi e stallieri laici alle dipendenze del monastero.
urbanità: cortesia, gentilezza.
cellario: monaco addetto alla dispensa e alle cantine del monastero.
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NALISI DEL TESTO\
{1} laudi: preghiere che si recitano in un
monastero benedettino tra le cinque e le
sei del mattino, e che terminano quando
comincia ad albeggiare.
{2} canuto di neve: bianco di neve che
era caduta durante la notte. Siamo nel
mese di novembre in una zona dell’Appennino tra Liguria, Piemonte e Francia.
E
ra una bella mattina di fine novembre. Nella notte aveva
nevicato un poco, ma il terreno era coperto di un velo fresco non più alto di tre dita. Al buio, subito dopo laudi {1},
avevamo ascoltato la messa in un villaggio a valle. Poi ci eravamo messi in viaggio verso le montagne, allo spuntar del sole.
Come ci inerpicavamo per il sentiero scosceso che si snodava
intorno al monte, vidi l’abbazia1. Non mi stupirono di essa le
mura che la cingevano da ogni lato, simili ad altre che vidi in
tutto il mondo cristiano, ma la mole di quello che poi appresi
essere l’Edificio2. Era questa una costruzione ottagonale3 che a
distanza appariva come un tetragono4 (figura perfettissima che
esprime la saldezza e l’imprendibilità della Città di Dio5), i cui
lati meridionali si ergevano sul pianoro6 dell’abbazia, mentre
quelli settentrionali sembravano crescere dalle falde stesse del
monte, su cui s’innervavano a strapiombo. {...} Per la mole, e
per la forma, l’Edificio mi apparve come più tardi avrei visto nel
sud della penisola italiana Castel Ursino o Castel dal Monte7,
ma per la posizione inaccessibile era di quelli più tremendo, e
capace di generare timore nel viaggiatore che vi si avvicinasse a
poco a poco. E fortuna che, essendo una limpidissima mattinata invernale, la costruzione non mi apparve quale la si vede nei
giorni di tempesta.
Non dirò comunque che essa suggerisse sentimenti di giocondità. Io ne trassi spavento, e una inquietudine sottile. Dio sa che
non erano fantasmi dell’animo mio immaturo8, e che rettamente
interpretavo indubitabili presagi iscritti nella pietra9, sin dal giorno che i giganti vi posero mano, e prima che la illusa volontà dei
monaci ardisse consacrarla alla custodia della parola divina.
Mentre i nostri muletti arrancavano per l’ultimo tornante della montagna, là dove il cammino principale si diramava a trivio10,
generando due sentieri laterali, il mio maestro11 si arrestò per
qualche tempo, guardandosi intorno ai lati della strada, e sulla
strada, e sopra la strada, dove una serie di pini sempreverdi formava per un breve tratto un tetto naturale, canuto di neve {2}.
“Abbazia ricca12,” disse. “All’Abate piace apparire bene nelle
pubbliche occasioni.”
Abituato come ero a sentirlo fare le più singolari affermazioni, non lo interrogai. Anche perché, dopo un altro tratto di strada, udimmo dei rumori, e a una svolta apparve un agitato
manipolo13 di monaci e di famigli 14. Uno di essi, come ci vide,
ci venne incontro con molta urbanità15: “Benvenuto signore,”
disse, “e non vi stupite se immagino chi siete, perché siamo stati
avvertiti della vostra visita. Io sono Remigio da Varagine, il cellario16 del monastero. E se voi siete, come credo, frate Gugliel-
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nella cinta: entro le mura che circondano
il complesso architettonico dell’abbazia.
deposito dello strame: luogo scosceso ai
piedi dell’abbazia dove veniva gettato il letame delle stalle.
giubilo: gioia, festa.
morso: parte della briglia posta in bocca al
cavallo per tenerlo a freno.
le doti ... diplomatico: le sue capacità di
mediazione.
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NALISI DEL TESTO\
{3} Bascavilla: denominazione latinizzata
di Baskerville, località della Gran Bretagna, luogo di provenienza di Guglielmo.
Nel Medioevo erano frequenti i toponimici (derivato di «toponimo», composto del greco tópos «luogo» e ónyma,
«nome»), cioè la denominazione di persone – santi, frati, artisti, scrittori – nella
quale è parte integrante il nome del luogo di origine; vedi anche più avanti Alano delle Isole, Isidoro da Siviglia.
{4} «Quando lo avete visto?» ... in ogni
caso: frate Guglielmo si distingue fin dalle prime pagine del romanzo. Egli ci vie-
mo da Bascavilla {3}, l’Abate dovrà esserne avvisato. Tu,” ordinò
rivolto a uno del seguito, “risali ad avvertire che il nostro visitatore sta per entrare nella cinta!”17
“Vi ringrazio, signor cellario,” rispose cordialmente il mio
maestro, “e tanto più apprezzo la vostra cortesia in quanto per
salutarmi avete interrotto l’inseguimento. Ma non temete, il
cavallo è passato di qua e si è diretto per il sentiero di destra.
Non potrà andar molto lontano perché, arrivato al deposito dello strame18, dovrà fermarsi. È troppo intelligente per buttarsi
lungo il terreno scosceso...”
“Quando lo avete visto?” domandò il cellario.
“Non l’abbiamo visto affatto, non è vero Adso?” disse Guglielmo volgendosi verso di me con aria divertita. “Ma se cercate Brunello, l’animale non può che essere là dove io ho detto.”
Il cellario esitò. Guardò Guglielmo, poi il sentiero, e infine
domandò: “Brunello? Come sapete?”
“Suvvia,” disse Guglielmo, “è evidente che state cercando
Brunello, il cavallo preferito dall’Abate, il miglior galoppatore
della vostra scuderia, nero di pelo, alto cinque piedi, dalla coda
sontuosa, dallo zoccolo piccolo e rotondo ma dal galoppo assai
regolare; capo minuto, orecchie sottili ma occhi grandi. È andato a destra, vi dico, e affrettatevi, in ogni caso {4}.”
Il cellario ebbe un momento di esitazione, poi fece un segno
ai suoi e si gettò giù per il sentiero di destra, mentre i nostri muli
riprendevano a salire. Mentre stavo per interrogare Guglielmo,
perché ero morso dalla curiosità, egli mi fece cenno di attendere:
e infatti pochi minuti dopo udimmo grida di giubilo19, e alla svolta del sentiero riapparvero monaci e famigli riportando il cavallo
per il morso20. Ci passarono di fianco continuando a guardarci
alquanto sbalorditi e ci precedettero verso l’abbazia. Credo
anche che Guglielmo rallentasse il passo alla sua cavalcatura per
permettere loro di raccontare quanto era accaduto. Infatti avevo
avuto modo di accorgermi che il mio maestro, in tutto e per tutto uomo di altissima virtù, indulgeva al vizio della vanità quando
si trattava di dar prova del suo acume e, avendone già apprezzato
le doti di sottile diplomatico21, capii che voleva arrivare alla meta
preceduto da una solida fama di uomo sapiente.
“E ora ditemi,” alla fine non seppi trattenermi, “come avete
fatto a sapere?”
ne presentato come personaggio dotato
di uno spiccato acume, sempre alla ricerca della verità con gli strumenti della ragione, l’analisi degli indizi, la capacità di
decifrare i segni. Nella scena del cavallo
Brunello il frate mostra una penetrazione
ragionativa fuori dell’ordinario, ci appare
un uomo dalle qualità quasi prodigiose.
La sua origine britannica, la consuetudine con sostanze stupefacenti – Guglielmo assume stramonio, una sostanza vege-
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tale capace di dar visioni – denunciano esplicitamente e con immediatezza la
matrice letteraria: Guglielmo è uno
Sherlock Holmes, un detective dal fiuto
infallibile, retrodatato all’incirca di cinquecento anni e Adso, il suo allievo, è
Watson. I due richiamano subito la coppia creata dallo scrittore inglese Arthur
Conan Doyle (1859-1930), il creatore di
un nuovo genere di racconto poliziesco
che fu detto scientifico.
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come un grande libro: il libro della natura
il cui autore è Dio.
omnis ... in speculum: «ogni creatura del
mondo, quasi fosse un libro o un dipinto, ci
appare come in uno specchio».
delle cose ultime: riguardanti la vita oltre
la morte.
piedi: unità di misura di lunghezza (foot =
piede), pari a 0,3048 m.
la bava: il colatoio.
bruttando: sporcando.
ho inferito: ho dedotto, ricavato dagli indizi.
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“Mio buon Adso,” disse il maestro. “È tutto il viaggio che ti
insegno a riconoscere le tracce con cui il mondo ci parla come
un grande libro22. Alano delle Isole {5} diceva che
omnis mundi creatura
quasi liber et pictura
nobis est in speculum23
e pensava alla inesausta riserva di simboli con cui Dio, attraverso
le sue creature, ci parla della vita eterna. Ma l’universo è ancor
più loquace di come pensava Alano e non solo parla delle cose
ultime24 (nel qual caso lo fa sempre in modo oscuro) ma anche
di quelle prossime, e in questo è chiarissimo. Quasi mi vergogno
a ripeterti quel che dovresti sapere. Al trivio, sulla neve ancora
fresca, si disegnavano con molta chiarezza le impronte degli zoccoli di un cavallo, che puntavano verso il sentiero alla nostra sinistra. A bella e uguale distanza l’uno dall’altro, quei segni dicevano che lo zoccolo era piccolo e rotondo, e il galoppo di grande
regolarità – così che ne dedussi la natura del cavallo, e il fatto
che esso non correva disordinatamente come fa un animale
imbizzarrito. Là dove i pini formavano come una tettoia naturale, alcuni rami erano stati spezzati di fresco giusto all’altezza di
cinque piedi 25. Uno dei cespugli di more, là dove l’animale deve
aver girato per infilare il sentiero alla sua destra, mentre fieramente scuoteva la sua bella coda, tratteneva ancora tra gli spini
dei lunghi crini nerissimi... Non mi dirai infine che non sai che
quel sentiero conduce al deposito dello strame, perché salendo
per il tornante inferiore abbiamo visto la bava26 dei detriti scendere a strapiombo ai piedi del torrione orientale, bruttando27 la
neve; e così come il trivio era disposto, il sentiero non poteva che
condurre in quella direzione.”
“Sì,” dissi, “ma il capo piccolo, le orecchie aguzze, gli occhi
grandi...”
“Non so se li abbia, ma certo i monaci lo credono fermamente. Diceva Isidoro di Siviglia {6} che la bellezza di un cavallo esige ‘ut sit exiguum caput et siccum prope pelle ossibus adhaerente, aures breves et argutae, oculi magni, nares patulae, erecta
cervix, coma densa et cauda, ungularum soliditate fixa rotunditas’ {7}. Se il cavallo di cui ho inferito28 il passaggio non fosse
NALISI DEL TESTO\
{5} Alano delle Isole: Alarius ab Insulis,
in francese Alain de L’Isle (1125 ca.1203), teologo, filosofo e letterato francese, massimo rappresentante della poesia allegorico-didattica della Scolastica
medioevale.
{6} Isidoro di Siviglia (560 ca.-636):
scrittore latino cristiano, santo vescovo di
Siviglia dal 600 ca. Oltre a opere gram-
maticali, lessicali, scientifiche e tecniche,
scrisse una monumentale opera enciclopedica, i venti Libri di etimologie, che
influenzò il sapere del Medioevo.
{7} ut sit exiguum ... fixa rotunditas: che
abbia la testa piccola e quasi asciutta, con
la pelle cioè aderente alle ossa, le orecchie
corte e aguzze, grandi occhi, ampie narici,
nuca eretta, folte la criniera e la coda, zoc-
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coli solidi e rotondi. L’atmosfera medioevale della vicenda è resa nel romanzo attraverso l’uso di un linguaggio arcaizzante, ricco di citazioni anche in latino (nel brano ne hai trovate ben due!), di
riferimenti storici, filosofici e letterari
come del resto si addice a un libro che
parla di altri libri.
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auctoritates: gli scrittori e i filosofi, ritenuti autorevoli e quindi indiscutibili fonti di
verità, come Isidoro di Siviglia ed Aristotele che costituivano il modello dei medioevali
Tale è la forza ... diffusivo di sé: secondo la
filosofia scolastica, dominante nel Medioevo, bonum est diffusiuum sui, il bene si
espande, riproduce se stesso. Vero e bene
sono, nella filosofia scolastica, due delle
proprietà generali dell’essere, note col nome di trascendentali.
stato davvero il migliore della scuderia, non spiegheresti perché
a inseguirlo non sono stati solo gli stallieri, ma si è incomodato
addirittura il cellario. E un monaco che considera un cavallo
eccellente, al di là delle forme naturali, non può non vederlo
così come le auctoritates29 glielo hanno descritto, specie se,” e
qui sorrise con malizia al mio indirizzo, “è un dotto benedettino...”
“Va bene,” dissi, “ma perché Brunello?”
“Che lo Spirito Santo ti dia più sale in zucca di quel che hai,
figlio mio!” esclamò il maestro. “Quale altro nome gli avresti
dato se persino il grande Buridano {8}, che sta per diventare rettore a Parigi, dovendo parlare di un bel cavallo, non trovò nome
più naturale?”
Così era il mio maestro. Non soltanto sapeva leggere nel gran
libro della natura, ma anche nel modo in cui i monaci leggevano i libri della scrittura, e pensavano attraverso di quelli. Dote
che, come vedremo, gli doveva tornar assai utile nei giorni che
sarebbero seguiti. La sua spiegazione inoltre mi parve a quel
punto tanto ovvia che l’umiliazione per non averla trovata da
solo fu sopraffatta dall’orgoglio di esserne ormai compartecipe e
quasi mi congratulai con me stesso per la mia acutezza. Tale è la
forza del vero che, come il bene, è diffusivo di sé 30. E sia lodato
il nome santo del nostro signore Gesù Cristo per questa bella
rivelazione che ebbi.
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NALISI DEL TESTO\
{8} Buridano: nome italianizzato del filosofo francese Jean Buridan (1290 ca.1358 ca.), rettore e maestro di logica all’Università di Parigi. A lui è attribuito
l’apologo, assai noto nel Medioevo, dell’asino che, davanti a due mucchi di fieno ugualmente distanti e ugualmente appetitosi, è incapace di scegliere e muore
di fame. La favoletta vuole significare che
nell’animale manca la capacità di autodeterminazione propria della volontà e
quindi la scelta dipende dallo stimolo
esterno, che nel caso dell’asino dell’apologo è annullato dalla situazione di parità. Alla dottrina di Buridano allude anche Dante nel Paradiso (IV, 1-3): Intra
due cibi, distanti e moventi // d’un modo,
prima si morria di fame, // che liber’omo
l’un recasse ai denti; «tra due cibi ugualmente distanti e stimolanti, un uomo
dotato di libero arbitrio morirebbe di fame prima di portarsene uno alla bocca».
C O N S E G N E
T 242 1. Il nome della rosa si ambienta in una particolare epoca della storia: indica quale.
2. Stabilisci chi è la voce narrante.
3. Stabilisci se la narrazione avviene
n in 1a persona
n in 3a persona
4. Indica se il narratore impone il suo punto di vista alla narrazione.
5. Il grande acume di Guglielmo gli viene anche da una vasta cultura: individua i particolari che ce lo dimostrano.
6. Spiega quale metodo usa il frate perspicace in veste di detective e specifica se osserva molto oppure ha
soltanto fulminanti intuizioni.
7. Indica chi ricordano i protagonisti, Guglielmo e Adso, nei loro atteggiamenti.
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