Enzo Pace
Raccontare Dio
E. PACE, Raccontare Dio. La religione
come comunicazione, Il Mulino, Bologna
2008, pp. 354, € 27.00
•••••••••••••••••••••
A partire dal pensiero di Lévy Strauss,
il sociologo padovano E. Pace propone
in questo volume una sociologia comparata dei sistemi di credenza religiosa come
sistemi elaborati di comunicazione, dando così ragione del sottotitolo specificativo dell’approccio scelto. Il lavoro quindi
vuole «da un lato, trattare la religione
come sistema e potere di comunicazione
e, dall’altro, ricostruire le legature fra universi simbolico-religiosi e ambienti sociali che mutano nel tempo e nello spazio»
(28). Infatti per «sociologia comparata
della religione» l’A. intende una ricerca
delle componenti strutturali della relazione tra processo di fondazione e processo
di costruzione di un sistema di credenza
religiosa, tra iniziale esperienza creatrice
e successiva sistematizzazione di un complesso di credenze e pratiche rituali. In
tale relazione, il primo elemento riguarda il «potere di comunicazione», il secondo la costituzione e riproduzione nel tempo e nello spazio di un «sistema di senso». In altri termini l’A. vuole sviluppare,
alla luce della teoria dei sistemi di ascendenza luhmanniana, il tema della «religione come comunicazione», anche se diversamente dal sociologo tedesco non omette il legame con la storia.
Considerare la religione come comunicazione, secondo l’A., significa aprire
una prospettiva teorica in grado di superare alcune trappole concettuali ricorrenti come la dicotomia tra modernità e tradizione, in quanto la religione definita
come sistema di comunicazione può funzionare come tale sia nelle società con un
livello tecnologico molto sviluppato, sia
in quelle con un basso grado di divisione
del lavoro. In secondo luogo, la considerazione della religione come comunicazione permette di evitare la scomposizione
della religione nelle sue diverse dimensioni, perché se la struttura profonda della
RECENSIONI
religione è caratterizzata dal «potere della
parola», si tratta di studiare come la forza
della parola agisce a seconda delle condizioni sociali e storiche in cui le religioni si
trovano a confrontarsi. In terzo luogo, si
evita così di cercare a tutti i costi una definizione essenzialista della religione, essendo preferibile considerare le religioni
come organismi viventi che si evolvono a
seconda della capacità dei sistemi di credenza religiosa di elaborare un codice in
grado di trasferire la differenziazione esterna (gli elementi di altre religioni) in differenziazione interna. Questa prospettiva,
infine, consente di superare la dicotomia
primitivo/evoluto, semplice/complesso,
perché il potere di comunicazione è un
modo per tracciare i confini simbolici tra
differenti strati che si accumulano in un
ambiente segnato da una pluralità di strati di credenza religiosa in riferimento allo
schema binario vero/falso.
L’idea della religione come comunicazione è argomentata sulla base della centralità del potere della parola nelle grandi religioni mondiali. Per elaborare tale
potenzialità comunicativa della religione
si ricorre a un approccio comparativo con
il linguaggio e gli strumenti analitici propri della sociologia – senza tuttavia proporsi di compiere una storia comparata
delle religioni –, in particolare secondo il
metodo della sociologia “comprendente”
di stampo weberiano attraverso la ricerca
di modelli astratti o “idealtipi” dei fenomeni religiosi osservati. L’analisi dell’A.
muove da un fulcro basilare: il rapporto
tra la formazione originaria di un credo
religioso e il processo di costruzione di
un sistema di credenza, tenendo altresì
sotto controllo la relazione di entrambi
questi processi con l’ambiente sociale e
socio-religioso con cui un sistema si misura continuamente dalla sua nascita al
suo eventuale declino. I numerosi esempi
a cui si ricorre, a partire dalla massa di
informazioni accumulatesi nella storia
delle religioni (dal cristianesimo all’islam,
al buddismo, al taoismo, al giudaismo, allo
shintoismo, alle sette locali africane, brasiliane, nordamericane e asiatiche), hanno la funzione di esemplificazione dell’argomentazione e di sostegno alla validità
della teoria sociologica scelta. Nel mosaico di esempi, tale modello teorico per-
520
RdT 51 (2010) 504-527
mette di cogliere affinità elettive tra diversi universi di credenza religiosa in riferimento al fulcro tematico di partenza:
l’inizio di una religione e la sua successiva costituzione come sistema. La scelta
fatta è quella di «osservare come una religione osserva se stessa» in rapporto all’ambiente sociale e socio-religioso, perché
ogni religione ha iniziato ad avere vita
propria e vive in un ambiente popolato
da credenze, déi, altre religioni. «Metodologicamente – scrive il Pace – la teoria
dei sistemi ci spinge ad assumere la relazione sistema-ambiente come l’elemento
di base per l’analisi del fenomeno religioso, con un approccio sociologico» (35).
Il primo capitolo si sofferma in particolare sul passaggio cruciale dalla parola
viva alla Scrittura, quale dispositivo fondamentale per la costruzione di una credenza religiosa come sistema. Si viene così
a operare la distinzione concettuale tra
«sistema» e «ambiente» ampiamente illustrata nel secondo e terzo capitolo. Un
sistema di credenza religiosa tende in genere a ridurre la complessità dell’ambiente
sociale con la produzione di significati in
grado di reggerne le sfide. L’approccio
scelto non assume integralmente la teoria
dei sistemi perché le religioni non possono essere concepite da un punto di vista
sociologico come un apparato funzionale
senza soggetto, in quanto le religioni ricevono impulso dalla “virtù dell’improvvisazione”, che a volte si esprime in una
personalità carismatica, altre volte matura attraverso una molteplicità di esperienze carismatiche e visionarie di una cerchia
di individui. Il quarto capitolo verte sulla
costante tensione che si registra nei grandi sistemi di credenza religiosa tra il principio di riconduzione del molteplice e del
variabile che caratterizza il movimento
della storia e delle società umane, e la forza dello spirito – la “religiosità” secondo
Simmel – ossia quella variegata ricerca di
senso che non si accontenta di formulazioni codificate e organizzate dalle religioni, bensì esplora altri mondi di significato oltre quelli fissati da una tradizione
religiosa. Di qui l’importanza – quinto
capitolo – delle strategie comunicative che
le religioni elaborano per disciplinare
l’anima e il corpo dei fedeli. L’ultimo capitolo ha come tema «le religioni tra etica
RdT 51 (2010) 504-527
universale e identificazione etnica», e richiama avvenimenti laceranti della storia
recente, come la relazione tra vocazione
etica universale che ogni religione pretende e rivendica per sé e le continue mediazioni che ciascuna di esse è obbligata a
fare per radicarsi in ambienti sociali diversi nel corso della sua storia. Un lavoro
questo che richiede una oscillazione continua tra universale e particolare.
L’attenzione alla finalità sistemica fa
emergere soprattutto la sua «funzione interpretativa» della religione. Questa funzione è affrontata nelle ultime pagine del
libro in riferimento alla religione come
sistema esperto, ossia alla «capacità di un
sistema di credenza religiosa di funzionare come tale, con un grado di autonomia
relativa, facendo leva sulle proprie forze
interne per stabilizzare i propri rapporti
con un ambiente instabile e per rappresentarsi come un complesso di simboli e
rituali autosufficienti sia rispetto a quelli
proposti da altri sistemi di credenza sia
rispetto alla libera circolazione che tali
simboli e rituali possono conoscere nel
tempo e nelle società umane» (322-323).
L’A. dimostra la capacità di mettere alla
prova la fecondità della teoria sistemica,
che permette la comprensione dei diversi
sistemi di credenza religiosa e del profilo
comparativo con numerosi esempi derivati dalle conoscenze della storia delle
religioni. In tal senso questo libro arricchisce i contributi apportati dagli studiosi italiani alla sociologia della religione.
Non ultimo merito va attribuito al linguaggio sociologico controllato, chiaro e
didattico che incoraggia la lettura. Un’inezia di scrittura per un dubbio: maiuscola
o minuscola quando si fa riferimento a
Dio/dio in un testo?
Domenico Pizzuti S.I.
521
RECENSIONI