1. Società e comunicazioni di massa: i primi quadri teorici e modelli interpretativi Facoltà di Scienze politiche, sociologia, comunicazione Teorie della Comunicazione e dei Nuovi Media Prof. Alberto Marinelli Una premessa: quale strategia analitica? L’evoluzione delle teorie dei media può essere ricostruita secondo due ipotesi di lettura: • ricostruzione per cicli (Noelle-Neumann) legata alla ricerca sugli “effetti”: fino agli anni ’40: presunta onnipotenza dei media tra gli anni ‘50 e ‘60: ridimensionamento del potere attribuito ai media ed effetti limitati anni ‘70: ritorno in auge dell’idea di media potenti e attenzione agli effetti a lungo termine • ricostruzione secondo il criterio della crescente complessità (Wolf): derivante dalla considerazione di una molteplicità di variabili intervenienti nel processo comunicativo 2 Società di massa: una prima definizione • «Una società in cui le istituzione relative ai diversi sottosistemi sociali (economico, politicoamministrativo, del diritto, dell’educazione, della comunicazione sociale, etc.) sono organizzate in modo tale da trattare con vasti insiemi di persone considerate come unità indifferenziate di un aggregato o “massa”» (Gili 1990) 3 L’alba della società di massa La società di massa prende forma a partire dalla fine del XIX Secolo in seguito alla combinazione di trasformazioni sociali, economiche e culturali (ad es. industrializzazione, urbanizzazione, tramonto della dimensione comunitaria della vita e dei rapporti). Già a cavallo tra la fine del ‘700 e l’800 alcuni pensatori avevano iniziato a interrogarsi sui mutamenti che la società manifestava ai loro occhi: “fisiologia sociale” di Saint-Simon: la società come organismo composto da parti separate (gli individui) “organicismo” di Comte: l’organismo-società presuppone il coordinamento e la specializzazione delle funzioni 4 L’alba della società di massa Secondo lo stesso Comte, un eccesso di specializzazione può comportare distanza e incomunicabilità tra gli individui. Per Tönnies (1887) la coesione sociale tipica della comunità (Gemeinschaft) viene progressivamente sostituita da forme di aggregazione impersonali e anonime istituite nella società (Gesellschaft). In maniera simile, Durkheim (1893) distingue: solidarietà meccanica: prossimità/somiglianza tra gli individui, divisione del lavoro elementare solidarietà organica: eterogeneità/separazione tra gli individui, divisione del lavoro molto sviluppata La frammentarietà delle relazioni sociali può provocare anomia (assenza di norme). 5 Tra società di massa e comunicazioni di massa L’atomizzazione della società sarà uno dei principali concetti ispiratori delle prime teorizzazioni sulle comunicazioni di massa: è l’humus della teoria ipodermica. I primi decenni del ‘900 vedono l’ascesa delle “società di massa”: le masse vengono considerate formazioni sociali magmatiche, imprevedibili e facilmente manipolabili. Per il teorici dell’«élitismo» (Mosca, Pareto e Michels) , le masse, instabili e disomogenee, si piegavano ad essere uno strumento a disposizione delle élite, le quali erano invece organizzate e compatte le minoranze organizzate controllano maggioranze disorganizzate. Simmel (1917): le masse seguono una sola idea, quella più semplice. 6 Tra società di massa e comunicazioni di massa Ortega y Gasset (1930): “uomo-massa” vs individuo “colto”. Le riflessioni sulla società di massa costituiscono la cornice all’interno della quale si sviluppano le prime ipotesi teoriche sulle comunicazioni di massa. I principali assunti che connettono la società di massa allo studio della comunicazione sono: scomparsa dei gruppi primari isolamento degli individui scomparsa dei tratti personali degli individui in favore di quelli impersonali della massa atomizzazione del pubblico di massa onnipotenza dei mezzi di comunicazione (manipolazione) 7 La teoria ipodermica La teoria ipodermica, o bullet theory, si sviluppa tra gli anni ‘30 e ‘40 e si rifà a uno schema di matrice behaviorista che prevede una relazione diretta e univoca tra Stimolo e Risposta: S→ R. Questa teoria è tra le più esemplificative della concezione dei “media potenti”: in un contesto in cui i principali mezzi di comunicazione erano la stampa, la radio e il cinema, la teoria ipodermica è considerata – non senza preoccupazioni – il presupposto dell’efficacia della propaganda, particolarmente forte in tempo di guerra. 8 Teoria ipodermica: lo schema 9 La teoria ipodermica Le ipotesi su cui si basa la teoria ipodermica sono: pubblico come massa indifferenziata formata da individui isolati i messaggi dei media sono persuasivi e si introducono nei soggetti come un ago ipodermico gli individui sono passivi e indifesi di fronte al potere dei mezzi di comunicazione di massa i messaggi sono ricevuti da tutti i soggetti allo stesso modo La teoria ipodermica rappresenta il primo tentativo di spiegare il rapporto tra media a individui, ma si tratta di un modello estremamente semplificativo e meccanicistico. 10 La teoria ipodermica e teoria matematica della comunicazione: i punti di contatto La semplicità dello schema S → R si riflette nella teoria matematica della comunicazione (Shannon, Weaver, 1949). I due ingegneri si concentrano su come rendere ottimale la trasmissione dei messaggi e limitare le perdite di informazioni nella fase di trasferimento delle stesse (ad es. conversazione telefonica). L’attenzione di Shannon e Weaver è dunque rivolta alla riduzione delle “fonti di rumore” che possono disturbare/disperdere il transito delle informazioni. L’emittente costruisce e veicola un messaggio (Stimolo) che arriva a un destinatario attivando una Risposta. 11 Il modello matematico-informazionale Fonte di informazione Destinatario messaggio messaggio Trasmittente segnale segnale ricevuto Ricevente Fonte di rumore Shannon, Weaver, 1949 12 Il modello matematico-informazionale Il modello di Shannon e Weaver può essere applicato alla comunicazione tra macchine, tra esseri umani e macchine e tra essere umano a essere umano, ma è in ogni caso assente qualunque processo di attribuzione di significato da parte del ricevente. La semplicità e la vasta applicabilità del modello non sono però accompagnate da una adeguata capacità conoscitiva: numerosi fattori del processo comunicativo non sono nemmeno presi in considerazione. 13 Il modello di Lasswell Un primo avanzamento rispetto alla teoria ipodermica è dato dal modello elaborato da Lasswell verso la fine degli anni ‘40. Sebbene l’impostazione di Lasswell segni più un perfezionamento della teoria ipodermica che non un suo deciso superamento, essa ha il pregio di aver iniziato a mettere ordine nel campo di studi sulla comunicazione. Rimane la presunta passività del destinatario. L’atto di comunicazione è descritto dalle risposte a queste domande: chi? dice cosa? con quel mezzo? a chi? con quale effetto? 14 Il modello di Lasswell Il modello presenta una descrizione più analitica del processo comunicativo, perché rende possibile individuare i diversi soggetti coinvolti e i diversi momenti all’interno del processo: Lasswell, 1948 15 Il modello di Lasswell: quali criticità? I limiti del modello, derivanti dalla continuità teorica con l’idea dell’ago ipodermico, sono: asimmetria della relazione emittente-destinatario indipendenza e separazione dei loro ruoli intenzionalità della comunicazione da parte di un emittente che si prefigge un obiettivo Al ruolo del destinatario non è attribuita alcuna possibilità di essere attivo, né la facoltà di interpretazione rispetto a ciò che riceve. 16 L’attenzione agli effetti e i Payne Fund Studies Negli Stati Uniti degli anni ‘30 si creano le condizioni per cominciare a dare supporto empirico alla ricerca sugli effetti delle comunicazioni di massa: maturano i metodi di ricerca empirica successo di pubblico del cinema I PFS consistono in un progetto di ricerca sugli effetti del cinema sulle giovani generazioni: tra il 1929 e il 1932 13 diverse ricerche si occupano dei valori, degli atteggiamenti e dei comportamenti dei giovani rispetto al contenuto dei film. Questi studi testimoniano la preoccupazione nei confronti dei possibili effetti sul pubblico di ciò che veniva rappresentato (crimine, sesso, consumo di tabacco e alcool, ecc.). 17 L’attenzione agli effetti e i Payne Fund Studies L’attività di ricerca dei PFS si orienta in due direzioni che riguardano gli effetti del cinema sugli individui: modificazioni negli atteggiamenti modificazioni nei comportamenti Peterson e Thurstone (1933) rilevano cambiamenti negli atteggiamenti dei bambini verso alcuni gruppi etnici, temi come la pena di morte, ecc. a seguito dell’esposizione a determinati film. Blumer (The Movies and Conduct 1933) si interessa degli effetti del cinema sulla vita quotidiana, in particolare: influenza sui giochi infantili, imitazione di stili di vita, proiezioni e fantasia, coinvolgimento emotivo capacità “modellizzante” attribuita ai media. 18 Lo sviluppo della ricerca empirica: dalla manipolazione alla persuasione A partire dalle seconda metà degli anni ‘40 gli studi sulle comunicazioni di massa si concentrano sulle «campagne»: messaggi ripetuti, con obiettivi specifici e rivolti a un target ampio. L’assunzione delle «campagne» come oggetto di studio risponde sia alle esigenze degli attori commerciali (ad es. campagne pubblicitarie) sia dei ricercatori che possono misurare gli effetti dell’esposizione ai messaggi. Ciò si è però tradotto nell’interesse verso un unico tipo di effetto: il cambiamento delle opinioni e gli atteggiamenti nel breve periodo. 19 Lo sviluppo della ricerca empirica: la scoperta delle variabili intervenienti La ricerca amministrativa e «tutta la ricerca sperimentale forniva dati utili ad aumentare l’efficacia dei messaggi o comunque a rilevarne gli ostacoli: il punto di vista presupposto era cioè quello degli effetti voluti o progettati dall’emittente» (Wolf). Nel realizzare numerose ricerche, il ricercatori si rendono conto della difficoltà di trovare univocità nei dati empirici sugli effetti a breve termine. Parallelamente, cresce la consapevolezza della necessità di individuare i fattori di mediazione tra i messaggi e il pubblico, al fine di risolvere il problema di dati contraddittori. 20 Lo sviluppo della ricerca empirica: la scoperta delle variabili intervenienti Katz e Lazarsfeld (1955) fanno riferimento a variabili che definiscono “intervenienti”, perché possono facilitare o ostacolare il flusso delle comunicazioni di massa. Per Klapper (1960) i fattori di mediazione possono essere individuati rispetto: al pubblico: variabili intervenienti che favoriscono od ostacolano l’esposizione ai messaggi al messaggio: le variabili intervenienti riguardano il contenuto e le modalità di presentazione del messaggio stesso Si pongono le basi per le teorie sull’influenza selettiva. 21 Il ruolo della radio e la «Guerra dei mondi» Nel 1938 la CBS trasmette il radiodramma di Orson Welles La guerra dei mondi. In quel periodo di profonde incertezze (passati pochi anni dalla grande depressione, ascesa del nazismo in Germania), la radio assolve alla funzione di certificazione della realtà successivamente assunta dalla TV. Su 6 milioni di ascoltatori, circa 1 milione crede all’invasione degli Stati Uniti da parte dei marziani. La scaletta del programma radiofonico scorreva tra la voce narrante di Welles, le previsioni meteo e gli inserti musicali. Improvvisamente un annunciatore interrompe il programma per dare notizia dell’invasione dei marziani. 22 Il ruolo della radio e la «Guerra dei mondi» Seguono bollettini di aggiornamento a intervalli più o meno regolari. Il riferimento alle istituzioni scientifiche e accademiche, nonché la progressiva comunicazione dei dettagli dell’invasione e di testimonianze (immaginarie), contribuirono a dare una parvenza di ufficialità alla notizia. 23 Il ruolo della radio e la «Guerra dei mondi» Il panico coglie numerosi ascoltatori, i quali si riversano in strada, provocano disagi e chiedono aiuto alle autorità. Cantril (1940) analizza il materiale raccolto subito dopo l’evento: le lettere inviate alla CBS, la copertura giornalistica, le interviste in profondità e i risultati di due sondaggi nazionali. Secondo Cantril, i fattori che hanno inciso sulle reazioni degli ascoltatori sono state: tono realistico affidabilità/autorevolezza attribuita al mezzo radiofonico ricorso ad esperti citazione di località realmente esistenti sintonizzazione a inizio programma/a programma iniziato 24 Il ruolo della radio e la «Guerra dei mondi» Cantril spiega le differenze nelle reazioni del pubblico identificando 4 categorie di ascoltatori: 1. soggetti in grado di controllare la coerenza interna del programma 2. soggetti che hanno attivato controlli esterni 3. soggetti che, nonostante i controlli esterni, hanno creduto a quanto trasmesso dall’emittente 4. soggetti che non hanno effettuato alcun controllo e hanno ritenuto l’evento effettivamente accaduto Le prime due categorie di ascoltatori hanno usato la loro «abilità critica», correlata positivamente con il livello istruzione e negativamente con la fede religiosa ed alcuni fattori della personalità (ad es. insicurezza emotiva). 25 I fattori di mediazione rispetto al pubblico La frequente inefficacia delle campagne induce i ricercatori a interrogarsi sugli effetti della persuasione. Per Klapper (1960), la comunicazione persuasoria è più spesso causa di rafforzamento che non di modificazione. Se è prevalente il rafforzamento, gli individui tenderanno a non esporsi (anche per scelta consapevole e volontaria) ai messaggi che contrastano con le loro opinioni preesistenti. Ciò può spiegare l’insuccesso di alcune campagne: i soggetti raggiunti sono quelli che già condividono il punto di vista che si vorrebbe trasmettere. 26 I fattori di mediazione rispetto al pubblico «Dissonanza cognitiva» (Festinger 1963): i soggetti tendono a esporsi ai messaggi che riducono lo scarto tra il comportamento effettivo e ciò in cui essi stessi credono. Ad esempio, un fumatore accanito sarà più propenso a esporsi a messaggi che ridimensionano i danni del tabacco rispetto a messaggi che invece ne enfatizzano la pericolosità per la salute. Addirittura, qualora il fumatore non riuscisse a difendere adeguatamente l’opinione preesistente, può intervenire il meccanismo della «percezione selettiva», ovvero l’attitudine a distorcere il messaggio fino a renderlo coerente con le proprie credenze. 27 I fattori di mediazione rispetto al pubblico Il fattore della «percezione selettiva» è stato rilevato in numerosi studi sui pregiudizi. La capacità dei soggetti di intervenire sul significato dei messaggi sarà un tratto fondamentale per gli approcci teorici che riconosceranno un ruolo attivo al pubblico. Un ultimo fattore di mediazione rispetto al pubblico è la «memorizzazione selettiva»: i soggetti costruiscono ricordi da cui estromettono eventuali elementi di disturbo. È difficile separare questi diversi fattori, a cui peraltro si aggiunte l’eventualità di uno sleeper effect: la capacità persuasoria di un messaggio può mutare nel tempo. 28 I fattori di mediazione rispetto al messaggio Se i fattori di mediazione rispetto al pubblico si riassumono nei meccanismi della selettività, i fattori di mediazione rispetto al messaggio presentano un quadro più complesso. Un riferimento importante proviene dal lavoro di ricerca dello psicologo Hovland e colleghi, volto a rintracciare gli alcuni elementi che possono incidere positivamente o negativamente sull’efficacia dei messaggi persuasori: credibilità della fonte (competenza e fiducia attribuita) ordine e completezza delle argomentazioni esplicitazione delle conclusioni 29 I fattori di mediazione rispetto al messaggio The American Soldier: progetto di ricerca finanziato dalle autorità militare per preparare e mobilitare i soldati in partenza per la seconda guerra mondiale Frank Capra dirige una serie di film dal titolo Why We Fight. Gli obiettivi di questa serie di film sono: convincere della rettitudine della causa rendere consapevoli circa la durezza della missione riconoscere agli Alleati il massimo impegno nel contrasto al nazismo indurre risentimento verso i nemici convincere che la vittoria militare avrebbe migliorato l’ordine mondiale 30 I fattori di mediazione rispetto al messaggio Hovland, Lumsdaine e Sheffield (1949) conducono molti esperimenti per valutare l’efficacia dei film sottoposti ai soldati. Le loro ricerche dimostrano che, a distanza di una settimana dalla visione: i soggetti hanno maggiori informazioni specifiche le opinioni si sono modificate solo rispetto a particolari interpretazioni (ad es. impegno della RAF) le opinioni su questioni generali sono rimaste invariate non si sono registrati incrementi della motivazione dei soldati a combattere I risultati degli studi sugli effetti sono stati spesso contraddittori, ma indicano come l’efficacia del messaggio persuasorio dipenda dal contesto economico, sociale e culturale. 31