Per un`educazione alla pace

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ENRICA BONANATI
PER UN'EDUCAZIONE ALLA PACE: LA RICERCA DEI FONDAMENTI
Premessa
L'”emergenza
educativa”, oggi più che mai, comporta, innanzitutto,
l'autoconsapevolezza del soggetto dell'educazione.
Pertanto, una pedagogia, diretta all'autorealizzazione della persona, implica un
presupposto antropologico a tutto tondo: implica la focalizzazione, da parte
dell'educatore e di conseguenza dell'educando, dell’essere umano nella sua
integralità, a livello delle sue dimensioni orizzontali e verticali, della sua origine e
del suo compimento.
È chiaro che l’educazione alla pace - valore da intendersi come valore-sintesi,
pienezza di appagamento riguardo alle potenzialità ed esigenze della persona
- non possa prescindere da questa prospettiva criteriologica: il cammino di
educazione alla pace implica, dunque, innanzitutto, la ricerca delle radici, dei
fondamenti ontologici di tale valore totalitario.
I Preludio: la centralità della tesi teistica e personalistica
Il tardo autunno e il primo inverno ci hanno causato molti giorni plumbei,
con le tonalità dell'orrido. E il cuore pareva inabissarsi nel baratro del nulla:
un senso di solitudine glaciale irretiva l'anima.
Eppure erano giunte le note gioiose della pace, nel suono delle campane
natalizie e nel richiamo del nostro convegno Anawim. Ma qual è l'essenza della
pace? D'improvviso , a distanza , l'eco di un televisore. Accendo il mio; vedo
la figura di Papa Francesco e odo le sue parole: «la pace ... la pace ha
il suo "sublime" nell'armonia».
L'armonia è l'unità dei diversi e nei diversi.
La pace, come armonia , è dunque un nucleo unitario – complesso che implica
una molteplicità di valori - noetici ed etici - nella pluralità dei soggetti.
La pace è quindi un 'essenza valoristica universale, una luce irradiante infiniti
riflessi. Ma, esiste e quale è - si vorrebbe dire - il "luogo ontologico assoluto" in
cui la pace sgorga, la sfera della sua radicalità, quale somma armonia, unità
sovrana tra i diversi?
Si può affermare che la concezione cristiana identifichi il “luogo assoluto”, fontale,
della vera pace con l’essere dell’unico vero Dio. Così afferma S.Agostino riguardo
al Verbo divino, trascendente e incarnato come uomo-Dio: “Egli stesso (...) è la
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nostra pace”. “ In lui è la nostra pace, e da lui viene la nostra pace” (S. Agostino,
Commento al Vangelo di S. Giovanni, Roma 1968, 77,3).
Ma la logica della ragione teoretica conferma tale tesi?
Questo mio contributo si colloca, propriamente, nella sfera della ragione
teoretica, del pensiero speculativo, cui ho dedicato il mio studio e
insegnamento. Si tratta quindi del risultato di una ricerca sulle sorgenti della
pace, ricerca compiuta anche con i miei allievi di filosofia dell'educazione.
Tale indagine è approdata all'esito seguente: a nostro avviso, nella concezione
di numerosi pensatori, si può dedurre la genesi del valore ineludibile della pace
dall'analisi della struttura integrale della persona, in quanto segnata dal sigillo
della partecipazione analogica all'Infinito, velato dal mistero; partecipazione
all'unico vero Dio - interpretato variamente con diverse accentuazioni -. Dio,
quale principio, fondamento dell'intera umanità; Dio, quale Unità sovrana, fonte
assoluta e coesiva di tutti gli esseri pensanti: Unità divina, quindi, quale matrice
della loro originaria, inviolabile dignità e reciprocità, d'ordine ontologico,
antropologico, etico, pedagogico. Dio, dunque, quale radice di valori e diritti
sussistenti, forieri di imperativi morali e di stili di vita improntati alla pace e
produttivi di pace.
Consegue che la pace può dirsi la meta ideale di un complesso cammino di
educazione della persona: pace come meta cifrata dalla pienezza di atti e abiti
virtuosi; pace come valore-sintesi, così definita da
alcuni pensatori
contemporanei.
L’educazione alla vera pace consiste quindi nella promozione della
consapevolezza,
profonda e operante nella persona, della presenza divina
nell’uomo.
II
Il percorso educativo verso la pace: la ricerca dei fondamenti
Lo sviluppo consapevole e responsabile del valore personale e comunitario
della pace presenta due versanti:
A) il versante della valenza della ragione teoretica, del pensiero
speculativo:
è il versante della filosofia, riflessione sulla verità d’ordine naturale;
B) il versante della valenza della riflessione sulla "Verità rivelata", verità
d’ordine soprannaturale, oggetto della teologia, da parte dei cultori della
medesima nel presente convegno.
Si tratta di attuare un itinerario educante alla consapevolezza dell’essere e
del dover-essere della persona, per il compimento della vera pace in sè
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stessa e nella società.
A) Il versante della ragione teoretica
Il percorso analitico del pensiero sul tema della pace si scandisce in
tre momenti. Si prospettano così le fasi sisgnificative, che
rispettivamente, generano un’illuminante e cogente consapevolezza:
sia dei fondamenti ontologici della pace, sia della possibilità di
inverarla, a livello individuale e universale, attraverso l’impegno etico
e pedagogico.
1. Il primo è il momento logico-teologico, a livello delle risorse
naturali della ragione: è costituito dall'ascesa teoretica della
medesima tesa alla consapevolezza del fondamento della pace: è
il trascendimento teoretico “dall'uomo a Dio”.
2. Il secondo è il momento logico-antropologico. È costituito dallo
sviluppo della consapevolezza, da parte della ragione teoretica,
della presenza analogica dell’infinito nella finitudine creaturale: è
l’identificazione dell’essenza della persona quale connubio tra la
dimensione temporale e quella trascendente. E’ il passaggio
teoretico “da Dio all’uomo”.
3. Il terzo è il momento etico-pedagogico di autenticazione della
persona, alla luce della consapevolezza del proprio vincolo con la
realtà divina, verso la meta della vera pace: è l’itinerario del
compimento “dall’uomo a Dio”.
4.
1.
Il momento logico-teologico ”dall'uomo a Dio”: l'ascesa
teoretica
La prima fase dell'indagine teoretica, volta alla scoperta del fondamento della
pace, consiste nello scavo del soggetto umano, in un processo riflessivo di
autoconsapevolezza della persona, della propria identità antropologica, che
svela la sua complessità di grandezza e miseria - come direbbe Pascal -.
Polarità che riflette la simbiosi delle due predette dimensioni ontologiche.
Infatti il soggetto umano, nella sua entità strutturale, avverte il proprio
valore, ma pure un limite invalicabile: la condizione della sua finitudine. Essa
incide ineluttabilmente sulla sua potenzialità valoriale di verità e di bene.
Pertanto, risulta inconcepibile la tesi, sulla genesi, intrinseca alla natura
umana, di tale capacità di conoscenza e di dominio del reale: si deve
quindi escludere la totale autonomia della relazione cognitiva tra il soggetto
intelligente e l'oggetto intellegibile.
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È l'enigma dell'accesso penetrante del pensiero nel tessuto della realtà.
La riflessione sulle capacità delle mente svela, nella stessa, un lume di verità
che pone il problema della sua origine.
È la domanda dell'unde veritas? di S. Agostino: «Ritorna in te stesso: la
verità abita nell'uomo interiore e, se troverai che la tua natura è
mutevole, trascendi [...] te stesso» (De vera religione, 39,72). È il monito
in cui il pensatore di Tegaste orienta l'indagine là dove si accende il lume
della ragione: cioè verso l'Immutabile, la Verità in sé, il Pensiero assoluto,
quale principio del pensiero finito.
L'ordine intellettivo - come l'ordine intellegibile del reale - non può spiegare
se stesso. È quindi inammissibile la tesi dell'autosufficienza della razionalità,
a livello soggettivo e pure oggettivo.
Si evidenzia così l'impossibilità logica dell'autofondazione della mente: essa
si rivela come il sacrario di un sigillo interiore che la trascende. Di qui la
deduzione della Radice assoluta, dell'esistenza del Principio creatore
dell'ordine u n i v e r s a l e ; è l'apertura all'esistenza di Dio, al Logos ontologico
supremo, fondativo del logos umano: il Dio scoperto dalla ragione teoretica
della persona che, dalla propria interiorità, illuminata dal “principio critico di
assolutezza” – come precisa Andrea Galimberti riguardo al potere intellettivo
della mente e al suo potenziale valoristico - ne deduce la trascendenza e pure
la primalità di principio creatore: “quale di fatto è, l’uomo porta
consapevolmente in se stesso il marchio, il segno consapevole della creazione.
Creazione è infatti causazione ex nihilo: e l’uomo conosce il nulla: lo reca in
sé, al centro del suo agire” (A. Galimberti, Filosofia trascendentale del
linguaggio, a cura di Bruno Salmona, 1985).
Quindi l’esistenza del Dio creatore è testimoniata dalla stessa realtà della
persona: “l’uomo non può asserire sé stesso, senza asserire ad un tempo Dio”
(ibidem): Dio, l’Assoluto, ma velato dal mistero.
2. Il momento logico-antropologico “ da Dio all'uomo”: l'inferenza
teoretica
La scoperta della genesi trascendente del lume di verità interiore comporta
una visione antropologica di grande significanza esistenziale e morale.
Infatti il secondo momento dell'indagine sulla fonte della pace svela il
fondamento di quello che, secondo alcuni pensatori, è lo statuto
ontologico-antropologico: svela la relazione primaria della persona con
Dio, col Principio creatore.
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Ciò significa che l'uomo reca l'impronta della partecipazione analogica
all'Assoluto: è il riflesso, tenue ma vero, della trascendenza divina.
Si può quindi affermare, con alcuni nostri maestri, che l'identità
antropologica è costituita dalla sintesi di finito-infinito.
È tale specificità originaria, per la traccia del divino nell 'umano, del
trascendente nella natura fisica, che fonda la dignità radicale dell 'essere
persona. Ritengo illuminante in merito una definizione antropologica di
M.F. Sciacca: “L'uomo è persona perché spirito ed è spirito perché gli è
dato il lume di verità, che non è opera sua né della società, né di altro
che sta al mondo; dunque l’ uomo non è persona dalla famiglia, dallo
stato, dalla società, dalla storia, dall'umanità ma solo da Dio, anche se è
vero che si fa persona con il concorso dell'ambiente in cui vive e come
membro della società: è dall'Essere ed è per l'Essere”. “L'uomo
sradicato dall'Essere, è inumano”. (M.F. Sciacca, L’interiorità oggettiva,
1967).
La dignità della persona umana ha, dunque, un
fondamento
ontologico-teologico: nella relazione primaria con il Principio assoluto.
E se tutti gli esseri umani appartengono alla categoria improntata dalla
relazione primaria col Principio divino, gli stessi fruiscono della
compartecipazione ontologica-analogica all'Unità divina: tutti gli uomini
sono accomunati tra loro dalla relazione creaturale.
Ne consegue un vincolo che può dirsi di fratellanza ancestrale
universale. Si tratta di un “legame”, tessuto dalla creazione divina, che la
storia dell’umanità ha lacerato, a causa dell’individualismo della violenza,
della sete di potere convergenti nei singoli e nei popoli: un legame che va
riconosciuto e vissuto concretamente, secondo l’empito (profondo ma spesso
ascoso) della persona, nella sua integralità. Così scriveva Tolstoj in una
lettera a Gandhi, evidenziando la propensione psicologica all’unione tra esseri
umani: “che l’amore, verso l’unione e verso l’attività che ne deriva, costituisca
la somma, unica legge della vita umana lo sente e lo sa nel profondo
dell’anima ogni uomo (come si vede più chiaramente nei bambini); lo sa
finché non viene confuso dalle false teorie mondane” (in: Emilio Butturini, La
pace giusta, 2007).
L’unità dei diversi è l’origine e il fine degli esseri umani.
Tale fulcro metafisico e teologico costituisce una pietra miliare dell’educazione
alla pace.
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3. Il terzo momento: “dall’uomo a Dio”. L’ascesa etico-pedagogica.
Il terzo momento della ricerca sulle sorgenti della pace è il momento d’ordine
etico e pedagogico: valoriale e finalistico: è il banco di prova in cui la libertà
umana si sente chiamata a coniugare la spontaneità soggettiva con
l’oggettività della norma morale.
Emergono così le conseguenze deontologiche, intessute di doveri, di obiettivi
ideali, di finalità valoristiche per l’azione e il perfezionamento interiore.
Attraverso le testimonianze etiche e l’opera educativa di maestri adeguati alla
integralità della persona, nella sua universalità e singolarità, verticalità e
orizzontalità, si sviluppa la meditazione sulla relazione primaria propria
dell’essere umano con l’Assoluto. Ciò comporta lo schiudersi del senso della
vita, quale luce illuminante il pensare, l’agire e la rotta del processo
educativo.
Secondo l’ottica orientata sulla sommità divina della dimensione verticale
dell’essere, la meditazione su tale valenza antropologica comporta l’empito
alla contemplazione e all’invocazione verso l’Infinito: Infinito mai posseduto e
pur colto nel suo rifrangersi in ogni realtà creata.
Se ne deduce l’attingimento ideale, sia pur sempre inadeguato, di una
pienezza che trascende ogni limite: è la pienezza della pace, come valoresintesi di tutti i valori: valori di verità, di bellezza, di bene, diffusi nel creato
cosmico e umano, valori appaganti e quindi pacificanti il cuore dell’uomo,
anche se in grado non assoluto, per il limite del nulla che - come si è detto tutto pervade.
Secondo l’ottica orientata sulla persona umana, quale intreccio delle
coordinate orizzontale e verticale, la promozione, educante al potenziamento
di consapevolezza (profonda, ma spesso celata) del rapporto teandrico, ossia
della relazione primaria con l’Unità trascendente, è foriera di un imperativo
categorico: suscita un monito, permeato dall’empito di autorealizzazione –
concernente i doveri, i valori, i sentimenti - che obbliga e attrae il soggetto
dell’educazione al riconoscimento e al rispetto della suprema dignità
creaturale di se stesso e dei propri simili. Riconoscimento-rispetto profondo,
ricco della fecondità morale, convergente nel valore-sintesi della pace.
Ancora, l’accensione della consapevolezza della relazione primaria con la
Radice ontologica - relazione quale comune denominatore della categoria
antropologica - costituisce pure la base della scoperta di una capitale verità:
verità della compartecipazione radicale di tutti gli esseri pensanti all’unico
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orizzonte dell’Infinito. Per tale totalitaria consustanzialità del genere umano,
in rapporto all’unica matrice divina, si deve affermare e vivere
concretamente, con passionata adesione, l’ appello all’unione universale tra
gli uomini.
Il rispetto per la dignità della persona deve venire vivificato dal senso della
solidarietà, dall’affetto tenero, generoso e compassionevole.
Rispetto, solidarietà e affetto devono valorizzare le risorse della nostra
personalità e offrire il dono promovente del bene altrui.
Quanto si è rilevato, nella prospettiva etico-pedagogica, può costituire una
matrice essenziale della costruzione della pace, a livello del singolo e della
collettività.
Rilievi conclusivi
Quanto risulta dalla precedente riflessione sui fondamenti dell’educazione alla
pace, rivela un’essenziale concordanza tra la ragione teoretica, ossia tra
l’attività naturale della mente, e la Rivelazione cristiana, basata sulla verità
soprannaturale, lumeggiata nel nostro “Preludio”.
Si tratta di un accordo tra la “filosofia della trascendenza teologica
razionalmente fondata” (M.F. Sciacca, Filosofia e Metafisica, vol I, 1962) e il
dato della fede biblica.
Ma, la teologia razionale, pur nella sua validità dimostrativa di alta
significanza, rischia di “scarnificare Dio”, ridurlo a “mera essenza” (ibidem):
La teologia razionale va animata dalla teologia rivelata. Così afferma lo
Sciacca; egli invita il nostro pensare all’umiltà, alla consapevolezza dei confini
che ne riducono la visione: “E’ atto della ragione autentica riconoscere i suoi
propri limiti, atto che include perciò stesso il riconoscimento del Mistero
teologico” (ibidem). Il lume naturale riconosce con un atto naturale il lume
soprannaturale: “ La filosofia (...) quando si scruta fino al midollo (...) si
scopre come fondamentale verità e come apertura al Dio rivelato e incarnato”
(ibidem). E’ il Dio del Cristianesimo.
Così, la ricerca dei fondamenti della pace, nell’educazione a tale valore
totalitario, si schiude ad una via illuminata e riscaldata dal fuoco dell’ Amore.
Infatti il Dio cristiano è Amore, con tutte le primalità ontologiche e
assiologiche che implica tale vertice dell’essere.
L’Amore, nella sua autenticità (pur non sempre identificata) si irradia dall’
Essere divino all’umanità, quale “seme” di ogni promozione di vita, di
bellezza, di verità e di bene.
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L’Amore è il fermento che genera la famiglia e l’autorealizzazione dei genitori
e dei figli.
L’Amore è il movente dell’opera educativa, nella reciprocità del
perfezionamento personale.
L’Amore è l’alimento delle organizzazioni sociali per l’umanizzazione della
collettività.
L’Amore è l’anima del dialogo ecumenico e interreligioso, per la collaborazione
tra le correnti della spiritualità universale.
In questa luce l’ Amore è foriero di unità nella diversità: genera così l’attuarsi
del valore-sintesi della pace e quindi anche l’itinerario educativo alla stessa
quale armonia universale. Ma, va rilevato che il tesoro prezioso della pace,
nello spirito cristiano, è il binomio preghiera-grazia: “Questo è il
comandamento mio che vi amiate scambievolmente come io ho amato voi”
(Giovanni, 15). “Tali cose vi ho detto affinché abbiate la pace in me” (ibidem).
E’ il testamento di Gesù. E la sua Preghiera al Padre è una supplica per
l’unità, effetto dell’amore e foriera della vera pace: “Padre santo, custodiscili
(...) affinché siano una cosa sola (...) affinché siano perfetti nell’unità”
(Giovanni, 17).
Così la religione cristiana può costituire il complemento della concezione
teistico-personalistica della filosofia – qui evidenziata - anche per un progetto
etico-pedagogico.1
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Nota Le mie sottolineature in merito alla religione cristiana costituiscono solo un cenno, doveroso da parte mia
per le mie convinzioni, ma che rimandano, come si è detto, ai contributi dei teologi.
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