Aldo Mele Orizzonti delle scienze Immagini e riflessioni nella storia a cura di Lia Mele Copyright © MMIX ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, 133 A/B 00173 Roma (06) 93781065 ISBN 978–88–548–2761–5 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: settembre 2009 mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 30-11-2008 19:16 Pagina 7 Indice Prefazione p. 9 Ringraziamenti p. 13 Introduzione p. 15 I. Scienza e filosofia p. 21 II. La Scienza dalle origini all’Ottocento p. 37 III. Complessità, caos e frattali p. 61 IV. La ricerca attuale p. 79 V. Ricerca Sperimentale e Teorica p. 111 VI. Il ricercatore p. 121 VII. Collaborazioni p. 137 VIII. Memorie e futuro delle Scienze p. 147 Glossario p. 165 Bibliografia p. 171 7 mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 30-11-2008 19:16 Pagina 8 mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 30-11-2008 19:16 Pagina 21 I Scienza e filosofia La parola“causa” è così fuorviante che è meglio eliminarla dal vocabolario filosofico. (Bertrand Russel) La storia della filosofia della scienza occidentale ha inizio all’epoca dei filosofi presocratici (per il loro avvento temporale precedente la figura di Socrate). Con essi la civiltà greca inizia a dare i suoi grandi frutti. Essi furono i primi a porsi domande propriamente scientifiche. Innanzitutto, qual è il principio delle cose e dell’universo (in greco arché)? Le loro domande non riguardavano solo la fisica, ma miravano a dare una spiegazione dell’intero cosmo. Infatti nel loro caso più che di una fisica si parla di una cosmologia. Diverse furono le risposte alla domanda riguardante l’elemento primo: chi lo pose nell’acqua (Talete 634-548 a.C.), chi nell’aria (Anassimene 560-528 a.C.), chi nel fuoco (Eraclito 540-480 a.C.). Anassimandro (610-546 a.C.), invece, diede una spiegazione più astratta e parlò di un indeterminato, un senza confini (greco àpeiron). Tutti questi filosofi furono anche scienziati e uomini coinvolti nella politica, fatto che attesta il coinvolgimento della loro riflessione nelle questioni del tempo. Uno dei nodi fondamentali della filosofia occidentale é il rapporto tra il soggetto e l’oggetto (in questo caso fra scienziato e 21 mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 22 30-11-2008 19:16 Pagina 22 Capitolo I Figura 1. La costa delle scienze raccoglie le varie discipline in un idilliaco contesto. natura). In filosofia, con questi termini si vuole distinguere fra la persona che osserva la realtà e il dato naturale stesso, in quanto opposto all’osservatore2. Questa relazione è per noi talmente ovvia che non vi riflettiamo più. La filosofia è una forma di risveglio, ma questo non può aver luogo senza l’aiuto della storia. Nell’antica Grecia era difficile distinguere con precisione il soggetto dall’oggetto, per la naturale predisposizione dell’uomo greco all’apertura estatica nei confronti della natura: l’uomo greco aveva una capacità molto maggiore della nostra di identificarsi con la fenomenicità della natura che si illuminava di dei e di fenomeni meravigliosi. Naturalmente questo è valido anche per l’uomo di altre culture all’inizio della loro formazione (l’uomo africano, asiatico, arabo). I presocratici sono stati i primi scienziati dell’umanità e il loro dire è soffuso anche di grande poesia e religiosità; sono stati i primi a riflettere sulla natura (physis) concetto che in loro è molto ampio, includente gli esseri umani, il mondo e perfino gli dei. Dai maggiori pre-socratici 2 Emblematico, in questo senso, è il termine usato nella lingua tedesca per dire “cosa”: gegenstand, che letteralmente indica ciò che sta davanti. mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 30-11-2008 Scienza e filosofia 19:16 Pagina 23 23 Talete, Anassimene, Anassimandro, Eraclito, Parmenide (520440 a.C.), Democrito (460-370 a.C.), Pitagora (571-497 a.C.) hanno per secoli preso ispirazione i filosofi e gli scienziati dei secoli seguenti. In essi la scienza (epistème) è la conoscenza nel senso più ampio possibile. All’interno non c’erano ancora le frammentazioni a cui siamo ormai abituati (poesia, filosofia, religione, arte, le differenti scienze teoriche e applicate). I presocratici si ponevano di fronte al fenomeno della realtà (al Tutto) liberamente, in apertura di spirito, sensibili alle cause delle cose, ma anche all’interconnessione di tutte le cause dell’universo. Una disposizione che è andata perduta nel tempo, e alla quale si sta faticosamente cercando di tornare oggi più da parte degli scienziati che non dei filosofi. Parmenide fu il primo ad avere la visione di un cosmo la cui vera realtà andava oltre l’apparenza dei fenomeni. Solo apparentemente le cose cambiano e mutano forma, in realtà tutto è uno, tutto è essere, pieno, perfetto, immobile. La scuola che seguì ebbe un bel da fare per spiegare matematicamente queste asserzioni, ma attraverso questo sforzo si affinarono anche le capacità di analisi e le logiche del paradosso. Eraclito si pose invece all’estremo opposto della concezione parmenidea, con l’affermazione che la realtà era un continuo fluire, e che non si poteva affondare il piede nello stesso fiume per due volte consecutive. Questo però non fece di lui un relativista scettico: anch’egli pensava ad una struttura comune a tutte le cose, che chiamò Logos, ragione intrinseca del cosmo, sebbene misteriosa e invisibile a tutt’oggi. I frammenti delle opere di Parmenide e di Eraclito esercitano un grande fascino, e ad essi si sono ispirati filosofi e scienziati, per le diverse interpretazioni possibili del loro pensiero, come fecondo lo è ogni pensiero importante. Come si vede, tratto comune delle filosofie dei presocratici fu il pensiero del Tutto, una ricerca completa, un amore della sapienza (filosofia), all’interno della quale non vi erano settori e neanche una netta delimitazione fra filosofia e scienza. mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 24 30-11-2008 19:16 Pagina 24 Capitolo I Figura 2. Platone. Particolare della “Scuola di Atene” di Raffaello Sanzio. A seguito delle concezioni eraclitee, sorse lo scetticismo, scuola critica importante, i cui dibattiti erano ancora ben vivi al tempo di Platone. Svolse un’importante opera di controcanto alle tentazioni di dogmatismo, presenti sia nella filosofia di Parmenide che nella filosofia platonica, il più importante esempio di pensiero dell’antichità greca, dell’intero Occidente3. Tuttavia è soltanto con Socrate (469-399 a.C.) che si inizia a intravedere la formazione del soggetto filosofico moderno, sebbene non vi sia ancora nel suo insegnamento nessuna critica nei confronti dell’ispirazione divina in quanto illusione o irrazionalità. Socrate parla addirittura di un misterioso “demone” (figura divina, ma non propriamente un dio) che lo ispira e gli impedisce di non esprimere ciò che gli viene suggerito. Per l’antico 3 Nel Medioevo europeo e anche successivamente era in uso dire che l’intero pensiero filosofico era l’opera di un nano (il pensatore dell’epoca in questione) ritto sulle spalle di un gigante (Platone). mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 30-11-2008 Scienza e filosofia 19:16 Pagina 25 25 greco l’oggetto, come l’oggetto religioso per così dire, non è ancora relegato a quella invalicabile distanza che noi moderni sperimentiamo. La storia del nostro percepire si mescola alla storia socio-culturale. Socrate è il primo pensatore della storia a porsi la domanda “cosa è”: cos’è la giustizia, il sacro, l’essere. Il cosa è – l’essenza (ousia) di Aristotele – concetto fondante del meditare filosofico, si affaccia sulla scena con questo grande, enigmatico personaggio. Socrate non scrisse nulla, ma insegnò gratuitamente ai giovani ateniesi, trasmettendo loro quello che aveva acquisito ragionando con se stesso e con i suoi contemporanei. Socrate è anche l’attore principale di quasi tutti i Dialoghi di Platone (427-347 a.C.), suo esimio discepolo e vertice del pensiero occidentale classico. Senza Aristotele, Socrate e Platone non esisterebbe né la filosofia, così come la conosciamo nella sua storia plurimillenaria, né la scienza. La triade classica verrà per così dire a ripetersi, con i tre grandi pensatori della modernità occidentale Cartesio (1596-1650), Kant (1724-1804) e Hegel (1770-1831). Dopo di loro, non riusciamo più a vedere le cose con uno sguardo ingenuo – e sarebbe davvero ingenuo pensare che potremmo: nessuno nasce tabula rasa, nemmeno l’analfabeta. La cultura di oggi, anche quella scadente e di terza mano di certa pubblicità e televisione, fa convergere la capacità di vedere verso una prospettiva, che, per quanto banale, è in realtà il risultato del peso intero della complessità accumulata nel corso di più di venti secoli di civilizzazione. Platone formò il suo pensiero negli anni trascorsi alla scuola del suo maestro Socrate. Secondo una metodologia di pensiero che sviluppò quella del suo maestro, Platone cercò di identificare e fissare per iscritto nei suoi celebri Dialoghi gli elementi strutturali della realtà che non muta. Ci riuscì partendo dalla domanda socratica cos’è? Socrate chiedeva ai suoi concittadini poco consapevoli di quel che vivevano cosa fossero per loro la giustizia, l’equità, la santità, la virtù, e tramite delle domande giuste convinceva il suo interlocutore che non era in grado di dare mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 26 30-11-2008 19:16 Pagina 26 Capitolo I una definizione di queste concetti. Il “cos’è” porterà gradualmente Platone alla sua concezione dell’essenza, l’idea. L’idea è un elemento stabile di conoscenza intellettuale tratto sperimentalmente dalla realtà ma formatosi nell’interiorità dell’anima. L’uomo esce dalla sua ignoranza quando apprende che tutta la conoscenza è dentro di lui e che bisogna soltanto risvegliarla. Nei Dialoghi, il cui personaggio principale è quasi sempre Socrate, Platone vuole dimostrare, ascendendo verso una teorizzazione sempre più complessa e ardita, come la realtà “vera” sia, come sosteneva Parmenide, nascosta agli occhi degli uomini, ma accessibile mediante e grazie alla realtà sperimentabile quotidianamente. Ciò che Platone cerca di mostrarci attraverso la sua opera è che esiste, una stabilità e una unitarietà del tutto, discernibile attraverso le idee in un cammino filosofico arduo e affascinante che passa attraverso la matematica e la geometria. Aristotele4 (384-323 d.C.), il più importante discepolo di Platone, se ne allontanò gradualmente e decisamente, criticandone soprattutto la dottrina delle idee. Il generale non poteva spiegare l’individuale, e l’individuale era ciò che andava definito con precisione. L’essere delle cose, parola chiave dell’intera filosofia platonica, non poteva consistere nell’approccio alla realtà, in qualcosa di unitariamente valido per tutte le singole cose. L’essere doveva potersi dire, e cioè spiegare, comprendere in molti modi. Questa concezione, che sta al centro della sua opera maggiore, la Metafisica, sicuramente veniva ad Aristotele dalla sua maggiore propensione all’osservazione della natura, soprattutto della biologia marina, mentre Platone era più propenso ad una riflessione astratta. Sommariamente, si potrebbe dire che Platone è stato il più grande fra i filosofi ad aver usato un metodo deduttivo, e Aristotele il più grande ad aver utilizzato un metodo induttivo, anche se, certamente, un solo elemento non 4 Diogene Laerzio nelle sue Vite dei filosofi narra che Platone chiamava Aristotele “la mente”. mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 30-11-2008 Scienza e filosofia 19:16 Pagina 27 27 può render giustizia alla profondità e complessità del loro pensiero. Aristotele aprì l’unità granitica dell’essere senza infrangerla, dando ad ogni campo dello scibile una sua dignità. Si può affermare con sicurezza che è stato la prima vera figura di scienziato-filosofo della storia. Le cause efficienti e finali di Aristotele, d’altra parte, corrispondono da vicino al nostro uso di “causa”. L’idea è che ogni cosa fa quello che fa (è in movimento) perché sta tentando di raggiungere il suo scopo. In particolare, ogni movimento si spiega come dovuto a un tentativo di raggiungere il suo naturale riposo o equilibrio. La filosofia trasse origine da una ricerca sul perché del Tutto, ma procedette in questa ricerca totale soltanto fino all’età ellenistica, epoca in cui la scienza propriamente detta subì un tracollo, con Plotino (204-270 d.C.) e con la sua scuola, detta NeoPlatonica. Prima dei neoplatonici bisogna però soprattutto ricordare la grande figura di Euclide (323-285/283 a.C.), che con i suoi Elementi pose le fondamenta della scienza matematica e della geometria, generando un modo di vedere il mondo che durerà per secoli, fino cioè all’epoca di Newton. Ci vorrà la ripresa e la critica della scienza geometrica che ebbe luogo del XIX secolo, con David Hilbert, per costituire una prospettiva differente. La teoria della relatività di Einstein metterà ancora più profondamente in crisi questa prospettiva fondante, immettendo l’elemento tempo e l’elemento dell’osservatore nel campo apparentemente intoccabile della fisica classica. Euclide, fu fondamentale perché usò un metodo interamente deduttivo, partendo da alcuni pochi assiomi centrali per dedurre un sistema perfetto. La concezione dello spazio dell’uomo occidentale ne trarrà la sua visuale. Quello euclideo è un sistema che dipende molto poco da considerazioni pratiche, anche se in esse troverà la sua applicazione, e trae la sua ragion d’essere dal rigore con cui giunge a decisioni inoppugnabili da quei pochi principi che erano stati posti all’inizio del suo procedere. mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 28 30-11-2008 19:16 Pagina 28 Capitolo I Il Medioevo europeo fu invece un’epoca in cui la ricerca scientifica subì un ribasso e la speculazione umana si concentrò sugli aspetti filosofici puri, soprattutto in relazione alla ricerca teologica, che raggiunse in questo periodo un vertice ineguagliato, soprattutto con figure quali S. Agostino (354-430), S. Tommaso d’Aquino (1225-1274) e Duns Scoto (1266-1308). Anche Aristotele venne letto soprattutto in relazione alla sua metafisica e alle opere sull’etica. Bisogna quindi aspettare la fine del Medioevo per vedere sorgere le prime figure di scienziati veri e propri, per es. Copernico (1473-1543), che osò per primo mettere in questione la centralità della terra nel sistema solare (derivante dall’interpretazione di un passo biblico, che si tendeva a leggere in funzione realistica oltre che teologica). Ma per riprendere, anche se solo per brevi tratti, la storia del nostro diventare soggetti, vediamo come, col tempo, attraverso Platone e Aristotele, il filosofo, prima vera figura del cittadino del mondo, avanza sulla scena. È in lui che dobbiamo per prima vedere le fattezze dell’uomo moderno e contemporaneo, che ragiona (anche se con poco rigore) per sé. Una lunga e avvincente storia, attraverso la filosofia ellenistica (scetticismo, stoicismo, Plotino e la scuola dei Neo-Platonici), la filosofia araba ed ebraica, e la grande filosofia cristiana medioevale, giunge alle prime prove di vera emancipazione dell’individuo, con i Saggi di Montaigne (15331592), gli scritti di René Descartes (Cartesio, 1596-1650) e di Spinoza (1632-1677), fino a giungere – con l’aiuto della scuola empiristica inglese, Locke (1632-1704), Berkeley (1685-1753) e Hume (1711-1776) alla figura eminente di Kant (1724-1804). È a lui che dobbiamo la prima chiara formulazione dell’autonomia dell’individuo, rispetto alla figura dell’uomo dipendente (eteronomo), la quale aveva trovato la sua prima formulazione filosofica nel pensiero platonico, aristotelico e neoplatonico. Con Kant, l’individuo può dichiararsi pienamente libero da qualsiasi influenza esterna, e determinare se stesso unicamente in base ai criteri della ragione vista nel suo modo di essere trascendentale (Ragion Pura). mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 30-11-2008 Scienza e filosofia 19:16 Pagina 29 29 Prima di Kant, nell’epoca moderna, Cartesio è stata la figura più grande di filosofo e di scienziato, al punto che si è detto, non a torto, che con lui nasce la modernità vera e propria. Mentre nelle altre figure del XVII secolo, anche figure di scienziati, la critica alla Scolastica era sottaciuta o indiretta, Cartesio le sferrò contro un vero ed aperto attacco. Eminentemente matematico e teorizzatore delle scienze naturali, fu un filosofo di prima grandezza, con cui si dovranno inevitabilmente cimentare le più grandi figure della filosofia del suo secolo e di quello seguente. Cartesio è il primo individuo che ha osato avventurarsi con la massima audacia nel territorio dell’Io, operando un’introspezione rigorosa ed accurata dei suoi fondamenti, e scendendo, si potrebbe dire, nei suoi abissi, con una meditazione interamente laica sulla personalità. Senza il Discorso sul metodo e le meditazioni metafisiche di Cartesio, non ci sarebbe stata la filosofia europea moderna e, quindi, neanche la grande filosofia kantiana. Kant rappresenta il culmine del pensiero dell’Illuminismo e, al contempo, la sintesi di tutto il pensiero precedente. Potremmo paragonare la sua filosofia alla musica di Bach, per lo sguardo d’insieme e per l’abilità concettuale nell’aver raccolto insieme tutti i materiali precedenti in una sintesi che fu infine portata avanti da Hegel (1770-1831), per quanto possa essere utile, anzi ingannevole, parlare di “progresso” nel caso di pensatori di questa enorme importanza. La più importante figura di scienziato italiano fu Galileo Galilei (1564-1642). Scrittore di talento ed esperimentatore tenace oltre che teorico, condusse una lotta, non voluta e sofferta con le autorità ecclesiastiche che non vedevano di buon occhio una conseguenza delle sue inoppugnabili scoperte, l’apparente contraddittorietà di alcuno passi biblici. Per la nascita della sperimentazione vera e propria Francesco Bacone (1561-1626) fu invece una figura essenziale: egli teorizzò per primo la necessità di rivolgersi all’osservazione della natura senza pregiudizi, senza formare teorie definitive sulla realtà. mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 30 30-11-2008 19:16 Pagina 30 Capitolo I Mise in luce con estremo vigore l’importanza di non affrettarsi a giungere ad una conclusione, mentre si osserva lo svolgimento dei fenomeni della natura. Rimase invece nebulosa la parte propriamente finale del suo metodo induttivo. La filosofia di Bacone corre il rischio di accumulare osservazioni sopra osservazioni, esperimenti sopra esperimenti, senza giungere al momento generalizzatore, cioè senza trarre le somme di quello che si è osservato. Per questo la si può definire una forma di empirismo radicale. Figura 3. Immanuel Kant. Ma è Kant ad esplicitare per primo la completa indipendenza, come pure la libertà, della ragione nel cercare in se stessa i fondamenti del suo conoscere5, del suo sentire morale6 ed estetico7. Nel pensiero precedente, la ragione assumeva il suo stato dalla sua dipendenza dal mondo, dalla società, dai sensi, nel fatto della sua creaturalità. Ora Kant, dopo aver cercato i confini del suo Io internamente a se stesso, alla pari di Cartesio, fonda la possibilità della ragione in se stessa. 5 Critica della ragion pura Critica della ragion pratica 7 Critica del giudizio 6 mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 30-11-2008 Scienza e filosofia 19:16 Pagina 31 31 Il tribunale della ragione – come lo chiama il nostro autore – deve giustificare soltanto di fronte a se stesso la validità e l’apoditticità del suo operare. Non ha da misurarsi con altri. Egli trova internamente alla ragione la giustificazione della scienza e del pensiero, invece di far dipendere la ragione dal mondo esterno, dai dati offertigli dai sensi. Dentro trova un intero mondo, che precedentemente era stato trovato fuori. Il fuori (l’oggetto) e il dentro (il soggetto) erano mantenuti in equilibrio a favore dell’esterno, fino ad almeno a S. Agostino e S. Tommaso, per poi essere messi in discussione gradualmente, ma decisamente a partire da Cartesio in poi. Il soggetto aveva acquistato così, in una relazione tutta da definire con l’avanzamento delle tecniche, delle istituzioni giuridiche e statuali, una posizione di primo piano, che lo aveva messo però in attrito e in crisi con le istituzioni che gli avevano fornito ogni sicurezza (la Chiesa e lo Stato per esempio). Si può dire insomma che la storia dell’uomo europeo è la storia di un uomo che si trova sempre più solo, privo di sicurezze. Si può facilmente immaginare quale tipo di conflitti interni ed esterni tale processo possa aver causato. Non che Kant neghi alcuno dei ritrovamenti concettuali e spirituali che lo hanno preceduto, però sposta il fulcro della verità internamente al soggetto, facendone un sovrano; al tempo stesso, e questo è il suo genio, non facendo dell’individuo un soggetto irresponsabile ed istintivo, ma anzi, anche per l’influenza del suo credo religioso protestante, ne sposta internamente il fulcro della responsabilità, rendendo l’individuo un soggetto pienamente responsabile delle sue azioni e dei suoi interventi nella società. Tutto questo si potrà comprendere meglio prendendo in considerazione una distinzione fondamentale del pensiero kantiano, quella fra fenomeno e noumeno. Il fenomeno è il mondo che ci viene presentato dai sensi e raccolto dalla nostra esperienza quotidiana, al quale si oppone il noumeno, il mondo dei concetti pienezza del mondo intelligibile, vero mondo in un certo senso, cui il soggetto è chiamato ad operare. mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 32 30-11-2008 19:16 Pagina 32 Capitolo I È l’intelletto, in base ad alcune categorie fondamentali, che dà forma al mondo, alla possibilità del mondo così come lo concepiamo. Il problema di Kant era infatti anche quello di fondare una scienza apodittica, cioè evidente, che si salvasse dalle obiezioni ad ogni intellettualismo che erano state formulate dal suo grande predecessore scozzese Hume (1711-1776). Questi, criticando il concetto di causalità, aveva sostenuto che qualsiasi legame causa-effetto reperibile nel mondo sensibile ha, quanto alla sua validità apodittica, un valore relativo al momento e a tutti i momenti in cui lo percepiamo. Il fatto che abbiamo osservato centinaia di volte il fenomeno sensibile per cui l’acqua (di uno stagno, di un lago), all’abbassarsi della temperatura, si trasforma in ghiaccio, non ci assicura del fatto che questo fenomeno debba avvenire ogni volta che la temperatura si abbassa sotto un certo livello. Potrebbe darsi, sosteneva Hume, che una volta, anche una sola volta, ciò non avvenga. Le conseguenze per qualsiasi fondamento scientifico e filosofico erano evidenti. Veniva infatti abolita l’idea stessa di un sapere stabile, capace di strutturarsi in leggi e in ordinamenti perenni. Kant trovò la strada per uscire da questo vicolo cieco dimostrando come ad essere legislatore sia l’intelletto, e come il metodo della scienza e della filosofia si fondi sulla innata capacità e fondatezza dell’intelletto di legiferare. L’intelletto umano insomma non era più in balia degli eventi esterni, ma era esso ad imporre alla realtà le leggi che, al contempo, aveva trovato come loro struttura, nel mondo esterno. Questi concetti, di estremo interesse nelle scienze del periodo newtoniano e post-newtoniano, verranno esaminati nei capitoli che seguono. Non si possono ignorare alcuni aspetti della filosofia che, presenti nelle filosofie da Hegel, Locke e gli esistenzialisti hanno un ruolo nelle scienze moderne. L’esistenzialismo ci libera dalle abitudini del passato fondato sul mito (una verità culturale, piuttosto che verità assoluta). Per citare Jean Paul Sartre (1905-1980), l’Esistenza precede e comanda mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 30-11-2008 Scienza e filosofia 19:16 Pagina 33 33 l’Essenza: è il fondamento dell’esistenzialismo. Io esisto come essere umano. Nella mia esistenza, definisco me stesso e il mondo intorno a me. La popolarità di questa filosofia (in particolare per i giovani) può essere compresa per la sua libertà di scelta personale e di individualismo in un contesto moderno dove non esiste una verità assoluta. L’Essere e il Nulla (1943) è il maggior documento dell’esistenzialismo. Il quesito primario è: cosa vuol dire appartenere alla razza umana? Nello svolgersi del pensiero filosofico che ha avuto sempre un riscontro nelle scienze non poteva mancare una corrente di filosofia che ci liberasse dall’abitudine di un passato fondato su un mito di una verità culturale piuttosto che una verità assoluta, quale può essere cercata in un contesto scientifico. Questa corrente di pensiero ha trovato la sua espressione nell’esistenzialismo di Sartre, Camus (1913-1960), Simone de Beauvoir (19081986) e altri autori della prima metà del XX secolo. In termini epistemologici si viene a negare che vi possa essere una assoluta e oggettiva descrizione del mondo senza che vi sia l’intervento di un interesse umano. I concetti di libertà e scelta sono di cruciale importanza nell’esistenzialismo e questo porta ad affermare che le scelte autentiche sono completamente indeterminate. È giusto chiedersi se in questo ambito sia possibile trovare una verità nel nostro rapporto con la natura. Le verità in filosofia, infatti, sono verità di fede; le verità delle scienze sono vere obbiettivamente e sono caratterizzate dalla loro certezza e dalla loro validità universale. Questi argomenti vengono sviluppati poi da Edmund Husserl (1859-1938) fondatore della teoria della fenomenologia dove si afferma che una ricerca va condotta in modo da mettere assieme i vari aspetti positivi e negativi. Essi tendono ad esaminare l’accettazione della materia inosservabile e i grandi sistemi eretti nel sistema speculativo, cioè ad opporsi al naturalismo (chiamato anche positivismo e oggettivismo), una visione del mondo che deriva dalle moderne scienze naturali e tecnologiche. I fenomenologisti quindi tendono a riconoscere il ruolo di una descri- mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 34 30-11-2008 19:16 Pagina 34 Capitolo I zione in termini universali, a priori, oppure in termini eidetici come una spiegazione a priori a mezzo di cause e scopi. La fenomenologia si è diffusa nel secolo XX in quasi tutti i paesi del mondo e nei più vari settori: nella geografia, la psicologia, l’ecologia, la medicina la danza e in molti altri. Per il suo continuo sviluppo e diffusione ad altre discipline e in tutto il pianeta, molti ritengono, anche se ciò è opinabile, che sia il movimento filosofico più significativo del XX secolo. È difficile mettere insieme fenomenologia, esistenzialismo e scienze. La fenomenologia rispecchia quanto si può osservare dal verificarsi di un qualche fenomeno in natura, in quale che sia il settore, sia delle scienze dell’uomo che di altre discipline. Nel XIX secolo il filosofo danese Soren Kierkegaard (18131855), il primo scrittore a definirsi esistenzialista, reagì contro la tradizione classica insistendo che il più alto valore per l’individuo è di trovare la sua unica vocazione. Scrisse infatti nel suo diario: «Devo trovare una verità che è vera per me... l’idea per la quale possa vivere o morire». Altri scrittori esistenzialisti hanno fatto eco al credo di Kierkegaard che ognuno deve scegliere la propria via senza l’aiuto dell’universale o altri obbiettivi standard. Contro la tradizionale visione che la scelta morale implica un giudizio obbiettivo di giusto o sbagliato, gli esistenzialisti hanno argomentato che non possono essere trovate basi razionali obbiettive per decisioni morali. Il filosofo tedesco Nietzsche (1844-1900) a sua volta contesta che sia l’individuo a dover decidere quale situazione deve contare come situazione morale. Prima di lui Leibniz (16461716) a questo proposito aveva affermato di fare una distinzione fra idee vere e idee false, e di non attribuire troppa libertà all’immaginazione dell’uomo con il pretesto che egli possiede un intelletto chiaro e distinto e crede proprio per questo di essere libero di inseguire le sue chimere. Nella storia della filosofia un commento di Hegel (17701831) in un certo modo può trovarci d’accordo con quanto afferma l’esistenzialismo a proposito dell’abitudine fondata su un mele_aracne_finale_04.qxd:mele_aracne 30-11-2008 Scienza e filosofia 19:16 Pagina 35 35 mito culturale. Hegel sostiene che «la storia della filosofia mostra che le filosofie, che sembrano diverse, sono una medesima filosofia in diversi gradi di svolgimento. La filosofia che è ultima nel tempo, è il risultato di tutte le precedenti». Sartre e gli altri non sarebbero probabilmente d’accordo con queste idee. Forse sarebbe il caso di ripensare a questi condizionamenti. Un filosofo all’inizio dei suoi pensamenti probabilmente cercherebbe di aggiornarsi nei dettagli su quanto è stato detto prima, e oggi può farlo con maggiore speditezza che non in passato aprendo il suo computer e consultando i vari autori speditamente. Le sue idee, cioè il pensiero del futuro filosofo potrebbero di conseguenza essere perfezionate dalla sua consultazione e probabilmente raggiungerebbero una maggiore completezza. Questa idea vuole rivolgersi al pensiero dei vari autori dell’esistenzialismo. Kierkegaard, Nietzsche e altri scrittori che sono stati deliberatamente non sistematici nell’esposizione della loro filosofia, potrebbero non essere più convinti della loro posizione antirazionale, ma solo che alcune importanti questioni nella vita non sono accessibili alla ragione o alla scienza. È forse illuminante riportare a questo proposito quanto ha detto Kant: «la scienza è la conoscenza organizzata, la sapienza è la vita organizzata». Questo forse ci fa ritrovare il bandolo che potrebbe essere andato perduto. Nel suo saggio sulla filosofia della natura, Hegel riporta che Kant su questo argomento rivive l’idea stessa di filosofia della natura, che non è niente altro che la comprensione stessa della natura, oppure, il che è lo stesso, la conoscenza del concetto di natura.