I RAGGI COSMICI

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I RAGGI COSMICI
L'atmosfera terrestre è costantemente raggiunta da un numero molto elevato di particelle oggetto di
numerosi studi da quasi un secolo: i raggi cosmici.
(IMMAGINE: sciame_colorato)
L'interesse che i fisici dimostrano per i raggi cosmici è dovuto al fatto che essi permettono di
comprendere l'universo che ci circonda fin dalle sue origini e di disporre di particelle più
energetiche di quelle che possono e potranno essere prodotte negli acceleratori.
La radiazione cosmica incidente sulla sommità dell'atmosfera terrestre include particelle cariche,
particelle neutre e nuclei ionizzati e costituisce un interessante campione di materia proveniente
dall'esterno del sistema solare analizzabile sulla Terra.
Si definiscono, raggi cosmici primari quelli accelerati da sorgenti astrofisiche e raggi cosmici
secondari quelli prodotti dall'interazione di un primario con la materia circostante.
(IMMAGINE: sciame colorato che si sviluppa nel tempo)
La scoperta dell'esistenza dei raggi cosmici avvenne ad opera del fisico tedesco Victor Hess agli
inizi del XX secolo.
All'epoca gli scienziati non riuscivano a giustificare il fatto che nell'ambiente ci fosse molta più
radiazione di quella che poteva essere prodotta dalla radioattività naturale, per esempio dalle rocce.
(IMMAGINE: roccia_radio, roccia_radio1, roccia_radio2)
Nel 1912 Hess caricò su un pallone aerostatico un elettroscopio a foglie e notò come questo si
scaricasse più velocemente in quota che a terra.
(IMMAGINE: elettroscopio, pallone)
In questo modo Hess dimostrò come la quantità di particelle cariche aumentasse con l'altitudine:
questo significava che la radiazione sconosciuta non era riconducibile alla radioattività naturale
della Terra, ovvero non aveva origine terrestre.
Hess osservò inoltre che questa radiazione non presentava significative variazioni di intensità tra il
giorno e la notte e che non diminuiva nel caso di eclissi solare: tutto ciò lo portò ad affermare che la
sorgente primaria dei raggi ionizzanti non fosse il Sole e che essi dovessero giungere dallo spazio
esterno più lontano del Sole.
(IMMAGINE: hess)
(IMMAGINE: Millikan)
Secondo Hess, che per la scoperta fu insignito del premio Nobel per la fisica nel 1936, la radiazione
era costituita da raggi gamma, gli stessi osservati nei decadimenti radioattivi naturali. Dello stesso
parere fu anche Millikan che, nel 1925, diede a questa radiazione naturale il nome di raggi cosmici.
Nel 1930 Rossi inventò per la prima volta dei circuiti di coincidenza elettronici, basati sull’uso di
valvole termoioniche. Con questa tecnica Rossi ebbe la possibilità di misurare coincidenze non solo
tra contatori posizionati verticalmente, uno sopra l’altro, ma anche tra contatori disposti
orizzontalmente ad una certa distanza tra loro. In quest’ultimo caso le coincidenze non potevano
essere dovute ad una singola particella. Questa fu la prima evidenza dell’esistenza di sciami di
particelle secondarie.
(IMMAGINE: rossi, rivel_rossi)
Nel 1933 Blackett ed Occhialini osservarono i primi sciami di particelle quando, con una camera a
nebbia e due contatori posizionati sopra e sotto ad essa, ottennero le prime fotografie di gruppi di
particelle associate, showers di particelle.
(IMMAGINE: camera_nebbia, tracce,)
Nel 1938 Auger e Maze poi, usando tre contatori Geiger e un circuito a coincidenze, rivelarono
l'arrivo simultaneo di particelle da raggi cosmici: ciò indicava che esse erano particelle secondarie
provenienti da una sorgente comune.
(IMMAGINE: anderson)
Le prime misure quantitative dell’energia e della carica, positiva, negativa o neutra, dei raggi
cosmici furono eseguite da Millikan e Anderson, utilizzando una camera a nebbia immersa in un
elevato campo magnetico: la curvatura delle particelle all’interno di un campo magnetico permise di
distinguere lo stato di carica delle particelle stesse mostrando la presenza di tracce sia positive che
negative. Inizialmente Millikan ritenne che le tracce negative fossero elettroni e quelle positive
protoni.
(IMMAGINE: campo_magn)
Successive osservazioni mostrarono l’evidenza di particelle positive con la stessa massa degli
elettroni: i positroni, primo esempio di particelle nuove osservate nella radiazione cosmica.
Grazie agli esperimenti condotti negli anni a seguire, si scoprì che i raggi cosmici erano una risorsa
per l'osservazione di nuove particelle che in altri modi, fino alla nascita dei grandi acceleratori, non
potevano essere prodotte: un insieme molto ampio di particelle con caratteristiche differenti.
La scoperta dei raggi cosmici fu dunque il primo passo verso la costruzione di quello che oggi è
noto come modello standard, una teoria che descrive insieme tre delle quattro forze fondamentali,
cioè l'interazione nucleare forte, l'elettromagnetismo e l'interazione nucleare debole, nonché la
funzione e le proprietà di tutte le particelle (note ed osservate) che costituiscono la materia.
Il Modello Standard divide le particelle fondamentali in due grandi classi: le particelle mediatrici
("trasportatrici") delle forze (denominati bosoni di gauge)
(IMMAGINE: bosoni)
e le particelle costituenti la materia ordinaria, ovvero i quark (che compongono gli adroni) ed i
leptoni, che risultano essere tutti fermioni.
(IMMAGINE: adroni, leptoni)
Il Modello Standard è costituito da 12 particelle fondamentali (6 leptoni e 6 quark) e 12 bosoni di
gauge (il fotone che media la forza elettromagnetica, i due bosoni W ed il bosone Z che mediano la
forza nucleare debole e 8 gluoni che mediano la forza nucleare forte), le cui combinazioni generano
tutte le particelle subatomiche osservate, fra cui ad esempio il protone e il neutrone.
(IMMAGINE: modello_standard)
Ma se pensate che sui raggi cosmici si sappia già tutto vi state sbagliando: i fisici hanno cominciato
a studiare gli sciami di raggi cosmici sempre più nel dettaglio e ancora oggi, pur avendo fatto molti
esperimenti e molte scoperte, vi sono alcune questioni aperte.
Se il meccanismo di accelerazione dei raggi cosmici è ancora argomento di teorie controverse,
molto di più sappiamo sulla loro composizione chimica, che fornisce informazioni sul luogo in cui
ha inizio il meccanismo di accelerazione e sul loro spettro energetico.
Vediamo innanzi tutto la composizione dei raggi cosmici.
Oggi sappiamo che il flusso di raggi cosmici primari, circa 1000 particelle per m2 al secondo, varia
per effetto del campo magnetico terrestre, osservazione questa che porta a concludere che la
radiazione cosmica sia composta prevalentemente da particelle cariche.
(IMMAGINE: sciame_percentuali)
I raggi cosmici primari sono infatti costituiti in prevalenza da protoni, da particelle alfa e da nuclei
di atomi più pesanti.
La composizione dei raggi cosmici nella regione di energie da 10 GeV a 100 GeV è ben nota: la
maggior parte di queste particelle sono protoni (circa il 92%), circa il 6% sono nuclei di Elio, 1%
sono nuclei più pesanti, 1% elettroni e circa lo 0.1% fotoni.
Per capire meglio l’origine dei raggi cosmici sono state osservate le abbondanze relative dei vari
elementi nei raggi cosmici mettendole a confronto con le abbondanze nella materia del sistema
solare. Come vedete le due distribuzioni si assomigliano molto, anche se i due gruppi di elementi,
Li, Be, B, e Sc, Ti, V, Cr, Mn sono molti ordini di grandezza più abbondanti nei raggi cosmici che
nella materia del sistema solare.
(IMMAGINE: comp_elem)
Ciò è dovuto al fatto che questi elementi sono quasi totalmente assenti tra i prodotti finali della
nucleosintesi stellare mentre sono presenti nella radiazione cosmica come prodotti di spallazione
(cioè una sorta di frantumazione dei nuclei più pesanti) sia dei nuclei di carbonio ed ossigeno
(creando Li, Be, B) sia di nuclei di ferro (creando Sc, Ti, V, Cr, Mn): gli elementi di questi gruppi
sono quindi prodotti nelle collisioni dei raggi cosmici con il mezzo interstellare attraversato.
Altre caratteristiche importanti dei raggi cosmici le ricaviamo dallo studio della variazione del loro
flusso in funzione dell’energia: lo spettro che vedete rappresenta il numero di raggi cosmici primari
che incidono sulla nostra atmosfera al crescere della loro energia per metro quadrato, per secondo,
per steradiante.
(IMMAGINE: spettro)
Come noterete, il flusso diminuisce esponenzialmente all'aumentare dell'energia della particella:
diventa più ripido attorno a 1015 eV ("detta in gergo regione del ginocchio") ed evidenzia un
ulteriore cambio di pendenza attorno a 1019 eV ("regione della caviglia").
Ad energie inferiori, lo spettro mostra una pronunciata attenuazione rispetto alla legge di potenza
che si osserva per le alte energie, a causa delle fluttuazioni dovute alla modulazione solare:
l'aumento delle macchie solari corrisponde ad un aumento dell'energia emessa dalla stella, incluso
l'aumento delle sue attività magnetiche, le quali, intensificando il campo magnetico che il Sole
esercita sulla Terra causano una diminuzione del flusso dei raggi cosmici.
(IMMAGINE: macchie_solari, macchie_solari1)
Il Progetto EEE si è posto come obiettivo la ricerca e lo studio dei raggi cosmici di altissima energia
poiché lo spettro dei raggi cosmici è ben analizzato e compreso a basse energia, mentre la
determinazione di punti sperimentali per raggi cosmici di alte ed altissime energie (E > 10 18 eV,
chiamati Ultra High Energy Cosmic Rays) resta un campo di ricerca d'avanguardia.
(IMMAGINE: uhecr, uhecr1)
Sono stati effettuati molti esperimenti, e molti altri sono in fase di analisi dati o di progettazione,
per capire quale sia l’origine dei raggi cosmici e quale sia il meccanismo che permette loro di
raggiungere tali valori di energia ed accelerazione ma tutt’ora le teorie sono contrastanti e i punti
sperimentali sono scarsi e con grande indeterminazione.
(IMMAGINE: via lattea, via lattea1, via lattea2)
Le osservazioni astronomiche indicano che la ricerca delle possibili sorgenti acceleratrici di raggi
cosmici deve essere fatta sia tra oggetti galattici, come giovani resti di supernovae e microquasar,
sia tra oggetti extragalattici, come nuclei galattici attivi e gamma-ray burst.
(IMMAGINE: sn)
Con il termine resto di supernovae si intende l’'involucro gassoso che una supernova genera in
seguito alla sua esplosione: esso è formato dagli strati più esterni della stella esplosa, che,
dilatandosi nello spazio, formano un guscio all'interno del quale può rimanere un nucleo rotante di
neutroni, una pulsar.
(IMMAGINE: pulsar)
Durante l'esplosione la maggior parte dell'energia è liberata sotto forma di neutrini; la restante
energia si trasforma in energia cinetica in grado di accelerare il materiale stellare causando un'onda
d'urto che si allontana dalla stella portando con sé parte del materiale stellare esploso.
I microquasar sono sistemi binari composti da una stella orbitante attorno ad un oggetto compatto,
un buco nero o una stella di neutroni.
(IMMAGINE: microquasar)
La stella libera materia che entra a far parte del disco di accrescimento rotante a velocità molto
elevata; durante la rotazione, la materia è riscaldata fino a milioni di Kelvin prima di cadere
sull'oggetto compatto. Da qui è espulsa sotto forma di getti relativistici bipolari, flussi collimati di
fluidi (gas o plasmi) all'interno dei quali può avvenire l'accelerazione di particelle.
In più nel nostro universo esistono molti oggetti astrofisici extragalattici, ma solo due sembrano
essere buoni candidati come sorgenti di accelerazione: i nuclei galattici attivi e i gamma ray bursts.
Fra i vari tipi di galassie presenti nell'universo, ce ne sono alcune che contengono al centro delle
sorgenti luminose poco conosciute in grado di produrre un'energia tale da non poter essere attribuita
alle emissioni delle stelle. I nuclei galattici attivi sono oggetti nei quali la produzione energetica
avviene a spese di un buco nero centrale estremamente massivo che si nutre del gas e delle polveri
che gli arrivano dal nucleo della galassia madre. Il buco nero alimenta poi due getti relativistici
emessi in direzione opposta perpendicolarmente al sistema a disco.
(IMMAGINE: agn1, agn2, agn3)
I gamma-ray burst sono dei potenti lampi di fotoni con energia tra 0.1 e 1 MeV che possono durare
da pochi millisecondi a qualche minuto. Essi sono rivelati da satelliti orbitanti attorno alla terra una
volta al giorno e sembrano avere una distribuzione isotropia nell’universo.
Studiando la luminescenza residua dei GBR, è stato scoperto che essi avvengono in galassie
irregolari, molto giovani ma lontane anche miliardi di anni-luce dalla terra. Si è scoperto che alcuni
di questi fenomeni sono stati provocati dall’esplosione di una stella supermassiva.
(IMMAGINE: grb, grburst)
(IMMAGINE: slide 3 presentazione raggi.ppt)
Ora che abbiamo visto come possono essere accelerati i raggi cosmici fino alle più alte energie,
vediamo cosa accade quando, interagendo con l'atmosfera terrestre, generano sciami atmosferici
estesi chiamati EAS, extensive air shower.
(IMMAGINE: sciame_mondo)
Questi sciami hanno origine da una particella così energetica da produrre un grande numero di
particelle secondarie e terziarie in grado di raggiungere la superficie terrestre con una notevole
energia cinetica nonostante le interazioni con le molecole dell'atmosfera. La produzione di particelle
si arresta solo quando le particelle prodotte non hanno più sufficiente energia per creare ulteriori
particelle.
Il flusso di particelle prodotte dall'interazione del raggio cosmico primario con l'atmosfera, ci
fornisce informazioni sull'energia del cosmico primario: più il numero di particelle è elevato, anche
milioni di particelle, più il protone incidente è energetico.
(IMMAGINE: sciame_dettagliato da rifare più bella)
Gli esperimenti studiano in genere la componente elettromagnetica e muonica degli sciami generati
dai raggi cosmici primari; il Progetto EEE si propone di ottenere informazioni sulla radiazione
cosmica primaria di alta energia osservando la componente muonica dello sciame: componente così
abbondante e altamente penetrante da permettere di posizionare i rivelatori nei locali interni alle
Scuole Medie Secondarie, siti sperimentali del Progetto.
I muoni sono le particelle cariche più numerose fra i raggi cosmici secondari a livello del mare: la
maggior parte dei muoni è prodotta nella parte alta dell'atmosfera (tipicamente 15 km) e perde quasi
2 GeV in ionizzazioni prima di raggiungere il suolo.
Quali sono le tecniche con cui noi possiamo osservare e studiare i raggi cosmici?
I metodi di rivelazione dei raggi cosmici primari si differenziano a seconda dell'intervallo di energia
che si vuole studiare.
Se fino ad energie dell'ordine dei 1000 TeV è possibile una misura diretta dei raggi cosmici primari,
cioè una misura dell’energia della particella prima che essa abbia interagito con le molecole
dell’atmosfera, la forte dipendenza del flusso dall'energia dei primari costringe ad effettuare misure
di tipo indiretto sulla componente di più alta energia, occorre cioè studiare lo sciame prodotto per
risalire all’energia del raggio cosmico primario incidente.
(IMMAGINE: sciame_rivelazione)
Le misure dirette sono effettuate portando in alta quota gli strumenti di misura. I rivelatori utilizzati
in tali esperimenti possono essere emulsioni fotografiche, pellicole per raggi X, rivelatori nucleari a
tracce, calorimetri, rivelatori Cherenkov: rivelatori che devono essere leggeri e di dimensioni ridotte
in modo da poter essere posizionati alla sommità dell’atmosfera.
(IMMAGINE: emulsioni1, emulsioni2)
Alcuni esperimenti alloggiano gli strumenti su palloni aerostatici, come ad esempio BESS e
CAPRICE, in altri i veicoli utilizzati sono satelliti e nel caso di AMS gli strumenti sono alloggiati
all'interno di una navetta spaziale. Il progetto AMS-02 prevede persino l'installazione di una
versione più avanzata del rivelatore AMS sulla Stazione Spaziale Internazionale.
(IMMAGINE: palloni, ams, ams1, ams11)
Ad energie superiori ai 1000 TeV la diminuzione del flusso di primari impedisce una misura diretta
in quanto non è possibile raccogliere un campione statistico significativo portando i rivelatori ad
alta quota. Per ovviare a questo problema si può ricorrere a misure di tipo indiretto basate sullo
studio di alcune componenti degli sciami prodotti dall'interazione dei raggi cosmici primari con i
nuclei dell'atmosfera terrestre.
Per effettuare tali tipi di esperimenti è necessario disporre di rivelatori di grande accettanza con
lunghi tempi di esposizione.
Gli esperimenti con queste caratteristiche possono essere condotti in superficie o a profondità
elevate sotterranee o sottomarine.
Negli esperimenti in superficie si utilizzano principalmente due tecniche: se l'energia del primario è
maggiore di 100 TeV, la sua interazione con i nuclei dell'atmosfera dà luogo ad un numero
sufficiente di particelle secondarie che raggiungono rivelatori posti su una montagna o al livello del
mare per energie maggiori superiori. Solitamente gli esperimenti sono costituiti da matrici di
rivelatori disposti sul terreno in maniera da ricoprire una vasta area, si utilizza cioè un array di
rivelatori. In base al numero, alla disposizione e al ritardo temporale relativo dei contatori colpiti, è
possibile risalire alla direzione di provenienza ed al numero di particelle presenti nello sciame.
(IMMAGINE: array, vedi slide 1 presentazione sciame.ppt per l’effetto)
Da ciò è possibile calcolare informazioni circa l'energia del primario che ha generato la cascata.
Se invece l'energia del primario non è sufficiente per produrre uno sciame che raggiunga la
superficie, si possono utilizzare rivelatori che sfruttano un particolare fenomeno che avviene
quando particelle cariche attraversano un mezzo con velocità maggiore della luce in quello stesso
mezzo: l’emissione di luce Cherenkov da parte di elettroni nell'alta atmosfera.
Questi rivelatori sono costituiti da riflettori ottici che focalizzano e raccolgono la luce verso i
fotomoltiplicatori. L'energia dello sciame è proporzionale alla quantità di luce Cherenkov raccolta.
Questo metodo richiede comunque di operare in ottime condizioni metereologiche, di notte e in
assenza di luce lunare e ciò riduce notevolmente il tempo utile di presa dati.
Negli esperimenti sotterranei, nei quali l’Italia si distingue per avere il più grande laboratorio
sotterraneo mondiale, i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, la roccia sovrastante il rivelatore lascia
passare solo la componente più penetrante di alta energia della radiazione cosmica, in particolare i
muoni.
(IMMAGINE: lngs, nemo)
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