L`islam e la modernità (L`islam e la modernità: la testimonianza

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L’Islam e la modernità.
La testimonianza di Smileagain in Pakistan
ANTONELLA SILVESTRINI
Buona sera. Il titolo di questo incontro è molto intrigante e
anche molto importante: L’Islam e la modernità. La testimonianza di Smileagain in Pakistan.
Come di consueto, innanzitutto cominciamo con i ringraziamenti. Ringraziamo i nostri
ospiti per aver accolto l’invito: il dottor Giuseppe Losasso, medico-chirurgo, presidente di
Smileagain Friuli Venezia Giulia e il professor Silvio Calzolari, docente di storia delle
religioni orientali e islamologia presso la Pontificia Università dell’Italia Centrale di
Firenze. Ringraziamo anche il settore Cultura, Sport e Istruzione del Comune di
Pordenone, in particolare la dirigente, Miria Coan che con entusiasmo ha accolto la
proposta di collaborazione per organizzare questo incontro e la Provincia per la
concessione del patrocinio. Invito subito l’assessore Anna Pagliaro per un saluto da parte
del Sindaco.
ANNA PAGLIARO
Buona sera a tutti. Buona sera ai nostri ospiti. Vi porto il saluto di
tutta l’Amministrazione, dell’assessore Cudin in particolare, che è impegnato in un’altra
manifestazione e il mio saluto personale perché, come Assessore alle Pari Opportunità
sono particolarmente sensibile a questi argomenti che, già in altre occasioni, ci hanno visto
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collaborare con l’associazione Smileagain. È una associazione di cui mi vanto di avere la
tessera; è una delle cose che tengo più care proprio perché l’argomento non può essere
ignorato in quanto è misura del grado di civiltà di un popolo. Non aggiungo altro, perché
so che verrà trattato con grande sensibilità anche dall’associazione La cifra che ringrazio
per questa iniziativa. Vi auguro buona serata.
ANTONELLA SILVESTRINI
Io proseguo con i ringraziamenti agli sponsor: Palazzetti,
Enface, Libra, Tici, Ristorante Martin, Executive e Regìa. In particolare mi preme ricordare
che è stato proprio un imprenditore nostro sponsor, Michele Valdes, uno dei titolari della
ditta Enface, a proporci di organizzare questo incontro a sostegno dell’associazione
Smileagain.
Quindi, in breve, riprendo alcuni elementi che, forse, molti di voi già conoscono intorno
all’attività di Smileagain, associazione Onlus fondata nel 2000 da un’imprenditrice italiana,
Clarice Felli, per aiutare le donne deturpate nel corpo e nel volto con acidi corrosivi.
Questo accade, purtroppo, in alcune regioni dell’India, del Pakistan, del Bangladesh,
dell’Afghanistan, a giovani donne, dai 12 ai 20 anni, spesso bambine, “colpevoli”, per
esempio, di rifiutare un matrimonio combinato o di reagire a un tentativo di stupro o ad
altri affronti. Smileagain aiuta queste donne, ma il suo programma è molto articolato e
chiederemo al dottor Losasso di raccontarci e di dirci qual è, in breve, la storia, ma
soprattutto quali sono i progetti per l’avvenire perché Smileagain si occupa non solo di
ridare un volto a queste ragazze, ma anche di aiutarle a reintegrarsi nella loro società, nella
loro città, nel loro paese, a trovare un lavoro e, quindi, a elaborare questo difficilissimo
trauma. Oltre a ciò, Smileagain opera con le istituzioni e con il governo in vari paesi, in
particolar modo in Pakistan.
Il dottor Losasso ha fondato nel 2003 l’associazione Smileagain Friuli Venezia Giulia, che
sta diventando sempre più importante nel panorama italiano e anche internazionale per
questa attività e per l’entusiasmo con cui si muove. Ha fatto molti viaggi, l’ultimo in
ottobre, proprio nei giorni del terremoto.
Noi, come associazione La cifra, in accordo con il Comune, abbiamo organizzato questo
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appuntamento a sostegno di una così importante battaglia civile, nella speranza che sia
occasione di educazione e di cultura, al di là di facili generalizzazioni, banalizzazioni o
strumentalizzazioni politiche dell’argomento. Con il proposito, pertanto, di analizzare e
capire quali sono i pregiudizi e gli arcaismi che stanno alla base di questi atti di violenza.
Abbiamo invitato un tecnico, uno studioso come il professor Silvio Calzolari, nell’intento
di introdurre nuovi spunti per nuove letture e nuove chance di elaborazione della
questione. Alcune persone, interpellandomi rispetto al titolo, L’islam e la modernità, mi
hanno detto: “Ma perché non L’islam e il medioevo?”. Ho risposto che il nostro interesse non
è rivolto al passato, agli arcaismi, bensì all’avvenire. Quindi, questo è il nostro augurio.
Sono assolutamente d’accordo con quanto diceva l’assessore Pagliaro. Più volte mi sono
trovata a dire che senza l’elaborazione della questione donna è preclusa la modernità, e
questo non vale solo per un paese, ma per ciascuno di noi, nella nostra famiglia, nelle
nostre aziende, nelle nostre istituzioni. L’avvenire dipende dall’elaborazione della
questione donna come questione intellettuale e mi auguro che questa sera facciamo un
ulteriore passo in questa direzione.
Ed ora la parola al dottor Losasso.
GIUSEPPE LOSASSO Buona sera a tutti e grazie di essere qui. Credo che sia la terza volta
che vengo a Pordenone, ho visto che c’è sempre un caldo interesse per questo problema
che noi portiamo avanti. Smileagain è una associazione che, per fortuna, sta crescendo.
Siamo qui dopo un anno, vi farò vedere qualcosa di quello che abbiamo fatto. Vi mostrerò
un breve filmato, preparato da La7, che è venuta con noi in Pakistan e poi ne ha trasmesso
una parte in un programma in TV qualche tempo fa. Il filmato illustra le nostre attività.
Dopo parleremo dei progetti, e apriremo il dibattito.
Proiezione del filmato.
GIUSEPPE LOSASSO Credo che non si possa fare a meno di pensare. Ecco, questo film fa
pensare a ciò che si può fare per queste persone, a ciò che è stato fatto e a ciò che noi
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vogliamo continuare a fare, ovviamente, se ne avremo la possibilità, se ci sarà gente come
voi che ha voglia di aiutarci. Avete visto almeno due ragazze pakistane, che sono state
operate da noi. La prima era Fakhra, il suo caso risale a qualche anno fa. Ma parliamo di
Nasreen che è l’esempio tangibile di quello che la nostra associazione è riuscita a fare.
Quando è arrivata a Udine praticamente come un animaletto impaurito, stava nel suo
lettino, non parlava con nessuno. Se parlava, parlava urdu, quindi non si capiva
assolutamente e solo dopo, col tempo, è cambiata, grazie alle persone che le sono state
vicino, non solo noi medici e il personale infermieristico, ma anche tutti i volontari.
L’amore che Nasreen ha ricevuto le ha permesso di cambiare. Ha imparato l’italiano
(addirittura faceva battute in friulano come avete sentito) e lo ha fatto tutto da sola.
Quando è ritornata con me in Pakistan, nell’ultimo viaggio che ho fatto, il quinto, aveva
quel bel sorriso sulla bocca. Il sorriso è una cosa difficile; ricollegandomi anche alla nostra
associazione, direi che il sorriso ha due componenti fondamentali: una è quella fisiologicameccanica data dalla contrazione dei muscoli mimici. L’altra, la più importante, è il fatto
di ridere perché c’è dentro un qualcosa che fa essere felici. Noi ridiamo quando stiamo
bene, quando abbiamo qualcosa che ci rende felici. E questo noi abbiamo ridato a Nasreen.
Avete visto come rideva? All’inizio non sorrideva affatto, sembrava quasi non ne fosse
capace. Noi l’abbiamo riportata a casa dai genitori, le abbiamo ridato una fisionomia
accettabile. Certe immagini non le abbiamo potute mostrare perché il filmato andava sulle
reti nazionali, non si poteva far vedere tutto. Era assolutamente senza capelli, aveva solo
un residuo di capelli nella zona occipitale, e noi, e grazie ad alcuni interventi, siamo
riusciti a riportarli fino alla fronte. Le guance sono state completamente rifatte, è cambiata
molto, questo ve lo assicuro, ma ribadisco il concetto del cambiamento forse più
importante che ha ricevuto, quello interiore. Cioè lei si è resa conto che è ancora una
persona con un futuro, una vita che potrà spendere. L’avete sentita, avrebbe voglia di
lavorare, adesso andrà a scuola. L'abbiamo riportata in Pakistan e, grazie all’intervento di
un missionario italiano che vive in una cittadina vicino a Lahore, avrà la possibilità di
continuare la scuola, se vorrà. E anche di lavorare, perché la signora Masarrat, che avete
intravisto nel filmato, mette a disposizione i suoi centri non solo per le visite, ma anche per
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far lavorare queste ragazze. Quindi, la vita di Nasreen è completamente cambiata. È
chiaro, se si potesse fare così con tutte, sarebbe il massimo. Noi cerchiamo di farlo con più
persone possibili.
Quali sono i nostri progetti? Un progetto fondamentale è organizzare un master per le
infermiere. Questo, in pratica, è già iniziato a Udine, presso l’Ospedale Civile. Ci sono già
accordi scritti fra noi e il Fatma Hospital, che avete visto nel filmato, direttamente con i
responsabili della direzione dell’ospedale e del college di Lahore per rendere attuabile
questo master. In pratica, alcune infermiere pakistane verranno da noi a Udine, ad
imparare a fare il nursing e l’anestesia, perché in Pakistan ce n’è bisogno. Dovremo,
ovviamente, trovare una formula per poter rilasciare loro, extracomunitarie, un certificato
di frequenza valido anche per il loro paese, lo troveremo. Quello che vorremmo fare
ancora, è un master per medici, perché riteniamo che sia giusto che siano i medici
pakistani a curare i loro connazionali. Quindi, cercheremo di trovare il modo, la formula,
per poter insegnare, diciamo così, a questi medici che hanno un grande desiderio di
imparare, perché possano, un domani, lavorare gratuitamente per i loro connazionali.
Questo sarà un patto, cioè noi insegnamo, ma loro dovranno impegnarsi a lavorare
gratuitamente per qualche anno. Questi sono i progetti più immediati. Poi, ce ne sono altri.
Vogliamo costruire un centro ustioni in Pakistan, con degenza e riabilitazione. Sono cose
già sulla carta, però, ovviamente, bisogna aspettare che ci siano anche possibilità
economiche. Purtroppo, senza soldi, non si va da nessuna parte. I primi viaggi li abbiamo
fatti a spese nostre. Però, dopo, quando la cosa è diventata importante, le spese sono
cresciute ed ora non ci si può più “arrangiare”, bisogna essere organizzati. E ne abbiamo la
possibilità, costituiamo già un gruppo di chirurghi plastici: quattro hanno deciso di
muoversi, di altri due è imminente l’adesione. Ci alterneremo nei nostri viaggi in Pakistan,
ma capite che ogni viaggio, ogni intervento e ogni paziente, ha un costo e, se vogliamo
continuare a intervenire, dobbiamo chiedere finanziamenti.
Hanno organizzato una festa in nostro onore. Ci hanno invitati e premiati con una targa.
Inoltre, ci hanno dato la possibilità di parlare, a Islamabad, nell’ospedale militare della
capitale del paese, di fronte a circa 300 “stellette”, ossia coloro che comandano in Pakistan,
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dove il potere è diviso tra religione, potere economico e militare. Siamo stati premiati dal
medico personale di Musharraf, quindi, ufficialmente, noi siamo accettati e questi premi
hanno per noi il significato di essere accettati in questo paese lontano, anche per la
mentalità, un paese dove le cose possono cambiare da un momento all’altro. Il fatto di
essere accettati ci permette di lavorare con una certa tranquillità. Quindi, ufficialmente c’è
la disponibilità da parte del governo e anche dei colleghi. Ovviamente si potrebbe pensare
che a qualcuno diamo fastidio, ma per ora, non è successo niente, quindi, speriamo che
non sia così.
ANTONELLA SILVESTRINI Un’ultima domanda: qual è la risposta delle famiglie e della
società?
GIUSEPPE LOSASSO Sì. C’è stata. Noi siamo molto soddisfatti anche di questo perché non
ci siamo limitati soltanto alla parte tecnica. Oltre ad operare, a fare gli interventi, abbiamo
anche cercato di organizzare, come questa sera, degli incontri pubblici, con giornalisti, con
i mass media, per sensibilizzare l’opinione pubblica. Siamo riusciti, e questo merita di
essere detto, a portare alcune donne acidificate e da noi operate, davanti alle TV locali, nel
loro paese. Potrà sembrare una cosa da poco, invece è tantissimo, perché il fatto di
dichiarare pubblicamente di essere state acidificate dal marito o dall’amante e di averli,
magari, anche denunciati, e poi presentarsi alla televisione a raccontare i fatti, è una cosa
veramente difficile, quasi impensabile in Pakistan, paese integralmente musulmano.
Pensate che le acidificazioni ufficialmente dichiarate sono circa 300-350 l’anno. Per rendere
ufficiale un’acidificazione, bisogna che ci sia una denuncia, cioè è necessario che la donna
acidificata vada all'ufficio di polizia e faccia una denuncia scritta contro l’assalitore.
Questo è un evento rarissimo, perché la donna che fa una cosa del genere rischia di essere
eliminata. Quindi, se solo 300-350 l’anno vengono dichiarati ogni anno, pensate a quanti
sono in realtà.
ANTONELLA SILVESTRINI Sì. Dal filmato mi pare di aver capito che questa pratica è
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sempre più frequente nei paesi in via di sviluppo e che è diventata una moda tra i giovani
e, quindi, volevo chiedere al professor Calzolari qualcosa anche a questo proposito.
SILVIO CALZOLARI Certo, questa pratica sembra quasi un gioco. Dei giovani gettano
l'acido addosso a delle persone. Io non avevo visto il filmato, però, ero conoscenza di
questo fenomeno: in India giovani uomini gettano acido addosso alle donne. Ne ho viste
tante a Calcutta, donne sempre giovani, sfigurate con l’acido da bande di ragazzi,
seguendo questa moda aberrante, che trova una giustificazione ideologica nella società
fallocratica, maschilista, una società che odia le donne. Parliamo soprattutto dell’Islam, ma
si potrebbe probabilmente dire la stessa cosa anche per quanto riguarda certi aspetti della
società indù o altre tradizioni. Società maschili, chiuse, che si sentono minate dalla donna
che esce, dalla donna che va in giro, dalla donna che dice no, che risponde no;
naturalmente l’uomo si sente frustrato e reagisce. Reagisce con l’avvallo della società, della
gente. Non vi deve sembrare molto strano: pensate alla nostra Italia meridionale, pensate
al delitto d’onore. Sono pratiche che hanno una precisa ragione di essere, come certe
condizioni sociali, certe mentalità, certe forme mentali. Quella dell'acido è una moda che
ora si sta diffondendo...
GIUSEPPE LOSASSO Ma perché usare l'acido? Verrebbe da pensare che in quei paesi, la
cosa più logica sarebbe prendere la donna e buttarla nel fuoco.
SILVIO CALZOLARI È più difficile.
GIUSEPPE LOSASSO
Oppure, colpirla con una mazza, con un bastone. Ma pensare
all’acido...
SILVIO CALZOLARI. L'acido dissolve, dissolve il volto, la figura, la scioglie. È molto più
facile comprare una tanica di acido che non portarsi dietro la benzina, cospargere la
vittima e poi darle fuoco. L’acido scioglie. È fuoco liquido che scioglie. Indagheremo dopo
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che cosa vuol dire, nella psicologia islamica, colpire e sfigurare il volto di una donna.
Questo filmato suscita un’infinità di riflessioni sul fatto che, per esempio, non si possano
fare le fotografie o che le donne non vogliano essere fotografate. Una volta erano gli
uomini a non voler essere fotografati nel mondo islamico, come anche in certe società
primitive. Oggi sono le donne che non possono essere fotografate, perché ci sono
problematiche che riguardano il volto. Vediamo un po’ di focalizzare. Nel filmato si è
parlato di shariah. La shariah è la legge islamica. Avete sentito, no? A un certo punto, la
signora di quell’associazione pakistana dice che, secondo la shariah, per una donna
violentata, stuprata occorrono quattro testimoni uomini. Non è facile trovare quattro
testimoni uomini che siano, naturalmente, buoni musulmani. E aggiungo che è molto
difficile trovare persone disposte ad appoggiare la testimonianza di una donna andando
contro altri uomini, perché c’è un’omertà, un sistema molto particolare nella società
islamica, anche se non in tutti i paesi. Non voglio generalizzare sull’Islam, mi accusano
sempre di farlo, invece no, non generalizzo. L’Islam è una realtà estremamente variegata,
un’infinità di etnie, popoli, nazioni, lingue. Va dal Marocco, quindi dall’oceano Atlantico
fino all’Asia centrale, al Pakistan, all’Afghanistan. Poi, scende giù fino al subcontinente
indiano, per poi arrivare all’Indonesia, paesi che un tempo non erano assolutamente
islamici e lo sono diventati recentemente. Quindi, l’Islam è una realtà che comprende
moltissimi popoli. L’Islam è una realtà sovraetnica e sovranazionale. È una religione che
porta con sé la lingua del Corano, una lingua assolutamente importante, perché è la lingua
di Dio, che uniforma popoli, razze, tradizioni diversissime tra loro. E qualcosa che va oltre.
La comunità dei musulmani si chiama umma. Umma vuol dire madre. Quindi, pensate un
po’, la comunità dei musulmani, una società fallocratica, teocratica, maschilista,
patriarcale, nata in Arabia e, quindi, nella società beduina che fa dell’oasi il modello stesso
del clan, con tutti i suoi vincoli di sangue, la struttura portante, chiama la comunità
“madre”. Questo termine vuol dire qualcosa. Dove arriva l’Islam, in paesi con lingue e
culture diverse, si diffonde il Corano e la lingua araba diviene la lingua che viene insegnata
ai bambini fin dalle elementari, a volte addirittura prima della lingua nazionale.
Non tutto l’Islam è così, certamente. Il mondo islamico si diffonde in Pakistan, in
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Afghanistan e lì si arricchisce delle tradizioni locali, come, ad esempio, un’altra pratica
aberrante che non è dell’Islam, ma che gli imam, perlomeno alcuni, considerano santa, che
è l’escissione del clitoride, l’infibulazione. La mutilazione dei genitali femminili veniva
probabilmente praticata fin dall’epoca faraonica; infatti, si parla addirittura di
“infibulazione faraonica”. Alcune mummie sarebbero state trovate con questa mutilazione
genitale che è nata in Egitto, nel Corno d’Africa, in Etiopia. Quindi, non sono pratiche
islamiche, ma si stanno diffondendo perché molti imam le considerano azioni pie, da farsi
perché, in questa maniera, viene salvaguardata l’integrità della donna fino al matrimonio.
In più, si impedisce alla donna di provare piacere durante il rapporto sessuale. Gli uomini
hanno sempre avuto paura del piacere della donna durante il rapporto sessuale, perché
ritenuto una forma di potere delle donne sull’uomo. In questa maniera, la società maschile
fallocratica, teocratica, bloccata in questa dimensione stranissima, in questa società
maschile dei beduini delle oasi del deserto, può impedire alle donne di evolversi e di
gioire del sesso. Quindi, pratiche come la mutilazione dei genitali femminili non sono
dell’Islam, ma l’Islam le ha accolte e inserite nella sua cultura.
La shariah è la legge islamica, fondata sul Corano. Nel Corano, che è diviso in tanti capitoli
chiamati sura, si dice tutto e il contrario di tutto. Possiamo trovare alcune sura che
inneggiano al “vogliamoci tutti bene”, “noi siamo fratelli degli ebrei e dei cristiani”.
Invece, moltissimi altri versetti del Corano contraddicono questo e inneggiano alla guerra
santa, allo sterminio dei miscredenti, dei cristiani, degli ebrei. In realtà, queste sura
violente, sono molto più numerose delle sura di fratellanza, di amore universale.
Nelle sura ci sono versetti che parlano di uguaglianza fra uomini e donne e tantissimi altri
versetti che, invece, parlano della superiorità degli uomini sulle donne. Vi dico questo
perché il Corano è un libro pieno di contraddizioni. Ce ne sono talmente tante che, se voi
cominciate a leggerlo dall’inizio alla fine, vi fermate dopo poche pagine, perché vi dite:
“Ma come? Questo contraddice quanto è detto prima! Non ci capisco più nulla!”.
È proprio così, perché il Corano è l’unico libro — diciamo così — “divino” (loro lo
considerano addirittura Dio), che accetta il principio della contraddizione di Dio. C’è un
versetto dove Dio stesso dice: “Io ho detto una cosa precedentemente. Ora ne dico un’altra
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che abroga quanto ho detto prima. Io sono Dio. Tutto posso”.
Partendo da questo presupposto, nei versetti del Corano che abrogano noi possiamo
trovare di tutto. Ce ne sono alcuni che vanno naturalmente d’accordo con un certo Islam
moderato, democratico, tollerante. Invece tanti altri portano l’acqua al mulino dei
terroristi, degli integralisti, dei fondamentalisti; addirittura, si dice: “Uccidi il nemico.
Uccidi il miscredente”. C’è un versetto del Corano dove sembrerebbe pensabile un Islam
femminista, perché, addirittura, dice che il profeta Maometto aiutava la giovanissima
moglie Aisha, l’ultima moglie, la concubina del profeta, un’adolescente che Maometto
sposò in tardissima età e tra le cui braccia morì. È scritto che il profeta aiutava questa sua
giovane concubina nelle faccende domestiche. E, allora, alcuni imam, specialmente, in
Turchia, hanno detto: “Avete visto? Maometto aiutava una donna in cucina”. Si trova di
tutto, nel Corano.
Ci sono le basi della legge, la legge di Dio. Alcuni dei precetti poi, subito dopo la morte
del profeta, sono stati interpretati, valutati, da collegi di giuristi. E lì è nata la shariah, ossia
quella legge basata sul Corano e sulla sura, su certe tradizioni e detti (hadit) attribuiti al
profeta, raccolti subito dopo la sua morte o nei secoli successivi. La shariah è quindi una
legge che va ben oltre tutte le leggi e gli uomini, perché è basata sul Corano e il Corano è
Dio, immodificabile, anche se pieno di contraddizioni. Allora, qualsiasi legge fatta dagli
uomini, qualsiasi legge costituzionale, qualsiasi carta costituzionale è inferiore alla legge
proposta dalla shariah, perché la legge di Dio è superiore a tutte le leggi degli uomini. In
più, si ritiene — e qui c’è il problema dell’Islam fondamentalista e dell’Islam modernista
— che qualsiasi interpretazione della legge sia stata chiusa con la chiusura delle porte
dell’interpretazione, che avviene, grosso modo, fra il XIII e il XIV secolo. Quindi, tutte le
interpretazioni e tutte le leggi che sono state fatte fino quel periodo, possono trovare una
loro logica e una loro validità. Ma, dopo la chiusura delle porte dell’interpretazione, cioè
dopo il tredicesimo secolo, nessuna nuova legge può essere fatta e niente più può essere
aggiunto.
Quindi la shariah è una legge basata su un testo rivelato o apparso, secondo la tradizione
musulmana, nel VII secolo dopo Cristo, con interpretazioni di giurisperiti islamici e
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studiosi della legge, fino al tredicesimo secolo. Dopo mai più nulla è stato fatto, non può
più essere aggiunta una virgola, da quell’epoca in poi. Voi capite come questa legge
proponga un sistema normativo fermo a quei tempi. È questo il problema.
I modernisti, quelli che dicono di dover operare una modernizzazione all’interno
dell’Islam, auspicano l’apertura delle leggi dell’interpretazione. Cioè, non è che vogliano
leggi che vengono dall’Occidente, piuttosto vorrebbero ritrovare nel Corano quelle
espressioni e adattarle alla società moderna, perché i tempi cambiano, le società si
evolvono e, se il Corano era valido a quell’epoca, probabilmente è valido anche ora., ma
occorre studiare nuove formule interpretative e riaprire la porta della tradizione basandosi
sul Corano.
Questo dicono i modernisti, ma essi non hanno voce nell’Islam. Hanno voce fuori
dall’Islam, nell’Islam vengono condannati. Pensiamo a certi professori che propongono
queste cose in Egitto e che sono stati accusati di essere dei miscredenti. Sono stati accusati
di apostasia, sono stati costretti a lasciare la moglie, hanno perso il posto di lavoro e, il più
delle volte, sono stati costretti a andarsene all’estero. Parlano di queste cose all’estero, ma
non, certamente, nel loro paese. Quindi, la shariah è una legge, basata su Dio e sul Corano.
Immutabile, perché le porte dell’interpretazione si trovano chiuse dal tredicesimo secolo.
La shariah si basa su tre precise sudditanze. Superiorità del fedele sull’infedele: il fedele è
l’islamico, e l’infedele è tutto il resto del mondo. Superiorità dell’uomo sulla donna.
Superiorità dell’uomo libero, cioè islamico, sullo schiavo. E questo già la dice lunga.
Quindi, è una struttura piramidale che si basa su tre rapporti superiore-inferiore: uno di
questi riguarda proprio la donna e la shariah sancisce la superiorità dell’uomo sulla donna.
L’Islam, dunque, afferma nettamente la superiorità dell’uomo sulla donna perché, è
scritto, “Dio preferisce gli uomini alle donne”. Questa è la sura IV, 34. Da questa
superiorità dell’uomo segue una serie di diktat. Per esempio, il divieto per le donne di
lasciare scoperti i capelli (sura XXIV, 31), da cui l’uso del velo, che non è direttamente
indicato nel Corano, però, sta scritto che le donne non devono andare in giro lasciando
scoperte le belle parti del corpo.
Un altro punto del Corano che io consiglio sempre di non dimenticare è che spesso queste
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sura discendevano da Dio al profeta Maometto per risolvere problemi del profeta
Maometto. Per esempio, Maometto aveva una giovanissima moglie della quale era
gelosissimo e, guarda caso, dal cielo scese una sura divina che gli disse: “Consiglia a tutti i
fedeli che le donne devono andare in giro coperte, a cominciare dalla tua”. Ecco il divieto
di lasciare scoperti i capelli e l’imposizione del velo. Però, anche la pelle delle braccia deve
essere coperta e naturalmente il seno, le spalle, le gambe.
Niente sesso per le donne, eccetto la relazione legittima con il marito, e quella sola. Il
marito può possedere più spose, fino a quattro, come dice la sura IV, 3. E inoltre, può avere
anche un grande numero di concubine, questo dice la shariah. Naturalmente, l’uomo ha il
dovere di mantenere le donne, cioè può avere tutte queste spose se può mantenerle. Però
non tutti i paesi islamici accettano questa forma di matrimonio con più spose.
La poliandria, cioè più mariti per una donna, oggi è condannata. Era invece accettata
nella società pre-islamica. La donna ha l'obbligo di castità, se non si sposa, (sura XVII, 32)
ed il divieto di maritarsi con non mussulmani. Anche questo è un punto molto importante,
perché un uomo mussulmano può sposare una donna della religione del Libro, per
esempio cristiana, oppure un’ebrea. E non è detto che la donna debba per forza
convertirsi. Se un mussulmano sposa una donna della religione del Libro, i figli saranno
sempre del marito, non saranno mai della moglie. Appartengono sempre al mussulmano,
però non è detto che la donna debba per forza convertirsi. Invece, se la donna musulmana
vuole sposare un non mussulmano, il non mussulmano si deve convertire all’Islam.
Proprio per lo stesso motivo, poi, i figli apparterrebbero al marito e, di conseguenza, è
necessario convertirsi all’Islam. Assoluta proibizione per le donne di indossare vestiti
maschili. Nessuna promiscuità nelle moschee. Divieto di stringere la mano a un uomo se
non con un guanto. Tutti questi principi sono contemplati nella shariah. Poi, ci sono tante
altre cose. L’adulterio della donna è punito con la lapidazione. Però le cose cambiano da
paese a paese islamico. Le donne adultere vengono sepolte fino al collo e lapidate. Sapete
perché le donne vengono sepolte fino al collo, mentre gli uomini fino alla cintola, per cui
molti uomini si salvano, mentre le donne muoiono? Perché una donna, cercando di
liberarsi, potrebbe, con i suoi movimenti, mostrare un seno e questo getterebbe scompiglio
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negli occhi dei fedeli. Quindi, sarebbe di scandalo alla comunità. Per questo le donne sono
coperte fino al collo e, di conseguenza, muoiono dopo quattro o cinque sassate, mentre
alcuni uomini condannati alla lapidazione si salvano. Un tempo, le donne adultere
venivano murate vive. E poi, ci sono altre cose. La legittimazione da parte del marito a
picchiare la sposa in caso di sospetto, perché la colpevolezza della donna è sempre certa.
Poi, il ripudio e tutte queste pratiche...
GIUSEPPE LOSASSO Non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra che, per quanto riguarda
l’indipendenza, l'autonomia della donna, il Corano la consenta e dobbiamo dire che in
Pakistan, paese assolutamente mussulmano, la donna, per esempio Benazir Bhutto, può
raggiungere altissimi livelli.
SILVIO CALZOLARI Questo è un discorso estremamente complesso. Comunque, la donna
può lavorare, è giusto che lavori, può avere la sua occupazione. Il Corano consente alla
donna di lavorare e avere una sua indipendenza. Una delle mogli del profeta era una
commerciante di cammelli, aveva le sue attività economiche. Le donne del Corano,
all’inizio, sono donne che hanno un lavoro, hanno attività, sono donne vitali, piene di vita,
piene di fantasia, sono donne guerriere. Addirittura sono loro che portano avanti gli
uomini. Pensate a Fatima, la compagna di Alì, il genero di Maometto, colui che terrà poi
l’egira sciita. Sono donne che combattono, cavalcano, vanno alla guerra. Quindi,
immaginatevi una società, all’epoca del Corano, che viveva ancora dei riflessi di antiche
società matriarcali esistenti prima della venuta del dio maschile.
GIUSEPPE LOSASSO Quindi, sembra che il Corano dia una certa libertà alle donne, ma, in
pratica, la religione, ha delegato a un uomo, l’imam, il potere di controllarla.
SILVIO CALZOLARI Certo.
GIUSEPPE LOSASSO Da un certo punto di vista sembra che le donne non possano fare
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assolutamente nulla. La donna non può. Se non nasce, è ancora meglio. Perché già quando
nasce, crea un problema. Quando nasce una donna lì sono disperati, è un funerale. “E
adesso come facciamo? Dobbiamo allevarla, crearle la dote, dobbiamo farla sposare”. Però,
guarda un po’, il Corano consente l’indipendenza della donna. Può essere autonoma, può
gestire, e, infatti, vediamo che alcune donne lo fanno, ma è la ricchezza che dà libertà di
fare. La donna ricca può studiare, può diventare primo ministro. Sappiamo che la Bhutto
appartiene a una delle 22-24 famiglie che rappresentano l’economia del Pakistan. Tutto il
potere è concentrato in queste famiglie e la Bhutto proviene da una di queste famiglie di
latifondisti, proprietari terrieri, prevalentemente. Lei è riuscita a diventare primo ministro.
SILVIO CALZOLARI È un caso raro, comunque.
GIUSEPPE LOSASSO Raro, sì. Però ci sono anche direttrici di giornali, primari ospedalieri,
avvocati di fama. Insomma, la donna ha questa libertà. Ma la libertà è concessa alle donne
che hanno ricchezza...
SILVIO CALZOLARI Ma non è solo questo. Come ho detto prima, il Corano dice tutto e il
contrario di tutto. Ci sono versetti che giustificano il fatto che la donna possa lavorare,
avere la sua indipendenza e poi ci sono versetti che affermano il contrario. Di
conseguenza, se in un paese dove ancora non c’era l’Islam e dove, magari, c’erano delle
strutture sociali femminili matriarcali, matrilocali, matrilineari, dove, cioè, le donne
avevano possibilità di lavorare, di darsi da fare, di muoversi e gli uomini vivevano con le
donne, non dico in un rapporto di uguaglianza, ma quasi, allora quando l’Islam è arrivato
ed ha attecchito, lì si sono sviluppate quelle sura del Corano che danno la possibilità alle
donne di lavorare, di darsi da fare, di vivere.
Ma se l’Islam è arrivato in una società, in una regione dove c’era una società patriarcale
fortemente maschile e le donne vivevano in uno stato di schiavitù, allora i versetti del
Corano che giustificano lo sfruttamento delle donne hanno trovato ancora più forza e
hanno giustificato qualcosa che già c’era in precedenza. Quindi, la società pakistana e certe
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società dell’Asia centrale non sono così reazionarie, così conservatrici come talvolta noi
pensiamo. In questi paesi dell’Asia centrale le donne avevano una grande tradizione
sciamanica, c’erano tradizioni religiose legate al femminile, al dio sole, che per noi è
maschile, ma lì è femminile. Quindi, tradizioni dove la donna aveva una grande possibilità
di lavoro, di darsi da fare, di vivere proprio come gli uomini. Il Pakistan è uno di questi
paesi.
GIUSEPPE LOSASSO Il Pakistan è un paese di grandi contraddizioni.
SILVIO CALZOLARI
Ci sono contraddizioni, ma le donne hanno ancora una antica
tradizione. Come in Marocco, dove le donne hanno un grande impatto, specialmente nella
tradizione religiosa sciamanica. Sembra incredibile, ma anche in Libano, in Tunisia. Non
tutto l'Islam è uguale. Però, siccome nel Corano c’è tutto e il contrario di tutto, gli imam
attingono a quelle sura che danno la possibilità di sviluppare i precetti più consoni alle
motivazioni più profonde delle etnie, del popolo.
Poi, consideriamo anche un’altra cosa. Dopo il colonialismo, gli imam cercano di
contenere queste istanze. Quindi, se negli anni cinquanta, in Egitto, per esempio, si godeva
di una certa libertà e anche alle donne veniva lasciata una certa libertà, dopo, una cappa di
piombo e di fumo si è venuta a poggiare su tutto l’Islam e anche in paesi dove le donne
avevano la possibilità di emergere, di lavorare, di darsi da fare e di vivere, c’è stato un
forte ritorno all’Islam conservatore e integralista. Lo dice Magdi Allam nel suo libro
Vincere la paura: io mi ricordo di un Egitto libero, dove le donne si muovevano
tranquillamente e serenamente, senza velo, senza tutti questi problemi. Perché c’era
un’antica tradizione di libertà. Dopo, tutto è cambiato.
GIUSEPPE LOSASSO Allora, non pensi che obiettivo della nostra associazione sia anche
quello di sensibilizzare l’opinione pubblica in modo che, non dico si cambino le cose, non
pensiamo neanche lontanamente di essere in grado di farlo, ma perlomeno vengano
applicate le leggi che già esistono? Mi risulta, può darsi che mi sbagli, che ci sono leggi che
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puniscono la violenza sulle donne, solo che, prima di arrivare ad applicarle … Il poliziotto
che raccoglie la denuncia deve essere pagato, perché è corruttibile. Sono tutti corruttibili.
Prima di riuscire ad arrivare davanti a un tribunale... Noi crediamo che una strada sia
portare le donne davanti alla televisione locale a raccontare quello che è successo.
SILVIO CALZOLARI Questa è una strada. Anzi, è l’unica strada. Innanzitutto, - diceva
bene la dott.ssa Silvestrini - la modernizzazione dell’Islam, può passare soltanto attraverso
le donne. È la donna l’elemento dinamico, l’elemento che porta a una evoluzione di
qualsiasi tipo, in qualsiasi società. Gli uomini sono più conservatori, sono legati, bloccati,
tradizionalisti, più lenti. Le donne sono dinamiche. Evolvono, cambiano e, quando
prendono una decisione, la prendono davvero. Gli uomini ci pensano sempre 50.000 volte.
Ecco perché gli uomini hanno paura delle donne. Perché le donne sono travolgenti. Allora,
se noi vogliamo operare una modifica nel senso di modernizzazione dell’Islam, questa
deve passare per la donna. Quindi, quello che voi fate, portare le donne parlare, credo che
sia vitale. Vitale! Per trasformare l’Islam. È la donna che deve cambiare la società islamica
perché la donna, a differenza dell’uomo, non ha paura della modernità. Invece, gli imam,
gli uomini, sono preoccupati. Molto preoccupati, perché, per secoli hanno adoperato la
taqlid. Taqlid è una parola pakistana, urdu, che significa obbedienza cieca. La taqlid è
l’obbedienza che il fedele deve al Califfo e al Corano e che la moglie deve al marito. Dopo
il tredicesimo secolo, con la codificazione della shariah, gli uomini, gli imam, hanno sempre
proclamato la taqlid come base della società. Obbedienza cieca. Ovviamente, al marito.
ANTONELLA SILVESTRINI Ci sono domande da parte del pubblico?
DAL PUBBLICO Quello che ho sentito sulla religione musulmana è un po' preoccupante
per noi occidentali. Oggi, la Turchia potrebbe entrare in Europa. Secondo voi questa per
noi europei è un’opportunità, oppure no?
GIANNA DANIELIS Volevo chiedere al dottor Losasso se queste ragazze che sono state
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aiutate da Smileagain hanno subito, in alcuni casi, poi, vendette, o repressioni.
GIUSEPPE LOSASSO Per fortuna, no. La ragazza che avete visto nel filmato, Nasreen, che
abbiamo curato a Udine, l’abbiamo riportata a casa sua e, per ora, sta benissimo. Però,
questo problema può esistere. A volte gli uomini, non contenti di quello che hanno fatto, le
aspettano per continuare, perché la storia è infinita. Per esempio, la storia di Fakhra — la
ballerina, la ragazza che è stata operata e su cui è stato anche scritto un libro, e che ora vive
in Italia come rifugiata politica. Il marito la chiama e le dice ancora che è innamoratissimo
di lei, vuole che torni da lui. E questo dopo quello che le ha combinato: sono andati in tre
uomini, non solo lui, erano in tre, di notte, l’hanno denudata, acidificata, e se ne sono
scappati via. Quest'uomo le dichiara ancora amore e vorrebbe che tornasse da lui, ma io
sono sicuro che, se tornasse... Quindi, questo rischio c’è. Per fortuna, alle ragazze che noi
abbiamo trattato, anche quelle che abbiamo operato direttamente in Pakistan, non è mai
successo niente perché, di solito sono le famiglie stesse che ce le portano, per cui hanno
accettato la situazione.
C'è un altro aspetto del problema. Quando Nasreen è venuta a Udine, si sentiva
colpevole. Proprio lei che aveva subito l’acidificazione, perdendo la vista, si sentiva in
colpa, come se fosse responsabile di aver infangato l’onore della famiglia per quello che le
era successo. Solo dopo averle parlato a lungo è riuscita a capire che non era
assolutamente così. E alla fine diceva: “No! Io quello là lo voglio denunciare. No! La vita è
mia!”. Perché laggiù la vita è invece... una cosa diversa... Nascono, muoiono... nessuno sa
quanti sono, quanti ne muoiono, la vita ha un valore molto relativo.
ANTONELLA SILVESTRINI Infatti, in questo senso è interessantissimo tutto ciò che porta,
poi, a un dibattito in cui viene elaborato questo senso di inferiorità, questa vergogna,
questa colpa. Il professor Calzolari diceva che l’Islam ha fornito — e forse qui potremmo
parlare di islamismo — l’esca ideologica per la radicalizzazione di arcaismi che erano
tribali, molto antichi, delle varie società di questi paesi. Ed è questo il problema. Nella
psicanalisi, l’elaborazione della questione donna comporta l’elaborazione di due altre
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questioni: l’intendimento che non c’è più possesso e la valorizzazione della traduzione.
Quindi, non ci sono più né possesso né padronanza: una donna non appartiene a
qualcuno. In effetti, di nessuno possiamo parlare in termini di appartenenza. Neppure per
quanto riguarda i figli. Infatti, la fantasia di appartenenza non riguarda solo le donne. Così
come la donna sospende la sacralizzazione del codice sociale, così la traduzione sospende
la sacralizzazione del testo. Questi sono i motivi per cui l’Inquisizione ha messo al rogo in
Europa milioni di “streghe” dal 1400 in poi.
Aggiungo un elemento letterario. L'opera di Shakespeare Il mercante di Venezia, si
conclude e si risolve proprio perché Porzia introduce una traduzione e interpretazione
inaspettata del testo della legge. La grandezza e la modernità di Shakespeare stanno nel
fatto che nelle sue opere le donne introducono la variazione, la follia, l’arte, la traduzione,
l’interpretazione.
SILVIO CALZOLARI Verissimo! Ecco perché il Corano non potrebbe essere tradotto, né
interpretato. Qualsiasi traduzione e interpretazione sarebbe una falsificazione. È
interessante questa sua notazione. State attenti: le donne vanno tutte velate, in gran parte,
non in tutti i paesi arabi. Ma perché vanno velate? Non devono far vedere il volto, perché
mostrare il volto vuol dire sollecitare, interessare gli uomini. Questa è la spiegazione
superficiale, quella che comunemente si legge nei libri. In realtà, la spiegazione è un’altra.
Le donne devono essere massa amorfa, senza identità, senza volto, perché sono
paragonate al khayal, parola urdu che significa cavallo. Il cavallo è l’immaginazione e
nell'Islam non c’è peggior peccato dell’immaginazione. L’uomo che immagina, l’uomo che
pensa, che sogna, è un uomo lontano da Dio. Tutto ciò che scatena immaginazione
nell’uomo è peccaminoso, è legato a Satana. La donna è la grande tentatrice, perché
scatena l’immaginazione nell’uomo, così come il vino. Ecco perché tutto ciò che fa sognare
gli uomini è abolito dal Corano. Donne e vino: sono tutto ciò che porta a immaginare, a
sognare. Ecco perché le donne devono avere il volto coperto. In questa città ideale — si
parlava prima di Platone — suddivisa e divisa: l’uomo da una parte e le donne dall’altra,
le donne sono elemento di instabilità. Quando escono, mostrano il volto, vanno in giro
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scoperte, vanno a dire di voler lavorare, di voler avere un proprio reddito, chiedono di
poter dire “no” a un pretendente che le chiede in sposa, quando fanno vedere il loro volto.
E gli uomini reagiscono con quella mentalità arcaica medievale, colpendole nel volto.
Distruggono l’identità, il volto che osano mostrare. “Io ti deturpo, io ti colpisco con questo
fuoco liquido”. Non c’è differenza con i nostri inquisitori. È la stessa cosa, questa paura
atavica che le donne vengano a distogliere gli uomini e a distruggere una società. Le
donne sono cavallo, sogno, immaginazione. Pensate che l’Islam è iconoclasta al massimo.
Non possono essere raffigurate le figure umane. È un peccato gravissimo. Anche
fotografare, in molti paesi islamici, in quelli più integralisti, per esempio nello Yemen, è
vietato. È proibito fare fotografie alle persone e, assolutamente, alle donne. Ci sono le
leggi, codici civili islamici che dicono, oggi, nel ventunesimo secolo: “I fotografi
bruceranno nella Gehenna in eterno”. Cioè bruceranno nell’inferno per sempre, perché il
mestiere del fotografo è un mestiere pazzesco, ruba le immagini, fa volti, crea volti.
Immaginate voi: le donne che vanno in giro scoperte, è chiaro che...
ANTONELLA SILVESTRINI Ci sono altre domande?
DAL PUBBLICO Si sente spesso parlare della donna nell’Islam come moglie. E come
figlia? Quando ci sono eventi estremi come questo o altri casi di mogli sottomesse al
marito, picchiate, i genitori della donna la dimenticano, quando è sposata, oppure pensano
che sia giusta una cultura maschilista? Cioè, le madri delle donne islamiche come si
pongono di fronte a questo?
SILVIO CALZOLARI Innanzitutto, spesso, in queste società maschili, come diceva prima il
dottor Losasso, le donne si sentono in colpa. Una ragazzina che va in giro con la
minigonna viene stuprata da un branco di delinquenti ed è colpevole perché porta la
minigonna. Assurdo! Questo c’è anche nella nostra società, a Lanciano, per esempio, e in
altri paesetti. È la stessa mentalità, elevata all’ennesima potenza. Le donne si sentono in
colpa perché quella è la struttura mentale del paese: “Sono stata stuprata perché forse ho
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fatto qualcosa che non andava”. È questa mentalità da Grande Fratello di Orwell, questa
mentalità maschile. Le donne, anche se sono un elemento innovatore, spesso sono anche
l’elemento che più conserva e le stesse madri dicono alle figlie cosa devono fare per
compiacere agli uomini. Questo accade in Giappone e anche in alcuni paesi islamici. La
madre ha la tutela del figlio maschio fino a sette anni e della figlia femmina fino a nove
anni, anche se i figli, secondo il diritto islamico, appartengono al padre. Al nono anno, la
bambina non è più sotto la tutela della madre ed è già sposabile, in certi paesi arabi e deve
portare il velo o mettersi abiti consoni a nascondere quelle che saranno le sue grazie, che
potrebbero indurre in tentazione gli uomini. Dai nove anni, la bambina diventa pericolosa
per gli uomini; quando si sposa, può essere anche a 9-10 anni, ma generalmente intorno ai
14-15, diventa proprietà del marito che la compra con una dote. La dote viene consegnata
alla moglie, spesso ai genitori della moglie e serve, può essere utilizzata, in caso di ripudio,
è proprietà della moglie. Ma la famiglia si dimentica della bambina che ora appartiene al
marito ed entra sotto l’influenza dei parenti del marito, quindi della suocera, dell'intera
società islamica. Se viene ripudiata, è un problema, perché non ha più nessuno. La sua
famiglia di provenienza la considera, secondo questa mentalità aberrante, colpevole di
essere stata ripudiata e, del resto, non è più partecipe della famiglia del marito. Viene vista
un po’ come una paria della società. Se è ricca, se la cava. Con i soldi, può andare in
Inghilterra o in America e vivere bene lo stesso anche da divorziata. Ma se non è ricca, se
non ha i soldi, se non ha un’attività, è costretta a fare la prostituta, il più delle volte — ci
sono quartieri di prostituzione in tutti i paesi islamici — o la mendicante, oppure cerca
aiuto in qualche comunità. Spesso sono le monache cattoliche, proprio le occidentali, che
aiutano queste poverette in India, in Pakistan, a Lahore, in Bangladesh ecc… Ce ne sono
tante, proprio perché è un problema, per le donne. Il ripudio è facilissimo, basta
pronunciare tre volte la formula: “Io ti ripudio”, e la moglie è ripudiata. Invece la donna
non può ripudiare il marito a meno che non ci siano dei motivi molto seri.
DAL PUBBLICO
Vorrei chiedere come si relaziona, allora, la possibilità di chiedere il
divorzio in Marocco, paese in cui il divorzio è possibile. Se nell’Islam la moglie è proprietà
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del marito, come si concilia questo con la possibilità di chiedere il divorzio?
SILVIO CALZOLARI Io stavo, come sempre, generalizzando. Ci sono nazioni e stati in cui
le cose sono leggermente diverse. Per esempio, in Tunisia è stata abolita con una legge
statale la possibilità di avere più mogli. Non ancora in Marocco. In Tunisia e Marocco ci
sono codici civili che sanciscono la possibilità di divorzio, però, nonostante questo, in
realtà, poter divorziare è sempre molto più facile per l'uomo che per la donna. Una donna,
anche in Marocco, anche in Tunisia, ha veramente grosse difficoltà nel trovare un giudice
compiacente e testimoni da portare per poter divorziare da un uomo. Lo stesso Marocco,
per esempio, ammette ancora nel suo statuto la possibilità da parte dell’uomo di
percuotere la moglie. È uno dei grossi problemi. La carta costituzionale di quasi tutti i 50
paesi che fanno parte della cosiddetta Lega Islamica Mondiale, parla della cosiddetta
inferiorità biologica della donna nei confronti dell’uomo e si rifà a quella che è la carta
costituzionale dei diritti dell’uomo e della donna dell’Islam del 1991. Questa dovrebbe
corrispondere alla Carta dei Diritti dell’Uomo dell’Onu del 1998, ma nessun paese islamico
l'ha accettata, perché, se nel Corano è scritto che la donna è biologicamente, mentalmente,
moralmente, spiritualmente inferiore all’uomo, non ci può essere nessuna carta
costituzionale che dice che l’uomo è uguale alla donna. E la testimonianza dell’uomo sarà
sempre superiore alla testimonianza della donna, perché lo dice il Corano. La
testimonianza di una donna vale la metà della testimonianza di un uomo, quindi la donna
deve trovare un uomo che testimonia per lei, o più persone che testimoniano per lei, per
avere lo stesso peso del marito, sulla bilancia della testimonianza. Quindi, è veramente
difficile per una donna, in tutti i paesi islamici, divorziare o avere effettivamente le stesse
garanzie costituzionali di un uomo.
DAL PUBBLICO Mi incuriosiva l'immaginazione. Pensavo alle Mille e una notte, un grande
repertorio di sogni e di immaginazione. Però, è vero che in quasi tutte le favole, le storie,
l’elemento maschile predomina. Ci sono poche donne.
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SILVIO CALZOLARI È il sogno dell’uomo, cara signora! Il sogno dell’uomo persiano.
Bisogna stare attenti perché lì siamo in un mondo in particolare, completamente diverso, il
mondo dell’Islam sciita, un calderone. C’è il misticismo sufi, c’è una sessualità sfrenata. Ma
è il sogno dell’uomo; quello che dicono queste odalische, a parte il fatto che le Mille e una
notte sono, probabilmente, un falso successivo, comunque, sono tutti raccontini per
uomini. È il sogno, l’immaginazione, l’erotico del maschile. L’harem, che in arabo vuol
dire proibito. Ma è anche uno spazio circoscritto per gli uomini, cioè l’uomo ha il suo
harem, il suo spazio proibito con le sue donne, le sue concubine, le sue odalische. Ma è
sempre l’uomo che gioisce dei piaceri di queste donne. Quindi, è il sogno maschile.
Ma vogliamo andare oltre? Guardate che l’aldilà, il paradiso del mussulmano è tutto ciò
che è più proibito. Lo dice il Corano. Qui non si può bere vino, perché fa immaginare
mentre lassù l’uomo mussulmano può bere vino e ha 72 vergini perennemente vergini,
cioè una verginità che continuamente si rinnova dopo ogni rapporto sessuale. Questo è il
sogno erotico dell’uomo islamico: una perenne gioia dei sensi inebriata dal vino, dalle
donne, dall’immaginazione. Il paradiso del kamikaze. “Vai nell’aldilà e avrai le tue 72
vergini. Tutto quello che qui è proibito è lecito nell'aldilà ”.
ANTONELLA SILVESTRINI
Aggiungo una cosa a questo proposito. Il velo non è un pezzo
di stoffa, è uno strumento di potere, perché è come se fosse il simbolo della facoltà di poter
coprire o scoprire e, quindi, manipolare la verità. Quindi, è la base del potere politico e la
donna, anziché introdurre e evocare l’enigma della differenza sessuale, attraverso il velo,
può essere significata in pura o demoniaca.
SILVIO CALZOLARI Certo.
ANTONELLA SILVESTRINI
Quindi, la questione donna, introduce anche questa
impossibile significazione della donna. L'intervento della signora mi ha evocato due
brevissime citazioni di Adonis, il più noto poeta libanese contemporaneo, che scrive, a
proposito della questione del volto: “Può darsi che il velo da noi rappresenti il sogno di un
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volto statico come la pietra, privo di movimento e di mimica, completamente isolato dagli
estranei e dall’imprevedibile”. Quindi, negare il volto è negare l’imprevedibile.
L’immaginazione è strutturale per l’uomo, ciascuno di noi sogna, come poter abolire il
sogno? E poi, ancora un brano di Adonis: “Come riconoscere l’invisibile nell’uomo e nelle
cose, se non attraverso ciò che vediamo? Scriviamo e dipingiamo non per rappresentare
ciò che vediamo, ma per alludere a ciò che non vediamo”.
Questo grande intellettuale mussulmano costituisce un’occasione, una chance per la
restituzione del testo dell’Islam e per compiere un passo nell’elaborazione.
SILVIO CALZOLARI È giusto, però pensiamo che, sempre in nome di questa
contraddizione, come ci sono persone che la pensano come Adonis, ci sono degli imam che
addirittura dicono: “Attenzione ai sogni, perché sognare è demoniaco! Sognare porta
all’immaginazione”. Invece l’opera che tu stai facendo, che voi state facendo è grandiosa
perché ricostruite il volto a persone che lo hanno perso e così hanno perso l’identità.
Queste donne che riacquistano identità, avranno poi una forza travolgente all’interno della
società, una forza esplosiva, una forza terribile. Queste donne non lo sanno, ma saranno
veramente loro a portare una ventata rivoluzionaria impressionante.
GIUSEPPE LOSASSO
Questo si è visto. Io l’ho visto nella grinta di quella ragazzina
quando diceva, in un italiano forse non molto chiaro: “Io adesso ho capito. Io non vedo,
però ho un cuore. So quello che voglio. Ho il piacere di sentire il desiderio di lavorare, di
scrivere, di imparare”. Queste sono cose forti per una ragazza che viene da quel paese.
SILVIO CALZOLARI Tu le ridai una vita nuova, la fai rinascere a persona, con dignità di
persona. È una veramente un’opera grandiosa. Tornando agli imam e agli ulama, il
problema è che nel Corano tutto è contrario di tutto e nessuno avrà mai un punto fermo,
perché non c’è una autorità religiosa che stabilisce un concilio, non ci sono sacerdoti
nell’Islam sunnita. È diverso in quello sciita, nell’Iran di Khomeini, o di questo sciocchino
che ora va sparando a destra e sinistra contro Israele. Il problema è che non esistono
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sacerdoti e, quindi, interpreti del Corano, per cui ognuno può interpretarlo come gli pare.
Dopo la morte del Profeta, si scatenò la guerra. Furono i suoi discepoli, i Califfi, a portare
avanti la fiaccola dell’Islam, la sunna, la tradizione, i califfi, fino all’Islam sunnita. C’erano,
invece, quelli che dicevano: “Occorre ci sia, nel discendente, un po’ di sangue del profeta”.
Per gli sciiti questo è Alì, genero di Maometto, in quanto marito di Fatima, la figlia
prediletta. Da qui, la lotta fra i due ambiti.
I cosiddetti imam e ulama non sono né sacerdoti, né preti, niente di tutto questo.
Potremmo, grosso modo, definirli dei “sacrestani”, più o meno bigotti, sacrestani e basta.
Loro sono quelli che dirigono la preghiera del venerdì in moschea, sono quelli che danno
le indicazioni. Generalmente sono persone più colte degli altri, più anziane, che hanno un
po’ studiato. Anche da noi ci sono scuole per diventare sacrestani. Oggi gli imam si ha
autoproclamano, in tante moschee.
GIUSEPPE LOSASSO Però, hanno potere.
SILVIO CALZOLARI Certo. Perché nella moschea si fa politica, si fa cultura, si fa religione,
si fa tutto. E guardate cosa succede, infatti. Nelle moschee, gli imam dirigono la preghiera,
ma fanno anche politica e dal pulpito di una moschea la politica acquista una sacralità che,
chiaramente, in altri ambiti, come bar o piazze, non avrebbe. Alle donne è assolutamente
proibito dare la direzione della preghiera come imam. Però, negli Stati Uniti e in Canada,
due associazioni femministe islamiche hanno proclamato le prime donne imam, suscitando
le ire funeste di tanti imam integralisti. Staremo a vedere cosa succede. Hanno già fatto già
tre o quattro fatwa verso queste donne imam. La fatwa è un giudizio di condanna. Ricordate
il caso di Rushdie e dei versetti satanici.
ANTONELLA SILVESTRINI Ci sono altri interventi, altre curiosità?
DAL PUBBLICO Io mi chiedo se ci sono possibilità di cambiamento, per esempio in
Pakistan, grazie al lavoro che state facendo. Il sistema educativo, può essere un canale di
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cambiamento?
GIUSEPPE LOSASSO Certamente. Sarebbe il canale più giusto. Il problema è che, come
dicevo prima, il canale educativo sarebbe la scuola, e lì, a scuola, non è che possono andare
tutti. Il 74% delle ragazze non va a scuola. Il 74%! Le altre sono le benestanti che ci possono
andare. E infatti, sono queste ultime, tendenzialmente, progressiste. Quindi, si tratta di un
acculturamento da attuare. Senz’altro la cultura è la strada migliore, perché è la base per
riuscire a capire le cose. È la base ovunque, in tutto il mondo. E senz’altro, se lì si potesse
fare... però, mancano le strutture, mancano le scuole, manca una legge, manca un po’ tutto.
Quindi, bisogna magari partire dalla fine per arrivare all’inizio. Insomma, da qualche
parte, basta che si smuova qualcosa, che venga fuori il problema e se ne parli.
ANTONELLA SILVESTRINI
Ci sono casi di violenze di questo tipo anche rispetto donne
molto agiate?
SILVIO CALZOLARI Sono rarissimi. Non mi risulta che accada a donne di alto ceto sociale.
Per esempio Fakhra, che ha sposato un uomo molto ricco e potente, figlio di uno che era
stato primo ministro in Pakistan, proveniva da una famiglia di basso livello sociale e
faceva la ballerina. Quindi, è stata acidificata. Capita alle donne delle classi meno abbienti.
ANTONELLA SILVESTRINI Ma gli uomini che compiono questi gesti possono anche essere
uomini molto potenti.
GIUSEPPE LOSASSO
Sì. Certo. Si parlava prima quasi di medioevo. Pensate che,
attualmente, in Pakistan, i proprietari terrieri sono proprietari del terreno e di tutto ciò che
c’è sul terreno. Quindi, se c’è casa, abitazione, persone, sono tutte proprietà. Questo
significa che se un giorno il proprietario decide di fare del male a una famiglia o a uno dei
suoi componenti, lo può fare tranquillamente perché sono di sua proprietà. Essere di
proprietà vuol dire questo: poter decidere di vita o di morte. L’uomo, il padre, il
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capofamiglia ha potere di vita e di morte. Ci sono stati casi di ragazze uccise dal padre,
addirittura anche davanti all’avvocato, perché non facevano quello che lui decideva. Me lo
hanno raccontato lì, in Pakistan; la figlia rifiutava di contrarre matrimonio con la persona
che era stata decisa e il padre, davanti all’avvocato, le ha sparato e l’ha uccisa. E al padre
non è successo assolutamente nulla, perché è un suo diritto.
SILVIO CALZOLARI La taqlid è l’obbedienza cieca, il principio sancito dalla shariah. Il
superiore, il proprietario, e il suo schiavo: obbedienza cieca nei confronti del padrone. Tra
moglie e marito: obbedienza cieca della moglie nei confronti del marito. Donna:
obbedienza cieca nei confronti dell’uomo. Cieca, e non lo dico a caso, infatti l’acido
colpisce spesso gli occhi. Vogliono distruggere gli occhi, perché l’obbedienza è cieca,
nell’Islam. Si colpisce il potere dell’immaginazione. Si colpisce l’occhio che sogna.
L’obbedienza dev’essere cieca. Nell'Islam si ha paura degli occhi.
ANTONELLA SILVESTRINI Un ultimo intervento.
DAL PUBBLICO Mi chiedevo, generalizzando, se l’immaginazione, nell’Islam, ha degli
elementi col visibile e l’invisibile? Da occidentale, io sarei portata a pensare che coprendo
si scatena l’immaginazione.
SILVIO CALZOLARI È vero che nascondendo si può immaginare, però l’uomo islamico ha
paura di ciò che vede. Una donna che va in giro senza velo suscita immaginazioni
peccaminose, suscita pensieri. Io posso immaginare quello che voglio, però, rimane
bloccato al mio pensiero, al mio subconscio, alla mia mente. Se non vedo, non mi si scatena
l’immaginazione. Posso pensare che ci sia qualcosa, però non so cosa, rimane incognito. La
paura del vedere, dell’impossibilità di godere di ciò che si vede, crea una frustrazione
spaventosa nell’uomo dell’Islam. Ecco, la frustrazione è uno dei motivi pulsanti. Non
vorrei entrare in argomento, però il mondo islamico è uno dei più forti consumatori di
cassette pornografiche. Sono tutti sintonizzati su canali satellitari di pornografia. Si vive
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una dimensione del peccato, del sesso, in una maniera abnorme, molto contorta. Quando
gli islamici vengono nella società occidentale, lo rivelano. E, infatti, considerano le donne
occidentali come il peccato: sono disponibili, vanno in giro senza velo. C’è disprezzo nei
confronti delle nostre donne ma, nello stesso tempo, pensano di poterle usare perché sono
disponibili. È un problema che nasce da questa visione distorta, una sessualità rimasta a
uno stato adolescenziale, bloccata in forme abnormi.
ANTONELLA SILVESTRINI
Certo. Per questo è importante un poeta mussulmano che
dice che l’invisibile sta in quello che noi vediamo, perché è un arcaismo pensare di avere
accesso diretto all’immagine. Arriviamo a Leonardo da Vinci, al Rinascimento, per
intendere che la struttura stessa dell’immagine è ingannevole. È un concetto arcaico
pensare di gestire l’immagine e, gestendo l’immagine, gestire l’immaginazione. Non è
così!
SILVIO CALZOLARI
Questo è evidentissimo. Volevo anche dire che quello che fa
Smileagain è straordinario, perché porta una rivoluzione all’interno. Ho sentito prima una
domanda alla quale non ho ancora risposto. Il problema della Turchia è un problema reale.
La Turchia non è un paese laico, come tutti dicono. Ho fatto anche delle furiose discussioni
su questo, perché la laicità non si impone. Kemal Ataturk ha imposto una laicizzazione
della Turchia, con le armi, con l’esercito. La struttura di Kemal Ataturk è una struttura
massonica. La costituzione da lui introdotta è mutuata dalla costituzione svizzera.
Quando, nel 1924, fu abolito il califfato e fu introdotta a forza la latinizzazione della
lingua, cioè la scrittura a caratteri latini, furono chiuse le moschee, furono chiusi tutti i
centri sufi, e fu introdotta la società laica, fu imposto dall’alto che la Turchia fosse una
società laica. Ma non è vero! Perché c’è un sentimento popolare che sta riemergendo in
maniera importante, in Turchia. Il partito della prosperità, per esempio. Sta riemergendo
un Islam sovvenzionato dai fondi, dai capitali Wahabiti, che provengono dall’Arabia
Saudita.
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ANTONELLA SILVESTRINI
Ringrazio ciascuno di voi per essere intervenuto questa sera.
Continuiamo a sostenere associazioni come questa che, al di là dell’aspetto umanitario,
porta l’arte, la cultura e la modernità in paesi che, purtroppo, ancora non hanno visto e
conosciuto. Ringrazio il professor Calzolari. Ringrazio il dottor Losasso. Lavoriamo per la
tolleranza e la modernità. Buonasera a tutti.
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