Recensione Finito Infinito

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Recensione
Guido Giglioni, Francesco Bacone, Carocci Editore, Roma 2011, € 16,50, ISBN: 97888-430-6021-4.
Marco Sgarbi ([email protected])
Della consueta immagine positivistica di Francis Bacon, propugnata soprattutto da
John S. Mill, come fondatore del metodo della scienza moderna, in questa nuova ed
originale monografia di Guido Giglioni rimane ben poco. Certo, già i pionieristici lavori
di Paolo Rossi avevano contribuito a smuovere le acque, ma il presente lavoro
rivoluziona la figura di Bacon. L’opera e il pensiero di Bacon sono collocati nel proprio
contesto culturale e nel proprio tempo, in un’epoca di transizione fra la fine del
Rinascimento e l’avvento della prima modernità.
Sin dal titolo del primo capitolo si capisce quale sia l’interpretazione che Giglioni
offre di Bacon: il Lord Cancelliere è un filosofo della materia “in tutte le sue forme”. In
modo particolare, l’autore caratterizza la filosofia di Bacon come l’intreccio di questioni
fisico-naturali ed etico-politiche che riflettono in modo speculare una filosofia della
materia naturale e una filosofia della materia politica (p. 12). Non solo, questi due
ambiti sono difficilmente distinguibili tanto che l’uno ha l’effetto sull’altro e viceversa:
gli appetiti naturali della materia esercitano influenza nell’ambito politico, così come gli
appetiti politici esercitano il loro impatto sulla natura. Giglioni è chiaro su questo punto:
nella filosofia di Bacon, la realtà nella sua interezza è in primo luogo materia, la quale è
caratterizzata da particolari tendenze appetitive. È quindi a partire dalla materia e dai
suoi appetiti che la filosofia di Bacon prende le mosse e si articolano nei diversi ambiti
disciplinari che riguardano innanzitutto lo studio degli appetiti stessi, poi del pensiero,
della razionalità, del linguaggio, della logica, e dell’azione tanto pratica, quanto
poietica. Tutta la filosofia di Bacon sarebbe sorretta, secondo Giglioni, dal presupposto
secondo il quale il pensiero stesso emerge dagli appetiti della materia, o in modo più
specifico che vi sia un originario parallelismo tra la sfera materiale e quella intellettuale:
«nulla si trova nella sfera della materia che non abbia un parallelo nella sfera cristallina
dell’intelletto» (Works, ed. J. Spedding, R.L. Ellis, D.D. Heath, London 1857, I, p. 772).
A questo parallelismo si unisce la corrispondenza fra conoscenza e realtà, sebbene essa
non sia sempre perfetta e biunivoca. Infatti, la conoscenza della realtà, cioè della
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materia e dei suoi appetiti, non è una rappresentazione pacifica di essa, ma riflette
piuttosto i tumulti degli appetiti stessi (p. 14). Per domare questi appetiti e trasformarli
in conoscenza, la filosofia di Bacon fa uso della storia naturale, la quale è una
descrizione accurata della realtà e dei suoi elementi costitutivi. L’oggetto principale
della conoscenza viene così ad essere la materia con i suoi appetiti che costituiscono la
realtà ultima delle cose e il processo cognitivo che conduce ad essi non può che
procedere per storie fatte proprie dall’immaginazione e successivamente comprese e
rielaborate nell’intelletto. La mediazione fra realtà e conoscenza risulta essere così
problematica con l’intervento dell’immaginazione che inevitabilmente contamina la
conoscenza con false immagini (idola). Nondimeno, Giglioni osserva che Bacon non
rinuncia ad una nozione ontologicamente forte della verità come riflesso della realtà, la
quale si basa sulla scoperta della forma delle cose e degli schematismi latenti dei corpi
(pp. 17-18). Bacon sancisce chiaramente che il suo “nuovo strumento” rivela la natura
delle cose così come essa è in realtà, attraverso la conoscenza delle leggi della materia.
La materia, come si è detto, è costituta da appetiti e la loro conoscenza è
imprescindibile per una descrizione completa della realtà. Infatti, la colpa della fisica
aristotelica, medievale e di parte di quella rinascimentale è proprio quella di non aver
capito l’essenzialità degli appetiti nei processi intrinseci della materia e di aver
cristallizzato in forme ed essenze rigide la natura. La materia appetitiva, invece, è in
continua tensione e in perpetuo flusso secondo Bacon in quanto fondamentalmente
caratterizzata dagli appetiti. Questo non significa che nella natura non si dia nulla di
stabile. Infatti, come segnala giustamente Giglioni, il dinamismo interno della materia si
svolge essenzialmente all’interno di due poli seguendo il movimento di generazione e
rigenerazione delle cose naturali. Questi due poli sono da una parte le nature astratte che
costituiscono gli schematismi interni, permanenti e strutturali, mentre dall’altra parte vi
sono le cose concrete che sono il risultato del processo continuo di ricombinazione dei
diversi appetiti. Giglioni, però, nota nella filosofia baconiana una certa priorità
ontologica ed epistemologica delle cose concrete, dalle quali, dopo un lungo e laborioso
processo di induzione, si ottengono le cosiddette nature astratte. L’induzione baconiana
diviene così per Giglioni uno strumento che funge da ponte tra la fisica delle cose
concrete e la metafisica delle nature astratte, un tipo speciale di logica che permette la
visione della realtà in entrambi i suoi aspetti (p. 23).
In modo più specifico, Giglioni nota che Bacon trae molti dei concetti fondamentali
della sua filosofia della natura da Bernardino Telesio, in particolare quelli di “appetito”,
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“percezione” e “auto-percezione”. Inoltre, sempre da Telesio verrebbe la concezione
della natura come materia attraversata da appetiti in continuo generazione e
rigenerazione. Tramite lo studio di questi appetiti primordiali è possibile ricostruire tutti
i fenomeni naturali e Bacon è consapevole dell’originalità della sua proposta
epistemologica, la quale però, come segnala acutamente Giglioni, ha risvolti
immediatamente pratici nella misura in cui lo studio della natura e dei suoi movimenti
diventa necessario per operare in essa e su di essa. Dunque, Giglioni sottolinea come la
cura con cui Bacon indaga il fenomeno del movimento è indice dell’importanza
assegnata alla componenti dinamiche della natura. La stessa individuazione di
diciannove movimenti (nel Novum Organum, molti di più in altre opere), non è
semplicemente un elenco fatto per dovere di completezza, ma una esaustiva
fenomenologia della vita naturale strutturata intorno agli appetiti (p. 65). Gli appetiti
che costituiscono la materia sono volti essenzialmente a ripristinare gli equilibri naturali
delle cose dopo i diversi processi di alterazione. Sono in primo luogo delle pulsioni
elementari e inconsce della materia, chiamate da Bacon “percezioni”. Bisogna fare
attenzione, ammonisce Giglioni, a distinguere le percezioni, che competono a tutta la
materia, dalle sensazioni, che riguardano solo alcuni esseri viventi e sono una
prerogativa particolare degli animali. Questa distinzione, come rivela lo stesso Bacon
nel De dignitate et augmentis scientiarum, è di massima e nobilissima importanza ed è
stata ignorata dalla maggior parte dei filosofi a lui precedenti. Aver ignorato questa
distinzione e non aver compreso come avvenga la percezione senza sensazione ha
condotto alcuni filosofi ad estendere la sensibilità a tutti i fenomeni naturali, cadendo
così in posizioni animistiche. La percezione, non è una forma di sensazione, piuttosto,
spiega Giglioni, è una tendenza all’assimilazione presente in tutti i corpi e che è
inscindibile dall’appetito e dall’alterazione che è la causa di nuove percezioni nella
rigenerazione di nuovi elementi materiali (p. 78). Lo sviluppo della sensazione, d’altra
parte, concerne un livello maggiore di complessità nella “vita” della materia ed è
caratterizzata dagli spiriti che traducono l’originaria instabilità appetitiva della materia
in una serie di forme che vengono colte dalla mente (p. 84). Questo non significa che gli
spiriti baconiani siano qualcosa di immateriale, infatti, sono ancora materia che influisce
su altra materia: un’influenza che sarà necessaria per spiegare come gli appetiti naturali
della materia siano in reciproca relazione con quelli etico-politici. Viene così a
delinearsi in Bacon, secondo la ricostruzione di Giglioni, un’originalissima ontologia
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del “disagio materiale”, la quale è fondata sulla lotta fra i diversi appetiti per la
restituzione degli equilibri della materia.
La figura di Bacon proposta fino ad ora da Giglioni ha poco a che vedere con quella
del primo grande filosofo empirico e sperimentalista, anzi egli segnala come
l’imbarazzante problema della materia sia stato risolto dalla storiografia, anche negli
anni più recenti, neutralizzandolo completamente con l’introduzione di una distinzione
in seno alla filosofia baconiana tra una presunta parte speculativa e una presunta parte
sperimentale. Al contrario, sostiene Giglioni, l’unità e il senso della filosofia baconiana
li si possono trovare proprio nel concetto di “materia”, soprattutto se si tralasciano le
stereotipate immagini di Bacon come epistemologo e teorico del metodo scientifico.
Giglioni mostra come in Bacon storia naturale e metodo procedano di pari passo, o
meglio, non è possibile alcun metodo senza storia naturale, mentre la storia naturale è
possibile e può produrre conoscenza scientifica anche senza far riferimento ad un
metodo preciso (p. 101). È la storia naturale che ha una priorità epistemologica
nell’interpretazione della natura rispetto al metodo e non viceversa. Infatti, essa
raccoglie le informazioni dalle quali il metodo induttivo trae i suoi principi, ma non
solo, essa espande la portata conoscitiva dell’intelletto in modo tale che è esso che si
deve conformare alla realtà e non la realtà al suo metodo. La visione della struttura
intima della realtà, cioè dei suoi schematismi latenti e delle sue forme, può avvenire
dopo una precisa storia naturale, al termine di un lungo processo di osservazione delle
cose naturali, della materia e dei suoi appetiti. Tale visione delle forme della natura è
possibile per mezzo dell’induzione grazie alla quale la mente può interpretare la natura
ed eventualmente emendare gli errori dell’immaginazione (p. 115). Un’emendazione,
quest’ultima, che deve coinvolgere l’intera mente in una pratica di autoanalisi e di
liberazione dai pregiudizi che si tramuta in una vera e propria medicina mentis,
expurgatio intellectus e emendatio animi. Per Giglioni, quindi, Bacon difende una
concezione della conoscenza della natura che passa attraverso una experientia literata
che per mezzo dell’induzione riesce elevarsi a conoscenza scientifica. Tuttavia, non è la
natura che deve rispondere al metodo, ma il metodo alla natura, ai suoi dinamismi e agli
appetiti della materia. Con una felice formula, l’epistemologia e la filosofia della natura
legge la natura senza però fare di essa un libro (a tal proposito si veda il seminale
articolo di Giglioni, Reading Nature without Making a Book of It. Francis Bacon’s
Novum Organum, in (a cura di), Pascale Hummel, Mélivres/Misbooks. Études sur
l’envers et les travers du livre, Philologicum, Paris 2009, pp. 55-70). In conclusione,
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secondo l’autore, per Bacon la storia della natura condurrebbe alla conoscenza degli
appetiti della materia (induzione), la conoscenza degli appetiti condurrebbe al loro
controllo in vista di applicazioni pratiche (sovrainduzione) e il passaggio da induzione a
sovrainduzione attesterebbe il progresso della scienza nella conoscenza, cioè la scoperta
dei segreti della sylva (materia della conoscenza) per la loro applicazione tecnica.
Le tensioni baconiane intrinseche nella materia, come i movimenti di espansione,
resistenza e libertà sono, secondo l’interpretazione di Giglioni, tanto fisiche quanto
morali. Infatti, gli appetiti che pervadono la materia a livello macroscopico pervadono
anche i corpi umani e le società civili con le stesse identiche dinamiche e con lo stesso
metodo possono essere indagate (pp. 137-153). Tuttavia, segnala Giglioni, vi è una
sostanziale differenza fra l’azione morale e quella politica. Quella politica, infatti, è
legata alle situazioni contingenti ed immediate che fanno leva su condizionamenti
sociali, mentre quella morale si basa sulla virtù di principi interiori e su scelte
individuali che fanno riferimento sempre alla persona stessa (pp. 161-193).
Dalla lettura dell’opera di Giglioni si evince il ruolo centrale che il concetto di
“materia” occupa nella filosofia di Bacon. In particolare l’autore mostra come secondo
il Lord Cancelliere la mente umana per ritrovare la realtà da cui è apparentemente
separata deve fare un paziente esercizio di riavvicinamento alla materia che consiste nel
descrivere i fenomeni osservando e sperimentando. È solo dedicandosi pienamente alla
storia naturale che la mente umana riesce ad acquisire la consapevolezza di essere parte
della realtà, in un’unica e continua materia (p. 218). Certamente, Giglioni non nasconde
il disagio rispetto al fallimento del progetto baconiano. Chi infatti può dirsi baconiano
dopo Bacon? La filosofia inglese del XVII secolo abbandona l’ingenuo realismo da lui
propugnato a favore di una visione più concettualista che acuisce la scissione fra mente
e corpo, fra soggetto e oggetto. Nondimeno, la presente monografia mostra come Bacon
abbia elaborato proposte innovative, sebbene non più al passo dei tempi e ancora legate
per certi versi alla cultura rinascimentale (p. 219).
Il grande merito della ricostruzione storiografica di Giglioni è quella di liberare
l’opera baconiana dalle profonde dicotomie alla quale era stata consegnata dalla
storiografia filosofica: non più Bacon filosofo o non-filosofo, letterato o politico,
speculativo o sperimentale, metodologo o storico della natura. L’autore fornisce
un’interpretazione unitaria, esaustiva e convincente della filosofia baconiana che certo
non mancherà di suscitare interesse, dibattiti e polemiche. È certamente un libro di
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sicuro riferimento per ogni futura ricerca sul pensiero di uno dei più importanti e
significativi filosofi della storia.
Marco Sgarbi, Università di Verona
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