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ISEW - INDICE di BENESSERE ECONOMICO SOSTENIBILE
S P I n – E c o II
STUDIO DI SOSTENIBILITA’ DELLA PROVINCIA DI SIENA
ATTRAVERSO INDICATORI ECODINAMICI
Volume 10
ISEW
INDICE di BENESSERE ECONOMICO SOSTENIBILE
SPIn - Eco II
Vol. 10
PROVINCIA DI SIENA
SPIn–Eco
U N I V E R S I T A’ D I S I E N A
DIPARTIMENTO DI SCIENZE E TECNOLOGIE CHIMICHE E DEI BIOSISTEMI
ARCA ONLUS
S P I n – E c o II
STUDIO DI SOSTENIBILITA’ DELLA PROVINCIA DI SIENA
ATTRAVERSO INDICATORI ECODINAMICI
Volume 10
ISEW
INDICE di BENESSERE ECONOMICO SOSTENIBILE
PROVINCIA DI SIENA
SPIn–Eco
U N I V E R S I T A’ D I S I E N A
DIPARTIMENTO DI SCIENZE E TECNOLOGIE CHIMICHE E DEI BIOSISTEMI
ARCA ONLUS
SPIn-Eco ed ISEW. Una decisa innovazione per la valutazione della sostenibilità dello
sviluppo economico del territorio
Ciò che la Provincia di Siena ha realizzato attraverso il Progetto SPIn-Eco rappresenta
probabilmente une delle prima esperienze europee nelle quali, su vasta scala (un intero
territorio provinciale che conta circa 260.000 abitanti), si sia dettagliatamente
monitorato, a livello di ogni singolo comune, lo stato di salute di gran parte delle
componenti ambientali attraverso l’uso di indicatori ambientali ad elevato contenuto
scientifico: energia, exergia, impronta ecologica, flussi di CO2, capitale naturale, analisi
del ciclo di vita ed analisi dati da satellite. E’ stata infatti condotta una sistematica
ricerca, durata oltre tre anni, finalizzata a produrre una analisi della sostenibilità
ambientale dell’attività umana sul territorio provinciale, che ha permesso di attivare e
concludere (per la prima volta in Italia) le procedure per la certificazione ambientale
ISO14001 e la registrazione EMAS dell’intera Amministrazione Provinciale di Siena; ed
ecco, così, il dettaglio del primo aggiornamento che conferma la validità degli indicatori
verificando e perfezionando l’affidabilità della metodologia di calcolo.
All’aggiornamento si aggiungono due novità importanti: il calcolo dell’indice di
benessere economico sostenibile (ISEW) e l’integrazione di tutti gli indicatori attraverso
l’elaborazione dell’analisi delle componenti principali (PCA).
Questa pubblicazione, insieme all’aggiornamento di SPIN ECO testimonia il risultato di
due componenti: la necessità di affinare la conoscenza dei dati ambientali del territorio
al fine di poter valutare correttamente e preventivamente gli effetti delle azioni di
programmazione e quella di approfondire la capacità di valutazione del dato ambientale
che rappresenta un elemento imprescindibile dai dati economici, sociali e, in generale,
da tutte le varie componenti che influenzano lo sviluppo economico ed il benessere della
popolazione. Il calcolo dell’ISEW per la provincia di Siena costituisce un’esperienza
pressoché unica in quanto è stato fatto per gli anni 1999 e 2003 in un ambito subnazionale; e poiché l’analisi delle varie componenti ha consentito di integrare tra loro i
valori di tutti gli indicatori che sono stati calcolati durante il progetto SPIn-Eco. La
metodologia utilizzata per l’incrocio e la valutazione dei dati ambientali ci consegna
informazioni altamente differenziate ed utili a comprendere il funzionamento del nostro
sistema territoriale nella sua globalità piuttosto che informare su un singolo problema,
fornendo dunque una visione olistica del territorio.
Il modello realizzato conferma la valenza politico-amministrativa di SPIn-Eco e le
valutazioni che ne emergono, nel consegnarci un dato assolutamente positivo per qualità
e valore intrinseco del territorio, impongono la necessità di confermare atteggiamenti di
grande attenzione nella definizione delle politiche di sviluppo al fine di garantire la
conservazione degli equilibri fra le componenti dei vari sistemi territoriali.
Tutto questo nell’ambito di politiche non meramente conservative, ma che sappiano
trovare nuovi equilibri a fronte delle necessarie azioni di ammodernamento
infrastrutturale necessarie anche in un territorio tanto unico come quello senese.
Fabio Ceccherini
Presidente della Provincia di Siena
PRESENTAZIONE
Il progetto SPIn-Eco ha segnato un punto importante per lo sviluppo della
ricerca scientifica nel campo degli indicatori e dello sviluppo sostenibile. Allo
stesso tempo esso è stato utile riferimento per il concreto utilizzo di nuovi
strumenti per la gestione del territorio e delle risorse da parte di
un’Amministrazione Pubblica. Non esistono ad oggi, a livello territoriale, sia
nazionale che locale, esempi simili di calcolo ed applicazione di indicatori di
sostenibilità come quello progettato per la Provincia di Siena e realizzato dal
gruppo di ricerca da me diretto a partire dal 2001, con il supporto della
Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Dimostrazione di ciò è il fatto che la
rivista scientifica internazionale, il Journal of Environmental Management,
uscirà nel 2008 con un numero speciale interamente dedicato ai risultati del
progetto (12 articoli con il contributo di quasi trenta autori nazionali e
internazionali).
Oggi la diffusione del concetto di sviluppo sostenibile ha posto l’obiettivo di
trovare soluzioni da un punto di vista politico, economico, sociale,
istituzionale e ambientale. Questa tendenza frenetica verso le soluzioni, che
viene spesso indicata come terapeutica rispetto ai vari problemi che stanno
sorgendo negli anni recenti, è spesso parziale e efficace soltanto nel breve
periodo, contravvenendo il principale principio della sostenibilità: quello della
sopravvivenza nel tempo. E’ nostra opinione che prima di qualsiasi
“sustainability therapy” sia necessario progettare una “sustainability
diagnosis” sulla base di profonde indagini oggettive della piattaforma
ambientale sulla quale tutte le attività umane si fondano. Riteniamo che la
scelta di attuare programmi di sostenibilità a livello territoriale sia possibile
solo attraverso la preventiva applicazione di strumenti diagnostici adatti. Il
documento di Agenda 21 tratta ampiamente di indicatori di sostenibilità (art.
40): “Indicators of sustainable development need to be developed to provide
solid bases for decision-making at all levels and to contribute to a selfregulating sustainability of integrated environment and development
systems”.
Da ciò appare chiaro che una seria analisi diagnostica, una TAC del territorio,
come amiamo definirla, è una condizione necessaria e preliminare per
progettare coerenti azioni nella direzione della sostenibilità. Per questa
ragione, lo sviluppo della ricerca scientifica gioca un ruolo chiave nel
supportare le decisioni.
Questo volume contiene i risultati dell’aggiornamento degli indicatori
applicati al territorio della Provincia di Siena. Sono state riproposte le
elaborazioni relative all’analisi emergetica e all’impronta ecologica
utilizzando dati aggiornati raccolti sul territorio e gli indicatori sono stati
nuovamente calcolati, creando così un data base di riferimento in due
momenti differenti.
A ciò si sono aggiunte due novità importanti: il calcolo dell’indice di
benessere economico sostenibile (ISEW) e l’integrazione di tutti gli indicatori
attraverso l’elaborazione dell’analisi delle componenti principali (PCA).
L’indice di benessere economico sostenibile (ISEW), che deriva dal contributo
di Herman Daly e degli economisti ecologici nel campo della contabilità
economica nazionale, propone una correzione del PIL fatta tenendo conto dei
problemi sociali e ambientali che sono connessi alla crescita economica. In
altre parole, l’aumento del PIL è spesso accompagnato da fenomeni che
incidono negativamente sull’equità distributiva, sulla stabilità sociale, sulla
qualità dell’ambiente e, in generale, sul benessere della popolazione. Di
questi fenomeni si deve tener conto al fine di apprezzare i reali benefici che
derivano dalla crescita dell’economia (produrre inquinando e disinquinare
fanno crescere il PIL, ma non è detto che ciò aggiunga benessere ad una
società). Il calcolo dell’ISEW per la provincia di Siena è stato fatto per gli anni
1999 e 2003 cosa che costituisce, stando alla letteratura scientifica
internazionale, il primo caso di calcolo a livello sub-nazionale (per questo
motivo la ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica internazionale
Ecological Economics).
L’analisi delle componenti principali (PCA) ha consentito di integrare tra loro i
valori di tutti gli indicatori che sono stati calcolati durante il progetto SPInEco. Si è trattato di un lavoro impegnativo dal momento che è stata costruita
una matrice di 26 indicatori per ognuno dei 36 comuni della Provincia per i
quali erano stati calcolati. La griglia è stata poi analizzata attraverso
strumenti statistici allo scopo di verificare l’esistenza di complementarità tra
le informazioni (o le metodologie) o eventuali sovrapposizioni tra esse. Le
metodologie utilizzate si sono dimostrate complementari tra loro,
evidenziando la capacità di conferire all’organo decisore informazioni
altamente differenziate ed utili a comprendere il funzionamento del sistema
territoriale nella sua globalità piuttosto che informare su un singolo problema,
fornendo dunque una visione cosiddetta olistica.
Allo scopo di integrare questo tipo di prospettiva sistemica, è stata infine
presentata una panoramica degli indicatori comuni europei, i quali focalizzano
l’attenzione su alcuni aspetti della sostenibilità locale di sistemi urbani.
Enzo Tiezzi
Direttore Scientifico del Progetto SPIn-Eco
INDICE
PARTE PRIMA
L’Analisi delle Componenti Principali (PCA) applicata agli indicatori di
sostenibilità del Progetto SPIn-Eco
INTRODUZIONE
1
METODI
5
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
13
RISULTATI E DISCUSSIONE
23
CONCLUSIONI
38
BIBLIOGRAFIA
41
PARTE SECONDA
L’Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW) della Provincia di Siena
INTRODUZIONE
43
DAL PRODOTTO INTERNO LORDO (PIL) ALL’INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC 51
WELFARE (ISEW)
IL CALCOLO DELL’ISEW PER LA PROVINCIA DI SIENA (2003)
63
CONCLUSIONI
99
BIBLIOGRAFIA
103
SPIN-ECO
L’Analisi delle Componenti Principali (PCA) applicata agli
indicatori di sostenibilità del Progetto SPIn-Eco
1. INTRODUZIONE
Il rapporto Brundtland (WCED, 1987) ed il primo “Earth Summit” tenutosi a Rio de
Janeiro (1992) hanno avuto il merito di porre l’attenzione sull’interdipendenza degli
aspetti ambientali, sociali ed economici che indicano lo sviluppo sostenibile come la
soluzione per promuovere il progresso socioeconomico in armonia con la salvaguardia
dell’ambiente che ci circonda.
La commissione Brundtland propose la definizione, ormai divenuta popolare, di
sviluppo sostenibile, cioè “quello sviluppo che soddisfa i bisogni presenti senza
compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri”. Il
primo ‘Earth Summit’ ha diffuso il concetto di sviluppo sostenibile come la chiave per
l’integrazione delle principali dimensioni di sviluppo (sociale, economica e
ambientale) nella pianificazione e nell’impostazione delle linee programmatiche a
livello politico. In Europa, il Trattato di Amsterdam istitutivo dell’Unione Europea
(entrato in vigore nel Maggio del 1999) ha proclamato lo sviluppo sostenibile come un
obiettivo preminente della politica comune europea.
Attualmente, il concetto di sostenibilità è ancora considerato poco aderente agli
obiettivi degli Enti pubblici e privati. Questo accade perché le istituzioni locali e
nazionali
sono
interessate
ad
altri
tipi
di
priorità,
ad
esempio
quelle
socioeconomiche, con orizzonti temporali di breve-medio termine (cicli politici ed
economici) piuttosto che a quelli di lungo termine, tipici dei problemi ambientali.
A tutt’oggi, molte regole e principi sono stati proposti in modo da rendere
operativo il concetto di sviluppo sostenibile. Per esempio, l’economista Herman Daly
(1990) ha proposto alcuni principi fondamentali dello sviluppo sostenibile:
1. l’uso delle risorse non dovrebbe eccedere la capacità della natura di poterle
rigenerare;
2. le emissioni rilasciate dai processi produttivi e dal consumo di prodotti finiti non
dovrebbero eccedere la capacità di assorbimento da parte degli ecosistemi;
3. coloro i quali usano le risorse non rinnovabili dovrebbero creare dei sostituti
rinnovabili adeguati (una sorta di compensazione).
SPIN-ECO
1
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
L’implementazione di questi principi non ha un risvolto immediato. I governi, le
amministrazioni pubbliche, le imprese private e le persone comuni hanno bisogno di
modelli e criteri generali elaborati per attuare le relazioni fra i principi, gli obiettivi,
le strategie, le azioni e gli strumenti (Mac Donald, 2005).
A tal proposito, sempre Daly (1992) propose tre criteri (o modelli) per valutare le
varie alternative dello sviluppo sostenibile: 1) la scala sostenibile delle attività
umane, 2) allocazione efficiente di risorse (includendo le risorse ecologiche, come se
fossero economicamente scarse) e 3) equa ed imparziale distribuzione. È possibile
notare dalla descrizione di questi criteri, come emerga la multidimensionalità e la
complessità del concetto di sviluppo sostenibile, rappresentato dal set di interazioni
e retroazioni tra i settori ambientali, economici, sociali ed istituzionali (per es.
Valentin e Spangenberg, 2000; Spangenberg, 2002; Lehtonen, 2004).
Le interazioni tra settori sono dirette e bilaterali, ma devono essere considerate
in armonia con la loro gerarchia, la quale pone la qualità dell’ambiente come
obiettivo primario per lo sviluppo sostenibile. I problemi economici, sociali ed
istituzionali devono essere visti come fondati nel loro contesto biofisico; questo è il
primo oggetto di ricerca relativo a strumenti adeguati per la misurazione dello
sviluppo sostenibile.
In altre parole, prima di ogni terapia di sostenibilità (Bell e Morse, 2005) è
necessario implementare una diagnosi di sostenibilità sulla base di profonde analisi
oggettive della piattaforma ambientale su cui è basata l’attività umana. Spangenberg
(2002) ha dichiarato che fornire uno strumento di guida per le politiche di
sostenibilità, includendo il monitoraggio delle misure, i loro risultati e le
comunicazioni nei confronti della comunità che vive un dato ambito territoriale, non
è possibile se le basi analitiche non sono scientificamente sicure.
Dal momento che la sostenibilità ambientale è una questione multidimensionale
che include la coerenza del comportamento umano con la disponibilità di risorse
naturali e i servizi forniti gratuitamente dagli ecosistemi, le interazioni ed i
meccanismi di risposta che intercorrono fra l’attività antropica e le dinamiche
ambientali devono essere monitorati e rappresentati da differenti punti di vista.
Gli aspetti tradizionali della sostenibilità possono essere ambientali, sociali ed
economici insieme a quelli fisici e politico-istituzionali: gli aspetti fisici sono
rappresentati dai vincoli termodinamici che dovrebbero limitare il comportamento
umano; quelli politico-istituzionali sono rappresentati dai benefici pratici in termini
di conformità normativa e di gestione ambientale per le Pubbliche Amministrazioni.
SPIN-ECO
2
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
Il progetto SPIn-Eco è un lavoro di ricerca pluriennale (2001-2004) che si è posto
come obiettivo la valutazione della sostenibilità della Provincia di Siena attraverso
l’uso di metodologie ed indicatori di diversa natura.
Uno dei più importanti risultati finali conseguiti in questo progetto è
rappresentato dalla collezione di una grande mole di dati caratterizzanti questo
sistema territoriale, unico e complesso, che deve essere ordinata in maniera
organica.
Questo lavoro rappresenta la parte sperimentale, e forse più innovativa, di tutto
il lavoro SPIn-Eco; esso si pone come obiettivo l’integrazione dei principali risultati
emersi dalle singole metodologie cosi da fornire un quadro più organico per la
valutazione della sostenibilità.
Molto spesso, solo un metodo è utilizzato nella valutazione del livello di
sostenibilità di un’area o di un sistema di produzione. Talora, l’integrazione di 2 o 3
approcci è stata presentata, ma senza un opportuno e necessario ammontare di dati
in modo da tentare una comparazione a posteriori dei risultati tra loro (per es. si
veda Robert et al., 2002).
Tale analisi è molto importante perché può mettere in evidenza dove le
convergenze sono strutturali (cioè costruite all’interno dei metodi) o significative per
la gestione del sistema. Questo tipo di analisi fornisce un’indicazione di come
ottimizzare la scelta degli strumenti (metodi o indicatori) da essere usati per la
valutazione (se la quantità dei dati è abbastanza considerevole), evitando altresì, la
ridondanza ed eventualmente lo spreco di denaro per i progetti: se due indicatori
relativi per es. alla popolazione, risultassero essere correlati strutturalmente, non
fornirebbero nessuna indicazione aggiuntiva se usati congiuntamente. Tuttavia, se
scoprissimo che sono correlati solo nella stessa area omogenea, allora questi stessi
indicatori potrebbero essere utilizzati in due aree non omogenee, perché in tal caso
metterebbero bene in evidenza le differenze che intercorrono fra questi due tipi di
aree.
L’ammontare di dati di partenza e la diversità degli approcci utilizzati fanno del
Progetto SPIn-Eco, un test sperimentale unico. Per validare i metodi adottati e
approfondire la coerenza dei risultati numerici con tutti gli altri, è stata necessaria
un’analisi computazionale statistica, in armonia con le ben conosciute analisi di
sistemi.
L’Analisi delle Componenti Principali (PCA) è usata per integrare i risultati di tutti
i metodi implementati nei vari contesti territoriali del progetto. Questo ci permette
di fare una rappresentazione multidimensionale delle relazioni tra risultati di
SPIN-ECO
3
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
differenti metodi attraverso dei diagrammi (plot). I risultati di tali metodi
dimostrano l’esistenza di correlazioni, congruenze, sostituibilità ed interdipendenze
tra i dati grezzi, le aggregazioni di dati e gli indicatori di sostenibilità.
In Tabella 1.1 è riportato l’elenco dei 36 Comuni senesi raggruppati nei 7
Circondari in cui i Comuni sono a loro volta aggregati, con i rispettivi codici di
riferimento che saranno utilizzati nel prosieguo di questo studio.
Tabella 1.1 Codici identificativi dei 36 Comuni e dei 7 Circondari della Provincia di
Siena. Per ciascuno di questi Comuni sono stati applicati gli indicatori descritti nel
paragrafo dei metodi.
N.
Comune
N. Circondario
Circondario
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
Abbadia S. Salvatore
Asciano
Buonconvento
Casole
Castellina in Chianti
Castelnuovo Berardenga
Castiglione d’Orcia
Cetona
Chianciano
Chiusdino
Chiusi
Colle Val d’Elsa
Gaiole in Chianti
Montalcino
Montepulciano
Monteriggioni
Monteroni
Monticiano
Murlo
Piancastagnaio
Pienza
Poggibonsi
Radda in Chianti
Radicofani
Radicondoli
Rapolano
San Casciano dei Bagni
San Gimignano
San Giovanni d’Asso
San Quirico d’Orcia
Sarteano
Siena
Sinalunga
Sovicille
Torrita
Trequanda
6
1
1
4
3
3
6
2
2
5
2
4
3
6
2
4
1
5
5
6
6
4
3
6
4
1
2
4
1
6
2
7
2
5
2
2
Val d’Orcia
Val d’Arbia
Val d’Arbia
Val d’Elsa
Chianti
Chianti
Val d’Orcia
Val di Chiana
Val di Chiana
Val di Merse
Val di Chiana
Val d’Elsa
Chianti
Val d’Orcia
Val di Chiana
Val d’Elsa
Val d’Arbia
Val di Merse
Val di Merse
Val d’Orcia
Val d’Orcia
Val d’Elsa
Chianti
Val d’Orcia
Val d’Elsa
Val d’Arbia
Val di Chiana
Val d’Elsa
Val d’Arbia
Val d’Orcia
Val di Chiana
Comune di Siena
Val di Chiana
Val di Merse
Val di Chiana
Val di Chiana
SPIN-ECO
4
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
2. METODI
Una serie di metodologie, con approcci estremamente differenti l’una rispetto
all’altra, è stata utilizzata per analizzare la sostenibilità ambientale del territorio
senese.
Per l’Analisi delle Componenti Principali sono state selezionate tutte quelle
metodologie di indagine che sono state applicate a tutti e tre i livelli di scala
(provinciale, comunale e circondariale): in particolare sono state scelte l’Analisi
Emergetica, l’Impronta Ecologica, il Bilancio Gas Serra e l’Analisi delle immagini
satellitari (Telerilevamento), che vanno ad aggiungersi ai tradizionali dati socioeconomici e demografici.
Di seguito verranno presentate, in maniera sintetica, le principali caratteristiche
dei vari metodi, mentre in Tabella 2.1 sono riportati, metodo per metodo, i 26
indicatori, selezionati come i più significativi della realtà territoriale, che saranno
inclusi nell’analisi statistica.
2.1 Emergia
L’analisi emergetica fornisce una valutazione del valore “ambientale” di ogni
risorsa, considerando i processi “reali” che stanno alla base dei sistemi antropici e di
quelli naturali. Il presupposto da cui parte l’analisi è che tutto ha un contenuto
energetico e richiede dei flussi di energia e di materia per essere prodotto; la
valutazione di tali flussi consente all’emergia di tener conto del lavoro che
l’ambiente ha dovuto svolgere per produrre un certo bene o prodotto. L’analisi
emergetica è dunque un utile strumento per definire politiche di gestione del
capitale naturale e di quello prodotto dall’uomo che siano sostenibili, non solo da un
punto di vista economico, ma anche ambientale.
L’Emergia viene definita come l’energia utile di un solo tipo usata in modo diretto
e indiretto per ottenere un bene, una data energia o un servizio, e viene misurata in
solar equivalent joule (sej) (Odum, 1996). Quanto più grande risulta essere il flusso
emergetico complessivo necessario a supportare un certo processo, maggiore è la
quantità di energia solare che questo “consuma”, ovvero maggiore è il costo
ambientale presente e passato necessario a mantenerlo.
Un’ottima rilevanza ai risultati dell’analisi emergetica viene fornita attraverso la
caratterizzazione e la classificazione dei flussi che alimentano un dato sistema. In
questo modo è possibile distinguere fra flussi di origine rinnovabile (R), non
SPIN-ECO
5
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
rinnovabile (N) e quelli che provengono dall’esterno del sistema, più prettamente
economici (F).
Sulla base di questa distinzione tra i vari flussi, la metodologia emergetica offre
degli indicatori di sostenibilità che sono in grado di condensare tutte le informazioni
raccolte. Tali indicatori si rivelano importanti strumenti per operare una valutazione
di raffronto su scala sia temporale che spaziale, confrontando cioè i risultati in
momenti diversi e tra sistemi diversi. In tal modo l’emergia è utile per fornire
indicazioni sul percorso dello sviluppo tecnologico, sull’uso delle risorse (impatto
ambientale ed efficienza di conversione), sulla sostenibilità nel lungo periodo e
sull’equilibrio degli scambi commerciali con altri paesi.
Studiando le relazioni tra i flussi di energia solare equivalente che sostengono il
territorio, in relazione alla sua estensione e alla popolazione che vi abita, si arriva al
calcolo dei due indicatori che determinano la pressione esercitata dalle attività
umane sull'ambiente, in un determinato lasso di tempo: la Densità di Flusso di
Emergia e l’Emergia per Persona.
Se i due indicatori precedenti descrivono la “quantità” di risorse utilizzate, gli
indicatori Rapporto di Impatto Ambientale e Rapporto di Investimento Emergetico ne
descrivono la “qualità”. Il primo, infatti, valuta le risorse in base alle loro
caratteristiche di rinnovabilità, il secondo in base alla loro provenienza.
Il Rapporto di Impatto Ambientale è definito dal rapporto tra ciò che è rinnovabile
e ciò che è non rinnovabile. Questo indicatore ci mostra quante volte le risorse non
rinnovabili sono utilizzate in un sistema rispetto alle risorse rinnovabili. Monitorare
questo indicatore nel tempo ci fornisce una misura della tendenza verso la
sostenibilità. Una diminuzione nel tempo del Rapporto di Impatto Ambientale è
indice di una programmazione attenta del territorio: incentivare ad esempio la
produzione di elettricità da fonti rinnovabili può indurne una riduzione.
Il Rapporto di Investimento Emergetico è dato dal rapporto tra le risorse
provenienti dall’esterno del sistema e quelle locali, e ci indica in che misura il
sistema dipenda dall’esterno, o, in altre parole, quanto sfrutti le risorse che gli sono
proprie, senza scaricare la propria insostenibilità all’esterno.
2.2 Impronta Ecologica
L’Impronta Ecologica è un indicatore sintetico di sostenibilità ambientale,
proposto da Mathis Wackernagel e William Rees alla fine degli anni novanta,
SPIN-ECO
6
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
concepito come uno strumento per stimare l’impatto che un singolo individuo, ma
anche una popolazione, esercita su una certa area.
Il “carico” complessivo che l’uomo impone alla Natura riguarda tutte le attività
che, direttamente o indirettamente, generano un impatto sulla Terra, come ad
esempio il consumo di alimenti e di energia ed anche la produzione di rifiuti.
Tale carico viene valutato quantificando la superficie totale di ecosistemi –
terrestri ed acquatici – che è necessaria per fornire, in modo sostenibile, tutte le
risorse utilizzate dall’uomo e per assorbire, sempre in modo sostenibile, tutte le
emissioni prodotte dall’uomo.
Per poter tenere conto contemporaneamente delle diverse forme di impatto
umano sull’ecosfera, tutte le voci considerate vengono ricondotte ad un unico
denominatore comune che è la superficie di territorio biologicamente produttivo.
In questo senso l’Impronta Ecologica è quindi uno strumento in grado di assegnare
un “valore ambientale” ad ogni risorsa consumata o ad ogni rifiuto prodotto
quantificando il territorio ecologicamente produttivo che è necessario per rendere
fruibile quel bene o per assorbire lo scarto prodotto dall’uomo. Si può dire che
l’analisi dell’IE rovescia il concetto di Carrying Capacity (Capacità Portante):
l’attenzione non viene più posta sulla determinazione della massima popolazione
umana che un’area può supportare, bensì sul computo del territorio produttivo
effettivamente utilizzato dai residenti, indipendentemente dal fatto che questa
superficie coincida con la porzione di territorio su cui la popolazione stessa vive.
Alla base del calcolo dell’Impronta Ecologica c’è l’idea che ad ogni unità di materia o
di energia consumata corrisponda una certa estensione di territorio, in grado di
garantire il relativo apporto di risorse e assorbimento dei rifiuti. Il calcolo si basa
quindi sulle seguenti ipotesi:
- che sia possibile stimare, con ragionevole accuratezza, le risorse consumate e i
rifiuti prodotti da una specifica comunità;
- che questi flussi di risorse e rifiuti possano essere convertiti in una equivalente
area biologicamente produttiva, necessaria a garantire queste funzioni.
Le categorie di consumo considerate sono: Alimenti, Abitazioni e Infrastrutture,
Trasporti, Beni di Consumo e Servizi. Ad ogni tipologia di bene di consumo viene
associata una o più delle seguenti tipologie di territorio:
- terreni agricoli: la superficie di terra coltivata necessaria per produrre risorse
alimentari e non alimentari di origine animale (cereali, frutta, verdura, tabacco,
cotone, ecc.);
SPIN-ECO
7
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
- pascoli: le aree di pascolo necessarie per produrre i beni alimentari e non
alimentari di origine animale (carne, latte, lana, ecc.);
- foreste: sono qui incluse le aree forestali, coltivate o naturali, che possono
generare prodotti in legno;
- aree edificate: superficie di territorio utilizzata per costruire (spesso su terreni
coltivabili, cioè i più produttivi) strade, abitazione e altre infrastrutture;
- superficie acquatica: superficie marina e d’acqua dolce necessaria alla produzione
di risorse ittiche;
- terreni per l’energia: superficie forestale necessaria per assorbire la CO2 prodotta
dal consumo dei combustibili fossili e di energia elettrica all’interno dell’area in
esame.
Sommando i contributi delle diverse tipologie di territorio, dopo un’operazione di
normalizzazione che tiene conto della loro differente produttività, si ottiene
l’impronta complessiva della regione considerata. L’area così calcolata non
rappresenta più la superficie reale direttamente o indirettamente utilizzata da una
certa popolazione, ma l’area equivalente (espressa in ettari globali, gha) che sarebbe
necessaria per produrre la quantità di biomassa effettivamente usata dalla
popolazione.
Il concetto di Impronta Ecologica viene associato con quello di Biocapacità che
esprime la dotazione di territori bioproduttivi di una certa regione e quindi la
capacità di quest’ultima di erogare beni e servizi naturali. Si viene così a creare un
vero e proprio “bilancio ecologico”, comparando la richiesta di “Capitale Naturale”
da parte dell’uomo (espressa dall’Impronta Ecologica) rispetto alla disponibilità
potenziale di risorse (Biocapacità), allo scopo di capire quale sia l’impatto generato
dalla popolazione che si é insediata nella regione considerata.
Se la differenza fra la richiesta (impronta) e offerta (biocapcità) riporta un valore
negativo ci troviamo in una situazione cosidetta di deficit ecologico: questo indica
una situazione di potenziale insostenibilità ambientale, nella quale i consumi di
risorse naturali sono superiori alle capacità di rigenerazione degli ecosistemi locali.
Questo tipo di confronto permette di cogliere se l’atteggiamento e lo stile di vita
adottato dalla popolazione è corretto sia nei confronti delle altre popolazioni, che
verso le generazioni future.
SPIN-ECO
8
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
2.3 Inventario dei Gas Serra
Alcune emissioni gassose dovute alle attività umane possono avere effetti sulle
variazioni climatiche del pianeta: la presa di coscienza del problema risale alla fine
degli anni Sessanta, ai tempi della prima conferenza sul clima organizzata dal World
Meteorological Organization (WMO). Vent’anni dopo, nel 1988, viene istituito
l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), una speciale commissione
intergovernativa adibita a valutare e rendere note all’opinione pubblica le
informazioni scientifiche in merito ai cambiamenti climatici. Due anni dopo la sua
istituzione, l’IPCC pubblica il primo rapporto sul clima, nel quale la problematica
“effetto serra” si evidenzia come la principale minaccia alla stabilità climatica del
pianeta. Sulla base di questo rapporto, tra il 1990 ed il 1997, viene elaborato quello
che prende il nome di “Protocollo di Kyoto”, che fissa gli obiettivi specifici di
riduzione delle emissioni climalteranti per ogni nazione.
Finalmente, grazie alla decisione presa dalla Russia, il 16 Febbraio del 2005 il
Protocollo è finalmente operativo in quanto è stata raggiunta la quota del 55% del
totale delle emissioni. Contemporaneamente l’opinione pubblica più consapevole
della necessità di valutare il contributo di ogni paese alle emissioni climalteranti, ed
è cresciuta la volontà di tener conto del bilancio dei gas serra nelle politiche
ambientali locali. Per quanto riguarda la situazione italiana, il Governo è chiamato a
dover ridurre del 6,5% le proprie emissioni rispetto ai valori del 1990. Considerato
che, in media, le emissioni nazionali hanno avuto un incremento, da tale periodo, del
12-15%, lo sforzo complessivo dovrà risultare in una riduzione del 20% circa.
Al fine di stilare dei bilanci attendibili in merito alle emissioni specifiche di ogni
paese, l’IPCC ha redatto delle linee guida, universalmente applicabili, che
contemplano gran parte delle fonti di emissione di gas climalteranti. Anche se
l’ultima versione è appena uscita (Febbraio 2007), le indagini del progetto SPIn-Eco
sono state svolte secondo la penultima revisione delle “Guidelines for National
Greenhouse Gas Inventories” accettata dall’IPCC che risale al 1996, e consiste dei tre
seguenti volumi: Volume 1, the Reporting Instructions; Volume 2, the Workbook;
Volume 3, the Reference Manual.
Nel primo volume si trovano le informazioni preliminari sulla metodologia e il set
di tabelle utili alla presentazione dei risultati finali. Il secondo manuale riporta
invece le tabelle operative, necessarie per effettuare i calcoli; il terzo manuale,
infine, contiene una serie di informazioni - quali le emissioni specifiche dei
SPIN-ECO
9
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
combustibili quelle imputabili alla gestione del letame da allevamento - che
consentono di eseguire i calcoli richiesti dal volume 2.
Tutti i gas a effetto serra sono considerati nel bilancio nei termini di CO 2
equivalente,
attraverso
un
fattore
di
conversione
legato
al
loro
potere
“climalterante” (Global Warming Potential - GWP). Per esempio, tra i gas a effetto
serra diretto, il metano e il protossido d’azoto, pur se emessi in quantità piuttosto
modeste rispetto alla CO2, hanno un GWP rispettivamente 23 e 296 volte superiore.
Nel bilancio finale il loro contributo all’effetto serra sarà quindi espresso attraverso
lo specifico GWP, in termini di CO2 equivalente. Gli stessi potenziali non sono invece
stati stimati per i gas serra indiretti, a causa dell’incertezza circa il loro effetto, ed
essi non vengono dunque inseriti nel bilancio serra finale.
L’ultimo, importante elemento di cui è necessario tener conto nel redigere il
bilancio finale riguarda l’assorbimento dell’anidride carbonica da parte della
biomassa vegetale del sistema studiato. La capacità di fissazione della CO2
attribuibile alle aree verdi compare infatti nel bilancio serra sottraendosi alle
emissioni di CO2 equivalente.
Il bilancio dei gas serra proposto dall’IPCC può a tutti gli effetti essere
considerato uno strumento di valutazione della sostenibilità di un sistema territoriale
ed essere applicato con profitto anche a territori più piccoli di una nazione. La
divisione delle potenziali fonti di emissioni nelle categorie mostrate in precedenza
permette inoltre di far emergere utili suggerimenti di intervento per le politiche
locali. Il monitoraggio delle emissioni nette nel tempo, permette di valutare se e
come la gestione del territorio avvicini lo sviluppo ai criteri di sostenibilità.
2.4 Uso delle Immagini satellitari – TELERILEVAMENTO
Fra le metodologie più innovative per il monitoraggio a diverse scale spaziali
possiamo annoverare l’analisi di dati di telerilevamento con immagine multiband
satellitari. L’utilizzo di immagini satellitari può costituire un’importante fonte di dati
storici riguardanti le variazioni nella salute delle aree verdi, nella qualità e quantità
di aree abitate, nella qualità dell’acqua, nella morfologia dei bacini idrici e nell’uso
del suolo in generale. Dati georeferenziati sono essenziali per poter attuare un
programma
particolareggiato
di
gestione
del
territorio.
L’integrazione
dell’informazione su larga scala, ottenuta tramite il telerilevamento, e del
monitoraggio in situ è una metodologia innovativa in grado di combinare un’analisi
SPIN-ECO
10
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
raffinata dei parametri chiave dell’ecosistema e le più recenti innovazioni nel campo
della tecnologia satellitare.
Ugualmente l’utilizzo di indicatori su larga scala facilita un monitoraggio
dell’attuale programma di gestione territoriale e fornisce indicazioni per creare uno
sviluppo più equilibrato. L’utilizzo e lo sviluppo di tali indicatori basati sui dati
satellitari, è un campo nuovo in cui diversi competenze trovano un’area di
collaborazione. Sono utilizzati indicatori delle emissioni energetiche dalle aree
urbane per stimare le variazioni nel consumo energetico e nella popolazione; indici
della vegetazione nei sistemi agricoli; indicatori qualitativi per sistemi acquatici;
indicatori energetici ed entropici e numerosi altri, ognuno creato per confrontare
realtà diverse o confrontare lo stesso ambiente in momenti diversi (anni e/o
stagioni). Immagini multiband possono dare indicazioni delle caratteristiche del
territorio a diversi livelli, tutto con una georeferenziazione che facilita una
programmazione puntuale e un monitoraggio a lungo termine.
SPIN-ECO
11
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
Tabella 2.1. Elenco dei 26 indicatori utilizzati per la PCA con le rispettive sigle e le definizioni.
Remote Sensing
(Focardi et al., 2006)
Bilancio dei Gas
Serra
(IPCC, 1996)
Analisi dell’Impronta
Ecologica
(Wackernagel and Rees,
1996)
Analisi Emergetica
(Odum, 1988, 1996)
Metodologia
Simbolo
Indicatore
Area
P
PD
I
IpP
R
Area
Popolazione
Densità di Popolazione
Reddito totale
Reddito pro-capite
Risorse Locali Rinnovabili
N
Risorse Locali Non Rinnovabili
F
Risorse Importate dall’esterno
Em
Flusso totale di emergia
EYR
Rapporto di Rendimento
Emergetico
ELR
Rapporto di Impatto Ambientale
EIR
Rapporto di Investimento
Emergetico
EmD
EpP
Densità di Flusso di Emergia
Emergia per persona
EF
Impronta Ecologica
EFtot
Impronta Ecologica totale
BC
Biocapacità
BCtot
Biocapacità Totale
EFD o EFS
Deficit Ecologico (o Surplus)
Eq. CO2
CO2 eq. emessa
Abs CO2
CO2 eq. assorbita
Net CO2
CO2 eq. netta
NDVI
Indice di Vegetazione Normalizzata
ESI
Indicatore di Stress Ambientale
RTI
Indice di Temperatura Radiante
ITS
Indicatore di Sostenibilità
Territoriale
SPIN-ECO
Definizione
Em=R+N+F
Rapporto fra l’emergia totale di risorse che
supporta un sistema e le risorse emergetiche
importate.
EYR = Em / F
Rapporto fra le risorse emergetiche non
rinnovabili e quelle rinnovabili
ELR = (N + F) / R
Rapporto fra le risorse emergetiche importate e
quelle locali
EIR = F / (N+R)
Flusso di emergia per unità di area
Flusso di emergia per popolazione
Area necessaria per supportare lo stile di vita e
il livello di consumo di un individuo.
Area necessaria per supportare lo stile di vita e
il livello di consumo di una popolazione.
Terra biologicamente produttiva disponibile
localmente per persona
Terra biologicamente produttiva disponibile
localmente
Il bilancio positivo (o negativo) fra EF e BC
CO2 eq. emessa, calcolata sulla base del
Global Warming Potential per ciascun settore.
CO2 eq. assorbita, calcolata sulla base della
superficie forestale, considerando anche la
tipologia e l’età delle piante.
Bilancio fra la CO2 eq emessa e quella
assorbita
Rapporto fra la riflettanza corretta nel rosso e la
riflettanza corretta nel vicino infrarosso .
Categorie di copertura del suolo integrati per
definire l’indicatore di stress ambientale.
Una misura di di temperatura radiante stimato
dall’emissione di energia nelle lunghezze
d’onda dell’IR termico.
ITS = NDVI + 1/ESI + 1/RTI
12
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
3. L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
Questo capitolo riguarda i chiarimenti teorici alla base del metodo delle
Componenti Principali. Chi volesse esaminare direttamente i risultati, può passare
direttamente al Capitolo 4.
L’Analisi delle Componenti Principali (PCA - Principal Component Analysis) è una
tecnica di analisi multivariata, proposta da Karl Pearson nel 1901 e sviluppata nella
sua forma attuale da Harold Hotelling nel 1933, di fondamentale importanza per
l’esplorazione dei dati. In generale, le variabili che descrivono i dati sono
trasformate in nuove variabili, chiamate componenti principali, che sono delle
combinazioni lineari delle variabili originali e la cui caratteristica più importante è
quella di essere tra loro ortogonali.
Le combinazioni lineari delle variabili (nel nostro caso gli indicatori) chiamate
componenti principali (Principal Component – PC), spiegano quanto più possibile la
variazione dei dati di partenza. L’algoritmo di decomposizione della PCA assicura che
la prima PC spieghi il massimo ammontare di varianza dei dati di partenza, mentre la
seconda PC spieghi la massima varianza rimanente nei dati soggetti ad essere
ortogonali (non correlati) con la prima PC, e cosi via. Le componenti principali
individuate hanno la caratteristica di essere fra loro ortogonali, di avere media nulla
e varianza unitaria e di essere ordinate in ragione della variabilità che possono
spiegare.
L’analisi delle componenti principali è la più importante tra le diverse tecniche
per l’esplorazione dei dati basate, come vedremo, sulla decomposizione della
matrice di dati in fattori. La PCA si basa su una trasformazione lineare delle variabili
iniziali in altre denominate componenti principali e dotate di particolari proprietà.
Mediante questa tecnica è possibile:
• valutare le correlazioni tra le variabili e la loro rilevanza;
• visualizzare gli oggetti (individuazione di classi, outliers, ecc.);
• sintetizzare la descrizione dei dati (eliminazione di rumore o informazione spuria);
• ridurre la dimensionalità dei dati;
• ricercare proprietà principali;
• definire un modello di rappresentazione dei dati in uno spazio ortogonale.
La PCA è una tecnica matematica per la quale non è necessaria alcuna assunzione
sulla distribuzione di probabilità dei dati. Consiste in un processo di rotazione dei
dati originali definiti dalla matrice X, di dimensioni n×m, effettuato in modo che il
primo nuovo asse sia orientato nella direzione di massima varianza dei dati, il
SPIN-ECO
13
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
secondo sia perpendicolare al primo e sia nella direzione della successiva massima
varianza dei dati, e così di seguito per tutti gli m nuovi assi. L’analisi in componenti
principali (PCA) è un metodo di riduzione dell’informazione in quanto si propone di
rappresentare un insieme di n variabili correlate, per ognuna delle quali si dispone di
m misurazioni, attraverso un numero ridotto p < n di nuove variabili (combinazioni
lineari): le componenti principali (Jackson, 1991; Krazanowski, 1988).
Nella figura 3.1 è illustrato un esempio in due sole variabili. Come si può notare,
la prima componente principale (PC1) è nella direzione di massima varianza dei dati
e la sua origine è situata nel valore medio della variabile. La varianza residua viene
rappresentata
dalla
seconda
componente
principale
(PC2),
nella
direzione
perpendicolare alla prima componente. Poiché in questo caso abbiamo in tutto due
sole variabili, le due componenti descrivono interamente i dati iniziali. Ciascuna
delle due componenti è una combinazione lineare delle due variabili originali.
Figura 3.1. Esempio di PCA nel caso di due variabili.
Formalmente l’Analisi delle Componenti Principali è ottenuta mediante la
diagonalizzazione della matrice di correlazione o di covarianza dei dati di processo.
La PCA può essere utilizzata non solo per ridurre la dimensionalità di un
problema, ma anche per ridurre il livello di “rumore” presente nei dati. È infatti
possibile eliminare parte della variabilità residua, e quindi anche parte del rumore
che accompagna l’informazione rilevante, prendendo in considerazione solo un
numero p di variabili minore del numero delle variabili originali.
SPIN-ECO
14
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
3.1 Derivazione matematica della PCA
Per quanto affermato, partendo dalle variabili originarie l’analisi delle
componenti principali consente di ottenere nuove variabili che:
• sono fra di loro incorrelate.
• sono ordinate con varianza decrescente
• sono combinazioni lineari delle variabili originarie
Sia X un vettore colonna con componenti costituite dalle m variabili aleatorie,
P il vettore delle medie di queste variabili e ő la matrice di covarianza:
X = >x1 , x 2 , ......, x m @
T
P = >P1 , P 2 ,....., P m @T
>
6 E X P X P T
@
Di medie e covarianza sono note le stime sperimentali; non viene fatta alcuna
ipotesi sulla distribuzione dei dati sperimentali per conservare la più ampia
generalità.
Ogni componente principale sarà una combinazione lineare delle variabili
originarie:
y j a1 j x1 a 2 j x 2 ......... a mj x m A j X
T
T
dove A j
>a
1j
@
, a 2 j , .........,a mj è il vettore dei coefficienti da stimare. Affinché venga
mantenuta la distanza nello spazio di dimensione m, bisogna imporre che le
trasformazioni siano ortonormali:
T
i
A A
­
®
¯
j
1
i
j
iz j
0
m
¦a
2
ij
=1
i 1
La prima componente y1 viene calcolata imponendo che la varianza sia massima
con il vincolo A1T A1 1 . Si ha:
Var y1 E A1 X P X P A1
T
T
A1 E X P X P A1 A1T 6 A1
T
T
Per massimizzare una funzione a più variabili sottoposta a vincoli, si usa il
“Metodo dei moltiplicatori di Lagrange”, che nel caso di un solo vincolo può essere
enunciato nel seguente modo: nei punti stazionari di una funzione differenziabile di
SPIN-ECO
15
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
m variabili, detta f(x1,....,xm), soggetta alla condizione g(x1,.........xm) = c, esiste un
numero Ũ, chiamato moltiplicatore di Lagrange, tale che:
wf
wg
O
wxi
wxi
0
con i=1,….,m
Queste m equazioni, insieme alla condizione A1T A1 1 , sono sufficienti per
determinare i punti stazionari ed i corrispondenti valori di Ũ.
Definendo un’ulteriore funzione, L x tale che:
Lx f x O >g x c @
L’insieme di equazioni di Lagrange può essere scritto semplicemente come:
wL x 0
wx
Nel nostro caso:
L A1 A1 6 A1 O A1 A1 1
T
T
I punti di stazionarietà possono essere trovati dalla:
wL A1 26 A1 2O A1 0
w A1
Per cui si ottiene:
6 OI A1
0
Affinché esista soluzione non banale, la matrice (ő-Ũň) deve essere singolare.
Perciò Ũ deve essere scelto in modo tale che:
6 OI
0
il che equivale a dire che Ũ deve essere autovalore di ő.
Essendo semidefinita positiva ő ha m autovalori non negativi. Supposto che i suoi
autovalori siano distinti e tali che Ũ1>Ũ2>..............>Ũm>= 0 e si riprende
l’espressione della varianza della prima componente principale. Utilizzando la
6 OI A1
0 e la condizione di ortonormalità si ottiene:
Var y1 A1 6 A1 A1 O A1 O
T
T
La varianza è quindi massima se Ũ = Ũ1, per cui il termine A1 è l’autovettore di ő
corrispondente all’autovalore più grande.
T
Per ottenere la seconda componente principale, y 2 A 2 X , si aggiunge alla
T
condizione di ortonormalità, A 2 A 2 1 , la seconda condizione che y2 deve essere
incorrelata con y1, cioè:
E > y 2 y1 @ Cov y 2 , y1 0
SPIN-ECO
16
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
Quindi:
Cov y 2 , y1 Cov A 2 X , A1 X
T
T
E>A X P X P A @
T
T
2
1
A 2 6 A1
T
0
Si noti che, essendo 6 A1 O1 A1 , si ritrova la condizione di ortonormalità
T
A 2 A1 0
La varianza di y2 sarà data da:
Var y 2 A 2 6 A 2
T
Per rendere massima una funzione di più variabili soggetta a due condizioni si
introducono due moltiplicatori di Lagrange: Ũ e š. Si consideri la funzione:
L A 2 A 2 6 A 2 O A 2 A 2 1 G A 2 A1
T
T
T
Nei punti stazionari:
wL A 2 26 OI A 2 G A1
w A2
T
T
Moltiplicando per A1 e ricordando che A1 A 2
2 A1 6 A 2 G
T
Ma si è visto che A1T 6A2
0
0 , si ottiene:
0
0 , quindi nei punti stazionari: G
L’equazione di Lagrange diventa: 6 OI A 2
0.
0
Questa volta si prende come Ũ il secondo autovalore di ő in ordine di grandezza e
come A 2 il corrispondente autovettore.
Ripetendo questo procedimento, le j-esime componenti principali vengono
calcolate dagli autovettori associati ai j-esimi autovalori in ordine decrescente. Non
sussistono difficoltà ad estendere il calcolo al caso in cui alcuni autovalori di ő siano
uguali. Si ricordi che a disposizione non si hanno le variabili aleatorie, bensì le
osservazioni effettuate su queste variabili.
Detta X la matrice (n×m) dei dati e A=[A1,.......,Am] la matrice (m×m) degli
autovettori (nota il letteratura come Matrice dei Loadings), la matrice delle
componenti principali Y (nota il letteratura come Matrice degli Scores) sarà:
Y=X · A
Lo score plot (le coordinate di oggetti sulle nuove variabili) dà informazioni di
similarità fra campioni, mentre il loadings plot (i pesi delle variabili originali da cui
vengono costruite le combinazioni lineari per ottenere le PC) mostra le correlazioni
fra le variabili originali. L’uso combinato di questi due plot (biplot) dà ulteriori
informazioni condensate.
Che in maniera estesa diventa:
SPIN-ECO
17
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
Questa equazione mette in relazione una matrice di variabili casuali osservate, X,
con le componenti principali, Y, in maniera tale che ogni colonna della Y non ha valor
medio nullo. E’ utile quindi sottrarre una appropriata matrice le cui colonne siano i
valori medi delle variabili, in modo tale che le componenti principali abbiano valor
medio nullo:
Y= (X - P ) A
3.2 Proprietà della PCA
Calcoliamo la matrice di covarianza delle componenti principali, che indichiamo
con Ŋ. Sarà sicuramente una matrice diagonale, in quanto le componenti principali
sono incorrelate, con gli autovalori come elementi della diagonale. Si può esprimere
come:
/ CovY Cov XA A6AT
Questa equazione esprime un’importante relazione tra la matrice di covarianza
delle componenti principali e quella delle variabili. Può essere riscritta in una forma
che viene indicata come decomposizione spettrale:
6
AT / A
Come si è già fatto notare, gli autovalori possono essere interpretati come le
varianze delle differenti componenti. La somma di queste varianze è data da:
m
¦Var Y i i 1
m
¦O
i
trace/ i 1
SPIN-ECO
18
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
Utilizzando la proprietà delle matrici: traccia(AB)=traccia(BA) si ha:
traccia / traccia A6A T
traccia 6A T A
traccia 6 m
¦ Var Xi i 1
Si ha quindi che la somma delle varianze delle variabili originali è uguale alla
somma delle varianze delle loro componenti principali. Ne segue che le prime Ū
componenti principali tengono conto della somma delle varianze per una quantità:
v
¦O
j
j 1
m
¦O
j
j 1
La figura 3.2 mostra un esempio di PCA in cui le prime due componenti principali
contengono il 97.96% dell’informazione.
Figura 3.2. Esempio di PCA
• Caso in cui Œ ha qualche autovalore nullo.
Questo vuol dire che ő non è di rango pieno, quindi alcune delle variabili
originarie sono linearmente dipendenti. La dimensione effettiva del problema si
ridurrà e sarà p=m-k, dove k è il numero degli autovalori nulli. Il caso comunque
è raro, a meno che si introducano già in partenza variabili ridondanti.
• Caso in cui Œ ha autovalori piccoli.
Questo caso si presenta più spesso del precedente. Si tratta di decidere quali
siano così “piccoli” da considerarli nulli e quindi approssimare ő con una
relazione di dimensione p=m-k. In questo caso, il vettore della h-esima
osservazione yh viene anch’esso approssimato da p elementi non nulli e k nulli.
SPIN-ECO
19
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
• Caso in cui Œ ha autovalori multipli.
Gli autovettori corrispondenti a queste radici di molteplicità ţ non sono unici e si
può scegliere un qualunque gruppo ortogonale nello spazio ţ-dimensionale. Le
corrispondenti componenti principali, avendo lo stesso autovalore, hanno la
stessa varianza. Nasce il problema che si sta analizzando una matrice
campionaria che è solo una stima della matrice ő dell’universo. Quindi, il grado di
molteplicità può variare se si passa dalla matrice campionaria a quella
dell’universo e viceversa. In realtà, per sapere veramente se la matrice ő
dell’universo ha autovalori con molteplicità maggiore di uno è necessario
indagare l’uguaglianza fra autovalori tramite opportuni test che richiedono
l’ipotesi di normalità e sono validi solo per un numero di campioni elevato.
3.3 Standardizzazione delle variabili
È importante mettere in evidenza il fatto che le componenti principali di un
gruppo di m variabili dipendono dalle scale usate per misurarle. Effettuando delle
misure con scale diverse si ottengono matrici di dati legate fra di loro da matrici
diagonali K di trasformazione delle unità di misura:
Z = X˜K
Ovviamente anche la matrice di covarianza subirà un trasformazione, che,
essendo KT=K, sarà:
SZ = K Sx K
Quindi è preferibile standardizzare le variabili, cioè cercare di effettuare una
trasformazione tale da ottenere variabili a varianza unitaria. La matrice K da
utilizzare ha elementi pari a 1/Ůi, dove Ůi è la deviazione standard della i-esima
variabile. Questo assicura che tutte le variabili vengano considerate con la stessa
importanza e che nessuna di esse domini sulle altre.
Nel calcolo della PCA, effettuare una standardizzazione delle variabili significa
trovare le componenti principali dalla matrice di correlazione 3 invece che dalla
matrice di covarianza ő. L’analisi è la stessa, soltanto che la matrice A sarà formata
dagli autovettori della matrice 3 . La somma dei termini della diagonale principale
della matrice di correlazione, cioè la somma delle varianze delle variabili
standardizzate, sarà pari a m, dimensione dello spazio. Dato che la somma degli
autovalori di 3 è uguale a m, le prime Ū componenti principali tengono conto della
varianza totale dei dati originari con una proporzione pari a:
SPIN-ECO
20
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
v
¦O
j
j 1
m
3.4 Il cerchio delle correlazioni
Per ogni variabile della matrice dei dati, si può calcolare il coefficiente di
correlazione con ciascuna delle componenti principali, ottenendo così una matrice C
i cui elementi rappresentano le correlazioni fra le componenti principali, poste sulle
colonne, e le variabili, poste sulle righe. Il coefficiente di correlazione fra la i-esima
variabile e la j-esima componente principale, cioè l’elemento generico della matrice
C, è dato da:
Cov y j , xi rxi y j
Vxy
i
j
dove Ů è la deviazione standard. Supponendo che la i-esima variabile sia a media
nulla e considerando che la varianza della j-esima componente principale è il j-esimo
autovalore, si può dimostrare che:
rxi y j
Cov y j , xi aij V y2 j
aij O j
Vx Vy
V x Oj
Vx
i
j
i
i
Nel caso di variabili standardizzate V xi =1. Nel piano individuato dalle prime due
colonne della matrice C si traccino un cerchio di raggio unitario ed i punti
rxi y j corrispondenti ad ogni variabile. Così facendo si è in grado di valutare in modo
grafico il grado di correlazione tra le componenti principali e le variabili: tanto più
una variabile è prossima al cerchio unitario tanto più è correlata con le prime due
componenti principali. Se da quest’analisi si scopre che una variabile è poco
correlata con la PCA, cioè non ha un peso determinante, possiamo anche escluderla
dalla matrice di dati. Questo è un aspetto molto importante sia come riduzione dei
dati che come scelta delle variabili. Un particolare tipo di sensore che porta
informazione ridondante o nulla può essere sostituito da un altro che porta
informazione più utile.
La figura 3.3 mostra un esempio di cerchio di correlazioni.
SPIN-ECO
21
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
Figura 3.3. Esempio di cerchio delle correlazioni.
3.5 Interpretazione
L’interpretazione delle componenti principali è uno dei punti più delicati.
Esistono varie chiavi di lettura che possono portare ad informazioni diverse.
Essenzialmente, è possibile esaminare tre aspetti:
• Riduzione dei dati;
• Classificazione degli oggetti;
• Classificazione delle variabili.
Lo scopo più classico, ed in un certo senso più semplice, è la riduzione dei dati.
L’obiettivo è capire, data una matrice di dati multivariati, quali delle variabili usate
può essere eliminata dalle analisi successive per il suo scarso contributo alla varianza
totale. La scelta dipende da vari fattori: il tipo di dati in esame, il tipo di
informazione che si vuole trarre da essi, l’accuratezza necessaria per le analisi
successive e la dimensione della matrice di dati. L’esperienza aiuta molto nel
discernere le variabili superflue, quelle poco importanti e quelle notevoli. Il cerchio
delle correlazioni è un utile strumento. La scelta delle variabili da tralasciare è
dunque possibile, prestando attenzione all’effettiva utilità dell’informazione che
inevitabilmente verrà persa.
Come si è già detto, la classificazione avviene attraverso l’individuazione di
cluster disgiunti che individuano classi di appartenenza. E’ possibile anche usare il
centroide di ogni cluster ed effettuare la classificazione in funzione della distanza da
esso. Considerando una matrice di dati con gli oggetti sulle colonne e le variabili
sulle righe è possibile effettuare una classificazione delle variabili.
SPIN-ECO
22
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
In questo lavoro, la PCA dei dati viene ottenuta attraverso il programma SCAN
(1995).
4. RISULTATI E DISCUSSIONE
Attraverso l’Analisi delle Componenti Principali si vogliono fare due tipi di
valutazioni:
- la prima riguarda le variabili, cioè tutti gli indicatori adottati per quest’analisi, per
capire se alcune variabili in gioco portano ad informazioni congruenti e quindi
ridondati che aumentano solo la complessità della PCA e non l’informazione
complessiva che possiamo da essa estrarre;
- la seconda è dare dei giudizi di valore sulle potenzialità messe in risalto dallo score
plot; infatti la descrizione dei risultati sarà suddivisa prima per i singoli Comuni e,
successivamente, per i sette Circondari.
Per quanto riguarda il primo punto, è fondamentale tenere a mente che
quest’analisi è sito-specifica, quindi soggetta alle caratteristiche della Provincia di
Siena e, pertanto, non ha una validità generale.
Premesso questo, un’analisi preliminare ha messo in evidenza una perfetta
correlazione (100%) fra la Biocapacità (BC) e il Deficit (EFD) (o Surplus, EFS)
Ecologico. Tale correlazione può essere giustificata dal fatto che i 36 Comuni
presentano valori di Impronta Ecologica piuttosto costanti e quindi, essendo il Deficit
(o Surplus) dato dalla differenza fra Biocapacità ed Impronta Ecologica, i due
indicatori BC e EFD (EFS) portano ad informazioni piuttosto congruenti. Per questo
motivo è stato deciso di escludere uno (EFD o EFS) mantenendo l’informazione
dell’altro (BC).
Il numero degli indicatori adottati per l’analisi multivariata scende quindi da 26 a
25 variabili indipendenti.
L’analisi ha messo in evidenza che ci sono 5 componenti principali (PC) che
mostrano autovalori maggiori di 1 per una varianza totale spiegata (EV) di 84,5% (vedi
Tabella 4.1).
Tabella 4.1. Autovalori, % di varianza totale coperta da ogni componente e la % di
varianza spiegata cumulata nella PCA (estratte dalla Matrice di Correlazione).
Variabili
PC1
PC2
PC3
PC4
PC5
Autovalori
9,2308
4,8973
3,1227
2,7309
1,1423
Proporzionale
0,369
0,196
0,125
0,109
0,046
Cumulativo
0,369
0,565
0,690
0,799
0,845
SPIN-ECO
23
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
Ovviamente le prime due componenti principali sono quelle più significative (EV
della PC1 = 36,9%, EV della PC2 = 19,6%) per un peso significativo di 56,5%. Le altre
componenti principali assumono via via una significatività decrescente; i valori di EV
sono rispettivamente 12,5%, 10,9% e 4,6%, non aggiungono ulteriore informazione e
pertanto non vengono presi in considerazione. Nella Tabella 4.2, sono riportati tutti
gli autovettori dei 25 indicatori, scorporati per le 5 componenti principali.
Tabella 4.2. Autovettori calcolati per tutti gli indicatori utilizzati nella PCA. Le
componenti più importanti per ciascun indicatore sono evidenziate in grassetto.
Variabile
PC1
PC2
PC3
PC4
PC5
Area
-0,006
0,044
0,524
0,137
0,172
P
-0,321
-0,029
-0,009
-0,079
-0,014
PD
-0,298
-0,064
-0,163
-0,010
0,024
I
-0,315
-0,036
-0,010
-0,128
-0,109
IpP
-0,127
-0,097
-0,119
-0,314
-0,325
R
-0,262
-0,006
0,242
-0,162
0,012
N
-0,093
0,398
0,049
0,031
0,147
F
-0,319
-0,023
-0,006
-0,016
0,066
Em
-0,209
0,321
0,055
0,009
0,146
EmD
-0,196
0,317
-0,153
0,061
0,036
EpP
0,041
0,404
-0,033
0,051
-0,263
ELR
-0,061
0,419
-0,100
0,098
0,036
EYR
0,054
0,406
-0,015
-0,009
-0,245
EIR
-0,073
-0,237
-0,199
0,122
0,262
BC
0,178
-0,036
0,269
-0,057
-0,538
BCtot
-0,065
-0,118
-0,056
-0,387
-0,136
EF
-0,068
0,032
0,506
-0,017
0,159
EFtot
-0,319
-0,033
-0,006
-0,110
-0,065
Eq, CO2
-0,318
-0,021
0,017
-0,098
-0,088
Abs CO2
0,087
0,064
0,257
-0,405
0,197
Net CO2
-0,317
-0,037
-0,056
0,022
-0,136
NDVI
0,135
0,160
-0,116
-0,424
0,004
ESI
-0,084
-0,071
0,220
0,297
-0,447
RTI
-0,160
-0,027
0,266
0,245
0,023
ITS
0,124
0,076
-0,113
-0,365
0,020
SPIN-ECO
24
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
In Figura 4.1 viene riportato il cosiddetto “score plot” che riporta la situazione
per tutti e 36 i Comuni senesi. La posizione di ogni Comune è definita dalla
combinazione lineare degli indicatori oggetto dell’analisi. Questo implica che
posizioni simili saranno assunte dai Comuni che presentano caratteristiche simili nel
set di indicatori.
Da questo grafico è possibile ricavare delle considerazioni sulla base della
posizione assunta in seno al grafico dai vari Comuni; queste considerazioni devono
essere lette in maniera integrata alle informazioni che sono estrapolate dalla Figura
4.2, cioè quella che ci consente di capire il contributo di ciascun indicatore nel
determinare la posizione dei Comuni nel diagramma.
P rin cip al C om p on en ts S c ore P lot
7.5
34
36
26
PC2 (EV%=19.6)
5.0
2.5
33
15
0.0
30
6
2
16
11
28
35 9
-15
-10
-5
27
25
31
10 18
43
14
20
7
24 21 19
17
23
1
8 29
12
22
32
13
5
0
P C 1 (E V% = 36.9)
Figura 4.1. Diagramma bidimensionale con le 2 Componenti Principali. Principal
Component Score Plot (Cumulative EV%=56.5%).
Dal loading plot, la correlazione positiva e negativa degli indicatori studiati nel
set di dati è immediatamente evidente. Infatti, gli angoli delle linee riflettono la
correlazione tra le variabili; almeno per quello che concerne le prime due
componenti principali, la più vicina alla direzione della linea è quella più correlata
agli indicatori all’interno del set di dati; l’angolo con apertura a 90° significa
indipendenza totale (o correlazione zero), a 180° correlazione negativa.
È stato individuato un buon livello di correlazione fra le emissioni di CO2eq,
l’impronta ecologica totale (EFtot), le risorse importate - in termini emergetici - (F) e
il reddito (I), indicatori tipici della presenza e dell’attività antropica (popolazione P).
Questa correlazione è giustificata dal fatto che le emissioni di anidride carbonica e il
reddito sono dati di partenza essenziali per il calcolo dell’impronta ecologica di una
certa popolazione.
SPIN-ECO
25
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
Principal Components Loading Plot
0.45
0.35
second component
ELR
N
EYR
EpP
Em
EmD
0.25
NDVI
0.15
BC tot
0.05
-0.05
Eq.
PFCO2
Eftot
I
net
CO2
PD
R
Abs CO2ITS
Area
RTI
BC
IpP
ESI
EF
-0.15
EIR
-0.25
-0.3
-0.2
-0.1
0.0
0.1
0.2
first component
Figura 4.2. Loading plot delle componenti principali. Sulla sinistra, dove numerose linee e
simboli si sovrappongono, possiamo trovare: Popolazione (P), Densità di popolazione (PD),
Reddito totale (I), Risorse rinnovabili locali (R), Risorse importate (F), CO2 equivalente, CO2
netta, Impronta ecologica totale (EFtot).
Stupisce invece un basso livello di correlazione fra EF (impronta ecologica) e EpP
(emergia per persona), poiché sia la metodologia dell’impronta ecologica che quella
dell’emergia hanno l’obbiettivo di calcolare il costo (in termini ambientali) per
supportare i consumi dell’uomo, la prima in termini di superficie ecologicamente
produttiva, mentre la seconda in termini di energia solare diretta ed indiretta.
Una prima spiegazione plausibile può essere sicuramente trovata nel fatto che,
mentre
l’analisi
emergetica
contabilizza
tutte
le
risorse
che
supportano
complessivamente il sistema Provincia di Siena (e quindi include l’estrazione di
materiale da cava, che in questo caso riveste un peso importante), l’analisi
dell’impronta ecologica non contabilizza questi tipi di materie prime.
Un’altra giustificazione può essere ricondotta all’approccio “complementare” fra
l’impronta ecologica e la metodologia emergetica. La prima si rifà al “principio di
responsabilità” sulla base del quale il cittadino si accolla la responsabilità di tutti i
consumi (di prodotti secondari) possono essere direttamente o indirettamente
ascrivibili, a prescindere che tali beni siano stati prodotti all’interno dell’area in cui
il cittadino risiede oppure ciò sia avvenuto all’esterno di tali confini. La metodologia
emergetica, invece, è più vicina ad una quantificazione del “principio geografico” in
base al quale vengono assegnati al territorio tutti i consumi (domestici, industriali,
SPIN-ECO
26
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
ecc. ma anche i flussi di risorse naturali, di cui la Provincia gode, indipendentemente
dal loro sfruttamento) purché riconducibili alle attività che vengono svolte in tale
territorio.
Citiamo un esempio per chiarire questa differenza: supponiamo che all’interno di
un territorio vi sia una fabbrica che produce un bene X (sia X ad esempio energia
elettrica, un prodotto dolciario o una piastrella di ceramica). Secondo il principio
geografico, a tale territorio spettano, ad esempio, tutte le emissioni di gas serra che
questa fabbrica produce ogni anno. Il principio di responsabilità dell’utilizzatore ha
un approccio “a valle”, cioè affronta il problema dalla prospettiva dell’utilizzatore e
alloca la responsabilità sulla base dell’uso del prodotto X fra i vari territori (o
cittadini) che ne usufruiscono.
I due approcci, pur avendo come riferimento lo studio del sistema territoriale,
hanno due prospettive leggermente diverse e per questo motivo vengono utilizzati
come approcci complementari per la valutazione della sostenibilità ambientale.
La correlazione fra R (risorse rinnovabili) e F (risorse importate) e le emissioni di
anidride carbonica, reddito (I) ecc. sembrerebbe essere una contraddizione ma lo è
solo in apparenza. L’energia elettrica prodotta a Siena deriva da fonte geotermica e,
secondo i calcoli emergetici, è considerata rinnovabile al 75%. Questo implica che se
aumentassero i consumi supportati da questo tipo di energia, aumenterebbe di
conseguenza l’uso delle risorse rinnovabili. Ovviamente la questione sarebbe assai
diversa se si considerasse l’energia elettrica come combinazione del mix nazionale e
quindi essenzialmente di origine non rinnovabile.
La combinazione dei diagrammi riportati in Figura 4.1 e 4.2 determina il biplot,
cioè il diagramma riportato in Figura 4.3. Questo grafico sovrapposto ci permette di
capire quali sono le similitudini che caratterizzano i Comuni.
SPIN-ECO
27
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
Principal Components Biplot
34
7
36
6
second component
26
5
4
3
2
33
30
6
2
13
1
15
12I
0
32
-1
5
31
16
25
10 18
4
14 7 20
24 321 19
17
23
1
8 29
22
11
28
359
-2
-15
-10
-5
27
0
first component
Figura 4.3. Principal Component Biplot ottenuto dalla fusione delle informazioni contenute
nelle Figure 4.1 e 4.2.
In particolare possono estrapolate le seguenti considerazioni:
1) i Comuni che sono collocati nella parte sinistra del diagramma presentano tutti
alti valori degli indicatori: P (popolazione), PD (densità di popolazione), I
(reddito), CO2 (emissione di anidride carbonica), F (risorse importate dall’esterno
– in termini emergetici), EFtot (Impronta Ecologica Totale) e R (risorse rinnovabili –
in termini emergetici). Infatti, spostandosi da sinistra a destra troviamo prima i
due Comuni più antropizzati: Siena (32) e Poggibonsi (22), più separati dal nucleo
centrale, e a seguire Colle Val d’Elsa (12), Montepulciano (15) e Monteriggioni
(16).
2) Sul lato destro troviamo invece sistemi caratterizzati da alti valori di BC
(biocapacità), ITS (Indicatore di sostenibilità territoriale), NDVI (Indice di
Vegetazione Normalizzata), Abs CO2 (anidride carbonica assorbita), cioè correlati
negativamente con gli indicatori descritti precedentemente. Questi Comuni
presentano una vocazione prevalentemente agricola con grande dotazione
forestale e bassa densità di popolazione. Rientrano in questo insieme i Comuni di:
Castellina in Chianti (5), Chiusdino (10), Gaiole in Chianti (13), Monticiano (18),
Murlo (19), Radicondoli (25), San Casciano Bagni (27), Sarteano (31).
3) I tre Comuni nella parte alta del grafico si distinguono da quelli che appartengono
alle precedenti voci in quanto hanno indicatori con caratteristiche spiccatamente
differenti; più precisamente, in questa parte del biplot (Figura 4.3) si
concentrano i Comuni che hanno un flusso di risorse locali non rinnovabili
SPIN-ECO
28
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
particolarmente rilevante (oltre il 90% dell’Emergia Totale), che condiziona
fortemente tutti gli indicatori emergetici ad esso connessi, come per esempio
l’EYR (Indicatore di Rendimento emergetico), l’ELR (Rapporto di Impatto
Ambientale), l’EpP (Emergia per persona), l’EmD (Flusso di Emergia per unità di
area) e l’Em (Emergia totale). Ciò è dovuto principalmente alla presenza in seno
a questi territori di una consistente attività estrattiva: marmo (Sovicille, 34),
travertino (Rapolano, 26), argilla (Trequanda, 36).
4) I Comuni di Sinalunga (33), Asciano (2), Castelnuovo Berardenga (6) e San Quirico
d’Orcia (30) sono separati dai Comuni del punto precedente, lungo la componente
PC2, in quanto, pur avendo un’attività estrattiva consistente, la loro posizione
relativa è determinata da una maggiore importanza di variabili quali il numero di
residenti, il loro reddito e le emissioni di CO2.
5) I Comuni che sono posizionati nella parte bassa del biplot, nella fattispecie:
Abbadia San Salvatore (1), Buonconvento (3), Casole d’Elsa (4), Castiglion d’Orcia
(7), Cetona (8), Chianciano Terme (9), Chiusi (11), Montalcino (14), Monteroni
d’Arbia (17), Piancastagnaio (20), Pienza (21), Radda in Chianti (23), Radicofani
(24), San Gimignano (28), San Giovanni d’Asso (29), Torrita (35), hanno alti valori
di EIR (Rapporto di Investimento Emergetico) e, quindi, bassi valori di EYR a causa
di una relativamente maggiore incidenza delle risorse importate rispetto a quelle
locali. Inoltre, nei suddetti Comuni risultano essere preponderanti i flussi di
emergia rinnovabile (R) ed importata (F) rispetto alle risorse non rinnovabili (N).
Nella Figura 4.4 viene riportato il plot delle componenti principali in cui è stato
fatto uno zoom della parte di destra tagliando l’informazione del Comune di Siena
(che comunque è l’unico Comune che fa parte dell’omonimo circondario). In questo
plot i Comuni vengono identificati con due codici: un codice numerico che ripercorre
quanto riportato nella Tabella 1.1 e un codice di simboli per raggruppare i Comuni
secondo il Circondario di appartenenza.
Questo tipo di approccio consente di evidenziare le analogie o diversità
strutturali fra i vari Comuni che compongono ciascun Circondario, in riferimento al
set di indicatori utilizzato. Questo tipo di informazioni può avere delle implicazioni
particolarmente interessanti per gli amministratori considerato che ciascun Comune
(e a sua volta ciascun Circondario) non può essere visto come un sistema a sé stante,
cioè completamente isolato dal contesto, piuttosto come un tassello di un puzzle
nella gestione del territorio.
SPIN-ECO
29
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
1
2
7.5
34
3
36
4
5
26
6
5.0
PC2
7
2.5
33
11
-4
-3
-2
28
35 9
-1
25
10
14 7 20244 3 21
17
19
1
23
8 29
22
-5
27
5
31
12
-6
13
16
15
0.0
30
6
2
0
1
2
18
3
4
PC1
Figura 4.4. Scatter plot delle due componenti principali PC1 e PC2. Il Comune di
Siena (32) è stato eliminato per evidenziare la distribuzione degli altri Comuni.
Legenda: Val d’Arbia [1], Val di Chiana [2], Chianti [3], Val d’Elsa [4], Val di
Merse [5] e Val d’Orcia [6].
Dallo scatter plot (figura 4.4) si evince che le zone della Val d’Arbia [1], Val di
Chiana [2] e Val d’Elsa [4] sono le più eterogenee in quanto i punti corrispondenti a
quei circondari sono piuttosto dispersi nel piano. Ad esempio, i Comuni che
afferiscono al Circondario della Val d’Elsa (ed in misura minore anche quelli che
fanno capo al Circondario della Val di Chiana) sono dispersi lungo l’asse della PC1
(asse delle ascisse) a testimonianza della contemporanea convivenza di sistemi più
industrializzati come Poggibonsi (22) (o come Montepulciano (15) e Sinalunga (33) in
Val di Chiana) e di piccole aree prevalentemente agricole e forestali come
Radicondoli, (25) in Val d’ Elsa o San Casciano dei Bagni (27) in Val di Chiana.
La Val di Chiana presenta, inoltre, un’ulteriore distribuzione lungo l’asse della
seconda componente (PC2) con Trequanda (36) per i motivi già ampiamente discussi
in precedenza.
In Val d’Arbia, il Comune di Asciano (2) e quello di Rapolano (26) si isolano dagli
altri nell’asse della seconda componente (PC2) e questo, come abbiamo già visto,
grazie alla presenza di attività estrattive.
I Circondari del Chianti Senese [3], della Val di Merse [5] e della Val d’Orcia [6] sono
quelli più omogenei con la sola eccezione del Comune di Radda (23) nel Chianti
Senese, di Sovicille (34) in Val di Merse e di San Quirico d’Orcia (30) in Val d’Orcia.
SPIN-ECO
30
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
La presenza di diversità è sempre auspicabile, sia quando si parla di sistemi ecologici
(biodiversità) sia nel caso di sistemi territoriali (diversità nella conformazione del
territorio, e nelle caratteristiche socio-economiche). Essa infatti rappresenta, non
solo la prima ricchezza di un territorio, ma uno dei principali punti di forza che rende
il sistema meno fragile e più resiliente ai cambiamenti e alle possibili crisi
economiche di settore.
Il progetto SPIn-Eco, portato avanti in questi anni, rappresenta un utile strumento
per le varie Amministrazioni comunali e quella provinciale, in quanto mettono in
evidenza le caratteristiche socio-economiche ed ambientali della Provincia. In questo
modo, l’oculatezza delle politiche di governo del territorio deve essere una
prerogativa indispensabile per privilegiare i punti di forza e porre rimedio ai punti di
debolezza delle varie realtà territoriali comunali. In questo modo le politiche devono
essere orientate a mettere in evidenza le caratteristiche comuni delle varie realtà
provinciali, allo scopo di redigere opportune politiche che rispettino le realtà
interessate, indipendentemente dal legame con il Circondario. Per maggiore
chiarezza espositiva le pagine seguenti contengono le informazioni riassuntive
relative ai Comuni della Provincia di Siena, suddivisi per Circondario di appartenenza.
SPIN-ECO
31
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
CIRCONDARIO VAL D’ARBIA
1
2
7.5
34
3
36
4
5
26
6
5.0
PC2
7
2.5
33
11
-4
-3
-2
28
35 9
-1
25
10
14 7 20244 3 21
17
17
19
23
1
8 29
22
-5
27
5
31
12
-6
13
16
15
0.0
30
6
2
18
29
0
1
2
3
4
PC1
Figura 4.5. Scatter plot del Circondario della Val d’Arbia
Il Circondario della Val d’Arbia presenta una significativa dispersione lungo l’asse della
seconda componente PC2. I Comuni di Rapolano Terme (26) e Asciano (2) presentano
una voluminosa attività estrattiva che, come noto, è fortemente degradante per
l’ambiente. Questo risultato si evince dall’analisi di tutti gli indicatori emergetici che,
fra tutti gli indicatori utilizzati in questo studio, sono quelli che si preoccupano
maggiormente del prelievo di risorse non rinnovabili (materiali da cava).
Analizzando lo stesso insieme di indicatori per i Comuni di Buonconvento (3),
Monteroni (17) e San Giovanni d’Asso (29) si nota come questi presentino
caratteristiche piuttosto omogenee. Infatti, dalla posizione assunta all’interno del
scatter plot si evince che la loro biocapacità pro capite è piuttosto alta (questo è
evidente soprattutto per i Comuni di Buonconvento e San Giovanni); la maggiore
densità abitativa di Monteroni rende meno importante il contributo del capitale
naturale per la comunità residente, tant’è che la sua posizione all’interno del scatter
plot è leggermente defilata rispetto agli altri Comuni appartenenti al medesimo
circondario.
SPIN-ECO
32
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
CIRCONDARIO VAL DI CHIANA
1
2
7.5
34
3
36
4
5
26
6
5.0
PC2
7
2.5
33
11
-4
-3
-2
28
35 9
-1
25
10
14 7 20244 3 21
17
19
23
1
8 29
22
-5
27
5
31
12
-6
13
16
15
0.0
30
6
2
0
1
2
18
3
4
PC1
Figura 4.6. Scatter plot del Circondario della Val di Chiana
Il Circondario si presenta piuttosto eterogeneo, ciò è dovuto alle peculiarità dei
Comuni che vi appartengono. Trequanda (36) è il Comune che presenta
caratteristiche che si discostano maggiormente rispetto agli altri Comuni del
Circondario. Le attività produttive prevalenti, fortemente energivore e degradanti,
sono quelle che determinano delle peggiori condizioni delle risorse naturali del
territorio comunale. Questa situazione è diametralmente opposta per quello che
concerne tutti gli altri Comuni che afferiscono al Circondario della Val di Chiana con
la differenza che, nella parte sinistra del scatter plot troviamo i Comuni con una
maggiore densità abitativa: Montepulciano (15), Sinalunga (33), Chiusi (11), Torrita
(35), Chianciano (9), mentre nel lato destro troviamo i Comuni con grande dotazione
di capitale naturale. La differenza di posizione fra Montepulciano e Sinalunga è
determinata dalla maggiore estensione territoriale della prima rispetto alla seconda,
che ne determina un punto di forza alla luce dei risultati ottenuti. Per quanto
riguarda invece gli altri Comuni, le esigue dimensioni territoriali unite all’alta
densità di popolazione residente e un importante flusso turistico, principalmente per
i Comuni di Chiusi e Chianciano, rendono questi sistemi territoriali fortemente
dipendenti dalle risorse provenienti dall’esterno (F).
SPIN-ECO
33
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
Il patrimonio naturalistico è maggiormente concentrato nei Comuni di Cetona (8),
Sarteano (31) e San Casciano (27).
CIRCONDARIO CHIANTI SENESE
1
2
7.5
34
3
36
4
5
26
6
5.0
PC2
7
2.5
33
12
11
-5
-4
-3
-2
28
35 9
-1
25
10
14 7 20244 3 21
17
23 19
1
23
8 29
22
-6
13
27
5
31
16
15
0.0
30
6
2
0
1
2
18
3
4
PC1
Figura 4.7. Scatter plot del Circondario del Chianti Senese
Il Circondario del Chianti Senese è quello che, per sue caratteristiche sia ambientali
che socio-economiche, si presenta particolarmente omogeneo. Tutti i Comuni
presentano
una
grande
dotazione
di
biocapacità.
Questa
si
manifesta
prevalentemente nel Comune di Gaiole (13): il suo territorio possiede una maggiore
propensione all’assorbimento di gas climalteranti. Al Comune di Castelnuovo
Berardenga è da attribuire un più efficace sfruttamento delle risorse rinnovabili
locali rispetto a quelle di natura non rinnovabile; infine, il Comune di Castellina in
Chianti (5) si caratterizza per un maggiore sfruttamento di risorse locali non
rinnovabili che risulta più importante rispetto al Comune di Radda in Chianti (23),
tant’è che quest’ultimo è posizionato più in alto nel scatter plot.
SPIN-ECO
34
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
CIRCONDARIO VAL D’ELSA
1
2
7.5
34
3
36
4
5
26
6
5.0
PC2
7
2.5
33
11
-4
-3
-2
28
35 9
-1
25
10
14 7 202444 3 21
17
19
23
1
8 29
22
-5
27
5
31
12
-6
13
16
15
0.0
30
6
2
0
1
2
18
3
4
PC1
Figura 4.8. Scatter plot del Circondario della Val d’Elsa
Il Circondario della Val d’Elsa è atipico rispetto agli altri perché presenta
eterogeneità solo nella prima componente. Questo significa che sono escluse da
qualsiasi giudizio di merito, per esempio, le risorse locali non rinnovabili e la
dimensione territoriale di tutti i Comuni. La differenza principale fra i Comuni
presenti in questo Circonadrio è legata, da un lato, dagli alti redditi pro capite,
dall’importante densità abitativa e dalla scarsa estensione di superficie forestale
(Poggibonsi (22), Colle val d’Elsa (12), Monteriggioni (16)); dall’altro, troviamo un
maggiore assorbimento di CO2, una bassa antropizzazione del territorio ed una
maggiore dotazione di patrimonio naturalistico (San Gimignano (28), Casole d’Elsa
(4), Radicondoli (25)).
SPIN-ECO
35
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
CIRCONDARIO VAL DI MERSE
1
2
7.5
34
3
36
4
5
26
6
5.0
PC2
7
2.5
33
11
-4
-3
-2
28
35 9
-1
25
10
14 7 20244 3 21
17
19
1
23
8 29
22
-5
27
5
31
12
-6
13
16
15
0.0
30
6
2
0
1
2
18
3
4
PC1
Figura 4.9. Scatter plot del Circondario della Val di Merse
Il Circondario della Val di Merse, fatta esclusione per il comune di Sovicille (34), è
connotato da caratteristiche particolarmente simili. Più precisamente, i Comuni di
Murlo (19), Monticiano (18) e Chiusdino (10) hanno un alta densità di superficie
forestale, caratteristica che premia una maggiore attenzione da parte delle
Amministrazioni pubbliche locali nei confronti del patrimonio naturale di questo
territorio. Il Comune di Sovicille, invece, si differenzia sensibilmente da tutti gli
altri, perché sono presenti sul suo territorio attività estrattive cospicue, fortemente
degradanti per l’ambiente, in quanto richiedono investimenti energetici voluminosi,
da un punto di vista emergetico.
SPIN-ECO
36
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
CIRCONDARIO VAL D’ORCIA
1
2
7.5
34
3
36
4
5
26
6
5.0
PC2
7
2.5
33
11
-4
-3
-2
28
35 9
-1
25
10
4
14 7 20
2024
24 3 2121 19
17
14
1
23
8 29
1
22
-5
27
5
31
12
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13
16
15
0.0
30
6
2
0
1
2
18
3
4
PC1
Figura 4.10. Scatter plot del Circondario della Val d’Orcia
Le dimensioni territoriali e lo sfruttamento considerevole di risorse locali di natura
non rinnovabile estraniano il Comune di San Quirico d’Orcia (30) dagli altri Comuni
appartenenti al Circondario della Val d’Orcia.
La forte dipendenza dall’esterno, per quanto riguarda l’approvvigionamento di
risorse utili ad alimentare i sistemi territoriali di questo Circondario, è una
caratteristica di tutti i sistemi territoriali prevalentemente dediti all’attività
agricola; nella fattispecie ci riferiamo ai seguenti Comuni: Abbadia San Salvatore (1),
Castiglion d’Orcia (7), Montalcino (14), Piancastagnaio (20), Pienza (21) e Radicofani
(24).
SPIN-ECO
37
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
5. CONCLUSIONI
Il Progetto SPIn-Eco ha avuto l’obbietivo di analizzare lo stato di salute e il livello di
sostenibilità della Provincia di Siena, attraverso l’utilizzo di strumenti di misura ed
elaborazione, diversi fra loro.
Uno dei più importanti risultati che sono stati raggiunti è la costruzione di un
ricchissimo data set che raccoglie una moltitudine di dati e di informazioni di natura
diversa (economica, ambientale, ecc.), sia a livello provinciale che comunale. I dati
sono stati, negli anni, pubblicati nei vari volumi che sono stati redatti per il progetto,
sia nei capitoli relativi allo stato dell’ambiente che in quelli delle varie metodologie.
Fino ad oggi però, non era mai stata realizzata una trattazione statistica di tutti
questi dati così da poter avere una lettura immediata ed integrata degli stessi. In
questo lavoro è stata realizzata un’analisi delle componenti principali (PCA =
Principal Component Analysis) per un set di 25 indicatori, i più rappresentativi delle
varie metodologie introdotte: analisi emergetica, analisi dell’impronta ecologica, il
bilancio dei gas serra e il remote sensing oltre alle variabili economiche e
demografiche.
Lo studio delle correlazioni fra i vari indicatori permette di avere una visione
d’insieme dei sistemi territoriali dal punto di vista della sostenibilità. Analizzando il
plot delle due componenti principali (queste due componenti sono in grado di
spiegare il 56.5% della varianza dei dati di partenza) è stato possibile identificare
diversi sottoinsiemi in cui sono stati idealmente raggruppati tutti i Comuni a seconda
del set di indicatori prevalente. Innanzitutto, la prima cosa da notare è che i Comuni
risultano maggiormente dispersi nella prima componente (asse x) piuttosto che nella
seconda (asse y). La dispersione sull’asse x è determinata da caratteristiche socioeconomiche e demografiche; da un lato (a sinistra) abbiamo realtà con un’alta
densità abitativa e redditi elevati che vanno ad incidere su indicatori quali
produzione di anidride carbonica e impronta ecologica, mentre dall’altra (a destra)
abbiamo indicatori correlati negativamente rispetto ai precedenti ad esempio la
biocapacità pro-capite. La dispersione viene pertanto generata dalla grande
variabilità nei valori che gli indicatori assumono, sinonimo di una grande diversità
strutturale dei vari Comuni. Per quanto riguarda la dispersione sull’asse y, essa è
determinata (in alto) dalle caratteristiche delle attività produttive (estrazione da
cave) che producono un abbassamento del valore dell’indicatore EIR (in basso). In
questo caso la minore dispersione è legata al fatto che solo pochi Comuni hanno tale
settore particolarmente sviluppato.
SPIN-ECO
38
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
La PCA ha evidenziato la mancanza di alcune correlazioni che parevano, almeno
teoricamente, scontate, come ad esempio quella fra Impronta Ecologica e l’Emergia
per persona. Per il set di dati analizzato questa mancanza di correlazione può essere
giustificata dal fatto che le risorse non rinnovabili sono la voce predominante in una
metodologia (analisi emergetica), mentre non sono contabilizzate nell’altra (analisi
dell’impronta ecologica).
Spostando l’attenzione a livello circondariale, è stato possibile ad esempio
studiare le analogie e le diversità strutturali fra i diversi Comuni che compongono i
vari circondari del territorio senese. I risultati dell’analisi mostrano che è necessario
cercare di privilegiare le caratteristiche comuni al Circondario, laddove il carattere
di omogeneità prevale, mentre è necessario cercare l’integrazione e la separazione
dei ruoli laddove le diversità sono più evidenti. Lo scopo dovrebbe essere, quindi,
quello di dedicare particolare attenzione alla congruità delle azioni intraprese dai
singoli Comuni rispetto a quelle tipiche del Circondario di appartenenza. Lo studio
effettuato in questi anni nel territorio della Provincia di Siena suggerisce che
l’importanza della politica locale nella risoluzione dei problemi relativi alla gestione
del territorio deve andare oltre i confini dei vari Comuni, e coinvolgere tutto il
Circondario come un sistema che abbia una identità collettiva e coordinata, ove
prevale l’omogeneità; viceversa, le entità circondariali eterogenee dovrebbero
essere trattate come insiemi di specificità che si possono completare l’una con
l’altra.
Quest’analisi rappresenta un’ottima opportunità di concertazione e di confronto
per gli attori locali che governano il territorio della Provincia di Siena con realtà
circondariali omogenee ed eterogenee. Benché i Circondari si nutrano soprattutto
della programmazione provinciale è innegabile che ci debba essere una maggiore
volontà da parte dei soggetti pubblici locali di intraprendere un percorso più
responsabile e autonomo nella programmazione socio-economica del proprio
territorio.
Il progetto SPIn-Eco deve rappresentare un importante punto di riferimento per
gli operatori del settore e per coloro che necessitano di informazioni qualiquantitative puntuali per operare la programmazione delle attività economiche a
livello comunale e circondariale; inoltre, bisogna tener presente che la sostenibilità è
un percorso a cui è necessario dare continuità e coerenza con la consapevolezza che
nessun modello di sviluppo economico locale potrà avere successo duraturo se non
risulterà sostenibile anche dal punto di vista ambientale, mentre nessun processo di
ristrutturazione ecologica del territorio senese potrà mai affermarsi se non risulterà
SPIN-ECO
39
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
sostenibile anche dal punto di vista economico. Il concetto di sostenibilità,
ampiamente affrontato e dibattuto in questi anni mediante il lavoro del Dipartimento
di Scienze e Tecnologie Chimiche e dei Biosistemi, si pone quindi come elemento
chiave dell’evoluzione della Provincia di Siena.
Questo tipo di indagine, se opportunamente supportata da un adeguata volontà
politica, può rappresentare un utile supporto per la pianificazione di politiche
ambientale, coprendo anche nuovi ed interessanti aspetti della sostenibilità.
SPIN-ECO
40
L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
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L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
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SPIN-ECO
42
L’Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW) della Provincia
di Siena
1. INTRODUZIONE
Il concetto di Sviluppo Sostenibile non si può più dire che sia una novità, visto che
la sua formalizzazione ad opera della Commissione Brundtland avvenne circa venti
anni or sono. Da allora, un numero notevole di eminenti studiosi di diverse discipline
si è adoperato al fine di comprendere e far comprendere meglio ciò che, con tale
espressione, si deve e non si deve indicare. Molti sono stati i contributi scientifici,
molti i simposi e i congressi internazionali che, ispirati dalla necessità di trovare il
comportamento più opportuno che consenta una prospera sopravvivenza della specie
umana sul pianeta per un tempo indefinito, hanno avuto per tema “quello sviluppo
che soddisfa i bisogni presenti senza compromettere la possibilità delle future
generazioni di soddisfare i propri” (WCED, 1987).
La presente ricerca è finalizzata a studiare, attraverso l’utilizzo di strumenti di
misura ed elaborazione, lo stato di salute e il livello delle performances di un
sistema definito, che coincide con il territorio della Provincia di Siena. L’attività di
monitoraggio del sistema, di concerto con tutte le altre fasi successive della ricerca,
servirà a comprendere il complesso intrecciarsi delle dinamiche che interessano il
comprensorio territoriale, mettendo in evidenza, in particolare, quelle innescate
dalla presenza delle attività antropiche rispetto alle interrelazioni ecosistemiche che
riguardano l’ambiente naturale e le risorse.
Il principale, e spesso unico, strumento di verifica della “qualità” delle attività
praticate dall’uomo su un territorio è il riscontro in termini economici delle stesse.
Tale computo si ottiene in diversi modi, misurando di volta in volta parametri quali la
produzione, il consumo, il profitto, gli investimenti, l’occupazione ecc. ed
utilizzando appositi strumenti della statistica economica, come la misura del valore
aggiunto o del prodotto lordo (quello che a livello nazionale viene indicato con la
sigla PIL). È ormai noto, tuttavia, che tali strumenti non forniscono un quadro
esaustivo della complessità che caratterizza un territorio antropizzato, dal momento
che essi trascurano completamente alcune componenti fondamentali, come quelle
ambientali e gran parte di quelle sociali. In questo contesto abbiamo voluto costruire
SPIN-ECO
43
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
un indice che aiuti a riassumere le evidenze economiche e non che caratterizzano
l’area della Provincia di Siena.
A prescindere da qualsiasi calcolo o elaborazione, peraltro, è possibile formulare
alcune considerazioni generali riguardo al sistema che si è sottoposto ad analisi:
x
È ben noto come la società occidentale non si evolva coerentemente con la
capacità dell’ambiente di produrre gli input ad essa necessari, per cui si può
affermare che il nostro sistema è alimentato prevalentemente da risorse non
rinnovabili, quindi esauribili in un tempo definito e determinabile. In altri termini,
oggi ci approvvigioniamo a spese delle future generazioni e, se questo trend non
cambierà, lo faremo in misura sempre maggiore nel futuro.
x
Allo stesso modo, sulla base del modello di sviluppo adottato dai paesi del
mondo industrializzato, è difficile ipotizzare, per il nostro sistema, l’autosufficienza,
vale a dire la capacità di fare fronte ai propri fabbisogni di materia, energia,
superficie territoriale ed informazione utilizzando solo le proprie risorse. In altri
termini oggi ci approvvigioniamo a spese di altre popolazioni e, se questo trend non
cambierà, lo faremo in misura sempre maggiore nel futuro.
x
Infine, non sarà certo la continua ricerca di livelli sempre maggiori di ricchezza
finanziaria che porterà a condizioni tali da permettere una maggiore cura per
l’ambiente e per le risorse. Gli strumenti economici non hanno in sé il crisma della
efficiente allocazione delle risorse, dal momento che non tengono conto di ciò che,
con il mercato, non ha direttamente a che fare. Ciò significa che la valutazione dei
comportamenti umani, qualora si vogliano confrontare con le problematiche
ambientali, va eseguita integrando, per usare le parole di Matthias Ruth, economia,
ecologia e termodinamica.
La presente relazione, come detto, verterà sull’analisi del terzo punto, proponendo
uno strumento specifico atto a monitorare le interazioni tra il sistema economico
locale, la società e l’ambiente. Sarà infatti descritto ed utilizzato uno strumento di
contabilità economica, utile ad integrare l’informazione contenuta nel PIL e negli
indicatori economici tradizionali, in modo da fornire una misura monetaria di
fenomeni della società umana normalmente trascurati.
SPIN-ECO
44
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
1.1 L’integrazione di economia, ecologia e termodinamica
In un pianeta finito e limitato dalla propria capacità portante (carrying capacity1),
il sentiero della crescita, quello cioè dello sfruttamento di quantità sempre maggiori
di materia ed energia, non è fisicamente percorribile. Ciò che si deve perseguire è
l’idea di un sistema in cui le risorse vengano sfruttate ad una velocità inferiore o
uguale rispetto alle capacità dell’ambiente di ripristinarle, e in cui i rifiuti prodotti
dall’attività antropica possano essere assorbiti dalla natura in tempi ragionevoli.
L’elemento di fondamentale innovazione introdotto dai teorici dello sviluppo
sostenibile è la variazione dell’orizzonte temporale di riferimento per ogni
comportamento o schematismo: il dilemma intergenerazionale non potrà mai essere
affrontato senza imparare a ragionare in termini di lungo periodo.
In questo senso va inteso il passaggio logico dal termine inglese to carry (portare,
reggere) a to sustain (mantenere, portare nel tempo, durevolmente). Il concetto di
tempo assume quindi centralità e, affinché lo studio si possa collocare entro i binari
della sostenibilità, è indispensabile la termodinamica e, in particolare, la sua
seconda legge, vale a dire lo studio delle modalità e dei limiti di sviluppo e di
sopravvivenza di ogni sistema che abbia a disposizione risorse limitate nel tempo.
I sistemi territoriali si possono definire sistemi termodinamicamente aperti, dal
momento che scambiano energia e materia con l’esterno, e si mantengono lontani
dall’equilibrio, vale a dire riescono, nutrendosi di risorse, a contrastare il
deperimento ed il decadimento al quale sono sottoposti naturalmente tutti i sistemi,
proprio in virtù della seconda legge. Essi si manifestano durante la loro evoluzione in
forme sempre più complesse, attingendo risorse dall’ambiente e riversando in esso
gli scarti prodotti. In altre parole, sono attraversati da flussi di energia e materia che
partono da una “sorgente” e finiscono in un “pozzo” e durante questo passaggio sono
in grado di utilizzare tali flussi per diminuire la propria entropia, per sopravvivere.
Questa capacità, insieme con quella della sorgente di produrre energia utilizzabile
e con quella del pozzo di assorbire l’energia-rifiuto, è essenziale per la sopravvivenza
1
D. Meadows et al., in “Oltre i limiti dello sviluppo” (Il Saggiatore, Milano, 1993, p.176) definiscono la
Carrying capacity, o capacità di carico, l’ammontare di popolazione che un dato ambiente può
sostenere indefinitamente. Il concetto fu definito, originariamente, per sistemi popolazione/risorse
relativamente semplici: per esempio il numero di bovini od ovini che una data estensione di un dato
terreno da pascolo può mantenere senza degradarsi. Per la popolazione umana esso assume un carattere
molto più complesso, per la grande varietà di risorse che gli esseri umani prelevano dall’ambiente, di
rifiuti che all’ambiente essi rimandano, di tecnologie, istituzioni e modi di vita che essi possono
adottare. Quello di capacità di carico è un concetto dinamico: essa non è costante ma continua a
cambiare con il cambiare delle condizioni meteorologiche e di altri fattori esterni, oltre che con la
pressione esercitata dalle specie “portate”.
SPIN-ECO
45
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
di ogni sistema o organismo vivente. Pertanto, posto che tanto la sorgente quanto il
pozzo possano essere definiti come l’ambiente circostante, la termodinamica
fornisce gli strumenti che consentono di apprezzare le capacità dei sistemi di vivere
nel corso del tempo in relazione all’ambiente che li circonda, quindi di valutare la
loro sostenibilità.
Così come la termodinamica evolutiva studia i sistemi aperti lontani dall’equilibrio,
soggetti a modificazioni irreversibili, e che si nutrono di neghentropia a spese
dell’ambiente circostante, anche lo studio dei sistemi economici e sociali deve essere
modificato in modo da comprendere, entro i propri schematismi, le implicazioni di
lungo periodo che caratterizzano le relazioni tra l’uomo ed il suo ambiente
circostante.
Sebbene il concetto di permanenza nel tempo proprio della sostenibilità sia
presente già nella letteratura degli indicatori economici, è necessario considerare
che la biosfera, sistema complesso, si comporta in base a leggi fisiche
imprescindibili,
delle
quali
deve
tenere
conto
qualsiasi
rappresentazione
modellistica. Tali leggi naturali, come il secondo principio della termodinamica, non
sono ancora comprese in modo soddisfacente nell’intelaiatura economica dominante,
la quale peraltro è deputata a regolare i comportamenti economici e sociali, a
scapito della considerazione per le cose ambientali.
Critica, dunque, è una definizione di sostenibilità, che sia riferita non solo
all’attività umana, né solo alla capacità dell’ambiente di alimentarla, ma piuttosto
all’armonia tra la prima e la seconda. Ruth considera il sistema economico come un
sistema aperto che scambia flussi di energia e materia col più ampio sistema
(ambiente) che lo contiene. Pertanto la sostenibilità viene definita come uno stato
dell’ecosistema, che comprende componenti ecosistemiche interconnesse (come le
componenti biotiche) e i sistemi economici, nel quale la struttura e la funzione di
ciascuna
componente
riappropriazione
di
un
possano
corretto
essere
mantenute
rapporto
nel
lungo
periodo.
La
uomo-natura
passa
attraverso
il
riconoscimento della potenzialità distruttiva degli interventi antropici: l’uomo è
parte integrante della natura e non può non interagire e modificare il suo ambiente,
quindi anche la conservazione non deve essere intesa come semplice ripristino e
meno che mai come isolamento da ciò che si vuole preservare.
SPIN-ECO
46
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
1.2 Sostenibilità e Amministrazione
Il governo del territorio è stato interessato, nel corso degli ultimi trent’anni, da un
fenomeno curioso quanto pervasivo. Mentre nelle riflessioni scientifiche e nei
documenti prodotti durante le attività pianificatorie ricorreva sempre più spesso il
tema
della
sostenibilità,
il
dibattito
sui
“limiti
della
crescita”
è
stato
progressivamente messo ai margini, in funzione di approcci decisamente più
pragmatici di gestione e di supporto alla crescita delle economie locali.
Negli anni ‘90 anche i governi più “environmentally oriented” si sono diretti verso
la ricerca di soluzioni che garantissero esclusivamente il mantenimento degli equilibri
dell’ambiente locale, dimenticando, per opportunità o per ignoranza, il tema
rilevante della sostenibilità globale. Il fatto che gli strumenti a disposizione del
pianificatore abbiano un orizzonte necessariamente limitato giustifica infatti solo in
parte l’assenza quasi totale di attenzione al problema del rapporto fra attività locali
e vincoli globali.
I limiti che oggi trovano spazio nelle analisi come negli strumenti di controllo e
verifica dell’attività di gestione amministrativa del territorio sono, nella quasi
totalità, valori di soglia relativi a particolari fattori di pressione che vengono
esercitate sull’ambiente locale. Nel linguaggio delle pubbliche amministrazioni
parlare di ambiente, oggi, significa in primis riferirsi ai cosiddetti “superi” delle
concentrazioni di polveri sottili o dell’ozono nell’aria, alle classi di qualità delle
acque, alle soglie di inquinamento acustico o elettromagnetico: a set di valori ben
noti e monitorabili (con le difficoltà tecnico-economiche del caso), al di là dei quali
la legge impone di intervenire a tutela della salute pubblica. Su un piano parallelo
esiste il filone, storicamente precedente, della verifica del rischio, prima quello
idrogeologico, più recentemente quello connesso alle attività industriali. Su un terzo
livello si trova il tema delle aree protette, della tutela della flora e della fauna, della
gestione dei parchi che, per tanto tempo, hanno rappresentato tout-court l’ecologia
nell’immaginario collettivo.
Le esperienze più recenti di Agenda XXI hanno raccolto sotto l’ombrello della
sostenibilità tutti questi aspetti già frequentati dalla routine amministrativa,
aggiungendo un accento sulla partecipazione e sulla condivisione sociale. Unici
elementi scollati dal senso complessivo di questo scenario, ma talmente scontati da
non dare nell’occhio, i temi del risparmio energetico, dell’effetto serra e del
cosiddetto buco nell’ozono.
SPIN-ECO
47
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Questo insieme di attenzioni rivolte (escludendo le ultime tre voci) all’ambiente
locale si è ormai talmente consolidato che non emerge nessun disagio, nessun
sospetto sul come l’etichetta della sostenibilità definisca, in realtà, un orizzonte di
senso comune capace di connettere tra loro tutti questi temi, ma introducendo a
monte dei limiti globali. Il tema dei limiti della crescita è diventato, anzi, un
autentico tabù, al punto da far perdere talvolta la percezione della dicotomia fra
crescita e sviluppo, fino a far accettare quale sinonimo di sviluppo sostenibile il
brutto ossimoro della “crescita sostenibile”.
Il rapporto tra i grandi enunciati delle convenzioni internazionali sulla sostenibilità
e gli atti concreti della pianificazione locale è ampiamente monco, per quanto
riguarda il tema della sostenibilità globale, anche (e forse soprattutto) perché ai
pianificatori manca quasi sempre un solido apparato analitico di riferimento.
Una volta concesso che alle comunità locali e alle classi politiche interessa
soprattutto lo stato di salute dell’ambiente locale, come può l’amministratore capire
quali effetti ha il comportamento del suo sistema territoriale sul consumo delle
risorse, ovvero sull’inquinamento complessivo della biosfera? Come è quindi possibile
mantenere, nei tempi stretti della produzione del consenso che (almeno nei paesi
cosiddetti democratici) sta alla base della pianificazione, la presa sui tempi lunghi e
sulle scale dimensionali della sostenibilità globale, se nemmeno si possiedono solidi
elementi di conoscenza da proporre al dibattito collettivo?
La convinzione sottesa a tutto il lavoro presentato in seno al Progetto SPIn-Eco è
che alcune descrizioni di tipo sistemico-olistico-termodinamico possiedano il grado di
generalità necessario per comprendere lo stato di salute di un territorio rispetto alla
sostenibilità globale, costruendo al tempo stesso una conoscenza rilevante – e
immediate conseguenze pratiche – anche sotto il profilo della sostenibilità locale. La
visione ampia della termodinamica può fornire alla pianificazione un punto di
riferimento, ma più in generale informare la politica e le politiche, affinché il tema
della sostenibilità torni ad essere, anziché una formula consolatoria, l’occasione per
costruire un’autentica cultura della trasformazione.
Il tema della sostenibilità nasce innanzitutto da uno sguardo globale, dalla
consapevolezza della unicità e unitarietà della biosfera, dal suo essere un sistema
termodinamicamente chiuso.
Il momento fondativo di questo sguardo, soprattutto dal punto di vista della sua
affermazione a livello sociale, della nascita cioè della coscienza ambientale
moderna, è spesso individuato in corrispondenza delle prime riprese televisive dallo
SPIN-ECO
48
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
spazio che accompagnarono, negli anni ‘60, la corsa alla Luna. La coincidenza con un
altro momento “miliare” nella storia del pensiero ecologico contemporaneo, ovvero
con la pubblicazione di “The Limits to Growth” (tradotto in Italia con il titolo
colpevolmente errato de “I limiti dello sviluppo”), non è banale: il primo lavoro del
Club of Rome definì infatti il contraltare scientifico di quella stessa consapevolezza,
e, sebbene viziato nei risultati dalla ingenuità dei modelli e dalle capacità di calcolo
di quel tempo, impose finalmente la centralità del tema dei vincoli, dei constraints –
appunto – della biosfera.
I meccanismi specifici attraverso i quali si manifesta il confine generale alla
capacità della biosfera di organizzarsi e di ripararsi, mantenendo o addirittura
incrementando la propria complessità, in un universo che complessivamente scivola
verso il disordine sono innumerevoli, ma tutti gli aspetti del metabolismo del
pianeta, quale che sia il livello di organizzazione o la scala spaziale che decidiamo di
descrivere, sono coinvolti in questa equazione generale, compresi in questo
intervallo di valori invalicabile e fondante.
Ma mentre il ruolo dei limiti non è mai tramontato dall’orizzonte di quanti hanno
studiato e addirittura inventato il concetto di sviluppo sostenibile, la natura
termodinamica della sostenibilità è stata in qualche modo dimenticata mano a mano
che lo sguardo è stato portato verso il livello locale.
Il processo di filtering down che è stato immaginato per portare verso le comunità
locali (gli attori ultimi, si diceva, della sostenibilità) il concetto di sviluppo
sostenibile, ha in realtà lasciato sul terreno una parte essenziale del contenuto di
quella formula fortunata.
Nel pensiero dei padri della riflessione ambientalista moderna, nelle ricerche e
nelle proposte che a cavallo degli anni Sessanta e Settanta hanno portato
all’elaborazione del concetto di sviluppo sostenibile, il ruolo dei limiti e l’attenzione
al bilancio termodinamico della biosfera hanno sempre mantenuto una centralità
decisiva. Se si pensa al costante riferimento all’entropia nei lavori di Georgescu
Roegen, all’evoluzione del concetto di steady state (stato stazionario) nel pensiero di
Herman Daly, la percezione della dimensione planetaria della sostenibilità non è mai
venuta meno, così come nelle grandi conferenze internazionali da Stoccolma a Rio,
passando per il celeberrimo rapporto Bruntland del 1987.
La ricerca, in seguito, non si è per nulla fermata: si può anzi dire che con
l’Ecological Economics di Robert Costanza, Charles Perrings e Herman Daly lo
sviluppo sostenibile abbia, oggi, un’autentica disciplina scientifica di riferimento,
SPIN-ECO
49
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
mentre la scuola emergetica di H.T. Odum da un lato e le ricerche sull’exergia di Jan
Szargut, Goran Wall, Sven E.Jørgensen ecc. dall’altra hanno approfondito in maniera
decisiva la nostra capacità di comprendere e descrivere le fondamenta energetiche
del metabolismo planetario.
1.3 La ricerca applicata alla Provincia di Siena
Durante la realizzazione del Progetto SPIn-Eco sono state proposte varie analisi
ambientali e di sostenibilità applicando diversi indicatori al territorio della Provincia
di Siena e dei 36 comuni che la compongono. Le metodologie applicate, analisi
emergetica, impronta ecologica, analisi exergetica ed exergetica estesa, bilancio dei
gas serra, analisi delle immagini da satellite, sono basate su grandezze fisiche che
permettono valutazioni oggettive che travalicano i confini del mercato.
In queste pagine viene presentato un ulteriore indicatore che permette di dare un
valore numerico, in questo caso economico, al benessere percepito dalla popolazione
aggiungendo informazioni ai parametri tradizionali della crescita economica, primo
fra tutti il Prodotto Interno Lordo. L’Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW) è
stato presentato per la prima volta nel 1989 da Herman Daly e John Cobb per
l’economia degli USA, allo scopo di comprendere il ruolo della piattaforma
ambientale, sulla quale il sistema economico poggia le sue basi, e della sfera sociale,
con la quale esso interagisce, come elementi cruciali per uno sviluppo sostenibile.
L’ISEW deriva dalla letteratura Ecological Economics e, per sua natura, ben si integra
con le metodologie proposte in seno al Progetto SPIn-Eco.
Come si vedrà più avanti, l’ISEW è stato calcolato per alcune economie nazionali,
ma per la prima volta viene proposto a livello locale, stando alla letteratura
scientifica internazionale. Lo scopo principale di tale proposta è quello di rendere
noto che di tali strumenti ci si può realmente dotare, in modo da integrare le poche
informazioni che si hanno a disposizione sulle quali costruire progetti sostenibili di
pianificazione e programmazione anche economica. La presentazione di questo
indice valorizza inoltre la scelta dell’Amministrazione locale di dotarsi di strumenti
di valutazione della qualità della vita e dell’ambiente in Provincia di Siena fondati su
solide basi scientifiche, come quelli utilizzati in ambito SPIn-ECO.
SPIN-ECO
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2. Dal Prodotto Interno Lordo (PIL) all’Index of Sustainable Economic
Welfare (ISEW)
2.1 Il PIL: aspetti teorici ed alcune critiche
La dizione Prodotto Interno Lordo o comunemente PIL è universalmente e
pacificamente accettata come la misura fondamentale della ricchezza di un paese e
la sua quota pro capite, che si ottiene dividendone l’ammontare complessivo per il
numero di abitanti, viene generalmente considerata un indicatore del grado del
benessere dei cittadini.
La sua nascita risale a quasi un secolo fa, nel 1933, ad opera di un piccolo staff di
ricercatori governativi presso il Ministero del Commercio degli Stati Uniti, guidati da
un economista di nome Simon Kuznets, di origine ucraina, che mise a punto la
formula del Gross Domestic Product (GDP). Da quella data il governo americano, e
via via tutti gli altri stati, hanno assunto questa misura come un riferimento ufficiale
per l’attuazione della politica economica e per la valutazione della ricchezza del
paese e dei suoi abitanti.
Il PIL è l’insieme di tutti i beni e servizi finali prodotti all’interno di un paese in un
determinato periodo (ad esempio un anno o un trimestre). Essendo un insieme
eterogeneo, l’aggregazione viene effettuata solo in termini monetari, cioè
sommando i valori dei beni stessi.
Si definisce PIL nominale (o in euro correnti) YN
n
YN
¦pq
i
i
i 1
la somma dei valori degli n beni e servizi finali prodotti in un sistema economico
nell’unità di tempo (anno o trimestre).
Il valore di un generico bene i-esimo è calcolato come il prodotto tra la quantità qi
e il prezzo corrente pi.
Dal PIL nominale differisce il cosiddetto PIL reale che è dato dalla sommatoria dei
prodotti tra le quantità prodotte q e i prezzi di quei beni riferiti ad un anno di
riferimento. Il PIL reale consente di fare confronti tra anni diversi.
Ci sono anche alcune definizioni alternative del PIL come le seguenti:
1.
Il PIL è pari alla somma dei beni e servizi finali prodotti nell’economia;
2.
Il PIL è pari alla somma del valore aggiunto dei diversi settori dell’economia;
SPIN-ECO
51
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
3.
Il PIL è pari alla somma dei redditi percepiti nell’economia.
Per concludere, il PIL non è altro che la misura della produzione di beni e servizi,
che coincidono con l’offerta di mercato alla quale naturalmente corrisponde una
domanda. In base a quanto appena detto, possiamo nuovamente dare una definizione
del PIL:
- dal punto di vista dell’offerta il PIL è pari alla somma dei Valori Aggiunti (V.A.)
settoriali
- dal punto di vista della domanda abbiamo diverse categorie di spesa:
CONSUMO (C) = Acquisto di beni e servizi da parte delle famiglie
Beni durevoli (vita media > 3 anni)
Beni non durevoli (vita media < 3 anni)
Servizi
INVESTIMENTO (I) = Acquisto da parte delle imprese di beni capitale che verranno
utilizzati per svolgere attività produttiva futura (es. macchinari, fabbricati, etc…)
SPESA PUBBLICA (G) = Acquisto di beni e servizi da parte della pubblica
amministrazione (Governo, enti pubblici, etc…)
Infine, poiché i residenti vendono e comprano all’estero, abbiamo:
ESPORTAZIONI (EXP) = Acquisto di beni e servizi nazionali da parte del resto del
mondo (es: vino italiano venduto in Germania)
IMPORTAZIONI (IMP) = Acquisto di beni e servizi prodotti all’estero da parte dei
residenti (es: cioccolato svizzero venduto in Italia).
La formula per il calcolo del Prodotto Interno Lordo è quindi:
PIL=C+I+G+(EXP-IMP)
Sull’andamento del PIL possono incidere sia il Governo che la Banca Centrale:
quest’ultima si occupa di politica monetaria, mediante la determinazione dei tassi
d’interesse, mentre il Governo opera sulla politica fiscale riguardante la
determinazione delle entrate provenienti dai versamenti dovuti dai contribuenti nei
confronti dello Stato.
Tale formulazione è alquanto semplice, così come semplici sono le informazioni che
si possono trarre dall’analisi del PIL: per questo, sulle limitate capacità del PIL di
informare su tutti gli aspetti della vita economica e non di un paese, lo stesso
Kuznets si sentì in dovere informare il Senato americano, in un suo intervento del
1934, con le seguenti parole: “The welfare of a Nation can scarcely be inferred from
a measurement of national income as defined above”… (“Il benessere di una nazione
SPIN-ECO
52
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
può essere difficilmente rappresentato da una misura di produzione nazionale come
quella appena definita”).
Da tempo sono noti i limiti “informativi” del PIL e gli errori che da essi derivano
come le distorsioni nella comprensione dell’economia e della società, della vita delle
persone e delle relazioni sociali, in quanto qualsiasi attività che avviene all’interno di
un sistema contribuisce alla crescita del PIL e viene considerata positiva per lo
sviluppo economico e il benessere anche se non sempre lo è.
Il PIL non sottrae il deprezzamento del capitale prodotto; il PIL non considera
l’impoverimento del capitale naturale; il PIL indica alla pari cose buone e cattive,
servizi utili e inutili purché prodotti e venduti; il PIL misura insieme e allo stesso
modo
prodotti
che
hanno
effetti
opposti
e
prodotti
che
si
distruggono
vicendevolmente (gli autoveicoli e gli effetti degli incidenti stradali, la produzione di
mine e le attività di sminamento); il PIL misura come voce attiva il consumo di
risorse (anche quelle, tante, finite o in via di esaurimento); il PIL include le armi; il
PIL trascura ogni servizio o transazione gratuiti; il PIL include le spese “difensive”,
ovvero quelle che servono solo a sanare gli effetti (ad esempio) dell’inquinamento; il
PIL non valuta danni ed effetti di lungo periodo; il PIL non dice se il prodotto soddisfa
bisogni che sono anche diritti (cibo, medicine, vestiti) per chi non ne ha abbastanza.
Inoltre non contabilizza l’economia sommersa: lavoro domestico e informale,
l’autoconsumo e l’attività illegale.
La ricerca nel campo dello sviluppo, e dello sviluppo umano in particolare, ha
evidenziato come l’eccessiva preoccupazione per la crescita e per la contabilità
nazionale abbia sostituito l’attenzione verso i fini della stessa, con un’ossessione per
i semplici mezzi (UNDP, 1990). Se si abbatte una foresta aumenta il PIL! Scrive - su
un bellissimo recente numero de Le Scienze titolato Strategie per la Terra - Herman
Daly:
“Quando
l’espansione
economica
intacca
una
quota
troppo
elevata
dell’ecosistema circostante, si comincia a sacrificare un capitale naturale (risorse
alimentari, minerali e combustibili fossili) che ha un valore superiore al capitale
generato
(infrastrutture
e
beni
di
consumo).
Avremo
allora
una
crescita
“antieconomica”, che produce più rapidamente “mali” che “beni”, e ci rende più
poveri invece che più ricchi. I mercati che funzionano correttamente distribuiscono
le risorse in modo efficiente, ma non determinano la scala di sostenibilità, che può
essere stabilita solo dai governi”. Il PIL non può più essere il solo “indice” che si
utilizza per valutare lo stato di un sistema e la sua crescita economica, anche perché
SPIN-ECO
53
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
è ormai riconosciuto da tutti il fatto che la crescita continua e indifferenziata non è
equa e sostenibile.
Il modello economico tradizionale non tende ad aumentare in modo omogeneo il
benessere collettivo; al contrario, allarga a dismisura le disuguaglianze tra i paesi e
tra le classi sociali, aumenta la povertà e l’esclusione, pregiudica i diritti umani,
indebolisce la democrazia, rende precario il lavoro, ci sta portando verso il disastro
ambientale. Lo stesso concetto di sviluppo dettato dall’economia tradizionale è
entrato in crisi. Perché sviluppo non deve più essere interpretato come sinonimo di
crescita, e in particolare di crescita dei consumi, perché il pianeta essendo un
sistema finito non può reggere un’espansione illimitata del consumo di risorse ed
energia e della produzione di rifiuti. Seguendo Herman Daly2, “crescere” vuol dire
aumentare naturalmente in dimensione per aggiunta di materia, per assimilazione o
aggregazione; mentre “svilupparsi” vuol dire espandere o realizzare la potenzialità di
portare gradualmente ad una condizione più completa, più grande o migliore. In
breve, la crescita è aumento quantitativo su scala fisica, mentre lo sviluppo è
miglioramento qualitativo o dispiegamento di potenzialità. Un’economia può
crescere senza svilupparsi o svilupparsi senza crescere, o fare entrambe le cose o
nessuna delle due. Poiché l’economia umana è un sottoinsieme di un ecosistema
complessivo limitato che non cresce, anche se tuttavia si sviluppa, è chiaro che la
crescita dell’economia non può essere sostenibile su lunghi periodi di tempo. Il
termine “crescita sostenibile” dovrebbe dunque essere rifiutato come un cattivo
ossimoro. Il termine sviluppo sostenibile è molto più adatto.
2.2 Un primo approccio alternativo
Il PIL e, soprattutto, il suo contenuto di informazione, è stato oggetto di numerose
critiche anche da parte degli stessi economisti. Per questo, la misura che presiede al
calcolo è stata spesso oggetto di integrazioni e correzioni, avviate proprio a partire
da queste critiche.
In particolare, l’utilizzo del PIL come indicatore del benessere delle società
industrializzate risulta sempre più insoddisfacente: “È chiaro che l’aumento delle
diseconomie esterne provoca una diminuzione del benessere. Se di tali diseconomie
non si tiene conto nel calcolo del PIL, si verifica una divergenza tra la crescita
2
Daly H.E., “ Toward some operational principles of sustainable development”, Ecological Economics,
2, 1-6 (1990).
SPIN-ECO
54
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
economica, fin qui considerata, sia pure implicitamente, come sinonimo di
benessere, e l’aumento reale del benessere stesso. Ne consegue la necessità di fare
una distinzione tra il livello di vita misurato per mezzo del PIL e il benessere, che
non è invece misurato”3.
A seguito di queste critiche sono stati fatti dei tentativi di correggere gli attuali
sistemi di contabilità economica nazionale, tenendo conto dei fenomeni da essi
trascurati. In questa direzione sono stati sviluppati alcuni indicatori che tengono
conto, oltre che dei fattori economici anche di quelli sociali e culturali.
Concepire lo sviluppo economico tenendo conto anche dei suoi aspetti più
squisitamente qualitativi, certamente comporta il rischio di fare delle scelte di
valore, e quindi di produrre strumenti non del tutto neutrali rispetto a modelli
culturali o ideologie politiche diverse. D’altra parte nemmeno la scelta di un indice
puramente quantitativo come il PIL quale misura del “successo economico” di una
determinata società è del tutto esente da giudizi di valore.
Risulta quindi molto difficile, se non impossibile, parlare di sviluppo economico
senza fare riferimento, implicitamente od esplicitamente, a determinati modelli, che
discendono da una certa visione ed interpretazione culturale della realtà. È
importante, comunque, sottolineare la percezione di un’esigenza di ottenere
qualcosa in più, in termini di informazione, rispetto alla semplice misura della
capacità produttiva di un paese. È probabile, inoltre, che questa esigenza si sia fatta
negli ultimi anni sempre più palese, disinibendo alcuni teorici i quali, partendo
dall’interno della teoria economica, si sono discostati da essa verso posizioni che oggi
potrebbero definirsi eterodosse o, più semplicemente, innovative.
Al fine di integrare le informazioni fornite dal PIL, indice della ricchezza di un
paese, nel tempo sono nati altri indici come il GPI (Genuine Progress Indicator), l’ISU
(Indice di Sviluppo Umano), l’IEF (Index of Economic Freedom) e l’ISEW (Index of
Sustainable Economic Welfare), quest’ultimo oggetto della presente relazione. Il
primo di questi tentativi, in ordine cronologico, è il MEW, che è presentato di
seguito.
The Measure of Economic Welfare - MEW
L’inizio degli anni Settanta, fu un periodo nevralgico per la teoria economica, a
causa degli eventi che caratterizzarono quel periodo (primo fra tutti lo shock
petrolifero). In quel periodo viene messa in discussione la Teoria della Crescita e
3
Totola Vaccari M.G. (1988), "Rivedere la gerarchia dei valori-guida: la qualita'", rivista Verdevivo n.15
SPIN-ECO
55
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
sono importanti i contributi, tra agli altri, di John Hartwick e Robert Solow, i quali
introdussero nell’impalcatura teorica dell’economia il concetto di risorse esauribili,
quelle che il pianeta può offrire solo in quantità limitata e per un tempo finito.
Un altro contributo sostanziale fu offerto nel 1972 da William Nordhaus e James
Tobin4, i quali, interrogandosi sulla capacità della crescita economica di fornire
informazioni sul livello di benessere percepito dalla popolazione, svilupparono un
indice correttivo del PIL che mettesse in evidenza elementi più strettamente
connessi al benessere economico.
Il presupposto di questo indice, the Measure of Economic Welfare (MEW), è il fatto
che il benessere dipende dal consumo più che dalla produzione. Per questo, gli autori
considerarono il consumo come componente primaria del benessere, separandolo
dall’investimento e dalle spese intermedie. Anche la spesa pubblica venne
considerata solo in modo indiretto e/o parziale, perché assimilata in alcuni casi
all’investimento e in altri a spese intermedie e difensive. Non tutto il consumo è
correlato al benessere, quindi alcune spese, come quelle sanitarie e per l’istruzione,
furono considerate difensive, il pendolarismo e le spese ad esso associate furono
escluse perché non collegate al benessere della popolazione, così come i costi
dell’urbanizzazione (intesa come congestione di aree urbane). Furono escluse le
spese per beni durevoli, dal momento che ciò che contribuisce al benessere sono i
servizi resi dallo stock esistente di tali beni. In generale questi aggiustamenti di
ordine economico produssero una misura che non alterava particolarmente
l’interpretazione dei dati sul PIL.
L’analisi degli autori, che andava dal 1929 fino agli anni Ottanta, dimostrava una
crescita simultanea dei due indici (PIL e MEW), anche se il primo era più rapido del
secondo. In particolare, dal secondo dopoguerra, il PIL è cresciuto mediamente ad un
tasso pari al 2,2% contro una crescita media del MEW pari allo 0,4%. Qualcuno poteva
interpretare il risultato come una spinta ulteriore alla crescita, visto che più unità di
ricchezza (PIL) erano necessarie per ottenere un’unità di benessere (MEW), tuttavia,
si notò che al MEW mancavano alcune fondamentali componenti per la
determinazione del benessere di una popolazione. Queste componenti sono,
principalmente, la disuguaglianza distributiva, il degrado ambientale ed alcune
problematiche sociali, che un’ulteriore crescita avrebbe peggiorato.
4
Nordhaus, W., Tobin, J., 1972. Is growth obsolete? Economic Growth. National Bureau of Economic
Research, General Series No. 96, New York.
SPIN-ECO
56
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
In generale, il fatto che l’andamento del MEW sia correlato con quello del PIL non
sovverte i principi tradizionali dell’economia della crescita, rafforzando la
convinzione che crescita economica, benessere economico e benessere totale
muovano nella stessa direzione. Tuttavia, è noto a molti che l’incremento del
benessere economico può indurre un più che proporzionale decremento di benessere
non-economico. Ma poiché la categoria “benessere non-economico” non è misurabile,
mentre quella “benessere economico” ha una misura numerica, questo porta a
sovrastimare l’importanza del secondo e a sottostimare quella del primo.
Diversi economisti, di converso, hanno dimostrato che la crescita economica porta
con sé distorsioni e problemi che possono pregiudicare la sua immediata traduzione
in benessere per la popolazione. In particolare, Manfred Max-Neef5 propose la
cosiddetta ipotesi-soglia, secondo la quale “economic growth brings about an
improvement in the quality of life but only up to a point beyond which, if there is
more economic growth, the quality of life may begin to deteriorate” (“la crescita
economica apporta un miglioramento della qualità della vita fino ad un certo punto
oltre il quale, in corrispondenza di ulteriore crescita, la qualità della vita inizia a
deteriorarsi”); similmente, Edward Nell6 affermò che i benefici correlati ad un
aumento di ricchezza crescono, ma ad un tasso progressivamente decrescente,
mentre i costi correlati alla stessa ricchezza crescono ma a tassi crescenti. Esiste un
certo punto Q in corrispondenza del quale costi e benefici dovrebbero bilanciarsi, ma
ancora prima (quindi a livelli inferiori di crescita) esiste un punto Q’ in
corrispondenza del quale un ulteriore incremento dei costi del sistema (crescenti)
non è più compensato da un incremento ulteriore dei benefici (decrescenti). La
Figura 2.1 rappresenta il pensiero di Nell.
5
Max-Neef, M. 1995. Economic growth and quality of life: a threshold hypothesis. Ecological Economics
15: 115-118.
6
Nell, E.J. 1996. Making sense of a changing economy: technology, markets and morals. Routledge,
London, New York.
SPIN-ECO
57
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Costi
Costi e
benefici
del sistema
economico
Benefici
Q’
Q Ricchezza pro capite
Figura 2.1. Costi e benefici dell’aumento della ricchezza (Nell, 1996)
SPIN-ECO
58
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
2.3 Dal PIL all’ISEW
Come finora detto, il PIL è ritenuto essere ancora oggi l’indicatore del progresso;
serve per misurare tutte le attività economiche ed è ciò che misura la crescita
dell’economia. I governi e le industrie ritengono che un suo aumento sia molto
importante, tuttavia molti credono che se perdurerà il suo uso come indicatore del
progresso, sarà difficile raggiungere uno “sviluppo sostenibile”7, in quanto il PIL,
guida l’economia in maniera molto casuale. Daly afferma che il PIL misura quanto le
ruote girino velocemente, non dove stia andando la macchina. Nell’arduo tentativo
di colmare queste lacune, da anni alcuni studiosi di diversi paesi stanno lavorando ad
un’ipotesi di critica radicale alla teoria economica dominante negli ultimi due secoli,
assumendo come paradigma il patrimonio Natura per definire l’efficienza della stessa
economia umana.
Per intendere il ribaltamento di criteri valutativi e di prospettiva che l’economia
ecologica introduce, basta riflettere su alcune distorsioni indotte dal mito del PIL: un
Paese che usa il territorio in modo dissennato costruendo senza criterio infrastrutture
ed edifici e provocando un dissesto idrogeologico, dopo una “catastrofe naturale” si
potrebbe paradossalmente ritrovare più “ricco” dal punto di vista del PIL, per le
opere di ricostruzione e risistemazione necessarie. Oppure un paese che usa
prevalentemente il mezzo privato per il trasporto risulterebbe più “ricco” di un
paese come l’Olanda dove la mobilità è affidata soprattutto a treno-bicicletta: il PIL,
infatti, “godrebbe” di un maggior consumo-produzione di auto pro-capite, di
maggiori spese e investimenti per cura e recupero di vittime, di incidenti e di
intossicati da smog, per restauro e recupero di monumenti corrosi dai gas di scarico,
ecc.
Si percepisce allora che l’indicatore PIL non solo è inadeguato per la misura di
alcune entità, come il benessere, ma addirittura contraddittorio, poiché registra in
termini positivi nella propria contabilità fattori che la razionalità ed il senso comune
indicherebbero come negativi, da addebitare quindi alle passività.
Da
qui
sono
partiti
due
economisti
nordamericani,
Daly
e
Cobb,
già
precedentemente citati: essi hanno constatato, infatti, che danni prodotti al
7
“lo sviluppo è sostenibile se soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere le
possibilità, per le generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Il concetto di sviluppo sostenibile
implica quindi dei limiti, non dei limiti assoluti, ma quelli imposti dal presente stato
dell'organizzazione tecnologica e sociale nell'uso delle risorse ambientali e dalla capacità della biosfera
di assorbire gli effetti delle attività umane”. WCED, World Commission on Environment and
Development, 1987. Our common future (The Brundtland Report). Oxford University Press, Oxford.
SPIN-ECO
59
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
patrimonio naturale, di per sé finito e limitato, sia sul versante del degrado che del
consumo di risorse esauribili, devono rientrare come elementi negativi in una nuova
contabilità che considera la qualità dell’ambiente una delle condizioni essenziali del
benessere umano. Su questa base hanno quindi cercato di elaborare un nuovo indice
alternativo a quello riduttivo del PIL, l’ISEW (Index of Sustainable Economic
Welfare).
La proposta di creare un Indice di Benessere Economico Sostenibile, avanzata da
Daly e Cobb (1989), è espressione del tentativo di valorizzare la qualità della vita
invece delle risorse monetarie.
Al fine di ottenere un’immagine più completa di quello che è il progresso
economico, l’ISEW utilizza gli stessi dati del PIL apportando alcune correzioni
sottraendo:
î
i costi sociali derivanti dall’inquinamento dell’aria e dell’acqua;
î
i danni ambientali di lungo termine;
î
le spese difensive sostenute dalle famiglie per la salute e l’educazione;
î
il deterioramento delle risorse naturali rinnovabili ed l’esaurimento delle
risorse naturali non rinnovabili;
Inoltre, viene aggiunto:
î
il valore del lavoro domestico svolto in famiglia e non contabilizzato (lavoro
delle casalinghe)
Altre specificità dell’ISEW sono le seguenti:
x
la distribuzione del reddito: una distribuzione più equa che aumenti la
percentuale di reddito nazionale dei poveri fa crescere l’ISEW; il contrario, se tale
percentuale diminuisce;
x
i servizi ed i costi dei beni durevoli e delle infrastrutture pubbliche: l’ISEW
considera i servizi offerti dai beni durevoli (es. frigoriferi, lavatrici) e dalle
infrastrutture pubbliche (es. autostrade) come benefici, mentre attribuisce un valore
negativo al loro costo. Pertanto, al contrario del PIL, le spese in beni durevoli fanno
diminuire l’ISEW;
Si può vedere, aggregando le diverse voci, quale sia il passo avanti compiuto
dall’ISEW rispetto al PIL:
x
considerazione dei costi sociali, non solo ambientali, e del deprezzamento del
capitale naturale;
SPIN-ECO
60
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
x
considerazione del lavoro non contabilizzato;
x
penalizzazione del consumismo: acquisti di beni durevoli.
È da sottolineare però che è spesso difficile calcolare l’ISEW su scala regionale o
locale, poiché dati relativi a investimenti per la difesa dell’ambiente o cambiamenti
del capitale naturale in dote sono solitamente raccolti a livello nazionale.
Studi fatti su questo indice sono diventati popolari solo da pochi anni. Sono stati
intrapresi per gli U.S.A (Daly and Cobb, 1989; Cobb and Cobb, 1994), per la Gran
Bretagna (Jackson and Marks, 1994; Jackson et al., 1997), la Germania
(Diefenbacher, 1994), per l’Italia (Guenno and Tiezzi, 1998), la Svezia (Jackson and
Stymne, 1996) e l’Austria (Stockhammer et al., 1997).
Questi studi mostrano come l’ISEW di ciascun paese cresca molto più lentamente
del PIL dopo il secondo dopoguerra (1945) e cominci invece a decrescere dagli inizi
del 1980. La Figura 2.2 mostra l’andamento del PIL e dell’ISEW per diverse nazioni.
Accanto ad alcuni casi di ISEW presenti in letteratura, si mostrano due casi di GPI
(Genuine Progress Indicator, per USA e Australia), un indicatore del tutto simile
all’ISEW dal punto di vista teorico, salvo alcune piccole differenze nella scelta delle
voci che lo compongono.
SPIN-ECO
61
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Figura 2.2 Confronto tra PIl e ISEW (o GPI) per economie nazionali
(fonte: http://www.foe.co.uk/campaigns/sustainable_development/progress/international.html)
SPIN-ECO
62
3. Il calcolo dell’ISEW per la Provincia di Siena (2003)
3.1 Gli elementi caratterizzanti l’ISEW: aspetti teorici e i risultati
L’ISEW fa parte di quella categoria di indicatori che mirano alla definizione di un
indice integrato di sviluppo alternativo al PIL, capace di mettere in luce, al di là
della crescita economica, la qualità del modello di sviluppo e la sua sostenibilità.
L’indice ISEW è composto da 22 variabili che andremo ad indicare ognuna con una
lettera dell’alfabeto inglese. La lettera A si riferisce all’anno sotto analisi; le
variabili B e D sono rispettivamente i consumi privati così come si trovano anche
all’interno del PIL e quelli ponderati, sulla base dell’indice del Gini, indice di
distribuzione della ricchezza, che viene indicato con la lettera C. Le variabili E, F, G,
H e V sono valori positivi, in quanto rappresentano servizi forniti ai cittadini che
contribuiscono all’aumento del benessere reale e che non vengono presi in
considerazione dalla contabilità economica tradizionale. Le variabili che vanno dalla
lettera I alla Q sono invece voci negative perché servono a correggere la sovrastima
del benessere economico rispetto al livello dei consumi privati. Le variabili indicate
con le lettere R, S, T e U hanno di solito valore negativo perché riguardano i consumi
di Capitale Naturale senza un reale ritorno a livello di benessere economico.
I prossimi paragrafi sono dedicati alla descrizione dell’intera procedura e ai
risultati ottenuti per la Provincia di Siena.
Riga A: Anno di riferimento
L’indicatore ISEW assume rilevanza quando si opera un’analisi di dati espressi in
serie storica, in modo che sia possibile confrontare il suo andamento con quello del
PIL. Per la Provincia di Siena il calcolo è stato previsto con il riferimento all’anno
2003.
Per il calcolo, oltre all’utilizzo di dati raccolti direttamente presso le istituzioni
preposte e soggetti pubblici e privati afferenti al territorio provinciale, sono state
effettuate anche stime, in caso di mancanza di dati.
Il problema della carenza delle informazioni statistiche, soprattutto in alcuni campi
che non siano economia o demografia, è abbastanza diffuso su tutto il territorio
nazionale, anche a causa, di alcune scelte che vengono fatte da parte degli organismi
istituzionali di raccolta ed elaborazione dati a livello centrale. La questione è
comunque rilevante in termini di gestione del territorio, dal momento che sulla base
SPIN-ECO
63
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
delle informazioni statistiche un amministratore forma la propria la conoscenza,
imposta la pianificazione territoriale ed informa il proprio indirizzo politico.
Riga B: Consumi Privati
I Consumi Privati sono la variabile di base direttamente legata al concetto di
benessere economico in quanto le spese delle famiglie in beni e servizi sono
considerate essere già un indicatore effettivo di benessere, partendo dal presupposto
che il benessere individuale dipende, almeno in misura significativa, dalla quantità di
beni e servizi consumati e che, date le risorse economiche individuali (ad es. reddito,
ricchezza),
il
consumo
riflette
le
preferenze,
che
esulano
dal
giudizio
dell’osservatore esterno. Allo stesso tempo, tuttavia, l’aggregato presenta alcuni
limiti come indicatore del benessere, in ragione dei quali non viene utilizzato come
tale ma subisce una ponderazione attraverso l’indice di disuguaglianza distributiva.
Nel sistema economico mondiale la funzione del consumo gioca un ruolo
determinante. I risultati sono ormai noti: il nostro consumo è al livello dello spreco,
così come sappiamo anche che il nostro benessere, per buona parte fittizio, non è più
sostenibile dal pianeta. Eppure, il consumo è sistematicamente incoraggiato al fine di
stimolare la crescita economica, nonostante siano noti l’impatto ambientale che esso
induce globalmente e l’iniqua distribuzione delle risorse che esso sollecita tra i pochi
sempre più ricchi e i molti sempre più poveri.
Il dato è stato ricavato dal documento “I Consumi delle famiglie Italiane” che
l’ISTAT annualmente compila.
Dalla spesa media mensile familiare della Regione Toscana, con le dovute stime in
base alla composizione familiare senese (c.a. 2,5) e il numero delle famiglie
(100.318), è stata stimata la consistenza dei Consumi Privati della Provincia di Siena
per il 2003 che risulta pari a € 3.099.628.258.
Riga C: Indice della disuguaglianza distributiva
Sulla base di una distinzione non assoluta, ma utile sotto il profilo concettuale e
pratico, le misure di disuguaglianza dei redditi sono riconducibili a due classi. Della
prima fanno parte le misure di tipo normativo, che muovono dal presupposto che la
disuguaglianza non possa essere misurata senza introdurre giudizi che si collegano al
concetto di benessere sociale e che tengono conto della perdita conseguente
all’esistenza di un certo grado di disuguaglianza distributiva; della seconda fanno
SPIN-ECO
64
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
parte le misure positive, cioè quelle misure che indicano semplicemente il grado di
dispersione di una distribuzione.
Tra le misure della disuguaglianza di tipo normativo l’indice più rappresentativo è
quello proposto da Anthony B. Atkinson, uno dei massimi studiosi di economia
pubblica. Fra le misure positive, invece, quella di più frequente impiego ai fini della
misura della variabilità dei redditi e della ricchezza personali e familiari è il rapporto
di concentrazione del Gini, lo stesso che Cobb e Daly hanno usato per ricavare la
formula di ponderazione dei consumi privati.
I limiti nell’uso dell’aggregato Consumi Privati come indicatore di benessere
derivano dal fatto che, nelle economie di mercato, il consumo, sia individuale che
aggregato, è misurato dai beni oggetto di transazioni, mentre il benessere può
dipendere anche da beni non di mercato (ad es. scambi familiari o di gruppo, doni,
liberalità e altri servizi volontari). Il consumo effettivo può non corrispondere
adeguatamente alle preferenze individuali (anche in un sistema economico di
mercato) in quanto vi può essere domanda inespressa e insoddisfatta (ad es.
l’impossibilità di ottenere istruzione non è rivelata da un aumento del consumo di
cibo); le preferenze individuali possono adattarsi ai beni disponibili e non viceversa
(vedi pubblicità). È proprio per questa ragione che Daly e Cobb, hanno ritenuto più
giusto ponderare i Consumi Privati attraverso l’Indice del Gini, per avere una voce
che rispecchi una condizione più realistica. Per definizione, l’indice è una misura
approssimativa della differenza che corre tra la reale distribuzione di reddito,
consumi privati o qualsiasi variabile ad essi collegata, e un’ipotetica distribuzione
nella quale, invece, ogni persona gode di una fetta della torta che è stata però
tagliata in parti uguali. I valori che questo indice può avere variano tra zero e uno,
con lo zero che rappresenta perfetta uguaglianza distributiva mentre con un Indice
del Gini pari a uno ci troviamo di fronte alla situazione in cui la ricchezza è
concentrata solo nelle mani di pochi e quindi si ha perfetta disuguaglianza
distributiva.
L’utilizzo di questo indice è particolarmente importante nell’ottica di un’analisi di
sostenibilità, in quanto è strettamente connesso alla componente dell’equità
distributiva intra- e inter-generazionale, una delle colonne portanti della teoria dello
Sviluppo Sostenibile.
Il reddito e la distribuzione delle risorse hanno conseguenze dirette sul tasso di
povertà di un paese. Parlando in generale, il benessere materiale può essere definito
attraverso il PIL pro capite; però siccome le medie statistiche facilmente celano le
SPIN-ECO
65
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
diversità che esistono all’interno di un sistema, nell’ottica dello sviluppo sostenibile,
è più giusto esaminare il reddito e la distribuzione di ricchezza tra la popolazione. Un
paese, per esempio, può avere un alto valore del PIL pro capite, ma la sua
distribuzione del reddito può essere così distorta che la maggioranza della
popolazione, risulta essere povera.
In mancanza del dato provinciale è stato utilizzato il dato regionale riferito al 2002
(Indice del Gini 0,3108) che indica una situazione favorevole per la popolazione in
quanto si avvicina al punto di equa distribuzione della ricchezza.
Riga D: Consumi Privati Ponderati
Questa variabile può essere considerata la voce di partenza del nostro calcolo.
Abbiamo già spiegato l’importanza del passaggio, attraverso l’indice del Gini, dai
consumi privati così come appaiono nelle analisi di contabilità economica a quelli
ponderati, assumendo che il potenziale benessere derivabile da un dato livello di
consumo diminuisca all’aumentare della disuguaglianza, e che dieci euro nella tasca
di una persona che possiamo definire ricca valgono meno degli stessi dieci euro nella
tasca di una persona più povera. Questo valore è dato dal valore del consumo
privato, diviso per (1 + Indice del Gini); i consumi privati passano così dai
3.099.628.258 euro ai 2.364.684.359 euro, cifra sulla quale verranno operate le
aggiunte o detrazioni che seguono.
Riga E: Servizi: Lavoro domestico (+)
I servizi da lavoro domestico afferiscono alla sfera sociale.
Il lavoro domestico (in generale, contribuire a mantenere una determinata stabilità
casa-famiglia) fa parte della cosiddetta “economia invisibile” in quanto risulta essere
un’attività economicamente non retribuita, cioè senza uno scambio di mercato ad un
prezzo documentabile, eseguita per il diretto beneficio della famiglia ma che
contribuisce in maniera diretta al benessere economico.
Il segno da attribuire a questa voce è positivo e quindi in aggiunta alla variabile D
in quanto, non riflettendo un vero e proprio spostamento di risorse economiche e
rappresentando il valore di un servizio che non ha mercato, è esclusa dal calcolo del
Prodotto Interno Lordo.
Il valore finale si ottiene per mezzo del prodotto tra il prezzo all’ora dato dal
mercato alle collaboratrici domestiche e la popolazione maschile e femminile, di età
SPIN-ECO
66
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
superiore ai 14 anni. All’interno di questa categoria viene fatta una scorporazione in
tre differenti gruppi di persone: studenti, disoccupati o ritirati dal lavoro e
casalinghe vere e proprie. La seguente divisione serve per poter associare ad ogni
categoria un pacchetto-tipo di ore-lavoro indicativo: 8 ore giornaliere per la
categoria “casalinghe”; 4 ore per “disoccupati e ritirati dal lavoro” e 2 ore al giorno
per la classe “studenti”.
Dall’indagine ISTAT sulle Forze Lavoro (2003) è stato possibile ricavare i dati su
“Popolazione non attiva tra i 15 e 64 anni”, che comprende casalinghe, studenti e
tutte le persone che per vari motivi si sono ritirati dal lavoro, pari a 50.000 unità. Ad
esse si aggiunge il dato relativo alla “Popolazione attiva – persone in cerca di
occupazione”, che per la Provincia di Siena è pari a 4000 unità. Il salario di 6 €
all’ora
deriva
dal
documento
dell’Eurofound
(Fondazione
Europea
per
il
miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro).
Il valore monetario del lavoro domestico per la Provincia di Siena risulta essere pari
a € 502.524.000, risultando la seconda voce, per consistenza monetaria, tra quelle
che contribuiscono positivamente al benessere della popolazione.
Riga F: Servizi: beni di consumo durevoli (+)
Il denaro speso per i beni durevoli, come le automobili, gli elettrodomestici, al
quale aggiungiamo anche le abitazioni, non è una buona misura del benessere che i
consumatori derivano da questi. Per questo motivo, è importante prendere in
considerazione il loro periodo di vita, per capire quando è arrivato il giusto momento
per l’acquisto di nuovi, affinché quelli acquistati possano cedere tutta la loro utilità
e quindi offrire benessere a chi ne usufruisce, fino al loro esaurimento. Il fatto che le
attrezzature domestiche si logorino più rapidamente di quanto dovrebbero gonfia la
contabilità del consumo privato senza contribuire realmente al benessere, infatti se
una lavastoviglie durasse 20 anni invece di 10 (e spesso è uso cambiarle addirittura
prima della loro fine “naturale”), se ne acquisterebbero meno e il consumo privato
non aumenterebbe, ma non per questo il benessere risulterebbe diminuito.
L’ISEW, a differenza del PIL, tiene conto di questo aspetto, annoverando i servizi
derivanti dall’uso di tali beni tra i benefici e quindi con segno positivo, mentre il
capitale iniziale usato per il loro acquisto, essendo un costo, compare in questo
indice con segno negativo nella riga I.
SPIN-ECO
67
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Per il calcolo si è leggermente variata l’ipotesi fatta da Daly, che considera un
periodo di vita medio uguale per tutte le tre categorie che rientrano sotto la voce
Beni Durevoli. In particolare, abbiamo attribuito alla categoria Abitazioni una quota
del 5% della consistenza totale rilevata ad un dato anno piuttosto che del 10% come
quella fissata da Daly, in quanto abbiamo ipotizzato un mutuo medio per l’acquisto di
una casa pari a 20 anni. Per le altre categorie che rientrano sotto questa voce, che
necessariamente hanno un tempo di vita molto più breve, si è ipotizzato un periodo
di vita per tutti pari a 10 anni.
x
Servizi derivanti dal possesso dell’automobile (10% del valore totale)
Per il calcolo di questo valore è stato necessario reperire due tipi di dati: il primo
sulla composizione del parco macchine in Provincia di Siena (168.618) (fonte: ACI:
“Serie storiche sullo sviluppo della motorizzazione e sull’incidentalità stradale in
Italia negli anni 1921-2003”); il secondo sul prezzo medio delle autovetture (fonte:
Banca d'Italia “Beni durevoli, indici di prezzo e cambiamenti di qualità:
un’applicazione ai prezzi delle automobili in Italia, 1988-98” di Gian Maria Tomat del
2002 e già utilizzato da Pulselli et al. (2006)).
Il valore qui considerato, che corrisponde al 10% del totale valore del parco auto è
pari a € 521.450.926
x
Servizi derivanti dal possesso di elettrodomestici (10% del valore totale)
I dati utili sono stati desunti dal documento ISTAT “I Consumi delle famiglie”
all’interno dei quali compare sia la voce relativa alle spese sostenute mensilmente
da una famiglia nell’anno, sia quella relativa al possesso percentuale di questi beni
da parte della popolazione nazionale, scorporata per macro aree (nella fattispecie,
quella utilizzata è stata il Centro Italia). I prezzi dei vari elettrodomestici sono stati
ricavati dal lavoro di Pulselli et al. (2006), per un valore finale della voce (sempre
per il 10% del totale) pari a € 47.023.021.
x
Servizi derivanti dal possesso dell’abitazione (5% del valore totale)
Che il possesso di un’abitazione propria abbia un peso rilevante sul benessere
economico e sociale di una popolazione è cosa alquanto evidente. Per il calcolo di
questa variabile si è previsto per ogni anno un servizio pari al 5% del valore
monetario complessivo di tutte le abitazioni occupate dai residenti (dato in mq.
totali preso da quello dell’ultimo Censimento ed aggiornato al 2003 utilizzando il
dato sulla popolazione) in quanto si è ipotizzato un periodo medio per l’estinzione
dei mutui sulla casa pari a 20 anni.
SPIN-ECO
68
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Il prezzo medio di 3.355 €/mq delle abitazioni in Provincia di Siena è stato preso dal
sito www.demaniore.com e fa sì che il valore finale del servizio ceduto da questa
tipologia di bene sia pari a € 1.707.933.423.
Sommando insieme tutte e tre le sottovoci, il valore finale ceduto dal possesso di
beni durevoli in Provincia di Siena sia pari a € 2.276.406.801.
Composizione percentuale dei servizi dei beni durevoli Provincia di Siena 2003
2%
23%
75%
ELETTRODOMESTICI
AUTOMOBILI
ABITAZIONE
Figura 3.1. Servizi beni durevoli in percentuale
Riga G: Servizi resi dalla rete stradale (+)
Le operazioni di ripristino, di manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade
comportano, tra le altre cose, un aumento del benessere per chi ne usufruisce.
Queste spese, insieme a quelle per la Sanità e l’Istruzione, sono le uniche voci
relative alla Spesa Pubblica che sono comprese nell’ISEW, in quanto, in accordo con
quanto affermato da Daly, la maggior parte della Spesa Pubblica, sostenuta dalle
Amministrazioni, può essere rimandata alla categoria “Spese Difensive” e cioè quelle
spese che non contribuiscono al benessere netto ma piuttosto servono affinché il
benessere raggiunto non si deteriori, garantendo così sicurezza, ambienti sani e
condizioni prospere per il commercio. Per contro, come già detto nel Paragrafo 2.1,
il PIL contabilizza tutta la spesa pubblica per beni finali.
Il valore monetario che scaturisce da questa variabile può dunque essere letto
come quella somma di denaro che bisognerebbe pagare per usufruire delle
infrastrutture pubbliche durante i nostri spostamenti ma che non ci viene richiesta
perché tale fruizione, che aumenta il benessere, avviene senza pagamento di
pedaggio. Per calcolare tale valore ci si riferisce al costo medio di manutenzione di
SPIN-ECO
69
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
un chilometro di strada, che si moltiplica per il numero totale di chilometri di strade
non a pagamento della Provincia, siano esse statali, regionali, provinciali e comunali.
Per mancanza di fonti, il dato sul chilometraggio totale (tabella 3.1) è quello
relativo all’anno 2005 (fonte Provincia di Siena: Relazione Previsionale e
Programmatica del periodo 2006/2008), mentre il costo di manutenzione ordinaria e
straordinaria per km è stato preso da Pulselli et al. (2006) ed è pari a 1.688 €.
Il valore finale, relativo a questa voce e che va ad incrementare il benessere
economico in Provincia di Siena, è pari a € 5.579.032.
Tabella 3.1. Strade della Provincia di Siena, anno 2005
km di strade statali
110
km di strade provinciali
1524
km di strade regionali
163
km di strade comunali
1509
Totale
3306
Riga H: Spesa pubblica per la Sanità e l’Educazione (+)
È consuetudine inserire per intero la voce relativa alla spesa pubblica nel calcolo
del PIL, così come appare nei conti pubblici; per quanto riguarda il suo inserimento
nel nuovo indicatore di benessere, la situazione appare più complessa.
La correlazione tra l’aumento della Spesa Pubblica e quello del benessere effettivo
è assai debole anche a causa della grande difficoltà di misurare la domanda per il
tipo di servizi offerti dalla Pubblica Amministrazione. Tenendo sempre come punto di
riferimento il lavoro di Daly (1989) e quello di Guenno e Tiezzi (1998), utilizzeremo il
valore finale di questa voce nella seguente percentuale: il 100% delle spese sostenute
per l’Istruzione e il 50% di quelle per la Sanità, imputando il rimanente 50% della
spesa per la Sanità a Spesa Difensiva e come tale senza alcune ripercussioni sul livello
di benessere della popolazione.
Questa differenza di calcolo è estremamente importante in quanto è uno dei motivi
e degli aspetti che differenziano l’ISEW dal PIL, nel cui calcolo si tiene conto della
voce relativa alla spesa pubblica come sinonimo di crescita economica e di
conseguenza “positiva”. Al contrario, nell’ottica di una valutazione del Benessere, le
spese difensive, siano esse ambientali, sociali o economiche, sono sempre e
comunque connesse ad esternalità negative conseguenti ad atti di produzione e
SPIN-ECO
70
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
consumo, finalizzate ad evitare, ridurre o compensare i danni che derivano da tali
esternalità, da diseconomie esterne che comportano la perdita delle normali funzioni
e che devono necessariamente essere affrontate e sostenute: ex-ante per prevenire o
controllare eventuali disagi futuri o ex-post per eliminare o difendersi dai loro effetti
negativi.
Come già detto, del totale della spesa pubblica per la sanità e di quella per
l’istruzione si considera il 100% delle spese per l’istruzione e solo il 50% di quelle per
la sanità considerando il restante 50% spesa difensiva.
Le Spese pubbliche sostenute dalla Popolazione nel 2003
185.000.000
180.000.000
euro
175.000.000
170.000.000
165.000.000
160.000.000
155.000.000
150.000.000
2003
Spesa pubblica per l'Istruzione
50% della spesa pubblica per la Sanità
Figura 3.2. Spese pubbliche della Provincia di Siena
Per il calcolo è stata utilizzata la Spesa per studente (Fonte MIUR “La scuola in cifre
2005”) e la Spesa sanitaria pro capite (Fonte ISTAT). I valori monetari ottenuti vanno
moltiplicati,
rispettivamente,
per
il
numero
totale
degli
studenti
(Fonte:
Provveditorato agli studi di Siena) e per la popolazione residente, permettendo così
di ottenere il valore della spesa pubblica nei due settori (Fig. 3.2).
La spesa pubblica per la Sanità, nonostante sia stata considerata solamente per il
50%, risulta maggiore rispetto a quella per l’Istruzione. Questa situazione potrebbe
essere giustificata dalla presenza di quattro ospedali nella Provincia di Siena, due di
questi caratterizzati da flussi sempre crescenti di persone da tutta Italia, che per
mantenere prestazioni di qualità elevate sono soggetti a spese sempre maggiori. Un
altro aspetto che influenza la voce relativa alle spese per la Sanità è il fatto che la
Provincia di Siena è caratterizzata da un elevato indice di vecchiaia, con una persona
anziana ogni 4 residenti. Il valore monetario finale è pari a € 344.230.698.
SPIN-ECO
71
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Riga I: Spesa in beni di consumo durevoli (-)
Questa voce è strettamente connessa con la voce F, dal momento che il benessere
di una persona non è legato a quanto essa spende per l’acquisto dei beni ma alla
soddisfazione che riesce ad ottenere dopo il loro acquisto. Per tale ragione, questa
voce di spesa, che accresce il livello dei Consumi Privati, ma che non ha alcun
significato dal punto di vista del Benessere Sostenibile e duraturo, viene sottratta. In
altre parole ad essa corrisponde solo un’evidenza numerica (la variazione dei
consumi) senza una reale corrispondenza in termini di benessere, dal momento che i
beni cedono la propria utilità durante tutto il lasso di tempo coincidente con la vita
del prodotto.
Pertanto questa voce prevede le spese annuali delle famiglie residenti nella
Provincia di Siena finalizzate all’acquisto di beni durevoli, con esclusione, comunque,
della spesa per l’acquisto della casa in quanto non conteggiata all’interno della
variabile di partenza “Consumi Privati”.
I dati sulla spesa in elettrodomestici provengono sempre da fonte ISTAT, mentre i
prezzi da associare ad ogni elettrodomestico sono stati presi da Pulselli et al. (2006),
ottenendo un valore finale pari a € 22.992.935.
Per quanto riguarda la spesa sostenuta dalla popolazione senese per l’acquisto
dell’auto i dati sono di fonte ACI (numero delle immatricolazioni al 2003), ed i prezzi
sono gli stessi utilizzati per il calcolo alla riga F, per un valore complessivo di €
421.383.348.
Quindi il valore monetario totale da sottrarre ai consumi privati ponderati è dato
dalla somma delle due voci per un valore in euro pari a € 444.376.283.
Riga J: Spese difensive private per educazione e sanità (-)
La denominazione “Spesa Difensiva” spiega il segno negativo assunto da questa
voce. Il totale di queste spese è già considerato nei “Consumi Privati” iniziali,
mentre con questa varabile, si sottrae la percentuale relativa alla spesa che si
sostiene solo perché il contesto in cui si vive lo richiede, senza aumentare
effettivamente il livello di benessere dalla popolazione. Nel settore sanitario un
esempio di queste spese difensive possono essere le cure per gli effetti prodotti
dall’inquinamento (come asma, malattie della pelle, ecc.), mentre nel campo
dell’educazione un esempio è costituito dal sempre crescente bisogno di
SPIN-ECO
72
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
aggiornamento e di studio, senza un corrispettivo aumento del benessere percepito.
Anche in questo caso abbiamo seguito le indicazioni di Daly, che valuta la frazione da
ritenere “difensiva” all’interno delle due categorie di spesa pari al 50% del valore
complessivo di entrambe; quota importante che dà informazioni sul fatto che di
quello che si spende nei due settori, il 50% potrebbe essere risparmiato se il nostro
comportamento fosse globalmente più sostenibile.
Questa voce, sempre da fonte ISTAT, per la Provincia di Siena nel 2003 è stata pari
a € 65.138.625 ed è data dalla somma del 50% delle due voci (fig. 3.3). La cifra
relativa alle spese per l’istruzione si aggira intorno ai 14 milioni di euro, mentre
quella sanitaria risulta essere più elevata, superando i 50 milioni di euro.
Questa discrepanza si può legare al fatto che la Provincia di Siena non è, negli
ultimi anni, particolarmente “giovane”: un abitante su quattro supera i 64 anni di
età.
Per quanto riguarda le spese per l’istruzione, si rileva che parte di queste sono
dovute alla crescente presenza di cittadini stranieri con figli. In Provincia di Siena
risulta che, su poco più di 25.000 alunni di tutte le scuole, quasi 2000 hanno
cittadinanza non italiana, pari a quasi l’8% e lo stato di cittadinanza più
rappresentato risulta, dalle statistiche del CODACONS, essere l’Albania.
Spese difensive private per la Provincia di Siena - 2003
60.000.000
50.000.000
euro
40.000.000
30.000.000
20.000.000
10.000.000
0
Spesa difensiva per l'Istruzione
Spesa difensiva per la Sanità
Figura 3.3. Spese difensive private
Riga K: Spesa pubblicitaria nazionale (-)
La suggestione e la fantasia danno valore anche a un prodotto che in se stesso ne
ha poco. È stato più volte dimostrato che un prodotto senza pubblicità non si vende o
si vende pochissimo, a prescindere dalla sua effettiva qualità. Lo stesso prodotto,
SPIN-ECO
73
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
peraltro, dopo un'adeguata campagna pubblicitaria, riesce ad attrarre molti
consumatori. È stato anche dimostrato che l’aumento di prezzo non sempre influisce
sulla scelta: il consumatore (nonostante la sua certezza di saper resistere alle
tentazioni) preferisce il prodotto sul quale ha ricevuto un maggiore e migliore
numero di “informazioni” e di “promesse”. Allo stesso tempo, le spese pubblicitarie
sono indirettamente a carico del consumatore.
In breve, la spesa pubblicitaria viene sottratta dai consumi privati perché essa
tende a creare una domanda e a mantenere la fedeltà ad una marca piuttosto che
fornire informazioni valide e attendibili per orientare le scelte.
Impossibilitati a trovare dati a livello locale, per stimare un valore da attribuire alla
Provincia di Siena è stato utilizzato il dato pro capite nazionale relativo agli
investimenti pubblicitari (fonte: Il Nuovo libro della Pubblicità). La cifra pro capite
per l’Italia è di circa 190 dollari/2005. Con questo valore pro capite, l’Italia si
posiziona al 20° posto nella classifica dei paesi di paragonabile sviluppo economico,
andando comunque a migliorare la sua posizione rispetto a 5 -10 anni fa.
Fatte le dovute operazioni, il risultato finale per la Provincia di Siena è di €
43.365.658.
Riga L: Costo del pendolarismo (-)
Il Dizionario della Lingua Italiana Zingarelli definisce pendolare colui che “abita in
un luogo diverso da quello in cui svolge il proprio lavoro e deve quindi affrontare
quotidianamente il viaggio di andata e ritorno”. Questa definizione è molto familiare
alla maggioranza della popolazione, che quindi è ben cosciente dell’enorme disagio
che si crea ogni giorno sulle strade. Ciò induce ad inserire questa voce, naturalmente
come negativa, all’interno di un indice che cerca di stimare il Benessere di una
comunità.
Ripercussioni negative dovute a questo fenomeno vanno ad intaccare gli aspetti
economici, ambientali e sociali del benessere, con conseguenze che vedremo essere
legate ad altre variabili che formano questo indicatore.
Le ricadute sull’ambiente sono di diversa natura: si va dall’inquinamento
atmosferico a causa delle alte concentrazioni di componenti tossiche dei fumi di
scarico, all’uso di risorse energetiche provenienti da fonti non rinnovabili, alla
riduzione
delle
aree
verdi
per
la
creazione
di
strade
e
parcheggi
fino
all’inquinamento acustico, aspetto spesso trascurato, ma sempre più rilevante.
SPIN-ECO
74
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Anche a livello sociale le conseguenze sono evidenti; il traffico urbano rende le
strade delle vere e proprie barriere alla mobilità ciclo-pedonale alimentando la
dipendenza dall’automobile; per non parlare poi dei danni dovuti agli incidenti
stradali e agli effetti sulla salute della popolazione soprattutto a discapito delle
categorie più esposte. L’inquinamento atmosferico può provocare affezioni delle vie
aeree, danni all’apparato cardio-circolatorio e tumori di varia natura, mentre
l’inquinamento acustico favorisce i disturbi da stress, la diminuzione della capacità
uditiva; aumentano inoltre gli effetti psicologici negativi come la tendenza a
comportamenti aggressivi. In Italia, una recente ricerca svolta su circa 200
“telelavoratori” afferenti ad una compagnia telefonica ha fornito risultati
confortanti: in un anno di lavoro da casa la riduzione del pendolarismo ha portato ad
una minore emissione di oltre 17.000 kg di monossido di carbonio e 205 kg di biossido
di azoto. Se un milione di persone in Italia potesse telelavorare, restando a casa per
un solo giorno a settimana, le emissioni di monossidi nell’aria si ridurrebbero di circa
100 milioni di kg/anno.
Il pendolarismo provoca all’individuo non solo costi economici ma anche costi di
altra natura relativi ai tempi impiegati nei trasferimenti, ai rischi connessi al
trasporto stesso, alle minori opportunità di una vita sociale soddisfacente.
La metodologia che presiede al calcolo dell’ISEW, considera il pendolarismo
come un costo da sottrarre ai consumi privati: in altre parole, le spese relative ai
servizi di trasporto, sia pubblico che privato, devono essere depurate della frazione
delle stesse che è indotta dal fatto che molte persone fanno spostamenti, anche
lunghi, per recarsi al lavoro, cosa che non contribuisce certamente ad incrementare
il loro benessere. Daly ritiene che il 30% dei servizi resi dagli automezzi privati e
pubblici sia una buona stima del costo associato al pendolarismo. Il calcolo della voce
avviene in accordo con la formula seguente:
C = 0,3A+0,3B+0,3M
dove:
C = rappresenta il costo diretto del pendolarismo e quindi il nostro valore finale
A = rappresenta il valore del servizio dello stock di automobili ceduto durante un
anno
B = sono le spese sostenute per l’acquisto dei biglietti dei trasporti pubblici
M = rappresenta i costi di manutenzione dei mezzi pubblici e privati
0,3 = rappresenta la porzione di utilizzo dei servizi di cui ai punti A, B e M .
SPIN-ECO
75
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Il valore di A corrisponde al valore monetario del servizio ceduto dal possesso di un
automobile (vedi variabile F), i valori di B e della parte privata di M sono stati presi
dal volume “I Consumi delle famiglie 2003” (ISTAT), mentre per la parte pubblica di
M si è utilizzato il costo medio di manutenzione di un mezzo pubblico, come in
Pulselli et al. (2006) e moltiplicato per la flotta di autobus (481) presenti nel
territorio provinciale nel 2003.
Il valore monetario di questa voce, € 176.454.874, pari a oltre il 7% dei consumi
privati ponderati, fa sì che essa risulti essere tra le voci più importanti con segno
negativo. Ciò conferma l’importanza di questa problematica che colpisce anche la
Provincia di Siena, e che sembra essere strettamente legata ad un altro fattore,
quello legato al continuo aumento dei prezzi delle abitazioni.
Il lievitare dei costi produce infatti difficoltà per una fascia notevole di
popolazione, con il conseguente sviluppo di un pendolarismo a raggio sempre
maggiore, data la tendenza da parte della popolazione a cercare abitazioni meno
care anche se a distanza ragguardevole dai centri delle città, sede principale dei
luoghi di lavoro.
Riga M: Costo dell’urbanizzazione (-)
Una parte delle spese private per l’abitazione è dovuto all’incremento del livello di
urbanizzazione, che crea esternalità ambientali di varie specie. Ad esempio,
all’aumentare della popolazione nelle aree urbane, il costo delle abitazioni aumenta
senza alcun aumento compensativo del benessere. Per questo motivo, la voce
relativa a questi costi (o variazioni di costi) dovrebbe essere detratta dai consumi
privati.
Tuttavia, comprare una casa comporta un alto grado di soddisfazione in coloro che
effettuano l’acquisto e il valore monetario dell’investimento tende a mantenersi nel
tempo, salvo rare eccezioni contingenti. Inoltre, la concentrazione di popolazione in
aree urbane stimola l’offerta di abitazioni, cosa che, almeno parzialmente,
controbilancia l’incremento dei prezzi dovuto all’urbanizzazione ed è regolata da
piani urbani pluriennali approvati dalle autorità locali. Per queste ragioni, nel
presente studio, la voce relativa ai costi di urbanizzazione non è stata considerata
come previsto dalla teoria (quindi nulla è stato sottratto dal consumo privato) ma è
stata reinterpretata, considerando anche le condizioni attuali del mercato
immobiliare.
SPIN-ECO
76
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Riga N: Costo degli incidenti stradali (-)
Gli incidenti stradali rappresentano uno tra i costi più elevati attribuibile al sistema
dei trasporti su strada e uno dei principali motivi risiede nella giovane età delle
vittime, un terzo delle quali di età inferiore ai 25 anni.
In tutti i paesi sviluppati il costo degli incidenti stradali è pari a circa il 2.0% del
PIL. In Italia muoiono ogni anno 6.600 persone per incidenti stradali e ne restano
ferite 240.000. Il costo stimato degli incidenti stradali nel 1997 è stato pari a 36.969
miliardi mentre nel 1993 è stato di 30.692 miliardi. Secondo le ultime statistiche, in
Europa almeno una persona su tre nel corso della sua vita rimane vittima di un
incidente stradale, con menomazioni o ferite, appesantendo i bilanci della società
con alti costi dell’assistenza sanitaria, e diminuendo, in questo modo, il benessere
generale della Comunità, oltre che quello personale.
Il valore finale di questa voce si ottiene dal prodotto tra le entrate relative ai
pagamenti dei premi assicurativi in seguito ad incidenti automobilistici ed il numero
degli incidenti avvenuti durante l’anno.
I dati relativi agli incidenti stradali avvenuti nel 2003 sono stati reperiti dal
documento
dell’ACI
“Serie
storiche
sullo
sviluppo
della
motorizzazione
e
sull’incidentalità stradale in Italia negli anni 1921-2003”.
Il costo sociale degli incidenti6 (€ 3.948 per sinistro) è stato ricavato da uno studio
condotto dall’ANIA (Associazione Nazionale Italiana Assicurazioni) dal titolo
“L'assicurazione italiana 2003-2004, e ISVAP, circolari 544/S del 2004, 516/S del 2003
e 395/S del 2000”.
Da statistiche regionali sugli incidenti stradali, sembra risultare che dal 2001, per la
Provincia di Siena ci sia stata una diminuzione del numero di incidenti.
Il valore monetario per questa variabile risulta pari a € 3.932.103.
Riga O: Costo dell’inquinamento idrico (-)
Le metodologie di stima relative a questa variabile possono seguire vari percorsi,
dovuti al fatto che esistono vari indicatori dello stato di salute dell’acqua.
6
Si definisce costo sociale della sinistrosità stradale l’insieme delle spese che vanno a gravare sul sistema economico
della collettività per effetto dei danni di vario genere e livello prodotti dagli incidenti stradali( i cosiddetti costi
esterni) sommato alle spese che vanno a gravare direttamente ed individualmente su chi origina gli incidenti stradali
( i cosiddetti costi interni).
SPIN-ECO
77
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
È possibile scegliere di utilizzare i costi di depurazione dell’acqua potabile
direttamente sostenuti dalle agenzie locali che lavorano nel settore; decidere di
utilizzare i valori di BOD5 (Domanda Biologica di Ossigeno), che insieme al COD
(Domanda Chimica di Ossigeno), indica lo stato di salute della risorsa acqua; oppure
utilizzare, come in questo caso, la metodologia della stima del carico organico con
fattori di conversione7, la cui unità di misura è l’Abitante Equivalente (A.E.) 8.
Per consentire il calcolo del carico inquinante complessivo attribuibile alle diverse
fonti generatrici di inquinamento (civile, industriale, zootecnica e turistica), sono
state utilizzate delle tabelle di conversione che attribuiscono alle singole tipologie i
relativi coefficienti di abitante equivalente. I dati di riferimento sono stati:
popolazione residente, addetti all’industria (ISTAT – 8°Censimento dell’Industria e
dei Servizi), capi di bestiame (5°Censimento generale dell’Agricoltura) e presenze
turistiche. Nella tabella 3.2 sono state riportate le stime finali.
Una volta ottenuto il carico totale espresso in A.E., è stato necessario ricercare
un costo di depurazione per A.E. al fine di esprimere in termini monetari il valore
dell’inquinamento idrico provocato dalle attività antropiche; quest’ultimo è pari a
14,56 €/A.E. al 2001 (vedi Pulselli et al., 2006).
Moltiplicando il numero complessivo degli A.E. e il costo di depurazione per A.E. è
stato così ottenuto il costo finale dell’inquinamento idrico che è pari a € 26.723.573.
Tabella 3.2. Abitanti equivalenti della Provincia di Siena, 2003
Abitanti equivalenti A. E.
Civili
Zootecnici
Industriali
Turistici
252.972
1.042.127
436.152
11.538
Riga P: Costo dell’inquinamento atmosferico (-)
La definizione economica di inquinamento comprende due ordini di fattori, uno di
tipo fisico, connesso cioè agli effetti diretti di emissioni, scarichi e rifiuti rilasciati
nell’ambiente, l’altro che si esplica in una perdita di benessere, ad esempio di
natura biologica (determinato dalla minaccia alla salute o dalla trasformazione di
7
Le stime sono state effettuate sulla base dei criteri proposti dal CNR-IRSA nel quaderno n. 90 del 1991.
L’art. 2, c. 1, lett. a, del D.Lgs. 152/99 definisce Abitante Equivalente (AE) il carico organico biodegradabile avente
una richiesta chimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno
8
SPIN-ECO
78
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
particolari specie animali e vegetali) o di natura chimica, come gli effetti delle
piogge acide nei terreni.
In termini economici, l’inquinamento è visto come un costo “esterno” quando sono
presenti le seguenti due condizioni (Pearce, Turner, 1991):
• un’attività intrapresa da un agente provoca una perdita di benessere ad un altro
agente;
• la perdita di benessere non viene compensata.
Entrambe le condizioni sono essenziali per l’esistenza di un costo esterno. Se la
perdita di benessere dovesse essere compensata, si definirà tale atteggiamento come
internalizzazione dell’effetto esterno e perciò del costo.
Gli inquinanti atmosferici possono essere classificati in:
• inquinanti primari: vengono immessi nell’atmosfera direttamente dal processo
che li ha prodotti, permanendo a lungo senza subire modificazioni. Fanno parte
di questa categoria il monossido di carbonio (CO), l’anidride carbonica (CO2), gli
ossidi di azoto (NOx), gli ossidi di zolfo (SOx), le polveri e gli idrocarburi
incombusti.
• inquinanti secondari: si formano dagli inquinanti primari a seguito di
trasformazioni
chimico-fisiche
che
generalmente
coinvolgono
l’ossigeno
atmosferico e la luce. Tra gli inquinanti secondari troviamo l’ozono (O3), vari
tipi di aldeidi, perossidi e altre specie chimiche che possono risultare più
tossiche dei composti originari.
Il valore monetario finale dell’inquinamento atmosferico viene sottratto dal
consumo privato locale e tale operazione può essere interpretata come una tassa che
deve essere, anche se fittiziamente, pagata a titolo di risarcimento degli effetti
negativi del nostro comportamento. Tale valore è ottenuto dal prodotto delle
tonnellate totali di inquinanti prodotti per il loro costo di abbattimento a tonnellata.
La Provincia di Siena, nel 2003, ha emesso sostanze inquinanti per un valore di €
21.490.834. Per il calcolo di questa variabile, oltre al costo di abbattimento alla
tonnellata per ogni inquinante (fonte Pulselli el al. 2006), sono stati necessari i dati
relativi ai consumi di tutti i combustibili fossili, incluso il metano.
Per tutti i combustibili la fonte è stata individuata nelle statistiche del DGERM
(Ministero Attività Produttive) (Tab. 3.3).
SPIN-ECO
79
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Tabella 3.3. tonnellate di combustibili consumati dalla Provincia di Siena nel 2003
Olio Combustibile
Siena
2.363
G.P.L.
21.205
Lubrificanti
1.495
Benzina
85.380
Gasolio
132.670
Riga Q: Costi dell’inquinamento acustico (-)
Il rumore viene indicato come una delle più rilevanti cause del peggioramento della
qualità della vita e del benessere delle persone. Nonostante sia ormai riconosciuto
come uno dei principali problemi ambientali, anche se spesso viene ritenuto meno
rilevante rispetto ad altre forme di inquinamento, come quello atmosferico o idrico,
il rumore suscita sempre più reazioni negative nella popolazione esposta.
Per avere un’idea di quanto sia facile produrre inquinamento acustico, qui di
seguito proponiamo una panoramica dei diversi livelli di suono (fig. 3.4):
Figura 3.4. Panoramica dei diversi livelli del suono
Secondo le ultime disposizioni di legge del DPR n.142/2004, che si rifanno alla
prima legge quadro in materia, la numero n. 447 del 1995, e che trovano il loro
campo di applicazione nelle principali infrastrutture stradali, i limiti acustici diurni
che non devono essere superati (altrimenti si parla di inquinamento), vanno dai 65 dB
per le strade normali ai 50 dB per le zone dove siano presenti scuole, ospedali, case
di cura e di riposo, passando rispettivamente a 55 dB e a 40 dB per la fascia
notturna. Il solo traffico stradale, al quale la maggioranza delle persone
quotidianamente è esposto, e che si è soliti percepire solo come causa di
SPIN-ECO
80
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
inquinamento atmosferico, supera di 5 dB il limite imposto per legge e di
conseguenza può essere indicato come la fonte di inquinamento acustico più
rilevante. Gli effetti dell’inquinamento acustico sullo stato di salute fisica e
psicologica dell’uomo, sulla sua sfera sociale ed economica, sono elencati nella tab.
3.4.
Tabella 3.4. Elenco dei possibili effetti provocati dal rumore nelle varie sfere della vita di una persona
Effetti fisiologici
del rumore
Effetti psicologici
del rumore
Effetti sociali
del rumore
Effetti economici
del rumore
Perdita di udito
Fastidio
Ostacoli alla comunicazione
Prezzi d’affitto e degli
immobili
Disfunzioni vegetative
Stress, nervosismo,
tensione
Giudizio sugli altri
Costi del contenimento del
rumore
Problemi cardiocircolatori
Abbattimento
Minore disponibilità a
prestare aiuto
Costi sanitari
Aumento della pressione del
sangue
Disturbo della
comunicazione
Aggressioni
Perdite a livello di
produzione
Riduzione della profondità
del sonno
Calo del rendimento
Isolamento sociale (ghetti del
rumore)
Costi di pianificazione del
territorio
Mal di testa
Irritazione
Sintomi psicosomatici
L’Eurispes stima che nel 2004 il costo diretto e indiretto complessivo dei danni da
inquinamento acustico si è attestato intorno all’1,5% del PIL, pari a circa 20 miliardi
di euro. Altri dati interessanti: sono 7 milioni gli italiani che soffrono di disturbi
uditivi, mentre 7 italiani su 10 sono esposti a livelli di rumore superiori alle norme
vigenti. Oltre a ciò, è stato anche stimato che per patologie legate all’udito si
perdano circa 35 milioni di giornate lavorative annue.
Il valore monetario di questa tipologia di inquinante è stato ricavato dal prodotto
tra il costo in termini di rumore prodotto da un’automobile, pari a 120 Euro/auto
(fonte_Provincia di Bologna), per il numero delle automobili che in ogni anno
compongono il parco macchine della Provincia di Siena.
Il valore economico dovuto all’inquinamento acustico da traffico su tutto il
territorio provinciale è stato di € 21.842.488.
Riga R: Perdita di zone umide (e aree protette) (-)
Il territorio è fonte essenziale per la produzione di cibo, acqua ed energia per
numerosi sistemi biologici ed è fondamentale per ogni attività umana. Nelle aree
urbane in rapida crescita l’accesso al territorio necessario alla realizzazione di
SPIN-ECO
81
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
alloggi viene reso sempre più difficoltoso dalle esigenze – potenzialmente in
competizione
tra
loro
–
dell’edilizia,
dell’industria,
del
commercio,
delle
infrastrutture, dei trasporti, dell’agricoltura, dal bisogno di spazi aperti e di aree
verdi, e dalla necessità della protezione degli ecosistemi fragili.
Uno dei compiti fondamentali da svolgere nella realizzazione di un mondo
urbanizzato
sostenibile
è
indirizzare
lo
sviluppo
delle
aree
urbane
verso
un’armonizzazione tra l’ambiente naturale e la configurazione degli insediamenti
umani, anche se fino ad ora si è spesso assistito al dominio degli ultimi sulla vita e la
salvaguardia del primo.
Questa variabile cerca di dare un’idea di quanto la popolazione abbia perso in
termini di servizi ambientali derivanti dalla presenza all’interno del sistema
territoriale di habitat essenziali come le zone umide.
Le “zone umide” sono le “aree quali stagni, paludi, torbiere, bacini naturali e
artificiali permanenti con acqua stagnante o corrente dolce, salmastra o salata,
comprendendo aree marittime la cui profondità in condizioni di bassa marea non
supera i sei metri” (Convenzione internazionale di Ramsar del 1971, adottata
dall’Italia con il D.P.R. n. 448 del 13 marzo 1976).
Le zone umide, nonostante siano di importanza vitale per l’ambiente, ricoprono
solo il 3% della superficie terrestre.
La loro importanza abbraccia diversi aspetti:
• idrogeologico, in quanto ricoprono un’importante funzione nell’attenuazione e
regolazione dei fenomeni naturali, come le piene dei fiumi. Le paludi lungo i corsi
d’acqua, ad esempio, hanno un effetto “spugna”: raccolgono le acque durante le
piene, diluendo inquinanti, rallentando il deflusso delle acque e riducendo il rischio
di alluvioni; restituiscono, poi, al fiume, durante i periodi di magra, parte delle
acque accumulate. Sono, inoltre, importanti serbatoi per le falde acquifere.
• chimico–fisico, in quanto sono “trappole per nutrienti”. La ricca e diversificata
vegetazione delle zone umide conferisce a questi ambienti la capacità di assimilare
nutrienti (soprattutto composti di Fosforo e Azoto) e la possibilità di creare
condizioni favorevoli per la decomposizione microbica della sostanza organica.
• biologico, perché sono serbatoi di biodiversità. Paludi, delta dei fiumi, torbiere e,
comunque, tutte le zone umide sono tra gli ambienti con la più elevata diversità
biologica. Rappresentano, a livello mondiale, una delle tipologie di habitat più
importanti per la conservazione della biodiversità. Tra gli uccelli minacciati di
estinzione a livello mondiale, ad esempio, 146 specie dipendono dalle zone umide,
SPIN-ECO
82
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
che rappresentano il terzo gruppo di ambienti per numero di specie minacciate (dopo
le foreste e le praterie/savane).
• produttivo, perché molte zone umide, soprattutto costiere, sono estremamente
importanti per la riproduzione dei pesci e di conseguenza per la pesca. Lagune e
laghi
costieri,
inoltre,
hanno
grande
importanza
per
l’ittiocoltura
o
la
molluscocoltura.
• Culturale e/o scientifico: ad esempio, dallo studio dei profili pollinici nelle
torbiere è possibile ricostruire le vicende ecologiche, climatiche ed evolutive del
territorio in cui questi ambienti sono situati. Inoltre, molte zone umide testimoniano
passate attività umane (fontanili, marcite, macereti, ecc.).
• Fruitivo e/o educativo: le zone umide sono utilizzate per svariate attività tra cui
il birdwatching.
In questo studio, si è passati dal computo delle sole zone umide a quello più
9
generale di tutte le aree protette della Provincia di Siena, e il valore economico è
stato calcolato moltiplicando la perdita di queste tipologie di territorio misurata in
ettari per il valore monetario di un ettaro (Guenno e Tiezzi, 1998).
Il valore di questa variabile per la provincia di Siena risulta però essere nullo in
quanto tra il 2003 e il 2002 non è stata registrata alcuna variazione nella superficie di
tutte le riserve naturali presenti nel territorio provinciale, che rimane costante con i
suoi 71.290 ettari. Nella tabella sottostante (tab. 3.5) sono stati distinti per tipologia
e anno di istituzione i comprensori relativi alle aree protette.
Ogni riserva nasce per tutelare l’elevato valore ambientale, naturalistico storico e
culturale di luoghi in cui sono ospitati specie animali e vegetali rare e di grande
interesse scientifico e conservazionistico, così come previsto dall'art. 15 della L.R.
49/95 "Norme sui parchi, le riserve naturali e le aree naturali protette di interesse
locale".
La gestione di queste aree è finalizzata alla conservazione degli ecosistemi, alla
promozione ed incentivazione delle attività produttive e di tempo libero compatibili,
allo svolgimento delle attività scientifiche e di ricerca e alla promozione delle
attività coordinate d'informazione e di educazione ambientale.
9
Area protetta: il territorio sottoposto a regime di tutela e di gestione in cui siano presenti formazioni fisiche,
geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante valore naturalistico o ambientale
SPIN-ECO
83
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Tabella 3.5. Elenco dettagliato di tutte le riserve naturali presenti nel territorio provinciale senese
Nome del parco
ettari
comune di appartenenza
anno di istituzione
Riserve Naturali Provinciali
Farma
98
Monticiano
1996
La Pietra
101
Chiusdino
1996
Basso Merse
1478
Monticiano e Murlo
1996
Cornate e Frosini
470
Radicondoli
1996
Alto Merse
2000
Chiusdino, Monticiano e Sovicille
1996
Castelvecchio
734
San Gimignano
1996
Bosco di Santa Agnese
271
Castellina in Chianti
1996
Lago di Montepulciano
470
Montepulciano
1996
Pietraporciana
341
Chianciano Terme e Sarteano
1996
Lucciolabella
1148
Castiglione d'Orcia, Pienze e
Radicofani
1996 e 2001
Pigelleto
862
Piancastagnaio
1996
Riserve Naturali Statali
Cornocchia
532,12
Chiusino e Radicandoli
1980
Montecellesi
10,81
Siena
1980
Palazzo
281,59
Radicandoli
1980
Tocchi
570,73
Monticiano
1977
Fiume Elsa
203
Colle di Val d'Elsa
1999
Lago di Chiusi
818
Riserve ANPIL*
Chiusi
1999
Castiglion d'Orcia, Montalcino,
Val d'Orcia
60903
Pienza, Radicofani, San Quirico
1999
d'Orcia
*ANPIL è l'acronimo di "Aree Naturali Protette di Interesse Locale", possono essere con o senza divieto di caccia
Riga S: Perdita di terreni agricoli (-)
Nei
paesi
sviluppati
i
processi
di
urbanizzazione,
di
edificazione
e
di
frammentazione degli insediamenti hanno esercitato una crescente pressione sui
territori agricoli, riducendone progressivamente l’estensione; questa riduzione si è
accompagnata ad una intensificazione delle pratiche agricole, con uno sfruttamento
sempre più pesante delle risorse del terreno e un suo conseguente impoverimento; in
sintesi si è assistito ad una riduzione delle superfici coltivate ma ad un incremento
SPIN-ECO
84
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
delle produzioni, con un relativo mantenimento della produzione alimentare, ma una
sostanziale perdita di sostanza organica e di fertilità naturale dei suoli. Per
mantenere elevata, o addirittura per aumentare la produttività dei suoli in presenza
di una progressiva riduzione delle superfici, sono stati aumentati lo sfruttamento dei
terreni e i volumi di fertilizzazione chimica; sono stati abbandonati i tradizionali
sistemi di rotazione e fertilizzazione naturale delle colture, per passare a rotazioni
veloci di colture ad alto reddito.
In Italia, e nella pianura padana in particolare, la perdita di produttività (o di
capacità o potenzialità produttiva) del territorio comincia ad assumere una
significativa rilevanza economica, sociale ed ambientale. Il fenomeno è tanto più
allarmante se si considera che alla perdita di fertilità del terreno concorrono altri
fattori, quali l’inquinamento dei suoli, la salinizzazione delle falde e l’erosione
superficiale. La perdita di suolo agricolo è dunque uno dei principali fattori di
indebolimento della produzione agricola e, di conseguenza, anche dell’autonomia e
sovranità alimentare di un paese.
Ma oltre a ciò, la perdita di suolo agricolo, se avviene ad opera dell’urbanizzazione
e non già di altri impieghi naturali, costituisce anche un fattore di impoverimento
della diversità del paesaggio e della biodiversità dell’ecosistema, e ne diminuisce
irreversibilmente la qualità ambientale, la capacità di drenaggio e filtraggio delle
acque, la capacità di assorbimento del carbonio, l’integrazione e la connessione alla
rete ecologica.
Nel nostro paese questo fenomeno ha un rilievo particolare: se si guardano i dati
statistici dell’Unione Europea, in soli 10 anni, dal 1987 al 1997, sono stati
impermeabilizzati per usi civili circa 2.800.000 ha di suolo più o meno fertile; e
mentre nell’intera Unione Europea la perdita di terreno agricolo è stata in questo
decennio pari al 2%, l’Italia ha consumato addirittura il 20% di questa preziosa
risorsa; secondo APAT nell’ultimo decennio sono scomparsi in Italia 1,8 milioni di ha
di SAU, pari al 12,2%.
In un’ottica di sostenibilità, nel settore primario si deve cercare di far fonte anche
a questo fenomeno che, lentamente, sta impoverendo direttamente l’ecosistema e
indirettamente la popolazione. A questo fine, le varie politiche di gestione e
pianificazione del territorio, invece di sottrarre territorio all’uso agricolo,
dovrebbero puntare sull’integrazione dell’uso agricolo nel più ampio obiettivo della
preservazione della natura dagli effetti derivanti dal comportamento umano. Deve
essere promosso lo sviluppo delle aree rurali, salvaguardando le culture locali,
SPIN-ECO
85
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
promovendo la multifunzionalità delle imprese agrarie e forestali, tutelando la
tipicità ed il contenuto culturale delle produzioni, migliorando la fruibilità del
territorio da parte dei cittadini.
Il tentativo di misurare in moneta questa eventuale perdita è assai complesso e
presenta ampi margini di discrezionalità, ma data l’importanza della produzione
alimentare per la sostenibilità di lungo periodo dell’economia riteniamo sia un
compito doveroso.
Il valore monetario di questa voce, pari a € 3.953.190, è dato dal conteggio delle
variazioni delle quattro categorie di SAU (seminativi, coltivazioni permanenti, prato
permanente e pascolo, boschi) da un anno all’altro. La variazione in ettari così
ottenuta viene poi moltiplicata per il corrispettivo valore monetario per quella
categoria di terreno ottenuta dai valori agricoli medi dei terreni per gli espropri
(fonte BURT).
Per mancanza di stime puntuali, si è fatto ricorso ai dati della regione Toscana (dati
al 2000 e variazione % 1990/2000) (tab. 3.6), utilizzando i quali abbiamo ipotizzato
una variazione costante nei dieci anni, come segue:
Tabella 3.6. Consistenza e variazione dei terreni agricoli nella Provincia di Siena
Seminativi
ettari 2000
% variazione 90/00
Variazione in ha 90/00
Variazione annua
Coltivazioni
permanenti
Prati e
pascoli
Boschi
33.339
5,5
1.834
183
18.722
-24,1
-4.512
-451
122.388
-4,5
-5.507
-551
132.739
-4,6
-6.106
-611
Questa perdita in termini monetari è dovuta ad una variazione di tutte le categorie
di terreno tranne quelle indicate come Coltivazioni Permanenti, che corrispondono a
viti, ulivi e alberi da frutto in generale, punto di forza del sistema economico della
Provincia di Siena.
Riga T: Esaurimento delle risorse non rinnovabili (-)
Le risorse possono essere divise in due tipi: quelle rinnovabili in tempi a misura
d’uomo e quelle rinnovabili soltanto in tempi geologici che, dal punto di vista
antropico, devono essere considerate non rinnovabili. Le risorse terrestri non
SPIN-ECO
86
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
rinnovabili sono limitate nella quantità totale disponibile. Quelle rinnovabili, se
sfruttate fino all’esaurimento, diventano uguali a quelle non rinnovabili.
Non c’è bisogno di essere economisti per capire che un individuo, o una collettività,
che tragga la maggior parte delle sue risorse dal suo capitale, e non dai suoi redditi,
è destinato al fallimento.
Eppure questo è proprio il caso delle società occidentali, che attingono alle risorse
naturali del pianeta, un patrimonio (o meglio un “capitale”) comune, senza tenere
conto del tempo necessario perché esse si rinnovino. L’attuale modello economico,
fondato sulla crescita, induce un aumento costante dei prelievi.
Nello studio di questa problematica così vasta, data la varietà di risorse che
ricadono sotto questa classificazione, abbiamo deciso di limitare l’analisi ad un
settore particolare, molto comune alla maggior parte dei sistemi locali del nostro
paese: l’attività estrattiva, con riferimento particolare ai minerali non metalliferi.
Le attività estrattive rappresentano uno dei più importanti interventi di modifica
definitiva e rilevante dell’ambiente e dell’assetto urbanistico territoriale, anche in
aree di alto valore naturalistico. Lo stretto e delicato rapporto tra problematiche
economico-occupazionali e l’esigenza di tutela del territorio, nonché la caratteristica
dei giacimenti quale risorsa naturale non rinnovabile, determinano l’assoluta
necessità di governare la materia attraverso adeguati strumenti normativi, di
pianificazione, autorizzativi e di controllo nell’ottica della sostenibilità data la
grandezza e l’importanza dei suoi impatti permanenti, che vanno dal consumo di
risorse non rinnovabili, alla perdita di suolo, dalle modificazioni sul paesaggio a
possibili alterazioni idrogeologiche.
All’interno dell’ISEW, questa variabile assume il significato di un costo per le
generazioni future da sottrarre dal conto del capitale della generazione attuale. Al
fine di stimare con precisione la quantità da sottrarre per rappresentare
l’esaurimento del “capitale naturale”, abbiamo usato il metodo proposto da Salah El
Serafy10, della Banca Mondiale, su esempio di Cobb e Daly e di Guenno e Tiezzi.
L’approccio di El Serafy consiste nello stimare la somma che dovrebbe essere
accantonata, in seguito alla liquidazione di un’attività (come un giacimento
minerario), per generare un flusso permanente di reddito futuro che dovrebbe
eguagliare la parte dei guadagni derivanti da beni non rinnovabili che vengono
consumati nel presente. La formula di El Sarafy è data da:
10
Tale metodo si trova in un articolo intitolato The Proper Calculation of Income from
Depletable Natural Resources ( El Serafy 1988).
SPIN-ECO
87
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
R–X=R
dove:
§
·
1
¨¨
¸
n 1 ¸
1
r
©
¹
X = rendita annuale (che potrebbe essere spesa oggi senza pregiudicare rendite
future).
R = guadagni totali al netto dei costi di estrazione
R-X = “il costo dell’utente”: rendita guadagnata dall’esaurimento delle risorse e
che dovrebbe essere esclusa totalmente dall’ISEW (e reinvestita)
r = tasso di sconto
n = numero di anni in cui la risorsa dovrebbe esaurirsi
Cobb e Daly hanno assunto r = 0 perché scontare l’utilità delle generazioni future
potrebbe non essere considerato moralmente corretto (come si fa, infatti, a
prevedere quali saranno le preferenze delle future generazioni, e in base a queste
assumere quanto possiamo consumare oggi in termini di capitale destinando la parte
residua a coloro che ci succederanno?). L’effetto di un tasso di sconto uguale a 0 fa sì
che la formula si semplifichi e che si arrivi ad ottenere X = 0. In questo modo l’intero
valore dei guadagni totali derivanti dalla vendita delle risorse deve essere calcolato
come deprezzamento.
Nonostante la Regione Toscana si sia dotata da tempo, con la L.R. 78/98 , di un
P.R.A.E.R. (Piano Regionale delle Attività Estrattive, di Recupero delle aree escavate
e di riutilizzo dei residui recuperabili), ed essendo di competenza dei Comuni e delle
Province la comunicazione alla Regione delle quantità estratte, senza alcuna penalità
per il mancato passaggio, è stato alquanto difficile ottenere i dati di partenza.
Sono stati scelti i dati del 2002 (tab. 3.7) in quanto sia il 2003 che il 2004 risultano
essere molto più bassi, lasciando pensare a qualche mancata di dichiarazione.
Tabella 3.7. Quantità estratte in Provincia di Siena
mc (anno 2002)
Argilla per laterizi, terre cotte e cemento artificiale
Calcare e dolomite in pezzame e pietrisco
Sabbia e ghiaia
Materiali per rilevati e riempimenti
Brecce e puddinghe in pezzame e pietrisco
Travertino
Marmo
Sienite in pezzame e pietrisco
Scaglie e scaglioni di Marmo
SPIN-ECO
10.607
159.452
33.490
76.651
65.985
7.258
3.339
11.500
11.470
88
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
I dati relativi ai costi di estrazione dei materiali sono stati ricavati da interviste ma
limitatamente alla sabbia e ghiaia, al travertino e al marmo. Si è quindi proceduto
alla formazione di tre gruppi di materiali in base al loro peso specifico e abbiamo
utilizzato i costi di estrazione in nostro possesso per ottenere quelli totali. Per
quanto riguarda i prezzi di vendita, si è utilizzato il Prezzario Ufficiale di riferimento
per l’anno 2003, redatto ogni anno ad opera del Ministero dell’Industria e dei
Trasporti insieme con il Provveditorato regionale alle opere pubbliche della Regione
Toscana.
Alla fine dei calcoli, risulta che in Provincia di Siena nel 2003, sono state estratte, e
quindi consumate, risorse non rinnovabili per un valore di € 205.713.737, valore
elevato che risulta il più rilevante tra le componenti legate ai problemi ambientali.
Riga U: Danni ambientali a lungo termine (-)
L’ambiente non è costituito solo di beni materiali e tangibili, come ad esempio le
materie prime, ma anche di caratteristiche altrettanto importanti per la vita e le
attività umane, come il clima. Il clima è dato dall’insieme delle condizioni di
temperatura, umidità, piovosità, esposizione solare che contraddistinguono una data
regione. Se guardiamo all’ambiente come fonte di risorse per la vita e per le attività
umane, il clima è certamente il fattore più importante che determina, in una data
regione, la qualità e la quantità di risorse agricole disponibili, le possibilità di lavoro
umano e il soddisfacimento dei bisogni primari. Quindi il clima ha un’influenza
indiretta sul tipo di società e di economia che si sviluppa in una data regione.
In passato si è considerato il clima come un dato immodificabile da parte dell’uomo
e i mutamenti climatici come eventi molto rari e imponderabili. Negli ultimi decenni
del XX secolo, tuttavia, è risultato evidente che non è solo il clima a condizionare
l’attività umana, ma è anche l’attività umana a produrre mutamenti sul clima.
L’attività industriale su grande scala tende a modificare il clima, cosa che si
manifesta in un graduale aumento della temperatura atmosferica: questo fenomeno
è dovuto all’aumento dell’effetto serra. La ragione è che i processi industriali in
genere sprigionano gas-serra, come l’anidride carbonica, che si disperdono
nell’atmosfera.
Con questa variabile, dunque, si cerca di assegnare un costo monetario all’utilizzo
sempre crescente dei combustibili fossili, sommando al valore monetario del
consumo relativo all’anno dello studio quello del decennio precedente, vista la
SPIN-ECO
89
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
lentezza con la quale i danni derivanti dall’uso di queste risorse si manifestano. Si
tratta anche in questo caso di una sorta di accantonamento, calcolato sotto forma di
tassa (una sorta di carbon tax), che rappresenta una sottrazione al consumo corrente
finalizzata a risarcire le generazioni future dei danni che esse soffriranno a causa del
comportamento della generazione attuale.
La formula da applicare per ottenere il risultato finale è la seguente:
LTEDt =
C t ˜ 1,96 t 1
+
¦C
i
i 1900
dove:
LTEDt = Danni ambientali a lungo termine
Ct = Consumo di energia non rinnovabile al tempo t
€ 1,96 = valore, al 2003, della tassa d’uso per barile, equivalente a quella di 0,50$
del 1972 applicata da Cobb e Daly.
I consumi di barili di petrolio per la Provincia di Siena sono riportati nella tabella
seguente (tab. 3.8 consumi di combustibili).
Tabella 3.8. Consumi della Provincia di Siena in barili
Consumi al 2003
in barili
Consumi dal 1993 al 2002
in barili
Benzina
642.570
7.458.032
Gasolio
925.858
7.729.836
GPL
159.589
1.017.997
Olii e lubrificanti
25.868
338.709
En Elettrica
722.205
5.850.988
Metano
947.977
7.975.051
Il valore monetario del danno ambientale prodotto dalla Provincia di Siena, da dieci
anni a questa parte, risulta essere pari a € 65.920.266, che se fossero divisi tra tutta
la popolazione residente sul territorio nel 2003, rappresenterebbero una “tassa” di
225 €/pro capite.
La raccolta dati, per tutti i combustibili fossili ad eccezione dell’energia elettrica
(fonte: Terna), vede come fonte principale le statistiche del DGERM nel sito del
Ministero delle Attività Produttive.
Il metano è stato preso dalla banca dati del Progetto Spin-Eco, mentre per gli anni
mancanti è stata fatta una stima.
SPIN-ECO
90
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Riga V: Crescita del capitale netto (+)
Affinché il benessere economico sia sostenibile nel tempo, l’offerta di capitale deve
crescere o, nella peggiore delle ipotesi, rimanere costante per soddisfare il
fabbisogno economico di una popolazione in continuo aumento. In questo caso viene
preso in considerazione l’aspetto meramente economico della sostenibilità, la quale
deve
essere
vista
come
capacità
di
generare
reddito,
profitti
e
lavoro
indefinitamente nel tempo.
L’ISEW calcola la crescita del capitale netto, che, a livello di contabilità, è pari alla
differenza tra le attività e le passività patrimoniali, nominalmente scomposta in
molteplici componenti, aggiungendo la quantità di nuovo capitale e sottraendo il
fabbisogno di capitale, cioè la quantità necessaria per mantenere lo stesso livello di
capitale per lavoratore. In breve, si tratta della voce investimenti che fa parte della
contabilità del Prodotto Interno Lordo, salvo una correzione che viene operata sulla
base delle dinamiche occupazionali. Il fabbisogno di capitale è calcolato
moltiplicando la variazione percentuale della forza lavoro per lo stock di capitale
dell’anno precedente come illustrato nelle formule seguenti:
NCG = ' K – CR
dove
CR =
'L
K 1
L
' K = K – K–1
' L = L – L–1
dove:
NCG = Crescita del capitale netto
K = Stock di capitale
L = Forza lavoro
Il calcolo di questa variabile è una stima a livello provinciale basata sull’entità e
l’andamento degli Investimenti Fissi Lordi e gli Ammortamenti per addetto della
Regione Toscana, per una cifra finale pari a € 185.852.953 per il 2003.
SPIN-ECO
91
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Riga W e X: Indice del benessere economico sostenibile totale e pro capite
Il risultato finale, si ottiene sommando o sottraendo le variabili analizzate finora
dai Consumi Privati Ponderati (tab. 3.9). Nella fig. 3.5 sono rappresentate le variabili
che compongono l’ISEW.
Tabella 3.9. Dati per l'anno 2003 in euro al 2003
A
Anno
2003
B
Consumi Privati
3.099.628.258
C
Indice del Gini
0,3108
D
Consumi Privati Ponderati
2.364.684.359
502.524.000
E
+
Servizi: lavoro domestico
F
+
Servizi: beni durevoli
2.276.406.801
G
+
Servizi: rete stradale
5.579.032
H
+
Spese pubbliche Educazione & Sanità
344.230.698
I
-
Spesa beni di consumo durevoli
444.376.283
J
-
Spese private Educazione & Sanità
130.277.249
K
-
Spese per la pubblicità
43.365.658
L
-
Costo del pendolarismo
176.454.874
N
-
Costo degli incidenti stradali
3.932.103
O
-
Costo dell'inquinamento idrico
26.723.573
P
-
Costo dell'inquinamento atmosferico
21.490.834
Q
-
Costo dell'inquinamento acustico
21.842.488
R
-
Perdita di zone umide e aree protette
S
-
Perdita dei terreni agricoli
T
-
Esaurimento delle risorse non rinnovabili
205.713.737
U
-
Danni ambientali di lungo termine
59.093.090
V
+
Crescita del capitale netto
185.852.953
0
3.953.190
W
ISEW
4.542.054.762
X
ISEW pro capite
Y
PIL
Z
PIL pro capite
21.645
Popolazione
258.821
17.549
5.602.180.545
SPIN-ECO
92
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Variabili in addizione e sottrazione - ISEW 2003
Crescita del capitale
netto
Danni ambientali di lungo
termine
Esaurimento delle risorse
non rinnovabili
Perdita dei terreni
agricoli
Perdita aree protette
Costo dell'inquinamento
acustico
Costo dell'inquinamento
atmosferico
Costo dell'inquinamento
idrico
Costo degli incidenti
stradali
Costo
dell'Urbanizzazione
Costo del pendolarismo
Spese per la pubblicità
Spese private
Educazione & Sanità
Spesa beni di consumo
Spese pubbliche
durevoli
Educazione & Sanità
Servizi: rete stradale
Servizi: beni durevoli
Servizi: lavoro domestico
-1.000.000.0 -500.000.00
00
0
500.000.000 1.000.000.00 1.500.000.00 2.000.000.00 2.500.000.00
0
0
0
0
0
Figura 3.5. Rappresentazione grafica della consistenza e peso di tutte le variabili dell’ISEW per
la Provincia di Siena nel 2003
Riga Y e Z: il PIL e il PIL pro capite
I risultati dell’ISEW sono confrontati con il livello del PIL rilevato per il medesimo
anno a livello provinciale.
Il gap per il 2003 tra questi due indicatori è pari a 18,92%. La differenza non è
estremamente elevata anche se comunque sta a significare che ci sono delle
limitazioni, per la popolazione, al godimento del proprio benessere. In altre parole,
non tutta la ricchezza prodotta si traduce in benessere percepito dalla popolazione.
SPIN-ECO
93
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
3.2 Confronto dell’ISEW della Provincia di Siena tra il 1999 e il 2003
Il confronto tra PIL e ISEW per la Provincia di Siena continua ad alimentare le
critiche nei confronti dell’indicatore macroeconomico per eccellenza e della sua
incapacità di distinguere fra le operazioni che aumentano o diminuiscono il
benessere.
L’ISEW come il PIL si avvale di variabili economiche, ma, a differenza di
quest’ultimo, non ignora i fattori negativi che riducono il benessere. Non è possibile
stimare con certezza quanto l’ISEW sia preciso nella descrizione della sostenibilità di
un sistema, però si può affermare con sicurezza che attraverso l’uso di questo
indicatore è possibile aggiungere informazioni sulle condizioni della popolazione che
abita una data area, non solo da un punto di vista quantitativo (cosa che attiene agli
scopi del PIL) ma anche dal punto di vista qualitativo (livello di benessere).
Sarebbe
interessante
un
calcolo
dell’indicatore
in
serie
storica,
perché,
confrontandolo con il PIL, metterebbe in luce molti aspetti importanti in un’ottica di
lungo periodo, che rimangono oscuri in un confronto esclusivamente tra due anni,
con i dati del 1999 riportati nella tabella 3.10.
Nella prima delle due figure che segue (fig. 3.6) è riportato il confronto tra il 1999
e il 2003 delle variabili positive che concorrono al calcolo dell’ISEW.
Si nota come il cambiamento maggiore si sia verificato nel valore dei “Servizi: beni
durevoli”, in aumento tra il 1999 e il 2003; l’altro cambiamento rilevante, questo
però in diminuzione, si è verificato nella variabile “Servizi: lavoro domestico”.
Questi due cambiamenti potrebbero essere letti insieme: una variazione negativa,
ancorché di piccola entità (soprattutto considerando il breve lasso di tempo
considerato),
della
popolazione
impegnata
nei
lavori
domestici
potrebbe
corrispondere ad un aumento delle persone con un lavoro, cosa che si rifletterebbe
sia sui salari e sugli stipendi totali che sulla distribuzione della ricchezza. A sua volta,
questo comporterebbe un aumento della spesa in beni, anche durevoli.
Tutto ciò accade nel tempo, nel senso che col passare degli anni una tale tendenza
ha portato ad accumulare “oggetti” da parte delle famiglie. Nel caso particolare del
quadriennio 1999-2003, tuttavia, si rileva una tendenza all’acquisto di beni durevoli
in diminuzione, forse a causa della difficile contingenza economica.
SPIN-ECO
94
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Tabella 3.10. Dati per l'anno 1999 in euro al 2003
A
Anno
1999
B
Consumi Privati
3.425.709.151
C
Indice del Gini
0,305
D
Consumi Privati Ponderati
2.957.581.959
931.252.533
E
+
Servizi: lavoro domestico
F
+
Servizi: beni durevoli
1.433.767.149
G
+
Servizi: rete stradale
5.579.032
H
+
Spese pubbliche Educazione & Sanità
I
-
Spesa beni di consumo durevoli
L
-
Spese private Educazione & Sanità
58.512.009
M
-
Spese per la pubblicità
47.927.725
N
-
Costo del pendolarismo
175.660.268
O
-
Costo dell'Urbanizzazione
P
-
Costo degli incidenti stradali
3.305.188
Q
-
Costo dell'inquinamento idrico
29.432.666
R*
-
Costo dell'inquinamento atmosferico
19.175.453
S
-
Costo dell'inquinamento acustico
21.509.210
T
-
Perdita aree protette
U
-
Perdita dei terreni agricoli
V
-
Esaurimento delle risorse non rinnovabili
342.240.870
W
-
Danni ambientali di lungo termine
56.364.771
X
+
Crescita del capitale netto
205.404.683
Y
ISEW
Z
ISEW pro capite
290.851.594
1.028.187.078
0
3.956.131
4.059.674.792
16.048
PIL
4.986.671.896
PIL pro capite
19.712
Popolazione
252.972
SPIN-ECO
95
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Confronto delle voci positive dell'ISEW tra il 1999 e il 2003
3.500.000.000
3.000.000.000
euro al 2003
2.500.000.000
2.000.000.000
1.500.000.000
1.000.000.000
500.000.000
0
1999
2003
Servizi: lavoro domestico
Servizi: rete stradale
Perdita aree protette
Servizi: beni durevoli
Spese pubbliche Educazione & Sanità
Crescita del capitale netto
Figura 3.6. Rappresentazione grafica e confronto della consistenza delle variabili positive dell’ISEW
per la Provincia di Siena tra il 1999 e il 2003
Sempre analizzando il confronto in fig. 3.7, si nota come tra i due anni ci sia stato
anche un aumento delle Spese private per l’Educazione e la Sanità. Questo aumento,
per quanto riguarda le spese sanitarie, più che essere imputabile ad un aumento
delle variabili ambientali, che sono rimaste abbastanza invariate in questo arco di
tempo, può essere spiegato piuttosto dal fatto che la Provincia di Siena è
caratterizzata da una popolazione abbastanza anziana, con una persona su quattro
che supera i 65 anni di età. Mentre per le spese inerenti l’istruzione, una valida
ragione può essere ritrovata nella presenza sempre maggiore di immigrati con figli.
Un
ultimo
aspetto
da
rilevare
è
la
diminuzione
del
valore
monetario
dell’Esaurimento delle Risorse non rinnovabili. Questa diminuzione, che risulta essere
maggiore del 30%, lascia pensare che l’amministrazione locale abbia iniziato a
muoversi, in questo campo, seguendo i dettami della sostenibilità, consapevole
dell’enorme patrimonio minerario presente sul territorio e dell’importanza di una sua
conservazione per le generazioni future.
SPIN-ECO
96
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
Confronto delle voci negative dell'ISEW tra il 1999 e il 2003
1.800.000.000
1.600.000.000
1.400.000.000
euro al 2003 1.200.000.000
1.000.000.000
800.000.000
600.000.000
400.000.000
200.000.000
0
1999
Spesa beni di consumo durevoli
Spese per la pubblicità
Costo degli i ncidenti stradali
Costo dell'inquinamento atmosferi co
Perdita dei terreni agri coli
Danni ambientali di lungo termi ne
2003
Spese pri vate Educazi one & Sani tà
Costo del pendolari smo
Costo dell'i nqui namento idrico
Costo dell'i nqui namento acusti co
Esaurimento delle ri sorse non ri nnovabi li
Figura 3.7. Rappresentazione grafica e confronto della consistenza delle variabili negative
dell’ISEW per la Provincia di Siena tra il 1999 e il 2003
Dal confronto dei due anni considerati emergono risultati abbastanza soddisfacenti,
con un gap tra ISEW e PIL per la Provincia di Siena che rimane quasi invariato: il
18,92% nel 2003 rispetto al 18,58% nel 1999. Questo lieve aumento è senz’altro
trascurabile (considerando anche un margine di errore nei procedimenti di calcolo),
tuttavia, la presenza di distorsioni nella concezione di crescita economica come
obiettivo ultimo dell’attività umana è comunque rilevato dalla stessa presenza di un
gap.
La situazione che emerge da questa analisi, se confrontata con le altre applicazioni
dell’ISEW condotte per le Province di Modena e Rimini, pone la condizione della
Provincia di Siena ad un livello intermedio tra il caso di Rimini (gap tra PIL e ISEW del
12,41%) e quello di Modena (gap tra PIL e ISEW del 27,54%). Questo risultato può
trovare spiegazioni nel diverso assetto economico dei sistemi analizzati. Il sistema
modenese si esprime attraverso un tessuto imprenditoriale fitto e dinamico, che si
caratterizza per un'elevata diversificazione interna delle attività produttive (il
metalmeccanico, il ceramico, il tessile, l'abbigliamento, il biomedicale e l’alimentare
di trasformazione e di conservazione dei prodotti). La provincia di Rimini è
caratterizzata, invece, come area economicamente basata sull’attività turistica e per
questo esprime un fabbisogno minore di materia ed energia, con tutto ciò che ne
consegue, anche in termini di inquinamento.
SPIN-ECO
97
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
La caratterizzazione più sintetica del territorio senese secondo gli standard
internazionali è quella di un territorio periferico a dominanza rurale. Il settore
agricolo presenta alcune specializzazioni di elevata qualità e valore aggiunto come il
vino; l’industria è qualificata ma allo stesso tempo limitata a poche aree del
territorio come Poggibonsi e la Val di Chiana ed infine il suo terziario, nonostante la
modesta taglia demografica dell’area, ha elementi tipici di sistemi molto maggiori
come la grande banca, l’università, la struttura ospedaliera e soprattutto una
specializzazione turistica di tipo ambientale-culturale.
La sfida maggiore per la Provincia di Siena sarà quindi quella di continuare questo
percorso che l’ha condotta, già da alcuni anni, ad avere un reddito pro-capite a
parità di potere di acquisto al di sopra della media italiana ed europea, però
consapevole che tutto ciò può durare nel tempo solo se indirizzato all’interno di un
percorso di sviluppo sostenibile.
L’applicazione dell’indice di Benessere Economico Sostenibile non si dovrebbe
limitare a due anni soli, attraverso i quali è assai difficile capire in che direzione si
sta muovendo il sistema; per programmare e pianificare politiche sostenibili per il
futuro è necessario sapere quello che è avvenuto nel passato, per mettere in luce sia
i punti di forza su cui insistere che le criticità da affrontare e i problemi da risolvere.
Il fatto di affiancare ai normali strumenti che informano la pianificazione pubblica e
privata del nostro comportamento altri strumenti di natura diversa da quella
economica tradizionale non fa altro che accrescere la nostra potenzialità di compiere
delle scelte giuste nell’ottica della sostenibilità.
SPIN-ECO
98
4. CONCLUSIONI
La performance di un sistema economico è misurabile attraverso l’insieme di
statistiche che fanno capo al Sistema dei Conti Nazionali. La parte più nota e
pressoché unanimemente riconosciuta come indicatore della salute del sistema è
quell’insieme di operazioni di monitoraggio che concorrono al concetto di Prodotto
Interno Lordo (PIL). Il PIL misura il valore, a prezzi correnti, dell’insieme di beni e
servizi finali prodotti in un determinato intervallo di tempo nel territorio nazionale di
un paese. Esso è un importante punto di riferimento per gli operatori del settore e
per coloro che necessitano di informazioni quali-quantitative puntuali per operare la
programmazione delle attività economiche. I sistemi di contabilità nazionale di base
statistica sono sviluppati da decenni e possono essere adottati da una pluralità di
stati in modo da consentire la comparazione tra le diverse condizioni economiche.
Uno dei principali fautori di questi sistemi di misurazione statistica fu Simon Kuznets
(1901-1985, Premio Nobel per l’Economia nel 1971), celebre per le sue idee sul
calcolo del reddito nazionale e sulla crescita dell’economia. La crescita del PIL
rappresenta un obiettivo strategico per ogni amministratore, nazionale o locale, dal
momento che si ritiene che un aumento della ricchezza (o del reddito pro-capite, che
dir si voglia) costituisca la base imprescindibile sulla quale costruire qualsiasi tipo di
politica o disegno programmatico. Tuttavia, dall’utilizzo virtuoso di questo strumento
nell’ambito delle potenzialità che esso è in grado di dispiegare alla considerazione
del PIL come unico “mito” dell’economia moderna il passo è breve. Esso, infatti, è
considerato facilmente da una parte come soluzione preliminare di tutti i problemi di
una società che vive ed opera su un territorio (qualora sia in crescita) e dall’altra
come un dato che permette di valutare l’operato di attività amministrativa e politica
economica. L’uso distorto che viene fatto dei risultati delle analisi sulla dinamica del
PIL è tipico della politica e avallato per convenienza e semplicità da gran parte
dell’informazione e della comunicazione sul tema. Sebbene gli economisti non
possano condividere questa tendenza, essi non contribuiscono sufficientemente a
fare chiarezza sui reali significati delle grandezze relative alla contabilità economica
nazionale, dirimendo questioni ed equivoci che sarebbe giusto chiarire. Lo stesso
Simon Kuznets affermò: “The welfare of a nation can scarcely be inferred from a
measurement of national income” (il benessere di una nazione potrà difficilmente
essere desunto da una misura del reddito nazionale), indicando con ciò che fornire
una misura delle potenzialità operative del sistema economico e della sua capacità
SPIN-ECO
99
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
produttiva è ben diverso da rappresentare il reale benessere percepito dalla
popolazione. In altre parole, se da una parte è vero che avere un reddito pro-capite
maggiore è preferibile, tuttavia non è detto che questo rifletta fedelmente le reali
condizioni di vita di una popolazione sulle quali influiscono anche l’assetto della
società e le condizioni di contorno, tra le quali quelle ambientali.
Il rapporto tra economia ed ambiente si è spesso manifestato in forma di dualismo,
una contrapposizione apparentemente irriducibile. Da una parte, gli economisti
hanno spesso ritenuto che le preoccupazioni degli ambientalisti fossero eccessive e
dipendenti da una insufficiente comprensione delle capacità di autoregolarsi delle
economie di mercato. Gli ambientalisti, d’altro canto, hanno spesso visto
nell’economia non solo una sistematica sottovalutazione della gravità ed urgenza dei
problemi ambientali, ma anche spesso la legittimazione scientifica ed ideologica
dell’attuale processo di degrado ambientale.
Eppure negli ultimi decenni è cresciuta progressivamente la consapevolezza che
nessun modello di sviluppo economico potrà avere successo duraturo se non risulterà
sostenibile anche dal punto di vista ambientale, mentre nessun processo di
ristrutturazione ecologica della moderna società industriale potrà mai affermarsi se
non risulterà sostenibile anche dal punto di vista economico. Il concetto di
sostenibilità si pone quindi come elemento chiave dell’evoluzione della nostra
società.
Recentemente, notevoli progressi sono stati fatti, sul piano teorico, al fine di
fornire strumenti adatti ad integrare le conoscenze e le pratiche di pianificazione e
programmazione dell’insediamento e delle attività umane sul territorio. La maggior
parte di questi progressi si sono concretizzati nella costruzione dei cosiddetti
indicatori di sostenibilità, che permettono di ottenere informazioni sintetiche su
fenomeni più complessi. Alcuni di essi, più o meno noti, fanno capo alle metodologie
dell’Impronta Ecologica o della sintesi Emergetica, dell’inventario dei gas serra,
delle immagini da satellite. Tali indicatori sono per lo più “ambiente-centrici” e sono
basati su unità di misura fisiche. Essi sono, quindi, una fonte di informazione
completamente indipendente dal sistema economico, che è visto come un
sottosistema dell’ecosistema globale.
L’indagine presentata in questo studio, invece, è un’applicazione degli studi
effettuati in seno alla disciplina dell’Ecological Economics, il cui capostipite è
Herman Daly. Egli, nell’ambito della critica alla teoria economica dominante,
propose uno strumento di correzione al calcolo del PIL, introducendo nella
SPIN-ECO
100
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
contabilità macroeconomica elementi sociali ed ambientali, mantenendo comunque
il valore economico come unità di misura. L’operazione di Daly, che sfociò nella
creazione dell’Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW), è stata seguita con
attenzione da numerosi ricercatori nell’ambito dell’Ecological Economics i quali
hanno effettuato numerosi studi a livello di economie nazionali.
Ciò che è stato presentato in queste pagine è l’operazione di calcolo dell’ISEW per
l’anno 2003, per la Provincia di Siena, una delle prime esperienze a livello locale,
almeno stando alla letteratura scientifica internazionale. I risultati ottenuti sono
stati basati principalmente su tre studi precedenti: la prima proposta di ISEW per gli
Stati Uniti, proposta da Daly nel 1989; l’ISEW per l’Italia calcolato da Giorgio Guenno
e Silvia Tiezzi nel 1998; il calcolo dell’ISEW per il 1999 per la Provincia di Siena
effettuato da un gruppo di ricerca dell’Università di Siena (Federico M. Pulselli,
Francesca Ciampalini, Enzo Tiezzi e Carlo Zappia). Lo studio ha richiesto un notevole
impegno dal punto di vista della raccolta dei dati statistici, e presenta il calcolo per
l’anno 2003 ed un aggiornamento di ciò che fu fatto in via sperimentale per il 1999.
Si è notato come sia molto più semplice ottenere informazioni sull’andamento del
sistema economico piuttosto che su elementi ambientali e sociali. Dati sul consumo
delle risorse e dell’energia, sull’inquinamento, sul depauperamento del capitale
naturale non rinnovabile sono raccolti da pochi anni a questa parte perché alcuni
problemi ambientali connessi a questi fenomeni sono diventati vere e proprie
emergenze. Eppure essi sono elementi fondamentali della sostenibilità, vale a dire
della capacità di un sistema (sia esso una popolazione, un sistema economico, un
area sulla quale vi sono insediamenti o processi produttivi) di mantenersi in vita per
un tempo indefinito. In altre parole, chiunque si voglia occupare di sostenibilità a
livello di sistema territoriale non potrà mai trascurare un indagine preliminare e una
raccolta di informazioni sulle caratteristiche ambientali del sistema, cosa che
presiede a qualsiasi tipo di elaborazione di indicatori di sostenibilità.
Il calcolo di questo indicatore mostra la rilevanza monetaria di certe variabili come
l’esaurimento delle risorse non rinnovabili, la produzione di inquinamento
atmosferico, idrico e acustico e i danni ambientali di lungo periodo, nella valutazione
del benessere economico della Provincia di Siena.
I risultati ottenuti per la Provincia di Siena sono abbastanza conformi a quelli per
l’Italia. La differenza tra l’ISEW e il PIL risulta confermata, anche se le voci che
incidono maggiormente sul risultato a livello locale non sono le stesse di quelle a
livello nazionale. Per esempio, la scarsa presenza di attività industriali e la bassa
SPIN-ECO
101
INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE
densità di popolazione in Provincia di Siena fanno sì che gli effetti inquinanti ad essa
associati siano molto più leggeri rispetto al caso nazionale, o ad altri esempi relativi
ai paesi occidentali. Al tempo stesso, però, il consumo di energia e risorse, come lo
sfruttamento di risorse locali, non rinnovabili sono fattori di notevole importanza che
influenzano notevolmente i risultati finali.
La valutazione della sostenibilità di tutte le attività economiche e sociali è
sicuramente una grande sfida per le autorità locali. Queste detengono il potere
decisionale che però non deve prescindere da una solida base di informazioni
accurate ed esaurienti in tutti i settori. Ciascun piano, progetto o decisione, prima di
essere realizzata, deve essere valutata in termini economici senza però tralasciare
gli aspetti sia sociali che ambientali.
SPIN-ECO
102
5. Bibliografia scientifica
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