ISEW - INDICE di BENESSERE ECONOMICO SOSTENIBILE S P I n – E c o II STUDIO DI SOSTENIBILITA’ DELLA PROVINCIA DI SIENA ATTRAVERSO INDICATORI ECODINAMICI Volume 10 ISEW INDICE di BENESSERE ECONOMICO SOSTENIBILE SPIn - Eco II Vol. 10 PROVINCIA DI SIENA SPIn–Eco U N I V E R S I T A’ D I S I E N A DIPARTIMENTO DI SCIENZE E TECNOLOGIE CHIMICHE E DEI BIOSISTEMI ARCA ONLUS S P I n – E c o II STUDIO DI SOSTENIBILITA’ DELLA PROVINCIA DI SIENA ATTRAVERSO INDICATORI ECODINAMICI Volume 10 ISEW INDICE di BENESSERE ECONOMICO SOSTENIBILE PROVINCIA DI SIENA SPIn–Eco U N I V E R S I T A’ D I S I E N A DIPARTIMENTO DI SCIENZE E TECNOLOGIE CHIMICHE E DEI BIOSISTEMI ARCA ONLUS SPIn-Eco ed ISEW. Una decisa innovazione per la valutazione della sostenibilità dello sviluppo economico del territorio Ciò che la Provincia di Siena ha realizzato attraverso il Progetto SPIn-Eco rappresenta probabilmente une delle prima esperienze europee nelle quali, su vasta scala (un intero territorio provinciale che conta circa 260.000 abitanti), si sia dettagliatamente monitorato, a livello di ogni singolo comune, lo stato di salute di gran parte delle componenti ambientali attraverso l’uso di indicatori ambientali ad elevato contenuto scientifico: energia, exergia, impronta ecologica, flussi di CO2, capitale naturale, analisi del ciclo di vita ed analisi dati da satellite. E’ stata infatti condotta una sistematica ricerca, durata oltre tre anni, finalizzata a produrre una analisi della sostenibilità ambientale dell’attività umana sul territorio provinciale, che ha permesso di attivare e concludere (per la prima volta in Italia) le procedure per la certificazione ambientale ISO14001 e la registrazione EMAS dell’intera Amministrazione Provinciale di Siena; ed ecco, così, il dettaglio del primo aggiornamento che conferma la validità degli indicatori verificando e perfezionando l’affidabilità della metodologia di calcolo. All’aggiornamento si aggiungono due novità importanti: il calcolo dell’indice di benessere economico sostenibile (ISEW) e l’integrazione di tutti gli indicatori attraverso l’elaborazione dell’analisi delle componenti principali (PCA). Questa pubblicazione, insieme all’aggiornamento di SPIN ECO testimonia il risultato di due componenti: la necessità di affinare la conoscenza dei dati ambientali del territorio al fine di poter valutare correttamente e preventivamente gli effetti delle azioni di programmazione e quella di approfondire la capacità di valutazione del dato ambientale che rappresenta un elemento imprescindibile dai dati economici, sociali e, in generale, da tutte le varie componenti che influenzano lo sviluppo economico ed il benessere della popolazione. Il calcolo dell’ISEW per la provincia di Siena costituisce un’esperienza pressoché unica in quanto è stato fatto per gli anni 1999 e 2003 in un ambito subnazionale; e poiché l’analisi delle varie componenti ha consentito di integrare tra loro i valori di tutti gli indicatori che sono stati calcolati durante il progetto SPIn-Eco. La metodologia utilizzata per l’incrocio e la valutazione dei dati ambientali ci consegna informazioni altamente differenziate ed utili a comprendere il funzionamento del nostro sistema territoriale nella sua globalità piuttosto che informare su un singolo problema, fornendo dunque una visione olistica del territorio. Il modello realizzato conferma la valenza politico-amministrativa di SPIn-Eco e le valutazioni che ne emergono, nel consegnarci un dato assolutamente positivo per qualità e valore intrinseco del territorio, impongono la necessità di confermare atteggiamenti di grande attenzione nella definizione delle politiche di sviluppo al fine di garantire la conservazione degli equilibri fra le componenti dei vari sistemi territoriali. Tutto questo nell’ambito di politiche non meramente conservative, ma che sappiano trovare nuovi equilibri a fronte delle necessarie azioni di ammodernamento infrastrutturale necessarie anche in un territorio tanto unico come quello senese. Fabio Ceccherini Presidente della Provincia di Siena PRESENTAZIONE Il progetto SPIn-Eco ha segnato un punto importante per lo sviluppo della ricerca scientifica nel campo degli indicatori e dello sviluppo sostenibile. Allo stesso tempo esso è stato utile riferimento per il concreto utilizzo di nuovi strumenti per la gestione del territorio e delle risorse da parte di un’Amministrazione Pubblica. Non esistono ad oggi, a livello territoriale, sia nazionale che locale, esempi simili di calcolo ed applicazione di indicatori di sostenibilità come quello progettato per la Provincia di Siena e realizzato dal gruppo di ricerca da me diretto a partire dal 2001, con il supporto della Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Dimostrazione di ciò è il fatto che la rivista scientifica internazionale, il Journal of Environmental Management, uscirà nel 2008 con un numero speciale interamente dedicato ai risultati del progetto (12 articoli con il contributo di quasi trenta autori nazionali e internazionali). Oggi la diffusione del concetto di sviluppo sostenibile ha posto l’obiettivo di trovare soluzioni da un punto di vista politico, economico, sociale, istituzionale e ambientale. Questa tendenza frenetica verso le soluzioni, che viene spesso indicata come terapeutica rispetto ai vari problemi che stanno sorgendo negli anni recenti, è spesso parziale e efficace soltanto nel breve periodo, contravvenendo il principale principio della sostenibilità: quello della sopravvivenza nel tempo. E’ nostra opinione che prima di qualsiasi “sustainability therapy” sia necessario progettare una “sustainability diagnosis” sulla base di profonde indagini oggettive della piattaforma ambientale sulla quale tutte le attività umane si fondano. Riteniamo che la scelta di attuare programmi di sostenibilità a livello territoriale sia possibile solo attraverso la preventiva applicazione di strumenti diagnostici adatti. Il documento di Agenda 21 tratta ampiamente di indicatori di sostenibilità (art. 40): “Indicators of sustainable development need to be developed to provide solid bases for decision-making at all levels and to contribute to a selfregulating sustainability of integrated environment and development systems”. Da ciò appare chiaro che una seria analisi diagnostica, una TAC del territorio, come amiamo definirla, è una condizione necessaria e preliminare per progettare coerenti azioni nella direzione della sostenibilità. Per questa ragione, lo sviluppo della ricerca scientifica gioca un ruolo chiave nel supportare le decisioni. Questo volume contiene i risultati dell’aggiornamento degli indicatori applicati al territorio della Provincia di Siena. Sono state riproposte le elaborazioni relative all’analisi emergetica e all’impronta ecologica utilizzando dati aggiornati raccolti sul territorio e gli indicatori sono stati nuovamente calcolati, creando così un data base di riferimento in due momenti differenti. A ciò si sono aggiunte due novità importanti: il calcolo dell’indice di benessere economico sostenibile (ISEW) e l’integrazione di tutti gli indicatori attraverso l’elaborazione dell’analisi delle componenti principali (PCA). L’indice di benessere economico sostenibile (ISEW), che deriva dal contributo di Herman Daly e degli economisti ecologici nel campo della contabilità economica nazionale, propone una correzione del PIL fatta tenendo conto dei problemi sociali e ambientali che sono connessi alla crescita economica. In altre parole, l’aumento del PIL è spesso accompagnato da fenomeni che incidono negativamente sull’equità distributiva, sulla stabilità sociale, sulla qualità dell’ambiente e, in generale, sul benessere della popolazione. Di questi fenomeni si deve tener conto al fine di apprezzare i reali benefici che derivano dalla crescita dell’economia (produrre inquinando e disinquinare fanno crescere il PIL, ma non è detto che ciò aggiunga benessere ad una società). Il calcolo dell’ISEW per la provincia di Siena è stato fatto per gli anni 1999 e 2003 cosa che costituisce, stando alla letteratura scientifica internazionale, il primo caso di calcolo a livello sub-nazionale (per questo motivo la ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Ecological Economics). L’analisi delle componenti principali (PCA) ha consentito di integrare tra loro i valori di tutti gli indicatori che sono stati calcolati durante il progetto SPInEco. Si è trattato di un lavoro impegnativo dal momento che è stata costruita una matrice di 26 indicatori per ognuno dei 36 comuni della Provincia per i quali erano stati calcolati. La griglia è stata poi analizzata attraverso strumenti statistici allo scopo di verificare l’esistenza di complementarità tra le informazioni (o le metodologie) o eventuali sovrapposizioni tra esse. Le metodologie utilizzate si sono dimostrate complementari tra loro, evidenziando la capacità di conferire all’organo decisore informazioni altamente differenziate ed utili a comprendere il funzionamento del sistema territoriale nella sua globalità piuttosto che informare su un singolo problema, fornendo dunque una visione cosiddetta olistica. Allo scopo di integrare questo tipo di prospettiva sistemica, è stata infine presentata una panoramica degli indicatori comuni europei, i quali focalizzano l’attenzione su alcuni aspetti della sostenibilità locale di sistemi urbani. Enzo Tiezzi Direttore Scientifico del Progetto SPIn-Eco INDICE PARTE PRIMA L’Analisi delle Componenti Principali (PCA) applicata agli indicatori di sostenibilità del Progetto SPIn-Eco INTRODUZIONE 1 METODI 5 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI 13 RISULTATI E DISCUSSIONE 23 CONCLUSIONI 38 BIBLIOGRAFIA 41 PARTE SECONDA L’Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW) della Provincia di Siena INTRODUZIONE 43 DAL PRODOTTO INTERNO LORDO (PIL) ALL’INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC 51 WELFARE (ISEW) IL CALCOLO DELL’ISEW PER LA PROVINCIA DI SIENA (2003) 63 CONCLUSIONI 99 BIBLIOGRAFIA 103 SPIN-ECO L’Analisi delle Componenti Principali (PCA) applicata agli indicatori di sostenibilità del Progetto SPIn-Eco 1. INTRODUZIONE Il rapporto Brundtland (WCED, 1987) ed il primo “Earth Summit” tenutosi a Rio de Janeiro (1992) hanno avuto il merito di porre l’attenzione sull’interdipendenza degli aspetti ambientali, sociali ed economici che indicano lo sviluppo sostenibile come la soluzione per promuovere il progresso socioeconomico in armonia con la salvaguardia dell’ambiente che ci circonda. La commissione Brundtland propose la definizione, ormai divenuta popolare, di sviluppo sostenibile, cioè “quello sviluppo che soddisfa i bisogni presenti senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri”. Il primo ‘Earth Summit’ ha diffuso il concetto di sviluppo sostenibile come la chiave per l’integrazione delle principali dimensioni di sviluppo (sociale, economica e ambientale) nella pianificazione e nell’impostazione delle linee programmatiche a livello politico. In Europa, il Trattato di Amsterdam istitutivo dell’Unione Europea (entrato in vigore nel Maggio del 1999) ha proclamato lo sviluppo sostenibile come un obiettivo preminente della politica comune europea. Attualmente, il concetto di sostenibilità è ancora considerato poco aderente agli obiettivi degli Enti pubblici e privati. Questo accade perché le istituzioni locali e nazionali sono interessate ad altri tipi di priorità, ad esempio quelle socioeconomiche, con orizzonti temporali di breve-medio termine (cicli politici ed economici) piuttosto che a quelli di lungo termine, tipici dei problemi ambientali. A tutt’oggi, molte regole e principi sono stati proposti in modo da rendere operativo il concetto di sviluppo sostenibile. Per esempio, l’economista Herman Daly (1990) ha proposto alcuni principi fondamentali dello sviluppo sostenibile: 1. l’uso delle risorse non dovrebbe eccedere la capacità della natura di poterle rigenerare; 2. le emissioni rilasciate dai processi produttivi e dal consumo di prodotti finiti non dovrebbero eccedere la capacità di assorbimento da parte degli ecosistemi; 3. coloro i quali usano le risorse non rinnovabili dovrebbero creare dei sostituti rinnovabili adeguati (una sorta di compensazione). SPIN-ECO 1 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI L’implementazione di questi principi non ha un risvolto immediato. I governi, le amministrazioni pubbliche, le imprese private e le persone comuni hanno bisogno di modelli e criteri generali elaborati per attuare le relazioni fra i principi, gli obiettivi, le strategie, le azioni e gli strumenti (Mac Donald, 2005). A tal proposito, sempre Daly (1992) propose tre criteri (o modelli) per valutare le varie alternative dello sviluppo sostenibile: 1) la scala sostenibile delle attività umane, 2) allocazione efficiente di risorse (includendo le risorse ecologiche, come se fossero economicamente scarse) e 3) equa ed imparziale distribuzione. È possibile notare dalla descrizione di questi criteri, come emerga la multidimensionalità e la complessità del concetto di sviluppo sostenibile, rappresentato dal set di interazioni e retroazioni tra i settori ambientali, economici, sociali ed istituzionali (per es. Valentin e Spangenberg, 2000; Spangenberg, 2002; Lehtonen, 2004). Le interazioni tra settori sono dirette e bilaterali, ma devono essere considerate in armonia con la loro gerarchia, la quale pone la qualità dell’ambiente come obiettivo primario per lo sviluppo sostenibile. I problemi economici, sociali ed istituzionali devono essere visti come fondati nel loro contesto biofisico; questo è il primo oggetto di ricerca relativo a strumenti adeguati per la misurazione dello sviluppo sostenibile. In altre parole, prima di ogni terapia di sostenibilità (Bell e Morse, 2005) è necessario implementare una diagnosi di sostenibilità sulla base di profonde analisi oggettive della piattaforma ambientale su cui è basata l’attività umana. Spangenberg (2002) ha dichiarato che fornire uno strumento di guida per le politiche di sostenibilità, includendo il monitoraggio delle misure, i loro risultati e le comunicazioni nei confronti della comunità che vive un dato ambito territoriale, non è possibile se le basi analitiche non sono scientificamente sicure. Dal momento che la sostenibilità ambientale è una questione multidimensionale che include la coerenza del comportamento umano con la disponibilità di risorse naturali e i servizi forniti gratuitamente dagli ecosistemi, le interazioni ed i meccanismi di risposta che intercorrono fra l’attività antropica e le dinamiche ambientali devono essere monitorati e rappresentati da differenti punti di vista. Gli aspetti tradizionali della sostenibilità possono essere ambientali, sociali ed economici insieme a quelli fisici e politico-istituzionali: gli aspetti fisici sono rappresentati dai vincoli termodinamici che dovrebbero limitare il comportamento umano; quelli politico-istituzionali sono rappresentati dai benefici pratici in termini di conformità normativa e di gestione ambientale per le Pubbliche Amministrazioni. SPIN-ECO 2 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI Il progetto SPIn-Eco è un lavoro di ricerca pluriennale (2001-2004) che si è posto come obiettivo la valutazione della sostenibilità della Provincia di Siena attraverso l’uso di metodologie ed indicatori di diversa natura. Uno dei più importanti risultati finali conseguiti in questo progetto è rappresentato dalla collezione di una grande mole di dati caratterizzanti questo sistema territoriale, unico e complesso, che deve essere ordinata in maniera organica. Questo lavoro rappresenta la parte sperimentale, e forse più innovativa, di tutto il lavoro SPIn-Eco; esso si pone come obiettivo l’integrazione dei principali risultati emersi dalle singole metodologie cosi da fornire un quadro più organico per la valutazione della sostenibilità. Molto spesso, solo un metodo è utilizzato nella valutazione del livello di sostenibilità di un’area o di un sistema di produzione. Talora, l’integrazione di 2 o 3 approcci è stata presentata, ma senza un opportuno e necessario ammontare di dati in modo da tentare una comparazione a posteriori dei risultati tra loro (per es. si veda Robert et al., 2002). Tale analisi è molto importante perché può mettere in evidenza dove le convergenze sono strutturali (cioè costruite all’interno dei metodi) o significative per la gestione del sistema. Questo tipo di analisi fornisce un’indicazione di come ottimizzare la scelta degli strumenti (metodi o indicatori) da essere usati per la valutazione (se la quantità dei dati è abbastanza considerevole), evitando altresì, la ridondanza ed eventualmente lo spreco di denaro per i progetti: se due indicatori relativi per es. alla popolazione, risultassero essere correlati strutturalmente, non fornirebbero nessuna indicazione aggiuntiva se usati congiuntamente. Tuttavia, se scoprissimo che sono correlati solo nella stessa area omogenea, allora questi stessi indicatori potrebbero essere utilizzati in due aree non omogenee, perché in tal caso metterebbero bene in evidenza le differenze che intercorrono fra questi due tipi di aree. L’ammontare di dati di partenza e la diversità degli approcci utilizzati fanno del Progetto SPIn-Eco, un test sperimentale unico. Per validare i metodi adottati e approfondire la coerenza dei risultati numerici con tutti gli altri, è stata necessaria un’analisi computazionale statistica, in armonia con le ben conosciute analisi di sistemi. L’Analisi delle Componenti Principali (PCA) è usata per integrare i risultati di tutti i metodi implementati nei vari contesti territoriali del progetto. Questo ci permette di fare una rappresentazione multidimensionale delle relazioni tra risultati di SPIN-ECO 3 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI differenti metodi attraverso dei diagrammi (plot). I risultati di tali metodi dimostrano l’esistenza di correlazioni, congruenze, sostituibilità ed interdipendenze tra i dati grezzi, le aggregazioni di dati e gli indicatori di sostenibilità. In Tabella 1.1 è riportato l’elenco dei 36 Comuni senesi raggruppati nei 7 Circondari in cui i Comuni sono a loro volta aggregati, con i rispettivi codici di riferimento che saranno utilizzati nel prosieguo di questo studio. Tabella 1.1 Codici identificativi dei 36 Comuni e dei 7 Circondari della Provincia di Siena. Per ciascuno di questi Comuni sono stati applicati gli indicatori descritti nel paragrafo dei metodi. N. Comune N. Circondario Circondario 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 Abbadia S. Salvatore Asciano Buonconvento Casole Castellina in Chianti Castelnuovo Berardenga Castiglione d’Orcia Cetona Chianciano Chiusdino Chiusi Colle Val d’Elsa Gaiole in Chianti Montalcino Montepulciano Monteriggioni Monteroni Monticiano Murlo Piancastagnaio Pienza Poggibonsi Radda in Chianti Radicofani Radicondoli Rapolano San Casciano dei Bagni San Gimignano San Giovanni d’Asso San Quirico d’Orcia Sarteano Siena Sinalunga Sovicille Torrita Trequanda 6 1 1 4 3 3 6 2 2 5 2 4 3 6 2 4 1 5 5 6 6 4 3 6 4 1 2 4 1 6 2 7 2 5 2 2 Val d’Orcia Val d’Arbia Val d’Arbia Val d’Elsa Chianti Chianti Val d’Orcia Val di Chiana Val di Chiana Val di Merse Val di Chiana Val d’Elsa Chianti Val d’Orcia Val di Chiana Val d’Elsa Val d’Arbia Val di Merse Val di Merse Val d’Orcia Val d’Orcia Val d’Elsa Chianti Val d’Orcia Val d’Elsa Val d’Arbia Val di Chiana Val d’Elsa Val d’Arbia Val d’Orcia Val di Chiana Comune di Siena Val di Chiana Val di Merse Val di Chiana Val di Chiana SPIN-ECO 4 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI 2. METODI Una serie di metodologie, con approcci estremamente differenti l’una rispetto all’altra, è stata utilizzata per analizzare la sostenibilità ambientale del territorio senese. Per l’Analisi delle Componenti Principali sono state selezionate tutte quelle metodologie di indagine che sono state applicate a tutti e tre i livelli di scala (provinciale, comunale e circondariale): in particolare sono state scelte l’Analisi Emergetica, l’Impronta Ecologica, il Bilancio Gas Serra e l’Analisi delle immagini satellitari (Telerilevamento), che vanno ad aggiungersi ai tradizionali dati socioeconomici e demografici. Di seguito verranno presentate, in maniera sintetica, le principali caratteristiche dei vari metodi, mentre in Tabella 2.1 sono riportati, metodo per metodo, i 26 indicatori, selezionati come i più significativi della realtà territoriale, che saranno inclusi nell’analisi statistica. 2.1 Emergia L’analisi emergetica fornisce una valutazione del valore “ambientale” di ogni risorsa, considerando i processi “reali” che stanno alla base dei sistemi antropici e di quelli naturali. Il presupposto da cui parte l’analisi è che tutto ha un contenuto energetico e richiede dei flussi di energia e di materia per essere prodotto; la valutazione di tali flussi consente all’emergia di tener conto del lavoro che l’ambiente ha dovuto svolgere per produrre un certo bene o prodotto. L’analisi emergetica è dunque un utile strumento per definire politiche di gestione del capitale naturale e di quello prodotto dall’uomo che siano sostenibili, non solo da un punto di vista economico, ma anche ambientale. L’Emergia viene definita come l’energia utile di un solo tipo usata in modo diretto e indiretto per ottenere un bene, una data energia o un servizio, e viene misurata in solar equivalent joule (sej) (Odum, 1996). Quanto più grande risulta essere il flusso emergetico complessivo necessario a supportare un certo processo, maggiore è la quantità di energia solare che questo “consuma”, ovvero maggiore è il costo ambientale presente e passato necessario a mantenerlo. Un’ottima rilevanza ai risultati dell’analisi emergetica viene fornita attraverso la caratterizzazione e la classificazione dei flussi che alimentano un dato sistema. In questo modo è possibile distinguere fra flussi di origine rinnovabile (R), non SPIN-ECO 5 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI rinnovabile (N) e quelli che provengono dall’esterno del sistema, più prettamente economici (F). Sulla base di questa distinzione tra i vari flussi, la metodologia emergetica offre degli indicatori di sostenibilità che sono in grado di condensare tutte le informazioni raccolte. Tali indicatori si rivelano importanti strumenti per operare una valutazione di raffronto su scala sia temporale che spaziale, confrontando cioè i risultati in momenti diversi e tra sistemi diversi. In tal modo l’emergia è utile per fornire indicazioni sul percorso dello sviluppo tecnologico, sull’uso delle risorse (impatto ambientale ed efficienza di conversione), sulla sostenibilità nel lungo periodo e sull’equilibrio degli scambi commerciali con altri paesi. Studiando le relazioni tra i flussi di energia solare equivalente che sostengono il territorio, in relazione alla sua estensione e alla popolazione che vi abita, si arriva al calcolo dei due indicatori che determinano la pressione esercitata dalle attività umane sull'ambiente, in un determinato lasso di tempo: la Densità di Flusso di Emergia e l’Emergia per Persona. Se i due indicatori precedenti descrivono la “quantità” di risorse utilizzate, gli indicatori Rapporto di Impatto Ambientale e Rapporto di Investimento Emergetico ne descrivono la “qualità”. Il primo, infatti, valuta le risorse in base alle loro caratteristiche di rinnovabilità, il secondo in base alla loro provenienza. Il Rapporto di Impatto Ambientale è definito dal rapporto tra ciò che è rinnovabile e ciò che è non rinnovabile. Questo indicatore ci mostra quante volte le risorse non rinnovabili sono utilizzate in un sistema rispetto alle risorse rinnovabili. Monitorare questo indicatore nel tempo ci fornisce una misura della tendenza verso la sostenibilità. Una diminuzione nel tempo del Rapporto di Impatto Ambientale è indice di una programmazione attenta del territorio: incentivare ad esempio la produzione di elettricità da fonti rinnovabili può indurne una riduzione. Il Rapporto di Investimento Emergetico è dato dal rapporto tra le risorse provenienti dall’esterno del sistema e quelle locali, e ci indica in che misura il sistema dipenda dall’esterno, o, in altre parole, quanto sfrutti le risorse che gli sono proprie, senza scaricare la propria insostenibilità all’esterno. 2.2 Impronta Ecologica L’Impronta Ecologica è un indicatore sintetico di sostenibilità ambientale, proposto da Mathis Wackernagel e William Rees alla fine degli anni novanta, SPIN-ECO 6 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI concepito come uno strumento per stimare l’impatto che un singolo individuo, ma anche una popolazione, esercita su una certa area. Il “carico” complessivo che l’uomo impone alla Natura riguarda tutte le attività che, direttamente o indirettamente, generano un impatto sulla Terra, come ad esempio il consumo di alimenti e di energia ed anche la produzione di rifiuti. Tale carico viene valutato quantificando la superficie totale di ecosistemi – terrestri ed acquatici – che è necessaria per fornire, in modo sostenibile, tutte le risorse utilizzate dall’uomo e per assorbire, sempre in modo sostenibile, tutte le emissioni prodotte dall’uomo. Per poter tenere conto contemporaneamente delle diverse forme di impatto umano sull’ecosfera, tutte le voci considerate vengono ricondotte ad un unico denominatore comune che è la superficie di territorio biologicamente produttivo. In questo senso l’Impronta Ecologica è quindi uno strumento in grado di assegnare un “valore ambientale” ad ogni risorsa consumata o ad ogni rifiuto prodotto quantificando il territorio ecologicamente produttivo che è necessario per rendere fruibile quel bene o per assorbire lo scarto prodotto dall’uomo. Si può dire che l’analisi dell’IE rovescia il concetto di Carrying Capacity (Capacità Portante): l’attenzione non viene più posta sulla determinazione della massima popolazione umana che un’area può supportare, bensì sul computo del territorio produttivo effettivamente utilizzato dai residenti, indipendentemente dal fatto che questa superficie coincida con la porzione di territorio su cui la popolazione stessa vive. Alla base del calcolo dell’Impronta Ecologica c’è l’idea che ad ogni unità di materia o di energia consumata corrisponda una certa estensione di territorio, in grado di garantire il relativo apporto di risorse e assorbimento dei rifiuti. Il calcolo si basa quindi sulle seguenti ipotesi: - che sia possibile stimare, con ragionevole accuratezza, le risorse consumate e i rifiuti prodotti da una specifica comunità; - che questi flussi di risorse e rifiuti possano essere convertiti in una equivalente area biologicamente produttiva, necessaria a garantire queste funzioni. Le categorie di consumo considerate sono: Alimenti, Abitazioni e Infrastrutture, Trasporti, Beni di Consumo e Servizi. Ad ogni tipologia di bene di consumo viene associata una o più delle seguenti tipologie di territorio: - terreni agricoli: la superficie di terra coltivata necessaria per produrre risorse alimentari e non alimentari di origine animale (cereali, frutta, verdura, tabacco, cotone, ecc.); SPIN-ECO 7 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI - pascoli: le aree di pascolo necessarie per produrre i beni alimentari e non alimentari di origine animale (carne, latte, lana, ecc.); - foreste: sono qui incluse le aree forestali, coltivate o naturali, che possono generare prodotti in legno; - aree edificate: superficie di territorio utilizzata per costruire (spesso su terreni coltivabili, cioè i più produttivi) strade, abitazione e altre infrastrutture; - superficie acquatica: superficie marina e d’acqua dolce necessaria alla produzione di risorse ittiche; - terreni per l’energia: superficie forestale necessaria per assorbire la CO2 prodotta dal consumo dei combustibili fossili e di energia elettrica all’interno dell’area in esame. Sommando i contributi delle diverse tipologie di territorio, dopo un’operazione di normalizzazione che tiene conto della loro differente produttività, si ottiene l’impronta complessiva della regione considerata. L’area così calcolata non rappresenta più la superficie reale direttamente o indirettamente utilizzata da una certa popolazione, ma l’area equivalente (espressa in ettari globali, gha) che sarebbe necessaria per produrre la quantità di biomassa effettivamente usata dalla popolazione. Il concetto di Impronta Ecologica viene associato con quello di Biocapacità che esprime la dotazione di territori bioproduttivi di una certa regione e quindi la capacità di quest’ultima di erogare beni e servizi naturali. Si viene così a creare un vero e proprio “bilancio ecologico”, comparando la richiesta di “Capitale Naturale” da parte dell’uomo (espressa dall’Impronta Ecologica) rispetto alla disponibilità potenziale di risorse (Biocapacità), allo scopo di capire quale sia l’impatto generato dalla popolazione che si é insediata nella regione considerata. Se la differenza fra la richiesta (impronta) e offerta (biocapcità) riporta un valore negativo ci troviamo in una situazione cosidetta di deficit ecologico: questo indica una situazione di potenziale insostenibilità ambientale, nella quale i consumi di risorse naturali sono superiori alle capacità di rigenerazione degli ecosistemi locali. Questo tipo di confronto permette di cogliere se l’atteggiamento e lo stile di vita adottato dalla popolazione è corretto sia nei confronti delle altre popolazioni, che verso le generazioni future. SPIN-ECO 8 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI 2.3 Inventario dei Gas Serra Alcune emissioni gassose dovute alle attività umane possono avere effetti sulle variazioni climatiche del pianeta: la presa di coscienza del problema risale alla fine degli anni Sessanta, ai tempi della prima conferenza sul clima organizzata dal World Meteorological Organization (WMO). Vent’anni dopo, nel 1988, viene istituito l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), una speciale commissione intergovernativa adibita a valutare e rendere note all’opinione pubblica le informazioni scientifiche in merito ai cambiamenti climatici. Due anni dopo la sua istituzione, l’IPCC pubblica il primo rapporto sul clima, nel quale la problematica “effetto serra” si evidenzia come la principale minaccia alla stabilità climatica del pianeta. Sulla base di questo rapporto, tra il 1990 ed il 1997, viene elaborato quello che prende il nome di “Protocollo di Kyoto”, che fissa gli obiettivi specifici di riduzione delle emissioni climalteranti per ogni nazione. Finalmente, grazie alla decisione presa dalla Russia, il 16 Febbraio del 2005 il Protocollo è finalmente operativo in quanto è stata raggiunta la quota del 55% del totale delle emissioni. Contemporaneamente l’opinione pubblica più consapevole della necessità di valutare il contributo di ogni paese alle emissioni climalteranti, ed è cresciuta la volontà di tener conto del bilancio dei gas serra nelle politiche ambientali locali. Per quanto riguarda la situazione italiana, il Governo è chiamato a dover ridurre del 6,5% le proprie emissioni rispetto ai valori del 1990. Considerato che, in media, le emissioni nazionali hanno avuto un incremento, da tale periodo, del 12-15%, lo sforzo complessivo dovrà risultare in una riduzione del 20% circa. Al fine di stilare dei bilanci attendibili in merito alle emissioni specifiche di ogni paese, l’IPCC ha redatto delle linee guida, universalmente applicabili, che contemplano gran parte delle fonti di emissione di gas climalteranti. Anche se l’ultima versione è appena uscita (Febbraio 2007), le indagini del progetto SPIn-Eco sono state svolte secondo la penultima revisione delle “Guidelines for National Greenhouse Gas Inventories” accettata dall’IPCC che risale al 1996, e consiste dei tre seguenti volumi: Volume 1, the Reporting Instructions; Volume 2, the Workbook; Volume 3, the Reference Manual. Nel primo volume si trovano le informazioni preliminari sulla metodologia e il set di tabelle utili alla presentazione dei risultati finali. Il secondo manuale riporta invece le tabelle operative, necessarie per effettuare i calcoli; il terzo manuale, infine, contiene una serie di informazioni - quali le emissioni specifiche dei SPIN-ECO 9 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI combustibili quelle imputabili alla gestione del letame da allevamento - che consentono di eseguire i calcoli richiesti dal volume 2. Tutti i gas a effetto serra sono considerati nel bilancio nei termini di CO 2 equivalente, attraverso un fattore di conversione legato al loro potere “climalterante” (Global Warming Potential - GWP). Per esempio, tra i gas a effetto serra diretto, il metano e il protossido d’azoto, pur se emessi in quantità piuttosto modeste rispetto alla CO2, hanno un GWP rispettivamente 23 e 296 volte superiore. Nel bilancio finale il loro contributo all’effetto serra sarà quindi espresso attraverso lo specifico GWP, in termini di CO2 equivalente. Gli stessi potenziali non sono invece stati stimati per i gas serra indiretti, a causa dell’incertezza circa il loro effetto, ed essi non vengono dunque inseriti nel bilancio serra finale. L’ultimo, importante elemento di cui è necessario tener conto nel redigere il bilancio finale riguarda l’assorbimento dell’anidride carbonica da parte della biomassa vegetale del sistema studiato. La capacità di fissazione della CO2 attribuibile alle aree verdi compare infatti nel bilancio serra sottraendosi alle emissioni di CO2 equivalente. Il bilancio dei gas serra proposto dall’IPCC può a tutti gli effetti essere considerato uno strumento di valutazione della sostenibilità di un sistema territoriale ed essere applicato con profitto anche a territori più piccoli di una nazione. La divisione delle potenziali fonti di emissioni nelle categorie mostrate in precedenza permette inoltre di far emergere utili suggerimenti di intervento per le politiche locali. Il monitoraggio delle emissioni nette nel tempo, permette di valutare se e come la gestione del territorio avvicini lo sviluppo ai criteri di sostenibilità. 2.4 Uso delle Immagini satellitari – TELERILEVAMENTO Fra le metodologie più innovative per il monitoraggio a diverse scale spaziali possiamo annoverare l’analisi di dati di telerilevamento con immagine multiband satellitari. L’utilizzo di immagini satellitari può costituire un’importante fonte di dati storici riguardanti le variazioni nella salute delle aree verdi, nella qualità e quantità di aree abitate, nella qualità dell’acqua, nella morfologia dei bacini idrici e nell’uso del suolo in generale. Dati georeferenziati sono essenziali per poter attuare un programma particolareggiato di gestione del territorio. L’integrazione dell’informazione su larga scala, ottenuta tramite il telerilevamento, e del monitoraggio in situ è una metodologia innovativa in grado di combinare un’analisi SPIN-ECO 10 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI raffinata dei parametri chiave dell’ecosistema e le più recenti innovazioni nel campo della tecnologia satellitare. Ugualmente l’utilizzo di indicatori su larga scala facilita un monitoraggio dell’attuale programma di gestione territoriale e fornisce indicazioni per creare uno sviluppo più equilibrato. L’utilizzo e lo sviluppo di tali indicatori basati sui dati satellitari, è un campo nuovo in cui diversi competenze trovano un’area di collaborazione. Sono utilizzati indicatori delle emissioni energetiche dalle aree urbane per stimare le variazioni nel consumo energetico e nella popolazione; indici della vegetazione nei sistemi agricoli; indicatori qualitativi per sistemi acquatici; indicatori energetici ed entropici e numerosi altri, ognuno creato per confrontare realtà diverse o confrontare lo stesso ambiente in momenti diversi (anni e/o stagioni). Immagini multiband possono dare indicazioni delle caratteristiche del territorio a diversi livelli, tutto con una georeferenziazione che facilita una programmazione puntuale e un monitoraggio a lungo termine. SPIN-ECO 11 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI Tabella 2.1. Elenco dei 26 indicatori utilizzati per la PCA con le rispettive sigle e le definizioni. Remote Sensing (Focardi et al., 2006) Bilancio dei Gas Serra (IPCC, 1996) Analisi dell’Impronta Ecologica (Wackernagel and Rees, 1996) Analisi Emergetica (Odum, 1988, 1996) Metodologia Simbolo Indicatore Area P PD I IpP R Area Popolazione Densità di Popolazione Reddito totale Reddito pro-capite Risorse Locali Rinnovabili N Risorse Locali Non Rinnovabili F Risorse Importate dall’esterno Em Flusso totale di emergia EYR Rapporto di Rendimento Emergetico ELR Rapporto di Impatto Ambientale EIR Rapporto di Investimento Emergetico EmD EpP Densità di Flusso di Emergia Emergia per persona EF Impronta Ecologica EFtot Impronta Ecologica totale BC Biocapacità BCtot Biocapacità Totale EFD o EFS Deficit Ecologico (o Surplus) Eq. CO2 CO2 eq. emessa Abs CO2 CO2 eq. assorbita Net CO2 CO2 eq. netta NDVI Indice di Vegetazione Normalizzata ESI Indicatore di Stress Ambientale RTI Indice di Temperatura Radiante ITS Indicatore di Sostenibilità Territoriale SPIN-ECO Definizione Em=R+N+F Rapporto fra l’emergia totale di risorse che supporta un sistema e le risorse emergetiche importate. EYR = Em / F Rapporto fra le risorse emergetiche non rinnovabili e quelle rinnovabili ELR = (N + F) / R Rapporto fra le risorse emergetiche importate e quelle locali EIR = F / (N+R) Flusso di emergia per unità di area Flusso di emergia per popolazione Area necessaria per supportare lo stile di vita e il livello di consumo di un individuo. Area necessaria per supportare lo stile di vita e il livello di consumo di una popolazione. Terra biologicamente produttiva disponibile localmente per persona Terra biologicamente produttiva disponibile localmente Il bilancio positivo (o negativo) fra EF e BC CO2 eq. emessa, calcolata sulla base del Global Warming Potential per ciascun settore. CO2 eq. assorbita, calcolata sulla base della superficie forestale, considerando anche la tipologia e l’età delle piante. Bilancio fra la CO2 eq emessa e quella assorbita Rapporto fra la riflettanza corretta nel rosso e la riflettanza corretta nel vicino infrarosso . Categorie di copertura del suolo integrati per definire l’indicatore di stress ambientale. Una misura di di temperatura radiante stimato dall’emissione di energia nelle lunghezze d’onda dell’IR termico. ITS = NDVI + 1/ESI + 1/RTI 12 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI 3. L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI Questo capitolo riguarda i chiarimenti teorici alla base del metodo delle Componenti Principali. Chi volesse esaminare direttamente i risultati, può passare direttamente al Capitolo 4. L’Analisi delle Componenti Principali (PCA - Principal Component Analysis) è una tecnica di analisi multivariata, proposta da Karl Pearson nel 1901 e sviluppata nella sua forma attuale da Harold Hotelling nel 1933, di fondamentale importanza per l’esplorazione dei dati. In generale, le variabili che descrivono i dati sono trasformate in nuove variabili, chiamate componenti principali, che sono delle combinazioni lineari delle variabili originali e la cui caratteristica più importante è quella di essere tra loro ortogonali. Le combinazioni lineari delle variabili (nel nostro caso gli indicatori) chiamate componenti principali (Principal Component – PC), spiegano quanto più possibile la variazione dei dati di partenza. L’algoritmo di decomposizione della PCA assicura che la prima PC spieghi il massimo ammontare di varianza dei dati di partenza, mentre la seconda PC spieghi la massima varianza rimanente nei dati soggetti ad essere ortogonali (non correlati) con la prima PC, e cosi via. Le componenti principali individuate hanno la caratteristica di essere fra loro ortogonali, di avere media nulla e varianza unitaria e di essere ordinate in ragione della variabilità che possono spiegare. L’analisi delle componenti principali è la più importante tra le diverse tecniche per l’esplorazione dei dati basate, come vedremo, sulla decomposizione della matrice di dati in fattori. La PCA si basa su una trasformazione lineare delle variabili iniziali in altre denominate componenti principali e dotate di particolari proprietà. Mediante questa tecnica è possibile: • valutare le correlazioni tra le variabili e la loro rilevanza; • visualizzare gli oggetti (individuazione di classi, outliers, ecc.); • sintetizzare la descrizione dei dati (eliminazione di rumore o informazione spuria); • ridurre la dimensionalità dei dati; • ricercare proprietà principali; • definire un modello di rappresentazione dei dati in uno spazio ortogonale. La PCA è una tecnica matematica per la quale non è necessaria alcuna assunzione sulla distribuzione di probabilità dei dati. Consiste in un processo di rotazione dei dati originali definiti dalla matrice X, di dimensioni n×m, effettuato in modo che il primo nuovo asse sia orientato nella direzione di massima varianza dei dati, il SPIN-ECO 13 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI secondo sia perpendicolare al primo e sia nella direzione della successiva massima varianza dei dati, e così di seguito per tutti gli m nuovi assi. L’analisi in componenti principali (PCA) è un metodo di riduzione dell’informazione in quanto si propone di rappresentare un insieme di n variabili correlate, per ognuna delle quali si dispone di m misurazioni, attraverso un numero ridotto p < n di nuove variabili (combinazioni lineari): le componenti principali (Jackson, 1991; Krazanowski, 1988). Nella figura 3.1 è illustrato un esempio in due sole variabili. Come si può notare, la prima componente principale (PC1) è nella direzione di massima varianza dei dati e la sua origine è situata nel valore medio della variabile. La varianza residua viene rappresentata dalla seconda componente principale (PC2), nella direzione perpendicolare alla prima componente. Poiché in questo caso abbiamo in tutto due sole variabili, le due componenti descrivono interamente i dati iniziali. Ciascuna delle due componenti è una combinazione lineare delle due variabili originali. Figura 3.1. Esempio di PCA nel caso di due variabili. Formalmente l’Analisi delle Componenti Principali è ottenuta mediante la diagonalizzazione della matrice di correlazione o di covarianza dei dati di processo. La PCA può essere utilizzata non solo per ridurre la dimensionalità di un problema, ma anche per ridurre il livello di “rumore” presente nei dati. È infatti possibile eliminare parte della variabilità residua, e quindi anche parte del rumore che accompagna l’informazione rilevante, prendendo in considerazione solo un numero p di variabili minore del numero delle variabili originali. SPIN-ECO 14 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI 3.1 Derivazione matematica della PCA Per quanto affermato, partendo dalle variabili originarie l’analisi delle componenti principali consente di ottenere nuove variabili che: • sono fra di loro incorrelate. • sono ordinate con varianza decrescente • sono combinazioni lineari delle variabili originarie Sia X un vettore colonna con componenti costituite dalle m variabili aleatorie, P il vettore delle medie di queste variabili e ő la matrice di covarianza: X = >x1 , x 2 , ......, x m @ T P = >P1 , P 2 ,....., P m @T > 6 E X P X P T @ Di medie e covarianza sono note le stime sperimentali; non viene fatta alcuna ipotesi sulla distribuzione dei dati sperimentali per conservare la più ampia generalità. Ogni componente principale sarà una combinazione lineare delle variabili originarie: y j a1 j x1 a 2 j x 2 ......... a mj x m A j X T T dove A j >a 1j @ , a 2 j , .........,a mj è il vettore dei coefficienti da stimare. Affinché venga mantenuta la distanza nello spazio di dimensione m, bisogna imporre che le trasformazioni siano ortonormali: T i A A ­ ® ¯ j 1 i j iz j 0 m ¦a 2 ij =1 i 1 La prima componente y1 viene calcolata imponendo che la varianza sia massima con il vincolo A1T A1 1 . Si ha: Var y1 E A1 X P X P A1 T T A1 E X P X P A1 A1T 6 A1 T T Per massimizzare una funzione a più variabili sottoposta a vincoli, si usa il “Metodo dei moltiplicatori di Lagrange”, che nel caso di un solo vincolo può essere enunciato nel seguente modo: nei punti stazionari di una funzione differenziabile di SPIN-ECO 15 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI m variabili, detta f(x1,....,xm), soggetta alla condizione g(x1,.........xm) = c, esiste un numero Ũ, chiamato moltiplicatore di Lagrange, tale che: wf wg O wxi wxi 0 con i=1,….,m Queste m equazioni, insieme alla condizione A1T A1 1 , sono sufficienti per determinare i punti stazionari ed i corrispondenti valori di Ũ. Definendo un’ulteriore funzione, L x tale che: Lx f x O >g x c @ L’insieme di equazioni di Lagrange può essere scritto semplicemente come: wL x 0 wx Nel nostro caso: L A1 A1 6 A1 O A1 A1 1 T T I punti di stazionarietà possono essere trovati dalla: wL A1 26 A1 2O A1 0 w A1 Per cui si ottiene: 6 OI A1 0 Affinché esista soluzione non banale, la matrice (ő-Ũň) deve essere singolare. Perciò Ũ deve essere scelto in modo tale che: 6 OI 0 il che equivale a dire che Ũ deve essere autovalore di ő. Essendo semidefinita positiva ő ha m autovalori non negativi. Supposto che i suoi autovalori siano distinti e tali che Ũ1>Ũ2>..............>Ũm>= 0 e si riprende l’espressione della varianza della prima componente principale. Utilizzando la 6 OI A1 0 e la condizione di ortonormalità si ottiene: Var y1 A1 6 A1 A1 O A1 O T T La varianza è quindi massima se Ũ = Ũ1, per cui il termine A1 è l’autovettore di ő corrispondente all’autovalore più grande. T Per ottenere la seconda componente principale, y 2 A 2 X , si aggiunge alla T condizione di ortonormalità, A 2 A 2 1 , la seconda condizione che y2 deve essere incorrelata con y1, cioè: E > y 2 y1 @ Cov y 2 , y1 0 SPIN-ECO 16 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI Quindi: Cov y 2 , y1 Cov A 2 X , A1 X T T E>A X P X P A @ T T 2 1 A 2 6 A1 T 0 Si noti che, essendo 6 A1 O1 A1 , si ritrova la condizione di ortonormalità T A 2 A1 0 La varianza di y2 sarà data da: Var y 2 A 2 6 A 2 T Per rendere massima una funzione di più variabili soggetta a due condizioni si introducono due moltiplicatori di Lagrange: Ũ e š. Si consideri la funzione: L A 2 A 2 6 A 2 O A 2 A 2 1 G A 2 A1 T T T Nei punti stazionari: wL A 2 26 OI A 2 G A1 w A2 T T Moltiplicando per A1 e ricordando che A1 A 2 2 A1 6 A 2 G T Ma si è visto che A1T 6A2 0 0 , si ottiene: 0 0 , quindi nei punti stazionari: G L’equazione di Lagrange diventa: 6 OI A 2 0. 0 Questa volta si prende come Ũ il secondo autovalore di ő in ordine di grandezza e come A 2 il corrispondente autovettore. Ripetendo questo procedimento, le j-esime componenti principali vengono calcolate dagli autovettori associati ai j-esimi autovalori in ordine decrescente. Non sussistono difficoltà ad estendere il calcolo al caso in cui alcuni autovalori di ő siano uguali. Si ricordi che a disposizione non si hanno le variabili aleatorie, bensì le osservazioni effettuate su queste variabili. Detta X la matrice (n×m) dei dati e A=[A1,.......,Am] la matrice (m×m) degli autovettori (nota il letteratura come Matrice dei Loadings), la matrice delle componenti principali Y (nota il letteratura come Matrice degli Scores) sarà: Y=X · A Lo score plot (le coordinate di oggetti sulle nuove variabili) dà informazioni di similarità fra campioni, mentre il loadings plot (i pesi delle variabili originali da cui vengono costruite le combinazioni lineari per ottenere le PC) mostra le correlazioni fra le variabili originali. L’uso combinato di questi due plot (biplot) dà ulteriori informazioni condensate. Che in maniera estesa diventa: SPIN-ECO 17 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI Questa equazione mette in relazione una matrice di variabili casuali osservate, X, con le componenti principali, Y, in maniera tale che ogni colonna della Y non ha valor medio nullo. E’ utile quindi sottrarre una appropriata matrice le cui colonne siano i valori medi delle variabili, in modo tale che le componenti principali abbiano valor medio nullo: Y= (X - P ) A 3.2 Proprietà della PCA Calcoliamo la matrice di covarianza delle componenti principali, che indichiamo con Ŋ. Sarà sicuramente una matrice diagonale, in quanto le componenti principali sono incorrelate, con gli autovalori come elementi della diagonale. Si può esprimere come: / CovY Cov XA A6AT Questa equazione esprime un’importante relazione tra la matrice di covarianza delle componenti principali e quella delle variabili. Può essere riscritta in una forma che viene indicata come decomposizione spettrale: 6 AT / A Come si è già fatto notare, gli autovalori possono essere interpretati come le varianze delle differenti componenti. La somma di queste varianze è data da: m ¦Var Y i i 1 m ¦O i trace/ i 1 SPIN-ECO 18 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI Utilizzando la proprietà delle matrici: traccia(AB)=traccia(BA) si ha: traccia / traccia A6A T traccia 6A T A traccia 6 m ¦ Var Xi i 1 Si ha quindi che la somma delle varianze delle variabili originali è uguale alla somma delle varianze delle loro componenti principali. Ne segue che le prime Ū componenti principali tengono conto della somma delle varianze per una quantità: v ¦O j j 1 m ¦O j j 1 La figura 3.2 mostra un esempio di PCA in cui le prime due componenti principali contengono il 97.96% dell’informazione. Figura 3.2. Esempio di PCA • Caso in cui Œ ha qualche autovalore nullo. Questo vuol dire che ő non è di rango pieno, quindi alcune delle variabili originarie sono linearmente dipendenti. La dimensione effettiva del problema si ridurrà e sarà p=m-k, dove k è il numero degli autovalori nulli. Il caso comunque è raro, a meno che si introducano già in partenza variabili ridondanti. • Caso in cui Œ ha autovalori piccoli. Questo caso si presenta più spesso del precedente. Si tratta di decidere quali siano così “piccoli” da considerarli nulli e quindi approssimare ő con una relazione di dimensione p=m-k. In questo caso, il vettore della h-esima osservazione yh viene anch’esso approssimato da p elementi non nulli e k nulli. SPIN-ECO 19 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI • Caso in cui Œ ha autovalori multipli. Gli autovettori corrispondenti a queste radici di molteplicità ţ non sono unici e si può scegliere un qualunque gruppo ortogonale nello spazio ţ-dimensionale. Le corrispondenti componenti principali, avendo lo stesso autovalore, hanno la stessa varianza. Nasce il problema che si sta analizzando una matrice campionaria che è solo una stima della matrice ő dell’universo. Quindi, il grado di molteplicità può variare se si passa dalla matrice campionaria a quella dell’universo e viceversa. In realtà, per sapere veramente se la matrice ő dell’universo ha autovalori con molteplicità maggiore di uno è necessario indagare l’uguaglianza fra autovalori tramite opportuni test che richiedono l’ipotesi di normalità e sono validi solo per un numero di campioni elevato. 3.3 Standardizzazione delle variabili È importante mettere in evidenza il fatto che le componenti principali di un gruppo di m variabili dipendono dalle scale usate per misurarle. Effettuando delle misure con scale diverse si ottengono matrici di dati legate fra di loro da matrici diagonali K di trasformazione delle unità di misura: Z = XK Ovviamente anche la matrice di covarianza subirà un trasformazione, che, essendo KT=K, sarà: SZ = K Sx K Quindi è preferibile standardizzare le variabili, cioè cercare di effettuare una trasformazione tale da ottenere variabili a varianza unitaria. La matrice K da utilizzare ha elementi pari a 1/Ůi, dove Ůi è la deviazione standard della i-esima variabile. Questo assicura che tutte le variabili vengano considerate con la stessa importanza e che nessuna di esse domini sulle altre. Nel calcolo della PCA, effettuare una standardizzazione delle variabili significa trovare le componenti principali dalla matrice di correlazione 3 invece che dalla matrice di covarianza ő. L’analisi è la stessa, soltanto che la matrice A sarà formata dagli autovettori della matrice 3 . La somma dei termini della diagonale principale della matrice di correlazione, cioè la somma delle varianze delle variabili standardizzate, sarà pari a m, dimensione dello spazio. Dato che la somma degli autovalori di 3 è uguale a m, le prime Ū componenti principali tengono conto della varianza totale dei dati originari con una proporzione pari a: SPIN-ECO 20 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI v ¦O j j 1 m 3.4 Il cerchio delle correlazioni Per ogni variabile della matrice dei dati, si può calcolare il coefficiente di correlazione con ciascuna delle componenti principali, ottenendo così una matrice C i cui elementi rappresentano le correlazioni fra le componenti principali, poste sulle colonne, e le variabili, poste sulle righe. Il coefficiente di correlazione fra la i-esima variabile e la j-esima componente principale, cioè l’elemento generico della matrice C, è dato da: Cov y j , xi rxi y j Vxy i j dove Ů è la deviazione standard. Supponendo che la i-esima variabile sia a media nulla e considerando che la varianza della j-esima componente principale è il j-esimo autovalore, si può dimostrare che: rxi y j Cov y j , xi aij V y2 j aij O j Vx Vy V x Oj Vx i j i i Nel caso di variabili standardizzate V xi =1. Nel piano individuato dalle prime due colonne della matrice C si traccino un cerchio di raggio unitario ed i punti rxi y j corrispondenti ad ogni variabile. Così facendo si è in grado di valutare in modo grafico il grado di correlazione tra le componenti principali e le variabili: tanto più una variabile è prossima al cerchio unitario tanto più è correlata con le prime due componenti principali. Se da quest’analisi si scopre che una variabile è poco correlata con la PCA, cioè non ha un peso determinante, possiamo anche escluderla dalla matrice di dati. Questo è un aspetto molto importante sia come riduzione dei dati che come scelta delle variabili. Un particolare tipo di sensore che porta informazione ridondante o nulla può essere sostituito da un altro che porta informazione più utile. La figura 3.3 mostra un esempio di cerchio di correlazioni. SPIN-ECO 21 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI Figura 3.3. Esempio di cerchio delle correlazioni. 3.5 Interpretazione L’interpretazione delle componenti principali è uno dei punti più delicati. Esistono varie chiavi di lettura che possono portare ad informazioni diverse. Essenzialmente, è possibile esaminare tre aspetti: • Riduzione dei dati; • Classificazione degli oggetti; • Classificazione delle variabili. Lo scopo più classico, ed in un certo senso più semplice, è la riduzione dei dati. L’obiettivo è capire, data una matrice di dati multivariati, quali delle variabili usate può essere eliminata dalle analisi successive per il suo scarso contributo alla varianza totale. La scelta dipende da vari fattori: il tipo di dati in esame, il tipo di informazione che si vuole trarre da essi, l’accuratezza necessaria per le analisi successive e la dimensione della matrice di dati. L’esperienza aiuta molto nel discernere le variabili superflue, quelle poco importanti e quelle notevoli. Il cerchio delle correlazioni è un utile strumento. La scelta delle variabili da tralasciare è dunque possibile, prestando attenzione all’effettiva utilità dell’informazione che inevitabilmente verrà persa. Come si è già detto, la classificazione avviene attraverso l’individuazione di cluster disgiunti che individuano classi di appartenenza. E’ possibile anche usare il centroide di ogni cluster ed effettuare la classificazione in funzione della distanza da esso. Considerando una matrice di dati con gli oggetti sulle colonne e le variabili sulle righe è possibile effettuare una classificazione delle variabili. SPIN-ECO 22 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI In questo lavoro, la PCA dei dati viene ottenuta attraverso il programma SCAN (1995). 4. RISULTATI E DISCUSSIONE Attraverso l’Analisi delle Componenti Principali si vogliono fare due tipi di valutazioni: - la prima riguarda le variabili, cioè tutti gli indicatori adottati per quest’analisi, per capire se alcune variabili in gioco portano ad informazioni congruenti e quindi ridondati che aumentano solo la complessità della PCA e non l’informazione complessiva che possiamo da essa estrarre; - la seconda è dare dei giudizi di valore sulle potenzialità messe in risalto dallo score plot; infatti la descrizione dei risultati sarà suddivisa prima per i singoli Comuni e, successivamente, per i sette Circondari. Per quanto riguarda il primo punto, è fondamentale tenere a mente che quest’analisi è sito-specifica, quindi soggetta alle caratteristiche della Provincia di Siena e, pertanto, non ha una validità generale. Premesso questo, un’analisi preliminare ha messo in evidenza una perfetta correlazione (100%) fra la Biocapacità (BC) e il Deficit (EFD) (o Surplus, EFS) Ecologico. Tale correlazione può essere giustificata dal fatto che i 36 Comuni presentano valori di Impronta Ecologica piuttosto costanti e quindi, essendo il Deficit (o Surplus) dato dalla differenza fra Biocapacità ed Impronta Ecologica, i due indicatori BC e EFD (EFS) portano ad informazioni piuttosto congruenti. Per questo motivo è stato deciso di escludere uno (EFD o EFS) mantenendo l’informazione dell’altro (BC). Il numero degli indicatori adottati per l’analisi multivariata scende quindi da 26 a 25 variabili indipendenti. L’analisi ha messo in evidenza che ci sono 5 componenti principali (PC) che mostrano autovalori maggiori di 1 per una varianza totale spiegata (EV) di 84,5% (vedi Tabella 4.1). Tabella 4.1. Autovalori, % di varianza totale coperta da ogni componente e la % di varianza spiegata cumulata nella PCA (estratte dalla Matrice di Correlazione). Variabili PC1 PC2 PC3 PC4 PC5 Autovalori 9,2308 4,8973 3,1227 2,7309 1,1423 Proporzionale 0,369 0,196 0,125 0,109 0,046 Cumulativo 0,369 0,565 0,690 0,799 0,845 SPIN-ECO 23 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI Ovviamente le prime due componenti principali sono quelle più significative (EV della PC1 = 36,9%, EV della PC2 = 19,6%) per un peso significativo di 56,5%. Le altre componenti principali assumono via via una significatività decrescente; i valori di EV sono rispettivamente 12,5%, 10,9% e 4,6%, non aggiungono ulteriore informazione e pertanto non vengono presi in considerazione. Nella Tabella 4.2, sono riportati tutti gli autovettori dei 25 indicatori, scorporati per le 5 componenti principali. Tabella 4.2. Autovettori calcolati per tutti gli indicatori utilizzati nella PCA. Le componenti più importanti per ciascun indicatore sono evidenziate in grassetto. Variabile PC1 PC2 PC3 PC4 PC5 Area -0,006 0,044 0,524 0,137 0,172 P -0,321 -0,029 -0,009 -0,079 -0,014 PD -0,298 -0,064 -0,163 -0,010 0,024 I -0,315 -0,036 -0,010 -0,128 -0,109 IpP -0,127 -0,097 -0,119 -0,314 -0,325 R -0,262 -0,006 0,242 -0,162 0,012 N -0,093 0,398 0,049 0,031 0,147 F -0,319 -0,023 -0,006 -0,016 0,066 Em -0,209 0,321 0,055 0,009 0,146 EmD -0,196 0,317 -0,153 0,061 0,036 EpP 0,041 0,404 -0,033 0,051 -0,263 ELR -0,061 0,419 -0,100 0,098 0,036 EYR 0,054 0,406 -0,015 -0,009 -0,245 EIR -0,073 -0,237 -0,199 0,122 0,262 BC 0,178 -0,036 0,269 -0,057 -0,538 BCtot -0,065 -0,118 -0,056 -0,387 -0,136 EF -0,068 0,032 0,506 -0,017 0,159 EFtot -0,319 -0,033 -0,006 -0,110 -0,065 Eq, CO2 -0,318 -0,021 0,017 -0,098 -0,088 Abs CO2 0,087 0,064 0,257 -0,405 0,197 Net CO2 -0,317 -0,037 -0,056 0,022 -0,136 NDVI 0,135 0,160 -0,116 -0,424 0,004 ESI -0,084 -0,071 0,220 0,297 -0,447 RTI -0,160 -0,027 0,266 0,245 0,023 ITS 0,124 0,076 -0,113 -0,365 0,020 SPIN-ECO 24 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI In Figura 4.1 viene riportato il cosiddetto “score plot” che riporta la situazione per tutti e 36 i Comuni senesi. La posizione di ogni Comune è definita dalla combinazione lineare degli indicatori oggetto dell’analisi. Questo implica che posizioni simili saranno assunte dai Comuni che presentano caratteristiche simili nel set di indicatori. Da questo grafico è possibile ricavare delle considerazioni sulla base della posizione assunta in seno al grafico dai vari Comuni; queste considerazioni devono essere lette in maniera integrata alle informazioni che sono estrapolate dalla Figura 4.2, cioè quella che ci consente di capire il contributo di ciascun indicatore nel determinare la posizione dei Comuni nel diagramma. P rin cip al C om p on en ts S c ore P lot 7.5 34 36 26 PC2 (EV%=19.6) 5.0 2.5 33 15 0.0 30 6 2 16 11 28 35 9 -15 -10 -5 27 25 31 10 18 43 14 20 7 24 21 19 17 23 1 8 29 12 22 32 13 5 0 P C 1 (E V% = 36.9) Figura 4.1. Diagramma bidimensionale con le 2 Componenti Principali. Principal Component Score Plot (Cumulative EV%=56.5%). Dal loading plot, la correlazione positiva e negativa degli indicatori studiati nel set di dati è immediatamente evidente. Infatti, gli angoli delle linee riflettono la correlazione tra le variabili; almeno per quello che concerne le prime due componenti principali, la più vicina alla direzione della linea è quella più correlata agli indicatori all’interno del set di dati; l’angolo con apertura a 90° significa indipendenza totale (o correlazione zero), a 180° correlazione negativa. È stato individuato un buon livello di correlazione fra le emissioni di CO2eq, l’impronta ecologica totale (EFtot), le risorse importate - in termini emergetici - (F) e il reddito (I), indicatori tipici della presenza e dell’attività antropica (popolazione P). Questa correlazione è giustificata dal fatto che le emissioni di anidride carbonica e il reddito sono dati di partenza essenziali per il calcolo dell’impronta ecologica di una certa popolazione. SPIN-ECO 25 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI Principal Components Loading Plot 0.45 0.35 second component ELR N EYR EpP Em EmD 0.25 NDVI 0.15 BC tot 0.05 -0.05 Eq. PFCO2 Eftot I net CO2 PD R Abs CO2ITS Area RTI BC IpP ESI EF -0.15 EIR -0.25 -0.3 -0.2 -0.1 0.0 0.1 0.2 first component Figura 4.2. Loading plot delle componenti principali. Sulla sinistra, dove numerose linee e simboli si sovrappongono, possiamo trovare: Popolazione (P), Densità di popolazione (PD), Reddito totale (I), Risorse rinnovabili locali (R), Risorse importate (F), CO2 equivalente, CO2 netta, Impronta ecologica totale (EFtot). Stupisce invece un basso livello di correlazione fra EF (impronta ecologica) e EpP (emergia per persona), poiché sia la metodologia dell’impronta ecologica che quella dell’emergia hanno l’obbiettivo di calcolare il costo (in termini ambientali) per supportare i consumi dell’uomo, la prima in termini di superficie ecologicamente produttiva, mentre la seconda in termini di energia solare diretta ed indiretta. Una prima spiegazione plausibile può essere sicuramente trovata nel fatto che, mentre l’analisi emergetica contabilizza tutte le risorse che supportano complessivamente il sistema Provincia di Siena (e quindi include l’estrazione di materiale da cava, che in questo caso riveste un peso importante), l’analisi dell’impronta ecologica non contabilizza questi tipi di materie prime. Un’altra giustificazione può essere ricondotta all’approccio “complementare” fra l’impronta ecologica e la metodologia emergetica. La prima si rifà al “principio di responsabilità” sulla base del quale il cittadino si accolla la responsabilità di tutti i consumi (di prodotti secondari) possono essere direttamente o indirettamente ascrivibili, a prescindere che tali beni siano stati prodotti all’interno dell’area in cui il cittadino risiede oppure ciò sia avvenuto all’esterno di tali confini. La metodologia emergetica, invece, è più vicina ad una quantificazione del “principio geografico” in base al quale vengono assegnati al territorio tutti i consumi (domestici, industriali, SPIN-ECO 26 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI ecc. ma anche i flussi di risorse naturali, di cui la Provincia gode, indipendentemente dal loro sfruttamento) purché riconducibili alle attività che vengono svolte in tale territorio. Citiamo un esempio per chiarire questa differenza: supponiamo che all’interno di un territorio vi sia una fabbrica che produce un bene X (sia X ad esempio energia elettrica, un prodotto dolciario o una piastrella di ceramica). Secondo il principio geografico, a tale territorio spettano, ad esempio, tutte le emissioni di gas serra che questa fabbrica produce ogni anno. Il principio di responsabilità dell’utilizzatore ha un approccio “a valle”, cioè affronta il problema dalla prospettiva dell’utilizzatore e alloca la responsabilità sulla base dell’uso del prodotto X fra i vari territori (o cittadini) che ne usufruiscono. I due approcci, pur avendo come riferimento lo studio del sistema territoriale, hanno due prospettive leggermente diverse e per questo motivo vengono utilizzati come approcci complementari per la valutazione della sostenibilità ambientale. La correlazione fra R (risorse rinnovabili) e F (risorse importate) e le emissioni di anidride carbonica, reddito (I) ecc. sembrerebbe essere una contraddizione ma lo è solo in apparenza. L’energia elettrica prodotta a Siena deriva da fonte geotermica e, secondo i calcoli emergetici, è considerata rinnovabile al 75%. Questo implica che se aumentassero i consumi supportati da questo tipo di energia, aumenterebbe di conseguenza l’uso delle risorse rinnovabili. Ovviamente la questione sarebbe assai diversa se si considerasse l’energia elettrica come combinazione del mix nazionale e quindi essenzialmente di origine non rinnovabile. La combinazione dei diagrammi riportati in Figura 4.1 e 4.2 determina il biplot, cioè il diagramma riportato in Figura 4.3. Questo grafico sovrapposto ci permette di capire quali sono le similitudini che caratterizzano i Comuni. SPIN-ECO 27 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI Principal Components Biplot 34 7 36 6 second component 26 5 4 3 2 33 30 6 2 13 1 15 12I 0 32 -1 5 31 16 25 10 18 4 14 7 20 24 321 19 17 23 1 8 29 22 11 28 359 -2 -15 -10 -5 27 0 first component Figura 4.3. Principal Component Biplot ottenuto dalla fusione delle informazioni contenute nelle Figure 4.1 e 4.2. In particolare possono estrapolate le seguenti considerazioni: 1) i Comuni che sono collocati nella parte sinistra del diagramma presentano tutti alti valori degli indicatori: P (popolazione), PD (densità di popolazione), I (reddito), CO2 (emissione di anidride carbonica), F (risorse importate dall’esterno – in termini emergetici), EFtot (Impronta Ecologica Totale) e R (risorse rinnovabili – in termini emergetici). Infatti, spostandosi da sinistra a destra troviamo prima i due Comuni più antropizzati: Siena (32) e Poggibonsi (22), più separati dal nucleo centrale, e a seguire Colle Val d’Elsa (12), Montepulciano (15) e Monteriggioni (16). 2) Sul lato destro troviamo invece sistemi caratterizzati da alti valori di BC (biocapacità), ITS (Indicatore di sostenibilità territoriale), NDVI (Indice di Vegetazione Normalizzata), Abs CO2 (anidride carbonica assorbita), cioè correlati negativamente con gli indicatori descritti precedentemente. Questi Comuni presentano una vocazione prevalentemente agricola con grande dotazione forestale e bassa densità di popolazione. Rientrano in questo insieme i Comuni di: Castellina in Chianti (5), Chiusdino (10), Gaiole in Chianti (13), Monticiano (18), Murlo (19), Radicondoli (25), San Casciano Bagni (27), Sarteano (31). 3) I tre Comuni nella parte alta del grafico si distinguono da quelli che appartengono alle precedenti voci in quanto hanno indicatori con caratteristiche spiccatamente differenti; più precisamente, in questa parte del biplot (Figura 4.3) si concentrano i Comuni che hanno un flusso di risorse locali non rinnovabili SPIN-ECO 28 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI particolarmente rilevante (oltre il 90% dell’Emergia Totale), che condiziona fortemente tutti gli indicatori emergetici ad esso connessi, come per esempio l’EYR (Indicatore di Rendimento emergetico), l’ELR (Rapporto di Impatto Ambientale), l’EpP (Emergia per persona), l’EmD (Flusso di Emergia per unità di area) e l’Em (Emergia totale). Ciò è dovuto principalmente alla presenza in seno a questi territori di una consistente attività estrattiva: marmo (Sovicille, 34), travertino (Rapolano, 26), argilla (Trequanda, 36). 4) I Comuni di Sinalunga (33), Asciano (2), Castelnuovo Berardenga (6) e San Quirico d’Orcia (30) sono separati dai Comuni del punto precedente, lungo la componente PC2, in quanto, pur avendo un’attività estrattiva consistente, la loro posizione relativa è determinata da una maggiore importanza di variabili quali il numero di residenti, il loro reddito e le emissioni di CO2. 5) I Comuni che sono posizionati nella parte bassa del biplot, nella fattispecie: Abbadia San Salvatore (1), Buonconvento (3), Casole d’Elsa (4), Castiglion d’Orcia (7), Cetona (8), Chianciano Terme (9), Chiusi (11), Montalcino (14), Monteroni d’Arbia (17), Piancastagnaio (20), Pienza (21), Radda in Chianti (23), Radicofani (24), San Gimignano (28), San Giovanni d’Asso (29), Torrita (35), hanno alti valori di EIR (Rapporto di Investimento Emergetico) e, quindi, bassi valori di EYR a causa di una relativamente maggiore incidenza delle risorse importate rispetto a quelle locali. Inoltre, nei suddetti Comuni risultano essere preponderanti i flussi di emergia rinnovabile (R) ed importata (F) rispetto alle risorse non rinnovabili (N). Nella Figura 4.4 viene riportato il plot delle componenti principali in cui è stato fatto uno zoom della parte di destra tagliando l’informazione del Comune di Siena (che comunque è l’unico Comune che fa parte dell’omonimo circondario). In questo plot i Comuni vengono identificati con due codici: un codice numerico che ripercorre quanto riportato nella Tabella 1.1 e un codice di simboli per raggruppare i Comuni secondo il Circondario di appartenenza. Questo tipo di approccio consente di evidenziare le analogie o diversità strutturali fra i vari Comuni che compongono ciascun Circondario, in riferimento al set di indicatori utilizzato. Questo tipo di informazioni può avere delle implicazioni particolarmente interessanti per gli amministratori considerato che ciascun Comune (e a sua volta ciascun Circondario) non può essere visto come un sistema a sé stante, cioè completamente isolato dal contesto, piuttosto come un tassello di un puzzle nella gestione del territorio. SPIN-ECO 29 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI 1 2 7.5 34 3 36 4 5 26 6 5.0 PC2 7 2.5 33 11 -4 -3 -2 28 35 9 -1 25 10 14 7 20244 3 21 17 19 1 23 8 29 22 -5 27 5 31 12 -6 13 16 15 0.0 30 6 2 0 1 2 18 3 4 PC1 Figura 4.4. Scatter plot delle due componenti principali PC1 e PC2. Il Comune di Siena (32) è stato eliminato per evidenziare la distribuzione degli altri Comuni. Legenda: Val d’Arbia [1], Val di Chiana [2], Chianti [3], Val d’Elsa [4], Val di Merse [5] e Val d’Orcia [6]. Dallo scatter plot (figura 4.4) si evince che le zone della Val d’Arbia [1], Val di Chiana [2] e Val d’Elsa [4] sono le più eterogenee in quanto i punti corrispondenti a quei circondari sono piuttosto dispersi nel piano. Ad esempio, i Comuni che afferiscono al Circondario della Val d’Elsa (ed in misura minore anche quelli che fanno capo al Circondario della Val di Chiana) sono dispersi lungo l’asse della PC1 (asse delle ascisse) a testimonianza della contemporanea convivenza di sistemi più industrializzati come Poggibonsi (22) (o come Montepulciano (15) e Sinalunga (33) in Val di Chiana) e di piccole aree prevalentemente agricole e forestali come Radicondoli, (25) in Val d’ Elsa o San Casciano dei Bagni (27) in Val di Chiana. La Val di Chiana presenta, inoltre, un’ulteriore distribuzione lungo l’asse della seconda componente (PC2) con Trequanda (36) per i motivi già ampiamente discussi in precedenza. In Val d’Arbia, il Comune di Asciano (2) e quello di Rapolano (26) si isolano dagli altri nell’asse della seconda componente (PC2) e questo, come abbiamo già visto, grazie alla presenza di attività estrattive. I Circondari del Chianti Senese [3], della Val di Merse [5] e della Val d’Orcia [6] sono quelli più omogenei con la sola eccezione del Comune di Radda (23) nel Chianti Senese, di Sovicille (34) in Val di Merse e di San Quirico d’Orcia (30) in Val d’Orcia. SPIN-ECO 30 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI La presenza di diversità è sempre auspicabile, sia quando si parla di sistemi ecologici (biodiversità) sia nel caso di sistemi territoriali (diversità nella conformazione del territorio, e nelle caratteristiche socio-economiche). Essa infatti rappresenta, non solo la prima ricchezza di un territorio, ma uno dei principali punti di forza che rende il sistema meno fragile e più resiliente ai cambiamenti e alle possibili crisi economiche di settore. Il progetto SPIn-Eco, portato avanti in questi anni, rappresenta un utile strumento per le varie Amministrazioni comunali e quella provinciale, in quanto mettono in evidenza le caratteristiche socio-economiche ed ambientali della Provincia. In questo modo, l’oculatezza delle politiche di governo del territorio deve essere una prerogativa indispensabile per privilegiare i punti di forza e porre rimedio ai punti di debolezza delle varie realtà territoriali comunali. In questo modo le politiche devono essere orientate a mettere in evidenza le caratteristiche comuni delle varie realtà provinciali, allo scopo di redigere opportune politiche che rispettino le realtà interessate, indipendentemente dal legame con il Circondario. Per maggiore chiarezza espositiva le pagine seguenti contengono le informazioni riassuntive relative ai Comuni della Provincia di Siena, suddivisi per Circondario di appartenenza. SPIN-ECO 31 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI CIRCONDARIO VAL D’ARBIA 1 2 7.5 34 3 36 4 5 26 6 5.0 PC2 7 2.5 33 11 -4 -3 -2 28 35 9 -1 25 10 14 7 20244 3 21 17 17 19 23 1 8 29 22 -5 27 5 31 12 -6 13 16 15 0.0 30 6 2 18 29 0 1 2 3 4 PC1 Figura 4.5. Scatter plot del Circondario della Val d’Arbia Il Circondario della Val d’Arbia presenta una significativa dispersione lungo l’asse della seconda componente PC2. I Comuni di Rapolano Terme (26) e Asciano (2) presentano una voluminosa attività estrattiva che, come noto, è fortemente degradante per l’ambiente. Questo risultato si evince dall’analisi di tutti gli indicatori emergetici che, fra tutti gli indicatori utilizzati in questo studio, sono quelli che si preoccupano maggiormente del prelievo di risorse non rinnovabili (materiali da cava). Analizzando lo stesso insieme di indicatori per i Comuni di Buonconvento (3), Monteroni (17) e San Giovanni d’Asso (29) si nota come questi presentino caratteristiche piuttosto omogenee. Infatti, dalla posizione assunta all’interno del scatter plot si evince che la loro biocapacità pro capite è piuttosto alta (questo è evidente soprattutto per i Comuni di Buonconvento e San Giovanni); la maggiore densità abitativa di Monteroni rende meno importante il contributo del capitale naturale per la comunità residente, tant’è che la sua posizione all’interno del scatter plot è leggermente defilata rispetto agli altri Comuni appartenenti al medesimo circondario. SPIN-ECO 32 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI CIRCONDARIO VAL DI CHIANA 1 2 7.5 34 3 36 4 5 26 6 5.0 PC2 7 2.5 33 11 -4 -3 -2 28 35 9 -1 25 10 14 7 20244 3 21 17 19 23 1 8 29 22 -5 27 5 31 12 -6 13 16 15 0.0 30 6 2 0 1 2 18 3 4 PC1 Figura 4.6. Scatter plot del Circondario della Val di Chiana Il Circondario si presenta piuttosto eterogeneo, ciò è dovuto alle peculiarità dei Comuni che vi appartengono. Trequanda (36) è il Comune che presenta caratteristiche che si discostano maggiormente rispetto agli altri Comuni del Circondario. Le attività produttive prevalenti, fortemente energivore e degradanti, sono quelle che determinano delle peggiori condizioni delle risorse naturali del territorio comunale. Questa situazione è diametralmente opposta per quello che concerne tutti gli altri Comuni che afferiscono al Circondario della Val di Chiana con la differenza che, nella parte sinistra del scatter plot troviamo i Comuni con una maggiore densità abitativa: Montepulciano (15), Sinalunga (33), Chiusi (11), Torrita (35), Chianciano (9), mentre nel lato destro troviamo i Comuni con grande dotazione di capitale naturale. La differenza di posizione fra Montepulciano e Sinalunga è determinata dalla maggiore estensione territoriale della prima rispetto alla seconda, che ne determina un punto di forza alla luce dei risultati ottenuti. Per quanto riguarda invece gli altri Comuni, le esigue dimensioni territoriali unite all’alta densità di popolazione residente e un importante flusso turistico, principalmente per i Comuni di Chiusi e Chianciano, rendono questi sistemi territoriali fortemente dipendenti dalle risorse provenienti dall’esterno (F). SPIN-ECO 33 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI Il patrimonio naturalistico è maggiormente concentrato nei Comuni di Cetona (8), Sarteano (31) e San Casciano (27). CIRCONDARIO CHIANTI SENESE 1 2 7.5 34 3 36 4 5 26 6 5.0 PC2 7 2.5 33 12 11 -5 -4 -3 -2 28 35 9 -1 25 10 14 7 20244 3 21 17 23 19 1 23 8 29 22 -6 13 27 5 31 16 15 0.0 30 6 2 0 1 2 18 3 4 PC1 Figura 4.7. Scatter plot del Circondario del Chianti Senese Il Circondario del Chianti Senese è quello che, per sue caratteristiche sia ambientali che socio-economiche, si presenta particolarmente omogeneo. Tutti i Comuni presentano una grande dotazione di biocapacità. Questa si manifesta prevalentemente nel Comune di Gaiole (13): il suo territorio possiede una maggiore propensione all’assorbimento di gas climalteranti. Al Comune di Castelnuovo Berardenga è da attribuire un più efficace sfruttamento delle risorse rinnovabili locali rispetto a quelle di natura non rinnovabile; infine, il Comune di Castellina in Chianti (5) si caratterizza per un maggiore sfruttamento di risorse locali non rinnovabili che risulta più importante rispetto al Comune di Radda in Chianti (23), tant’è che quest’ultimo è posizionato più in alto nel scatter plot. SPIN-ECO 34 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI CIRCONDARIO VAL D’ELSA 1 2 7.5 34 3 36 4 5 26 6 5.0 PC2 7 2.5 33 11 -4 -3 -2 28 35 9 -1 25 10 14 7 202444 3 21 17 19 23 1 8 29 22 -5 27 5 31 12 -6 13 16 15 0.0 30 6 2 0 1 2 18 3 4 PC1 Figura 4.8. Scatter plot del Circondario della Val d’Elsa Il Circondario della Val d’Elsa è atipico rispetto agli altri perché presenta eterogeneità solo nella prima componente. Questo significa che sono escluse da qualsiasi giudizio di merito, per esempio, le risorse locali non rinnovabili e la dimensione territoriale di tutti i Comuni. La differenza principale fra i Comuni presenti in questo Circonadrio è legata, da un lato, dagli alti redditi pro capite, dall’importante densità abitativa e dalla scarsa estensione di superficie forestale (Poggibonsi (22), Colle val d’Elsa (12), Monteriggioni (16)); dall’altro, troviamo un maggiore assorbimento di CO2, una bassa antropizzazione del territorio ed una maggiore dotazione di patrimonio naturalistico (San Gimignano (28), Casole d’Elsa (4), Radicondoli (25)). SPIN-ECO 35 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI CIRCONDARIO VAL DI MERSE 1 2 7.5 34 3 36 4 5 26 6 5.0 PC2 7 2.5 33 11 -4 -3 -2 28 35 9 -1 25 10 14 7 20244 3 21 17 19 1 23 8 29 22 -5 27 5 31 12 -6 13 16 15 0.0 30 6 2 0 1 2 18 3 4 PC1 Figura 4.9. Scatter plot del Circondario della Val di Merse Il Circondario della Val di Merse, fatta esclusione per il comune di Sovicille (34), è connotato da caratteristiche particolarmente simili. Più precisamente, i Comuni di Murlo (19), Monticiano (18) e Chiusdino (10) hanno un alta densità di superficie forestale, caratteristica che premia una maggiore attenzione da parte delle Amministrazioni pubbliche locali nei confronti del patrimonio naturale di questo territorio. Il Comune di Sovicille, invece, si differenzia sensibilmente da tutti gli altri, perché sono presenti sul suo territorio attività estrattive cospicue, fortemente degradanti per l’ambiente, in quanto richiedono investimenti energetici voluminosi, da un punto di vista emergetico. SPIN-ECO 36 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI CIRCONDARIO VAL D’ORCIA 1 2 7.5 34 3 36 4 5 26 6 5.0 PC2 7 2.5 33 11 -4 -3 -2 28 35 9 -1 25 10 4 14 7 20 2024 24 3 2121 19 17 14 1 23 8 29 1 22 -5 27 5 31 12 -6 13 16 15 0.0 30 6 2 0 1 2 18 3 4 PC1 Figura 4.10. Scatter plot del Circondario della Val d’Orcia Le dimensioni territoriali e lo sfruttamento considerevole di risorse locali di natura non rinnovabile estraniano il Comune di San Quirico d’Orcia (30) dagli altri Comuni appartenenti al Circondario della Val d’Orcia. La forte dipendenza dall’esterno, per quanto riguarda l’approvvigionamento di risorse utili ad alimentare i sistemi territoriali di questo Circondario, è una caratteristica di tutti i sistemi territoriali prevalentemente dediti all’attività agricola; nella fattispecie ci riferiamo ai seguenti Comuni: Abbadia San Salvatore (1), Castiglion d’Orcia (7), Montalcino (14), Piancastagnaio (20), Pienza (21) e Radicofani (24). SPIN-ECO 37 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI 5. CONCLUSIONI Il Progetto SPIn-Eco ha avuto l’obbietivo di analizzare lo stato di salute e il livello di sostenibilità della Provincia di Siena, attraverso l’utilizzo di strumenti di misura ed elaborazione, diversi fra loro. Uno dei più importanti risultati che sono stati raggiunti è la costruzione di un ricchissimo data set che raccoglie una moltitudine di dati e di informazioni di natura diversa (economica, ambientale, ecc.), sia a livello provinciale che comunale. I dati sono stati, negli anni, pubblicati nei vari volumi che sono stati redatti per il progetto, sia nei capitoli relativi allo stato dell’ambiente che in quelli delle varie metodologie. Fino ad oggi però, non era mai stata realizzata una trattazione statistica di tutti questi dati così da poter avere una lettura immediata ed integrata degli stessi. In questo lavoro è stata realizzata un’analisi delle componenti principali (PCA = Principal Component Analysis) per un set di 25 indicatori, i più rappresentativi delle varie metodologie introdotte: analisi emergetica, analisi dell’impronta ecologica, il bilancio dei gas serra e il remote sensing oltre alle variabili economiche e demografiche. Lo studio delle correlazioni fra i vari indicatori permette di avere una visione d’insieme dei sistemi territoriali dal punto di vista della sostenibilità. Analizzando il plot delle due componenti principali (queste due componenti sono in grado di spiegare il 56.5% della varianza dei dati di partenza) è stato possibile identificare diversi sottoinsiemi in cui sono stati idealmente raggruppati tutti i Comuni a seconda del set di indicatori prevalente. Innanzitutto, la prima cosa da notare è che i Comuni risultano maggiormente dispersi nella prima componente (asse x) piuttosto che nella seconda (asse y). La dispersione sull’asse x è determinata da caratteristiche socioeconomiche e demografiche; da un lato (a sinistra) abbiamo realtà con un’alta densità abitativa e redditi elevati che vanno ad incidere su indicatori quali produzione di anidride carbonica e impronta ecologica, mentre dall’altra (a destra) abbiamo indicatori correlati negativamente rispetto ai precedenti ad esempio la biocapacità pro-capite. La dispersione viene pertanto generata dalla grande variabilità nei valori che gli indicatori assumono, sinonimo di una grande diversità strutturale dei vari Comuni. Per quanto riguarda la dispersione sull’asse y, essa è determinata (in alto) dalle caratteristiche delle attività produttive (estrazione da cave) che producono un abbassamento del valore dell’indicatore EIR (in basso). In questo caso la minore dispersione è legata al fatto che solo pochi Comuni hanno tale settore particolarmente sviluppato. SPIN-ECO 38 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI La PCA ha evidenziato la mancanza di alcune correlazioni che parevano, almeno teoricamente, scontate, come ad esempio quella fra Impronta Ecologica e l’Emergia per persona. Per il set di dati analizzato questa mancanza di correlazione può essere giustificata dal fatto che le risorse non rinnovabili sono la voce predominante in una metodologia (analisi emergetica), mentre non sono contabilizzate nell’altra (analisi dell’impronta ecologica). Spostando l’attenzione a livello circondariale, è stato possibile ad esempio studiare le analogie e le diversità strutturali fra i diversi Comuni che compongono i vari circondari del territorio senese. I risultati dell’analisi mostrano che è necessario cercare di privilegiare le caratteristiche comuni al Circondario, laddove il carattere di omogeneità prevale, mentre è necessario cercare l’integrazione e la separazione dei ruoli laddove le diversità sono più evidenti. Lo scopo dovrebbe essere, quindi, quello di dedicare particolare attenzione alla congruità delle azioni intraprese dai singoli Comuni rispetto a quelle tipiche del Circondario di appartenenza. Lo studio effettuato in questi anni nel territorio della Provincia di Siena suggerisce che l’importanza della politica locale nella risoluzione dei problemi relativi alla gestione del territorio deve andare oltre i confini dei vari Comuni, e coinvolgere tutto il Circondario come un sistema che abbia una identità collettiva e coordinata, ove prevale l’omogeneità; viceversa, le entità circondariali eterogenee dovrebbero essere trattate come insiemi di specificità che si possono completare l’una con l’altra. Quest’analisi rappresenta un’ottima opportunità di concertazione e di confronto per gli attori locali che governano il territorio della Provincia di Siena con realtà circondariali omogenee ed eterogenee. Benché i Circondari si nutrano soprattutto della programmazione provinciale è innegabile che ci debba essere una maggiore volontà da parte dei soggetti pubblici locali di intraprendere un percorso più responsabile e autonomo nella programmazione socio-economica del proprio territorio. Il progetto SPIn-Eco deve rappresentare un importante punto di riferimento per gli operatori del settore e per coloro che necessitano di informazioni qualiquantitative puntuali per operare la programmazione delle attività economiche a livello comunale e circondariale; inoltre, bisogna tener presente che la sostenibilità è un percorso a cui è necessario dare continuità e coerenza con la consapevolezza che nessun modello di sviluppo economico locale potrà avere successo duraturo se non risulterà sostenibile anche dal punto di vista ambientale, mentre nessun processo di ristrutturazione ecologica del territorio senese potrà mai affermarsi se non risulterà SPIN-ECO 39 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI sostenibile anche dal punto di vista economico. Il concetto di sostenibilità, ampiamente affrontato e dibattuto in questi anni mediante il lavoro del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche e dei Biosistemi, si pone quindi come elemento chiave dell’evoluzione della Provincia di Siena. Questo tipo di indagine, se opportunamente supportata da un adeguata volontà politica, può rappresentare un utile supporto per la pianificazione di politiche ambientale, coprendo anche nuovi ed interessanti aspetti della sostenibilità. SPIN-ECO 40 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI 6. BIBLIOGRAFIA Brosse, S., Giraudel J. L., Lek S., 2001. Utilisation of non-supervised neural networks and principal component analysis to study fish assemblages. Ecological Modelling, 146, 1-3, pp. 159-166. Bagliani, M., Galli, A., Niccolucci, V., Marchettini, N., 2006. The ecological footprint analysis applied to a sub-national area: the case of the Province of Siena (Italy). Journal of Environmental Management, In press. Bell, S., Morse, S., 2005. 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SPIN-ECO 41 L’ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI Ridolfi, R., Kneller, M., Donati, A., Pulselli, R.M., 2006. The Greenhouse Gas Balance of the Province of Siena. Journal of Environmental Management, In press. Robèrt, K. H., Schmidt-Bleek, B., Aloisi de Larderel, J., Basile, G., Jansen, J.L., Kuehr, R., Price Thomas, P., Suzuki, M., Hawken, P., Wackernagel, M., 2002. Strategic sustainable development - selection, design and synergies of applied tools. Journal of Cleaner Production 10, 3, 197-214 SCAN - Software for Chemometric Analysis. Rel. 1.1 for Windows 1995, Minitab, USA. Wackernagel, M., Rees, W., 1996. The Ecological Footprint: reducing human impact on the Earth. New Society, Gabriola Island, BC, Canada. Spangenberg, J.H., 2002. Environmental space and the prism of sustainability: frameworks for indicators measuring sustainable development. Ecological Indicators 2 (3), 295–309. Spangenberg, J.H., Pfahl, S., Deller, K., 2002. Towards indicators for institutional sustainability: lessons from an analysis of Agenda 21. Ecological Indicators 2, 61–77. Valentin, A., Spangenberg, J.H., 2000. A guide to community sustainability indicators. Environmental Impact Assessment Review 20, 381–392. WCED, World Commission on Environment and Development, 1987. Our Common Future (The Brundtland Report). Oxford University Press, Oxford. SPIN-ECO 42 L’Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW) della Provincia di Siena 1. INTRODUZIONE Il concetto di Sviluppo Sostenibile non si può più dire che sia una novità, visto che la sua formalizzazione ad opera della Commissione Brundtland avvenne circa venti anni or sono. Da allora, un numero notevole di eminenti studiosi di diverse discipline si è adoperato al fine di comprendere e far comprendere meglio ciò che, con tale espressione, si deve e non si deve indicare. Molti sono stati i contributi scientifici, molti i simposi e i congressi internazionali che, ispirati dalla necessità di trovare il comportamento più opportuno che consenta una prospera sopravvivenza della specie umana sul pianeta per un tempo indefinito, hanno avuto per tema “quello sviluppo che soddisfa i bisogni presenti senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri” (WCED, 1987). La presente ricerca è finalizzata a studiare, attraverso l’utilizzo di strumenti di misura ed elaborazione, lo stato di salute e il livello delle performances di un sistema definito, che coincide con il territorio della Provincia di Siena. L’attività di monitoraggio del sistema, di concerto con tutte le altre fasi successive della ricerca, servirà a comprendere il complesso intrecciarsi delle dinamiche che interessano il comprensorio territoriale, mettendo in evidenza, in particolare, quelle innescate dalla presenza delle attività antropiche rispetto alle interrelazioni ecosistemiche che riguardano l’ambiente naturale e le risorse. Il principale, e spesso unico, strumento di verifica della “qualità” delle attività praticate dall’uomo su un territorio è il riscontro in termini economici delle stesse. Tale computo si ottiene in diversi modi, misurando di volta in volta parametri quali la produzione, il consumo, il profitto, gli investimenti, l’occupazione ecc. ed utilizzando appositi strumenti della statistica economica, come la misura del valore aggiunto o del prodotto lordo (quello che a livello nazionale viene indicato con la sigla PIL). È ormai noto, tuttavia, che tali strumenti non forniscono un quadro esaustivo della complessità che caratterizza un territorio antropizzato, dal momento che essi trascurano completamente alcune componenti fondamentali, come quelle ambientali e gran parte di quelle sociali. In questo contesto abbiamo voluto costruire SPIN-ECO 43 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE un indice che aiuti a riassumere le evidenze economiche e non che caratterizzano l’area della Provincia di Siena. A prescindere da qualsiasi calcolo o elaborazione, peraltro, è possibile formulare alcune considerazioni generali riguardo al sistema che si è sottoposto ad analisi: x È ben noto come la società occidentale non si evolva coerentemente con la capacità dell’ambiente di produrre gli input ad essa necessari, per cui si può affermare che il nostro sistema è alimentato prevalentemente da risorse non rinnovabili, quindi esauribili in un tempo definito e determinabile. In altri termini, oggi ci approvvigioniamo a spese delle future generazioni e, se questo trend non cambierà, lo faremo in misura sempre maggiore nel futuro. x Allo stesso modo, sulla base del modello di sviluppo adottato dai paesi del mondo industrializzato, è difficile ipotizzare, per il nostro sistema, l’autosufficienza, vale a dire la capacità di fare fronte ai propri fabbisogni di materia, energia, superficie territoriale ed informazione utilizzando solo le proprie risorse. In altri termini oggi ci approvvigioniamo a spese di altre popolazioni e, se questo trend non cambierà, lo faremo in misura sempre maggiore nel futuro. x Infine, non sarà certo la continua ricerca di livelli sempre maggiori di ricchezza finanziaria che porterà a condizioni tali da permettere una maggiore cura per l’ambiente e per le risorse. Gli strumenti economici non hanno in sé il crisma della efficiente allocazione delle risorse, dal momento che non tengono conto di ciò che, con il mercato, non ha direttamente a che fare. Ciò significa che la valutazione dei comportamenti umani, qualora si vogliano confrontare con le problematiche ambientali, va eseguita integrando, per usare le parole di Matthias Ruth, economia, ecologia e termodinamica. La presente relazione, come detto, verterà sull’analisi del terzo punto, proponendo uno strumento specifico atto a monitorare le interazioni tra il sistema economico locale, la società e l’ambiente. Sarà infatti descritto ed utilizzato uno strumento di contabilità economica, utile ad integrare l’informazione contenuta nel PIL e negli indicatori economici tradizionali, in modo da fornire una misura monetaria di fenomeni della società umana normalmente trascurati. SPIN-ECO 44 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE 1.1 L’integrazione di economia, ecologia e termodinamica In un pianeta finito e limitato dalla propria capacità portante (carrying capacity1), il sentiero della crescita, quello cioè dello sfruttamento di quantità sempre maggiori di materia ed energia, non è fisicamente percorribile. Ciò che si deve perseguire è l’idea di un sistema in cui le risorse vengano sfruttate ad una velocità inferiore o uguale rispetto alle capacità dell’ambiente di ripristinarle, e in cui i rifiuti prodotti dall’attività antropica possano essere assorbiti dalla natura in tempi ragionevoli. L’elemento di fondamentale innovazione introdotto dai teorici dello sviluppo sostenibile è la variazione dell’orizzonte temporale di riferimento per ogni comportamento o schematismo: il dilemma intergenerazionale non potrà mai essere affrontato senza imparare a ragionare in termini di lungo periodo. In questo senso va inteso il passaggio logico dal termine inglese to carry (portare, reggere) a to sustain (mantenere, portare nel tempo, durevolmente). Il concetto di tempo assume quindi centralità e, affinché lo studio si possa collocare entro i binari della sostenibilità, è indispensabile la termodinamica e, in particolare, la sua seconda legge, vale a dire lo studio delle modalità e dei limiti di sviluppo e di sopravvivenza di ogni sistema che abbia a disposizione risorse limitate nel tempo. I sistemi territoriali si possono definire sistemi termodinamicamente aperti, dal momento che scambiano energia e materia con l’esterno, e si mantengono lontani dall’equilibrio, vale a dire riescono, nutrendosi di risorse, a contrastare il deperimento ed il decadimento al quale sono sottoposti naturalmente tutti i sistemi, proprio in virtù della seconda legge. Essi si manifestano durante la loro evoluzione in forme sempre più complesse, attingendo risorse dall’ambiente e riversando in esso gli scarti prodotti. In altre parole, sono attraversati da flussi di energia e materia che partono da una “sorgente” e finiscono in un “pozzo” e durante questo passaggio sono in grado di utilizzare tali flussi per diminuire la propria entropia, per sopravvivere. Questa capacità, insieme con quella della sorgente di produrre energia utilizzabile e con quella del pozzo di assorbire l’energia-rifiuto, è essenziale per la sopravvivenza 1 D. Meadows et al., in “Oltre i limiti dello sviluppo” (Il Saggiatore, Milano, 1993, p.176) definiscono la Carrying capacity, o capacità di carico, l’ammontare di popolazione che un dato ambiente può sostenere indefinitamente. Il concetto fu definito, originariamente, per sistemi popolazione/risorse relativamente semplici: per esempio il numero di bovini od ovini che una data estensione di un dato terreno da pascolo può mantenere senza degradarsi. Per la popolazione umana esso assume un carattere molto più complesso, per la grande varietà di risorse che gli esseri umani prelevano dall’ambiente, di rifiuti che all’ambiente essi rimandano, di tecnologie, istituzioni e modi di vita che essi possono adottare. Quello di capacità di carico è un concetto dinamico: essa non è costante ma continua a cambiare con il cambiare delle condizioni meteorologiche e di altri fattori esterni, oltre che con la pressione esercitata dalle specie “portate”. SPIN-ECO 45 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE di ogni sistema o organismo vivente. Pertanto, posto che tanto la sorgente quanto il pozzo possano essere definiti come l’ambiente circostante, la termodinamica fornisce gli strumenti che consentono di apprezzare le capacità dei sistemi di vivere nel corso del tempo in relazione all’ambiente che li circonda, quindi di valutare la loro sostenibilità. Così come la termodinamica evolutiva studia i sistemi aperti lontani dall’equilibrio, soggetti a modificazioni irreversibili, e che si nutrono di neghentropia a spese dell’ambiente circostante, anche lo studio dei sistemi economici e sociali deve essere modificato in modo da comprendere, entro i propri schematismi, le implicazioni di lungo periodo che caratterizzano le relazioni tra l’uomo ed il suo ambiente circostante. Sebbene il concetto di permanenza nel tempo proprio della sostenibilità sia presente già nella letteratura degli indicatori economici, è necessario considerare che la biosfera, sistema complesso, si comporta in base a leggi fisiche imprescindibili, delle quali deve tenere conto qualsiasi rappresentazione modellistica. Tali leggi naturali, come il secondo principio della termodinamica, non sono ancora comprese in modo soddisfacente nell’intelaiatura economica dominante, la quale peraltro è deputata a regolare i comportamenti economici e sociali, a scapito della considerazione per le cose ambientali. Critica, dunque, è una definizione di sostenibilità, che sia riferita non solo all’attività umana, né solo alla capacità dell’ambiente di alimentarla, ma piuttosto all’armonia tra la prima e la seconda. Ruth considera il sistema economico come un sistema aperto che scambia flussi di energia e materia col più ampio sistema (ambiente) che lo contiene. Pertanto la sostenibilità viene definita come uno stato dell’ecosistema, che comprende componenti ecosistemiche interconnesse (come le componenti biotiche) e i sistemi economici, nel quale la struttura e la funzione di ciascuna componente riappropriazione di un possano corretto essere mantenute rapporto nel lungo periodo. La uomo-natura passa attraverso il riconoscimento della potenzialità distruttiva degli interventi antropici: l’uomo è parte integrante della natura e non può non interagire e modificare il suo ambiente, quindi anche la conservazione non deve essere intesa come semplice ripristino e meno che mai come isolamento da ciò che si vuole preservare. SPIN-ECO 46 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE 1.2 Sostenibilità e Amministrazione Il governo del territorio è stato interessato, nel corso degli ultimi trent’anni, da un fenomeno curioso quanto pervasivo. Mentre nelle riflessioni scientifiche e nei documenti prodotti durante le attività pianificatorie ricorreva sempre più spesso il tema della sostenibilità, il dibattito sui “limiti della crescita” è stato progressivamente messo ai margini, in funzione di approcci decisamente più pragmatici di gestione e di supporto alla crescita delle economie locali. Negli anni ‘90 anche i governi più “environmentally oriented” si sono diretti verso la ricerca di soluzioni che garantissero esclusivamente il mantenimento degli equilibri dell’ambiente locale, dimenticando, per opportunità o per ignoranza, il tema rilevante della sostenibilità globale. Il fatto che gli strumenti a disposizione del pianificatore abbiano un orizzonte necessariamente limitato giustifica infatti solo in parte l’assenza quasi totale di attenzione al problema del rapporto fra attività locali e vincoli globali. I limiti che oggi trovano spazio nelle analisi come negli strumenti di controllo e verifica dell’attività di gestione amministrativa del territorio sono, nella quasi totalità, valori di soglia relativi a particolari fattori di pressione che vengono esercitate sull’ambiente locale. Nel linguaggio delle pubbliche amministrazioni parlare di ambiente, oggi, significa in primis riferirsi ai cosiddetti “superi” delle concentrazioni di polveri sottili o dell’ozono nell’aria, alle classi di qualità delle acque, alle soglie di inquinamento acustico o elettromagnetico: a set di valori ben noti e monitorabili (con le difficoltà tecnico-economiche del caso), al di là dei quali la legge impone di intervenire a tutela della salute pubblica. Su un piano parallelo esiste il filone, storicamente precedente, della verifica del rischio, prima quello idrogeologico, più recentemente quello connesso alle attività industriali. Su un terzo livello si trova il tema delle aree protette, della tutela della flora e della fauna, della gestione dei parchi che, per tanto tempo, hanno rappresentato tout-court l’ecologia nell’immaginario collettivo. Le esperienze più recenti di Agenda XXI hanno raccolto sotto l’ombrello della sostenibilità tutti questi aspetti già frequentati dalla routine amministrativa, aggiungendo un accento sulla partecipazione e sulla condivisione sociale. Unici elementi scollati dal senso complessivo di questo scenario, ma talmente scontati da non dare nell’occhio, i temi del risparmio energetico, dell’effetto serra e del cosiddetto buco nell’ozono. SPIN-ECO 47 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Questo insieme di attenzioni rivolte (escludendo le ultime tre voci) all’ambiente locale si è ormai talmente consolidato che non emerge nessun disagio, nessun sospetto sul come l’etichetta della sostenibilità definisca, in realtà, un orizzonte di senso comune capace di connettere tra loro tutti questi temi, ma introducendo a monte dei limiti globali. Il tema dei limiti della crescita è diventato, anzi, un autentico tabù, al punto da far perdere talvolta la percezione della dicotomia fra crescita e sviluppo, fino a far accettare quale sinonimo di sviluppo sostenibile il brutto ossimoro della “crescita sostenibile”. Il rapporto tra i grandi enunciati delle convenzioni internazionali sulla sostenibilità e gli atti concreti della pianificazione locale è ampiamente monco, per quanto riguarda il tema della sostenibilità globale, anche (e forse soprattutto) perché ai pianificatori manca quasi sempre un solido apparato analitico di riferimento. Una volta concesso che alle comunità locali e alle classi politiche interessa soprattutto lo stato di salute dell’ambiente locale, come può l’amministratore capire quali effetti ha il comportamento del suo sistema territoriale sul consumo delle risorse, ovvero sull’inquinamento complessivo della biosfera? Come è quindi possibile mantenere, nei tempi stretti della produzione del consenso che (almeno nei paesi cosiddetti democratici) sta alla base della pianificazione, la presa sui tempi lunghi e sulle scale dimensionali della sostenibilità globale, se nemmeno si possiedono solidi elementi di conoscenza da proporre al dibattito collettivo? La convinzione sottesa a tutto il lavoro presentato in seno al Progetto SPIn-Eco è che alcune descrizioni di tipo sistemico-olistico-termodinamico possiedano il grado di generalità necessario per comprendere lo stato di salute di un territorio rispetto alla sostenibilità globale, costruendo al tempo stesso una conoscenza rilevante – e immediate conseguenze pratiche – anche sotto il profilo della sostenibilità locale. La visione ampia della termodinamica può fornire alla pianificazione un punto di riferimento, ma più in generale informare la politica e le politiche, affinché il tema della sostenibilità torni ad essere, anziché una formula consolatoria, l’occasione per costruire un’autentica cultura della trasformazione. Il tema della sostenibilità nasce innanzitutto da uno sguardo globale, dalla consapevolezza della unicità e unitarietà della biosfera, dal suo essere un sistema termodinamicamente chiuso. Il momento fondativo di questo sguardo, soprattutto dal punto di vista della sua affermazione a livello sociale, della nascita cioè della coscienza ambientale moderna, è spesso individuato in corrispondenza delle prime riprese televisive dallo SPIN-ECO 48 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE spazio che accompagnarono, negli anni ‘60, la corsa alla Luna. La coincidenza con un altro momento “miliare” nella storia del pensiero ecologico contemporaneo, ovvero con la pubblicazione di “The Limits to Growth” (tradotto in Italia con il titolo colpevolmente errato de “I limiti dello sviluppo”), non è banale: il primo lavoro del Club of Rome definì infatti il contraltare scientifico di quella stessa consapevolezza, e, sebbene viziato nei risultati dalla ingenuità dei modelli e dalle capacità di calcolo di quel tempo, impose finalmente la centralità del tema dei vincoli, dei constraints – appunto – della biosfera. I meccanismi specifici attraverso i quali si manifesta il confine generale alla capacità della biosfera di organizzarsi e di ripararsi, mantenendo o addirittura incrementando la propria complessità, in un universo che complessivamente scivola verso il disordine sono innumerevoli, ma tutti gli aspetti del metabolismo del pianeta, quale che sia il livello di organizzazione o la scala spaziale che decidiamo di descrivere, sono coinvolti in questa equazione generale, compresi in questo intervallo di valori invalicabile e fondante. Ma mentre il ruolo dei limiti non è mai tramontato dall’orizzonte di quanti hanno studiato e addirittura inventato il concetto di sviluppo sostenibile, la natura termodinamica della sostenibilità è stata in qualche modo dimenticata mano a mano che lo sguardo è stato portato verso il livello locale. Il processo di filtering down che è stato immaginato per portare verso le comunità locali (gli attori ultimi, si diceva, della sostenibilità) il concetto di sviluppo sostenibile, ha in realtà lasciato sul terreno una parte essenziale del contenuto di quella formula fortunata. Nel pensiero dei padri della riflessione ambientalista moderna, nelle ricerche e nelle proposte che a cavallo degli anni Sessanta e Settanta hanno portato all’elaborazione del concetto di sviluppo sostenibile, il ruolo dei limiti e l’attenzione al bilancio termodinamico della biosfera hanno sempre mantenuto una centralità decisiva. Se si pensa al costante riferimento all’entropia nei lavori di Georgescu Roegen, all’evoluzione del concetto di steady state (stato stazionario) nel pensiero di Herman Daly, la percezione della dimensione planetaria della sostenibilità non è mai venuta meno, così come nelle grandi conferenze internazionali da Stoccolma a Rio, passando per il celeberrimo rapporto Bruntland del 1987. La ricerca, in seguito, non si è per nulla fermata: si può anzi dire che con l’Ecological Economics di Robert Costanza, Charles Perrings e Herman Daly lo sviluppo sostenibile abbia, oggi, un’autentica disciplina scientifica di riferimento, SPIN-ECO 49 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE mentre la scuola emergetica di H.T. Odum da un lato e le ricerche sull’exergia di Jan Szargut, Goran Wall, Sven E.Jørgensen ecc. dall’altra hanno approfondito in maniera decisiva la nostra capacità di comprendere e descrivere le fondamenta energetiche del metabolismo planetario. 1.3 La ricerca applicata alla Provincia di Siena Durante la realizzazione del Progetto SPIn-Eco sono state proposte varie analisi ambientali e di sostenibilità applicando diversi indicatori al territorio della Provincia di Siena e dei 36 comuni che la compongono. Le metodologie applicate, analisi emergetica, impronta ecologica, analisi exergetica ed exergetica estesa, bilancio dei gas serra, analisi delle immagini da satellite, sono basate su grandezze fisiche che permettono valutazioni oggettive che travalicano i confini del mercato. In queste pagine viene presentato un ulteriore indicatore che permette di dare un valore numerico, in questo caso economico, al benessere percepito dalla popolazione aggiungendo informazioni ai parametri tradizionali della crescita economica, primo fra tutti il Prodotto Interno Lordo. L’Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW) è stato presentato per la prima volta nel 1989 da Herman Daly e John Cobb per l’economia degli USA, allo scopo di comprendere il ruolo della piattaforma ambientale, sulla quale il sistema economico poggia le sue basi, e della sfera sociale, con la quale esso interagisce, come elementi cruciali per uno sviluppo sostenibile. L’ISEW deriva dalla letteratura Ecological Economics e, per sua natura, ben si integra con le metodologie proposte in seno al Progetto SPIn-Eco. Come si vedrà più avanti, l’ISEW è stato calcolato per alcune economie nazionali, ma per la prima volta viene proposto a livello locale, stando alla letteratura scientifica internazionale. Lo scopo principale di tale proposta è quello di rendere noto che di tali strumenti ci si può realmente dotare, in modo da integrare le poche informazioni che si hanno a disposizione sulle quali costruire progetti sostenibili di pianificazione e programmazione anche economica. La presentazione di questo indice valorizza inoltre la scelta dell’Amministrazione locale di dotarsi di strumenti di valutazione della qualità della vita e dell’ambiente in Provincia di Siena fondati su solide basi scientifiche, come quelli utilizzati in ambito SPIn-ECO. SPIN-ECO 50 2. Dal Prodotto Interno Lordo (PIL) all’Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW) 2.1 Il PIL: aspetti teorici ed alcune critiche La dizione Prodotto Interno Lordo o comunemente PIL è universalmente e pacificamente accettata come la misura fondamentale della ricchezza di un paese e la sua quota pro capite, che si ottiene dividendone l’ammontare complessivo per il numero di abitanti, viene generalmente considerata un indicatore del grado del benessere dei cittadini. La sua nascita risale a quasi un secolo fa, nel 1933, ad opera di un piccolo staff di ricercatori governativi presso il Ministero del Commercio degli Stati Uniti, guidati da un economista di nome Simon Kuznets, di origine ucraina, che mise a punto la formula del Gross Domestic Product (GDP). Da quella data il governo americano, e via via tutti gli altri stati, hanno assunto questa misura come un riferimento ufficiale per l’attuazione della politica economica e per la valutazione della ricchezza del paese e dei suoi abitanti. Il PIL è l’insieme di tutti i beni e servizi finali prodotti all’interno di un paese in un determinato periodo (ad esempio un anno o un trimestre). Essendo un insieme eterogeneo, l’aggregazione viene effettuata solo in termini monetari, cioè sommando i valori dei beni stessi. Si definisce PIL nominale (o in euro correnti) YN n YN ¦pq i i i 1 la somma dei valori degli n beni e servizi finali prodotti in un sistema economico nell’unità di tempo (anno o trimestre). Il valore di un generico bene i-esimo è calcolato come il prodotto tra la quantità qi e il prezzo corrente pi. Dal PIL nominale differisce il cosiddetto PIL reale che è dato dalla sommatoria dei prodotti tra le quantità prodotte q e i prezzi di quei beni riferiti ad un anno di riferimento. Il PIL reale consente di fare confronti tra anni diversi. Ci sono anche alcune definizioni alternative del PIL come le seguenti: 1. Il PIL è pari alla somma dei beni e servizi finali prodotti nell’economia; 2. Il PIL è pari alla somma del valore aggiunto dei diversi settori dell’economia; SPIN-ECO 51 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE 3. Il PIL è pari alla somma dei redditi percepiti nell’economia. Per concludere, il PIL non è altro che la misura della produzione di beni e servizi, che coincidono con l’offerta di mercato alla quale naturalmente corrisponde una domanda. In base a quanto appena detto, possiamo nuovamente dare una definizione del PIL: - dal punto di vista dell’offerta il PIL è pari alla somma dei Valori Aggiunti (V.A.) settoriali - dal punto di vista della domanda abbiamo diverse categorie di spesa: CONSUMO (C) = Acquisto di beni e servizi da parte delle famiglie Beni durevoli (vita media > 3 anni) Beni non durevoli (vita media < 3 anni) Servizi INVESTIMENTO (I) = Acquisto da parte delle imprese di beni capitale che verranno utilizzati per svolgere attività produttiva futura (es. macchinari, fabbricati, etc…) SPESA PUBBLICA (G) = Acquisto di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione (Governo, enti pubblici, etc…) Infine, poiché i residenti vendono e comprano all’estero, abbiamo: ESPORTAZIONI (EXP) = Acquisto di beni e servizi nazionali da parte del resto del mondo (es: vino italiano venduto in Germania) IMPORTAZIONI (IMP) = Acquisto di beni e servizi prodotti all’estero da parte dei residenti (es: cioccolato svizzero venduto in Italia). La formula per il calcolo del Prodotto Interno Lordo è quindi: PIL=C+I+G+(EXP-IMP) Sull’andamento del PIL possono incidere sia il Governo che la Banca Centrale: quest’ultima si occupa di politica monetaria, mediante la determinazione dei tassi d’interesse, mentre il Governo opera sulla politica fiscale riguardante la determinazione delle entrate provenienti dai versamenti dovuti dai contribuenti nei confronti dello Stato. Tale formulazione è alquanto semplice, così come semplici sono le informazioni che si possono trarre dall’analisi del PIL: per questo, sulle limitate capacità del PIL di informare su tutti gli aspetti della vita economica e non di un paese, lo stesso Kuznets si sentì in dovere informare il Senato americano, in un suo intervento del 1934, con le seguenti parole: “The welfare of a Nation can scarcely be inferred from a measurement of national income as defined above”… (“Il benessere di una nazione SPIN-ECO 52 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE può essere difficilmente rappresentato da una misura di produzione nazionale come quella appena definita”). Da tempo sono noti i limiti “informativi” del PIL e gli errori che da essi derivano come le distorsioni nella comprensione dell’economia e della società, della vita delle persone e delle relazioni sociali, in quanto qualsiasi attività che avviene all’interno di un sistema contribuisce alla crescita del PIL e viene considerata positiva per lo sviluppo economico e il benessere anche se non sempre lo è. Il PIL non sottrae il deprezzamento del capitale prodotto; il PIL non considera l’impoverimento del capitale naturale; il PIL indica alla pari cose buone e cattive, servizi utili e inutili purché prodotti e venduti; il PIL misura insieme e allo stesso modo prodotti che hanno effetti opposti e prodotti che si distruggono vicendevolmente (gli autoveicoli e gli effetti degli incidenti stradali, la produzione di mine e le attività di sminamento); il PIL misura come voce attiva il consumo di risorse (anche quelle, tante, finite o in via di esaurimento); il PIL include le armi; il PIL trascura ogni servizio o transazione gratuiti; il PIL include le spese “difensive”, ovvero quelle che servono solo a sanare gli effetti (ad esempio) dell’inquinamento; il PIL non valuta danni ed effetti di lungo periodo; il PIL non dice se il prodotto soddisfa bisogni che sono anche diritti (cibo, medicine, vestiti) per chi non ne ha abbastanza. Inoltre non contabilizza l’economia sommersa: lavoro domestico e informale, l’autoconsumo e l’attività illegale. La ricerca nel campo dello sviluppo, e dello sviluppo umano in particolare, ha evidenziato come l’eccessiva preoccupazione per la crescita e per la contabilità nazionale abbia sostituito l’attenzione verso i fini della stessa, con un’ossessione per i semplici mezzi (UNDP, 1990). Se si abbatte una foresta aumenta il PIL! Scrive - su un bellissimo recente numero de Le Scienze titolato Strategie per la Terra - Herman Daly: “Quando l’espansione economica intacca una quota troppo elevata dell’ecosistema circostante, si comincia a sacrificare un capitale naturale (risorse alimentari, minerali e combustibili fossili) che ha un valore superiore al capitale generato (infrastrutture e beni di consumo). Avremo allora una crescita “antieconomica”, che produce più rapidamente “mali” che “beni”, e ci rende più poveri invece che più ricchi. I mercati che funzionano correttamente distribuiscono le risorse in modo efficiente, ma non determinano la scala di sostenibilità, che può essere stabilita solo dai governi”. Il PIL non può più essere il solo “indice” che si utilizza per valutare lo stato di un sistema e la sua crescita economica, anche perché SPIN-ECO 53 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE è ormai riconosciuto da tutti il fatto che la crescita continua e indifferenziata non è equa e sostenibile. Il modello economico tradizionale non tende ad aumentare in modo omogeneo il benessere collettivo; al contrario, allarga a dismisura le disuguaglianze tra i paesi e tra le classi sociali, aumenta la povertà e l’esclusione, pregiudica i diritti umani, indebolisce la democrazia, rende precario il lavoro, ci sta portando verso il disastro ambientale. Lo stesso concetto di sviluppo dettato dall’economia tradizionale è entrato in crisi. Perché sviluppo non deve più essere interpretato come sinonimo di crescita, e in particolare di crescita dei consumi, perché il pianeta essendo un sistema finito non può reggere un’espansione illimitata del consumo di risorse ed energia e della produzione di rifiuti. Seguendo Herman Daly2, “crescere” vuol dire aumentare naturalmente in dimensione per aggiunta di materia, per assimilazione o aggregazione; mentre “svilupparsi” vuol dire espandere o realizzare la potenzialità di portare gradualmente ad una condizione più completa, più grande o migliore. In breve, la crescita è aumento quantitativo su scala fisica, mentre lo sviluppo è miglioramento qualitativo o dispiegamento di potenzialità. Un’economia può crescere senza svilupparsi o svilupparsi senza crescere, o fare entrambe le cose o nessuna delle due. Poiché l’economia umana è un sottoinsieme di un ecosistema complessivo limitato che non cresce, anche se tuttavia si sviluppa, è chiaro che la crescita dell’economia non può essere sostenibile su lunghi periodi di tempo. Il termine “crescita sostenibile” dovrebbe dunque essere rifiutato come un cattivo ossimoro. Il termine sviluppo sostenibile è molto più adatto. 2.2 Un primo approccio alternativo Il PIL e, soprattutto, il suo contenuto di informazione, è stato oggetto di numerose critiche anche da parte degli stessi economisti. Per questo, la misura che presiede al calcolo è stata spesso oggetto di integrazioni e correzioni, avviate proprio a partire da queste critiche. In particolare, l’utilizzo del PIL come indicatore del benessere delle società industrializzate risulta sempre più insoddisfacente: “È chiaro che l’aumento delle diseconomie esterne provoca una diminuzione del benessere. Se di tali diseconomie non si tiene conto nel calcolo del PIL, si verifica una divergenza tra la crescita 2 Daly H.E., “ Toward some operational principles of sustainable development”, Ecological Economics, 2, 1-6 (1990). SPIN-ECO 54 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE economica, fin qui considerata, sia pure implicitamente, come sinonimo di benessere, e l’aumento reale del benessere stesso. Ne consegue la necessità di fare una distinzione tra il livello di vita misurato per mezzo del PIL e il benessere, che non è invece misurato”3. A seguito di queste critiche sono stati fatti dei tentativi di correggere gli attuali sistemi di contabilità economica nazionale, tenendo conto dei fenomeni da essi trascurati. In questa direzione sono stati sviluppati alcuni indicatori che tengono conto, oltre che dei fattori economici anche di quelli sociali e culturali. Concepire lo sviluppo economico tenendo conto anche dei suoi aspetti più squisitamente qualitativi, certamente comporta il rischio di fare delle scelte di valore, e quindi di produrre strumenti non del tutto neutrali rispetto a modelli culturali o ideologie politiche diverse. D’altra parte nemmeno la scelta di un indice puramente quantitativo come il PIL quale misura del “successo economico” di una determinata società è del tutto esente da giudizi di valore. Risulta quindi molto difficile, se non impossibile, parlare di sviluppo economico senza fare riferimento, implicitamente od esplicitamente, a determinati modelli, che discendono da una certa visione ed interpretazione culturale della realtà. È importante, comunque, sottolineare la percezione di un’esigenza di ottenere qualcosa in più, in termini di informazione, rispetto alla semplice misura della capacità produttiva di un paese. È probabile, inoltre, che questa esigenza si sia fatta negli ultimi anni sempre più palese, disinibendo alcuni teorici i quali, partendo dall’interno della teoria economica, si sono discostati da essa verso posizioni che oggi potrebbero definirsi eterodosse o, più semplicemente, innovative. Al fine di integrare le informazioni fornite dal PIL, indice della ricchezza di un paese, nel tempo sono nati altri indici come il GPI (Genuine Progress Indicator), l’ISU (Indice di Sviluppo Umano), l’IEF (Index of Economic Freedom) e l’ISEW (Index of Sustainable Economic Welfare), quest’ultimo oggetto della presente relazione. Il primo di questi tentativi, in ordine cronologico, è il MEW, che è presentato di seguito. The Measure of Economic Welfare - MEW L’inizio degli anni Settanta, fu un periodo nevralgico per la teoria economica, a causa degli eventi che caratterizzarono quel periodo (primo fra tutti lo shock petrolifero). In quel periodo viene messa in discussione la Teoria della Crescita e 3 Totola Vaccari M.G. (1988), "Rivedere la gerarchia dei valori-guida: la qualita'", rivista Verdevivo n.15 SPIN-ECO 55 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE sono importanti i contributi, tra agli altri, di John Hartwick e Robert Solow, i quali introdussero nell’impalcatura teorica dell’economia il concetto di risorse esauribili, quelle che il pianeta può offrire solo in quantità limitata e per un tempo finito. Un altro contributo sostanziale fu offerto nel 1972 da William Nordhaus e James Tobin4, i quali, interrogandosi sulla capacità della crescita economica di fornire informazioni sul livello di benessere percepito dalla popolazione, svilupparono un indice correttivo del PIL che mettesse in evidenza elementi più strettamente connessi al benessere economico. Il presupposto di questo indice, the Measure of Economic Welfare (MEW), è il fatto che il benessere dipende dal consumo più che dalla produzione. Per questo, gli autori considerarono il consumo come componente primaria del benessere, separandolo dall’investimento e dalle spese intermedie. Anche la spesa pubblica venne considerata solo in modo indiretto e/o parziale, perché assimilata in alcuni casi all’investimento e in altri a spese intermedie e difensive. Non tutto il consumo è correlato al benessere, quindi alcune spese, come quelle sanitarie e per l’istruzione, furono considerate difensive, il pendolarismo e le spese ad esso associate furono escluse perché non collegate al benessere della popolazione, così come i costi dell’urbanizzazione (intesa come congestione di aree urbane). Furono escluse le spese per beni durevoli, dal momento che ciò che contribuisce al benessere sono i servizi resi dallo stock esistente di tali beni. In generale questi aggiustamenti di ordine economico produssero una misura che non alterava particolarmente l’interpretazione dei dati sul PIL. L’analisi degli autori, che andava dal 1929 fino agli anni Ottanta, dimostrava una crescita simultanea dei due indici (PIL e MEW), anche se il primo era più rapido del secondo. In particolare, dal secondo dopoguerra, il PIL è cresciuto mediamente ad un tasso pari al 2,2% contro una crescita media del MEW pari allo 0,4%. Qualcuno poteva interpretare il risultato come una spinta ulteriore alla crescita, visto che più unità di ricchezza (PIL) erano necessarie per ottenere un’unità di benessere (MEW), tuttavia, si notò che al MEW mancavano alcune fondamentali componenti per la determinazione del benessere di una popolazione. Queste componenti sono, principalmente, la disuguaglianza distributiva, il degrado ambientale ed alcune problematiche sociali, che un’ulteriore crescita avrebbe peggiorato. 4 Nordhaus, W., Tobin, J., 1972. Is growth obsolete? Economic Growth. National Bureau of Economic Research, General Series No. 96, New York. SPIN-ECO 56 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE In generale, il fatto che l’andamento del MEW sia correlato con quello del PIL non sovverte i principi tradizionali dell’economia della crescita, rafforzando la convinzione che crescita economica, benessere economico e benessere totale muovano nella stessa direzione. Tuttavia, è noto a molti che l’incremento del benessere economico può indurre un più che proporzionale decremento di benessere non-economico. Ma poiché la categoria “benessere non-economico” non è misurabile, mentre quella “benessere economico” ha una misura numerica, questo porta a sovrastimare l’importanza del secondo e a sottostimare quella del primo. Diversi economisti, di converso, hanno dimostrato che la crescita economica porta con sé distorsioni e problemi che possono pregiudicare la sua immediata traduzione in benessere per la popolazione. In particolare, Manfred Max-Neef5 propose la cosiddetta ipotesi-soglia, secondo la quale “economic growth brings about an improvement in the quality of life but only up to a point beyond which, if there is more economic growth, the quality of life may begin to deteriorate” (“la crescita economica apporta un miglioramento della qualità della vita fino ad un certo punto oltre il quale, in corrispondenza di ulteriore crescita, la qualità della vita inizia a deteriorarsi”); similmente, Edward Nell6 affermò che i benefici correlati ad un aumento di ricchezza crescono, ma ad un tasso progressivamente decrescente, mentre i costi correlati alla stessa ricchezza crescono ma a tassi crescenti. Esiste un certo punto Q in corrispondenza del quale costi e benefici dovrebbero bilanciarsi, ma ancora prima (quindi a livelli inferiori di crescita) esiste un punto Q’ in corrispondenza del quale un ulteriore incremento dei costi del sistema (crescenti) non è più compensato da un incremento ulteriore dei benefici (decrescenti). La Figura 2.1 rappresenta il pensiero di Nell. 5 Max-Neef, M. 1995. Economic growth and quality of life: a threshold hypothesis. Ecological Economics 15: 115-118. 6 Nell, E.J. 1996. Making sense of a changing economy: technology, markets and morals. Routledge, London, New York. SPIN-ECO 57 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Costi Costi e benefici del sistema economico Benefici Q’ Q Ricchezza pro capite Figura 2.1. Costi e benefici dell’aumento della ricchezza (Nell, 1996) SPIN-ECO 58 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE 2.3 Dal PIL all’ISEW Come finora detto, il PIL è ritenuto essere ancora oggi l’indicatore del progresso; serve per misurare tutte le attività economiche ed è ciò che misura la crescita dell’economia. I governi e le industrie ritengono che un suo aumento sia molto importante, tuttavia molti credono che se perdurerà il suo uso come indicatore del progresso, sarà difficile raggiungere uno “sviluppo sostenibile”7, in quanto il PIL, guida l’economia in maniera molto casuale. Daly afferma che il PIL misura quanto le ruote girino velocemente, non dove stia andando la macchina. Nell’arduo tentativo di colmare queste lacune, da anni alcuni studiosi di diversi paesi stanno lavorando ad un’ipotesi di critica radicale alla teoria economica dominante negli ultimi due secoli, assumendo come paradigma il patrimonio Natura per definire l’efficienza della stessa economia umana. Per intendere il ribaltamento di criteri valutativi e di prospettiva che l’economia ecologica introduce, basta riflettere su alcune distorsioni indotte dal mito del PIL: un Paese che usa il territorio in modo dissennato costruendo senza criterio infrastrutture ed edifici e provocando un dissesto idrogeologico, dopo una “catastrofe naturale” si potrebbe paradossalmente ritrovare più “ricco” dal punto di vista del PIL, per le opere di ricostruzione e risistemazione necessarie. Oppure un paese che usa prevalentemente il mezzo privato per il trasporto risulterebbe più “ricco” di un paese come l’Olanda dove la mobilità è affidata soprattutto a treno-bicicletta: il PIL, infatti, “godrebbe” di un maggior consumo-produzione di auto pro-capite, di maggiori spese e investimenti per cura e recupero di vittime, di incidenti e di intossicati da smog, per restauro e recupero di monumenti corrosi dai gas di scarico, ecc. Si percepisce allora che l’indicatore PIL non solo è inadeguato per la misura di alcune entità, come il benessere, ma addirittura contraddittorio, poiché registra in termini positivi nella propria contabilità fattori che la razionalità ed il senso comune indicherebbero come negativi, da addebitare quindi alle passività. Da qui sono partiti due economisti nordamericani, Daly e Cobb, già precedentemente citati: essi hanno constatato, infatti, che danni prodotti al 7 “lo sviluppo è sostenibile se soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere le possibilità, per le generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Il concetto di sviluppo sostenibile implica quindi dei limiti, non dei limiti assoluti, ma quelli imposti dal presente stato dell'organizzazione tecnologica e sociale nell'uso delle risorse ambientali e dalla capacità della biosfera di assorbire gli effetti delle attività umane”. WCED, World Commission on Environment and Development, 1987. Our common future (The Brundtland Report). Oxford University Press, Oxford. SPIN-ECO 59 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE patrimonio naturale, di per sé finito e limitato, sia sul versante del degrado che del consumo di risorse esauribili, devono rientrare come elementi negativi in una nuova contabilità che considera la qualità dell’ambiente una delle condizioni essenziali del benessere umano. Su questa base hanno quindi cercato di elaborare un nuovo indice alternativo a quello riduttivo del PIL, l’ISEW (Index of Sustainable Economic Welfare). La proposta di creare un Indice di Benessere Economico Sostenibile, avanzata da Daly e Cobb (1989), è espressione del tentativo di valorizzare la qualità della vita invece delle risorse monetarie. Al fine di ottenere un’immagine più completa di quello che è il progresso economico, l’ISEW utilizza gli stessi dati del PIL apportando alcune correzioni sottraendo: î i costi sociali derivanti dall’inquinamento dell’aria e dell’acqua; î i danni ambientali di lungo termine; î le spese difensive sostenute dalle famiglie per la salute e l’educazione; î il deterioramento delle risorse naturali rinnovabili ed l’esaurimento delle risorse naturali non rinnovabili; Inoltre, viene aggiunto: î il valore del lavoro domestico svolto in famiglia e non contabilizzato (lavoro delle casalinghe) Altre specificità dell’ISEW sono le seguenti: x la distribuzione del reddito: una distribuzione più equa che aumenti la percentuale di reddito nazionale dei poveri fa crescere l’ISEW; il contrario, se tale percentuale diminuisce; x i servizi ed i costi dei beni durevoli e delle infrastrutture pubbliche: l’ISEW considera i servizi offerti dai beni durevoli (es. frigoriferi, lavatrici) e dalle infrastrutture pubbliche (es. autostrade) come benefici, mentre attribuisce un valore negativo al loro costo. Pertanto, al contrario del PIL, le spese in beni durevoli fanno diminuire l’ISEW; Si può vedere, aggregando le diverse voci, quale sia il passo avanti compiuto dall’ISEW rispetto al PIL: x considerazione dei costi sociali, non solo ambientali, e del deprezzamento del capitale naturale; SPIN-ECO 60 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE x considerazione del lavoro non contabilizzato; x penalizzazione del consumismo: acquisti di beni durevoli. È da sottolineare però che è spesso difficile calcolare l’ISEW su scala regionale o locale, poiché dati relativi a investimenti per la difesa dell’ambiente o cambiamenti del capitale naturale in dote sono solitamente raccolti a livello nazionale. Studi fatti su questo indice sono diventati popolari solo da pochi anni. Sono stati intrapresi per gli U.S.A (Daly and Cobb, 1989; Cobb and Cobb, 1994), per la Gran Bretagna (Jackson and Marks, 1994; Jackson et al., 1997), la Germania (Diefenbacher, 1994), per l’Italia (Guenno and Tiezzi, 1998), la Svezia (Jackson and Stymne, 1996) e l’Austria (Stockhammer et al., 1997). Questi studi mostrano come l’ISEW di ciascun paese cresca molto più lentamente del PIL dopo il secondo dopoguerra (1945) e cominci invece a decrescere dagli inizi del 1980. La Figura 2.2 mostra l’andamento del PIL e dell’ISEW per diverse nazioni. Accanto ad alcuni casi di ISEW presenti in letteratura, si mostrano due casi di GPI (Genuine Progress Indicator, per USA e Australia), un indicatore del tutto simile all’ISEW dal punto di vista teorico, salvo alcune piccole differenze nella scelta delle voci che lo compongono. SPIN-ECO 61 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Figura 2.2 Confronto tra PIl e ISEW (o GPI) per economie nazionali (fonte: http://www.foe.co.uk/campaigns/sustainable_development/progress/international.html) SPIN-ECO 62 3. Il calcolo dell’ISEW per la Provincia di Siena (2003) 3.1 Gli elementi caratterizzanti l’ISEW: aspetti teorici e i risultati L’ISEW fa parte di quella categoria di indicatori che mirano alla definizione di un indice integrato di sviluppo alternativo al PIL, capace di mettere in luce, al di là della crescita economica, la qualità del modello di sviluppo e la sua sostenibilità. L’indice ISEW è composto da 22 variabili che andremo ad indicare ognuna con una lettera dell’alfabeto inglese. La lettera A si riferisce all’anno sotto analisi; le variabili B e D sono rispettivamente i consumi privati così come si trovano anche all’interno del PIL e quelli ponderati, sulla base dell’indice del Gini, indice di distribuzione della ricchezza, che viene indicato con la lettera C. Le variabili E, F, G, H e V sono valori positivi, in quanto rappresentano servizi forniti ai cittadini che contribuiscono all’aumento del benessere reale e che non vengono presi in considerazione dalla contabilità economica tradizionale. Le variabili che vanno dalla lettera I alla Q sono invece voci negative perché servono a correggere la sovrastima del benessere economico rispetto al livello dei consumi privati. Le variabili indicate con le lettere R, S, T e U hanno di solito valore negativo perché riguardano i consumi di Capitale Naturale senza un reale ritorno a livello di benessere economico. I prossimi paragrafi sono dedicati alla descrizione dell’intera procedura e ai risultati ottenuti per la Provincia di Siena. Riga A: Anno di riferimento L’indicatore ISEW assume rilevanza quando si opera un’analisi di dati espressi in serie storica, in modo che sia possibile confrontare il suo andamento con quello del PIL. Per la Provincia di Siena il calcolo è stato previsto con il riferimento all’anno 2003. Per il calcolo, oltre all’utilizzo di dati raccolti direttamente presso le istituzioni preposte e soggetti pubblici e privati afferenti al territorio provinciale, sono state effettuate anche stime, in caso di mancanza di dati. Il problema della carenza delle informazioni statistiche, soprattutto in alcuni campi che non siano economia o demografia, è abbastanza diffuso su tutto il territorio nazionale, anche a causa, di alcune scelte che vengono fatte da parte degli organismi istituzionali di raccolta ed elaborazione dati a livello centrale. La questione è comunque rilevante in termini di gestione del territorio, dal momento che sulla base SPIN-ECO 63 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE delle informazioni statistiche un amministratore forma la propria la conoscenza, imposta la pianificazione territoriale ed informa il proprio indirizzo politico. Riga B: Consumi Privati I Consumi Privati sono la variabile di base direttamente legata al concetto di benessere economico in quanto le spese delle famiglie in beni e servizi sono considerate essere già un indicatore effettivo di benessere, partendo dal presupposto che il benessere individuale dipende, almeno in misura significativa, dalla quantità di beni e servizi consumati e che, date le risorse economiche individuali (ad es. reddito, ricchezza), il consumo riflette le preferenze, che esulano dal giudizio dell’osservatore esterno. Allo stesso tempo, tuttavia, l’aggregato presenta alcuni limiti come indicatore del benessere, in ragione dei quali non viene utilizzato come tale ma subisce una ponderazione attraverso l’indice di disuguaglianza distributiva. Nel sistema economico mondiale la funzione del consumo gioca un ruolo determinante. I risultati sono ormai noti: il nostro consumo è al livello dello spreco, così come sappiamo anche che il nostro benessere, per buona parte fittizio, non è più sostenibile dal pianeta. Eppure, il consumo è sistematicamente incoraggiato al fine di stimolare la crescita economica, nonostante siano noti l’impatto ambientale che esso induce globalmente e l’iniqua distribuzione delle risorse che esso sollecita tra i pochi sempre più ricchi e i molti sempre più poveri. Il dato è stato ricavato dal documento “I Consumi delle famiglie Italiane” che l’ISTAT annualmente compila. Dalla spesa media mensile familiare della Regione Toscana, con le dovute stime in base alla composizione familiare senese (c.a. 2,5) e il numero delle famiglie (100.318), è stata stimata la consistenza dei Consumi Privati della Provincia di Siena per il 2003 che risulta pari a € 3.099.628.258. Riga C: Indice della disuguaglianza distributiva Sulla base di una distinzione non assoluta, ma utile sotto il profilo concettuale e pratico, le misure di disuguaglianza dei redditi sono riconducibili a due classi. Della prima fanno parte le misure di tipo normativo, che muovono dal presupposto che la disuguaglianza non possa essere misurata senza introdurre giudizi che si collegano al concetto di benessere sociale e che tengono conto della perdita conseguente all’esistenza di un certo grado di disuguaglianza distributiva; della seconda fanno SPIN-ECO 64 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE parte le misure positive, cioè quelle misure che indicano semplicemente il grado di dispersione di una distribuzione. Tra le misure della disuguaglianza di tipo normativo l’indice più rappresentativo è quello proposto da Anthony B. Atkinson, uno dei massimi studiosi di economia pubblica. Fra le misure positive, invece, quella di più frequente impiego ai fini della misura della variabilità dei redditi e della ricchezza personali e familiari è il rapporto di concentrazione del Gini, lo stesso che Cobb e Daly hanno usato per ricavare la formula di ponderazione dei consumi privati. I limiti nell’uso dell’aggregato Consumi Privati come indicatore di benessere derivano dal fatto che, nelle economie di mercato, il consumo, sia individuale che aggregato, è misurato dai beni oggetto di transazioni, mentre il benessere può dipendere anche da beni non di mercato (ad es. scambi familiari o di gruppo, doni, liberalità e altri servizi volontari). Il consumo effettivo può non corrispondere adeguatamente alle preferenze individuali (anche in un sistema economico di mercato) in quanto vi può essere domanda inespressa e insoddisfatta (ad es. l’impossibilità di ottenere istruzione non è rivelata da un aumento del consumo di cibo); le preferenze individuali possono adattarsi ai beni disponibili e non viceversa (vedi pubblicità). È proprio per questa ragione che Daly e Cobb, hanno ritenuto più giusto ponderare i Consumi Privati attraverso l’Indice del Gini, per avere una voce che rispecchi una condizione più realistica. Per definizione, l’indice è una misura approssimativa della differenza che corre tra la reale distribuzione di reddito, consumi privati o qualsiasi variabile ad essi collegata, e un’ipotetica distribuzione nella quale, invece, ogni persona gode di una fetta della torta che è stata però tagliata in parti uguali. I valori che questo indice può avere variano tra zero e uno, con lo zero che rappresenta perfetta uguaglianza distributiva mentre con un Indice del Gini pari a uno ci troviamo di fronte alla situazione in cui la ricchezza è concentrata solo nelle mani di pochi e quindi si ha perfetta disuguaglianza distributiva. L’utilizzo di questo indice è particolarmente importante nell’ottica di un’analisi di sostenibilità, in quanto è strettamente connesso alla componente dell’equità distributiva intra- e inter-generazionale, una delle colonne portanti della teoria dello Sviluppo Sostenibile. Il reddito e la distribuzione delle risorse hanno conseguenze dirette sul tasso di povertà di un paese. Parlando in generale, il benessere materiale può essere definito attraverso il PIL pro capite; però siccome le medie statistiche facilmente celano le SPIN-ECO 65 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE diversità che esistono all’interno di un sistema, nell’ottica dello sviluppo sostenibile, è più giusto esaminare il reddito e la distribuzione di ricchezza tra la popolazione. Un paese, per esempio, può avere un alto valore del PIL pro capite, ma la sua distribuzione del reddito può essere così distorta che la maggioranza della popolazione, risulta essere povera. In mancanza del dato provinciale è stato utilizzato il dato regionale riferito al 2002 (Indice del Gini 0,3108) che indica una situazione favorevole per la popolazione in quanto si avvicina al punto di equa distribuzione della ricchezza. Riga D: Consumi Privati Ponderati Questa variabile può essere considerata la voce di partenza del nostro calcolo. Abbiamo già spiegato l’importanza del passaggio, attraverso l’indice del Gini, dai consumi privati così come appaiono nelle analisi di contabilità economica a quelli ponderati, assumendo che il potenziale benessere derivabile da un dato livello di consumo diminuisca all’aumentare della disuguaglianza, e che dieci euro nella tasca di una persona che possiamo definire ricca valgono meno degli stessi dieci euro nella tasca di una persona più povera. Questo valore è dato dal valore del consumo privato, diviso per (1 + Indice del Gini); i consumi privati passano così dai 3.099.628.258 euro ai 2.364.684.359 euro, cifra sulla quale verranno operate le aggiunte o detrazioni che seguono. Riga E: Servizi: Lavoro domestico (+) I servizi da lavoro domestico afferiscono alla sfera sociale. Il lavoro domestico (in generale, contribuire a mantenere una determinata stabilità casa-famiglia) fa parte della cosiddetta “economia invisibile” in quanto risulta essere un’attività economicamente non retribuita, cioè senza uno scambio di mercato ad un prezzo documentabile, eseguita per il diretto beneficio della famiglia ma che contribuisce in maniera diretta al benessere economico. Il segno da attribuire a questa voce è positivo e quindi in aggiunta alla variabile D in quanto, non riflettendo un vero e proprio spostamento di risorse economiche e rappresentando il valore di un servizio che non ha mercato, è esclusa dal calcolo del Prodotto Interno Lordo. Il valore finale si ottiene per mezzo del prodotto tra il prezzo all’ora dato dal mercato alle collaboratrici domestiche e la popolazione maschile e femminile, di età SPIN-ECO 66 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE superiore ai 14 anni. All’interno di questa categoria viene fatta una scorporazione in tre differenti gruppi di persone: studenti, disoccupati o ritirati dal lavoro e casalinghe vere e proprie. La seguente divisione serve per poter associare ad ogni categoria un pacchetto-tipo di ore-lavoro indicativo: 8 ore giornaliere per la categoria “casalinghe”; 4 ore per “disoccupati e ritirati dal lavoro” e 2 ore al giorno per la classe “studenti”. Dall’indagine ISTAT sulle Forze Lavoro (2003) è stato possibile ricavare i dati su “Popolazione non attiva tra i 15 e 64 anni”, che comprende casalinghe, studenti e tutte le persone che per vari motivi si sono ritirati dal lavoro, pari a 50.000 unità. Ad esse si aggiunge il dato relativo alla “Popolazione attiva – persone in cerca di occupazione”, che per la Provincia di Siena è pari a 4000 unità. Il salario di 6 € all’ora deriva dal documento dell’Eurofound (Fondazione Europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro). Il valore monetario del lavoro domestico per la Provincia di Siena risulta essere pari a € 502.524.000, risultando la seconda voce, per consistenza monetaria, tra quelle che contribuiscono positivamente al benessere della popolazione. Riga F: Servizi: beni di consumo durevoli (+) Il denaro speso per i beni durevoli, come le automobili, gli elettrodomestici, al quale aggiungiamo anche le abitazioni, non è una buona misura del benessere che i consumatori derivano da questi. Per questo motivo, è importante prendere in considerazione il loro periodo di vita, per capire quando è arrivato il giusto momento per l’acquisto di nuovi, affinché quelli acquistati possano cedere tutta la loro utilità e quindi offrire benessere a chi ne usufruisce, fino al loro esaurimento. Il fatto che le attrezzature domestiche si logorino più rapidamente di quanto dovrebbero gonfia la contabilità del consumo privato senza contribuire realmente al benessere, infatti se una lavastoviglie durasse 20 anni invece di 10 (e spesso è uso cambiarle addirittura prima della loro fine “naturale”), se ne acquisterebbero meno e il consumo privato non aumenterebbe, ma non per questo il benessere risulterebbe diminuito. L’ISEW, a differenza del PIL, tiene conto di questo aspetto, annoverando i servizi derivanti dall’uso di tali beni tra i benefici e quindi con segno positivo, mentre il capitale iniziale usato per il loro acquisto, essendo un costo, compare in questo indice con segno negativo nella riga I. SPIN-ECO 67 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Per il calcolo si è leggermente variata l’ipotesi fatta da Daly, che considera un periodo di vita medio uguale per tutte le tre categorie che rientrano sotto la voce Beni Durevoli. In particolare, abbiamo attribuito alla categoria Abitazioni una quota del 5% della consistenza totale rilevata ad un dato anno piuttosto che del 10% come quella fissata da Daly, in quanto abbiamo ipotizzato un mutuo medio per l’acquisto di una casa pari a 20 anni. Per le altre categorie che rientrano sotto questa voce, che necessariamente hanno un tempo di vita molto più breve, si è ipotizzato un periodo di vita per tutti pari a 10 anni. x Servizi derivanti dal possesso dell’automobile (10% del valore totale) Per il calcolo di questo valore è stato necessario reperire due tipi di dati: il primo sulla composizione del parco macchine in Provincia di Siena (168.618) (fonte: ACI: “Serie storiche sullo sviluppo della motorizzazione e sull’incidentalità stradale in Italia negli anni 1921-2003”); il secondo sul prezzo medio delle autovetture (fonte: Banca d'Italia “Beni durevoli, indici di prezzo e cambiamenti di qualità: un’applicazione ai prezzi delle automobili in Italia, 1988-98” di Gian Maria Tomat del 2002 e già utilizzato da Pulselli et al. (2006)). Il valore qui considerato, che corrisponde al 10% del totale valore del parco auto è pari a € 521.450.926 x Servizi derivanti dal possesso di elettrodomestici (10% del valore totale) I dati utili sono stati desunti dal documento ISTAT “I Consumi delle famiglie” all’interno dei quali compare sia la voce relativa alle spese sostenute mensilmente da una famiglia nell’anno, sia quella relativa al possesso percentuale di questi beni da parte della popolazione nazionale, scorporata per macro aree (nella fattispecie, quella utilizzata è stata il Centro Italia). I prezzi dei vari elettrodomestici sono stati ricavati dal lavoro di Pulselli et al. (2006), per un valore finale della voce (sempre per il 10% del totale) pari a € 47.023.021. x Servizi derivanti dal possesso dell’abitazione (5% del valore totale) Che il possesso di un’abitazione propria abbia un peso rilevante sul benessere economico e sociale di una popolazione è cosa alquanto evidente. Per il calcolo di questa variabile si è previsto per ogni anno un servizio pari al 5% del valore monetario complessivo di tutte le abitazioni occupate dai residenti (dato in mq. totali preso da quello dell’ultimo Censimento ed aggiornato al 2003 utilizzando il dato sulla popolazione) in quanto si è ipotizzato un periodo medio per l’estinzione dei mutui sulla casa pari a 20 anni. SPIN-ECO 68 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Il prezzo medio di 3.355 €/mq delle abitazioni in Provincia di Siena è stato preso dal sito www.demaniore.com e fa sì che il valore finale del servizio ceduto da questa tipologia di bene sia pari a € 1.707.933.423. Sommando insieme tutte e tre le sottovoci, il valore finale ceduto dal possesso di beni durevoli in Provincia di Siena sia pari a € 2.276.406.801. Composizione percentuale dei servizi dei beni durevoli Provincia di Siena 2003 2% 23% 75% ELETTRODOMESTICI AUTOMOBILI ABITAZIONE Figura 3.1. Servizi beni durevoli in percentuale Riga G: Servizi resi dalla rete stradale (+) Le operazioni di ripristino, di manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade comportano, tra le altre cose, un aumento del benessere per chi ne usufruisce. Queste spese, insieme a quelle per la Sanità e l’Istruzione, sono le uniche voci relative alla Spesa Pubblica che sono comprese nell’ISEW, in quanto, in accordo con quanto affermato da Daly, la maggior parte della Spesa Pubblica, sostenuta dalle Amministrazioni, può essere rimandata alla categoria “Spese Difensive” e cioè quelle spese che non contribuiscono al benessere netto ma piuttosto servono affinché il benessere raggiunto non si deteriori, garantendo così sicurezza, ambienti sani e condizioni prospere per il commercio. Per contro, come già detto nel Paragrafo 2.1, il PIL contabilizza tutta la spesa pubblica per beni finali. Il valore monetario che scaturisce da questa variabile può dunque essere letto come quella somma di denaro che bisognerebbe pagare per usufruire delle infrastrutture pubbliche durante i nostri spostamenti ma che non ci viene richiesta perché tale fruizione, che aumenta il benessere, avviene senza pagamento di pedaggio. Per calcolare tale valore ci si riferisce al costo medio di manutenzione di SPIN-ECO 69 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE un chilometro di strada, che si moltiplica per il numero totale di chilometri di strade non a pagamento della Provincia, siano esse statali, regionali, provinciali e comunali. Per mancanza di fonti, il dato sul chilometraggio totale (tabella 3.1) è quello relativo all’anno 2005 (fonte Provincia di Siena: Relazione Previsionale e Programmatica del periodo 2006/2008), mentre il costo di manutenzione ordinaria e straordinaria per km è stato preso da Pulselli et al. (2006) ed è pari a 1.688 €. Il valore finale, relativo a questa voce e che va ad incrementare il benessere economico in Provincia di Siena, è pari a € 5.579.032. Tabella 3.1. Strade della Provincia di Siena, anno 2005 km di strade statali 110 km di strade provinciali 1524 km di strade regionali 163 km di strade comunali 1509 Totale 3306 Riga H: Spesa pubblica per la Sanità e l’Educazione (+) È consuetudine inserire per intero la voce relativa alla spesa pubblica nel calcolo del PIL, così come appare nei conti pubblici; per quanto riguarda il suo inserimento nel nuovo indicatore di benessere, la situazione appare più complessa. La correlazione tra l’aumento della Spesa Pubblica e quello del benessere effettivo è assai debole anche a causa della grande difficoltà di misurare la domanda per il tipo di servizi offerti dalla Pubblica Amministrazione. Tenendo sempre come punto di riferimento il lavoro di Daly (1989) e quello di Guenno e Tiezzi (1998), utilizzeremo il valore finale di questa voce nella seguente percentuale: il 100% delle spese sostenute per l’Istruzione e il 50% di quelle per la Sanità, imputando il rimanente 50% della spesa per la Sanità a Spesa Difensiva e come tale senza alcune ripercussioni sul livello di benessere della popolazione. Questa differenza di calcolo è estremamente importante in quanto è uno dei motivi e degli aspetti che differenziano l’ISEW dal PIL, nel cui calcolo si tiene conto della voce relativa alla spesa pubblica come sinonimo di crescita economica e di conseguenza “positiva”. Al contrario, nell’ottica di una valutazione del Benessere, le spese difensive, siano esse ambientali, sociali o economiche, sono sempre e comunque connesse ad esternalità negative conseguenti ad atti di produzione e SPIN-ECO 70 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE consumo, finalizzate ad evitare, ridurre o compensare i danni che derivano da tali esternalità, da diseconomie esterne che comportano la perdita delle normali funzioni e che devono necessariamente essere affrontate e sostenute: ex-ante per prevenire o controllare eventuali disagi futuri o ex-post per eliminare o difendersi dai loro effetti negativi. Come già detto, del totale della spesa pubblica per la sanità e di quella per l’istruzione si considera il 100% delle spese per l’istruzione e solo il 50% di quelle per la sanità considerando il restante 50% spesa difensiva. Le Spese pubbliche sostenute dalla Popolazione nel 2003 185.000.000 180.000.000 euro 175.000.000 170.000.000 165.000.000 160.000.000 155.000.000 150.000.000 2003 Spesa pubblica per l'Istruzione 50% della spesa pubblica per la Sanità Figura 3.2. Spese pubbliche della Provincia di Siena Per il calcolo è stata utilizzata la Spesa per studente (Fonte MIUR “La scuola in cifre 2005”) e la Spesa sanitaria pro capite (Fonte ISTAT). I valori monetari ottenuti vanno moltiplicati, rispettivamente, per il numero totale degli studenti (Fonte: Provveditorato agli studi di Siena) e per la popolazione residente, permettendo così di ottenere il valore della spesa pubblica nei due settori (Fig. 3.2). La spesa pubblica per la Sanità, nonostante sia stata considerata solamente per il 50%, risulta maggiore rispetto a quella per l’Istruzione. Questa situazione potrebbe essere giustificata dalla presenza di quattro ospedali nella Provincia di Siena, due di questi caratterizzati da flussi sempre crescenti di persone da tutta Italia, che per mantenere prestazioni di qualità elevate sono soggetti a spese sempre maggiori. Un altro aspetto che influenza la voce relativa alle spese per la Sanità è il fatto che la Provincia di Siena è caratterizzata da un elevato indice di vecchiaia, con una persona anziana ogni 4 residenti. Il valore monetario finale è pari a € 344.230.698. SPIN-ECO 71 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Riga I: Spesa in beni di consumo durevoli (-) Questa voce è strettamente connessa con la voce F, dal momento che il benessere di una persona non è legato a quanto essa spende per l’acquisto dei beni ma alla soddisfazione che riesce ad ottenere dopo il loro acquisto. Per tale ragione, questa voce di spesa, che accresce il livello dei Consumi Privati, ma che non ha alcun significato dal punto di vista del Benessere Sostenibile e duraturo, viene sottratta. In altre parole ad essa corrisponde solo un’evidenza numerica (la variazione dei consumi) senza una reale corrispondenza in termini di benessere, dal momento che i beni cedono la propria utilità durante tutto il lasso di tempo coincidente con la vita del prodotto. Pertanto questa voce prevede le spese annuali delle famiglie residenti nella Provincia di Siena finalizzate all’acquisto di beni durevoli, con esclusione, comunque, della spesa per l’acquisto della casa in quanto non conteggiata all’interno della variabile di partenza “Consumi Privati”. I dati sulla spesa in elettrodomestici provengono sempre da fonte ISTAT, mentre i prezzi da associare ad ogni elettrodomestico sono stati presi da Pulselli et al. (2006), ottenendo un valore finale pari a € 22.992.935. Per quanto riguarda la spesa sostenuta dalla popolazione senese per l’acquisto dell’auto i dati sono di fonte ACI (numero delle immatricolazioni al 2003), ed i prezzi sono gli stessi utilizzati per il calcolo alla riga F, per un valore complessivo di € 421.383.348. Quindi il valore monetario totale da sottrarre ai consumi privati ponderati è dato dalla somma delle due voci per un valore in euro pari a € 444.376.283. Riga J: Spese difensive private per educazione e sanità (-) La denominazione “Spesa Difensiva” spiega il segno negativo assunto da questa voce. Il totale di queste spese è già considerato nei “Consumi Privati” iniziali, mentre con questa varabile, si sottrae la percentuale relativa alla spesa che si sostiene solo perché il contesto in cui si vive lo richiede, senza aumentare effettivamente il livello di benessere dalla popolazione. Nel settore sanitario un esempio di queste spese difensive possono essere le cure per gli effetti prodotti dall’inquinamento (come asma, malattie della pelle, ecc.), mentre nel campo dell’educazione un esempio è costituito dal sempre crescente bisogno di SPIN-ECO 72 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE aggiornamento e di studio, senza un corrispettivo aumento del benessere percepito. Anche in questo caso abbiamo seguito le indicazioni di Daly, che valuta la frazione da ritenere “difensiva” all’interno delle due categorie di spesa pari al 50% del valore complessivo di entrambe; quota importante che dà informazioni sul fatto che di quello che si spende nei due settori, il 50% potrebbe essere risparmiato se il nostro comportamento fosse globalmente più sostenibile. Questa voce, sempre da fonte ISTAT, per la Provincia di Siena nel 2003 è stata pari a € 65.138.625 ed è data dalla somma del 50% delle due voci (fig. 3.3). La cifra relativa alle spese per l’istruzione si aggira intorno ai 14 milioni di euro, mentre quella sanitaria risulta essere più elevata, superando i 50 milioni di euro. Questa discrepanza si può legare al fatto che la Provincia di Siena non è, negli ultimi anni, particolarmente “giovane”: un abitante su quattro supera i 64 anni di età. Per quanto riguarda le spese per l’istruzione, si rileva che parte di queste sono dovute alla crescente presenza di cittadini stranieri con figli. In Provincia di Siena risulta che, su poco più di 25.000 alunni di tutte le scuole, quasi 2000 hanno cittadinanza non italiana, pari a quasi l’8% e lo stato di cittadinanza più rappresentato risulta, dalle statistiche del CODACONS, essere l’Albania. Spese difensive private per la Provincia di Siena - 2003 60.000.000 50.000.000 euro 40.000.000 30.000.000 20.000.000 10.000.000 0 Spesa difensiva per l'Istruzione Spesa difensiva per la Sanità Figura 3.3. Spese difensive private Riga K: Spesa pubblicitaria nazionale (-) La suggestione e la fantasia danno valore anche a un prodotto che in se stesso ne ha poco. È stato più volte dimostrato che un prodotto senza pubblicità non si vende o si vende pochissimo, a prescindere dalla sua effettiva qualità. Lo stesso prodotto, SPIN-ECO 73 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE peraltro, dopo un'adeguata campagna pubblicitaria, riesce ad attrarre molti consumatori. È stato anche dimostrato che l’aumento di prezzo non sempre influisce sulla scelta: il consumatore (nonostante la sua certezza di saper resistere alle tentazioni) preferisce il prodotto sul quale ha ricevuto un maggiore e migliore numero di “informazioni” e di “promesse”. Allo stesso tempo, le spese pubblicitarie sono indirettamente a carico del consumatore. In breve, la spesa pubblicitaria viene sottratta dai consumi privati perché essa tende a creare una domanda e a mantenere la fedeltà ad una marca piuttosto che fornire informazioni valide e attendibili per orientare le scelte. Impossibilitati a trovare dati a livello locale, per stimare un valore da attribuire alla Provincia di Siena è stato utilizzato il dato pro capite nazionale relativo agli investimenti pubblicitari (fonte: Il Nuovo libro della Pubblicità). La cifra pro capite per l’Italia è di circa 190 dollari/2005. Con questo valore pro capite, l’Italia si posiziona al 20° posto nella classifica dei paesi di paragonabile sviluppo economico, andando comunque a migliorare la sua posizione rispetto a 5 -10 anni fa. Fatte le dovute operazioni, il risultato finale per la Provincia di Siena è di € 43.365.658. Riga L: Costo del pendolarismo (-) Il Dizionario della Lingua Italiana Zingarelli definisce pendolare colui che “abita in un luogo diverso da quello in cui svolge il proprio lavoro e deve quindi affrontare quotidianamente il viaggio di andata e ritorno”. Questa definizione è molto familiare alla maggioranza della popolazione, che quindi è ben cosciente dell’enorme disagio che si crea ogni giorno sulle strade. Ciò induce ad inserire questa voce, naturalmente come negativa, all’interno di un indice che cerca di stimare il Benessere di una comunità. Ripercussioni negative dovute a questo fenomeno vanno ad intaccare gli aspetti economici, ambientali e sociali del benessere, con conseguenze che vedremo essere legate ad altre variabili che formano questo indicatore. Le ricadute sull’ambiente sono di diversa natura: si va dall’inquinamento atmosferico a causa delle alte concentrazioni di componenti tossiche dei fumi di scarico, all’uso di risorse energetiche provenienti da fonti non rinnovabili, alla riduzione delle aree verdi per la creazione di strade e parcheggi fino all’inquinamento acustico, aspetto spesso trascurato, ma sempre più rilevante. SPIN-ECO 74 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Anche a livello sociale le conseguenze sono evidenti; il traffico urbano rende le strade delle vere e proprie barriere alla mobilità ciclo-pedonale alimentando la dipendenza dall’automobile; per non parlare poi dei danni dovuti agli incidenti stradali e agli effetti sulla salute della popolazione soprattutto a discapito delle categorie più esposte. L’inquinamento atmosferico può provocare affezioni delle vie aeree, danni all’apparato cardio-circolatorio e tumori di varia natura, mentre l’inquinamento acustico favorisce i disturbi da stress, la diminuzione della capacità uditiva; aumentano inoltre gli effetti psicologici negativi come la tendenza a comportamenti aggressivi. In Italia, una recente ricerca svolta su circa 200 “telelavoratori” afferenti ad una compagnia telefonica ha fornito risultati confortanti: in un anno di lavoro da casa la riduzione del pendolarismo ha portato ad una minore emissione di oltre 17.000 kg di monossido di carbonio e 205 kg di biossido di azoto. Se un milione di persone in Italia potesse telelavorare, restando a casa per un solo giorno a settimana, le emissioni di monossidi nell’aria si ridurrebbero di circa 100 milioni di kg/anno. Il pendolarismo provoca all’individuo non solo costi economici ma anche costi di altra natura relativi ai tempi impiegati nei trasferimenti, ai rischi connessi al trasporto stesso, alle minori opportunità di una vita sociale soddisfacente. La metodologia che presiede al calcolo dell’ISEW, considera il pendolarismo come un costo da sottrarre ai consumi privati: in altre parole, le spese relative ai servizi di trasporto, sia pubblico che privato, devono essere depurate della frazione delle stesse che è indotta dal fatto che molte persone fanno spostamenti, anche lunghi, per recarsi al lavoro, cosa che non contribuisce certamente ad incrementare il loro benessere. Daly ritiene che il 30% dei servizi resi dagli automezzi privati e pubblici sia una buona stima del costo associato al pendolarismo. Il calcolo della voce avviene in accordo con la formula seguente: C = 0,3A+0,3B+0,3M dove: C = rappresenta il costo diretto del pendolarismo e quindi il nostro valore finale A = rappresenta il valore del servizio dello stock di automobili ceduto durante un anno B = sono le spese sostenute per l’acquisto dei biglietti dei trasporti pubblici M = rappresenta i costi di manutenzione dei mezzi pubblici e privati 0,3 = rappresenta la porzione di utilizzo dei servizi di cui ai punti A, B e M . SPIN-ECO 75 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Il valore di A corrisponde al valore monetario del servizio ceduto dal possesso di un automobile (vedi variabile F), i valori di B e della parte privata di M sono stati presi dal volume “I Consumi delle famiglie 2003” (ISTAT), mentre per la parte pubblica di M si è utilizzato il costo medio di manutenzione di un mezzo pubblico, come in Pulselli et al. (2006) e moltiplicato per la flotta di autobus (481) presenti nel territorio provinciale nel 2003. Il valore monetario di questa voce, € 176.454.874, pari a oltre il 7% dei consumi privati ponderati, fa sì che essa risulti essere tra le voci più importanti con segno negativo. Ciò conferma l’importanza di questa problematica che colpisce anche la Provincia di Siena, e che sembra essere strettamente legata ad un altro fattore, quello legato al continuo aumento dei prezzi delle abitazioni. Il lievitare dei costi produce infatti difficoltà per una fascia notevole di popolazione, con il conseguente sviluppo di un pendolarismo a raggio sempre maggiore, data la tendenza da parte della popolazione a cercare abitazioni meno care anche se a distanza ragguardevole dai centri delle città, sede principale dei luoghi di lavoro. Riga M: Costo dell’urbanizzazione (-) Una parte delle spese private per l’abitazione è dovuto all’incremento del livello di urbanizzazione, che crea esternalità ambientali di varie specie. Ad esempio, all’aumentare della popolazione nelle aree urbane, il costo delle abitazioni aumenta senza alcun aumento compensativo del benessere. Per questo motivo, la voce relativa a questi costi (o variazioni di costi) dovrebbe essere detratta dai consumi privati. Tuttavia, comprare una casa comporta un alto grado di soddisfazione in coloro che effettuano l’acquisto e il valore monetario dell’investimento tende a mantenersi nel tempo, salvo rare eccezioni contingenti. Inoltre, la concentrazione di popolazione in aree urbane stimola l’offerta di abitazioni, cosa che, almeno parzialmente, controbilancia l’incremento dei prezzi dovuto all’urbanizzazione ed è regolata da piani urbani pluriennali approvati dalle autorità locali. Per queste ragioni, nel presente studio, la voce relativa ai costi di urbanizzazione non è stata considerata come previsto dalla teoria (quindi nulla è stato sottratto dal consumo privato) ma è stata reinterpretata, considerando anche le condizioni attuali del mercato immobiliare. SPIN-ECO 76 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Riga N: Costo degli incidenti stradali (-) Gli incidenti stradali rappresentano uno tra i costi più elevati attribuibile al sistema dei trasporti su strada e uno dei principali motivi risiede nella giovane età delle vittime, un terzo delle quali di età inferiore ai 25 anni. In tutti i paesi sviluppati il costo degli incidenti stradali è pari a circa il 2.0% del PIL. In Italia muoiono ogni anno 6.600 persone per incidenti stradali e ne restano ferite 240.000. Il costo stimato degli incidenti stradali nel 1997 è stato pari a 36.969 miliardi mentre nel 1993 è stato di 30.692 miliardi. Secondo le ultime statistiche, in Europa almeno una persona su tre nel corso della sua vita rimane vittima di un incidente stradale, con menomazioni o ferite, appesantendo i bilanci della società con alti costi dell’assistenza sanitaria, e diminuendo, in questo modo, il benessere generale della Comunità, oltre che quello personale. Il valore finale di questa voce si ottiene dal prodotto tra le entrate relative ai pagamenti dei premi assicurativi in seguito ad incidenti automobilistici ed il numero degli incidenti avvenuti durante l’anno. I dati relativi agli incidenti stradali avvenuti nel 2003 sono stati reperiti dal documento dell’ACI “Serie storiche sullo sviluppo della motorizzazione e sull’incidentalità stradale in Italia negli anni 1921-2003”. Il costo sociale degli incidenti6 (€ 3.948 per sinistro) è stato ricavato da uno studio condotto dall’ANIA (Associazione Nazionale Italiana Assicurazioni) dal titolo “L'assicurazione italiana 2003-2004, e ISVAP, circolari 544/S del 2004, 516/S del 2003 e 395/S del 2000”. Da statistiche regionali sugli incidenti stradali, sembra risultare che dal 2001, per la Provincia di Siena ci sia stata una diminuzione del numero di incidenti. Il valore monetario per questa variabile risulta pari a € 3.932.103. Riga O: Costo dell’inquinamento idrico (-) Le metodologie di stima relative a questa variabile possono seguire vari percorsi, dovuti al fatto che esistono vari indicatori dello stato di salute dell’acqua. 6 Si definisce costo sociale della sinistrosità stradale l’insieme delle spese che vanno a gravare sul sistema economico della collettività per effetto dei danni di vario genere e livello prodotti dagli incidenti stradali( i cosiddetti costi esterni) sommato alle spese che vanno a gravare direttamente ed individualmente su chi origina gli incidenti stradali ( i cosiddetti costi interni). SPIN-ECO 77 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE È possibile scegliere di utilizzare i costi di depurazione dell’acqua potabile direttamente sostenuti dalle agenzie locali che lavorano nel settore; decidere di utilizzare i valori di BOD5 (Domanda Biologica di Ossigeno), che insieme al COD (Domanda Chimica di Ossigeno), indica lo stato di salute della risorsa acqua; oppure utilizzare, come in questo caso, la metodologia della stima del carico organico con fattori di conversione7, la cui unità di misura è l’Abitante Equivalente (A.E.) 8. Per consentire il calcolo del carico inquinante complessivo attribuibile alle diverse fonti generatrici di inquinamento (civile, industriale, zootecnica e turistica), sono state utilizzate delle tabelle di conversione che attribuiscono alle singole tipologie i relativi coefficienti di abitante equivalente. I dati di riferimento sono stati: popolazione residente, addetti all’industria (ISTAT – 8°Censimento dell’Industria e dei Servizi), capi di bestiame (5°Censimento generale dell’Agricoltura) e presenze turistiche. Nella tabella 3.2 sono state riportate le stime finali. Una volta ottenuto il carico totale espresso in A.E., è stato necessario ricercare un costo di depurazione per A.E. al fine di esprimere in termini monetari il valore dell’inquinamento idrico provocato dalle attività antropiche; quest’ultimo è pari a 14,56 €/A.E. al 2001 (vedi Pulselli et al., 2006). Moltiplicando il numero complessivo degli A.E. e il costo di depurazione per A.E. è stato così ottenuto il costo finale dell’inquinamento idrico che è pari a € 26.723.573. Tabella 3.2. Abitanti equivalenti della Provincia di Siena, 2003 Abitanti equivalenti A. E. Civili Zootecnici Industriali Turistici 252.972 1.042.127 436.152 11.538 Riga P: Costo dell’inquinamento atmosferico (-) La definizione economica di inquinamento comprende due ordini di fattori, uno di tipo fisico, connesso cioè agli effetti diretti di emissioni, scarichi e rifiuti rilasciati nell’ambiente, l’altro che si esplica in una perdita di benessere, ad esempio di natura biologica (determinato dalla minaccia alla salute o dalla trasformazione di 7 Le stime sono state effettuate sulla base dei criteri proposti dal CNR-IRSA nel quaderno n. 90 del 1991. L’art. 2, c. 1, lett. a, del D.Lgs. 152/99 definisce Abitante Equivalente (AE) il carico organico biodegradabile avente una richiesta chimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno 8 SPIN-ECO 78 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE particolari specie animali e vegetali) o di natura chimica, come gli effetti delle piogge acide nei terreni. In termini economici, l’inquinamento è visto come un costo “esterno” quando sono presenti le seguenti due condizioni (Pearce, Turner, 1991): • un’attività intrapresa da un agente provoca una perdita di benessere ad un altro agente; • la perdita di benessere non viene compensata. Entrambe le condizioni sono essenziali per l’esistenza di un costo esterno. Se la perdita di benessere dovesse essere compensata, si definirà tale atteggiamento come internalizzazione dell’effetto esterno e perciò del costo. Gli inquinanti atmosferici possono essere classificati in: • inquinanti primari: vengono immessi nell’atmosfera direttamente dal processo che li ha prodotti, permanendo a lungo senza subire modificazioni. Fanno parte di questa categoria il monossido di carbonio (CO), l’anidride carbonica (CO2), gli ossidi di azoto (NOx), gli ossidi di zolfo (SOx), le polveri e gli idrocarburi incombusti. • inquinanti secondari: si formano dagli inquinanti primari a seguito di trasformazioni chimico-fisiche che generalmente coinvolgono l’ossigeno atmosferico e la luce. Tra gli inquinanti secondari troviamo l’ozono (O3), vari tipi di aldeidi, perossidi e altre specie chimiche che possono risultare più tossiche dei composti originari. Il valore monetario finale dell’inquinamento atmosferico viene sottratto dal consumo privato locale e tale operazione può essere interpretata come una tassa che deve essere, anche se fittiziamente, pagata a titolo di risarcimento degli effetti negativi del nostro comportamento. Tale valore è ottenuto dal prodotto delle tonnellate totali di inquinanti prodotti per il loro costo di abbattimento a tonnellata. La Provincia di Siena, nel 2003, ha emesso sostanze inquinanti per un valore di € 21.490.834. Per il calcolo di questa variabile, oltre al costo di abbattimento alla tonnellata per ogni inquinante (fonte Pulselli el al. 2006), sono stati necessari i dati relativi ai consumi di tutti i combustibili fossili, incluso il metano. Per tutti i combustibili la fonte è stata individuata nelle statistiche del DGERM (Ministero Attività Produttive) (Tab. 3.3). SPIN-ECO 79 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Tabella 3.3. tonnellate di combustibili consumati dalla Provincia di Siena nel 2003 Olio Combustibile Siena 2.363 G.P.L. 21.205 Lubrificanti 1.495 Benzina 85.380 Gasolio 132.670 Riga Q: Costi dell’inquinamento acustico (-) Il rumore viene indicato come una delle più rilevanti cause del peggioramento della qualità della vita e del benessere delle persone. Nonostante sia ormai riconosciuto come uno dei principali problemi ambientali, anche se spesso viene ritenuto meno rilevante rispetto ad altre forme di inquinamento, come quello atmosferico o idrico, il rumore suscita sempre più reazioni negative nella popolazione esposta. Per avere un’idea di quanto sia facile produrre inquinamento acustico, qui di seguito proponiamo una panoramica dei diversi livelli di suono (fig. 3.4): Figura 3.4. Panoramica dei diversi livelli del suono Secondo le ultime disposizioni di legge del DPR n.142/2004, che si rifanno alla prima legge quadro in materia, la numero n. 447 del 1995, e che trovano il loro campo di applicazione nelle principali infrastrutture stradali, i limiti acustici diurni che non devono essere superati (altrimenti si parla di inquinamento), vanno dai 65 dB per le strade normali ai 50 dB per le zone dove siano presenti scuole, ospedali, case di cura e di riposo, passando rispettivamente a 55 dB e a 40 dB per la fascia notturna. Il solo traffico stradale, al quale la maggioranza delle persone quotidianamente è esposto, e che si è soliti percepire solo come causa di SPIN-ECO 80 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE inquinamento atmosferico, supera di 5 dB il limite imposto per legge e di conseguenza può essere indicato come la fonte di inquinamento acustico più rilevante. Gli effetti dell’inquinamento acustico sullo stato di salute fisica e psicologica dell’uomo, sulla sua sfera sociale ed economica, sono elencati nella tab. 3.4. Tabella 3.4. Elenco dei possibili effetti provocati dal rumore nelle varie sfere della vita di una persona Effetti fisiologici del rumore Effetti psicologici del rumore Effetti sociali del rumore Effetti economici del rumore Perdita di udito Fastidio Ostacoli alla comunicazione Prezzi d’affitto e degli immobili Disfunzioni vegetative Stress, nervosismo, tensione Giudizio sugli altri Costi del contenimento del rumore Problemi cardiocircolatori Abbattimento Minore disponibilità a prestare aiuto Costi sanitari Aumento della pressione del sangue Disturbo della comunicazione Aggressioni Perdite a livello di produzione Riduzione della profondità del sonno Calo del rendimento Isolamento sociale (ghetti del rumore) Costi di pianificazione del territorio Mal di testa Irritazione Sintomi psicosomatici L’Eurispes stima che nel 2004 il costo diretto e indiretto complessivo dei danni da inquinamento acustico si è attestato intorno all’1,5% del PIL, pari a circa 20 miliardi di euro. Altri dati interessanti: sono 7 milioni gli italiani che soffrono di disturbi uditivi, mentre 7 italiani su 10 sono esposti a livelli di rumore superiori alle norme vigenti. Oltre a ciò, è stato anche stimato che per patologie legate all’udito si perdano circa 35 milioni di giornate lavorative annue. Il valore monetario di questa tipologia di inquinante è stato ricavato dal prodotto tra il costo in termini di rumore prodotto da un’automobile, pari a 120 Euro/auto (fonte_Provincia di Bologna), per il numero delle automobili che in ogni anno compongono il parco macchine della Provincia di Siena. Il valore economico dovuto all’inquinamento acustico da traffico su tutto il territorio provinciale è stato di € 21.842.488. Riga R: Perdita di zone umide (e aree protette) (-) Il territorio è fonte essenziale per la produzione di cibo, acqua ed energia per numerosi sistemi biologici ed è fondamentale per ogni attività umana. Nelle aree urbane in rapida crescita l’accesso al territorio necessario alla realizzazione di SPIN-ECO 81 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE alloggi viene reso sempre più difficoltoso dalle esigenze – potenzialmente in competizione tra loro – dell’edilizia, dell’industria, del commercio, delle infrastrutture, dei trasporti, dell’agricoltura, dal bisogno di spazi aperti e di aree verdi, e dalla necessità della protezione degli ecosistemi fragili. Uno dei compiti fondamentali da svolgere nella realizzazione di un mondo urbanizzato sostenibile è indirizzare lo sviluppo delle aree urbane verso un’armonizzazione tra l’ambiente naturale e la configurazione degli insediamenti umani, anche se fino ad ora si è spesso assistito al dominio degli ultimi sulla vita e la salvaguardia del primo. Questa variabile cerca di dare un’idea di quanto la popolazione abbia perso in termini di servizi ambientali derivanti dalla presenza all’interno del sistema territoriale di habitat essenziali come le zone umide. Le “zone umide” sono le “aree quali stagni, paludi, torbiere, bacini naturali e artificiali permanenti con acqua stagnante o corrente dolce, salmastra o salata, comprendendo aree marittime la cui profondità in condizioni di bassa marea non supera i sei metri” (Convenzione internazionale di Ramsar del 1971, adottata dall’Italia con il D.P.R. n. 448 del 13 marzo 1976). Le zone umide, nonostante siano di importanza vitale per l’ambiente, ricoprono solo il 3% della superficie terrestre. La loro importanza abbraccia diversi aspetti: • idrogeologico, in quanto ricoprono un’importante funzione nell’attenuazione e regolazione dei fenomeni naturali, come le piene dei fiumi. Le paludi lungo i corsi d’acqua, ad esempio, hanno un effetto “spugna”: raccolgono le acque durante le piene, diluendo inquinanti, rallentando il deflusso delle acque e riducendo il rischio di alluvioni; restituiscono, poi, al fiume, durante i periodi di magra, parte delle acque accumulate. Sono, inoltre, importanti serbatoi per le falde acquifere. • chimico–fisico, in quanto sono “trappole per nutrienti”. La ricca e diversificata vegetazione delle zone umide conferisce a questi ambienti la capacità di assimilare nutrienti (soprattutto composti di Fosforo e Azoto) e la possibilità di creare condizioni favorevoli per la decomposizione microbica della sostanza organica. • biologico, perché sono serbatoi di biodiversità. Paludi, delta dei fiumi, torbiere e, comunque, tutte le zone umide sono tra gli ambienti con la più elevata diversità biologica. Rappresentano, a livello mondiale, una delle tipologie di habitat più importanti per la conservazione della biodiversità. Tra gli uccelli minacciati di estinzione a livello mondiale, ad esempio, 146 specie dipendono dalle zone umide, SPIN-ECO 82 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE che rappresentano il terzo gruppo di ambienti per numero di specie minacciate (dopo le foreste e le praterie/savane). • produttivo, perché molte zone umide, soprattutto costiere, sono estremamente importanti per la riproduzione dei pesci e di conseguenza per la pesca. Lagune e laghi costieri, inoltre, hanno grande importanza per l’ittiocoltura o la molluscocoltura. • Culturale e/o scientifico: ad esempio, dallo studio dei profili pollinici nelle torbiere è possibile ricostruire le vicende ecologiche, climatiche ed evolutive del territorio in cui questi ambienti sono situati. Inoltre, molte zone umide testimoniano passate attività umane (fontanili, marcite, macereti, ecc.). • Fruitivo e/o educativo: le zone umide sono utilizzate per svariate attività tra cui il birdwatching. In questo studio, si è passati dal computo delle sole zone umide a quello più 9 generale di tutte le aree protette della Provincia di Siena, e il valore economico è stato calcolato moltiplicando la perdita di queste tipologie di territorio misurata in ettari per il valore monetario di un ettaro (Guenno e Tiezzi, 1998). Il valore di questa variabile per la provincia di Siena risulta però essere nullo in quanto tra il 2003 e il 2002 non è stata registrata alcuna variazione nella superficie di tutte le riserve naturali presenti nel territorio provinciale, che rimane costante con i suoi 71.290 ettari. Nella tabella sottostante (tab. 3.5) sono stati distinti per tipologia e anno di istituzione i comprensori relativi alle aree protette. Ogni riserva nasce per tutelare l’elevato valore ambientale, naturalistico storico e culturale di luoghi in cui sono ospitati specie animali e vegetali rare e di grande interesse scientifico e conservazionistico, così come previsto dall'art. 15 della L.R. 49/95 "Norme sui parchi, le riserve naturali e le aree naturali protette di interesse locale". La gestione di queste aree è finalizzata alla conservazione degli ecosistemi, alla promozione ed incentivazione delle attività produttive e di tempo libero compatibili, allo svolgimento delle attività scientifiche e di ricerca e alla promozione delle attività coordinate d'informazione e di educazione ambientale. 9 Area protetta: il territorio sottoposto a regime di tutela e di gestione in cui siano presenti formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante valore naturalistico o ambientale SPIN-ECO 83 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Tabella 3.5. Elenco dettagliato di tutte le riserve naturali presenti nel territorio provinciale senese Nome del parco ettari comune di appartenenza anno di istituzione Riserve Naturali Provinciali Farma 98 Monticiano 1996 La Pietra 101 Chiusdino 1996 Basso Merse 1478 Monticiano e Murlo 1996 Cornate e Frosini 470 Radicondoli 1996 Alto Merse 2000 Chiusdino, Monticiano e Sovicille 1996 Castelvecchio 734 San Gimignano 1996 Bosco di Santa Agnese 271 Castellina in Chianti 1996 Lago di Montepulciano 470 Montepulciano 1996 Pietraporciana 341 Chianciano Terme e Sarteano 1996 Lucciolabella 1148 Castiglione d'Orcia, Pienze e Radicofani 1996 e 2001 Pigelleto 862 Piancastagnaio 1996 Riserve Naturali Statali Cornocchia 532,12 Chiusino e Radicandoli 1980 Montecellesi 10,81 Siena 1980 Palazzo 281,59 Radicandoli 1980 Tocchi 570,73 Monticiano 1977 Fiume Elsa 203 Colle di Val d'Elsa 1999 Lago di Chiusi 818 Riserve ANPIL* Chiusi 1999 Castiglion d'Orcia, Montalcino, Val d'Orcia 60903 Pienza, Radicofani, San Quirico 1999 d'Orcia *ANPIL è l'acronimo di "Aree Naturali Protette di Interesse Locale", possono essere con o senza divieto di caccia Riga S: Perdita di terreni agricoli (-) Nei paesi sviluppati i processi di urbanizzazione, di edificazione e di frammentazione degli insediamenti hanno esercitato una crescente pressione sui territori agricoli, riducendone progressivamente l’estensione; questa riduzione si è accompagnata ad una intensificazione delle pratiche agricole, con uno sfruttamento sempre più pesante delle risorse del terreno e un suo conseguente impoverimento; in sintesi si è assistito ad una riduzione delle superfici coltivate ma ad un incremento SPIN-ECO 84 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE delle produzioni, con un relativo mantenimento della produzione alimentare, ma una sostanziale perdita di sostanza organica e di fertilità naturale dei suoli. Per mantenere elevata, o addirittura per aumentare la produttività dei suoli in presenza di una progressiva riduzione delle superfici, sono stati aumentati lo sfruttamento dei terreni e i volumi di fertilizzazione chimica; sono stati abbandonati i tradizionali sistemi di rotazione e fertilizzazione naturale delle colture, per passare a rotazioni veloci di colture ad alto reddito. In Italia, e nella pianura padana in particolare, la perdita di produttività (o di capacità o potenzialità produttiva) del territorio comincia ad assumere una significativa rilevanza economica, sociale ed ambientale. Il fenomeno è tanto più allarmante se si considera che alla perdita di fertilità del terreno concorrono altri fattori, quali l’inquinamento dei suoli, la salinizzazione delle falde e l’erosione superficiale. La perdita di suolo agricolo è dunque uno dei principali fattori di indebolimento della produzione agricola e, di conseguenza, anche dell’autonomia e sovranità alimentare di un paese. Ma oltre a ciò, la perdita di suolo agricolo, se avviene ad opera dell’urbanizzazione e non già di altri impieghi naturali, costituisce anche un fattore di impoverimento della diversità del paesaggio e della biodiversità dell’ecosistema, e ne diminuisce irreversibilmente la qualità ambientale, la capacità di drenaggio e filtraggio delle acque, la capacità di assorbimento del carbonio, l’integrazione e la connessione alla rete ecologica. Nel nostro paese questo fenomeno ha un rilievo particolare: se si guardano i dati statistici dell’Unione Europea, in soli 10 anni, dal 1987 al 1997, sono stati impermeabilizzati per usi civili circa 2.800.000 ha di suolo più o meno fertile; e mentre nell’intera Unione Europea la perdita di terreno agricolo è stata in questo decennio pari al 2%, l’Italia ha consumato addirittura il 20% di questa preziosa risorsa; secondo APAT nell’ultimo decennio sono scomparsi in Italia 1,8 milioni di ha di SAU, pari al 12,2%. In un’ottica di sostenibilità, nel settore primario si deve cercare di far fonte anche a questo fenomeno che, lentamente, sta impoverendo direttamente l’ecosistema e indirettamente la popolazione. A questo fine, le varie politiche di gestione e pianificazione del territorio, invece di sottrarre territorio all’uso agricolo, dovrebbero puntare sull’integrazione dell’uso agricolo nel più ampio obiettivo della preservazione della natura dagli effetti derivanti dal comportamento umano. Deve essere promosso lo sviluppo delle aree rurali, salvaguardando le culture locali, SPIN-ECO 85 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE promovendo la multifunzionalità delle imprese agrarie e forestali, tutelando la tipicità ed il contenuto culturale delle produzioni, migliorando la fruibilità del territorio da parte dei cittadini. Il tentativo di misurare in moneta questa eventuale perdita è assai complesso e presenta ampi margini di discrezionalità, ma data l’importanza della produzione alimentare per la sostenibilità di lungo periodo dell’economia riteniamo sia un compito doveroso. Il valore monetario di questa voce, pari a € 3.953.190, è dato dal conteggio delle variazioni delle quattro categorie di SAU (seminativi, coltivazioni permanenti, prato permanente e pascolo, boschi) da un anno all’altro. La variazione in ettari così ottenuta viene poi moltiplicata per il corrispettivo valore monetario per quella categoria di terreno ottenuta dai valori agricoli medi dei terreni per gli espropri (fonte BURT). Per mancanza di stime puntuali, si è fatto ricorso ai dati della regione Toscana (dati al 2000 e variazione % 1990/2000) (tab. 3.6), utilizzando i quali abbiamo ipotizzato una variazione costante nei dieci anni, come segue: Tabella 3.6. Consistenza e variazione dei terreni agricoli nella Provincia di Siena Seminativi ettari 2000 % variazione 90/00 Variazione in ha 90/00 Variazione annua Coltivazioni permanenti Prati e pascoli Boschi 33.339 5,5 1.834 183 18.722 -24,1 -4.512 -451 122.388 -4,5 -5.507 -551 132.739 -4,6 -6.106 -611 Questa perdita in termini monetari è dovuta ad una variazione di tutte le categorie di terreno tranne quelle indicate come Coltivazioni Permanenti, che corrispondono a viti, ulivi e alberi da frutto in generale, punto di forza del sistema economico della Provincia di Siena. Riga T: Esaurimento delle risorse non rinnovabili (-) Le risorse possono essere divise in due tipi: quelle rinnovabili in tempi a misura d’uomo e quelle rinnovabili soltanto in tempi geologici che, dal punto di vista antropico, devono essere considerate non rinnovabili. Le risorse terrestri non SPIN-ECO 86 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE rinnovabili sono limitate nella quantità totale disponibile. Quelle rinnovabili, se sfruttate fino all’esaurimento, diventano uguali a quelle non rinnovabili. Non c’è bisogno di essere economisti per capire che un individuo, o una collettività, che tragga la maggior parte delle sue risorse dal suo capitale, e non dai suoi redditi, è destinato al fallimento. Eppure questo è proprio il caso delle società occidentali, che attingono alle risorse naturali del pianeta, un patrimonio (o meglio un “capitale”) comune, senza tenere conto del tempo necessario perché esse si rinnovino. L’attuale modello economico, fondato sulla crescita, induce un aumento costante dei prelievi. Nello studio di questa problematica così vasta, data la varietà di risorse che ricadono sotto questa classificazione, abbiamo deciso di limitare l’analisi ad un settore particolare, molto comune alla maggior parte dei sistemi locali del nostro paese: l’attività estrattiva, con riferimento particolare ai minerali non metalliferi. Le attività estrattive rappresentano uno dei più importanti interventi di modifica definitiva e rilevante dell’ambiente e dell’assetto urbanistico territoriale, anche in aree di alto valore naturalistico. Lo stretto e delicato rapporto tra problematiche economico-occupazionali e l’esigenza di tutela del territorio, nonché la caratteristica dei giacimenti quale risorsa naturale non rinnovabile, determinano l’assoluta necessità di governare la materia attraverso adeguati strumenti normativi, di pianificazione, autorizzativi e di controllo nell’ottica della sostenibilità data la grandezza e l’importanza dei suoi impatti permanenti, che vanno dal consumo di risorse non rinnovabili, alla perdita di suolo, dalle modificazioni sul paesaggio a possibili alterazioni idrogeologiche. All’interno dell’ISEW, questa variabile assume il significato di un costo per le generazioni future da sottrarre dal conto del capitale della generazione attuale. Al fine di stimare con precisione la quantità da sottrarre per rappresentare l’esaurimento del “capitale naturale”, abbiamo usato il metodo proposto da Salah El Serafy10, della Banca Mondiale, su esempio di Cobb e Daly e di Guenno e Tiezzi. L’approccio di El Serafy consiste nello stimare la somma che dovrebbe essere accantonata, in seguito alla liquidazione di un’attività (come un giacimento minerario), per generare un flusso permanente di reddito futuro che dovrebbe eguagliare la parte dei guadagni derivanti da beni non rinnovabili che vengono consumati nel presente. La formula di El Sarafy è data da: 10 Tale metodo si trova in un articolo intitolato The Proper Calculation of Income from Depletable Natural Resources ( El Serafy 1988). SPIN-ECO 87 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE R–X=R dove: § · 1 ¨¨ ¸ n 1 ¸ 1 r © ¹ X = rendita annuale (che potrebbe essere spesa oggi senza pregiudicare rendite future). R = guadagni totali al netto dei costi di estrazione R-X = “il costo dell’utente”: rendita guadagnata dall’esaurimento delle risorse e che dovrebbe essere esclusa totalmente dall’ISEW (e reinvestita) r = tasso di sconto n = numero di anni in cui la risorsa dovrebbe esaurirsi Cobb e Daly hanno assunto r = 0 perché scontare l’utilità delle generazioni future potrebbe non essere considerato moralmente corretto (come si fa, infatti, a prevedere quali saranno le preferenze delle future generazioni, e in base a queste assumere quanto possiamo consumare oggi in termini di capitale destinando la parte residua a coloro che ci succederanno?). L’effetto di un tasso di sconto uguale a 0 fa sì che la formula si semplifichi e che si arrivi ad ottenere X = 0. In questo modo l’intero valore dei guadagni totali derivanti dalla vendita delle risorse deve essere calcolato come deprezzamento. Nonostante la Regione Toscana si sia dotata da tempo, con la L.R. 78/98 , di un P.R.A.E.R. (Piano Regionale delle Attività Estrattive, di Recupero delle aree escavate e di riutilizzo dei residui recuperabili), ed essendo di competenza dei Comuni e delle Province la comunicazione alla Regione delle quantità estratte, senza alcuna penalità per il mancato passaggio, è stato alquanto difficile ottenere i dati di partenza. Sono stati scelti i dati del 2002 (tab. 3.7) in quanto sia il 2003 che il 2004 risultano essere molto più bassi, lasciando pensare a qualche mancata di dichiarazione. Tabella 3.7. Quantità estratte in Provincia di Siena mc (anno 2002) Argilla per laterizi, terre cotte e cemento artificiale Calcare e dolomite in pezzame e pietrisco Sabbia e ghiaia Materiali per rilevati e riempimenti Brecce e puddinghe in pezzame e pietrisco Travertino Marmo Sienite in pezzame e pietrisco Scaglie e scaglioni di Marmo SPIN-ECO 10.607 159.452 33.490 76.651 65.985 7.258 3.339 11.500 11.470 88 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE I dati relativi ai costi di estrazione dei materiali sono stati ricavati da interviste ma limitatamente alla sabbia e ghiaia, al travertino e al marmo. Si è quindi proceduto alla formazione di tre gruppi di materiali in base al loro peso specifico e abbiamo utilizzato i costi di estrazione in nostro possesso per ottenere quelli totali. Per quanto riguarda i prezzi di vendita, si è utilizzato il Prezzario Ufficiale di riferimento per l’anno 2003, redatto ogni anno ad opera del Ministero dell’Industria e dei Trasporti insieme con il Provveditorato regionale alle opere pubbliche della Regione Toscana. Alla fine dei calcoli, risulta che in Provincia di Siena nel 2003, sono state estratte, e quindi consumate, risorse non rinnovabili per un valore di € 205.713.737, valore elevato che risulta il più rilevante tra le componenti legate ai problemi ambientali. Riga U: Danni ambientali a lungo termine (-) L’ambiente non è costituito solo di beni materiali e tangibili, come ad esempio le materie prime, ma anche di caratteristiche altrettanto importanti per la vita e le attività umane, come il clima. Il clima è dato dall’insieme delle condizioni di temperatura, umidità, piovosità, esposizione solare che contraddistinguono una data regione. Se guardiamo all’ambiente come fonte di risorse per la vita e per le attività umane, il clima è certamente il fattore più importante che determina, in una data regione, la qualità e la quantità di risorse agricole disponibili, le possibilità di lavoro umano e il soddisfacimento dei bisogni primari. Quindi il clima ha un’influenza indiretta sul tipo di società e di economia che si sviluppa in una data regione. In passato si è considerato il clima come un dato immodificabile da parte dell’uomo e i mutamenti climatici come eventi molto rari e imponderabili. Negli ultimi decenni del XX secolo, tuttavia, è risultato evidente che non è solo il clima a condizionare l’attività umana, ma è anche l’attività umana a produrre mutamenti sul clima. L’attività industriale su grande scala tende a modificare il clima, cosa che si manifesta in un graduale aumento della temperatura atmosferica: questo fenomeno è dovuto all’aumento dell’effetto serra. La ragione è che i processi industriali in genere sprigionano gas-serra, come l’anidride carbonica, che si disperdono nell’atmosfera. Con questa variabile, dunque, si cerca di assegnare un costo monetario all’utilizzo sempre crescente dei combustibili fossili, sommando al valore monetario del consumo relativo all’anno dello studio quello del decennio precedente, vista la SPIN-ECO 89 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE lentezza con la quale i danni derivanti dall’uso di queste risorse si manifestano. Si tratta anche in questo caso di una sorta di accantonamento, calcolato sotto forma di tassa (una sorta di carbon tax), che rappresenta una sottrazione al consumo corrente finalizzata a risarcire le generazioni future dei danni che esse soffriranno a causa del comportamento della generazione attuale. La formula da applicare per ottenere il risultato finale è la seguente: LTEDt = C t 1,96 t 1 + ¦C i i 1900 dove: LTEDt = Danni ambientali a lungo termine Ct = Consumo di energia non rinnovabile al tempo t € 1,96 = valore, al 2003, della tassa d’uso per barile, equivalente a quella di 0,50$ del 1972 applicata da Cobb e Daly. I consumi di barili di petrolio per la Provincia di Siena sono riportati nella tabella seguente (tab. 3.8 consumi di combustibili). Tabella 3.8. Consumi della Provincia di Siena in barili Consumi al 2003 in barili Consumi dal 1993 al 2002 in barili Benzina 642.570 7.458.032 Gasolio 925.858 7.729.836 GPL 159.589 1.017.997 Olii e lubrificanti 25.868 338.709 En Elettrica 722.205 5.850.988 Metano 947.977 7.975.051 Il valore monetario del danno ambientale prodotto dalla Provincia di Siena, da dieci anni a questa parte, risulta essere pari a € 65.920.266, che se fossero divisi tra tutta la popolazione residente sul territorio nel 2003, rappresenterebbero una “tassa” di 225 €/pro capite. La raccolta dati, per tutti i combustibili fossili ad eccezione dell’energia elettrica (fonte: Terna), vede come fonte principale le statistiche del DGERM nel sito del Ministero delle Attività Produttive. Il metano è stato preso dalla banca dati del Progetto Spin-Eco, mentre per gli anni mancanti è stata fatta una stima. SPIN-ECO 90 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Riga V: Crescita del capitale netto (+) Affinché il benessere economico sia sostenibile nel tempo, l’offerta di capitale deve crescere o, nella peggiore delle ipotesi, rimanere costante per soddisfare il fabbisogno economico di una popolazione in continuo aumento. In questo caso viene preso in considerazione l’aspetto meramente economico della sostenibilità, la quale deve essere vista come capacità di generare reddito, profitti e lavoro indefinitamente nel tempo. L’ISEW calcola la crescita del capitale netto, che, a livello di contabilità, è pari alla differenza tra le attività e le passività patrimoniali, nominalmente scomposta in molteplici componenti, aggiungendo la quantità di nuovo capitale e sottraendo il fabbisogno di capitale, cioè la quantità necessaria per mantenere lo stesso livello di capitale per lavoratore. In breve, si tratta della voce investimenti che fa parte della contabilità del Prodotto Interno Lordo, salvo una correzione che viene operata sulla base delle dinamiche occupazionali. Il fabbisogno di capitale è calcolato moltiplicando la variazione percentuale della forza lavoro per lo stock di capitale dell’anno precedente come illustrato nelle formule seguenti: NCG = ' K – CR dove CR = 'L K 1 L ' K = K – K–1 ' L = L – L–1 dove: NCG = Crescita del capitale netto K = Stock di capitale L = Forza lavoro Il calcolo di questa variabile è una stima a livello provinciale basata sull’entità e l’andamento degli Investimenti Fissi Lordi e gli Ammortamenti per addetto della Regione Toscana, per una cifra finale pari a € 185.852.953 per il 2003. SPIN-ECO 91 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Riga W e X: Indice del benessere economico sostenibile totale e pro capite Il risultato finale, si ottiene sommando o sottraendo le variabili analizzate finora dai Consumi Privati Ponderati (tab. 3.9). Nella fig. 3.5 sono rappresentate le variabili che compongono l’ISEW. Tabella 3.9. Dati per l'anno 2003 in euro al 2003 A Anno 2003 B Consumi Privati 3.099.628.258 C Indice del Gini 0,3108 D Consumi Privati Ponderati 2.364.684.359 502.524.000 E + Servizi: lavoro domestico F + Servizi: beni durevoli 2.276.406.801 G + Servizi: rete stradale 5.579.032 H + Spese pubbliche Educazione & Sanità 344.230.698 I - Spesa beni di consumo durevoli 444.376.283 J - Spese private Educazione & Sanità 130.277.249 K - Spese per la pubblicità 43.365.658 L - Costo del pendolarismo 176.454.874 N - Costo degli incidenti stradali 3.932.103 O - Costo dell'inquinamento idrico 26.723.573 P - Costo dell'inquinamento atmosferico 21.490.834 Q - Costo dell'inquinamento acustico 21.842.488 R - Perdita di zone umide e aree protette S - Perdita dei terreni agricoli T - Esaurimento delle risorse non rinnovabili 205.713.737 U - Danni ambientali di lungo termine 59.093.090 V + Crescita del capitale netto 185.852.953 0 3.953.190 W ISEW 4.542.054.762 X ISEW pro capite Y PIL Z PIL pro capite 21.645 Popolazione 258.821 17.549 5.602.180.545 SPIN-ECO 92 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Variabili in addizione e sottrazione - ISEW 2003 Crescita del capitale netto Danni ambientali di lungo termine Esaurimento delle risorse non rinnovabili Perdita dei terreni agricoli Perdita aree protette Costo dell'inquinamento acustico Costo dell'inquinamento atmosferico Costo dell'inquinamento idrico Costo degli incidenti stradali Costo dell'Urbanizzazione Costo del pendolarismo Spese per la pubblicità Spese private Educazione & Sanità Spesa beni di consumo Spese pubbliche durevoli Educazione & Sanità Servizi: rete stradale Servizi: beni durevoli Servizi: lavoro domestico -1.000.000.0 -500.000.00 00 0 500.000.000 1.000.000.00 1.500.000.00 2.000.000.00 2.500.000.00 0 0 0 0 0 Figura 3.5. Rappresentazione grafica della consistenza e peso di tutte le variabili dell’ISEW per la Provincia di Siena nel 2003 Riga Y e Z: il PIL e il PIL pro capite I risultati dell’ISEW sono confrontati con il livello del PIL rilevato per il medesimo anno a livello provinciale. Il gap per il 2003 tra questi due indicatori è pari a 18,92%. La differenza non è estremamente elevata anche se comunque sta a significare che ci sono delle limitazioni, per la popolazione, al godimento del proprio benessere. In altre parole, non tutta la ricchezza prodotta si traduce in benessere percepito dalla popolazione. SPIN-ECO 93 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE 3.2 Confronto dell’ISEW della Provincia di Siena tra il 1999 e il 2003 Il confronto tra PIL e ISEW per la Provincia di Siena continua ad alimentare le critiche nei confronti dell’indicatore macroeconomico per eccellenza e della sua incapacità di distinguere fra le operazioni che aumentano o diminuiscono il benessere. L’ISEW come il PIL si avvale di variabili economiche, ma, a differenza di quest’ultimo, non ignora i fattori negativi che riducono il benessere. Non è possibile stimare con certezza quanto l’ISEW sia preciso nella descrizione della sostenibilità di un sistema, però si può affermare con sicurezza che attraverso l’uso di questo indicatore è possibile aggiungere informazioni sulle condizioni della popolazione che abita una data area, non solo da un punto di vista quantitativo (cosa che attiene agli scopi del PIL) ma anche dal punto di vista qualitativo (livello di benessere). Sarebbe interessante un calcolo dell’indicatore in serie storica, perché, confrontandolo con il PIL, metterebbe in luce molti aspetti importanti in un’ottica di lungo periodo, che rimangono oscuri in un confronto esclusivamente tra due anni, con i dati del 1999 riportati nella tabella 3.10. Nella prima delle due figure che segue (fig. 3.6) è riportato il confronto tra il 1999 e il 2003 delle variabili positive che concorrono al calcolo dell’ISEW. Si nota come il cambiamento maggiore si sia verificato nel valore dei “Servizi: beni durevoli”, in aumento tra il 1999 e il 2003; l’altro cambiamento rilevante, questo però in diminuzione, si è verificato nella variabile “Servizi: lavoro domestico”. Questi due cambiamenti potrebbero essere letti insieme: una variazione negativa, ancorché di piccola entità (soprattutto considerando il breve lasso di tempo considerato), della popolazione impegnata nei lavori domestici potrebbe corrispondere ad un aumento delle persone con un lavoro, cosa che si rifletterebbe sia sui salari e sugli stipendi totali che sulla distribuzione della ricchezza. A sua volta, questo comporterebbe un aumento della spesa in beni, anche durevoli. Tutto ciò accade nel tempo, nel senso che col passare degli anni una tale tendenza ha portato ad accumulare “oggetti” da parte delle famiglie. Nel caso particolare del quadriennio 1999-2003, tuttavia, si rileva una tendenza all’acquisto di beni durevoli in diminuzione, forse a causa della difficile contingenza economica. SPIN-ECO 94 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Tabella 3.10. Dati per l'anno 1999 in euro al 2003 A Anno 1999 B Consumi Privati 3.425.709.151 C Indice del Gini 0,305 D Consumi Privati Ponderati 2.957.581.959 931.252.533 E + Servizi: lavoro domestico F + Servizi: beni durevoli 1.433.767.149 G + Servizi: rete stradale 5.579.032 H + Spese pubbliche Educazione & Sanità I - Spesa beni di consumo durevoli L - Spese private Educazione & Sanità 58.512.009 M - Spese per la pubblicità 47.927.725 N - Costo del pendolarismo 175.660.268 O - Costo dell'Urbanizzazione P - Costo degli incidenti stradali 3.305.188 Q - Costo dell'inquinamento idrico 29.432.666 R* - Costo dell'inquinamento atmosferico 19.175.453 S - Costo dell'inquinamento acustico 21.509.210 T - Perdita aree protette U - Perdita dei terreni agricoli V - Esaurimento delle risorse non rinnovabili 342.240.870 W - Danni ambientali di lungo termine 56.364.771 X + Crescita del capitale netto 205.404.683 Y ISEW Z ISEW pro capite 290.851.594 1.028.187.078 0 3.956.131 4.059.674.792 16.048 PIL 4.986.671.896 PIL pro capite 19.712 Popolazione 252.972 SPIN-ECO 95 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Confronto delle voci positive dell'ISEW tra il 1999 e il 2003 3.500.000.000 3.000.000.000 euro al 2003 2.500.000.000 2.000.000.000 1.500.000.000 1.000.000.000 500.000.000 0 1999 2003 Servizi: lavoro domestico Servizi: rete stradale Perdita aree protette Servizi: beni durevoli Spese pubbliche Educazione & Sanità Crescita del capitale netto Figura 3.6. Rappresentazione grafica e confronto della consistenza delle variabili positive dell’ISEW per la Provincia di Siena tra il 1999 e il 2003 Sempre analizzando il confronto in fig. 3.7, si nota come tra i due anni ci sia stato anche un aumento delle Spese private per l’Educazione e la Sanità. Questo aumento, per quanto riguarda le spese sanitarie, più che essere imputabile ad un aumento delle variabili ambientali, che sono rimaste abbastanza invariate in questo arco di tempo, può essere spiegato piuttosto dal fatto che la Provincia di Siena è caratterizzata da una popolazione abbastanza anziana, con una persona su quattro che supera i 65 anni di età. Mentre per le spese inerenti l’istruzione, una valida ragione può essere ritrovata nella presenza sempre maggiore di immigrati con figli. Un ultimo aspetto da rilevare è la diminuzione del valore monetario dell’Esaurimento delle Risorse non rinnovabili. Questa diminuzione, che risulta essere maggiore del 30%, lascia pensare che l’amministrazione locale abbia iniziato a muoversi, in questo campo, seguendo i dettami della sostenibilità, consapevole dell’enorme patrimonio minerario presente sul territorio e dell’importanza di una sua conservazione per le generazioni future. SPIN-ECO 96 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE Confronto delle voci negative dell'ISEW tra il 1999 e il 2003 1.800.000.000 1.600.000.000 1.400.000.000 euro al 2003 1.200.000.000 1.000.000.000 800.000.000 600.000.000 400.000.000 200.000.000 0 1999 Spesa beni di consumo durevoli Spese per la pubblicità Costo degli i ncidenti stradali Costo dell'inquinamento atmosferi co Perdita dei terreni agri coli Danni ambientali di lungo termi ne 2003 Spese pri vate Educazi one & Sani tà Costo del pendolari smo Costo dell'i nqui namento idrico Costo dell'i nqui namento acusti co Esaurimento delle ri sorse non ri nnovabi li Figura 3.7. Rappresentazione grafica e confronto della consistenza delle variabili negative dell’ISEW per la Provincia di Siena tra il 1999 e il 2003 Dal confronto dei due anni considerati emergono risultati abbastanza soddisfacenti, con un gap tra ISEW e PIL per la Provincia di Siena che rimane quasi invariato: il 18,92% nel 2003 rispetto al 18,58% nel 1999. Questo lieve aumento è senz’altro trascurabile (considerando anche un margine di errore nei procedimenti di calcolo), tuttavia, la presenza di distorsioni nella concezione di crescita economica come obiettivo ultimo dell’attività umana è comunque rilevato dalla stessa presenza di un gap. La situazione che emerge da questa analisi, se confrontata con le altre applicazioni dell’ISEW condotte per le Province di Modena e Rimini, pone la condizione della Provincia di Siena ad un livello intermedio tra il caso di Rimini (gap tra PIL e ISEW del 12,41%) e quello di Modena (gap tra PIL e ISEW del 27,54%). Questo risultato può trovare spiegazioni nel diverso assetto economico dei sistemi analizzati. Il sistema modenese si esprime attraverso un tessuto imprenditoriale fitto e dinamico, che si caratterizza per un'elevata diversificazione interna delle attività produttive (il metalmeccanico, il ceramico, il tessile, l'abbigliamento, il biomedicale e l’alimentare di trasformazione e di conservazione dei prodotti). La provincia di Rimini è caratterizzata, invece, come area economicamente basata sull’attività turistica e per questo esprime un fabbisogno minore di materia ed energia, con tutto ciò che ne consegue, anche in termini di inquinamento. SPIN-ECO 97 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE La caratterizzazione più sintetica del territorio senese secondo gli standard internazionali è quella di un territorio periferico a dominanza rurale. Il settore agricolo presenta alcune specializzazioni di elevata qualità e valore aggiunto come il vino; l’industria è qualificata ma allo stesso tempo limitata a poche aree del territorio come Poggibonsi e la Val di Chiana ed infine il suo terziario, nonostante la modesta taglia demografica dell’area, ha elementi tipici di sistemi molto maggiori come la grande banca, l’università, la struttura ospedaliera e soprattutto una specializzazione turistica di tipo ambientale-culturale. La sfida maggiore per la Provincia di Siena sarà quindi quella di continuare questo percorso che l’ha condotta, già da alcuni anni, ad avere un reddito pro-capite a parità di potere di acquisto al di sopra della media italiana ed europea, però consapevole che tutto ciò può durare nel tempo solo se indirizzato all’interno di un percorso di sviluppo sostenibile. L’applicazione dell’indice di Benessere Economico Sostenibile non si dovrebbe limitare a due anni soli, attraverso i quali è assai difficile capire in che direzione si sta muovendo il sistema; per programmare e pianificare politiche sostenibili per il futuro è necessario sapere quello che è avvenuto nel passato, per mettere in luce sia i punti di forza su cui insistere che le criticità da affrontare e i problemi da risolvere. Il fatto di affiancare ai normali strumenti che informano la pianificazione pubblica e privata del nostro comportamento altri strumenti di natura diversa da quella economica tradizionale non fa altro che accrescere la nostra potenzialità di compiere delle scelte giuste nell’ottica della sostenibilità. SPIN-ECO 98 4. CONCLUSIONI La performance di un sistema economico è misurabile attraverso l’insieme di statistiche che fanno capo al Sistema dei Conti Nazionali. La parte più nota e pressoché unanimemente riconosciuta come indicatore della salute del sistema è quell’insieme di operazioni di monitoraggio che concorrono al concetto di Prodotto Interno Lordo (PIL). Il PIL misura il valore, a prezzi correnti, dell’insieme di beni e servizi finali prodotti in un determinato intervallo di tempo nel territorio nazionale di un paese. Esso è un importante punto di riferimento per gli operatori del settore e per coloro che necessitano di informazioni quali-quantitative puntuali per operare la programmazione delle attività economiche. I sistemi di contabilità nazionale di base statistica sono sviluppati da decenni e possono essere adottati da una pluralità di stati in modo da consentire la comparazione tra le diverse condizioni economiche. Uno dei principali fautori di questi sistemi di misurazione statistica fu Simon Kuznets (1901-1985, Premio Nobel per l’Economia nel 1971), celebre per le sue idee sul calcolo del reddito nazionale e sulla crescita dell’economia. La crescita del PIL rappresenta un obiettivo strategico per ogni amministratore, nazionale o locale, dal momento che si ritiene che un aumento della ricchezza (o del reddito pro-capite, che dir si voglia) costituisca la base imprescindibile sulla quale costruire qualsiasi tipo di politica o disegno programmatico. Tuttavia, dall’utilizzo virtuoso di questo strumento nell’ambito delle potenzialità che esso è in grado di dispiegare alla considerazione del PIL come unico “mito” dell’economia moderna il passo è breve. Esso, infatti, è considerato facilmente da una parte come soluzione preliminare di tutti i problemi di una società che vive ed opera su un territorio (qualora sia in crescita) e dall’altra come un dato che permette di valutare l’operato di attività amministrativa e politica economica. L’uso distorto che viene fatto dei risultati delle analisi sulla dinamica del PIL è tipico della politica e avallato per convenienza e semplicità da gran parte dell’informazione e della comunicazione sul tema. Sebbene gli economisti non possano condividere questa tendenza, essi non contribuiscono sufficientemente a fare chiarezza sui reali significati delle grandezze relative alla contabilità economica nazionale, dirimendo questioni ed equivoci che sarebbe giusto chiarire. Lo stesso Simon Kuznets affermò: “The welfare of a nation can scarcely be inferred from a measurement of national income” (il benessere di una nazione potrà difficilmente essere desunto da una misura del reddito nazionale), indicando con ciò che fornire una misura delle potenzialità operative del sistema economico e della sua capacità SPIN-ECO 99 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE produttiva è ben diverso da rappresentare il reale benessere percepito dalla popolazione. In altre parole, se da una parte è vero che avere un reddito pro-capite maggiore è preferibile, tuttavia non è detto che questo rifletta fedelmente le reali condizioni di vita di una popolazione sulle quali influiscono anche l’assetto della società e le condizioni di contorno, tra le quali quelle ambientali. Il rapporto tra economia ed ambiente si è spesso manifestato in forma di dualismo, una contrapposizione apparentemente irriducibile. Da una parte, gli economisti hanno spesso ritenuto che le preoccupazioni degli ambientalisti fossero eccessive e dipendenti da una insufficiente comprensione delle capacità di autoregolarsi delle economie di mercato. Gli ambientalisti, d’altro canto, hanno spesso visto nell’economia non solo una sistematica sottovalutazione della gravità ed urgenza dei problemi ambientali, ma anche spesso la legittimazione scientifica ed ideologica dell’attuale processo di degrado ambientale. Eppure negli ultimi decenni è cresciuta progressivamente la consapevolezza che nessun modello di sviluppo economico potrà avere successo duraturo se non risulterà sostenibile anche dal punto di vista ambientale, mentre nessun processo di ristrutturazione ecologica della moderna società industriale potrà mai affermarsi se non risulterà sostenibile anche dal punto di vista economico. Il concetto di sostenibilità si pone quindi come elemento chiave dell’evoluzione della nostra società. Recentemente, notevoli progressi sono stati fatti, sul piano teorico, al fine di fornire strumenti adatti ad integrare le conoscenze e le pratiche di pianificazione e programmazione dell’insediamento e delle attività umane sul territorio. La maggior parte di questi progressi si sono concretizzati nella costruzione dei cosiddetti indicatori di sostenibilità, che permettono di ottenere informazioni sintetiche su fenomeni più complessi. Alcuni di essi, più o meno noti, fanno capo alle metodologie dell’Impronta Ecologica o della sintesi Emergetica, dell’inventario dei gas serra, delle immagini da satellite. Tali indicatori sono per lo più “ambiente-centrici” e sono basati su unità di misura fisiche. Essi sono, quindi, una fonte di informazione completamente indipendente dal sistema economico, che è visto come un sottosistema dell’ecosistema globale. L’indagine presentata in questo studio, invece, è un’applicazione degli studi effettuati in seno alla disciplina dell’Ecological Economics, il cui capostipite è Herman Daly. Egli, nell’ambito della critica alla teoria economica dominante, propose uno strumento di correzione al calcolo del PIL, introducendo nella SPIN-ECO 100 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE contabilità macroeconomica elementi sociali ed ambientali, mantenendo comunque il valore economico come unità di misura. L’operazione di Daly, che sfociò nella creazione dell’Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW), è stata seguita con attenzione da numerosi ricercatori nell’ambito dell’Ecological Economics i quali hanno effettuato numerosi studi a livello di economie nazionali. Ciò che è stato presentato in queste pagine è l’operazione di calcolo dell’ISEW per l’anno 2003, per la Provincia di Siena, una delle prime esperienze a livello locale, almeno stando alla letteratura scientifica internazionale. I risultati ottenuti sono stati basati principalmente su tre studi precedenti: la prima proposta di ISEW per gli Stati Uniti, proposta da Daly nel 1989; l’ISEW per l’Italia calcolato da Giorgio Guenno e Silvia Tiezzi nel 1998; il calcolo dell’ISEW per il 1999 per la Provincia di Siena effettuato da un gruppo di ricerca dell’Università di Siena (Federico M. Pulselli, Francesca Ciampalini, Enzo Tiezzi e Carlo Zappia). Lo studio ha richiesto un notevole impegno dal punto di vista della raccolta dei dati statistici, e presenta il calcolo per l’anno 2003 ed un aggiornamento di ciò che fu fatto in via sperimentale per il 1999. Si è notato come sia molto più semplice ottenere informazioni sull’andamento del sistema economico piuttosto che su elementi ambientali e sociali. Dati sul consumo delle risorse e dell’energia, sull’inquinamento, sul depauperamento del capitale naturale non rinnovabile sono raccolti da pochi anni a questa parte perché alcuni problemi ambientali connessi a questi fenomeni sono diventati vere e proprie emergenze. Eppure essi sono elementi fondamentali della sostenibilità, vale a dire della capacità di un sistema (sia esso una popolazione, un sistema economico, un area sulla quale vi sono insediamenti o processi produttivi) di mantenersi in vita per un tempo indefinito. In altre parole, chiunque si voglia occupare di sostenibilità a livello di sistema territoriale non potrà mai trascurare un indagine preliminare e una raccolta di informazioni sulle caratteristiche ambientali del sistema, cosa che presiede a qualsiasi tipo di elaborazione di indicatori di sostenibilità. Il calcolo di questo indicatore mostra la rilevanza monetaria di certe variabili come l’esaurimento delle risorse non rinnovabili, la produzione di inquinamento atmosferico, idrico e acustico e i danni ambientali di lungo periodo, nella valutazione del benessere economico della Provincia di Siena. I risultati ottenuti per la Provincia di Siena sono abbastanza conformi a quelli per l’Italia. La differenza tra l’ISEW e il PIL risulta confermata, anche se le voci che incidono maggiormente sul risultato a livello locale non sono le stesse di quelle a livello nazionale. Per esempio, la scarsa presenza di attività industriali e la bassa SPIN-ECO 101 INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE densità di popolazione in Provincia di Siena fanno sì che gli effetti inquinanti ad essa associati siano molto più leggeri rispetto al caso nazionale, o ad altri esempi relativi ai paesi occidentali. Al tempo stesso, però, il consumo di energia e risorse, come lo sfruttamento di risorse locali, non rinnovabili sono fattori di notevole importanza che influenzano notevolmente i risultati finali. La valutazione della sostenibilità di tutte le attività economiche e sociali è sicuramente una grande sfida per le autorità locali. Queste detengono il potere decisionale che però non deve prescindere da una solida base di informazioni accurate ed esaurienti in tutti i settori. Ciascun piano, progetto o decisione, prima di essere realizzata, deve essere valutata in termini economici senza però tralasciare gli aspetti sia sociali che ambientali. SPIN-ECO 102 5. Bibliografia scientifica Anielski, M., Rowe, J. 1999. The Genuine Progress Indicator - 1998 update. Redefining Progress. San Francisco, CA. Castañeda, B., E., 1999. An index of sustainable economic welfare (ISEW) for Chile. Ecological Economics, 28: 231-244. Cobb, C., Halstead, T., Rowe J., 1995. The Genuine Progress Indicator. 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