Anno II – Numero 130 AVVISO 1. farmaDAY in formato iBooks Notizie in Rilievo Scienza e Salute 2. Perché la rabbia fa davvero male al cuore 3. Relaxina, è davvero l’ormone che allunga la vita? Prevenzione e Salute 4. Sette giorni senza sonno. 700 geni alterati Stili di vita e Salute 5. Tinture per capelli possono causare il cancro 6. Salute: i sessantenni sono come i trentenni Curiosità 7. Perché si dice “Passare sotto le forche caudine”? Mercoledì 06 Marzo 2013, S. Marziano, S. Coletta NAPOLI, CITTÀ DELLA SCIENZA IN FIAMME A fuoco quattro capannoni del complesso che ospita incubatori per le imprese e un centro di divulgazione scientifica. È tardi, dopo cena. La notizia si diffonde come un tam tam: la «Città della Scienza» sta prendendo fuoco. Un rogo immane, dense nuvole di fumo nero in uno scenario spettrale. La città industriale che fu l’acciaieria Italsider, si sta vendicando. E’ troppo presto per capire, sapere chi ha pugnalato ancora una volta Napoli!!. Giornata da dimenticare. Terribile. Prima la voragine fortunata che non ha fatto vittime, con il crollo, alle prime ore della mattinata, di un’ala di un palazzo della Riviera di Chiaia, poi, a sera tarda l’incendio che sta distruggendo quella Napoli che guardava al futuro. Erano i primi anni ’90 quando il professore V. Silvestrini e un pugno di illuminati professori e intellettuali diedero vita alla, Fondazione Idis, e a quell’intuizione che poi porterà a visitare l’area della «Città delle Scienze» più di 350.000 visitatori l’anno. Intere scolaresche. È notte fonda, il fuoco, il fumo, centinaia di vigili del fuoco in guerra contro le fiamme. E’ un pezzo di Napoli che se ne va. Perché si dice “PASSARE SOTTO le FORCHE CAUDINE”? La frase significa subire una grave umiliazione o una prova mortificante. Il modo di dire risale addirittura all’antica Roma, e precisamente alla Seconda guerra sannitica. Nel 321 a.C. gli uomini dell’esercito romano, sconfitti nella gola di Caudio, vicino all’odierna Benevento, subirono la mortificazione di dover passare disarmati sotto un giogo di lance, davanti ai vincitori. Ecco il racconto dello storico Livio (Storie, IX, 5): «E venne l’ora fatale dell’ignominia; (...) prima i consoli, quasi nudi, furono fatti passare sotto il giogo; poi gli altri in ordine e grado furono sottoposti alla stessa ignominia; infine ad una ad una tutte le legioni». Pena anche fisica. Oltreché morale, la pena fu pure fisica: infatti i Romani, consoli in testa, vennero sodomizzati. L’episodio sembra essere all’origine del modo di dire che associa la fortuna alle dimensioni del sedere: chi aveva un grosso ano soffriva meno la violenza dei Sanniti ed era perciò più fortunato degli altri. SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: [email protected]; [email protected] SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 130 SCIENZA E SALUTE PERCHÉ LA RABBIA FA DAVVERO MALE AL CUORE Un'intensa collera fa aumentare anche di nove volte il pericolo di infarto, lo stress da stadio lo quadruplica Un rapporto sessuale può indurre un infarto? Il tifo sfegatato per l'amata squadra di calcio è pericoloso per il cuore? Arrabbiarsi può davvero far venire un colpo? Di questi e altri fattori che possono scatenare l'infarto e le aritmie, per chiarire se si tratti di leggende metropolitane o elementi di rischio reale per la salute, hanno parlato di recente gli esperti durante il X Meeting Internazionale su Fibrillazione Atriale e Infarto. Innanzitutto, dagli studi emerge che in 1 caso su 2 i guai al cuore vengono effettivamente innescati da un elemento specifico, in circa un caso su 6 di aritmia o infarto ci sono ben due circostanze negative che hanno fatto precipitare la situazione. La classifica dei pericoli per il cuore vede al primo posto le emozioni negative: la rabbia intensa, quella che fa digrignare i denti e stringere i pugni, fa aumentare il rischio di infarto fino a 9 volte nelle ore immediatamente successive. La collera fa salire la pressione e la frequenza cardiaca, alterando anche gli equilibri ormonali dell'organismo: in queste condizioni una placca aterosclerotica «in bilico» può rompersi più facilmente. Le pressioni sul lavoro, ad es. per rispettare una scadenza, fanno crescere di ben 6 volte il rischio di aritmie e infarti, mentre l'emozione di una partita allo stadio quadruplica la probabilità. «In tutti questi casi, così come nelle popolazioni colpite da disastri naturali - quali i terremoti - dove il rischio di morte cardiaca improvvisa cresce moltissimo, stiamo parlando di uno stress emotivo acuto che provoca un incremento considerevole e rapido del cortisolo, l'ormone dello stress: ciò può alterare il metabolismo del glucosio, favorire la rottura di placche, causare aritmie — spiega A. Capucci, docente di malattie cardiovascolari all'Univ. Politecnica di Ancona. Più un evento o un'emozione sono inattesi e intensi, più è probabile che il sistema cardiovascolare non riesca a compensare lo squilibrio che provocano: paradossalmente lo stress quotidiano che tutti sopportiamo fa meno male, perché il cuore si abitua e riesce ad attutirne meglio gli effetti negativi». Il fattore scatenante, in altre parole, è la classica goccia che fa traboccare il vaso: se il sistema cardiovascolare non è in perfetta salute, un'arrabbiatura pesante può mandarlo in tilt. E non sono solo le emozioni a riuscirci, anche l'attività fisica può essere pericolosa. «Lo sono soprattutto gli sforzi rapidi e intensi, in special modo in persone non allenate e già un po' avanti negli anni; l'attività sessuale invece non è rischiosa, pure in chi abbia già avuto un infarto. Anche la mancanza di riposo può scatenare un problema di cuore: il sonno è prezioso perché consente di ridurre pressione e frequenza cardiaca; se non si dorme bene il cuore non recupera mai ed è più esposto alle aritmie». «Quando si trattiene il respiro per qualche secondo, come accade a chi ha le apnee notturne, c'è un aumento consistente delle catecolamine in circolo (come l'adrenalina) e la pressione sale fino a vere e proprie crisi ipertensive: in queste condizioni il battito cardiaco diventa più facilmente irregolare, con tutti i rischi che ne derivano. Infine, anche pranzi e cene troppo abbondanti possono scatenare aritmie e infarti: durante la digestione di pasti molto pesanti il sangue si sposta verso l'apparato digerente e diminuisce l'apporto alle coronarie, se queste non sono perfettamente efficienti è assai probabile che una scorpacciata diventi "fatale". Purtroppo moltissimi non hanno idea di come stia davvero il loro cuore: chi dopo un piccolo sforzo si sente mancare il fiato spesso dà la colpa ai chili di troppo e non pensa a una possibile insufficienza cardiaca o una coronaropatia». Come sapere se il cuore è in salute per non farsi "sorprendere" dagli stress, emotivi o meno? «Con check-up regolari: il controllo della pressione una volta al mese, l'esame del sangue per colesterolo, glicemia e così via ogni 1-2 anni, un'ecg ogni 5 anni e test da sforzo o altri esami quando il medico li richiede. (Salute Corriere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 130 PREVENZIONE E SALUTE SETTE GIORNI SENZA SONNO, 700 GENI ALTERATI In una settimana di mancanza di sonno il corpo umano varia le normali funzioni dei geni che regolano molte attività Dormire poco per sette giorni di fila, o peggio non dormire affatto, non solo nuoce genericamente alla salute, alterando livelli di attenzione, senso di fame, livelli di stress ma modifica anche il funzionamento dei nostri geni. Sarebbero oltre 700 quelli del nostro Dna che, dopo un periodo di riposo mancante, verrebbero interessati. Questo nonostante molti studiosi abbiano, negli ultimi mesi, dimostrato come comunque sia il nostro fisico a riequilibrare i ritmi di sonno e veglia nel tempo, e dopo alcuni giorni di sonno mancante il corpo umano si riprenda da sé le ore perdute. IL SONNO MANCATO – Lo studio – pubblicato su Pnas - è stato condotto dai ricercatori dell’università del Surrey sugli «effetti della mancanza di sonno nei ritmi circadiani e sue ricadute sul trascrittoma», ovvero il genoma umano, usando una base di 26 volontari in buona salute, che per una settimana sono stati tenuti sotto controllo in un centro inglese che cura i disturbi del sonno. Il campione è stato privato per sette giorni di alcune ore di sonno e obbligato a dormire 6 ore per notte. A fine periodo, per compiere le analisi sul Dna le stesse cavie sono state tenute sveglie per 40 ore di fila. Accanto a loro, un gruppo di persone (il cosiddetto gruppo di controllo) ha invece riposato fino a 10 ore per notte. Le analisi della loro composizione genetica sono poi state paragonate dai ricercatori del Surrey, che hanno anche monitorato le abilità cognitive del campione e la qualità del loro sonno. QUEI GENI IMPAZZITI – Dai dati raccolti, è emerso come nel caso di 711 geni sia variata la loro capacità di lavoro: in alcuni casi questa veniva intensificata, in altri decelerava. Tra questi, le attività che cambiavano maggiormente riguardavano i geni responsabili della regolazione del metabolismo, dei livelli di stress e della risposta del corpo a tali sollecitazioni, dell’omeostasi, ovvero dell’equilibrio interno del nostro corpo, termometro fondamentale per mantenere un corretto stato di salute. Tali modifiche dunque, potrebbero influire sulle condizioni fisiche del corpo umano, se messe costantemente alla prova. Ecco perché chi cronicamente dorme poco si troverebbe in un’area considerata a rischio. Questa scoperta peraltro dà finalmente una motivazione anche genetica alle conseguenze dello scarso sonno da sempre predicate e verificate da parte dei medici: tendenza a mangiare di più, a non digerire, a ingrassare per esempio, ma anche minor capacità di gestione dello stress, e un generico e vario affaticamento fisico e mentale. Non a caso, lo stesso campione analizzato ha mostrato capacità cognitive più basse della media nei giorni di deprivazione dal sonno, rispondendo con lentezza e fatica ai test di attenzione e memoria. (Salute Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 130 SCIENZA E SALUTE RELAXINA, È DAVVERO L'ORMONE CHE ALLUNGA LA VITA? Lo producono le donne in gravidanza e regalerebbe salute e longevità: le possibili applicazioni in difesa del cuore Qualcuno la considera responsabile della lunga vita delle donne, altri la chiamano senza mezzi termini l'ormone della longevità. Di certo oggi molti occhi sono puntati addosso alla relaxina, ormone prodotto durante la gravidanza che ha come compito principale quello di "rilassare" muscoli e ossa del bacino, preparando la pelvi al passaggio del bambino nel canale del parto: stando infatti alle più recenti ricerche, presentate a Firenze durante il convegno internazionale sulla relaxina promosso dalla Fondazione per la Ricerca sulla Relaxina nelle Malattie Cardiovascolari e altre patologie, l'ormone potrebbe aiutare contro malattie come l'ictus, l'aterosclerosi, le cardiopatie. MALATTIE CARDIOVASCOLARI – Gli studi presentati sull'argomento cominciano a essere molteplici, ma va detto che la maggioranza è stata condotta su numeri di pazienti abbastanza esigui e quindi la prudenza è d'obbligo: prima di pensare a possibili applicazioni cliniche i dati dovranno essere confermati e ampliati. Di certo l'orizzonte delle prospettive sembra ampio: uno studio condotto su 36 pazienti che avevano avuto un ictus, ad esempio, ha dimostrato che è possibile ottenere miglioramenti considerevoli se alla riabilitazione si affianca un trattamento a base di relaxina di origine animale; un'altra ricerca su pazienti con problemi alla circolazione periferica ha provato che in tre mesi l'ormone riduce il dolore intermittente che si manifesta camminando, probabilmente grazie alla comparsa di nuove arteriole che migliorerebbero la circolazione. È quanto è successo a un trentenne in cura a Firenze, dal cardiologo Mario Bigazzi, candidato all'amputazione di una gamba per colpa di un'arteriopatia e frequenti tromboflebiti: la relaxina, inizialmente iniettata e poi data per bocca, ha fatto migliorare le condizioni della gamba e delle ulcere e soprattutto ha consentito la formazione di una nuova arteria, una specie di "bypass spontaneo", al punto che non c'è stato bisogno di amputare. MECCANISMI – La relaxina, secondo i ricercatori, agirebbe dilatando i vasi sanguigni e migliorando perciò il passaggio del sangue soprattutto in caso di ictus e infarto, quando le arterie vengono “bloccate” da un trombo; l'ormone inoltre ridurrebbe l'attivazione delle piastrine, con effetto antitrombotico, e stimolerebbe la produzione di sostanze che facilitano la formazione di nuovi vasi sanguigni. Da qui a pensare che sia un ormone con effetti cardiovascolari consistenti il passo è stato breve, così come credere che sia responsabile della maggiore longevità femminile visto che la relaxina si ritrova in circolo a ogni ovulazione. E ci sono già aziende che hanno fatto partire le prime sperimentazioni cliniche: uno studio che sarà presentato al prossimo congresso dell'American Heart Association, mostra una riduzione nella mortalità dopo infarto nei pazienti trattati con relaxina. Si tratta di dati preliminari, ottenuti seguendo i malati per appena sei mesi: la prudenza quindi è d'obbligo, e prima di ritenere la relaxina davvero "l'ormone della longevità" occorreranno ulteriori conferme. (Salute Corriere) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 130 STILI DI VITA E SALUTE TINTURE PER CAPELLI POSSONO CAUSARE IL CANCRO Le sostanze chimiche che si sviluppano nelle tinture per capelli, sia “casalinghe” che professionali utilizzate nei saloni di acconciature, sono ritenute cancerogene e possono aumentare il rischio di sviluppare una qualche forma di cancro Un team di ricercatori britannici, composto dai dottori D. Lewis, J. Mamaemail e J. Hawkes della Perachem Limited di Leeds ha messo in guardia dall’uso delle tinture per capelli perché sono un potenziale, quanto serio, rischio per la salute delle donne. Il rischio che si corre utilizzando le tinture permanenti per capelli – sia quelle cosiddette casalinghe che quelle professionali utilizzate nei saloni di acconciature – è di sviluppare una qualche forma di cancro. I ricercatori sono giunti alla loro conclusione dopo aver condotto una revisione sistematica sugli effetti delle sostanze contenute nelle tinture, e pubblicata sulla rivista internazionale Materials. Queste sostanze, chiamate Ammine secondarie, che si trovano già in tutte le tinture permanenti per capelli, o si formano in esse, possono penetrare nell’organismo attraverso la pelle – oltre a rimanere sui capelli per settimane, mesi o addirittura anni dopo che il colorante è stato applicato. Un altro dei problemi evidenziati nella ricerca sono le Nitrosammine (o N-nitrosamine): dei composti organici che si andrebbero a formare nel tempo con l’esposizione dei capelli della persona all’inquinamento dell’aria, i gas di scarico dei veicoli e anche il fumo di tabacco. Queste sostanze, ottenute per reazione chimica, sono altamente tossiche e ritenute cancerogene. Nonostante l’uso di queste sostanze sia stato vietato in cosmesi, proprio a causa della loro cancerogenicità, per via di una semplice reazione chimica queste possono ancora generarsi, sottolineano i ricercatori: ecco pertanto perché le tinture per capelli possono divenire pericolose per la salute, anche se non contengono ammine. (Salute Stampa) SALUTE: I SETTANTENNI SONO COME I TRENTENNI La longevità è migliorata così rapidamente che ora i settantenni sono i "nuovi trentenni". Il dato emerge da uno studio del Max Planck Institute for Demographic Research pubb. sulla rivista PNAS. In base allo studio, i progressi ottenuti nel ridurre la mortalità a tutte le età sono stati cosi rapidi dal 1900 che le aspettative di vita sono aumentate più velocemente di quanto non lo abbiano fatto nei precedenti 200 millenni. Una velocità che ha lasciato i Paesi industrializzati impreparati a far fronte al costo delle pensioni per un periodo così lungo. Gli scienziati che hanno lavorato allo studio ritengono che non sia chiaro quanto possa essere il limite massimo per le aspettative di vita. ''Quanto può essere più lunga, non lo sappiamo'' afferma con il Financial Times Oskar Burger, uno dei curatori dello studio. (ANSA)