l`imperatore degli ultimi tempi e il prete gianni prof . marcello pacifico

“L’IMPERATORE DEGLI ULTIMI TEMPI E
IL PRETE GIANNI”
PROF. MARCELLO PACIFICO
Università Telematica Pegaso
L’imperatore degli ultimi tempi e il prete Gianni
Indice
1
LE PROFEZIE SULLA CADUTA DELL’ISLAM E LA LEGGENDA DEL PRETE GIANNI --------------- 3
2
L’OCCUPAZIONE CROCIATA DI DAMIETTA E LA GUERRA DI SUCCESSIONE ARMENA --------- 7
3
FEDERICO II E ONORIO III IN AIUTO DEI CROCIATI --------------------------------------------------------- 11
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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L’imperatore degli ultimi tempi e il prete Gianni
1 Le profezie sulla caduta dell’Islam e la leggenda
del prete Gianni
Per i pellegrini cristiani, la conquista e l’occupazione di Damietta avvengono secondo un
chiaro disegno divino; il contesto messianico, peraltro, è alimentato da aspettative escatologiche
legate alla diffusione di alcune profezie sulla caduta dell’islam: tra esse spiccano la Profezia di
Hannan e del figlio Isacco e le Revelationes beati Petri apostoli a discipulo eius Clemente in uno
volumine redactae. La prima, scritta in arabo da un autore che non appartiene alle tre religioni del
Libro e nota ai Cristiani prima della capitolazione della città egiziana, narra le azioni compiute dal
Saladino, predice la presa di Damietta e annuncia il prossimo arrivo di un certo re dei Nubiani che
distruggerà La Mecca e disperderà le ossa di Maometto. 1 La seconda, scritta in caldeo o aramaico, 2
ritrovata dopo la conquista della città tra le feste della Pasqua e dell’Ascensione, fatta tradurre da
Pelagio in latino, inviata al papa e custodita in Irlanda dal legato apostolico Giacomo e poi nel
convento di Clairvaux, descrive le azioni di Nûr al-Dîn e del Saladino, la perdita di Gerusalemme
(1187), la conquista di Acri e di Ascalona (1191), la presa di Damietta (1219), fornisce disposizioni
utili per la salvezza e predice una battaglia che nel prossimo luglio (1220) dovrebbe avvenire tra
Franchi e Saraceni alle porte del Cairo, seguita dall’arrivo di due sovrani che uniti conquisteranno
tutte le terre dei Saraceni: uno dall’Oriente, il re Davide, uomo timoroso di Dio, detto il prete
Gianni e di recente entrato in Persia, l’altro dall’Occidente. In questo libro, tenuto in gran
considerazione dal legato apostolico, sono predetti anche la caduta imminente dell’islam, trascorsi
600 anni dalla sua affermazione, e l’arrivo dalla Spagna del suo sterminatore. 3
1
Ex Joannis Iperii…, 607-608; Oliviero da Colonia, 101.
Dal popolo semitico degli Aramei (Arâm, quinto figlio di Sem), stanziato in antichità tra Siria e Mesopotamia.
3
Ex Chronico Turonensi, 300-301.
2
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Il vescovo di Acri informa il papa della reale esistenza di Davide, re degli Indi (Tartari),
«uomo potentissimo e vigoroso nelle armi, astuto nell’ingegno, vittorioso nelle battaglie» che
costringe al-Ashraf a rinunciare all’assedio di Athlît e a difendere le terre invase; il malleus dei
pagani, «del perfido Maometto e della sua falsa legge», è così temuto dal sultano d’Egitto da
indurlo a liberare alcuni prigionieri per mediare subito una pace con i Cristiani. 4 Giacomo di Vitry
conferma il ritrovamento dei due libri profetici, in lingua araba e aramaica, uno nei pressi di
Damietta, l’altro in Siria: nella descrizione della storia della chiesa dalla sua nascita all’avvento
dell’anticristo, si conferma la recente conquista di Damietta e si annuncia la prossima fine della
legge degli Agareni con l’avvento dei due re, «certamente Davide (Gengis Khân) e Federico II che,
in onore di Dio e a sostegno dei suoi fedeli, s’incontreranno per il prossimo agosto». 5 Anche
un’altra versione della profezia di Hannan allude all’imperatore normanno-svevo e alla terra di
Gioacchino da Fiore, e precisa che verrà dalla Calabria l’atteso re d’Occidente, che giungerà fino
all’India con una gran moltitudine di gente per distruggere l’impero di Maometto, guadagnare
Gerusalemme ed incontrare l’altro re che verrà da dietro i monti, dopo aver conquistato Damasco.
Entrambi «si recheranno al Tempio di Dio e al Sepolcro di Cristo, e trascorreranno i giorni con
gioia e amicizia, piangendo la morte degli amici e piantando frutti rigogliosi nella terra pacificata». 6
La leggenda del prete Gianni, scritta nella Persia nell’XI secolo da un maestro nestoriano, è diffusa
nella cristianità da un certo arcivescovo che, di ritorno dall’India, nel 1122, ne riporta la notizia a
papa Callisto II. Alcuni anni dopo (1145), è ripresa da Ottone di Frisinga che descrive il mito
dell’uomo che vive nell’Asia centrale, identificato da un vescovo siriano - in viaggio per Viterbo nel discendente dei re Magi, nel duce vittorioso sui Saraceni dell’Asia. 7 Nel 1165, un prete Gianni
4
Lettres de Jacques de Vitry, 141. Deve essere retrodatata a questo periodo un’altra lettera del 18 aprile 1221, che
parla del prete Gianni e della presenza del duca Leopoldo VI, ritornato nella primavera del 1219 (RRH, I, 250).
5
Lettres de Jacques de Vitry, 142-152.
6
La Prophetie de Hannan le fil Ysaac, in Quinti belli sacri scriptores, 213.
7
Vittoria del Gur-Khân a Qara-Khitay (1141) sul sultano persiano Sandjar.
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annuncia con una lettera al basileus Manuele Comneno il suo arrivo per siglare un’alleanza, mentre
nel Duecento, sempre in ambiente nestoriano, al tempo della conquista di Damietta e dell’invasione
dei Tartari, la sua figura è confusa con quella di re Davide, in principio, un re georgiano che difende
le bibliche porte di ferro dall’invasione dei popoli di Gog e Mogog. 8
La profezia, scritta in arabo, è fatta tradurre da Pelagio per spronare i crociati all’azione
contro i Saraceni e per convincerli di esser protagonisti di un preciso piano divino che determina la
perfetta corrispondenza tra eventi predetti e fatti realmente accaduti. 9 Queste scoperte aumentano la
fiducia del legato nel suo operato, la risoluta opposizione ad ogni negoziazione con il sultano, 10 e
alimentano l’attesa messianica dell’imperatore degli ultimi giorni.11 Anche se le lettere potrebbero
essere, persino, state commissionate dal rappresentate della chiesa, comunque, dimostrano come la
crociata sia vissuta ancora una volta come opus pacis, momento conclusivo della stagione
dell’umanità e di proiezione dell’uomo verso la divinità nel rinnovato patto con Dio, in attesa del
giudizio finale. Come al tempo della prima conquista di Gerusalemme (1099), così anche dopo la
conquista di Damietta (1219), nel milieu della cristianità orientale si diffonde una nuova versione
dell’Apocalisse di Pietro, che si arricchisce delle profezie, nel frattempo elaborate in Occidente,
all’indomani dell’anno Mille. Il puntuale ritrovamento dei due testi convince i pellegrini del
processo salvifico che li coinvolge e giustifica l’intransigenza del rappresentante della chiesa:
Damietta è conquistata con il favore di Dio che vuole liberare l’intera terra d’Egitto dalla sua
schiavitù, e intende avverare il regno di pace e di giustizia dopo il ritorno di tutti i fedeli alla legge
di Cristo, grazie all’azione di quell’imperatore del sacro romano impero che viene identificato
nell’imperatore degli ultimi tempi.
8
Bériou, Les différentes confessions religieuses… , 217.
Mayer, The Crusades, 226.
10
Van Cleve, The Fifth Crusade, 406.
11
Richard, Histoire des croisades, 315; Idem, La politique orientale de Saint Louis. La croisade de 1248, in Actes
des colloques de Royaumont et de Paris, Paris 1976, 205.
9
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La folgorante e contestuale avanzata dei Tartari nell’Oriente musulmano conferma, pure, il
declino dell’islam e l’avvento di un periodo eccezionale.
La vittoria dei crociati e dei tartari nei confronti dei principi musulmani non può essere
considerata come evento fortuito. Pertanto, è chiaro, per il predicatore della crociata, che la città del
Signore, il luogo dove le nazioni giungono da lontano per portare tributi e adorare Dio, la «nostra
madre che giace sottomessa e desidera essere rialzata dalla prigionia di Babilonia», è pronta per
essere consegnata pacificamente nelle mani dell’imperatore al popolo d’Israele: «Benedetti
gioiranno coloro che ti conquisteranno. Del resto tu ti rallegrerai nei tuoi figli, e sono beati tutto
coloro che ti amano e gioiscono per la tua pace (Tob 13,8)». 12 I tempi sono maturi per il redde
rationem dell’umanità intera e spetta al solo imperatore Federico II proclamarne l’inizio.
12
Oliviero a Colonia, 112.
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2 L’occupazione crociata di Damietta e la guerra di
successione armena
In una lettera dell’11 novembre 1219, il patriarca e il re di Gerusalemme, il legato apostolico
e l’arcivescovo di Nicosia, i vescovi di Acri e di Lucca, i maestri dell’Ospedale, del Tempio e dei
Teutonici informano il papa dell’insperato successo concesso da Dio, e dell’intenzione di procedere
rapidamente alla conquista di tutto l’Egitto. 13 Ma il progetto subisce un arresto a causa della
divisione dell’esercito cristiano per la spartizione del bottino. In due occasioni, il 21 dicembre 1219
e il 6 gennaio 1220, Romani e Latini si rivoltano contro i Francigeni e il cardinale legato. La rivolta
degenera in scontro armato ed è repressa dai frati degli Ordini secolari e dai cavalieri d’Oltremare.
Nell’attesa dell’arrivo dei nuovi pellegrini e del sovrano normanno-svevo, i crociati si insediano a
Damietta, potenziano le fortificazioni e riconvertono alcuni luoghi di culto musulmani, certi della
vittoria finale: il 2 febbraio 1220, consacrano alla Vergine la moschea principale durante una
solenne processione officiata dal legato apostolico, e più tardi intitolano due chiese ai martiri inglesi
santo Edmondo e san Tommaso. 14
L’anno nuovo scorre tra le terre del Nilo senza notevoli scontri militari perché il sultano è
impegnato a ricostituire l’esercito nei pressi di al-Mansûra, e il re di Gerusalemme, certo del
prossimo arrivo dell’imperatore, ne approfitta per lasciare l’Egitto e interessarsi personalmente alla
guerra di successione alla corona armena.
Giovanni di Brienne, alla morte del suocero, re Leone d’Armenia, ne rivendica la corona
forte del consenso di papa Onorio III 15 e lascia il campo dei pellegrini per reclamare il diritto al
13
RRH, I, 246.
Ex Matthei Paris majori Anglicana Historia, 751; Ex continuatione chronicae Rogeri de Hoveden, in MGH-SS,
XXVII, 189; Liber duellii Christiani in obsidione Damiate exacti, 166.
15
4 febbraio 1220, cfr.: AA. ECC., 281.
14
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trono. 16 Per la festa della Pasqua, il sovrano di Gerusalemme si ritrova al fianco della moglie
Stefania d’Armenia ad Acri dove si assicura il sostegno dei cavalieri Templari - a cui affida castelli,
terre e rendite provenienti dalla catena della città portuale - 17 contro l’altro pretendente al trono,
Raimondo Rupen, nipote del sovrano defunto, promesso sposo della principessa ereditaria, la regina
Isabella d’Armenia, 18 e già in lotta con Boemondo IV. 19 La morte della principessa Stefania, però,
sconvolge i piani del re di Gerusalemme perché il legato apostolico decide di investire come
sovrano il principe rupenide, e invia una flotta in suo soccorso, 20 che guadagna l’isola di Cipro ma
approda in ritardo a Selef: se Raimondo Rupen è imprigionato a Torsot (Tarso), il suo reggente,
Adamo di Baghrâs, è ucciso dagli Assassini su commissione del balivo armeno, Costantino di
Lampron 21 che strappa agli Ospedalieri la custodia della principessa Isabella, per poi combinarne il
matrimonio, prima nel giugno 1222, con il principe Filippo, figlio di Boemondo IV, 22 più tardi, nel
1226, con il proprio figlio Hethoum (Aitone).23
L’intricato gioco politico scaturito dalla lotta di potere nell’Armenia, che mette frati
cavalieri e principi cristiani e musulmani gli uni contro gli altri e porta quasi 20.000 uomini alla
morte o alla prigionia, 24 conferma come anche nel complesso scacchiere mediorientale, nelle zone
di frontiera tra cristianità e islam durante le crociate, la guerra non sia caratterizzata dal tanto
propagandato carattere confessionale, religioso o sacrale descritto dai cronisti latini, siano essi poeti
o uomini di chiesa. Lo stesso re di Gerusalemme, impegnato a lottare contro il sultano d’Egitto,
16
Non per i conflitti con il legato apostolico, come ritiene Powell, Anatomy of the Crusade, 175-176.
Acri, maggio 1220, cfr.: RRH, I, 248.
18
Erede al trono, figlia di Leone I e Sibilla di Boulogne.
19
Era stato scomunicato nel 1207 per aver imprigionato il patriarca latino d’Antiochia, Pietro d’Angoulême. Il
castello d’Antiochia o Cursat, custodita dall’Ospedale, di dominio del patriarca, aveva resistito al Saladino (Jacques de
Vitry, 208(.
20
Moglie di re Giovanni e figlia d’Isabella di Boulogne.
21
Conestabile e cugino del re.
22
Gli Armeni arrivano a conquistare il castello Siblia dopo che il matrimonio tra Filippo e Isabella rompe l’alleanza
tra il conte di Tripoli e i Selgiuchidi contro il regno di Armenia, cfr. Oliviero da Colonia, 115, 147.
23
Ernoul, 424-428; Estoire, 347-349; Ex chronologia Roberti Altissiodorensis, 290; Abou’lFeda, 98; Eddé, La principauté Ayyubide d’Alep, 447.
24
Per l’incapacità del principe Rupen di gestire situazioni importanti con discrezione (Oliviero da Colonia, 146).
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mentre il principe di Damasco attacca le roccaforti del suo regno, abbandona l’esercito crociato
nelle terre del Nilo per lottare contro un principe cristiano che, peraltro, è un suo suddito, e non
certo per vendicarsi dell’affronto subito nella recente campagna militare da parte del legato
apostolico o della mancata assegnazione di Damietta, come ritiene la storiografia. 25 A sua volta, il
cardinale Pelagio, nel favorire Raimondo Rupen, è pronto a privarsi di un valido condottiero che è
anche il difensore del Santo Sepolcro, senza curarsi dell’incrudelire degli scontri nel campo
cristiano o del rallentamento della campagna crociata. 26 H. E. Mayer giudica duramente Pelagio,
«uomo dalle energie vigorose, poco acuto, autocratico, egoista, testardo, decisamente incurante
delle proibizioni della legge canonica riguardo l’intervento diretto in questioni militari», 27 piuttosto
che «cauto e provvido e vigile e sollecito nel negotium di Dio da condurre»; 28 tuttavia, bisogna
ricordare che il legato apostolico si ritrova a dover prendere decisioni e ad operare nelle circostanze
fortuite del mancato arrivo dell’imperatore, 29 e senza snaturare la missione della chiesa nella
crociata decisa dal Concilio Laterano. Non è un caso se il papa loda il re e i maestri degli Ordini
secolari per gli sforzi profusi nella presa di Damietta, ma li esorta a non rovinare quanto concesso
da Dio con un atteggiamento ostile verso il legato, i cui paterni consigli «devono ascoltare,
rispettandone l’autorità, al fine di conquistare nuove terre». 30 La crociata rappresenta un dovere
congiunto di papato e impero, pertanto, soltanto il potere di entrambi può illuminare il retto
cammino verso la realizzazione dell’opera di Dio. Gli uomini non dovrebbero lamentarsi né vivere
di una vana gloria, perché sono strumento del Salvatore, anzi - ricorda il papa ai Genovesi dovrebbero umiliarsi al cospetto di Dio, visto che «la Chiesa e il suo legato tacciono, ignorati, pur
25
Runciman, Storia delle crociate, 819; Riley-Smith, Breve storia delle crociate, 205; Van Cleve, The Fifth
Crusade, 403, 419.
26
Giovanni di Brienne nei confronti del legato nutre un forte astio, alimentato anche dalla sua forte personalità, al
punto da lamentarsi personalmente con il papa, durante il viaggio in Europa (Grousset, Histoire des croisades…, 271;
Richard, Le royaume latin de Jérusalem, 202).
27
Mayer, The Crusades, 223.
28
Lettres de Jacques de Vitry, 125.
29
Tyerman, L’invenzione delle crociate, 80.
30
24 febbraio 1220, cfr.: CGH, 267; RPRET, 95; RPR, I, 542.
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essendo stati i veri artefici della conquista»? 31 Pelagio, in verità, svolge sempre con determinazione
il compito affidato dal papa di condurre i pellegrini verso la retta via: scomunica chi tradisce il
proprio voto (re Andrea II) o ostacola lo svolgimento della crociata (il nobile Boemondo IV),
conduce in prima fila le spedizioni armate nelle terre del Nilo, affida le nuove conquiste
all’imperatore Federico II, crea una diocesi cattolica in Egitto, favorisce l’attività di conversione dei
predicatori e dei Frati Minori, e la diffusione di profezie millenariste, interviene negli affari del
regno d’Armenia e del principato d’Antiochia, dispone delle truppe e dei soldi raccolti in Occidente
per aiutare l’opera dei pellegrini giunti a Damietta e programma la conquista del regno di Babilonia.
Nessuno si ribella all’autorità del legato, nemmeno il re di Gerusalemme che può contestare
soltanto le scelte militari di una campagna che è stata promossa dalla chiesa in accordo con
l’imperatore, in nome del quale Giovanni di Brienne continua ad esercitare, anche distante, il potere
a Damietta, anche quando ritorna ad Acri con i suoi cavalieri d’Oltremare, il maestro del Tempio e
dei Teutonici, e lascia i sudditi musulmani della città conquistata sotto la protezione della corona. 32
31
32
20 luglio 1220, cfr.: Epistulae, I, 91.
Ermanno di Salza, giunto ad Acri, riparte per l’Europa (Pacifico, I Teutonici tra Papato e Impero, 95).
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3 Federico II e Onorio III in aiuto dei crociati
Giovanni de Tulbia conferma la potestà che il sovrano normanno-svevo, una volta arrivato,
avrà nella distribuzione e nell’assegnazione delle terre egiziane appena conquistate. 33 Federico II
dovrebbe partire nella primavera, ma ancora una volta chiede al papa una proroga, promette di non
ostacolare la partenza dei pellegrini che si sono radunati per il passaggio del 21 marzo, e auspica
che gli sia indicata una nuova data utile per affrontare il viaggio cismarino, in un prossimo incontro
da tenere nella città dei Cesari e di Pietro, dove vuole essere incoronato per tingere la spedizione di
un forte messianesimo. 34 Il papa non fa in tempo ad invitare Corrado di Marburgo a partire da solo
per l’Oriente con i pellegrini tedeschi, che si sente chiedere dall’imperatore un’altra deroga alla
nuova partenza prevista per il 1 maggio, 35 a causa dei disordini avvenuti tra l’arcivescovo Sigfrido
di Magonza e il langravio Ludovico di Turingia, tra i ministeriales e il conte Egenone d’Urach che è
spalleggiato dal fratello Corrado, legato apostolico in Germania, 36 colpevole, peraltro, di aver
commutato per la Provenza ai pellegrini dell’Alsazia il voto crociato preso per l’Egitto. 37
L’imperatore non vuole rinunciare a una crociata dai chiari sviluppi profetici, ma non può
lasciare l’impero agli umori dei potenti principi tedeschi, memore dell’infanzia turbolenta trascorsa
a causa degli ambiziosi nobili siciliani. La morte del rivale Ottone IV (1218), lo rassicura e lo
convince ad assicurarsi la successione dinastica prima di approntare seriamente i preparativi per la
spedizione orientale: nel 1219, Federico II investe il figlio Enrico del ducato di Svevia e del
rettorato della Provenza e l’anno seguente, alla dieta di Francoforte, lo fa eleggere rex Romanorum
33
Iohannes de Tulbia, De domino Iohanne, rege Ierusalem, 138-139.
Hagenau, 10 e 19 febbraio 1220, cfr.: HB, 1/2, 740-744; AIIS, I, 150-152. Nell’aprile sarà invitato dal senatore
Parenzio a cingere la corona, cfr.: Codice diplomatico del Senato Romano, I, a cura di F. Bartoloni, in FSI, 107-111.
35
Marzo 1220, cfr.: HB, 1/2, 746-747; Epistulae, I, 79-80, 83-84.
36
Cardinale vescovo di Porto dal 1219.
37
Norimberga, 13 luglio 1220, cfr.: Ivi, 88. AIIS, I, 156-159; HB, 1/2, 802-805.
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e lo fa consacrare dal vescovo di Wurzburg, interrompendo per l’occasione «iniusta thelonia,
iniuste monete, bella civilia». 38 D’altronde, la stabile testa di ponte dei Franchi nel regno di
Babilonia non impone una partenza immediata, e Onorio III può essere sempre rabbonito dalla
promessa di rimettere ordine ai numerosi soprusi subiti dalla chiesa nel regno siciliano e tedesco,
cosicché nel settimo passaggio, tra il luglio e l’agosto del 1220, giungono in Egitto dall’Adriatico i
nuovi pellegrini senza l’imperatore al seguito delle 8 galee condotte dal conte Matteo Gentile
d’Alesina e delle 14 galee armate dal doge. 39 L’imperatore non parte, però, assicura la partenza dei
crociati dalla Capitanata e concorda con il papa la nuova strategia da adottare, con l’invio di un
prode condottiero che si comporta come conviene a un soldato di Cristo, come sottolinea lo
scolastico di Colonia, pronto a riferire delle decisioni papali.
Il 24 luglio 1220, Onorio III informa prontamente Pelagio di aver sperato ardentemente che
l’eletto imperatore dei Romani e re di Sicilia partisse, giustifica il ritardo imperiale - determinato o
da diversi impedimenti sopravvenuti o dal cauto entusiasmo del sovrano, poco importa -, 40 e lo
informa che l’illustre e carissimo Federico partirà non appena sarà incoronato dopo la festa di san
Michele.
Onorio III provvede con cura ai bisogni per la Terra santa di collettori e legati, di predicatori
e penitenzieri, di camerari e canonici di San Pietro, di nobili ed ecclesiastici, e soprattutto, del
legato apostolico che dalla lontana Damietta riceve attente indicazioni sul denaro raccolto in attesa
di quell’imperatore Federico atteso dai pellegrini, invocato dalle profezie, ed esortato anche dai
tanti trovatori provenzali, paladini della liberalità cortigiana e severi critici dell’avarizia. 41
38
24 aprile 1220, cfr.: Chronica regia Coloniensis, 196 ; HB, 1/2, 762 e ss.; Annales Erphordenses fratrum
praedicatorum, in MGH-SRG, 80; Annales Marbocenses, 174.
39
Lettres de Jacques de Vitry, 135-136; Oliviero da Colonia, 113-114, 117; (1221) Estoire, 354; Runciman, Storia
delle crociate, 827-828.
40
«Sive variis obstaculis sive propria voluntate».
41
Falchetto de Romans, Una chanso-sirventes (1220), LXVI, in Poesie, I, 237; Aimeric de Peguilhan, La metgia (3
nov. - 31 ott. 1220), LXIX, 247-248; Falchetto de Romans, Far vuelh un nou sirventes (22 novembre 1220), LXXI, in
Poesie, II, 4; Elia Cairel, Fregz ni vens nom pot destrenher (dicembre 1220), LXXII, 9.
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Il nuovo maestro del Tempio, Pietro di Montaigu, spiega al vescovo Nicola 42 le paure, le
aspettative, i bisogni e le difficoltà che soffrono i pellegrini dopo che è trascorso più di un anno
dall’ultimo grande passaggio. Mentre fuori Damietta, i Teutonici sono attaccati in una sortita dagli
Egiziani, nel campo cristiano si diffonde la corruzione: il popolo, inerte e debole per i banchetti e le
sbornie, le fornicazioni e gli adulteri, i furti e i cattivi guadagni dimentica la croce, e i pellegrini
ripartono anzitempo. Lo stallo delle operazioni militari in Egitto e l’inerzia dei crociati permette ai
principi Ayyûbiti di attaccare il territorio palestinese controllato dai Franchi. A tre anni dall’inizio
della crociata, anche i pellegrini di Damietta si sentono abbandonati: dal re di Gerusalemme, che
rimane ad Acri per la crisi armena, e dall’imperatore che rinvia l’ennesima partenza perché ancora
non riesce a scendere a Roma, dove il papa l’ha invitato a cingere con la moglie il diadema
imperiale. 43
Il 22 novembre 1220, il sovrano normanno-svevo entra finalmente a Roma con la moglie
Costanza e cinge a San Pietro la corona dell’impero. Durante la cerimonia, l’imperatore riprende
nuovamente la croce, rinnova pubblicamente il voto dinnanzi a Dio e alla comunità dei fedeli,
restituisce alla chiesa di Roma il ducato di Spoleto, il patrimonio della contessa Matilde. Onorio III
è visibilmente soddisfatto perché grazie alla cerimonia di incoronazione chiarisce solennemente la
subordinazione del papato all’impero e prepara la cristianità alla fine dei tempi nella chiara
investitura dell’imperatore delle profezie. Il papa annuncia la partenza dell’imperatore per il
prossimo agosto e il passaggio di un considerevole numero di pellegrini già per il prossimo marzo
1221 sotto Ludovico di Baviera 44 e Corrado, cancelliere imperiale e vescovo di Metz. 45
Mentre a fine anno, giungono a Damietta l’arcivescovo di Milano, di Creta, di Faenza e di
42
Elimensis, forse Elmhamensis, la cui sede è translata a Norwich (Ex Matthei Paris majori Anglicana Historia,
nota a, 753).
43
28 agosto 1220, cfr.: HB, 1/2, 823.
44
Autorizzato a rinviare il viaggio se non riceve i 5.000 marchi d’argento promessi dallo Svevo (Ivi, 106).
45
Dal 27 novembre 1220 si ritrova a Sutri ad reformandam pacem et concordiam in Lombardia, Tuscia e in Italia,
cfr.: HB, 2/1, 54-56.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Reggio con delle lettere dell’imperatore, il papa, invece, per assicurare l’organizzazione della flotta
promessa ai pellegrini di Damietta, convinto della necessità di una pacificazione dell’Occidente
cristiano per troppi anni dilaniato da abusi e guerre, si lascia prendere da un’alacre e frenetica
attività.
Per l’imperatore normanno-svevo che continua a esortare tutti i sudditi a partire per
l’Egitto, 46 la crociata può essere condotta soltanto dopo la pacificazione dell’impero e del regno
siciliano, usciti soltanto di recente da un sanguinoso conflitto dinastico. La riforma della pace nel
regno e il ripristino del culto della giustizia, pertanto, diventano propedeutici all’affermazione della
pace a Gerusalemme e per tutta l’umanità. Nell’immediato, come rimarca anche il cronista
dell’Estoire, i problemi incontrati da Federico II nel domare la rivolta dei baroni e dei Saraceni
siciliani aiutati dal governatore di Tunisi, 47 lo costringono a rinviare sine die il viaggio in Terra
santa, e a trattenere uomini e cavalieri nel regno normanno.48 I pellegrini devono attendere ancora
l’arrivo dell’imperatore degli ultimi tempi perché trionfi la stagione di pace e giunga il giorno della
salvezza eterna, e devono aspettare che si avverino le profezie in quella terra d’Egitto dove gli
Ayyûbiti cominciano a serrare le proprie fila, dopo un iniziale momento di disorientamento e di
discordia. 49
46
18 febbraio 1221, cfr.: Ivi, 128-132.
Abd al-Wâhid, fondatore della dinastia hafsida sempre più indipendente dal califfo almohade al-Mustansir.
48
Ernoul, 434-438. L’eco della ribellione dei Saraceni, nel 1221, cfr.: Chronicon Estense, in RIS, 15/3, 10;
Chronicon Marchiae Tarvisinae et Lombardie, 6; Annales S. Iustinae Patavini, 152; Annales Marbocenses, 174.
49
Come testimonia il vescovo di Beauvais, secondo cui se si fosse attaccato subito ci si sarebbe garantito il
successo (Oliviero da Colonia, 122).
47
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L’imperatore degli ultimi tempi e il prete Gianni
Bibliografia
• Ex chronico sancti Martini Turonensi [AA. 779-1227], ed. O. Holder-Egger, in XXVI,
Hannover 1964 (aa. 1215-1227, pp. 466/476)
• La Prophetie de Hannan le fil Ysaac, in Prophetiae cuiusdam arabicae in latinorum castris
ante Damiatam vulgatae. Quinti belli sacri scriptores, a cura di R. Röhricht, Zeller ed.,
Osnabrück 1968
• Bériou, N., Les différentes confessions religieuses en Orient d’après Jacques de Vitry
• Tyerman C., The Invention of the Crusade, London 1998; trad. it.,Torino 2000
• Pacifico M., I Teutonici tra papato e Impero nel Mediterraneo al tempo di Federico II,
1215-1250, in «Acta Teutonica», 4/2007, 86-140
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