1 IL VOLTO PASQUALE DEL NATALE La celebrazione ininterrotta

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IL VOLTO PASQUALE DEL NATALE
La celebrazione ininterrotta del mistero pasquale del Signore
richiede il suo natale, sebbene la pienezza della manifestazione
del Verbo incarnato si abbia soprattutto nell'evento della sua
risurrezione (At 2,36; Rm 1,4).
Per conoscere totalmente il Signore morto e risorto, bisogna
considerare le sue origini storiche (cf. Lc 2,15-16). In merito
Agostino d'Ippona (+ 431) osserva:"Noi...celebriamo la pasqua in
modo che non solo rievochiamo il ricordo di un fatto avvenuto, cioè
la morte e la risurrezione di Cristo, ma lo facciamo senza tralasciare
nessuno degli altri elementi che attestano il rapporto che essi
hanno con il Cristo, ossia il significato dei riti sacri celebrati"1.
Per esser completa, la pasqua esige il natale: Cristo "nato"
da Dio per l'eternità (pasqua di morte e risurrezione), è lo stesso
Signore nato da Maria Vergine nel tempo umano (natale). Non si può
pertanto trascurare la nascita storica del Signore e gli eventi
della sua infanzia. Anche perché "dopo l'annuale rievocazione del
mistero pasquale, la Chiesa non ha nulla di più sacro della
celebrazione del Natale del Signore e delle sue prime manifestazioni"
(NALC 32). Va poi tenuto presente che per s. Francesco d'Assisi
(+ 1226) natale è "festa delle feste" (Fonti francescane 787). Ancor
prima Massimo il Confessore (+ 662) esclamava:"O mistero, più
misterioso di tutti: Dio stesso è divenuto uomo per amore...egli
ha preso su di sé, senza mutarsi, la capacità di patire della natura
umana per salvare l'uomo e per donare se stesso a noi uomini come
modello delle virtù e come icona dell'amore e della benevolenza
verso Dio e gli altri, icona che ha il potere di muoverci alla risposta
che dobbiamo dare" 2.
Il mistero di avvento-natale-epifania, ciclo della "pasqua
d'inverno", va visto, ad un tempo, sia come l'inizio della pasqua
storica sia, ancor più, come il primo frutto del mistero pasquale.
In 7 momenti successivi si vedrà: 1) l'origine storica della
solennità natalizia; 2) la sua prospettiva pasquale; 3) i temi
pasquali del natale; 4) la sacramentalità pasquale del natale; 5)
la sua radice pasquale; 6) la complementarità essenziale tra pasqua
e natale; 7) il "misterioso scambio" tra il Dio-Uomo e l'uomo-Dio.
Si noterà come un vincolo indissolubile unisca il mistero natalizio
a quello pasquale.
1. Origine storica del natale
Così caro alla religiosità popolare, natale non può vantare
le stesse origini della pasqua. Sorge verso il IV sec., indipendentemente dalla pasqua3 e, principalmente, per due ragioni: come
1
Lettera 55,1,2, in NBA 21,450-451. "Quante feste per ciascuno
dei misteri di Cristo!", esclamava Gregorio il Teologo, Oratio 38,16,
in PG 36,330C.
2
3
Epist. 44, in PG 91,644B.
Va segnalato che il culto dei martiri - il primo dei quali
è Policarpo (+ 155) - quale prolungamento della pasqua di Cristo
2
tentativo di soppiantare la festa pagana del Natalis solis invicti4
e come reazione all'eresia ariana.
La celebrazione del natale viene istituita a Roma fra il 243
e il 336. Nel Cronografo Romano, assieme alle Depositiones Martyrum
e alle notizie sui Pontefici romani, al 25 dicembre (solstizio
d'inverno) si trova questa iscrizione:"VIII Kalendas Ianuarii:
Natalis (Solis) Invicti. Natus Christus in Betlehem Iudae" 5 . Dal
274 d.C. il 25 dicembre nella Roma pagana si celebrava il culto
del dio sole (sole invincibile), simbolo della luce nuova (sole
bambino) e manifestazione dell'Eterno (Giano). La Chiesa lo sostituì
con la solennità della nascita di colui che è la vera luce del mondo.
La cristianizzazione di una festa civile - ciò avverrà pure
in altri casi - resta una decisione audace, un coraggioso atto
pastorale dell'antica Chiesa di Roma, che nella festa delle luci,
seppe scoprirvi il mistero della luce divina: Cristo vero Sole di
giustizia e Sole intramontabile.
Inizialmente, dunque, il natale appare come una "controfesta":
reazione ad un rito pagano6. Ma "storicamente la sua valorizzazione
può essere considerata anche come una risposta polemica (oltre che
come frutto di un approfondimento teologico-liturgico in merito)
alle eresie e una loro reiterata condanna" 7 . Natale sorge quindi
in modo accidentale, si direbbe occasionale e totalmente
indipendente dalla visione unitaria della pasqua, ma lungo i secoli
nelle membra del suo corpo ecclesiale, è anteriore alla celebrazione
del natale e del suo ciclo.
4
Sulla base della scoperta delle liste dei turni sacerdotali
al tempio, A. AMMASSARI, Alle origini del calendario natalizio,
in Euntes Docete 45(1992)11-16, dimostra che Zaccaria, padre di
Giovanni Battista, del "turno di Abija", officiava nel santuario
all'ottavo mese ebraico (circa ottobre), quando ricevette la visita
dell'Angelo, ed Elisabetta "la sterile" concepì il figlio. Quando
sei mesi dopo l'Angelo visitò Maria Vergine (marzo), le recò la
notizia che la sua parente da sei mesi attendeva un bambino. Giovanni
Battista nacque a giugno, Gesù quindi a dicembre.
5
Il Cronografo Romano è un elegante calendario composto da Furio
Dionisio Filocalo verso il 354. Natale è partito da Roma: unico
caso di riflusso festivo dell'Occidente verso l'Oriente. Tra i
cristiani Natalis aveva da tempo il senso di "giorno della morte"
o nascita al cielo; ora assume il significato di "giorno di nascita"
terrena (cf. A. NOCENT, Celebrare Gesù Cristo. L'anno liturgico,
2. Natale - Epifania, Assisi 21978, 15).
6
San Leone e Agostino - scrive A. NOCENT - esprimono la loro
preoccupazione nei riguardi di questa pratica per la quale certi
cristiani avevano molta simpatia" (Celebrare Gesù Cristo, 2, 15).
S. LEONE Magno polemizza con coloro che festeggiano la luce, che
è una creatura, e non il Creatore della luce (cf. Tract. 27, 4,
in CCL 138,135-136). S. MASSIMO di Torino sostiene che con la nascita
di Cristo "non solo si rinnova la salvezza del genere umano, ma
anche lo splendore dello stesso sole" (Sermo 4, de Nativ. 2, in
PL 57,537).
7
V. BO, Storia della parrocchia, 1. I secoli delle origini (sec.
IV-V), Roma 1988, 321.
3
ha avuto "grande risalto nella fede, nella devozione, nella
tradizione culturale e artistica del popolo cristiano" (CdA 304).
Grazie alla sua evoluzione storica e rituale (IV-VI sec.),
natale ha approfondito il suo rapporto con il mistero pasquale,
fino a strutturarsi a imitazione del ciclo pasquale (GdS 21; cf.
CdA 659), con il quale si trova in evidente parallelismo
complementare: preparazione (avvento), centro (nascita del Signore)
e prolungamento (epifania). In questo senso si può dire che da sempre
"il Natale è...presente nella Chiesa nella luce e nella realtà del
mistero pasquale", e "la Chiesa contempla e celebra il Natale alla
luce della Risurrezione"8. Va pure ricordato che il natale a Roma
anticamente - senza dubbio più di oggi - era celebrato e considerato
eminentemente alla luce della pasqua9.
2. Prospettiva pasquale del natale
Natale è parte integrante del paschale sacramentum. Per Leone
Magno (+ 461) la pasqua rimane la celebrazione su cui fa perno tutto
l'anno liturgico, e lo stesso natale deve esser visto in prospettiva
del mistero pasquale:"Ben sappiamo, miei cari, - egli scrive - come
fra tutte le solennità cristiane, il primo posto spetti al mistero
pasquale e come a riceverlo nel modo migliore ci disponga
l'ordinamento di tutto il tempo liturgico" 10. Infatti "tra tutti
i giorni che per molti titoli la pietà cristiana tiene in grande
onore, nessuno è più insigne della festa di pasqua che consacra
nella Chiesa di Dio il valore di tutte le altre solennità. Anche
la natività del Signore...ebbe luogo in vista di questo mistero
e l'unico motivo per cui il Figlio di Dio volle nascere, fu quello
di poter essere messo in Croce"11.
Il noto liturgista A. Nocent asserisce - secondo noi forse
troppo arditamente - : "La natività a Betlemme è soltanto l'occasione
e non l'oggetto della festa. Il suo oggetto è già il mistero totale
della redenzione, cioè il mistero pasquale annunciato"12. Ma ancor
oggi la rubrica del rito bizantino al 25 dicembre recita:"La nascita
secondo la carne del Signore e Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo.
Pasqua"13.
8
J. CASTELLANO, L'anno liturgico. Memoriale di Cristo e
mistagogia della Chiesa con Maria Madre di Gesù, Roma 1987, 169.
9
Cf. A. NOCENT, Celebrare Gesù Cristo, 2, 103-114; 14ss. La
liturgia antica era tutta concentrata attorno alla morte e
risurrezione del Signore (cf H. LECLERCQ, Nativité de Jésus, in
DACL 12, 908-910).
10
Tract. 47,1, in CCL 138/A,274.
11
ID., Tract. 48,1, Ivi, 279.
12
Celebrare Gesù Cristo, 2, 24, citazione di H. Jenny. Le
pp.52-75 recano questo titolo: "La Pasqua che è Natale"; ivi egli
tratta della pasqua nel suo aspetto natalizio, ed auspica che si
riconosca sempre più "il vero ed essenziale significato pasquale"
del natale (p.27; cf 108).
13
Horológion, Ekdosis deutéra, En Rhômê 1937, 442; cf. A.
NOCENT, Celebrare Gesù Cristo, 2, 93; 54. Th. SPASSKIJ descrive
4
Molte anafore orientali fin dal IV sec. vedono il mistero
pasquale in tutta la sua estensione: dall'incarnazione alla parusia.
Nell'anamnesi dei misteri dopo la santificazione dei doni
eucaristici, esse fanno memoria della nascita di Gesù. L'icona bizantina del natale mostra Gesù bambino fasciato e deposto in un presepe
che ha tutte le caratteristiche di un sepolcro e di un altare.
Descrivendo la medesima icona G. Gharib spiega che Maria non guarda
Gesù alla nascita, poiché già ha previsto la sua morte14. Pure in
occidente, precisamente nei paesi di lingua spagnola, tutt'oggi,
il natale è detto "Pascua de navidad", e ci si scambia gli auguri
con l'espressione: "Buena pascua de navidad!".
Attorno al ciclo pasquale, "nucleo iniziale e primordiale del
culto cristiano si colloca il Natale con il suo ciclo" (GdS 21):
natale è "un momento" del mistero salvifico, ed appartiene all'unico
ciclo cristologico.
Per la liturgia "l'unico mistero di Cristo...rimane sempre
uno e indivisibile in ogni celebrazione e in ogni festa. In più,
ogni domenica, festa o memoria liturgica ha come centro la
celebrazione eucaristica, sacrificio pasquale della Chiesa" 15 . A
riguardo con profonda lucidità scrive C. Vagaggini: "Dal fatto che,
nella Messa, sotto il velo dei segni sensibili ed efficaci, vivono
e si concentrano al sommo grado tutte le fasi del mistero di Cristo,
storia sacra, presenti, passate e future e che tutte le altre parti
della liturgia sono ordinate alla Messa come al loro centro, ci
è dato, finalmente, di capire quale sia il senso delle feste
liturgiche e dei cicli liturgici. Se, infatti, nella Messa si
concentrano sacramentalmente e liturgicamente col sommo grado di
espressione e di efficacia tutte le fasi del mistero di Cristo,
bisogna dire che ogni Messa è Avvento, Natale, Epifania...Pasqua,
Ascensione, Pentecoste...Una festa liturgica non può essere qualcosa
che non sia già realmente contenuto in ogni e singola Messa"16. Più
sinteticamente P. Parsch afferma: "In ogni Messa noi celebriamo
e una festa natalizia e una festa pasquale...Natale e Messa hanno
grande e stretta relazione tra loro"17.
a. Nascita per la Croce
La nascita del Verbo avviene in vista della sua morte: "Christus
mori missus nasci quoque necessario habuit ut mori posset", dichiara
il natale come "Pasqua, festa di tre giorni" (La Pâque de Noël,
in Irénikon 30(1957)289-306) e P. EVDOKIMOV annota:"I libri
liturgici le danno (festa del natale) anche il titolo di
'Pasqua'"(Teologia della bellezza. L'arte dell'icona, Roma 1981,
252).
14
91.
Cf Le icone festive della Chiesa ortodossa, Milano 1985, 87;
15
J. LOPEZ MARTIN, L'Anno liturgico. Storia e teologia,
Cinisello Balsamo 1987, 122.
16
Il senso telogico della liturgia, Roma
17
Conferenze sulla Messa, Brescia 71960, 46-47.
182.
4
1965, rist. 1980,
5
apertamente Tertulliano (+ dopo il 220)18. Ippolito di Roma (+ 235)
rileva che Cristo ha dovuto assumere la nostra stessa materia, perché
altrimenti non avrebbe potuto esigere da noi ciò che egli stesso
non ha fatto per essa. In tutto ciò egli "ha offerto la sua umanità
come primizia" 19 . Mentre Atanasio di Alessandria (+ 373)
puntualizza: Il Logos, che di per sé non poteva morire, assume un
corpo che poteva morire, per sacrificarlo come corpo proprio per
tutti20. Gregorio Nisseno (+ 394) specifica: "Se qualcuno interroga
il mistero, sarà portato a dire che non la sua morte fu una conseguenza
della sua nascita, ma che egli nacque per poter morire"21.
Anche secondo s. Leone Magno Cristo nasce per poter morire
in Croce. E Ilario di Poitiers (+ 449) aggiunge: "In tutto il resto
si mostra già la disposizione della volontà divina: la Vergine,
la nascita, il corpo. Quindi Croce, morte, inferi: la nostra
salvezza"22. E' vero che "la nascita è una fetta della morte...però
è la condizione della vita" 23 . In riferimento al Verbo di Dio
l'incarnazione storica si pone quale "condizione per la morte e
la risurrezione"24.
Ecco perché in alcuni presepi delle nostre parrocchie (sarebbe
bene farlo ovunque!) sullo sfondo della mangiatoia si staglia,
altrettanto illuminata, la Croce gloriosa del Signore 25. E la stella
di natale, simbolo di Cristo Sole che non tramonta, ha otto punte:
la duplice quaternità è preannuncio della Croce. Nel mosaico di
S. Maria Maggiore in Roma (V sec.) nella scena della natività si
nota che Gesù bambino è fasciato e deposto nel presepe come in un
sepolcro. Si ricorderà che l'icona della grotta, quale sarcofago,
è l'icona classica del natale cristiano. Ossia, la grotta di Betlemme
è immagine della grotta (sepolcro) di Gerusalemme26. Le tre "grotte
mistiche"
(Betlemme, S. Sepolcro e Eleona o Ascensione) insieme determinano
18
Citato da H. U. von BALTHASAR, Teologia dei tre giorni.
Mysterium Paschale, Brescia 1990, 32.
19
Contra haeres. 10,33, in PG 16/3,3452C.
20
Cf De incarnat. Verbi 20, in PG 25,130-131.
21
Orat. cat. 32, in PG 45,80A.
22
De Trinitate 2,24, in PL 10,66A.
23
J. RATZINGER, La figlia di Sion. La devozione a Maria nella
Chiesa, Milano 1979, 74.
24
J. CASTELLANO, L'anno liturgico, 169.
25
Cf R. GUARDINI, La Notte santa, Brescia 1994, specie le
suggestive pagine del singolare dialogo tra Maria e Giovanni, in
cui la Croce proietta già la sua ombra sul natale, anche se contornata
dalla luce di pasqua (pp.26-40).
26
Cf. H. LECLERCQ, Nativité de Jésus, in DACL 937-940; C.
ANDRONIKOF, Il senso delle feste. I (il ciclo fisso), Roma 1973,
103.
6
le tre grotte dei divini misteri27. Si dice pure che Maria genera
Cristo quasi più sul Calvario che a Betlemme. Infatti la nascita
dalla Vergine è finalizzata alla rinascita dal sepolcro:"Si quidem
etiam ipsa Domini ex matre generatio huic inpensa sacramento, nec
alia fuerit Filio Dei causa nascendi, quam ut cruci possit adfigi".
La Chiesa, avverte H. U. von Balthasar, "deve imparare a vedere
già nel bambino colui che soffre, colui che è glorificato" 28 . Il
natale liturgico non è riducibile al mero fatto della nascita fisica
di Gesù bambino. Eppure una certa letteratura devota degli ultimi
secoli "ha salutato la Vergine Madre come se tenesse ancora adesso
il divino Bambino tra le braccia"29. Al contrario "l'Incarnazione
e la Nascita di Gesù appartengono già al mistero della
Redenzione...Il Corpo di Cristo, la sua Umanità gloriosa, è sempre
quella assunta dalla Vergine Maria ed è presente nell'Eucaristia"30.
"Il centro della celebrazione del Natale è l'Eucaristia. Con
l'Eucaristia celebrata il Natale diventa mistero presente, non
perché 'nasce il Bambino' sull'altare, secondo una goffa espressione
di religiosità, ma perché nell'Eucaristia è presente il Verbo
incarnato che è morto ed è glorificato"31.
b. La Croce per nascere
La vera nascita di Cristo avviene al momento dell'uscita dal
sepolcro, al terzo giorno del triduo pasquale (At 13,30-33, citazione
del Sal 2,7: "Mio figlio sei tu, oggi io ti ho generato"). Così
predica la Chiesa apostolica per bocca di Paolo nel tempo pasquale32.
Il dies natalis è il dies paschae: "il giorno natalizio" del Signore
è il giorno di pasqua. Come uomo egli nasce divinamente all'eternità
nella risurrezione ad opera dallo Spirito pentecostale. O anche:
Cristo nasce dalla donna-madre (natale) per nascere definitivamente
dalla tomba-madre (pasqua). Esistono, per così dire, due "pasque":
quella del passaggio dal seno del Padre al seno di Maria, e quella
del passaggio dal seno inerte della tomba al seno ardente della
comunione trinitaria.
In relazione ai martiri e ai santi si dice dies natalis il
giorno del loro martirio o della loro morte terrena, vero giorno
della nascita al cielo33.
27
Cf EUSEBIO di Cesarea, Vita Constantini 3, 25, in PG 20, 1086;
29, Ivi, 1090; 40-43, Ivi, 1099-1106; 48, Ivi, 1107-1110; 50-51,
Ivi, 1109-1112.
28
Il Tutto nel frammento, Milano 1970, 237.
29
J. A. JUNGMANN, Eredità liturgica e attualità pastorale, Roma
1962, 618.
30
J. CASTELLANO, L'Anno liturgico, 166.
31
Ivi, 165-166.
32
Ad es. At 13,30-33 ritorna come lettura delle Lodi mattutine,
martedì, III settimana di pasqua (LO 2,643). Per Massimo di Torino
la "carne" del Signore è germogliata dal sepolcro "come un fiore
splendente".
33
Del martirio di Policarpo, ad es., viene riferito: "Noi
celebriamo il giorno natale della sua testimonianza" a Cristo nel
mistero della sua pasqua (cf. H. LECLERCQ, Natale, Natalicia, in
7
3. Temi pasquali nel natale
I vangeli dell'infanzia (Lc 1-2; Mt 1-2) si fondano
sull'annuncio pasquale e sono redatti dopo la risurrezione. Luca,
evangelista dell'infanzia di Gesù, vede nel bambino di Betlemme
e nei fatti che accompagnano la sua nascita, l'annuncio dell'evento
pasquale: "Oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore che
è il Cristo Signore" (Lc 2,11). Anche l'evangelista Giovanni proietta
nel Verbo incarnato la gloria del Risorto. La Chiesa apostolica,
illuminata dalla risurrezione, si interroga sulle origini di Cristo
risalendo fino a Betlemme34. Così scopre il segno del natale mediante
il segno per eccellenza della risurrezione35. In effetti l'Emmanuele
sarà compreso bene "più tardi al termine di tutto il Vangelo, quando
il Risorto assicurerà solennemente: 'Ecco, io sono con voi tutti
i giorni' (Mt 28,20)" (CdA 302).
La
morte-risurrezione
spiega
il
natale,
il
quale
necessariamente rimane sotto il segno della pasqua, quindi a partire
dalla pasqua e attraverso la risurrezione, si perviene al natale.
Natale è una festa tutta rivestita della medesima luce e gioia
della pasqua. La Chiesa di Roma nella notte di natale legge la
pericope evangelica di Lc 2,1-14, dove i temi pasquali sono
prevalenti. Anzi la gloria della notte di natale è la medesima gloria
della notte della risurrezione. Quando il Salvatore nasce, non si
trova posto per lui; quando muore, non si trova la sepoltura per
lui. Giuseppe alla nascita; un altro Giuseppe alla morte. Maria,
sua Madre alla nascita; Maria, sua Madre, con altre Marie alla sua
morte. Le fasce del presepio (Lc 2,7.12) profetizzano le bende del
sepolcro (Lc 23,53; 24,12; Gv 19,40; 20,5-7). Il suo essere deposto
nella mangiatoia alla nascita preannuncia il suo essere deposto
nel sepolcro dopo la morte. Guardie alla tomba, come i pastori fanno
la guardia alla nascita. Luce alla risurrezione, luce alla nascita.
Un Angelo del Signore annuncia la nascita, un Angelo del Signore
annuncia la risurrezione. Adorano gli Angeli nel natale; adorano
le donne alla tomba vuota. Gloria a Dio alla nascita, gloria a Dio
alla risurrezione. Pace salvifica sulla terra alla nascita, la
medesima pace in modo definitivo alla risurrezione (Gv 20,19.21).
Nella Messa del giorno di natale il rito romano proclama il
DACL 12, 891).
34
Andiamo fino a Betlemme e vediamo!" (Lc 2,15) l'intera vita
storica del Salvatore, dicono sostanzialmente i pastori e gli
evangelizzatori della prima generazione cristiana.
35
I fulgori della pasqua illuminano a ritroso la culla di
Betlemme: cf. A. SERRA, Dimensioni ecclesiali della figura di Maria
nell'esegesi biblica odierna, in AA. VV., Maria e la Chiesa oggi.
Atti del 5 Simposio Mariologico Internazionale, (Roma, ottobre
1984), Roma - Bologna 1985, 250-271. Pure il mariologo A. MÜLLER
sostiene che "le origini di Gesù" vanno "interpretate a partire
dalla fine" (risurrezione): Discorso di fede sulla madre di Gesù.
Un tentativo di mariologia in prospettiva contemporanea, Brescia
1983, 58.
8
celebre prologo di Gv 1,1-18. Il medesimo testo, notevolmente ricco
di risvolti pasquali, è proclamato dal rito bizantino nella notte
di pasqua: il Verbo del Padre si è fatto carne, e noi abbiamo visto
la gloria della sua pasqua. Secondo l'economia celebrativa della
Chiesa, mentre l'Emmanuele nasce, si mostra già Risorto. La comunità
cristiana si attende da lui grazia su grazia: la grazia e la Verità
del Dio-Uomo glorificato dal Padre (Gv 1,14.16).
Espressione e prolungamento del natale, anche l'epifania alle
genti è tutta pasquale e densa di temi pasquali. Lo attesta il vangelo
del giorno (Mt 2,1-12). Secondo la promessa dell'AT la stella è
Cristo, luce dell'Oriente, sole che ri-sorge all'alba del nuovo
giorno di pasqua. Come a pasqua il Risorto si manifesta agli apostoli
(a Emmaus e nel Cenacolo), così a Betlemme, i Magi che vedono il
neonato Bambino, adorano in lui la gloria del Signore risorto. Del
resto "non vi è alcuna differenza...tra il giorno in cui Cristo
fu adorato dai Magi e il giorno in cui risorse dai morti", sostiene
Leone Magno 36 . E il grande pontefice altrove osserva: "Colui che
i Magi venerarono nella culla, noi adoriamolo onnipotente nei
cieli"37. "I Magi adorano colui che giace ancora nel presepio, ma
- dichiara Quodvultdeus di Cartagine (ca.+ 453) - regna nel cielo
e sulla terra"38.
I tre doni offerti (Mt 2,11) profetizzano il Signore pasquale:
l'oro - come al re che si immola sulla Croce per il suo popolo rivela la sua regalità universale; l'incenso - come a Dio che risorge
in forza della sua divinità - prelude al suo sacerdozio; la mirra
- come a uomo in vista della sua passione (cf. Mc 15,23; Gv 19,39)
- è figura della mirra del sepolcro, cioè dell'offerta del suo
sacrificio di redenzione.
Gesù bambino è presentato ai Magi come Re salvatore (in
contrasto con il re Erode), come Sacerdote santo (in contrasto con
i sacerdoti del tempio), come vittima della sua futura offerta di
obbedienza sacrificale (in contrasto con i sacrifici materiali del
tempio).
4. Sacramentalità pasquale del natale
Natale per Agostino non è "sacramento", ma memoria, o
semplice anniversario: "Il giorno della natività del Signore non
si celebra con un rito sacramentale, ma si rievoca solo il ricordo
della sua nascita, e perciò non occorre altro che indicare con una
solennità religiosa il giorno dell'anno in cui ricorre
l'anniversario dell'avvenimento stesso" 39 . Questo ragionamento che comunque pone in evidenza come Agostino anche nel giorno della
natività sia concentrato sull'unico mistero pasquale - mostra il
natale quale derivazione dalla pasqua. In realtà - tiene a precisare
J. Lopez Martin -: "Ogni anno, la gioia del Natale sgorga dalla
sua fonte naturale, che è la gloria della risurrezione del Signore
36
Epist. 16, 1, il cui titolo è: "De baptismo non in Epiphania,
sed in festo paschali celebrando", in PL 54, 696.
37
ID., Tract. 32,4, in CCL 138,168.
38
De Symbolo, 2, 4, 8, in CCL 60,339 e LO 1,1131.
39
Lettera 55,1,2, in NBA 21,448-449.
9
e il dono ineffabile dello Spirito Santo"40.
Ma proprio a motivo del suo contenuto pasquale, natale per
Leone Magno è sacramentum in se stesso, cioè mistero, e non solo
memoria o anniversario, sia pure non indipendente dalla pasqua.
Egli scrive:"Noi propendiamo a ritenere la Natività del Signore
...non tanto come il ricordo di un avvenimento passato, quanto come
un fatto che si attua sotto i nostri occhi" 41 . Nei suoi sermoni
natalizi egli parla del valore salvifico del natale, poiché virtù
propria della nascita del Signore è quella di renovare, cioè di
attualizzare e ripresentare il mistero dell'incarnazione42.
5. Natale inizio della pasqua
Secondo papa Leone il sacramento pasquale è formulato sin
dall'inizio della vita storica del Signore: "Hoc ergo illud est
sacramentum, cui ab initio omnia sunt famulata mysteria"43. Per lui
natale è l'inizio della pasqua44, inizio della kenosis del Salvatore,
quindi inizio vero della pasqua; l'inizio della fine45, cioè inizio
della pasqua escatologica; inizio altresì della restaurazione
cosmica46.
Nel celebrare il primo dei misteri del Salvatore, la solennità
di natale si presenta quale "primizia...del mistero della nostra
salvezza"47, o inizio del mistero globale di Cristo. Proprio in quanto
uomo, nato nella carne umana a Betlemme, egli potrà consumare la
sua passione e risurrezione. Ed è in questa prospettiva che "gli
episodi salienti che circondano la sua nascita...lasciano già
intravedere quello che poi si manifesterà pienamente alla luce di
Pasqua" (CdA 301), e "nella nascita del Messia...viene anticipata
la suprema povertà del Crocifisso e comincia a risplendere la gloria
di Dio" (CdA 304).
40
L'Anno liturgico, 122.
41
Tract. 29,1, in CCL 138,146-147.
42
Cf Tract. 26,2, Ivi, 126-127.
43
Tract. 60,3 in CCL 138/A, 365.
44
Cf Tract. 26, in CCL 138,125-131.
45
Cf C. ANDRONIKOF, Il senso delle feste, I, 89-149: natale
è l'inizio della fine.
46
Il cosmo intero è toccato dal mistero dell'incarnazione.
Cristo è entrato nella storia del mondo come l'uomo perfetto,
assumendo questa e ricapitolandola in sé (GS 38). II prefazio II
di Natale accoglie e rilancia questo concetto:"Verbo invisibile
apparve visibilmente nella nostra carne, e generato prima dei secoli,
cominciò ad esistere nel tempo, per assumere in sé tutto il creato
e sollevarlo dalla sua caduta, per reintegrare l'universo nel tuo
disegno, o Padre, e ricondurre a te l'umanità dispersa".
47
J. LOPEZ MARTIN, L'Anno liturgico, 123.
10
Il natale raggiungerà il suo culmine sulla Croce e porterà
i suoi frutti a partire dal mattino della risurrezione, la quale,
in quanto culmine dell'incarnazione storica, conferma e attua il
mistero della nascita del Verbo divino48. "L'incarnazione è ordinata,
in ultima analisi, alla Croce" 49 , e "chi dice incarnazione, dice
Croce"50.
6. Complementarità tra pasqua e natale
a. Dalla pasqua al natale
"Il
mistero
dell'Incarnazione
del
Verbo
contiene
l'interpretazione onnicomprensiva di tutti gli enigmi e delle
immagini bibliche della Scrittura...Ma chi conosce il mistero della
croce e della sepoltura, - insegna Massimo il Confessore -conosce
le vere ragioni di tutte le cose dette (dalla rivelazione); chi
penetra infine nella forza nascosta della risurrezione, comprende
il motivo ultimo per il quale Dio ha creato tutto fin dall'inizio"51.
Come ogni cosa si conosce dal proprio fine e dalla sua fine, così
il natale si conosce dalla pasqua. "La natività, perciò, presuppone
già tutto il succedersi dei misteri della salvezza, di cui la Pasqua
è la consumazione"52. Sebbene resti assodato che il primo, in ordine
storico tra questi misteri, è l'incarnazione.
Il natale presuppone la pasqua-pentecoste, vale a dire, solo
lo Spirito pentecostale "opera la natività del Cristo, la
cristificazione della Chiesa" 53 e la divinizzazione dei fedeli.
Allora sotto il profilo teologico natale viene dopo la pasqua.
Infatti prima si ha la redenzione pasquale, quindi nasce l'umanità
nuova. "Il Mistero del Natale - scrive CCC 526 - si compie in noi
allorché Cristo (risorto) 'si forma' in noi" (Gal 4,19). I credenti,
che prima seguono il Signore nel suo mistero di morte e risurrezione,
saranno poi in grado, per la potenza dello Spirito pasquale, di
far sì che il seme della Parola, come già nella Vergine Maria, produca
frutto in loro (Mc 4,1-20) fino a diventare Carne della loro carne
e Spirito del loro spirito. In tal modo la celebrazione del natale
diviene continuazione sacramentale dell'incarnazione del Signore
risorto nell'assemblea celebrante e nel cuore dei fedeli.
b. Il natale guarda alla pasqua
48
Cf E. FORTINO, Resurrezione e deificazione. Pasqua nella
Chiesa d'Oriente, in La Vita in Cristo e nella Chiesa 26/4(1976)
26-30.
49
H. U. von BALTHASAR, Teologia dei tre giorni, 33.
50
Ivi, 34. Il rito armeno celebra il natale come inizio della
pasqua.
51
Capitum theologica et oecumenica centuria 1,66, in PG
90,1108AB.
52
A. BERGAMINI, Cristo festa della Chiesa. L'Anno liturgico,
Cinisello Balsamo 31985, 346.
53
P. EVDOKIMOV, L'Ortodossia, Bologna 31981, 388.
11
D'altra parte si osservava sopra che per papa Leone è
inconcepibile comprendere la redenzione se non vi è una conoscenza,
approfondita anch'essa, del fatto dell'incarnazione.
In
quanto componente intrinseca del mistero pasquale, il natale implica
la pasqua ma questa, a sua volta, include il natale. Perciò la pasqua,
per virtù propria, si prolunga e va verso il natale. La Chiesa nella
liturgia - precisa Giovanni Paolo II - celebra "il Natale guardando
alla Pasqua, così come, celebrando la Pasqua è memore del Natale"54.
Anzi, stando al rito bizantino, "Natale è Pasqua". E in effetti
abbiamo: pasqua di risurrezione e pasqua di pentecoste, ma pure
pasqua di natale e pasqua di epifania (non per nulla quest'ultima
detta popolarmente "pasquetta"). Nell'antichità tutte le feste
maggiori erano contrassegnate da un forte accento pasquale.
Anche certi simboli natalizi, come il presepe e l'albero, che
rivelano il desiderio di riprodurre plasticamente la vita del
Signore, sono pregni di una palese valenza pasquale. Il presepio,
allestito da s. Francesco a Greccio nel 122355, ricorda la grotta
di Betlemme e la mangiatoia dove fu deposto Gesù bambino.
La
mangiatoia è "refettorio", luogo dove si mangia il pane del Cristo
pasquale: "II nostro presepio è l'altare di Cristo, al quale ogni
giorno ci accostiamo per prendere il cibo della salvezza" 56 .
L'albero, mentre richiama la Croce vero albero della vita (cf. Ap
22,2), mostra Cristo che nella risurrezione ridà vita all'albero
dell'Eden. Solo l'albero della Croce è autentico albero cosmico:
verticalmente unisce il cielo con la terra e orizzontalmente allarga
le braccia agli estremi orizzonti del mondo nel gesto di offrirlo
a Dio Padre. Il bue e l'asino 57, simbolo dei due popoli (ebrei e
pagani) riuniti nella Croce, offre lo spunto ad Agostino per esortare
a percorrere con il Signore l'itinerario pasquale verso
Gerusalemme58.
54
Ai partecipanti al Convegno Internazionale per il XVI
Centenario del Concilio di Capua, nr.5 (24/5/1992), in Insegnamenti
di Giovanni Paolo II, 15,1, 1992, Città del Vaticano 1994, 1591.
55
Sembra che tale iniziativa sia stata preceduta di due sec.
(a. 1025) nella chiesa di S. Maria ad praesepe a Napoli.
56
CROMAZIO di Aquileia, Serm. 32,3, in SChr 164,164-165. Lo
stesso corpo che è stato deposto nella mangiatoia, è ora deposto
sulla mensa eucaristica. Il medesimo pensiero - Cristo nel presepio
è il nostro cibo - si trova in AGOSTINO: Disc. 189,4, in NBA
32/1,34-35; 190,4, Ivi, 40-43; 194,2, Ivi, 60-63.
57
"Il bue conosce il proprietario e l'asino la greppia del
padrone" (Is 1,3).
58
Guarda la mangiatoia: non vergognarti di essere giumento di
Dio; porterai Cristo e non andrai errando lungo il cammino; ti
cavalcherà lui stesso, che è la tua via. Ricordi quell'asinello
condotto al Signore? Nessuno arrossisca: siamo noi quell'asinello.
Il Signore ci cavalchi e ci attiri dove vuole lui: siamo il suo
giumento, andiamo verso Gerusalemme! (Mt 21,5). Cavalcandoci lui,
non veniamo oppressi ma elevati. Guidandoci lui non devieremo.
Andiamo a lui, andiamo per mezzo di lui, non periremo" (Disc. 189,4,
in NBA 32/1,34-35). Il bue in particolare, conformemente alla
sapienza antica pre-cristiana, è l'animale che con il suo sacrificio
12
7. "Misterioso scambio"59
Se natale è mistero sacramentale, come sosteneva Leone Magno,
ha valore salvifico 60 . Al centro del mistero celebrato vi è il
"misterioso scambio" (admirabile commercium) di "Dio che si è fatto
uomo affinché l'uomo diventi dio". Il primo atto di questo scambio
si opera nell'umanità di Cristo, poiché il Verbo divino ha assunto
ciò che era nostro, per donarci ciò che era suo. Il secondo atto
consiste nella nostra reale e intima partecipazione alla sua natura
divina61.
L'assunzione della natura umana da parte del Verbo dà inizio
alla nostra redenzione, e la rinascita in Cristo dei fedeli segna
l'inizio della loro filiazione nel Figlio divino e la loro
progressiva deificazione. A riguardo i Padri della Chiesa descrivono
con grande varietà di accenti l'assoluta novità introdottasi nella
vita umana con la nascita di Cristo. "Il Verbo di Dio si è fatto
uomo e il Figlio di Dio si è fatto figlio dell'uomo perché
l'uomo...diventi figlio di Dio", dice Ireneo di Lione (+ ca. 200)62.
Il Verbo, che si è fatto carne, ci rende simili a Dio, aggiunge
Ippolito di Roma (+ 235)63. Gregorio il Teologo (ca.+ 390), riferendo
il pensiero di Basilio Magno (+ 379), afferma: "L'uomo ha ricevuto
l'ordine di divenire dio per grazia"64. "Divenuto figlio dell'uomo,
lui unico figlio di Dio, rende figli di Dio molti figli degli uomini",
chiarisce Agostino 65 . Tommaso d'Aquino (+ 1274) ribadisce:
"L'Unigenito Figlio di Dio, volendoci partecipi della sua divinità,
assunse la nostra natura e si fece uomo per fare di noi uomini dèi"
66
.
In effetti "il natale del Capo è il natale del Corpo", afferma
papa Leone67, ossia il natale di Cristo determina il natale della
Chiesa: i cristiani sono generati assieme al loro Redentore, così
che la sua nascita sulla terra segna la loro nascita al cielo 68 .
genera il mondo vivente: cf A. CATTABIANI, Calendario. Le feste,
i miti, le leggende e i riti dell'anno, Milano 51989, 87.
59
"Il misterioso scambio che ci ha redenti" (Prefazio III di
Natale); "O meraviglioso scambio!" (GREGORIO il Teologo, in LO
1,157-158).
60
Cf Tract. 29, in CCL 138,146-151.
61
Cf Colletta della Messa del giorno di Natale e il Prefazio
62
Contre les hérés. 3,19,1, in SChr 211,374-375 e LO 3,132.
II.
63
Cf Contra haeres. 10,33-34, in PG 16/3, 3452-3453 e LO
1,448-450: 30 dicembre.
64
In laudem Basilii Magni, Oratio 43, 48, in PG 36,560.
65
Disc. 194,3-4, in NBA 32/1,62-65 e LO 1,511: 5 gennaio.
66
Opusc. 57, lect. 1, in LO 3,581.
67
Tract. 26,2, in CCL 138,126 e LO 1,459-461: 31 dicembre.
13
Non meravigliano pertanto alcune celebri affermazioni della
grande tradizione ecclesiale:"Riconosci (cristiano)...che sei
divenuto figlio di Dio, coerede di Cristo e, per usare un'immagine
ardita, sei lo stesso Dio!", dichiara Gregorio il Teologo 69 .
"Riconosci, cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura
divina, non voler tornare all'abiezione di un tempo con una condotta
indegna. Ricordati chi è il tuo Capo e di quale Corpo sei membro",
ammonisce Leone Magno70. Ciò che è proprio di Cristo (Capo) è della
Chiesa (corpo). "Tutto ciò che è suo, è tuo: il suo Spirito, il
suo cuore, il suo corpo, la sua anima e tutte le sue facoltà", dirà
Giovanni Eudes (+ 1680) (in LO 4,1221). E ogni volta che "un uomo
diventa cristiano, è Cristo che nasce nuovamente", insegna Beda
il Venerabile (+ 735)71. Non invano l'eucologia eucaristica del 25
dicembre implora: "O Dio...fa' che possiamo condividere la vita
divina del tuo Figlio" (Colletta), e "il Salvatore del mondo...ci
comunichi il dono della sua vita immortale" (Dopo la comunione).
L'imperativo etico (devi/non devi fare) deriva dal "sei"
sacramentale, conferito dall'evento natalizio: sei figlio di Dio,
fratello di Cristo, santificato dallo Spirito, membro vivo della
comunità dei fratelli; comportati in base a quello che sei.
Rilievi conclusivi
"Cristo nasce, dategli gloria! Cristo dai cieli, andategli
incontro! Cristo in terra, esaltatevi!...Con tremore ed esultanza,
gioite! Tremore per il peccato, gioia per la speranza", predica
Gregorio il Teologo72. Poi continua:"Tu devi celebrare il Natale,
onorare Betlemme, prostrarti al presepio per cui sei nutrito dal
Verbo. Devi conoscere come il bue e l'asino (cf. Is 1,3) il tuo
Sovrano, tu soggetto alle leggi, idoneo al sacrificio eucaristico,
o altrimenti purìficati; corri con la stella, dona con i Magi, loda
con i pastori, inneggia con gli angeli, con gli arcangeli, danza
affinché vi sia una sola celebrazione della terra e del cielo"73.
Mentre la Chiesa fa esperienza gioiosa di tutti questi prodigi
divini, con fede viva e generoso impegno, si avvia verso la salvezza
della pasqua eterna. Però la II lettura della notte di natale proclama
che il Dio-Uomo si è donato a noi per "formarsi un popolo puro che
gli appartenga, zelante nelle opere buone" (Tt 2,14; cf. vv.11-14).
Il mistero natalizio è se stesso ed integro, se si prolunga nelle
opere fraterne e sociali. Agostino, nell'Ottava di natale (I gennaio)
68
Queste affermazioni non rinnegano il fatto che tale nascita
è in rapporto intrinseco con il mistero pasquale, e la la Chiesa
"mirabile sacramento" è sgorgata dal costato di Cristo sulla Croce
(SC 5).
69
Oratio 14, 23, in PG 35,887 e LO 2,83.
70
Tract. 21,3, in CCL 138,88 e LO 1,398: 25 dicembre.
71
Cf Explan. Apoc. 2,12, in PL 93,165-166.
72
Oratio 38a, in PG 36,311-314.
73
ID., Oratio 38,17, Ivi, 330-331.
14
di un anno non precisato, così esortò i suoi fedeli, riuniti in
assemblea liturgica "più numerosi del solito"74 anche a suo tempo:
mentre in questi giorni i pagani "si scambiano le strenne, voi fate
le elemosine; essi si divertono...voi ricreatevi con l'ascolto delle
Scritture; essi corrono al teatro, voi correte alla chiesa; essi
si ubriacano, voi digiunate...per lo meno consumate un pasto sobrio.
Se farete così, sarete coerenti con quanto avete cantato"75. E Leone
Magno, constatando che il natale ha cambiato tutto nella vita umana,
proclama: "Esulti il santo, perché si avvicina al premio; gioisca
il peccatore, perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio
il pagano, perché è chiamato alla vita"76.
Sergio Gaspari, SMM
74
Disc. 198,1, in NBA 32/1,92-93.
75
Disc. 198,2, Ivi, 94-95.
76
Tract. 21,1, in CCL 138,85 e LO 1,397: 25 dicembre.