P. Bastianoni, E. Spaggiari, Apprendere per educare. il tirocinio

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Anno V– Numero 13
P. Bastianoni, E. Spaggiari, Apprendere per educare. il tirocinio nelle lauree di
scienze dell'educazione, Carocci, Roma 2014, pp. 148.
L’esperienza del tirocinio universitario è la sola ed eccezionale occasione in cui si
intrecciano, nel medesimo momento e nello stesso contesto, i due cardini del ʻsapere
professionaleʼ dell’educatore sociale o sanitario: quello teorico dello studio, offerto
dall’Accademia e quello pratico del lavoro, prodotto dagli Enti ed operatori che agiscono
sul territorio. Rappresenta pertanto un percorso formativo di straordinaria importanza che
necessita - per evitare pericolose derive - di un preciso disegno di natura organizzativa,
metodologica e di valutazione dei risultati ottenuti. La strutturazione dei percorsi di tirocinio
va letta nell’ottica di offrire all’apprendista competenze e strumenti operativi che non siano
una semplice riproduzione di pratiche e procedure d’intervento normalizzate quanto
piuttosto l’effetto di un pensiero riflessivo su ciò che rende una relazione educativa e
partecipata.
Il manuale Apprendere per educare nasce proprio con l’intento di focalizzare
l’attenzione degli studenti sul significato e sul valore che il tirocinio universitario ricopre
rispetto alla loro professione futura, che esige - per la specificità del contesto d’intervento
(disagio, disabilità, famiglie, minori, adulti, anziani, ecc.) - una formazione didatticamente
qualificata che possa farli operare con consapevolezza e in maniera appropriata rispetto
agli obiettivi educativi.
Sul piano descrittivo il volume si articola in due parti che offrono al lettore un’iniziale
panoramica sulla professione dell’educatore sia sotto il profilo normativo europeo ed
italiano che occupazionale, operando anche un confronto tra quelli che sono i due volti
prioritari dell’educatore: quello sociale extrascolastico e quello sanitario. Nella seconda
parte i contenuti si fanno più specifici alla figura dell’educatore sociale rispetto alla quale
viene presentata l’organizzazione del tirocinio curricolare nei vari atenei d’Italia con un
occhio privilegiato per il corso di laurea in Scienze dell’Educazione e, nello specifico, per
l’esperienza maturata nel medesimo corso dell’Università degli Studi di Ferrara.
Non essendo possibile dare conto di tutti gli argomenti toccati dalle autrici va posta
in evidenza quella che rappresenta una tra le prime rassegne in Italia, se non forse l’unica,
sullo stato dell’arte del tirocinio universitario per l’educatore professionale sociale, dalla
quale emerge la forte eterogeneità dei modelli formativi proposti dagli Atenei in termini sia
progettuali che di valorizzazione del percorso esperienziale. I motivi principali di tale
differenza risiedono nel fatto che l’educazione extrascolastica (area identificativa del
profilo sociale della professione) è stata inserita nella formazione universitaria allo scopo
di unificare tutte quelle azioni educative che erano, poco più di un decennio fa, disperse
presso vari organismi locali (cfr. scuole per educatori) e che avevano prodotto una
molteplicità di profili e denominazioni del ruolo. Ciò nonostante, l’intenzione di ricondurre il
tutto ad una figura unica, seppur articolata al proprio interno, è stata prevalentemente
affidata ai regolamenti specifici dei vari corsi di studi anziché alla normativa nazionale con
l’effetto di produrre percorsi di tirocinio dissimili tra loro per approccio, propedeuticità,
durata, crediti universitari riconosciuti e figure istituzionali coinvolte.
Un ulteriore tema di interesse è l’analisi comparativa tra la figura dell’educatore
extrascolastico e quello sanitario, da cui emergono discrepanze per due aspetti principali:
il tirocinio curricolare e lo stato occupazionale. L’educatore sanitario, infatti, accede ad una
formazione universitaria interna al corso di laurea in Professioni Sanitarie della
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Riabilitazione e dispone di un modello pianificato a livello nazionale con un impegno di ore
di tirocinio più consistente rispetto all’educatore sociale. Una possibile conseguenza del
diverso investimento formativo dei due profili è ravvisabile nel rapporto con il mondo del
lavoro, rispetto al quale sono gli educatori sanitari ad aver un più elevato tasso
d’occupazione e ad agire un ruolo considerato di maggiore valenza professionale. L’aver
messo in evidenza quelle che sono le caratteristiche distintive i due ruoli e le disparità
ancora esistenti tra loro apre la via ad un argomento di considerevole rilievo teorico: la
strutturazione del tirocinio curricolare per gli studenti di Scienze dell’Educazione.
Progettare il tirocinio nei contenuti, negli obiettivi e nelle modalità di apprendimento della
professione è cosa complessa, perché necessita di un pensiero in grado di materializzare
il legame tra teoria e prassi e faccia cogliere agli studenti il senso dell’agire educativo, di
un ʻfareʼ che non è solo operativo ma anche trasformativo, ovvero, teso a generare
cambiamenti auspicabili.
È in questo quadro di riferimento che si contestualizza l’esperienza di Scienze
dell’Educazione di Ferrara, che nel tempo è andata definendo una strutturazione del
tirocinio fondata sulla partnership tra Università e territorio ed ha condotto
all’individuazione di percorsi esperienziali ad elevato valore formativo. Per apprendere una
professione come quella dell’educatore è di sostanziale importanza l’alternanza tra studio
e sperimentazione diretta sul campo, alternanza che va pensata ed organizzata all’interno
di un progetto di tirocinio qualificato e qualificante tutti gli attori coinvolti.
Oltre alla rete con i servizi educativi vi sono altri elementi che rendono il contesto
formativo estense un modello a cui guardare per poter trarre spunti significativi per la
progettazione del tirocinio curricolare. Tra questi meritano attenzione l’articolazione del
piano didattico e la valutazione degli obiettivi formativi raggiunti. Nel primo caso il filo rosso
che guida la costruzione/riformulazione degli insegnamenti si fonda sull’assioma di offrire
agli studenti una formazione propedeutica che possa renderli consapevoli di quella che
sarà la loro professione futura e delle proprie attitudini a svolgerla. Per rispondere a tale
esigenza le attività proposte sono di carattere teorico-metodologico e laboratoriale, spazio
quest’ultimo che si è rivelato essere un efficace strumento di sperimentazione delle
conoscenze acquisite e di confronto diretto tra i tirocinanti del gruppo di lavoro.
Per ciò che riguarda la valutazione delle attività di tirocinio il sistema adottato è di
tipo integrato, dal momento che coinvolge tutti gli attori coinvolti nel processo formativo
inclusi gli studenti. Si tratta, nel concreto, di un sistema di valutazione complesso la cui
centralità è espressa dal ʻtavolo di riflessione e supervisione del progetto formativoʼ nato
allo scopo di creare un luogo di confronto tra le diverse figure «che si connota per le sue
finalità metodologiche, che si realizzano attraverso la presentazione dei casi e la loro
gestione, oltre che formative, in quanto centrate sulla lettura degli eventi educativi e sulle
capacità di collocarli in una cornice progettuale» (p.125). In tal senso la valutazione
diventa parte integrante del processo di apprendimento degli studenti, che non consiste
solo nell’acquisizione di specifiche conoscenze e competenze quanto piuttosto nella
costruzione ʻriflessivaʼ del proprio sapere, saper fare e saper essere.
L’agire educativo è per sua natura difficile a causa delle tante facce che ne
determinano i risultati e gli effetti sugli utenti individuali e collettivi. Diventare un educatore
professionale è, quindi, una cosa seria ed impegnativa che richiede, in primis, un’attitudine
personale e, parallelamente, un percorso formativo qualificato. Il tirocinio curricolare è una
tappa importante di questo percorso e la responsabilità delle persone che sono chiamate a
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progettarlo è elevata come elevata è la soddisfazione per aver contribuito alla formazione
di un profilo professionale di cui la società odierna mostra di aver sempre più bisogno.
Apprendere per educare è un libro che ben evidenzia la cura del lavoro svolto nel tempo
per garantire ai futuri educatori un’occasione formativa significativa, in grado sia di
concorrere per una maggiore presa di coscienza della propria identità professionale che di
operare in modo appropriato ed efficace sul terreno della relazione educativa e di aiuto.
Pierpaola Pierucci
Assegnista di ricerca, Università di Ferrara
Research Fellow, University of Ferrara
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