L`influenza personale in comunicazione

Elihu Katz – Paul Felix Lazarsfeld
L’influenza personale
in comunicazione
A cura di Mario Morcellini
ARMANDO
EDITORE
Sommario
Introduzione
di Mario Morcellini
7
L’influenza personale in comunicazione
di Elihu Katz, Paul Felix Lazarsfeld
23
1. Introduzione degli autori alla prima edizione
2. Il ruolo svolto dalle persone nel flusso
delle comunicazioni di massa
3. Criteri dell’influenza
4. Le due fasi nel flusso della comunicazione
5. Ricapitolazione degli influenti e delle influenze
Bibliografia
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Introduzione
di Mario Morcellini
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Il classico deve […] esprimere al massimo
possibile l’intera gamma di sentimenti che rappresenta il carattere del popolo che parla la sua
lingua. Rappresenterà questo in modo supremo,
ed avrà anche la più grande risonanza; tra il popolo a cui appartiene, troverà eco in tutte le classi
e condizioni degli uomini.
Thomas Stearns Eliot, Cos’è un classico, 1944
Personal Influence è un classico. È un testo decisivo
per scorgere l’autoriflessività di un tempo e di una società. Un patrimonio culturale che aiuta i moderni ad
allinearsi al nuovo mondo, un capitale in dote ai sociologi della comunicazione nello studio di quel pulviscolo
sociale – apparentemente inconoscibile – che è appunto
l’influenza personale. Contro ogni forma di analfabetismo che valuta le relazioni tra le persone come un vuoto
sociale.
Quando nel 1968, a distanza di 13 anni dalla pubblicazione americana, il libro arriva nel nostro Paese,
l’etichetta “Sociologia della comunicazione” è ancora
scarsamente diffusa, sia nel dibattito pubblico sia, aspetto ben più grave, nel contesto accademico. Infatti, la
comunicazione è una categoria intellettuale che prima
di tutto non è sempre valorizzata sul piano disciplinare,
giustapponendosi e con-fondendosi con discipline affini, ma con diverso e specifico statuto epistemologico,
come la “Sociologia della conoscenza” e la “Sociologia
9
Introduzione
della cultura”. È sintomatico che Franco Ferrarotti,
nell’apertura della sua prefazione al testo, definisca la
Collana di Sociologia di Rai-Eri1 come «la prima collana
italiana dedicata specificamente alla sociologia delle comunicazioni di massa»2: infatti, la parola “comunicazione”
non può ancora campeggiare neppure in un titolo, anzi
deve essere in qualche modo salvaguardata o, per meglio dire, tenuta nascosta dietro quella di “sociologia”,
la cui storia e radicazione è altrettanto problematica, ma
comunque già più accettata e diffusa nel linguaggio pubblico3. Infatti, in Italia la prima cattedra di Sociologia è
attivata nel 1961 nella Facoltà di Magistero della Sapienza Università di Roma, e affidata allo stesso Ferrarotti.
La ridotta visibilità di cui godono, al di fuori dei confini
accademici, prima la sociologia e poi la comunicazione
riflette l’arretratezza culturale del sistema politico nel
suo complesso4, incapace di comprendere il contributo
di conoscenza offerto da tali discipline.
Anche per questo assume ancor più rilevanza il ruolo rivestito da alcune personalità che, nella loro funzione di gatekeeper e opinion leader, hanno reso accessibili, alla comunità di specialisti e agli addetti ai lavori,
testi fondamentali come appunto Personal Influence,
impegnandosi nell’attivare “connessioni” intorno alla
comunicazione. Potremmo pensare a loro come a degli imprenditori culturali, figure che attraverso una costante iniziativa contribuiscono all’istituzionalizzazione
scientifica di libri e teorie, nella consapevolezza che il
mutamento di prospettiva di una comunità scientifica si
compia solo dopo un processo di sedimentazione e condivisione di idee.
Mi riferisco dunque a coloro che possono essere considerati i curatori della prima edizione italiana di Personal
Influence, Franco Ferrarotti e, soprattutto, Gianni State10
Mario Morcellini
ra, i quali, pur da differenti prospettive e in fasi diverse
del loro percorso accademico, hanno identificato nel testo una sensibilità sociologica che altre letture avrebbero
tardato ad afferrare. Non a caso, Statera riconoscerà che
il libro di Elihu Katz e Paul Felix Lazarsfeld rappresenta
un vero e proprio turning point nello studio degli effetti
di massa e che la “sociologia della comunicazione” si sta
avviando verso una fase di maturità5. Inoltre, nella sua
premessa metodologica è possibile rilevare le ragioni alla
base della scelta, da parte di alcune Facoltà di Comunicazione in Italia, di orientarsi in direzione della ricerca empirica piuttosto che delle teorie sui media. In un periodo
in cui accadeva esattamente l’opposto. Questo aspetto
non è secondario se si pensa che gli studi della e sulla
comunicazione rischiano di essere condizionati dai tempi impetuosi dell’evoluzione tecnologica e dei mutamenti
di tipo socio-culturale, che spingono al presentismo e al
nuovismo. Invece, una matrice scientifica che sappia coniugare le radici teoriche con gli sviluppi empirici può
resistere con successo a modelli interpretativi che, orientati a riflettere sull’immediato, si rivelano carenti in uno
dei mandati fondamentali per le discipline sociologiche6.
L’audace possibilità di studiare il passato per capire il
presente.
Per questo, dunque, tornare a proporre Personal Influence al pubblico italiano significa tornare a confrontarsi prima di tutto con i suoi autori. Un gesto culturalmente dovuto dalla nostra comunità scientifica ai suoi
classici.
Elihu Katz, all’epoca della pubblicazione dell’opera,
è ancora all’inizio del suo percorso accademico, eppure ha il merito di consolidare la riflessione sull’influenza
personale attraverso il recupero dei principali studi condotti sui piccoli gruppi e nel campo della sociometria nel
11
Introduzione
periodo successivo al 1945, anno in cui ha effettivamente
luogo la ricerca a Decatur7. L’importanza delle reti, così
come la disseminazione della conoscenza attraverso nodi
informali, costituisce un tema attrattivo per l’autore, che
torna ad affrontarlo nell’importante lavoro condotto in
ambito medico8.
Al tempo stesso, la riflessione sui media è oggetto di
un’analisi più sistematica sugli effetti, e in particolare
sulla ridefinizione del rapporto simbolico tra fruitori e
mezzi di comunicazione attraverso l’elaborazione della
teoria degli usi e delle gratificazioni9. La centralità dei
media è inserita in una prospettiva macro-sistemica laddove essi contribuiscono, in un patto comunicativo con
l’establishment e con gli spettatori, alla concretizzazione
di veri e propri eventi mediali, ovvero cerimonie televisive in cui il pubblico è immerso in una grande narrazione
collettiva10. La statura del sociologo consiste nella capacità di confrontarsi, a distanza di anni, con la propria
ricerca e attualizzarla alla luce dei mutamenti introdotti
dal corso della storia. Katz, in seguito agli attacchi terroristici alle Twin Towers11 e consapevole della maggiore
pervasività dei mezzi di comunicazione, conclude che i
media events sono stati rimpiazzati dagli eventi distruttivi, che minano l’autorità politica e costringono gli spettatori a sottoporsi a situazioni ansiogene12.
In quest’ottica, dunque, può essere meglio compreso
il sentimento di gratitudine che ci ha spinto il 28 maggio
2007, in qualità di Facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza Università di Roma13, a conferirgli la
Laurea Honoris Causa in “Teorie della Comunicazione e
Ricerca Applicata” e ad organizzare nella stessa giornata
un convegno a lui dedicato: “Elihu Katz e i Media Studies: una storia scientifica e professionale”. La riconoscenza è verso un’impresa intellettuale che si fa uomini,
12
Mario Morcellini
gruppi di ricerca, linee culturali: un’epigrafe che naturalmente è da estendere allo stesso Lazarsfeld.
Paul Felix Lazarsfeld è il maestro. È lui che, per primo, fonda in modo empirico la riflessione sugli effetti
mediali. All’inizio degli anni ’40, infatti, in uno scenario
critico anche per gli studi sui media, The People’s Choice
e Voting14 innovano profondamente la communication
research aprendo al ruolo che l’influenza personale riveste nel mediare il rapporto tra mezzi di comunicazione
e pubblico, tanto nelle pratiche quotidiane quanto in
comportamenti più specifici riguardanti, ad esempio, le
scelte di voto15. Ma l’impresa di Lazarsfeld è anche legata
ad una abilità che potremmo definire “intellettualmente
imprenditoriale”, moderna, paradigmatica e totalmente
“ingaggiata” nella proposta di un vero e proprio modello
di organizzazione della ricerca aperto alla committenza16.
Questa sintetica presentazione evidenzia quanto il
know-how dei due autori si rifletta in modo esemplare in
Personal Influence. Il loro bagaglio culturale e semantico
si consolida nell’elaborazione di parole chiave a cui, in
qualità di sociologi della comunicazione e massmediologi, non possiamo sottrarci. Come non riconoscere che
nelle pagine di questo libro sono disseminate le tracce,
sintomaticamente rivelatrici, di approcci e teorie successive come gli studi culturali, la spirale del silenzio, l’agenda setting, a conferma del fondamento enciclopedico
dell’opera per gli studi dei media17. Prima della pubblicazione di questa ricerca, e dunque prima del 1955, la
letteratura scientifica non si era ancora esplicitamente
confrontata con la categoria degli opinion leader, con
la teoria della decisione, con la riflessione sugli status
symbol, così come con i concetti di clima culturale e di
clima d’opinione.
13
Introduzione
Equiparando la competenza comunicativa di un individuo a quella di un mezzo di comunicazione di massa, gli autori riescono ad attivare nuove dimensioni
interpretative che attengono a concetti fondamentali
quali le reti sociali e le pratiche di socializzazione, il
consumo culturale e le routine quotidiane, la significazione e i processi di costruzione della realtà. Non
considerare questi aspetti di vera e propria scoperta
scientifica significa cadere nella trappola dell’omologazione e della banalizzazione secondo cui tutto è
uguale a tutto, e soprattutto offuscare il reale valore
di quel libro, ponendolo sullo stesso piano di altri.
Non è così, e vale la pena sottolinearlo con decisione18.
Nel momento in cui non si riesce a comprendere la
capacità di Personal Influence di mettere in scena il pulviscolo di relazioni attivo nella nostra vita quotidiana,
si rischia nella comunità una forma pericolosa di “analfabetismo sociologico” che favorisce il successo di prospettive tese, unicamente, a raccontare il vuoto sociale
che circonderebbe l’uso e il consumo dei media.
Anche alla luce di questa considerazione, ci sembra
utile analizzare le modalità attraverso cui l’opera è stata
recepita nel nostro Paese.
In una prima fase, che possiamo collocare tra la fine
degli anni ’60 e la prima metà dei ’70, il libro di Katz e
Lazarsfeld compare in modo disordinato e non sempre
puntuale nelle bibliografie dei testi italiani dedicati al
tema degli effetti mediali. Eppure, alcuni autori riescono ad afferrare il “peso” specifico dell’opera, avviando
percorsi di analisi tanto interessanti quanto prolifici nel
tentativo di fuoriuscire dai vincoli epistemologici di prospettive tese a rilevare esclusivamente il potere forte dei
14
Mario Morcellini
media. Si pensi a Enrico Mascilli Migliorini, il quale con
due testi importanti, non solo per l’epoca, come Le comunicazioni sociali. Ipotesi di una metodologia “per saggi”
(1972) e La strategia del consenso (1974), contribuisce,
insieme a Giorgio Braga e alla sua La comunicazione sociale (1969), a porre le basi di una distinzione tra comunicazione di massa e comunicazione sociale, che si è
rivelata non solo feconda ma anche capace di dissipare
qualche residuo di positivismo insito nella formula, pur
fortunatissima, di mass media. Ma si pensi soprattutto al
fondamentale lavoro di sistematizzazione culturale e di
ricerca di Gianni Statera, il quale con l’innovativo Società e comunicazioni di massa (1972) ha contributo all’educazione di generazioni di giovani e ricercatori.
In questi lavori, riecheggiano sullo sfondo una società che si sta sensibilmente mediatizzando – la televisione è ancora nella sua fase pedagogica – e una comunità
divaricata fra gli apocalittici e gli integrati, un dibattito,
innescato da Eco, che separa e crea fratture in un contesto scientifico non coerentemente organizzato intorno a
prospettive di pensiero condivise.
La seconda fase del processo di ricezione si concretizza negli anni ’80, quando assistiamo, nel nostro Paese,
alla canonizzazione dell’opera. Infatti, fuoriuscendo da
testi che l’hanno adottata in modo specialistico, dedicati
a specifiche aree tematiche della “Sociologia della comunicazione” come le strategie di consenso e di persuasione
nei media, Personal Influence viene disseminata nel più
vasto pubblico della comunità degli studiosi attraverso
l’importante funzione di sintesi operata dai manuali. Un
esempio emblematico, in questo senso, è rappresentato
dal contributo offerto da Mauro Wolf con le Teorie della comunicazione di massa (1985), non perché tale testo
costituisca il primo “manuale di comunicazione”, se è
15
Introduzione
vero che già Statera, poco più di un decennio prima con
Società e comunicazioni di massa, aveva avuto il merito
di realizzarne uno. Nella nostra prospettiva, l’importanza dell’opera di Wolf sta nell’ampio riscontro ottenuto
presso il pubblico degli studiosi di comunicazione, che
favorisce, dunque, di riflesso anche la ricezione sistematizzata e l’inquadramento di Personal Influence, e più in
generale della teoria del Two-Step Flow of Communication, nella storia degli studi sugli effetti dei media.
La terza fase è quella che arriva ai giorni nostri, in
cui l’opera di Katz e Lazarsfeld si dimostra in grado di
dialogare con un tempo così mediaticamente pervasivo
e così denso sul piano della socialità. Tra gli altri, costituiscono esempi interessanti e avanzati di applicazione
i lavori di Paolo Mancini con La decisione di voto tra
comunicazione di massa e influenza personale (2001), di
Giovanni Ciofalo con Ritorno a Decatur (2006), e Comunicazione e vita quotidiana (2007) e Elihu Katz, I Media
Studies tra passato e futuro (2009), di Marzia Antenore
con Da Decatur a Facebook. L’influenza personale in campagna elettorale (2006) e di Fabrizio Martire con Come
nasce e come cresce una scuola sociologica (2006).
Tale periodo rivela la capacità del testo di parlare la
lingua della sua comunità, aiutando i moderni ad allinearsi al nuovo mondo. Infatti, Personal Influence compie
una rivoluzione concettuale nel momento in cui colloca
al centro dell’osservazione l’attore sociale.
La figura dell’opinion leader, la rappresentazione
della comunicazione come flusso, la ridefinizione del
concetto di piccolo gruppo […] non solo non hanno perso il loro valore euristico, ma possono essere
ancora declinati rispetto al nostro scenario mediale e, in particolare, si offrono come utili strumenti
16
Mario Morcellini
interpretativi nei confronti del medium che, su tutti, dimostra di possedere i tratti più specifici della
personalizzazione e che, per questo, ha contribuito
a modificare più profondamente il concetto stesso di
mezzo di comunicazione: Internet19.
Certo, ci rendiamo conto di quanto la complessificazione e la pervasività dei media renda complicato, se non
impensabile, l’adozione del flusso a due fasi della comunicazione così come è stato elaborato originariamente.
Eppure, riteniamo che un’altra chiave di lettura, emersa
nel corso della ricerca di Katz e Lazarsfeld, mantenga ancora un forte valore esplicativo e rappresentativo: il concetto di influenza personale20. Infatti, già semplicemente
l’assonanza etimologica con la definizione di media personali suggerisce la possibilità di numerosi spunti di riflessione, in particolare sull’effettiva ri-scoperta del ruolo
delle persone all’interno delle dinamiche comunicative.
La Rete costituisce un ambiente non solo comunicativo,
ma effettivamente sociale21, al cui interno vengono continuamente traslati e tradotti i processi relazionali che
regolano le nostre routine quotidiane. In questo senso,
Internet è il personal medium nel quale sono più elevati
gli episodi di influenza personale. Infatti ognuno di noi,
in qualità di utente, si alterna, con maggiore o minore
consapevolezza, nelle posizioni di influente o influenzato, di emittente o di ricevente, ridefinendo i termini
fondativi della leadership di opinione, e assumendo un
ruolo costitutivo nel flusso comunicativo multidimensionale, formato da network, aggregazioni, figurazioni,
variabili esattamente come i nodi che compongono una
struttura reticolare. Anche per questo Internet è una
metafora esemplare della trasformazione della comunicazione da semplice risorsa in un vero e proprio habitat
17
Introduzione
elettivo dei moderni, nel quale gli innovatori o i moderatori, gli esperti e, in generale, coloro che mostrano una
propensione maggiore all’adattamento ai nuovi ambienti
comunicativi, costituiscono una sorprendente attualizzazione della figura del leader d’opinione così come è stato
descritto da Katz e Lazarsfeld: considerato un ulteriore
mezzo di comunicazione, in grado di amplificare o ridurre la portata dei contenuti dei messaggi mediali.
L’immagine teorica che ne emerge è quella di un
individuo sociale, la cui capacità di orientarsi verso se
stesso come anche verso gli altri, verso l’esterno e nei
confronti della realtà che concorre a costruire e ad abitare, si concretizza proprio attraverso il crescente ricorso
a e l’utilizzo sempre più frequente di quei mezzi di comunicazione che gli offrono la dinamicità e la flessibilità
indispensabili per stare al passo con il tempo nuovo della
nostra modernità.
Per questa via, allora, da un lato i sociologi sono riusciti gradualmente a trasformare la riflessione sulla
società in una riflessione sull’entropia comunicativa
che genera nuove relazioni sociali; dall’altro i mediologi hanno compreso che lo studio degli effetti della
comunicazione deve coincidere in maniera sempre
più stringente con l’osservazione dei cambiamenti
sociali. Una scoperta fondamentale perché basata
sulla considerazione del fatto che le vere relazioni
sociali significative non possono che essere quelle
comunicative: se, infatti, cediamo alla tentazione
di pensare alle tecnologie mediali come definitivamente e perentoriamente tarate sulla dimensione del
singolo, svuotate cioè da ogni capacità relazionale
interindividuale, dobbiamo anzitutto rinunciare a
definirci come studiosi della società22.
18
Mario Morcellini
La segmentazione degli stili di vita, la moltiplicazione delle alternative di consumo, la stessa modifica degli
equilibri negli scambi e nelle interazioni personali confermano l’attività dell’individuo nel ricoprire una inedita posizione di forza e di negoziazione. In questo senso,
dunque, la personalizzazione della comunicazione non
può più essere considerata esclusivamente nei termini
di un prodotto del progresso scientifico e tecnologico,
ma anche e soprattutto, come un fondamentale indicatore del mutamento che caratterizza la nostra realtà
sociale.
Per tutte queste ragioni Personal Influence può essere
definito un classico e per questo allora lo abbiamo scelto.
Così facendo, pensiamo di aver reso un servizio di grande valore per la comunità di studenti e docenti, di teorici
e ricercatori di comunicazione.
In particolare, nel presente volume si è scelto di riportare le seguenti parti, nel tentativo di rispettare, seppure
attraverso una selezione ragionata di brani, la coerenza
dell’opera originale:
1. Introduzione degli autori alla prima edizione;
2. Il ruolo svolto dalle persone nel flusso delle comunicazioni di massa;
3. Criteri dell’influenza;
4. Le due fasi nel flusso della comunicazione;
5. Ricapitolazione degli influenti e delle influenze.
Ovviamente, siamo consapevoli della difficoltà di
restituire la complessità dell’opera nella sua interezza23.
Ciò nonostante, poter riproporre una selezione ragionata del volume originale ci sembrava una opportunità da
non perdere
Al tempo stesso, la scelta di inserire questo testo in
19
Introduzione
una collana di classici è un modo per sciogliere il nostro
debito formativo nei confronti di Paul Felix Lazarsfeld,
figura fondamentale nelle scienze umane e sociali della
comunicazione, conferendogli simbolicamente un’altra
laurea, dopo quella già attribuita ad Elihu Katz.
Un riconoscimento dovuto e, al tempo stesso, esplicitamente rituale perché, come sottolinea in modo efficace
Antoine de Saint-Exupéry ne Il Piccolo Principe, “ci vogliono i riti”24.
20
Mario Morcellini
NOTE
1 La vicenda di Rai-Eri è strettamente connessa a Personal
Influence. Infatti, attraverso la pubblicazione di un testo che è in
grado di coniugare sociologia e comunicazione, essa conquista una
visibilità mai ottenuta in precedenza con pubblicazioni specifiche
su scenari politici e culturali rivelatisi nel tempo maggiormente circoscritti.
2 F. Ferrarotti, Prefazione, in E. Katz, P.F. Lazarsfeld, L’influenza
personale nelle comunicazioni di massa, Torino, Rai-Eri, 1968, p. V.
3 Cfr. M. Morcellini, Alle origini della sociologia della comunicazione. Saper leggere un bene patrimoniale, in G. Ciofalo (a cura di),
Elihu Katz. I media studies tra passato e futuro, Roma, Armando,
2009, pp. 68-69.
4 Cfr. M. Morcellini, Proposte di cartografia e di analisi per l’industria culturale italiana, in Id. (a cura di), Il medioevo italiano. Industria culturale, TV e tecnologie tra XX e XXI secolo, Roma, Carocci,
2005.
5 G. Statera, Società e comunicazioni di massa, Palermo, Palumbo Editore, 1993, pp. 80-85. Vedi anche G. Statera, Il metodo della
ricerca di Katz e Lazarsfeld, in E. Katz, P.F. Lazarsfeld, op. cit., p.
XXXII.
6 M. Morcellini, Nuovi media e dinamiche dell’influenza personale nella società della comunicazione, in «Technology Review», 4,
luglio-agosto 2007.
7 Cfr. G. Ciofalo, Comunicazione e vita quotidiana, Roma, Carocci, 2007.
8 J.S. Coleman, E. Katz, H. Menzel, Medical Innovation. A Diffusion Study, Indianapolis, Bobbs-Merrill, 1966.
9 J.G. Blumler, E. Katz (a cura di), The uses of mass communications. Current perspectives on gratifications research, Beverly Hills,
Sage, 1974. Cfr. E. Katz, Sull’ipotesi “usi e gratificazioni”, in G. Ciofalo (a cura di), op. cit.
10 D. Dayan, E. Katz, Le grandi cerimonie dei media, Bologna,
Baskerville, 1993. Vedi anche E. Katz, I media events oggi, in G.
Ciofalo (a cura di), op. cit.
11 Cfr. M. Morcellini (a cura di), Torri crollanti: comunicazione,
media e nuovi terrorismi dopo l’11 settembre, Milano, FrancoAngeli,
2002.
21
Introduzione
12 E. Katz, T. Liebes, ‘No More Peace!’: How Disaster, Terror
and War Have Upstaged Media Events, in «International Journal of
Communication», 1, 2007.
13 La Facoltà, istituita nel 2000 e nata dal Corso di Laurea in
Scienze della Comunicazione organizzato nella Facoltà di Sociologia della Sapienza Università di Roma dal 1994, si è ora trasformata
in Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia, Comunicazione.
14 P. Lazarsfeld, B. Berelson, H. Gaudet, The People’s Choice,
New York, Columbia University Press, 1944; B. Berelson, P.F. Lazarsfeld, W.N. McPhee, Voting: a study of opinion formation in a
presidential campaign, Chicago, The University of Chicago Press,
1954.
15 La dimensione decisionale è un ambito tematico cui Lazarsfeld inizia a dedicarsi in modo sistematico sin dagli anni ’30. Cfr.
P.F. Lazarsfeld, L’arte di chiedere perché, in Id., Saggi storici e metodologici, Roma, Eucos, 2001.
16 M. Pollack, Paul F. Lazarsfeld, fondateur d’une multinationale scientifique, in «Actes de la recherche en sciences sociales», 25,
1979, pp. 45-59. Vedi anche D.E. Morrison, The Influences Influencing Personal Influence: Scholarship and Entrepreneurship, in «The
Annals of the American Academy of Political and Social Science»,
608, 2006.
17 M. Morcellini, Alle origini della sociologia della comunicazione. Saper leggere un bene patrimoniale, cit.
18 Ivi, p. 73.
19 M. Morcellini, Nuovi media e dinamiche dell’influenza personale nella società della comunicazione, op. cit.
20 W.L. Bennett, J.B. Manheim, The One-Step Flow of Communication, in «The Annals of the American Academy of Political and
Social Science», cit.
21 Cfr. M. Morcellini, A.L. Pizzaleo (a cura di), Net Sociology,
Guerini, Milano, 2002.
22 M. Morcellini, Alle origini della sociologia della comunicazione. Saper leggere un bene patrimoniale, cit., p. 75.
23 Anche per questo motivo abbiamo volutamente scelto di distinguere questo volume da quello originario utilizzando un titolo
differente.
24 A. de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, 1943.
22