Ferro e cardiotossicità: dalla talassemia al danno da riperfusione

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RASSEGNA
Ferro e cardiotossicità:
dalla talassemia al danno da riperfusione
Alberto Roghi
Laboratorio di Risonanza Magnetica Cardiaca, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare “A. De Gasperis”,
A.O. Niguarda Ca’ Granda, Milano
The role of iron toxicity is well known in gastroenterology and hematology: hemochromatosis, thalassemia
major and myelodysplastic syndromes represent iron toxicity models with evidence of serious damages to target organs such as the heart, the liver and endocrine tissues. Iron chelation therapy has dramatically changed
the survival rate of thalassemia major since the introduction of desferoxamine with quantitative assessment
of tissue iron overload by magnetic resonance imaging. Reperfusion hemorrhage is an independent predictor of left ventricular remodeling after acute myocardial infarction. Hemorrhage may be a source of iron
toxicity and a mediator of inflammation, directly contributing to left ventricular remodeling. Iron chelation
may potentially alleviate these cardiotoxic effects. Cardiac magnetic resonance imaging can provide insights
into miocrovascular obstruction, hemorrhage and iron chelation.
Key words. Cardiac magnetic resonance; Cardiotoxicity; Iron chelation.
G Ital Cardiol 2013;14(6):438-444
RAZIONALE
Il metabolismo del ferro nell’uomo si è sviluppato con caratteristiche particolari che privilegiano i meccanismi di assorbimento, di trasporto e di accumulo verso quelli di eliminazione,
praticamente assenti. Il motore principale del ciclo del ferro è
rappresentato dall’eritrone, cioè dall’insieme di fattori che
controllano la produzione di eritrociti nel midollo osseo e la
loro distruzione al termine del loro ciclo vitale attraverso i macrofagi ed il sistema reticolo-endoteliale. In misura largamente minore il ferro viene impiegato anche nelle cellule muscolari e nei citocromi delle catene enzimatiche cellulari. Il trasporto plasmatico avviene attraverso un carrier proteico, la
transferrina, il sistema di accumulo epatico attraverso una proteina, la ferritina. I meccanismi di regolazione dell’assorbimento intestinale e dei macrofagi sono complessi e prevedono l’azione centrale di un peptide, l’epcidina, che ha un ruolo inibitore dell’assorbimento del ferro attraverso l’azione sulla ferroportina, un recettore situato sulle cellule duodenali e
sui macrofagi. Il ferro bivalente viene ossidato a trivalente dalla ceruloplasmina e come tale legato al carrier plasmatico, la
transferrina.
In condizioni fisiologiche il contributo duodenale dell’assorbimento del ferro è secondario e la gran parte del ferro a
disposizione dell’eritropoiesi midollare proviene dai macrofagi
circolanti controllati dall’epcidina epatica. L’eliminazione del fer-
© 2013 Il Pensiero Scientifico Editore
Ricevuto 18.03.2013; nuova stesura 04.04.2013; accettato 05.04.2013.
L’autore dichiara nessun conflitto di interessi.
Per la corrispondenza:
Dr. Alberto Roghi Laboratorio di Risonanza Magnetica Cardiaca,
Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare “A. De Gasperis”,
A.O. Niguarda Ca’ Granda, Piazza Ospedale Maggiore 3, 20162 Milano
e-mail: [email protected]
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ro è minima e leggermente prevalente nel sesso femminile in
età fertile attraverso le perdite mestruali. In caso di rottura della delicata omeostasi del metabolismo del ferro si possono sviluppare condizioni di sovraccarico caratterizzate da un eccesso
di assorbimento che porta alla saturazione dei sistemi di trasporto e di deposito. Si vengono a creare condizioni pericolose
caratterizzate dalla presenza nel plasma di ferro libero non legato alla transferrina che ha come bersaglio fegato, miocardio
ed organi endocrini come ipofisi, tiroide, cellule del Langerhans
pancreatiche. Il ferro bivalente entra nei diversi parenchimi con
cinetiche differenziate a seconda di vari tipi di carrier di membrana ancora non completamente noti. Ne risulta una velocità
di accumulo diversa che condiziona la distribuzione temporale
degli effetti tossici clinicamente rilevabili nei vari organi bersaglio. Il ferro bivalente libero entrato nella cellula è una specie
biochimica altamente reattiva che dà luogo a reazioni di ossidoriduzione con formazione di radicali liberi e innesco di fenomeni di perossidazione delle membrane lisosomiali e mitocondriali con apoptosi cellulare. Nel miocardio i radicali liberi prodotti dal ferro libero inibiscono i canali rianodinici del calcio del
reticolo sarcoplasmatico provocando il mancato re-uptake del
calcio durante la ripolarizzazione cellulare. A livello endoteliale
lo sviluppo dei radicali liberi inibisce la produzione di ossido nitrico con incremento delle resistenze vascolari. In condizioni di
emolisi intravascolare come quelle che si determinano nelle
anemie congenite come la drepanocitosi ed in altre condizioni
patologiche di necrosi emorragica e di sepsi, la liberazione di
emoglobina indotta dalla lisi dei globuli rossi provoca il consumo di arginina, principale substrato endoteliale dell’ossido nitrico. La disfunzione endoteliale risultante si manifesta con incremento delle resistenze vascolari periferiche e di quelle polmonari.
Le principali condizioni di sovraccarico di ferro sono elencate nella Tabella 1.
FERRO E CARDIOTOSSICITÀ
CHIAVE DI LETTURA
Ragionevoli certezze. La cardiomiopatia
ipocinetica da sovraccarico di ferro è stata la
prima causa di morte dei pazienti talassemici fino
all’introduzione della terapia ferrochelante e della
valutazione quantitativa tissutale del sovraccarico
marziale con la risonanza magnetica.
Nell’emocromatosi il sovraccarico di ferro
provocato dalla perdita dei meccanismi di
controllo dell’assorbimento e della distribuzione
del ferro provoca comparsa di cardiomiopatia e di
epatopatia cronica. Nei pazienti con
mielodisplasia dipendenti da terapia
emotrasfusionale, la terapia ferrochelante
previene la comparsa di cardiopatia da
sovraccarico di ferro e prolunga
significativamente la sopravvivenza. Nelle
sindromi coronariche acute lo shock cardiogeno è
ancora responsabile di un’elevata mortalità
intraospedaliera. I fattori eziologici più
importanti sono stati individuati nell’estensione
dell’area necrotica, nel ritardo della riapertura del
vaso culprit, nell’ostruzione microvascolare, nella
presenza di variabili cliniche come età e copatologie (insufficienza renale e diabete mellito)
mentre il ruolo dell’evoluzione emorragica è
ancora discusso. La risonanza magnetica cardiaca
è in grado di valutare accuratamente la presenza e
l’estensione dell’ostruzione microvascolare e del
danno emorragico.
Questioni aperte. Il contributo del ferro libero
alla depressione della funzione contrattile del
miocardio in corso di sindrome ischemica acuta
non è noto così come quello della possibile
efficacia della terapia ferrochelante.
Le ipotesi. L’evoluzione emorragica dell’infarto è
spesso un riscontro autoptico che soltanto
tecniche di imaging di recente introduzione come
la risonanza magnetica consentono di valutare
con accuratezza in vivo. Il contributo
cardiodepressivo del ferro libero nella
fisiopatologia dello shock cardiogeno, se
dimostrato, potrebbe essere efficacemente
contrastato dalla terapia ferrochelante, già
risultata determinante nella prevenzione della
cardiomiopatia ipocinetica in contesti di
sovraccarico marziale cronico.
EMOCROMATOSI: UN MODELLO FISIOPATOLOGICO
PER COMPRENDERE I MECCANISMI DI
ASSORBIMENTO E TRASPORTO DEL FERRO
L’emocromatosi è una malattia ereditaria caratterizzata da polimorfismo complesso che interessa mutazioni di almeno 8 geni che regolano l’omeostasi del ferro. Recenti scoperte hanno
chiarito il ruolo dell’epcidina nella patogenesi dell’emocroma-
Tabella 1. Principali condizioni di sovraccarico di ferro.
Cause primarie di sovraccarico di ferro
Emocromatosi ereditaria (HFE, HJV, HAMP, TfR2, ferroportina)
Cause secondarie
Anemie ereditarie
Emoglobinopatie (talassemia, drepanocitosi)
Diamond-Blackfan
Anemia diseritropoietica
Anemia sideroblastica
Anemie acquisite
Mielodisplasia
Mielofibrosi
Anemia aplastica
Leucemie
Insufficienza renale cronica
Altre condizioni
Epatopatia cronica
Atassia di Friedreich
Aceruloplasminemia
Atransferrinemia congenita
tosi1,2. Nella forma più comune dell’adulto, il deficit di sintesi di
epcidina è provocato da una mutazione del gene HFE. Ne deriva una ridotta azione inibitoria sulla ferroportina delle cellule
duodenali e dei macrofagi del sistema reticolo-endoteliale con
incremento dell’assorbimento del ferro e della sua biodisponibilità. I sistemi di trasporto plasmatico (transferrina) e di deposito epatico (ferritina) sono rapidamente saturati con progressivo accumulo di ferro nel parenchima di vari organi con sviluppo di cirrosi, ipogonadismo, diabete mellito, cardiomiopatia dilatativa.
Sono state identificate varie altre mutazioni di geni responsabili della sintesi di epcidina come TfR2, HJV e HAMP, alcune
delle quali sono responsabili delle rare forme giovanili, particolarmente aggressive (Figura 1)2. L’emocromatosi rappresenta un
polimorfismo tra i più comuni delle popolazioni caucasiche
nord-europee e nel fenotipo più comune interessa una popolazione di prevalente sesso maschile di mezza età con presentazione clinica subdola caratterizzata da artralgia, astenia e segni
di insufficienza epatica. Diabete mellito e cardiopatia ipocinetica sono frequentemente associati. La diagnosi viene confermata dai valori elevati di ferritinemia e transferritinemia e dal test
genetico per C282Y HFE. I pazienti affetti dalle forme giovanili
(mutazione HJV e TfR2) di solito presentano sintomi precoci dovuti alla cardiomiopatia dilatativa e al diabete mellito.
TALASSEMIA: UN MODELLO FISIOPATOLOGICO
PER COMPRENDERE I MECCANISMI DI TOSSICITÀ
MIOCARDICA DEL FERRO
La talassemia major rappresenta una condizione di omozigosi
che determina la assente o insufficiente produzione delle catene beta dell’emoglobina con quadro di anemia di grado severo che rende i pazienti emotrasfusione-dipendenti dall’età pediatrica. Il fabbisogno medio di trasfusioni è di circa 2 sacche di
globuli rossi ogni 2-3 settimane. Ogni sacca contiene circa 250
mg di ferro. Si calcola che siano sufficienti circa 9 g di ferro per
raggiungere la saturazione dei sistemi di deposito e di trasporto del ferro (transferrina plasmatica, ferritina epatica). Poiché
nel paziente talassemico l’eritropoiesi è inefficace, l’eritrone,
cioè il sistema regolatorio dell’eritropoiesi, stimola l’assorbiG ITAL CARDIOL | VOL 14 | GIUGNO 2013
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Figura 1. A: in condizioni normali la sintesi di epcidina viene modulata dai geni HAMP, HJV e HFE. Il malfunzionamento di qualunque di questi geni regolatori dell’epcidina determina l’incremento incontrollato
del pool del ferro plasmatico. L’azione inibitoria dell’epcidina ha come target la ferroportina delle cellule
duodenali e dei macrofagi del reticolo endoplasmatico che regola il rilascio di ferro nel pool plasmatico. Il
ferro viene utilizzato nel midollo per l’eritropoiesi ed in piccola parte dal tessuto muscolare nella mioglobina e nel fegato sotto forma di depositi con la ferritina. Il ferro circolante è legato alla transferrina. In caso di saturazione dei depositi e della transferrina il ferro libero entra nelle cellule parenchimali dove causa danno ossidativo. B: nel caso di ridotta espressione del gene HFE, la ridotta sintesi di epcidina provoca
il mancato effetto inibitorio sulla ferroportina e l’incontrollato incremento del ferro assorbito dal duodeno e liberato dai macrofagi. C: la mancata espressione del gene HJV caratteristica delle forme giovanili provoca la netta riduzione della sintesi di epcidina con precoce incremento del ferro libero che induce la comparsa di grave cardiopatia e di patologie endocrinologiche. D: in questa rara variante la mutazione della
ferroportina rende questo recettore insensibile all’azione inibitoria dell’epcidina con incremento incontrollato del ferro assorbito dall’enterocita duodenale e dal macrofago reticolo-endoteliale.
Riprodotta con permesso da Pietrangelo2.
mento di ferro e condiziona bassi livelli di epcidina. I pazienti
vanno rapidamente incontro a quadri di severo sovraccarico
marziale con interessamento epatico, miocardico ed endocrino. Si sviluppano quadri di ipogonadismo, ipotiroidismo, diabete mellito e cardiomiopatia ipocinetica responsabili della morte della maggior parte dei pazienti nelle prime due decadi di
vita3. Il quadro clinico è stato in passato ulteriormente peggiorato dalle frequenti infezioni virali dovute alle emotrasfusioni
con frequente sviluppo di cirrosi epatica e di cancro-cirrosi.
Lo sviluppo di farmaci chelanti il ferro ha modificato radicalmente il quadro con una netta riduzione della mortalità cardiovascolare per la reversibilità della cardiomiopatia da sovraccarico marziale4. L’efficacia della ferrochelazione è stata docu-
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mentata inizialmente dall’impiego dell’unico farmaco a disposizione, la desferroxamina, dotata di breve emivita e di via di
somministrazione parenterale obbligata che costringeva i pazienti a sedute notturne di infusione sottocutanea in pompa. Lo
sviluppo di due nuovi chelanti orali, il deferiprone e il desferasirox5,6, con caratteristiche di emivita più lunga e di buona efficacia e tolleranza, hanno ulteriormente ridotto la mortalità e
morbilità per gli eventi cardiovascolari, come documentato dal
Registro della Società di Ematologia del Regno Unito7.
Nell’ambito della diagnostica non invasiva, la risonanza magnetica (RM) si è dimostrata estremamente utile nella valutazione del sovraccarico marziale miocardico ed epatico con lo sviluppo di sequenze dedicate (T2* = ti-two-star) che identificano
FERRO E CARDIOTOSSICITÀ
con grande accuratezza quantitativa i vari gradi di sovraccarico8. Valori di T2* <10 ms identificano pazienti a rischio elevato
di eventi cardiaci avversi. Il controllo periodico dei valori di sovraccarico marziale miocardico ed epatico con la RM consente
l’ottimizzazione della terapia chelante e la scelta tra varie strategie terapeutiche ed è stato incluso nelle linee guida di trattamento dei pazienti che richiedono trattamento emotrasfusionale cronico. La RM cardiaca offre l’opportunità di un controllo
accurato non soltanto del quadro di sovraccarico marziale miocardico ed epatico e di guida della terapia ferrochelante ma anche la valutazione dei volumi, della massa e della cinesi regionale9. Il quadro di disfunzione endoteliale da sovraccarico di ferro è secondario all’ipossia cronica tissutale da anemia, allo stress
meccanico da alta gettata, da ridotta produzione di ossido nitrico endoteliale. Nei pazienti talassemici, al contrario di quello
che accade nei soggetti normali in condizioni di anemia cronica, si sviluppa un quadro di sindrome ipercinetica caratterizzata
da alta portata con resistenze vascolari periferiche aumentate10,11. In caso di eventi avversi di varia natura (infezioni, iper- o
ipoglicemia, distiroidismo, iposurrenalismo) l’equilibrio cardiovascolare può essere rapidamente compromesso con quadri di
scompenso congestizio e bassa portata e sviluppo di ipertensione polmonare. In condizioni di terapia emotrasfusionale corretta e di adeguata ferrochelazione, come accade nei pazienti
delle coorti più giovani, l’incidenza di eventi mortali cardiovascolari e di morbilità secondaria agli effetti tossici del ferro libero sui vari parenchimi è praticamente azzerata.
Fisiopatologia del danno cardiaco da sovraccarico
marziale
I meccanismi fisiopatologici del sovraccarico di ferro responsabili della disfunzione del miocita sono ancora in parte oscuri. Il
ferro non legato alla transferrina penetra nel miocita attraverso sistemi di trasporto non ancora completamente identificati.
L’orientamento attuale attribuisce ai canali del calcio il ruolo
prevalente, come dimostra l’efficacia del trattamento con calcioantagonisti come verapamil ed amlodipina nel prevenire la
disfunzione contrattile da stress ossidativo negli animali con sovraccarico marziale12.
Una volta penetrato nella cellula, il ferro libero è particolarmente attivo nelle reazioni di ossido-riduzione che lo trasformano dalla condizione ridotta bivalente a quella ossidata trivalente dando luogo alla formazione di varie specie di radicali liberi. In condizioni di esposizione cronica ai radicali liberi come
accade ai pazienti con emocromatosi, talassemia major e mielodisplasia, le riserve dei sistemi di antiossidazione vengono rapidamente esaurite con sviluppo di danno cellulare secondario
alla perossidazione dei lipidi delle proteine e degli acidi nucleici. I principali sistemi di antiossidazione cellulare, glutatione e
apolipoproteina13,14, presentano variabili individuali geneticamente determinate che dipendono da polimorfismi complessi
che sono responsabili della diversa suscettibilità dei pazienti alla stessa condizione di stress ossidativo. L’azione di disturbo dei
radicali liberi sul reticolo sarcoplasmatico del miocita determina la depressione dei meccanismi di eccitocontrazione cellulare. L’effetto sui recettori rianodinici dei canali del calcio ne provoca il rilascio dal reticolo sarcoplasmatico mentre la contemporanea inibizione dell’attività della calcio-ATPase (SERCA) ne
riduce il riassorbimento diastolico (Figura 2)12. Il bilancio complessivo è quello di effetti depressivi della funzione sistolica e
diastolica globale, la comparsa di tachi- e bradiaritmie e la depressione della conduzione elettrica. Lo stress ossidativo intra-
cellulare è responsabile anche della compromissione della funzione della muscolatura liscia vascolare e della disfunzione endoteliale con incremento delle resistenze vascolari periferiche
di comune riscontro nei pazienti affetti da emocromatosi, talassemia major e drepanocitosi.
LE MIOPATIE EREDITARIE E LA CARDIOPATIA:
MIOGLOBINA, FERRO ED ALTRE STORIE ...
Le distrofie muscolari tipo Becker e Duchenne rappresentano
un gruppo di malattie ereditarie X-linked caratterizzate da mutazioni del gene della distrofina localizzati sul cromosoma
Xp21.115,16. Sono malattie rare caratterizzate da frequente comparsa di cardiomiopatia dilatativa che nei pazienti affetti da distrofia di Becker costituisce la prima causa di morte.
I meccanismi fisiopatologici della cardiomiopatia sono ancora poco noti. Il malfunzionamento della distrofina, una proteina attiva nelle membrane cellulari, determina complessi fenomeni di riduzione della stabilità delle membrane cellulari e di
ridotta resistenza allo stress meccanico con danni al sistema sarcomerico che esitano in cardiomiopatia dilatativa. La progressione della malattia è inarrestabile e determina la comparsa di
scompenso congestizio, aritmie e morte. Recenti studi di RM
cardiaca hanno evidenziato di frequente la presenza di fibrosi
miocardica in sede infero-laterale con pattern epi-intramiocardico non ischemico. La grande maggioranza dei pazienti manifesta coinvolgimento della muscolatura scheletrica periferica che
precede anche di anni la comparsa dei primi segni di disfunzione cardiaca come alterazioni della ripolarizzazione all’ECG e disfunzione sistolica all’ecocardiogramma. L’ipotesi che la miocitolisi periferica cronica possa liberare ferro non legato alla transferrina con effetti di stress ossidativo che si aggiungono a quelli diretti del deficit di distrofine a livello miocardico potrebbe spiegare la vulnerabilità miocardica di questi pazienti e, se confermata, potrebbe essere contrastata dalla terapia ferrochelante.
OSTRUZIONE MICROVASCOLARE, INFARTO
EMORRAGICO E DANNO DA RIPERFUSIONE:
È IL FERRO IL MINIMO COMUNE DENOMINATORE?
Nelle sindromi coronariche acute la caratterizzazione tissutale
dell’area di lesione con la RM consente un’accurata valutazione delle varie fasi evolutive del danno tissutale. In fase precoce, nei primi 5-7 giorni dall’evento acuto, il quadro delle sequenze T2-pesate documenta un’area di intenso segnale che
corrisponde in parte a tessuto necrotico e in parte all’area perinecrotica caratterizzata da edema cellulare. In caso di infarto
emorragico nell’ambito dell’area di intenso segnale si osserva
una zona di assenza di segnale (banda scura) dovuta alle proprietà ferromagnetiche dei prodotti di degradazione dell’emoglobina17. Le sequenze precoci di enhancement dopo gadolinio (con tempi di inversione di 440 ms) identificano le zone di
ostruzione microvascolare che appaiono come aree di ridotto
segnale (bande scure) che coincidono, in caso di necrosi emorragica, con le aree di ridotto segnale delle sequenze T2-pesate. Le sequenze tardive di enhancement dopo gadolinio, acquisite a 10-15 min dall’iniezione del contrasto, evidenziano
l’area di necrosi che appare intensamente brillante. In caso di
ostruzione microvascolare questa è evidente come area di ridotto segnale (banda scura) (Figura 3). Negli esami eseguiti precocemente (entro i primi 5-7 giorni dall’evento acuto) il terriG ITAL CARDIOL | VOL 14 | GIUGNO 2013
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Figura 2. Effetti dello stress ossidativo mediato dal sovraccarico di ferro sull’accoppiamento eccitazione-contrazione nel cardiomiocita.
NCX, scambiatore di membrana sodio-calcio; ROS, radicali liberi; SERCA 2a, reticolo sarcoplasmatico, sistema di trasporto del calcio ATPase-dipendente; SR, reticolo sarcoplasmatico.
Riprodotta con permesso da Oudit et al.12.
Figura 3. Infarto miocardico laterale con sopraslivellamento del tratto ST in quinta giornata. A: immagine T2-pesata STIR con evidenza di edema diffuso (miocardio bianco) ed area centrale con banda scura (freccia) che rappresenta il core emorragico dell’area necrotica. B: sequenze precoci subito dopo l’iniezione di gadolinio (early enhancement) con evidenza di banda scura (freccia) che rappresenta la zona di ostruzione microvascolare. C: immagini tardive a 15 min dall’iniezione di gadolinio (late gadolinium enhancement) con evidenza dell’area infartuale
bianca (edema + necrosi) con l’area centrale nera che rappresenta l’ostruzione microvascolare.
torio infartuale include sia le aree che diventeranno fibrotiche
che quelle di miocardio stunned ancora vitali. In queste fasi precoci il gadolinio si distribuisce all’interno delle cellule miocardiche edematose o in quelle necrotiche ed è per questo motivo
che la valutazione quantitativa dell’area infartuale è sempre sovrastimata rispetto a quella eseguita a distanza di tempo. Quando la RM viene eseguita ad almeno 2 mesi dall’evento acuto, la
distribuzione del gadolinio interessa lo spazio interstiziale delle cellule del tessuto fibroso cicatriziale. La differenza tra l’estensione delle aree di enhancement nella valutazione precoce rispetto a quelle persistenti nelle valutazioni eseguita a distanza
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dall’evento acuto consente la quantizzazione del miocardio salvato dalle procedure terapeutiche18. Il meccanismo fisiopatologico responsabile del quadro di ridotto segnale alle sequenze
tardive di enhancement dopo gadolinio nei casi di ostruzione
del microcircolo è tuttora oggetto di discussione e viene attribuito al collasso del sistema capillare coronarico che spiegherebbe il ridotto segnale con l’assenza del mezzo di contrasto.
Per altri vi è una sostanziale coincidenza tra ostruzione microvascolare ed infarto emorragico e l’evidenza dell’uno o dell’altro dipenderebbe soltanto dalla tempistica dell’esame più o meno precoce rispetto all’evento acuto.
FERRO E CARDIOTOSSICITÀ
Fisiopatologia dell’ostruzione microvascolare
I lavori sperimentali sull’animale hanno evidenziato un quadro
anatomico complesso caratterizzato dal collasso della rete capillare, dalla formazione di cast di globuli rossi, edema perivascolare e infiltrato monocitario con aggregazione piastrinica (Figura 4)19. Il ruolo dell’ostruzione microvascolare nell’uomo ha
delle evidenze simili nei quadri autoptici dove recentemente è
stata sottolineata la prevalente componente emorragica che
potrebbe essere secondaria alle strategie terapeutiche attuali
che prevedono una intensa terapia antiaggregante ed antitrombotica nel corso delle procedure di angioplastica primaria
(Figura 5)20,21.
Il ruolo dell’ostruzione microvascolare nel rimodellamento
ventricolare postinfartuale è noto ed alcuni studi prospettici con
RM cardiaca ne hanno evidenziato il ruolo prognostico negativo22,23. Le variabili causali ritenute significative nell’indurre il
danno microvascolare sono: l’ampia estensione del territorio infartuale, il prolungato intervallo di tempo tra l’insorgenza dei
sintomi e la riapertura del vaso, l’inefficacia della procedura di
rivascolarizzazione (flusso TIMI <3, evidenza di no-reflow, persistenza del sopraslivellamento del tratto ST), la presenza di
placche ostruttive con prevalente componente trombotica24. La
complessità della patogenesi del danno microvascolare è evidenziata dal fatto che nella routine clinica spesso si osservano
quadri di ostruzione microvascolare e di necrosi emorragica anche in pazienti con accesso precoce ed apparente buon successo della procedura interventistica che prevede ormai anche
l’utilizzo di procedure di tromboaspirazione per ridurre al minimo le complicanze di natura microembolica provocate dalla riapertura del vaso.
Il ruolo del ferro libero
La liberazione di grandi quantità di ferro libero nel corso di infarto ad evoluzione emorragica può dar luogo ad effetti diretti cardiotossici che concorrono alla depressione della funzione
cardiaca indotta dall’evento ischemico acuto. Alcuni studi preliminari nell’animale e nell’uomo hanno evidenziato un possibile effetto di riduzione dell’area necrotica della terapia ferrochelante25,26. Se tali evidenze verranno confermate è possibile
ipotizzare un ruolo terapeutico dei farmaci ferrochelanti, in pazienti selezionati, per contenere l’effetto cardiotossico del ferro libero.
Endothelial gap and
extravasated RBC's
Figura 5. Quadro macroscopico di infarto miocardico. A: era pre-ricanalizzazione, necrosi settale
transmurale, parete biancastra ed assottigliata. B:
era post-ricanalizzazione, necrosi transmurale settale con parete diffusamente ispessita, emorragica.
Riprodotta con permesso da Basso et al.20.
Prospettive
Il ruolo della RM cardiaca nella caratterizzazione tissutale dell’ostruzione microvascolare e dell’eventuale evoluzione emorragica dell’infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST
(STEMI) è certamente insostituibile anche per individuare le variabili causali ancora discusse e per selezionare i pazienti nei quali contrastare gli effetti cardiotossici del ferro libero con la ferrochelazione. Nelle esperienze preliminari che stiamo conducendo
abbiamo osservato una buona capacità predittiva della RM cardiaca nell’individuare i pazienti con significativa dismissione di
ferro libero nelle prime ore di STEMI. Se queste osservazioni preliminari verranno confermate, si potranno avviare studi prospettici per valutare il ruolo della ferrochelazione nell’infarto ad evo-
Fibrin tactoids
Regional
endothelial
swelling
Endothelial blebs
Swollen myocyte
compressing vessel
Micro-emboli
Platelets
Capillary lumen
Neutrophil plugs
(release of oxygen radicals)
Rouleaux
formation
Subsarcolemmal bleb
Figura 4. Meccanismi patogenetici a livello capillare del no-reflow sulla base di evidenze ultrastrutturali ottenute nell’animale. Nell’uomo la componente microtrombotica e di aggregati piastrinici secondaria a procedure interventistiche è maggiore.
Riprodotta con permesso da Reffelmann e Kloner19.
G ITAL CARDIOL | VOL 14 | GIUGNO 2013
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A ROGHI
luzione emorragica, utilizzando la RM cardiaca per individuare
l’ostruzione microvascolare e l’area emorragica e per valutare
l’effetto della ferrochelazione sul rimodellamento ventricolare. Il
ruolo di una delle potenziali variabili causali dell’evoluzione emorragica dello STEMI, cioè della terapia antiaggregante ed antitrombotica associata alle procedure di angioplastica coronarica,
potrà essere meglio definito da studi prospettici multicentrici che
utilizzino la RM cardiaca come marker di necrosi emorragica.
RIASSUNTO
come l’ematologia e la gastroenterologia. L’emocromatosi, la talassemia major e le sindromi mielodisplasiche rappresentano modelli
di tossicità da ferro libero che inducono gravi danni negli organi bersaglio come il cuore, il fegato ed il tessuto endocrino. Nelle sindromi
coronariche acute è stata recentemente sottolineata la frequente
evidenza di quadri autoptici di evoluzione emorragica dell’infarto.
Il contributo cardiodepressivo del ferro libero in corso di sindromi
coronariche acute non è stato ancora adeguatamente studiato ma
il ruolo della ferrochelazione nel controllo degli effetti cardiotossici,
già evidente nella cardiomiopatia dei pazienti talassemici, potrebbe
suggerire spunti terapeutici interessanti.
Il ruolo del ferro libero come elemento tossico per numerosi organi
bersaglio è noto da tempo in diversi settori della medicina interna
Parole chiave. Cardiotossicità; Ferrochelazione; Risonanza magnetica cardiaca.
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