dispensa 2007 cap 5-10-2^modulo

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI
“CARLO BO’” URBINO
FACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE
STRANIERE
Corso di laurea
CL 4
Lingue e cultura per l’impresa
Corso di
“FINANZA E IMPRESA”
Prof. Bruno Pirozzi
Anno accademico 2007-2008
Riservato ad uso didattico con circolazione
limitata ed autorizzata dall’estensore
rel. 3
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
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PROGRAMMA DEL CORSO
MODULO 1
1. l’azienda e il suo insieme: struttura e risorse e le interazioni con il
mercato
pagg. 3-32
2. la rilevazione contabile delle operazioni di gestione; le capacità
segnaletiche del bilancio
pagg. 33-102
3. La struttura finanziaria dell'Impresa; lo stato patrimoniale
riclassificato , l'analisi attraverso gli indicatori. Il Capitale circolante
e la sua gestione.
pagg. 103 -123
4. Il fabbisogno finanziario dell’impresa: principi e modalità di calcolo
delle necessità finanziarie
pagg. 124- 155
MODULO 2
5. Il mercato monetario e finanziario: intermediari finanziari e prodotti
finanziari per le imprese e privati
pagg. 156-199
6. Le fonti finanziarie correnti: i prestiti bancari a breve termine. Le
operazioni di finanziamento alle imprese a lungo termine, le
operazioni parabancarie.
pagg. 200- 224
7. I capitale di rischio e gli investitori istituzionali: i fondi di
investimento, il private equity
Pagg. 225-244
8. L’internazionalizzazione delle imprese e le principali forme di
regolamento e finanziamento nel commercio internazionale.
Pagg. 245-282
9. I finanziamenti agevolati e la creazione di nuova imprenditorialità
Pagg. 283-294
10. La valutazione del merito di credito alla luce della normativa i
Basilea 2
Pagg. 295-313
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
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CAPITOLO 5
IL MERCATO MONETARIO E FINANZIARIO.
INTERMEDIARI FINANZIARI E PRODOTTI FINANZIARI
PER IMPRESE E PRIVATI
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
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5.1 Definizioni
Un mercato finanziario è un luogo ideale nel quale sono scambiati strumenti
finanziari di varia natura a medio o lungo termine. Un mercato finanziario consente il
trasferimento del risparmio dai soggetti che lo accumulano (soprattutto le famiglie) ai
soggetti che lo richiedono (imprese e stato). Questi ultimi sono definiti "soggetti in
disavanzo finanziario" ed emettono strumenti finanziari (depositi bancari, azioni,
Buoni Ordinari del Tesoro ecc.) che cedono ai soggetti in avanzo finanziario in
cambio di moneta. Lo scambio tra strumenti finanziari e moneta consente la
redistribuzione dei rischi economici, perché vengono assunti in parte dagli acquirenti
degli strumenti finanziari. È possibile per questi ultimi cedere tali strumenti ad altri
soggetti economici, scambiandoli nei mercati appositi.
a. Tipi di mercato
Esistono quindi mercati azionari, obbligazionari, dei derivati, delle opzioni, dei
warrant, ecc. ognuno con proprie regole e proprie caratteristiche. Con riferimento alla
natura degli strumenti finanziari si distingue solitamente tra mercato creditizio,
mercato mobiliare e mercato assicurativo. Con riferimento alla durata degli stessi si
distingue tra mercato monetario e mercato dei capitali. Infine, con riferimento al
momento di emissione degli strumenti finanziari, si distingue tra mercato primario e
mercato secondario. Altre distinzioni possono essere fatte fra mercati cash e mercati
derivati, fra mercato ad asta e market maker, fra mercato fisico e mercato telematico,
fra mercato pubblico e mercato privato, fra mercato regolamentato e mercato over
the counter.
b.
Caratteristiche del mercato
Un mercato è caratterizzato da:
Regole sulle modalità di ammissione degli strumenti finanziari e degli operatori, sullo
svolgimento degli scambi;
Supervisione: spesso è attribuita alla società che organizza il mercato, che
collabora con l'autorità di controllo (in Italia è la Consob). La prima è più attrezzata
per il controllo e fa segnalazioni alla seconda.
Microstruttura: regole di dettaglio dell'operatività.
c.
Operatori che partecipano al mercato
Un mercato è il punto di incontro di tre attori diversi:
Investitori, che acquistano e vendono strumenti finanziari
emittenti
Intermediari finanziari, che facilitano gli scambi.
d.
Funzioni del mercato
I mercati hanno fondamentalmente 5 funzioni:
Finanziamento, cioè permettere agli emittenti di cercare denaro sul mercato
Pricing dei titoli: offrire in via continuativa un prezzo ai titoli
Liquidità dei titoli: offrire la possibilità di uscire dall'investimento
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
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Riduzione dei costi di transazione: la competizione spinge i mercati ad essere più
efficienti e quindi a diminuire il prezzo della transazione
Trasferimento del controllo delle spa, che avviene tipicamente con un'Offerta
Pubblica di Acquisto.
e.
Efficienza del mercato
Si distinguono tre forme di efficienza:
Tecnica: capacità di avere bassi costi di transazione
Funzionale: capacità di far incontrare domanda e offerta.
Informativa: capacità di riflettere sui prezzi tutte le informazioni disponibili. Se tutti
avessero le stesse informazioni, modalità di interpretazione e propensione al rischio
si arriverebbe a un punto deterministico, ma non è così. Un mercato efficiente deve
quindi assicurare che nessuno abbia informazioni privilegiate, per questo esistono
norme che colpiscono gli insider trading e i market abuse.
In base all'efficienza informativa, è possibile distinguere fra
Mercati con efficienza debole (in cui i prezzi riflettono solo informazioni storiche),
Mercati con efficienza semiforte (in cui i prezzi riflettono tutte le informazioni
pubbliche, anche prospettiche)
Mercati con efficienza forte (in cui i prezzi riflettono tutte le informazioni, anche
quelle private).
In sintesi nella definizione di sistema finanziario comprendiamo l’insieme
organizzato di mercati, intermediari e strumenti finanziari. Il mercato finanziario, a
sua volta, è l’insieme degli scambi finanziari che si realizzano mediante la
negoziazione degli strumenti e con l’intervento più o meno rilevante di operatori
specializzati definiti Intermediari Finanziari.
Di seguito si riporta uno schema sui mercati finanziari che si suddividono in
•
•
•
Mercati Primari e Mercati Secondari
Mercati Monetari e Mercati Finanziari
Mercati Valutari
Esaminiamo la definizione di
Mercati Primari.
Il mercato finanziario primario è il luogo dove sono trattati gli strumenti finanziari di
nuova emissione. Cioè il mercato in cui i prenditori di fondi (per esempio, le imprese
industriali o le amministrazioni centrali) raccolgono fondi emettendo strumenti
finanziari (per esempio, azioni e obbligazioni. Infatti, sono collocate nuove azioni
provenienti da un aumento di capitale o da un'offerta pubblica iniziale, obbligazioni di
nuova emissione da parte delle società o da parte del Ministero dell'Economia (nel
caso dei titoli di Stato).Praticamente sul mercato primario viene raccolta la prima
operazione di ogni specifico strumento finanziario, che passa poi a quotarsi sul
mercato finanziario secondario
Esaminiamo la definizione di
Mercati Secondari.
Il mercato finanziario secondario è il luogo dove sono trattati i titoli già in
circolazione, che vi rimangono fino alla loro eventuale scadenza.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
158
È logicamente contrapposto al mercato finanziario primario: ogni titolo nasce sul
mercato primario e dopo l'emissione e il collocamento passa al secondario, in cui gli
strumenti finanziari collocati vengono negoziati tra gli investitori (per esempio MTA,
MOT. Per questo motivo la dimensione del mercato secondario sarà chiaramente
molto maggiore. I due mercati sono logicamente contrapposti, ma trattano la stessa
merce, perciò una maggiore liquidità del secondario permette di accogliere più titoli
nel primario.
Esaminiamo la definizione di
Mercato Monetario
È definito mercato monetario l'insieme di negoziazioni aventi per oggetto strumenti
finanziari con durata inferiore ai 12-18 mesi. Esso si differenzia quindi dal mercato
dei capitali nel quale sono contrattati strumenti con scadenza superiore. La finalità di
questa parte di mercato è quella di gestire la liquidità; infatti, data la breve durata dei
contratti e la presenza di un mercato secondario, l'investitore ha la possibilità di
investire temporanee eccedenze di fondi e l'imprenditore può risolvere temporanei
fabbisogni con la possibilità di smobilitare a breve termine l'investimento (per
esempio BOT, fondi interbancari, cambiali finanziarie).
Esaminiamo la definizione di
Mercato finanziario.
E’ definito mercato finanziario quello in cui si negoziano titoli a medio e lungo
termine. Esso comprende sia i titoli di credito rappresentativi di capitali investiti nelle
imprese (azioni), sia i titoli di debito emessi dalle imprese, dal settore pubblico e dagli
altri intermediari finanziari (titoli di Stato e obbligazioni). Il mercato finanziario, e
ancor più il comparto azionario, è tipicamente un mercato secondario il cui
funzionamento ha significato economico nella misura in cui è condizione per
l’esistenza di un solido mercato primario, il quale consente alle imprese e al settore
pubblico di ottenere nuove risorse finanziarie a medio e lungo termine.
5.2
LE NORME CHE REGOLANO IL MERCATO
5.2.1. Lo schema generale e i mercati
Lo schema di funzionamento dei mercati regolamentati è un sistema complesso,
composto da istituzioni con compiti di vigilanza e società private con compiti di
gestione, che ha il fine di garantire la correttezza e la credibilità dei mercati stessi
Per comprendere il sistema e il funzionamento dei mercati finanziari italiani è
necessario conoscere i soggetti che organizzano e regolamentano i mercati stessi e
quelli preposti a vigilare sul comportamento degli operatori. Parlando di mercati si
intenderanno i mercati regolamentati; precisazione necessaria in quanto il testo unico
ha ammesso anche la possibilità della creazione di mercati non regolamentati, istituiti
nella forma di sistemi di scambi organizzati di strumenti finanziari. In merito ai
mercati regolamentati, il Testo unico della finanza (TUF) ha stabilito che l’attività di
organizzazione e gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari abbia
carattere di impresa. Le società di gestione sono quindi soggetti privati che devono
soddisfare stringenti requisiti organizzativi per ottenere l’autorizzazione ad operare.
La Consob, Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, è l’istituzione
incaricata di vigilare su tali società al fine di assicurare la trasparenza, l’ordinato
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
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svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori. Tra i suoi compiti rientra
anche quello di valutare se il regolamento che disciplina le modalità di contrattazione,
deliberato dalla società di gestione, sia conforme ai requisiti stabiliti dalla Consob
stessa. La Consob, inoltre, tiene un albo con iscritti i mercati regolamentati
riconosciuti. Tali mercati sono: il Mercato telematico azionario (MTA), il Mercato
telematico dei Securitised derivatives (SeDeX), i Mercati After Hours (TAH e TAHX),
il Mercato telematico delle obbligazioni (MOT), il Mercato Espandi, il Mercato MTAX
e il Mercato degli strumenti derivati (IDEM) gestiti dalla società Borsa Italiana S.p.A.
società nata dalla privatizzazione della Borsa Valori italiana; il Mercato all’ingrosso
dei titoli di Stato (MTS), il Mercato Bondvision e il Mercato all’ingrosso delle
obbligazioni non governative gestiti dalla società MTS S.p.A. il Mercato TLX gestito
dalla società TLX S.p.A.
Le società di gestione, al fine di essere considerate tali, devono principalmente
predisporre le strutture e fornire i servizi necessari per creare un mercato
regolamentato; devono poi adottare tutti gli atti necessari per garantire il buon
funzionamento del mercato, verificando il rispetto del regolamento da parte degli
operatori, e adottare le disposizioni e gli atti necessari a prevenire e identificare abusi
di informazioni privilegiate e manipolazioni del mercato, comunicando alla Consob le
violazioni di cui hanno notizia. Infine, devono provvedere alla gestione e alla
diffusione al pubblico delle informazioni e dei documenti di interesse generale relativi
alle contrattazioni. La Consob è quindi l’organo deputato a vigilare sulla
correttezza dei comportamenti degli operatori al fine di salvaguardare i piccoli
investitori e deve coordinare i suoi interventi con la Banca d’Italia, che, però ha
competenze di vigilanza in tema di solidità patrimoniale degli intermediari; ad essa
sono, infatti, attribuiti i compiti di stabilire le norme prudenziali in ambito di
contenimento del rischio nelle attività di investimento degli intermediari. Il TUF ha
inoltre previsto, al fine di garantire gli investitori, l’istituzione di sistemi di
compensazione e garanzia delle operazioni su strumenti finanziari. Tali sistemi
prevedono che la società gestrice del servizio assuma le posizioni contrattuali in
proprio, garantendo così i singoli dal rischio di controparte. Tale servizio è svolto
dalla società Cassa di Compensazione e Garanzia, società facente parte del gruppo
Borsa Italiana, per i contratti trattati nei mercati gestiti da Borsa Italiana e MTS. La
Cassa di Compensazione e Garanzia al fine di assicurare l’integrità dei mercati si
pone come controparte centrale e garante dell’esecuzione dei contratti. La Cassa
diviene, in pratica, controparte di ogni intermediario che immette ordini nel sistema.
Infine, a completamento del quadro, non rimane che parlare della società Monte
Titoli. La Monte Titoli, anch’essa società del gruppo Borsa Italiana, svolge
l’importante ruolo di depositario centrale dei titoli dematerializzati, gestendo i servizi
di liquidazione e regolamento.
5.2.2 . La Consob e il regolamento operativo
Nel Regolamento e nelle relative Istruzioni sono raccolte tutte le disposizioni che
disciplinano i mercati gestiti da Borsa Italiana S.p.A. e sono relative ai criteri per
l'ammissione degli strumenti finanziari alle negoziazioni, alle modalità di
negoziazione, alla partecipazione degli operatori e ai servizi strumentali alle
negoziazioni Il documento di riferimento sia per chi intende investire nei mercati di
Borsa Italiana sia per le società che intendono quotare i propri strumenti finanziari in
questi mercati, ossia il documento dove poter reperire tutte le informazioni sulle
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modalità operative di ammissione e di negoziazione degli strumenti finanziari, è
costituito dal Regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana S.p.A.
corredato dalle relative Istruzioni. Dalla data della sua prima approvazione, 4
dicembre 1998, a oggi, Regolamento e Istruzioni hanno subito numerose modifiche e
revisione, al fine di soddisfare le nuove esigenze del mercato e adattarsi ai
cambiamenti di una normativa in costante evoluzione. Il Regolamento, per ogni
mercato gestito, disciplina:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Le condizioni richieste per l’ammissione degli strumenti finanziari, stabilendo i
requisiti degli strumenti stessi e dei relativi emittenti;
Il ruolo e il compito di operatori come sponsor, specialisti e listing partner;
La procedura di ammissione;
La sospensione e la revoca dalle negoziazioni;
Gli obblighi degli emittenti, relativamente ai rapporti con altri emittenti, al Codice
di Comportamento, agli obblighi informativi e alle comunicazioni al pubblico;
La modalità di diffusione delle informazioni al mercato;
La partecipazione degli operatori alle contrattazioni;
Le modalità, le fasi e le proposte di negoziazione;
La determinazione dei prezzi;
La conclusione e la registrazione dei contratti;
I servizi strumentali alle negoziazioni, ossia i servizi di riscontro delle operazioni,
i sistemi di garanzia dei contratti e la comunicazione delle operazioni eseguite
fuori dal mercato;
La trasparenza del mercato, ovvero le informazioni che devono essere fornite al
pubblico.
5.2.3 Il Testo Unico Finanziario TUF
La norma principale del nostro ordinamento in materia di mercati e intermediari
finanziari è senza dubbio costituita dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,
Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, detto anche
semplicemente Testo unico della finanza o Tuf ovvero decreto Draghi, dal nome
dell’allora Direttore generale del Tesoro e attuale Governatore della Banca d’Italia,
padre della riforma Il Tuf rappresenta il punto di svolta della normativa italiana di
settore, poiché ha riunificato in una trattazione organica e moderna, in linea con le
direttive comunitarie, la precedente regolamentazione, frammentata in numerosi atti
normativi. Dalla sua entrata in vigore, 1° luglio 1 998, il Tuf ha subito diverse revisioni,
l’ultima delle quali risale alle modifiche introdotte dalla legge 28 dicembre 2005, n.
262, nota anche come legge sulla tutela del risparmio. Nella sua versione attuale, il
Tuf regolamentando l’attività degli intermediari disciplina gli aspetti operativi e quelli
di vigilanza relativi ai cosiddetti soggetti abilitati.
5.2.4
Gli intermediari finanziari
L’espressione intermediari finanziari indica tutti quei soggetti che si interpongo tra
investitori e mercato per l’esecuzione delle scelte finanziarie. Fino a qualche anno fa
il discorso era limitato alla distinzione tra banche e intermediari finanziari non bancari
in generale, mentre dall’approvazione del Testo unico della finanza il quadro si è
arricchito di nuovi soggetti, ognuno con proprie competenze ed ambito di operatività
ossia: le imprese di investimento, le società di gestione del risparmio (Sgr), le società
di gestione armonizzate, le società di investimento a capitale variabile (Sicav), gli
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intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del Testo unico
bancario (Decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385), ossia intermediari che
svolgono un’elevata attività finanziaria, e le banche autorizzate all’esercizio dei
servizi di investimento. Da non dimenticare poi altre due categorie di soggetti che
rientrano tra gli attori dell’intermediazione: gli agenti di cambio e i promotori
finanziari. Per imprese di investimento si intendono le società di intermediazione
mobiliare (Sim), le imprese di investimento comunitarie e le imprese di investimento
extracomunitarie e sono società autorizzate a svolgere i servizi di investimento, ossia
operazioni di negoziazione su strumenti finanziari. Le società di gestione del
risparmio, le società di gestione armonizzata e le Sicav sono i soggetti a cui è
riservata l’attività di gestione collettiva del risparmio. Il comportamento di tutti questi è
sottoposto a stringenti regole di vigilanza che hanno per scopo la trasparenza e la
correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione dei soggetti abilitati,
avendo riguardo alla tutela degli investitori e alla stabilità, alla competitività e al buon
funzionamento del sistema finanziario. La Consob con l’atto R. 11522/1998,
regolamenta l’attività dei soggetti che prestano servizi di investimento a terzi
assicurando le relative tutele ai sottoscrittori.
5.2.5 La vigilanza
La vigilanza è affidata a Banca d’Italia, competente per quanto riguarda il
contenimento del rischio e la stabilità patrimoniale e Consob, competente per quanto
riguarda la trasparenza e la correttezza dei comportamenti, che esercitano i poteri di
vigilanza ognuna sulle materie di competenza, operando, però, in modo coordinato e
dandosi reciproca comunicazione dei provvedimenti assunti e delle irregolarità
rilevate. L’attività di vigilanza di Consob e Banca d’Italia si sviluppa a tre livelli:
regolamentare, informativa e ispettiva. La vigilanza regolamentare riguarda il compito
di disciplinare con regolamento l’adeguatezza patrimoniale, il contenimento del
rischio, ossia l’obbligo di diversificare gli investimenti finanziari, l’organizzazione
amministrativa e contabile, i controlli interni, le modalità di deposito e di sub-deposito
degli strumenti finanziari e del denaro di pertinenza della clientela, i criteri e i divieti
relativi all’attività di investimento, gli schemi e le modalità di redazione dei prospetti
contabili, i criteri e le modalità per la valutazione dei beni e dei valori in cui è investito
il patrimonio, il comportamento da osservare nei rapporti con gli investitori e gli
obblighi informativi nella prestazione dei servizi. La vigilanza informativa riguarda la
possibilità da parte di Banca d’Italia e Consob di chiedere ai soggetti abilitati la
comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti. Infine, la
vigilanza ispettiva riguarda la possibilità di Banca d’Italia e Consob di effettuare
ispezioni e richiedere l’esibizione dei documenti e il compimento degli atti ritenuti
necessari presso i soggetti abilitati, comunicandosi l’un l’altra le ispezioni disposte
affinché l’altra possa chiedere accertamenti su profili di propria competenza. La
Banca d’Italia e la Consob possono inoltre chiedere alle autorità competenti di uno
Stato comunitario di effettuare accertamenti presso succursali di Sim, di Sgr e di
banche stabilite sul territorio di detto Stato. Un ultimo aspetto su cui porre
l’attenzione è il possesso, da parte dei soggetti che svolgono funzioni di
amministrazione, direzione e controllo aziendali, dei requisiti di professionalità,
onorabilità e indipendenza, stabiliti dal Ministro dell’Economia e delle Finanze. Infatti,
il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica, che viene dichiarata dal
consiglio di amministrazione.
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5.3
LA BORSA VALORI E GLI INTERMEDIARI MOBILIARI
Nell’ambito del mercato finanziario particolare rilievo assume il "mercato mobiliare"
che si caratterizza proprio per l’attitudine dei titoli negoziati alla circolazione e, quindi,
al passaggio da un soggetto economico all’altro, con il conseguente trasferimento
della titolarità del credito. La più alta espressione del mercato mobiliare è
rappresentata dalla borsa valori, ossia dal mercato organizzato e funzionante
secondo regole formali, in cui vengono scambiate azioni di società - per la cui
quotazione sono richiesti determinati requisiti - obbligazioni e altri titoli a reddito fisso.
5.3.1 Organizzazione della Borsa Valori
La Borsa è il mercato regolamentato dove si realizzano gli affari di compravendita
finanziaria, ossia è il mercato organizzato per la negoziazione e lo scambio degli
strumenti finanziari (azioni, obbligazioni e derivati) ad un determinato prezzo, che
scaturisce dall’incontro effettivo tra domanda ed offerta.
Un mercato regolamentato è l’insieme di tutte le emissioni e delle negoziazioni di
titoli rappresentativi di prestiti monetari e di finanziamenti: è un mercato mobiliare
basato su una determinata regolamentazione relativa all’organizzazione e al
funzionamento del mercato stesso. Secondo la disciplina comunitaria, un mercato
può essere considerato regolamentato se possiede specifici requisiti:
•
La regolarità di funzionamento, ossia gli scambi devono avvenire secondo
modalità predefinite, sia riguardo la fissazione del prezzo, sia riguardo il
pagamento e/o il trasferimento del bene oggetto dello scambio.
•
Il rispetto degli obblighi di trasparenza definiti dalla direttiva 93/22/CEE, oltre
all’iscrizione, da parte dell’autorità di vigilanza, dello stesso in un apposito albo
(come stabilito dalla disciplina comunitaria).
•
L’approvazione, da parte dell’organo di vigilanza, delle regole e delle condizioni
di accesso alle modalità di funzionamento.
La regolamentazione del mercato riguardo gli operatori ammessi alle transazioni, gli
strumenti trattati, gli obblighi informativi a cui sono sottoposti i soggetti operanti, il
meccanismo di determinazione del prezzo, le modalità di negoziazione, le procedure
di liquidazione, hanno come obiettivo fondamentale quello di assicurare un’uniformità
organizzativa e la standardizzazione degli strumenti utilizzati. Il mercato
regolamentato italiano per eccellenza è la Borsa Italiana S.p.A.
5.3.2 Evoluzione dei mercati regolamentati in Italia e costituzione della Borsa
Italiana s.p.a.
Attraverso la legge n. 1 del 2 gennaio 1991 è stato istituito il Consiglio di Borsa
(divenuto operativo nel febbraio 1993) con il compito di gestire il MERCATO
MOBILIARE nel suo complesso; tutte le competenze organizzative, tecniche e
consultive dei precedenti organi locali sono state accentrate nell’unico organo di
"autogoverno pubblicistico" creato, mentre l’attività di vigilanza, gestione e
organizzazione dei mercati è rimasta in capo alla CONSOB. Con il Decreto
Legislativo EUROSIM, n.415 del 23 luglio 1996, l’attività di organizzazione e gestione
dei mercati regolamentati è passata dal controllo di organismi pubblici, ad attività
d’impresa privata esercitata da società per azioni (art. 46): questo è stato il segnale
della trasformazione dei mercati regolamentati da pubblici a privati. La gestione dei
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mercati regolamentati già esistenti (Borsa valori, il Mercato Ristretto, l’IDEM, l’MTS, e
il MIF) è stata affidata a due società di gestione opportunamente costituite e
controllate da intermediari finanziari: BORSA ITALIANA S.p.A., MTS S.p.A. Il 7
febbraio 1997 il Consiglio di Borsa ha costituito, dopo approvazione della CONSOB,
una società per azioni denominata BORSA ITALIANA S.p.A. il cui azionariato è
composto da Banche, SIM, associazioni di emittenti ed altri attori del mercato, e
contemporaneamente sono state chiuse le preesistenti Borse valori sul territorio
nazionale italiano e tutti gli scambi sono stati concentrati presso la sede di Milano,
diventata Borsa valori italiana. A partire dal 1° g ennaio 1998 la Borsa Italiana S.p.A.
è divenuta una società di gestione dei mercati operativa a tutti gli effetti dal 1°
settembre 1998 e retta da uno specifico regolamento (Regolamento dei mercati
organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A.). Attualmente la Borsa Italiana S.p.A.
gestisce i mercati mobiliari italiani, svolgendo attività organizzative, produttive,
commerciali e promozionali per assicurare la competitività e lo sviluppo dei mercati
da essa gestiti, con l’obiettivo di massimizzare nel tempo la possibilità per i vari
soggetti di negoziare alle migliori condizioni di liquidità, trasparenza e competitività e
di sviluppare servizi per la comunità finanziaria, perseguendo la massima efficienza e
redditività. In particolare, svolge le seguenti funzioni:
•
Definizione dell’organizzazione e del funzionamento dei mercati, delle modalità
di accesso degli intermediari, nonché attività di vigilanza e di gestione delle
situazioni di crisi;
•
Definizione della disciplina dei requisiti per l’ammissione a quotazione, della
sospensione degli operatori e degli strumenti finanziari e revoca della stessa;
•
Gestione delle procedure e dei rapporti con gli emittenti per i contratti di
quotazione; Definizione dei profili organizzativi e stesura del codice di
comportamento dei soggetti operanti sui mercati.
Fino al 1991 l’attività di negoziazione è stata esercitata esclusivamente dagli agenti
di cambio, anno in cui sono state istituite le Società di Intermediazione Immobiliare
(SIM). Oggi, in base all’articolo 3.1.1 del Regolamento dei mercati organizzati e
gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A. "possono partecipare alle negoziazioni nei mercati
organizzati e gestiti dalla Borsa italiana:
•
gli agenti di cambio;
•
le banche nazionali, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate allo
svolgimento dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o di terzi ai sensi
del Testo Unico della finanza;
•
le imprese di investimento nazionali, comunitarie ed extracomunitarie
autorizzate allo svolgimento dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o
per conto di terzi ai sensi del Testo Unico della finanza;
•
i locals (soggetti che svolgono esclusivamente attività di negoziazione per conto
proprio e che aderiscono indirettamente agli organismi di compensazione e di
liquidazione, nonché di compensazione e garanzia) con sede legale in uno stato
comunitario ed autorizzati a negoziare su un mercato comunitario".
Sempre nel 1991 (il 25 novembre) è stato creato il sistema di contrattazione
telematico esteso, nel febbraio 1996, a tutti gli strumenti finanziari quotati. In tale
data è stato definitivamente abbandonato il tradizionale meccanismo di
contrattazione "alle grida" (o a chiamata): la contrattazione di un titolo avveniva in un
determinato momento della seduta di Borsa, durante la quale gli intermediari, intorno
ad un recinto (corbeille) gridavano i prezzi ai quali erano disposti a vendere o ad
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164
acquistare finché non si trovava una controparte che accettasse la vendita o
l’acquisto a quel determinato prezzo. Oggi tutti gli strumenti finanziari vengono
negoziati attraverso il sistema telematico della Borsa valori, costituito da una rete di
elaboratori e terminali, che permette di gestire automaticamente l’incrocio tra la
domanda e l’offerta. Per vendere ed acquistare non è più necessario recarsi in un
luogo specifico: lo scambio si perfeziona nel momento in cui una proposta di
acquisto, immessa nel sistema telematico tramite un programma elettronico
particolare, combaci con una proposta di vendita, anch’essa immessa con lo stesso
sistema. In Borsa, oggi, le transazioni si realizzano senza che i venditori e gli
acquirenti si parlino o si conoscano e visto che non ci si trova più in un luogo fisico, è
possibile riversare nello stesso istante nel sistema borsistico telematico molteplici
offerte di vendita e di acquisto, ciascuna relativa ad uno qualsiasi degli strumenti
finanziari trattati sul mercato: il programma elettronico provvede a mettere in ordine
tutte le proposte, distinguendo quelle di acquisto da quelle di vendita e incrociando
quelle coincidenti di segno opposto.
Premesso che ci sono diverse modalità per investire nel mercato di borsa:
•
Investire direttamente, prendendo le decisioni personalmente;
•
Affidarsi ad un intermediario per una gestione personalizzata dei propri risparmi;
•
Investire in fondi pensione, assicurazioni vita, affidando ai gestori tutte le scelte
e le decisioni;
L’acquisto o la vendita di azioni e più in generale di tutti gli strumenti finanziari, non
può essere fatta dal singolo investitore, o dalla generica impresa ma solo dagli
intermediari finanziari o dalle SIM autorizzate, questo al fine di garantire la massima
sicurezza e trasparenza delle transazioni.
La Borsa Italiana S.p.A. gestisce diversi mercati al fine di fornire un efficiente canale
di finanziamento adatto a tutte le tipologie di valori quotati; in linea di principio per
ogni strumento c’è un mercato diverso. Ad un primo livello, la Borsa Italiana può
essere suddivisa in CINQUE grossi segmenti:
1.
2.
3.
4.
5.
IL MERCATO AZIONARIO, nel quale si negoziano tutti i tipi di azioni, le
obbligazioni convertibili, i diritti d’opzione, i warrant, i cover warrant e i certificati
rappresentativi di quote di fondi chiusi mobiliari ed immobiliari.
IL MERCATO TELEMATICO DEI COVERED WARRANTS, nel quale si
negoziano i Covered Warrant (su azioni, titoli di Stato, tassi di interesse, valute,
indici e merci) e dei certificates quotati in Borsa.
IL MERCATO AFTER HOURS, nel quale si effettua la negoziazione di
strumenti finanziari in orari successivi alla chiusura del mercato diurno.
IL MERCATO DEL REDDITO FISSO, ossia il mercato telematico delle
obbligazioni e dei Titoli di Stato
MERCATO DEI DERIVATI, nel quale sono negoziati contratti futures e di
opzione aventi come attività sottostante strumenti finanziari, tassi di interesse,
valute, merci e relativi indici.
1: IL MERCATO AZIONARIO DI BORSA ITALIANA si articola in tre mercati: il
Mercato Telematico Azionario (Mta), il Mercato Ristretto e il Nuovo Mercato.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
165
IL MERCATO TELEMATICO AZIONARIO (MTA): è il comparto della Borsa valori
italiana in cui si negoziano azioni (ordinarie, privilegiate e di risparmio), obbligazioni
convertibili, warrant, diritti d’opzione e certificati rappresentativi di quote di fondi
mobiliari e immobiliari chiusi quotati in Borsa (art.1.3 del regolamento dei mercati
organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A.). L’Mta è gestito dalla Borsa Italiana
S.p.A. (società di gestione) secondo le norme previste nel regolamento deliberato
dall’Assemblea ordinaria della stessa società il 20 dicembre 1999 e approvato dalla
CONSOB con delibera n. 12324 del 19 gennaio 2000. Dal 1991 il mercato azionario
è divenuto un mercato telematico, e l’adozione di tale modalità di contrattazione ha
sostituito quella "alle grida", inizialmente, per una rosa ristretta di azioni,
successivamente (aprile 1994), per tutto il listino azionario. L’Mta è un mercato ad
asta, in cui le negoziazione e gli scambi degli strumenti finanziari avvengono
attraverso un meccanismo d’asta, che fa incontrare domanda ed offerta: lo scambio
si compie tra chi offre il prezzo più basso in offerta e chi offre il prezzo più alto in
domanda. I titoli sono scambiati attraverso un meccanismo a doppio lato (two side):
le offerte di prezzo vengono fatte sia dagli acquirenti che dai venditori delle azioni. Il
sistema telematico, gestito dalla SIA, visualizza le proposte di negoziazione
all’interno di un libro (book) che compare sui terminali degli operatori autorizzati. A
partire dal 2 aprile 2001, con l’avvio dell’operatività del segmento STAR, il Mercato
Telematico Azionario è stato suddiviso in base alla capitalizzazione degli strumenti
negoziati, nei seguenti segmenti:
BLUE CHIPS, è il segmento dedicato alle azioni con capitalizzazione superiore ad
un livello attualmente stabilito in 800 milioni di euro, in cui sono comprese tutte le
società inserite del Mib30 (i 30 principali titoli per capitalizzazione e liquidità), e le
società del Midex (le 25 società successive per capitalizzazione a quelle comprese
nel Mib30).
STAR, è il segmento che riguarda le aziende con capitalizzazione medio – piccola,
inferiore a 800 milioni di euro, che operano nei settori più tradizioali dell’economia;
tali aziende, per incrementare la visibilità e la qualità della propria immagine sul
mercato e rientrare nel target degli investitori istituzionali, si impegnano a soddisfare
requisiti più pressanti legati al flottante, alla trasparenza dell’informativa societaria, al
sostegno della liquidità da parte di uno specialista.
SEGMENTO DI BORSA ORDINARIO, nel quale sono presenti società che non
rientrano nei segmenti precedenti, esso è suddiviso a sua volta in due classi in
funzione della loro liquidità, misurata in termini di frequenza e controvalore medio
giornaliero degli scambi. MTF, è il segmento su cui si negoziano ETF (Exchange –
Traded Funds) e Funds (Aperti indicizzati, SICAV Indicizzate, Fondi chiusi
Immobiliari e Mobiliari).
Il MERCATO RISTRETTO: è il mercato nel quale si negoziano contratti di
compravendita relativi ad azioni, obbligazioni, warrant e diritti d’opzione con requisiti
meno stringenti rispetto a quelli previsti per l’ammissione sull’Mta o comunque legati
a condizioni particolari, come clausole di prelazione e gradimento. I titoli quotati su
tale mercato sono emessi da società di dimensione mediamente inferiore rispetto a
quelle presenti sull’Mta; esso svolge funzione di banco di prova sia per l’emittente dei
titoli sia per l’investitore. E’ stato istituito nel 1977, dopo l’approvazione della legge
n.° 49 del 23 febbraio 1977, che ne ha originariame nte disciplinato il meccanismo di
funzionamento. La sua istituzione aveva una precisa finalità: consentire la
quotazione e la negoziazione di strumenti finanziari non ancora "maturi" per essere
ammessi sulla Borsa ufficiale, pur facendo registrare numerosi scambi o essendo
legati a clausole particolare di prelazione e gradimento, tali da non consentire il
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
166
regolare svolgimento delle negoziazioni di Borsa. In realtà oggi il Mercato Ristretto
non rispecchia le finalità previste dal legislatore e dell’originale previsione mantiene
solamente le regole di funzionamento e i requisiti di ammissione semplificati rispetto
agli altri mercati.
IL NUOVO MERCATO: è il mercato regolamentato organizzato e gestito dalla Borsa
Italiana S.p.A., in cui si negoziano, per qualsiasi quantitativo, azioni ordinarie,
obbligazioni convertibili, warrants e diritto d’opzione di emittenti nazionali ed esteri
con elevate potenzialità di crescita operanti sia in settori innovativi, sia tradizionali
purchè caratterizzate da innovazioni di prodotto, servizio o processo ("high growth
companies"). Il Nuovo Mercato è stato costituito nel maggio del 1999 al fine di creare
un segmento borsistico per rispondere alle specifiche esigenze di finanziamento
delle imprese operanti in settori molto dinamici, innovativi e ad alto potenziale di
sviluppo. Si tratta di imprese operanti in settori ad alto sviluppo tecnologico, di
imprese operanti in settori "tradizionali" ma che puntano sull’innovatività dei processi
e dei prodotti, società giovani (start – up) che necessitano di capitali per sviluppare i
propri progetti, società già quotate su altri mercati esteri che desiderano allargare la
propria base azionaria. I requisiti di ammissione al Nuovo Mercato sono meno
stringenti rispetto a quelli del listino principale; basta la pubblicazione ed il deposito di
un solo bilancio d’esercizio, senza nessun vincolo minimo di utile, fatturato o
dimensione dell’attivo; offerta minima pari al 20% del capitale, con deroga in caso di
doppia quotazione (quotazione su 2 o più mercati); l’offerta minima di azioni deve
avere un controvalore di almeno 5 milioni di euro (quasi 10 miliardi di lire); patrimonio
netto non inferiore a 1,5 milioni di euro. Al Nuovo Mercato generalmente si rivolgono
sia società già esistenti e che hanno progetti di espansione, sia società che hanno da
poco iniziato l’attività con delle idee da finanziare, ma fatturati ridotti (anche se con
forti prospettive di crescita) e forti perdite (legate al sostenimento dei costi di avvio
dell’attività). Dal punto di vista operativo il Nuovo Mercato segue gli stessi orari e
procedure di negoziazione del segmento principale di borsa, solamente che a
differenza di questo non esistono lotti minimi di negoziazione: è possibile acquistare
o vendere anche una sola azione, questo allo scopo di facilitare la partecipazione
agli investimenti anche al piccolo risparmiatore. In tal senso il Nuovo Mercato offre
vantaggi sia alle aziende, le quali hanno una procedura di quotazione più semplice,
sia agli investitori, i quali hanno la possibilità di impegnare somme di denaro anche
contenute con le stesse garanzie di trasparenza che caratterizza la borsa
tradizionale.
2. IL MERCATO TELEMATICO DEI COVERED WARRANTS è il comparto della
Borsa valori italiana sul quale sono negoziati covered warrants (su azioni, titoli di
stato, tassi d’interesse, valute, indici e merci) e Certificates quotati in Borsa, per
quantitativi minimi (lotto minimo) o loro multipli. Esso è un mercato ad asta, in cui la
negoziazione e lo scambio degli strumenti finanziari avvengono attraverso un
meccanismo d’asta, che fa incontrare domanda ed offerta: lo scambio si effettua tra
chi offre il prezzo più basso in offerta e chi offre il prezzo più alto in domanda. Con lo
scopo ultimo di rendere più facilmente consultabile il listino dei covered warrant è
stata introdotta una segmentazione che, pur non avendo nessuna differenza nelle
modalità di negoziazione, ripartisce gli strumenti in classi omogenee per tipologia di
struttura: segmento plain vanilla, benchmark, certificates e segmento
strutturati/esotici. Possono essere ammessi a quotazione sul MCW (in base
all’art.2.2.15 del Regolamento dei mercati organizzati) i covered warrant emessi da:
società o enti nazionali o esteri sottoposti a vigilanza prudenziale; Stati o enti
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
167
sovranazionali; società o enti per i quali i rapporti obbligatori connessi all’emissione
siano garantiti da un soggetto (garante) che presenti i requisiti specificati nello stesso
regolamento.
3. IL MERCATO AFTER HOURS
Dal 15 maggio 2000 la Borsa italiana ha dato vita ad una fase di negoziazione serale
(Trading After Hours, TAH); questa ha inizio alle ore 18.00 (30 minuti dopo la
conclusione della fase diurna) e termina alle 20.30 ( a regime, vi sarà l’estensione di
tale orario fino alle 22.00). Attualmente, in tale mercato sono negoziati solo una parte
dei titoli quotati alla Borsa italiana e soprattutto solo quelli più liquidi, cioè quelli che
fanno parte dell’indice Mib30 e del Midex, ed alcune azioni e covered warrant del
Nuovo Mercato. La negoziazione degli strumenti finanziari avviene attraverso un
meccanismo ad asta, che fa incontrare domanda ed offerta: lo scambio ha luogo tra
chi offre il prezzo più basso in offerta e chi offre il prezzo più alto in domanda. Il
progetto della Borsa serale è stato creato sulla base delle nuove esigenze espresse
dagli investitori italiani e stranieri ed ha incontrato anche il consenso degli
intermediari che possono così ampliare l’offerta dei servizi a risparmiatori ed
investitori. Tuttavia la fase serale della Borsa italiana presenta vincoli più restrittivi
rispetto a quelli in vigore durante la fase diurna: visto l’aspetto ancora sperimentale di
questo mercato e i timori di illiquidità degli scambi (scarsità delle proposte di acquisto
e vendita possono causare un’elevata volatilità dei prezzi) la Borsa italiana ha deciso
di fissare a +/- 3,5% l’oscillazione massima dei prezzi di contrattazione al prezzo di
riferimento registrato durante la fase diurna che fa scattare la sospensione del titolo.
Tale vincolo, nonostante sia posto a protezione del risparmiatore, ha limitato il
successo di questo mercato in quanto oscillazioni troppo limitate dei prezzi
costituiscono un vero e proprio freno all’operatività dei trader.
4. IL MERCATO DEL REDDITO FISSO
Il Mercato Telematico delle Obbligazioni e dei Titoli di Stato (MOT) è il comparto
della Borsa Italiana S.p.A. in cui si negoziano obbligazioni diverse dalle obbligazioni
convertibili e Titoli di Stato, in quantitativi minimi (lotti minimi) o lo multipli (art.4.4.1
del regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A.); la Borsa
Italiana stabilisce i quantitativi minimi negoziabili bilanciando, le esigenze di
funzionalità del mercato, l’agevolazione all’accesso al mercato stesso da parte degli
investitori istituzionali e l’economicità nell’esecuzione degli ordini. Il MOT è un
mercato finanziario al dettaglio, nato nel luglio del 1994 dall’unificazione in un unico
mercato telematico delle 10 borse valori italiane. Esso è un mercato ad asta, in cui il
sistema di negoziazione è strutturato in maniera da accoppiare gli ordini sulla base
del prezzo (la priorità è data a chi è disposto a pagare di più) e delle quantità e, a
parità di prezzo, si da la precedenza all’ordine emesso per primo. Le transazioni
scaturiscono dall’incrocio di proposte di negoziazioni (PDN); le PDN sono ordinate
automaticamente per ciascun strumento in ordine di prezzo, decrescente se in
acquisto e crescente se in vendita. Gli strumenti finanziari negoziati sul MOT sono
suddivisi in quattro segmenti di mercato, in base alla natura dell’emittente e del tipo
di interesse:
•
BOT, BTP, CTE, CTZ;
•
CCT e CTO;
•
Obbligazioni denominate in euro;
•
Obbligazioni denominate in altre valute estere.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
168
Inoltre, l’art.4.4.2 del Regolamento stabilisce una ulteriore ripartizione degli strumenti
di ogni segmento sulla base di indicatori rilevati periodicamente quali il tipo, valore
nominale e la liquidità. Gli orari di negoziazione sono diversi per ciascun segmento:
la Borsa stabilisce limiti alle variazioni massime di prezzo e altre condizioni per
assicurare il massimo ordine nello svolgimento delle negoziazioni. Inoltre queste
avvengono in due fasi successive:
L’asta di apertura, che ha l’obiettivo di selezionare gli strumenti finanziari negoziabili
e di determinare un prezzo iniziale (prezzo di apertura). La negoziazione in continua,
che ha il compito di rendere rapido ed efficiente lo svolgimento delle transazioni.
Ogni giorno la Borsa Italiana invia e diffonde, tramite supporto informatico, il Listino
Ufficiale.
5.
MERCATO DEI DERIVATI
Il Mercato Italiano dei derivati si suddivide in due segmenti:
Il Mercato Italiano dei Derivati Azionari (IDEM – Italian Derivatives Market) Il
Mercato Italiano dei Derivati sui tassi di Interesse (MIF)
L’IDEM è il mercato regolamentato gestito dalla Borsa Italiana S.p.A., in cui vengono
negoziati contratti futures e contratti d’opzione che hanno come attività sottostante
indici e singoli titoli azionari. L’IDEM è nato il 28 novembre 1994, con l’avvio delle
negoziazioni telematiche sul FIB 30 (future sull’indice MIB30). Le modalità di
negoziazione avvengono in un’unica fase "in continua", dalle 9.15 alle 17.40, in cui
avviene anche la conclusione dei contratti. Le proposte di negoziazione sono
immesse nel "book" in forma anonima e devono contenere specifiche informazioni
circa lo strumento oggetto della negoziazione, la quantità , il tipo di operazione, il tipo
di conto e le condizioni offerte. Caratteristica principale di questo mercato è che gli
scambi possono essere effettuati attraverso la presenza di operatori chiamati
"market makers" (iscritti nell’apposito albo), al fine ultimo di garantire la liquidità degli
strumenti negoziati. Essi, infatti, sono degli intermediari finanziari che si impegnano a
fornire in via continuativa proposte di acquisto e vendita su uno o più strumenti
finanziari, quotati sui mercati regolamentati, per un ammontare minimo fissato di tali
strumenti. Un investitore che desidera operare sugli strumenti finanziari negoziati
sull’IDEM deve rivolgersi ad un intermediario, che confermi la sua adesione come
clearing member alla Cassa di Compensazione e Garanzia; in particolare i soggetti
abilitati ad operare sull’IDEM sono:
•
Imprese d’investimento: SIM e imprese d’investimento comunitarie ed extracomunitarie; Banche, se autorizzate dalla Banca d’Italia;
•
Agenti di cambio ancora in carica, operanti solo come broker, immettendo ordini
solo per i loro clienti e non propri.
I contratti conclusi sono registrati in un apposito archivio elettronico, indicando una
serie di informazioni (numero progressivo del contratto, l’ora di inserimento della
proposta, la quantità e il prezzo unitario ecc.): tali informazioni sono inviate
automaticamente dal sistema di riscontro e rettifica giornalieri al sistema di
compensazione e garanzia.
Il Mercato Italiano dei Derivati sui tassi di interesse (MIF), è il mercato
regolamentato sul quale si negoziano i futures e le opzioni aventi come attività
sottostante Titoli di Stato e tassi di interesse (future sul BTP a 10 anni, future sul BTP
a 30 anni, future sul tasso EURIBOR a 1 mese e opzione sul BTP future). Il MIF è
stato istituito il 18 febbraio 1992 con un decreto del Ministero del Tesoro, abrogato e
sostituito dal nuovo decreto del 24 febbraio 1994 con il quale si è sancita una
convenzione per il funzionamento e si è costituito un Comitato di Gestione. A seguito
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
169
della privatizzazione dei mercati avvenuta con il decreto legislativo del 23 luglio
1996, nell’anno 1997 è stata costituita la società per azioni MIF S.p.A. , ceduta alla
Borsa Italiana S.p.A. nel maggio del 1998. Il funzionamento, l’organizzazione e la
gestione del MIF sono disciplinati da un Regolamento che stabilisce:
•
Le condizioni di ammissione;
•
L’esclusione e la sospensione dei contratti e degli operatori;
•
Le modalità di svolgimento delle negoziazioni,
•
Gli obblighi degli operatori;
•
La pubblicazione e la diffusione delle informazioni.
In base all’articolo 3.1.1 del Regolamento del MIF si stabilisce che possono
partecipare alle negoziazioni: Gli agenti di cambio autorizzati alla negoziazione per
conto terzi (Testo Unico della Finanza); Le banche nazionali, comunitarie, ed
extracomunitarie autorizzate allo svolgimento dell’attività di negoziazione per conto
proprio e/o per conto terzi (Testo Unico della finanza); Le imprese di investimento
nazionali, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate allo svolgimento dell’attività di
negoziazione per conto proprio e/o per conto terzi (Testo Unico della Finanza);
I locals, con sede legale in uno stato comunitario ed autorizzati a negoziare su un
mercato comunitario;
La Banca d’Italia, ammessa di diritto alle negoziazioni.
Dal prossimo mese di ottobre 2007 dovrebbe partire un nuovo mercato denominato
Mercato Alternativo dei Capitali (MAC) destinato ad agevolare l’accesso dei
capitali di rischio da parte delle PMI italiane.
Ad agosto 2007 è stata poi annunciata l’operazione di fusione fra la società di
gestione della Borsa Italiana (BORSA SPA )con quella della Borsa di Londra; tale
operazione darà al più grande mercato borsistico europeo .
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
170
5.4 GLI INTERMEDIARI FINANZIARI
5.4.1 Inquadramento generale
Dopo il quadro normativo occorre ricordare che sotto l’aspetto funzionale , il sistema
finanziario assolve a tre compiti di natura
1. Monetaria: attraverso la creazione e la movimentazione dei mezzi di
pagamento;
2. Creditizia: attraverso il trasferimento delle risorse finanziarie dalle unità
economiche in avanzo finanziario a quelle in disavanzo;
3. di politica monetaria attraverso la trasmissione della politica economica
Analizzeremo ora in particolare i principali intermediari finanziari presenti sul
mercato effettuando una distinzione “grossolana” in funzione dell’attività svolta .
A
intermediari abilitati ad offrire servizi d'investimento a privati e persone
giuridiche: (per servizi di investimento si intende l’offerta di prodotti finanziari a
terzi al fine di raccogliere disponibilità finanziarie)
•
società di intermediazione mobiliare (sim) italiane: possono essere autorizzate
dalla Consob ad offrire tutti i servizi di investimento. Una verifica può essere
fatta nella sezione Intermediari del sito Consob; E' previsto dall'art. 20 del d.lgs. n.
58/1998 e contiene:- elenco Simm; sezione imprese extracomunitarie; e sezione speciale
società fiduciarie All'albo è allegato l'elenco delle imprese di investimento comunitarie:- con
succursale in Italia e- senza succursale
banche italiane: possono essere autorizzate dalla Banca d'Italia ad offrire tutti i
servizi di investimento;
società di gestione del risparmio (sgr) italiane: possono essere autorizzate dalla
Banca d'Italia all'esercizio dell'attività di gestione individuale di patrimoni; la
verifica può essere fatta sul sito della banca d’italia sezione Funzioni di
Vigilanza;
intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'art. 107 del Testo Unico
bancario e tenuto dalla Banca d'Italia: possono essere autorizzati solo alla
negoziazione in conto proprio di strumenti finanziari derivati e al collocamento
banche di paesi comunitari: possono offrire i servizi per i quali sono state
autorizzate dall'autorità di vigilanza del paese d'origine; la verifica può essere
fatta presso gli uffici della Banca d'Italia;
imprese di investimento di paesi comunitari: possono offrire i servizi per i
quali sono state autorizzate dall'autorità di vigilanza del paese d'origine; la
verifica può esser fatta nella sezione Intermediari del sito Consob;
banche extracomunitarie: possono essere autorizzate dalla Banca d'Italia ad
offrire tutti i servizi di investimento; la verifica può essere fatta presso gli uffici
della Banca d'Italia;
agenti di cambio iscritti nel ruolo unico nazionale tenuto dal Ministero del
tesoro: possono svolgere l'attività di negoziazione per conto terzi, collocamento,
gestione individuale e ricezione e trasmissione di ordini nonchè mediazione; la
verifica può essere fatta presso il Ministero del tesoro
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
171
I soggetti abilitati operano normalmente presso le loro sedi e dipendenze, dove il
risparmiatore si reca per effettuare investimenti. A volte, però, la promozione ed il
collocamento di servizi di investimento o prodotti finanziari viene svolta "fuori sede",e
quindi anche presso il domicilio del risparmiatore. Il nostro ordinamento ha ritenuto
che in questi casi il risparmiatore deve essere particolarmente tutelato, prevedendo
che:
•
•
i soggetti abilitati si avvalgono di promotori finanziari, iscritti, dopo aver superato
un esame, in un albo tenuto dalla Consob consultabile nella sezione
"Intermediari " del sito, dove il risparmiatore può verificare l'effettiva iscrizione
del promotore;
il risparmiatore ha 7 giorni di tempo dalla sottoscrizione per esercitare la facoltà
di ripensamento e recedere dal contratto senza spese.
Nel parlare di servizi d’investimento si focalizza l’attenzione su soggetti che
intendono investire le loro attività finanziarie . Poiché nella decisione d’investimento
entrano in gioco sia fattori oggettivi che soggettivi standardizzare è difficile per cui è
opportuno capire quali fattori vanno tenuti presenti nella scelta di un investimento .
B
intermediari abilitati ad offrire altri servizi finanziari
In questa categoria rientrano tutti gli intermediari finanziari che possono esercitare:
le seguenti attività previste dall’art. 106 del T.U.:
–
assunzione di partecipazioni;
–
concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma;
–
prestazione di servizi di pagamento (carte di credito)
–
intermediazione in cambi;
–
soggetti che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di concessione di
finanziamenti nei confronti del pubblico nella forma del rilascio di garanzie
tutto svolto con le caratteristiche professionali
In realtà gli intermediari creditizi veri e propri sono quelli orientati al margine da
interesse per cui troviamo banche, soc. di credito al consumo,di leasing,di factoring,
mentre altri intermediari orientati alle commissioni ma che svolgono attività creditizia
sono emittenti carte ,confidi, merchant bank
C
intermediari abilitati ad offrire servizi monetari e di pagamento
L’art. 114-bis del Testo unico bancario ha riservato l’emissione della moneta
elettronica alle banche e agli IMEL, prevedendo per questi ultimi una specifica
disciplina. Essa è volta a favorire lo sviluppo della moneta elettronica, attraverso
l’introduzione di un quadro normativo neutro rispetto alle soluzioni tecnologiche
prescelte per la sua realizzazione, e a preservare l’affidabilità degli IMEL attraverso
l’adozione di un regime di vigilanza prudenziale calibrato sulle specificità di tali
intermediari e ispirato al paradigma della sana e prudente gestione. L’IMEL esercita
in via esclusiva l’attività di emissione della moneta elettronica attraverso la
trasformazione immediata delle somme ricevute in moneta elettronica. In relazione
all’esercizio di tale attività, l’IMEL cura altresì la gestione degli investimenti consentiti
a fronte della moneta elettronica emessa. L’IMEL può, inoltre, svolgere attività
connesse e strumentali a quella principale nonché prestare taluni servizi di
pagamento; ad esso è comunque preclusa la concessione di crediti sotto qualsiasi
forma. La moneta elettronica è un valore monetario rappresentato da un credito nei
confronti dell’emittente, memorizzato su un dispositivo elettronico; essa rappresenta
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
172
uno strumento di pagamento accettato come mezzo di pagamento da soggetti diversi
dall’emittente. La moneta elettronica è emessa previa ricezione di somme di valore
non inferiore al valore monetario emesso. La ricezione di fondi connessa
all’emissione di moneta elettronica non integra la fattispecie della raccolta del
risparmio tra il pubblico. Le somme ricevute dall’IMEL a fronte della moneta
elettronica emessa non costituiscono depositi della clientela;su di esse, pertanto, non
sono corrisposti interessi e le stesse non sono coperte dai sistemi di garanzia dei
depositi. Ulteriore caratteristica della moneta elettronica è il riconoscimento al
detentore del diritto al rimborso della parte di essa non utilizzata. Il rimborso deve
essere effettuato al valore nominale in moneta legale ovvero mediante versamento
su un conto bancario, senza applicazione di ulteriori oneri e spese, fatta eccezione
per quelli strettamente necessari per l’effettuazione dell’operazione. L’IMEL può
prevedere che siano esclusi rimborsi per importi inferiori a 5 euro. La moneta
elettronica si distingue sia dagli strumenti di accesso a distanza a depositi bancari sia
da altri strumenti di pagamento, quali le carte di credito nonché le carte prepagate
emesse da fornitori di beni e servizi e utilizzabili esclusivamente presso gli stessi. La
moneta elettronica può avere caratteristiche tecniche e di funzionamento diverse,
quali ad esempio: dispositivi basati sull’utilizzo di un supporto fisico o su software;
strumenti nominativi o anonimi; ricaricabili o meno. Un caso particolarmente
interessante è quello di MOBILMAT spa , primo operatore IMEL in Italia che emette
carte prepagate ricaricabili.
5.4.2 I Principi base per l’investimento di attività finanziarie
In materia di risparmio e investimenti occorre tener sempre a mente tre criteri
fondamentali: liquidità, sicurezza e rendimento.
Naturalmente, l’ideale sarebbe poter conseguire risultati positivi per ciascuno di
questi tre fattori, vale a dire ottenere redditi elevati in assoluta sicurezza potendo
contare su una disponibilità costante. In realtà questi tre obiettivi sono inversamente
proporzionali. Infatti, una maggiore sicurezza va a scapito del rendimento, mentre un
rendimento più elevato richiede un compromesso in termini di durata e sicurezza.
Solo con una strategia di investimento equilibrata i tre fattori sono equamente ripartiti
a seconda della propensione al rischio dell’investitore e delle aspettative di
rendimento.
Investimenti e rischi
Chi auspica un reddito elevato deve essere necessariamente disposto ad accettare
maggiori rischi. L’andamento di un investimento è strettamente correlato
all’orientamento specifico dell’investimento. I rischi maggiori si corrono investendo in
azioni o in valute estere. Per superare indenni eventuali oscillazioni dei corsi, gli
investitori devono puntare a un orizzonte temporale pluriennale. Man mano che
aumenta la durata dell’investimento si riduce, ma non si esclude, il rischio di perdita.
Infine occorre tener presente che i rendimenti passati non sono garanzia di
rendimenti futuri
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173
.
La figura riportata qui sopra illustra chiaramente il conflitto esistente tra rischio
(sicurezza) e rendimento (redditività). È fondamentale sapere che il potenziale di
rendimento è direttamente proporzionale al rischio.
Rischio e rendimento
Non tutte le soluzioni di investimento sono indicate in uguale misura per gli investitori
privati. Conoscere la propria propensione al rischio rappresenta un presupposto
assolutamente imprescindibile.
Individuare la strategia di investimento ideale non è per niente facile. Un boom delle
borse determina una maggiore propensione al rischio, mentre in una fase di
stagnazione si propende verso investimenti sicuri. Per definire il proprio profilo di
investimento e la propria propensione al rischio occorre porsi domande mirate e
successivamente discuterne con il consulente o con l’intermediario finanziario.
Al fine di garantire il privato dopo i vari fatti accaduti anche eclatanti come Parmalat e
Cirio l’ABI (Associazione bancaria Italiana) ha promosso l’iniziativa “ Patti Chiari” .
Tali norme di comportamento, poi adottate da tutti gli operatori prevedono che gli
intermediari attraverso una intervista del cliente devono definire il profilo di rischio del
cliente e monitorarlo nel tempo. Questo per tutelare il cliente da potenziali operazioni
pericolose per il suo profilo .
:
Profili
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174
Obiettivo
d’investimento
Sicurezza
Descrizione
Investimenti del
mercato monetario e
obbligazioni; quota
azionaria nulla
Finalità
Profilo di
rischio
Mantenimento del valore con Rischio
reddito regolare
minimo
Mantenimento del valore con
In prevalenza
reddito regolare e
Reddito
obbligazioni; quota
incremento del valore
azionaria ridotta
attraverso una quota
azionaria ridotta
Mantenimento del valore con
Composizione del
reddito regolare e
Equilibrio
portafoglio equilibrata incremento del valore
tra azioni e obbligazioni attraverso una modesta
quota azionaria
Incremento del valore a
In prevalenza azioni;
lungo termine attraverso una
Crescita
quota obbligazionaria
quota azionaria superiore
ridotta
alla media
Incremento del valore a
In prevalenza azioni;
lungo termine attraverso una
Utile di capitale quota obbligazionaria
quota azionaria molto
nulla
elevata
Rischio
ridotto
Rischio
medio
Rischio
superiore
alla media
Rischio
elevato
Strategia di investimento
La strategia di investimento determina la diversificazione, vale a dire la ripartizione
dell’investimento tra diverse categorie.
Un portafoglio diversificato ha come obiettivo quello di ottimizzare il rapporto tra
rischio e rendimento, ripartendo l’intero capitale investito su diverse classi di attività e
singoli titoli:
•
Ripartizione tra diversi strumenti di investimento quali azioni, obbligazioni, titoli
del mercato monetario ecc.
•
Ripartizione tra diverse imprese, settori e Paesi
•
Ripartizione in base alla valuta
Gli investimenti in azioni di società differenti saranno caratterizzati da una maggiore
stabilità a livello dei corsi rispetto a quelli in azioni emesse da un’unica azienda. In tal
modo il rischio specifico (o non sistematico) di un titolo si riduce.
Altri fattori determinanti nella scelta della strategia di investimento sono la tolleranza
al rischio, la durata dell’investimento, la fase della vita in cui si trova l’investitore e la
sua situazione patrimoniale:
Tolleranza al rischio
In che misura si è disposti a correre un rischio? La tolleranza al rischio è determinata
da due fattori che influiscono sulla scelta della strategia di investimento:
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
175
Capacità di rischio
Propensione al rischio
La capacità di rischio è determinata da La propensione al rischio è determinata da
criteri soggettivi. Ponetevi le seguenti
criteri oggettivi. Ponetevi le seguenti
domande:
domande:
Avrò bisogno del denaro nei prossimi 10 Sono disposto ad accettare consistenti
anni?
oscillazioni dei corsi?
Devo utilizzare il denaro per la
Seguo attivamente l’andamento
previdenza di vecchiaia?
dell’economia?
Quali sono le mie esperienze nell’ambito
delle operazioni su titoli?
A seconda della tolleranza al rischio esiste un’adeguata strategia di investimento:
Tolleranza al rischio elevata
Tolleranza al rischio ridotta
Strategia di investimento aggressiva:
Strategia di investimento difensiva:
Orizzonte temporale: 5-10 anni
Orizzonte temporale: 3-5 anni
Oscillazioni di valore elevate nel breve
Oscillazioni di valore contenute nel
periodo
breve periodo
Redditi complessivi superiori alla media nel Redditi complessivi più contenuti nel
lungo periodo
lungo periodo
Durata dell’investimento
Più lungo è l’orizzonte temporale, maggiore è la probabilità di raggiungere i propri
obiettivi di rendimento. Optando per un investimento con un orizzonte piuttosto lungo
è possibile far fronte a rischi più elevati sotto forma di oscillazioni dei corsi. Si
corrono rischi elevati soprattutto scegliendo investimenti in azioni e in valute estere.
Poiché le variazioni dei corsi possono determinare anche cadute, per gli investimenti
più rischiosi gli investitori devono optare per un orizzonte temporale piuttosto lungo.
Da alcuni studi è emerso che gli investitori che scelgono soluzioni rischiose con un
orizzonte temporale di oltre 8 anni vengono poi ricompensati con rendimenti superiori
alla media.
Fase della vita
L’evoluzione finanziaria può essere suddivisa in tre fasi:
La prima fase è caratterizzata dalla costituzione del patrimonio; famiglia e carriera
svolgono un ruolo fondamentale.
La fase successiva è segnata dall’incremento del patrimonio; spesso si acquista la
casa dei propri sogni e si prendono importanti decisioni a livello professionale.
Durante la terza fase svolgono un ruolo di primo piano la pianificazione previdenziale
e successoria nonché strategie di investimento mirate al mantenimento del valore del
patrimonio accumulato.
In tutte e tre le fasi le persone tendono a prendere decisioni in numerosi ambiti: dalle
imposte agli investimenti patrimoniali, dalla carriera al finanziamento della proprietà
d’abitazione, dalla costituzione di un’impresa all’educazione dei figli, senza
tralasciare la pianificazione previdenziale, le assicurazioni, l’eredità, la pianificazione
successoria, ecc.
Situazione patrimoniale
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
176
La scelta della strategia di investimento è legata anche alla propria situazione
finanziaria presente e futura, in base alla quale si opta per la forma di investimento
ideale (azioni, fondi, ecc.). È opportuno porsi le seguenti domande:
Quali saranno la mia situazione patrimoniale e il mio reddito tra 3, 5 o 10 anni?
Si prospettano spese ingenti o si prevede l’acquisto di una casa?
Nel caso di una coppia in cui entrambe i partner percepiscono un reddito, esiste la
possibilità che uno dei due abbandoni o riduca (provvisoriamente) l’attività lucrativa?
Sono previste donazioni o eredità che potrebbero migliorare sensibilmente la
situazione patrimoniale? Esiste una copertura assicurativa adeguata per i rischi
d’invalidità e di decesso? In che modo influisce sul reddito e sul patrimonio?
Scegliere la strategia di investimento ideale non è affatto semplice. È una decisione
che andrebbe analizzata e discussa con uno specialista del settore.
5.5 Gli strumenti finanziari destinati agli investitori
Ai sensi del d. lgs. 58/98 per "strumenti finanziari" si intendono:
a) azioni e altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei
capitali;
b) obbligazioni, titoli di Stato e altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali;
c) quote di organismi di investimento collettivo (ossia quote di fondi comuni
d'investimento);
d) titoli normalmente negoziati sul mercato monetario;
e) qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli strumenti
indicati nelle precedenti lettere, e i relativi indici;
f) contratti "futures" su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e
sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di
differenziali in contanti;
g) contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su
merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga
attraverso il pagamento di differenziali in contanti;
h) contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi d'interesse, a valute, a
merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento
di differenziali in contanti;
i) contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti
lettere e i relativi indici, nonché contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su
merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il
pagamento di differenziali in contanti; j) combinazioni di contratti o di titoli indicati
nelle precedenti lettere.
In realtà quanto sopra previsto è possibile classificare in quattro segmenti principali :
A.
B.
C.
D.
le azioni;
le obbligazioni e i titoli di stato
I fondi comuni e Sicav
i contratti derivati come futures, swaps, opzioni
A
Azioni
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
177
Le azioni rappresentano il capitale sociale della società. Il capitale che i soci versano
per costituire una società viene diviso per il valore nominale o di emissione
dell'azione così da determinare il numero di azioni in circolazione. Il valore di
emissione non coincide con il valore di borsa, il quale è determinato dall'incontro
della domanda e dell'offerta di mercato che si ha su quel titolo. Il valore contabile di
una azione si determina dividendo il patrimonio netto della società per il numero
totale delle azioni in circolazione. Le azioni danno diritto (a chi le possiede) di
partecipare alla divisione degli utili aziendali; è il consiglio di amministrazione a
deliberare l'ammontare di utili da distribuire sotto forma di dividendi agli azionisti della
società. All'azionista, in quanto portatore di capitale di rischio, non è assicurata
alcuna distribuzione di utili, la quale dipende dall'andamento economico/finanziario
della società e dalla volontà degli stessi amministratori. Per questo motivo le azioni
sono considerate titoli a reddito variabile perché non garantiscono una
remunerazione uguale e costante nel tempo. Ci sono diverse categorie di azioni,
ognuna delle quali si differenzia dalle altre per i diritti (patrimoniali e amministrativi) e
per i doveri ai quali l'azionista è tenuto ad attenersi. Si possono infatti
riconoscere molteplici tipologie di azioni che possono essere emesse da una società
quotata in borsa:1. Azioni ordinarie 2. Azioni di risparmio 3. Azioni
Azioni ordinarie
Le azioni ordinarie rappresentano la forma più tradizionale per partecipare al capitale
dell'azienda. Le società quotate devono avere almeno il 50% del proprio capitale
rappresentato da azioni ordinarie; nel caso in cui si scendesse al di sotto di tale
soglia, si devono subito ripristinare gli equilibri, pena la chiusura della società. Oltre
ai diritti patrimoniali di partecipare alla divisione degli utili ed alla liquidazione del
capitale della società, chi possiede azioni ordinarie ha dei diritti amministrativi come
la partecipazione e il diritto di voto alle assemblee ordinarie e straordinarie per la
nomina degli amministratori, l'approvazione del bilancio, gli aumenti di capitale, le
modifiche allo statuto della società e l'eventuale scioglimento della stessa. Ogni
azione ordinaria da diritto ad un voto ma non esistono azioni con diritto di voto
plurimo. In sostanza, le azioni ordinarie sono quelle che permettono di intervenire
direttamente nella gestione della società, per questo motivo, nell'ottica di una scalata
al capitale di una società, si devono acquistare sul mercato tali azioni nella misura
del 50% più una consentendone il controllo
Azioni di risparmio
Le azioni di risparmio possono essere emesse solamente da società quotate in
borsa. Insieme alle azioni privilegiate non possono rappresentare più del 50% del
capitale sociale; se l'ammontare delle azioni di risparmio e privilegiate dovesse
superare tale limite, questo dovrebbe essere ristabilito entro due anni mediante
emissione di azioni ordinarie da attribuire ai possessori di azioni ordinarie. La
società si scioglie se il rapporto fra azioni ordinarie e azioni senza voto o con voto
limitato non è ristabilito entro i termini predetti. La caratteristica delle azioni di
risparmio è quella di avere maggiori diritti patrimoniali a scapito di quelli
amministrativi. Infatti, chi possiede azioni di risparmio ha il diritto di un dividendo
minimo garantito del 5% (o almeno del 2% in più rispetto alle ordinarie) e, nel caso in
cui non si verificassero utili nell'esercizio, è previsto il diritto di cumulo nell'anno
seguente. E' anche vero che i possessori di questo titolo azionario non hanno il diritto
di voto nelle assemblee ordinarie o straordinarie, quindi non possono partecipano
attivamente alla gestione della società se non tramite un loro rappresentante che può
assistere alle assemblee. Le azioni di risparmio possono essere al portatore purché
siano interamente liberate.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
178
Azioni privilegiate
Le azioni privilegiate garantiscono il diritto di voto alle assemblee straordinarie della
società, ma non garantiscono lo stesso diritto nelle assemblee ordinarie. Ogni
singola azione rappresenta un voto. La limitazione dei diritti amministrativi si traduce
in una maggiorazione dei diritti patrimoniali anche se inferiori a quelli riservati ai
possessori di azioni di risparmio. Infatti, chi detiene azioni privilegiate, nel momento
di spartizione dei dividendi ha il diritto di ricevere almeno il 2% del valore nominale e,
nel caso in cui non si verificassero utili, è previsto il diritto di cumulo per l'anno
seguente. Le azioni privilegiate sono nominative come le azioni ordinarie; questa
tipologia di azioni è ormai in disuso e la tendenza è di convertirle in ordinarie.
Azioni postergate
Le azioni postergate si differenziano dalle altre tipologie di azioni in quanto
prevedono delle limitazioni sia nei diritti economici e patrimoniali che nel diritto di
voto. Questo tipo di azioni non è ammesso alle contrattazioni di borsa ed inoltre non
garantisce il diritto di voto in assemblea a meno che non sia esplicitamente
B
Obbligazioni
L'obbligazione (spesso chiamata con il termine inglese bond) è un titolo di credito
emesso da società o enti pubblici che attribuisce al possessore il diritto al rimborso
del capitale più un interesse. Lo scopo di un'emissione obbligazionaria (o prestito
obbligazionario) è il reperimento di liquidità. Di solito, il rimborso del capitale
avviene alla scadenza al valore nominale e in un'unica soluzione, mentre gli interessi
sono liquidati periodicamente (trimestralmente, semestralmente o annualmente).
L'interesse corrisposto periodicamente è detto cedola perché in passato per
riscuoterlo si doveva staccare il tagliando numerato unito al certificato che
rappresentava l'obbligazione. Se l'emittente non paga una cedola (così come se è
insolvente nei confronti delle banche o di creditori commerciali), un singolo
obbligazionista può presentare istanza di fallimento.
Le tipologie di obbligazioni offerte sul mercato possono essere schematizzate come
segue
•
•
•
•
•
Obbligazioni convertibili: sono obbligazioni che incorporano la facoltà di
convertire, ad una scadenza prefissata, il prestito obbligazionario in azioni
secondo un rapporto di cambio predeterminato.
Obbligazioni a tasso fisso: sono obbligazioni che remunerano l'investimento
ad un tasso di interesse fisso stabilito prima dell'emissione. All'interno della
categoria delle obbligazioni a tasso fisso è tuttavia possibile distinguere almeno
due diverse tipologie di obbligazioni, che prevedono che il tasso fisso
prestabilito cresca o diminuisca durante la vita del titolo (si tratta,
rispettivamente, delle obbligazioni "step up" e "step down").
Obbligazioni a tasso variabile: sono obbligazioni che remunerano
l'investimento ad un tasso di interesse variabile. Il tasso varia a determinate
scadenze temporali seguendo i tassi di mercato.
Obbligazioni Zero-Coupon (o Zero-Coupon Bonds, abbreviato ZCB): sono
obbligazioni senza cedola (coupon) che quindi non liquidano periodicamente gli
interessi ma li corrispondono unitamente al capitale alla scadenza del titolo. La
duration di uno ZCB è uguale alla sua vita residua.
Obbligazioni strutturate: sono obbligazioni il cui rendimento dipende
dall'andamento di un'attività sottostante.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
179
•
Rendite perpetue: sono obbligazioni che corrispondono perpetuamente una
cedola predefinita. Tali obbligazioni non presuppongono nessun rimborso a
termine
Senza addentrarci nella tecnica connessa alla valutazione delle obbligazioni
ricordiamo che, trattandosi di un titolo di debito emesso da un soggetto giuridico
(impresa privata o pubblica, banca o altro) è evidente che il rischio principale corso
dal sottoscrittore è quello del mancato rimborso del capitale alla scadenza del
prestito. Per cui quello che conta è la qualità (solvibilità) dell'emittente che viene
espressa mediante una misura globalmente riconosciuta: il rating. Il rating esprime la
classificazione della qualità degli emittenti di un titolo obbligazionario secondo
determinati criteri che spaziano dalla solidità finanziaria alla potenzialità
dell'emittente. Esistono istituti che propongono differenti notazioni concernenti la
qualità dei debitori, tra i più noti vi sono Standard & Poor's e Moody's.
Concretamente il rating è una sorta di punteggio ponderato che gli istituti
attribuiscono ai differenti emittenti. Le obbligazioni con rating AAA esprimono il più
alto grado di qualità dell'emittente. Bond con rating inferiori ingloberanno, nella loro
quotazione, una riduzione del corso derivante dall'inferiore qualità dell'emittente
I titoli di stato
Trattasi di obbligazioni emesse dallo Stato che in Italia assumono le seguenti
tipologie in funzione della durata e del tipo di calcolo del tasso di rendimento offerto
al per il sottoscrittore.
BOT
I Bot (Buoni ordinari del Tesoro) sono titoli di credito all’ordine o al portatore emessi
dal Tesoro Italiano per finanziare le esigenze di breve termine della spesa
pubblica.Nell’ambito dei titoli emessi dallo Stato Italiano i Bot presentano la scadenza
più breve (non possono superare i 13 mesi); le emissioni più comuni hanno durata
pari a 3, 6 e 12 mesi, ma può essere espressa anche in giorni (non sono mancate
emissioni straordinarie con durata mensile e bimestrale).I Buoni ordinari del Tesoro
non possono essere collocati direttamente presso il pubblico dei risparmiatori in
quanto, in sede di emissione, partecipano solo gli intermediari autorizzati dalla
normativa vigente (Banche, SIM, SGR, le Poste Italiane, etc.).Il giorno successivo ad
ogni asta di emissione, i titoli vengono negoziati sul Mot (mercato telematico delle
obbligazioni e dei titoli di stato). L’importo minimo di sottoscrizione risulta pari a 1000
Euro in seguito alla ridenominazione in Euro dei titoli di Stato entrata in vigore dal 1°
gennaio 1999. Per i cosiddetti “nettisti gli interessi corrisposti sui Bot sono tassati al
12,50% (imposta sostitutiva delle imposte sui redditi), mentre i “lordisti” (ossia coloro
che non sono incisi dall’imposta sostitutiva) non subiscono alcun prelievo sempre
che i titoli vengano depositati, direttamente o indirettamente, presso uno degli
intermediari abilitati, per l’intero periodo di possesso. Anche le plusvalenze derivanti
dalla vendita dei Bot sono soggette ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi
del 12,50%; gli investitori privati possono scegliere fra tre diversi regimi di
imposizione: il regime dichiarativo o ordinario, il regime del risparmio amministrato e
infine il regime del risparmio gestito .
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
180
BTP
I Buoni del Tesoro poliennali (Btp) sono titoli rappresentativi del debito pubblico a
medio/lungo termine emessi dal Tesoro. Possono essere sia titoli al portatore sia
titoli all'ordine a seconda che vengano emessi rispettivamente dalla Tesoreria
centrale o dalla direzione generale del Tesoro. Vengono collocati agli intermediari
autorizzati dalla normativa vigente (Banche, Sim, Sgr, Poste italiane, etc.), seguendo
il meccanismo di asta marginale (ossia vengono assegnati al minimo prezzo accolto
in asta) e, in caso di domanda superiore all'offerta, vengono ripartiti
proporzionalmente in base alle richieste. Una volta collocati i Btp vengono negoziati
in Borsa, previa disposizione della Borsa Italiana, e precisamente sul Mot (mercato
telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato); la loro quotazione è espressa al
cosiddetto "corso secco", ossia senza considerare i ratei di interessi già maturati. I
Btp possono essere emessi alla pari (valore di emissione uguale al valore nominale)
oppure sotto la pari (valore di emissione minore del valore nominale) e pagano
cedole di interessi a scadenze e tassi fissi; le scadenze presentano lunghezze pari a
3, 5, 7, 10 e 30 anni e il taglio minimo di sottoscrizione è pari a 1000 Euro. Per
quanto concerne la fiscalità, i Btp sono esenti dall'imposta successoria mentre sono
gravati dall'imposta di donazione sui trasferimenti a titolo gratuito tra vivi e per la
costituzione di dote del patrimonio familiare (si deve tenere conto, nel caso di
donazioni, della franchigia pari a trecento milioni di lire).I redditi derivanti dai Btp
vengono tassati diversamente in base alla natura degli stessi; il Dlgs. 461/97 (entrato
in vigore il 1° luglio 1998) distingue fra: 1. Red diti da capitale 2. Redditi diversi di
natura finanziaria .I redditi da capitale, come le cedole, non sono fra loro
compensabili e vengono tassati al 12,50%; i redditi diversi come le plusvalenze
(realizzate) sono fra loro compensabili e vengono tassati sempre ad una aliquota del
12,50%. Vale il discorso dei diversi regimi di imposizione così come mostrati per i
Bot.
CCT
I Certificati di credito del Tesoro (Cct) sono titoli a medio/lungo termine emessi dal
tesoro per finanziare il debito pubblico. Possono essere sia titoli al portatore che titoli
all’ordine e presentano un rendimento variabile indicizzato al rendimento dei Bot
semestrali. Il meccanismo di indicizzazione delle cedole è il seguente:Al momento
dell’emissione viene fissato il tasso della prima cedola (che quindi non è
variabile);per determinare il tasso delle ced0le successive si considera il tasso dei
Bot semestrali registrato nel corso dell’ultima asta tenutasi il mese precedente
rispetto alla decorrenza della prima cedola. Al tasso così ottenuto si aggiunge poi
una percentuale che va dallo 0,30% all’1% (spread), in relazione alla durata del Cct. I
Cct vengono emessi con scadenze pari a 5, 7 e 10 anni e possono essere sottoscritti
per un importo minimo pari a 1000 Euro. Vengono assegnati agli intermediari
autorizzati dalla legge vigente (Banche, Sim, Sgr, Poste Italiane etc.) seguendo il
meccanismo d’asta marginale (ossia vengono assegnati tutti al minimo prezzo
accolto in sede d’asta).Una volta ricevuto il decreto di emissione, la Borsa Italiana
dispone l’ammissione alle quotazioni di Borsa, e precisamente nel Mot (mercato
telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato).I cct vengono quotati a “corso secco”
ossia senza considerare la parte di interessi (rateo) già maturata dalla decorrenza
della cedola in corso, e quindi il prezzo di acquisto si ottiene sommando al corso
secco del titolo il relativo rateo d’interessi. Per quanto riguarda la fiscalità dei Cct, si
rimanda a quanto detto per i Bot e per i Btp:- sono esenti dall’imposta di
successione;- sono soggetti all’imposta di donazione per trasferimenti a titolo gratuito
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
181
per atti fra vivi e per la costituzione di dote e del patrimonio familiare; sono soggetti
ad una ritenuta pari al 12,50% sui redditi da capitale (cedole); sono soggetti ad
un’aliquota del 12,50% sui redditi diversi come le plusvalenze realizzate tramite la
negoziazione.
CTZ
I Certificati del Tesoro Zero Coupon (Ctz) sono, come i Bot, titoli a reddito fisso che
non pagano cedole durante la loro vita, la quale presenta scadenze pari a 18 e 24
mesi. Ulteriore elemento distintivo fra i Ctz e i Bot riguarda il meccanismo di
tassazione dello scarto di emissione.Nei Ctz l’imposta sullo scarto di emissione è
applicata (soggetti residenti, persone fisiche) al momento del rimborso e quindi viene
decurtato il valore nominale di rimborso di un importo pari al 12,50% dello scarto di
emissione; mentre per quanto concerne i Bot l’aliquota del 12,50% va ad aggiungersi
al prezzo di acquisto per determinare l’esborso complessivo iniziale (al netto di
eventuali commissioni).Per quanto concerne tutte le altre caratteristiche dei Ctz, si
rimanda a quanto detto per i Bot.
Tra gli strumenti finanziari, di solito a breve termine, vanno inseriti anche i pronto
contro termine che gli intermediari offrono alla clientela come investimento
temporaneo di liquidità. Tale operazione classificata come un prestito di denaro che il
cliente fa all’intermediario trova poi la sua configurazione contrattuale con una doppia
operazione in titoli (di solito obbligazionari)
PRONTI CONTRO TERMINE
Il "pronti contro termine" è una operazione tramite la quale un soggetto compra
(vende), da una controparte, un certo ammontare di titoli o di valuta a pronti, con
l'impegno di vendere (comprare) a termine (ad un prezzo prestabilito) la stessa
quantità di titoli o valuta, alla medesima controparte. Colui che vende a pronti ottiene,
in pratica, un finanziamento dal compratore che, a sua volta, riceve un prestito di titoli
o di valuta dal venditore. Tale tipo di operazione è nata in Italia nel 1979 per
consentire alla Banca centrale il controllo sul quantitativo di base monetaria nel
sistema; in seguito tali operazioni si sono diffuse anche presso le aziende e i
risparmiatori. Sono operazioni che presentano durata variabile da uno a tre mesi e
generalmente si basano sullo scambio di titoli trattati nel mercato monetario oppure
di obbligazioni. Tale tipo di strumento viene utilizzato da diversi operatori e con
diverse finalità: la banca centrale li utilizza per controllare la massa monetaria nel
sistema ed anche come strumento per indirizzare i tassi di interesse; gli intermediari
finanziari per gestire i propri impegni di tesoreria e come strumento finanziario per la
clientela; le imprese per ottenere finanziamenti a brevissimo termine alle condizioni
di tasso del mercato monetario; infine i risparmiatori come forma di investimento
C.
I fondi comuni e il risparmio gestito.
Tra le categorie di strumenti finanziari quella di maggior ampiezza come tipologia è
quella dei Fondi comuni
Il primo fondo fu venduto in Italia nel 1968: era di diritto lussemburghese, si
chiamava Fonditalia ed era commercializzato dalla rete Fideuram, l'anno dopo anche
il Credito Italiano creò Capitalitalia sempre in Lussemburgo. Entrambi sono ancora
sottoscrivibili. Fonditalia fu creato dall'americano Bernie Cornfield, il quale creò
anche la rete di vendita piramidale di Fideuram, che nonostante varie vicessitudini
rappresenta ancora oggi la prima rete di vendita in Italia. Fideuram era di proprietà
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
182
della IOS (Investors Overseas Services) che a sua volta era di proprietà di Cornifield.
Questo sino al 1972, data in cui entrò in crisi per delle scorrettezze contabili.
Intervenne la Banca d'Italia in difesa dei risparmiatori italiani che avevano partecipato
al fondo per 200 milioni di dollari e Fideuram passò all'Imi, che allora era una banca
pubblica. Nel 1983 quando il legislatore dovette redigere una legge di permesso per i
fondi di diritto italiano, si ispirò alla vicenda di Fonditalia. Anche Capitalitalia
costituisce un'esperienza ultra decennale nel panorama italiano ed è stato capace di
attraversare trent'anni di crisi, dal 69 al 99, riuscendo ad avere un rendimento medio
annuo composto dell'11,2% contro un rendimento delle azioni italiane dell'8%. Fondi
e sicav di diritto lussemburghese erano l'unica forma di investimento collettivo nel
panorama del risparmio gestito venduti agli italiani prima della legge del 1983. Di
questi ancora in Italia ce ne sono una cinquantina e sono del tutto identici ai fondi
comuni di investimento di diritto italiano anche sul piano fiscale Il valore giornaliero
della quota incorpora la tassazione fiscale del 12,5% -diversamente dalle quote delle
sicav di diritto estero che sono al lordo e il prelievo fiscale viene attuato al momento
della vendita se si è verificata una plusvalenza
Fondi aperti
I fondi comuni aperti sono così definiti perchè i suoi partecipanti o sottoscrittori,
hanno il diritto di chiedere, in qualsiasi momento, il rimborso delle quote secondo le
modalità previste dalle regole di funzionamento del fondo. In un fondo aperto è facile
entrare o uscire, in qualsiasi momento, visto che il valore delle quote viene riportato
giornalmente anche sui principali quotidiani nazionali. I fondi comuni aperti sono
divisi in categorie, la più riconosciuta è quella patrocinata da Assogestioni, come
riportata di seguito:
Fondi azionari
Fondi settoriali o specializzati
Fondi flessibili
Fondi bilanciati
Fondi obbligazionari
Fondi monetari
Sulla scia dei Fondi Aperti oggi sono offerti sul mercato anche altri prodotti similari
che sono
Sicav
SICAV – Società di Investimento a Capitale Variabile - società per azioni a capitale
variabile, avente per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio
raccolto mediante l’offerta al pubblico di proprie azioni. La principale differenza tra un
fondo comune ed una Sicav è che per partecipare alla gestione, il risparmiatore, non
deve acquistarne delle quote, ma delle azioni. Quindi, acquistando delle quote di una
Sicav, si acquistano le azioni della società e di conseguenza si diventa soci della
stessa, questa è la grande differenza: diventando soci si gode dei diritti acquisiti
come l’esercizio del diritto di voto, sulle vicende sociali e sulla politica di investimento
della società, facoltà che non viene mai esercitata dall’investitore-socio. Comunque
sia, per il risparmiatore non cambia molto tra l’investimento in una Sicav ed in un
Fondo Comune d’Investimento, tranne che per il trattamento fiscale. Infatti,
nonostante siano fondi di diritto estero, pagano l’imposta prevista in Italia del 12,5%
sulle plusvalenze, come per i fondi di diritto italiano, ma a differenza di quest’ultimi,
per i quali il calcolo fiscale deve essere fatto giornalmente, con la possibilità di
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
183
accantonare le perdite per controbilanciare le plusvalenze future, le quote delle sicav
sono contabilizzate al lordo dell’imposta fiscale, la quale viene calcolata solamente al
momento del riscatto da parte del cliente, se si sono verificati dei guadagni. E’
plausibile pensare che in certi momenti di mercato favorevole, le sicav possono – a
parità di rendimento – avere risultati migliori rispetto i fondi di diritto italiano, in quanto
non sono gravati del 12,5 % sulle plusvalenze e nel lungo periodo questa piccola
differenza può incidere sul rendimento dell’intero capitale; nel senso che, le sicav
godono della rivalutazione di quanto non sono tenuti a versare alle casse dell’erario
giornalmente, come per i fondi di diritto italiani. Per chi volesse scegliere di investire
in una sicav, non deve certo farsi influenzare da questa considerazione: la bravura
del gestore è ben più importante che la possibilità di non pagare giornalmente il
capital gain.
Fondi chiusi
I fondi chiusi sono l’alternativa ai fondi aperti. Nei fondi aperti si può uscire ed entrare
in qualsiasi momento mentre è molto difficile uscire dai fondi chiusi, se non a
scadenze predeterminate e nella maggior parte dei casi è penalizzante per
l’investitore che volesse disinvestire nei primi anni dell’investimento. Un’altra
differenza è che i fondi chiusi possono investire oltre l’80% del patrimonio in gestione
in società che non sono quotate. I fondi chiusi possono essere immobiliari (investono
solamente in beni immobili) e mobiliari. Questi ultimi si differenziano in fondi chiusi di
venture capital, che investono in società in fase di start up, seguendole dalla
costituzione della società alla realizzazione del progetto di business e quelli detti di
private equity che hanno come fine quello di finanziare progetti già in essere per
aiutarli a crescere fino raggiungere obiettivi importanti come la vendita della società a
gruppi più grandi o alla quotazione della stessa in borsa. L’acquisto di questi fondi è
consigliata a chi si può permettere di fare un investimento a lungo termine, almeno
dieci anni. I fondi immobiliari chiusi sono adatti maggiormente e spesso sono riservati
solamente agli investitori privati come banche, sim, agenti di cambio, fondi pensione,
società di gestione del risparmio, fondazioni bancarie ecc..Agli investitori privati sono
riservati i fondi chiusi
Fondi immobiliari
I fondi immobiliari possono essere solamente chiusi. Questa caratteristica fa sì che
non sia molto facile uscirne, anche se ultimamente sono presenti sul mercato fondi
immobiliari il cui valore delle quote sono giornalmente riportate nei giornali
specializzati nonostante sia richiesta di legge solo una valorizzazione del patrimonio
in gestione ogni sei mesi e la conseguente pubblicazione su almeno tre quotidiani
nazionali. I fondi immobiliari investono principalmente in immobili (palazzi, uffici,
terreni, ecc.) e sono particolarmente adatti a chi non avendo sufficienti soldi per un
investimento in mattoni o il tempo di seguirne l’acquisto, la manutenzione e l’affitto,
vuole comunque destinare parte del suo patrimonio al mercato immobiliare. E’ un
investimento di lungo periodo, chi acquistasse le quote di un fondo immobiliare deve
preventivare di lasciare i soldi nella gestione per almeno dieci anni.
Una particolare categoria di prodotti è quella compresa nelle GPM (sotto si riporta la
definizione) con la quale l’investitore da pieno mandato all’intermediario di gestire le
sue disponibilità dando solo delle linee guida ma lasciando totale libertà al gestore.
Gestioni patrimoniali mobiliari
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
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Le gestioni patrimoniali mobiliari (gpm) sono delle gestioni individuali fatte dal
gestore su mandato del cliente direttamente in titoli azionari e/o obbligazionari.
Anche per le "gpm" bisogna individuare il profilo di rischio del cliente e scegliere tra
le diverse linee che comunemente sono almeno tre: obbligazionaria, bilanciata e
azionaria. All’interno della gestione ci possono essere anche quote di fondi comuni
d’investimento, ma non necessariamente. La somma minima per accedere a questi
tipi di servizi di solito parte da € 50.000 ma in realtà è indicata a chi ha un patrimonio
liquido superiore. In quanto maggiore è la cifra maggiore per il gestore è la possibilità
di muoversi nei diversi mercati internazionali applicando una corretta scelta dei titoli
rispettando il concetto di diversificazione e del conseguente abbassamento del
rischio.
D
i contratti derivati
Quando si parla di strumenti derivati si fa riferimento a qualsiasi titolo normalmente
negoziato che permetta di acquisire altri strumenti finanziari come sottostante ed i
relativi indici; alcuni esempi sono:
i contratti "futures" su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su
merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il
pagamento di differenziali in contanti;i contratti di scambio a pronti e a termine
(swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari
(equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di
differenziali in contanti;
i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi d'interesse, a valute,
a merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il
pagamento di differenziali in contanti;
i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle
precedenti lettere e i relativi indici, nonché contratti di opzione su valute, su
tassi d'interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione
avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;
ed infine le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere.
Forwards
I Forwards sono contratti a termine per l'acquisto o la vendita di una attività a
condizioni, quali il prezzo e la data di consegna, prestabilite. Non vengono trattati in
una Borsa e quindi non presentano le caratteristiche standard tipiche dei Futures
(anch'essi contratti a termine). In pratica un contratto Forward non è altro che un
accordo privato fra due contraenti, dove uno si impegna a comprare una certa attività
ad un prezzo e per consegna stabiliti contrattualmente, e l'altro ovviamente si
impegna a vendere la stessa attività alle stesse condizioni contrattuali. La data di
consegna viene scelta dai contraenti e generalmente è unica, contrariamente a
quanto accade per i Futures. Altra peculiarità dei contratti Forwards risiede nel fatto
che generalmente il contratto viene chiuso alla scadenza, con la consegna
dell'attività negoziata, dietro pagamento della somma pattuita (non viene in pratica
applicato il meccanismo di liquidazione giornaliera proprio dei contratti Futures, ossia
il "Mark to Market"). I contratti forwards più comuni, sono i contratti forward su valute
ed i contratti forward su tassi (Forward rate agreement "Fra").
Futures
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
185
I Futures sono, come i Forwards, contratti a termine per l'acquisto o la vendita di una
certa attività ad un prezzo prefissato al momento della stipula del contratto. Si
differenziano dai contratti Forwards in quanto vengono trattati in mercati organizzati e
centralizzati, e presentano caratteristiche di elevata standardizzazione come la
definizione delle date di consegna e il taglio minimo del contratto. Altra peculiarità del
mercato dei Futures è la presenza di una "Clearing House" che in Italia prende il
nome di Cassa di Compensazione e Garanzia (CC&G), la quale ha il compito di
eliminare il rischio di insolvenza della controparte ricoprendo la figura di contraente
necessario in ogni transazione ed introducendo dei sistemi di garanzia quali il
sistema dei margini e il meccanismo della liquidazione giornaliera delle posizioni
(Mark to Market). A seconda della natura del bene sottostante al contratto, si
distinguono due categorie di contratti Future:
I "Commodity Futures", ovvero i contratti aventi per oggetto merci;
I "Financial Futures", ovvero i contratti aventi per oggetto attività finanziarie
Swaps
Uno "swap" può essere definito come un contratto tramite il quale due contraenti si
scambiano, per un certo periodo, dei flussi di cassa. Tale scambio avviene in
mercati non regolamentati (over the counter), seguendo tempi e modalità stabiliti
contrattualmente. Tali caratteristiche fan si che questo strumento finanziario possa
essere considerato alla stregua di un insieme di contratti a termine (forward),
ciascuno riferito ad ogni periodo nel quale avviene la regolazione dello scambio dei
flussi. Sono strumenti molto utilizzati dagli operatori, in quanto sono molto utili nella
gestione dei rischi finanziari. Le tipologie di swaps più utilizzate e quindi diffuse
risultano essere gli Swaps su tassi di interesse (Irs) e gli Swaps su valute.
Options
Le opzioni appartengono alla categoria degli strumenti derivati in quanto derivano il
loro valore da quello dell'attività su cui sono scritte. Esistono opzioni che
garantiscono al loro acquirente la facoltà di acquistare l'attività sottostante (opzioni
call), ed esistono anche opzioni che conferiscono all'acquirente la facoltà di vendere
l'attività sottostante (opzioni put). Altri elementi che caratterizzano le opzioni sono il
prezzo di esercizio (strike price), e la scadenza. Il primo rappresenta il prezzo al
quale avrà luogo l'acquisto (call) o la vendita (put) dell'attività sottostante su cui è
scritta l'opzione nel caso che quest'ultima venga esercitata; il secondo rappresenta
invece la durata dell'opzione ossia il tempo di vita della stessa. E' importante
distinguere fra opzioni che possono essere esercitate solo alla scadenza (opzioni di
tipo europeo), oppure opzioni che possono essere esercitate in qualsiasi istante
prima della scadenza (opzioni di tipo americano).Possiamo definire quindi le opzioni
come strumenti finanziari mediante i quali l'acquirente assume la facoltà (non
l'obbligo) di esercitare un diritto di acquisto o di vendita dell'attività sottostante ad un
prezzo e ad una data prefissate. Per acquistare una opzione si paga un premio
(prezzo dell'opzione) e questo è un fattore distintivo rispetto ai contratti derivati quali i
"forwards" o i "futures" in quanto per questi ultimi l'unico esborso iniziale è dato dal
versamento di un deposito di garanzia (margine iniziale).L'attività sottostante (su cui
è scritta l'opzione), può avere natura finanziaria oppure reale; nel primo caso
parleremo di opzioni su valute, su titoli azionari, su indici di Borsa, su tassi di
interesse e su altri strumenti derivati, mentre nel secondo caso avremo a che fare
con opzioni su attività reali. Le principali tipologie di strumenti finanziari trattati nei
mercati Italiani che ricadono nella categoria generale delle opzioni sono:
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
186
- Warrant
- Covered Warrant - Opzioni (Iso- Mercato Premi
e Mibo30)
5.6 Prodotti finanziari per le imprese
1. Prodotti finanziari offerti dalle banche
2. Leasing
3. Fonti di capitale proprio
4. Factoring
5. Obbligazioni
6. Strumenti derivati
In questa parte esamineremo solo i punti 3-5-6
3.
Fonti di capitale proprio
Trattasi di strumenti finanziari destinati al reperimento delle risorse da parte delle
imprese. Oltre ai finanziamenti a titolo di capitale di debito, che comportano una
remunerazione predeterminata (interessi) e il rimborso del capitale, un’altra classica
fonte di finanziamento per un’attività economica è quella a titolo di capitale proprio
che può derivare da: conferimenti effettuati dal proprietario o dai soci e che portano
un’iniezione di nuove risorse; utili conseguiti con la gestione non prelevati dal
proprietario o non distribuiti ai soci; si tratta di una forma di autofinanziamento. Il
finanziamento a titolo di capitale proprio(o di rischio) presenta le seguenti
caratteristiche:
a) non ha una scadenza prefissata: i capitali apportati da soci e proprietari
rimangono investiti a lungo termine, fino alla cessazione dell'attività o fino alla
cessione dell'azienda o delle quote possedute;
b) non comporta l'obbligo di una remunerazione predeterminata: il capitale proprio è
remunerato solo se la gestione genera utili e se questi utili non vengono destinati
all'autofinanziamento;
c) è soggetto al rischio d'impresa: se l’impresa dovesse andare in liquidazione in
seguito a vicissitudini negative, i soci recupererebbero il capitale proprio solo
subordinatamente al soddisfacimento dei creditori.
Nel caso di aziende aventi forma giuridica di società per azioni, il capitale sociale è
costituito da azioni. Quest’ultime possono essere quotate e quindi negoziate sui
mercati regolamentati, qualora la società rispetti le condizioni individuate dalla
società gerente, ovvero, in Italia la Borsa Italiana S.p.A. Le PMI possono essere
quotate su un mercato ad esse dedicato lo “STAR” (Segmento Titoli con Alti
Requisiti). L’ammissione alla quotazione è subordinata al rispetto di determinati
requisiti fissati dal Regolamento della Borsa Italiana:
esistenza di un flottante pari ad almeno il 35% per l’accesso al segmento e al
20% per la permanenza;
la nomina da parte delle società candidate di un soggetto “specialista” che
assicuri liquidità al titolo (impegni quantitativi giornalieri e spread);
l’obbligo di pubblicare i propri bilanci, le relazioni semestrali, le trimestrali e i
comunicati sul proprio sito, fornendo anche una versione in inglese;
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
187
5
l’adesione ai principi di corporate governance esposti nel Codice di
Autodisciplina di Borsa Italiana;
presenza nella società di un comitato per il controllo interno, composto da un
numero adeguato di amministratori non esecutivi, con compito di analizzare
problematiche e istruire pratiche rilevanti per il controllo delle attività aziendali;
parte significativa della remunerazione dei dirigenti deve essere variabile in
funzione dei risultati.
nomina da parte della società di un Investor Relator interno che si occupi
prevalentemente della gestione dei rapporti con investitori e intermediari.
Obbligazioni
Anche questa categoria è destinata al reperimento di risorse da terzi. Le obbligazioni
infatti sono titoli rappresentativi del capitale di debito della società emittente. Con
l’emissione di obbligazioni ordinarie, infatti, la società assume l’impegno di
rimborsare il capitale preso a prestito ad una determinata scadenza e di remunerarlo
periodicamente ad un tasso predeterminato, indipendentemente dagli utili aziendali.
Il prezzo di emissione delle obbligazioni ordinarie può stabilirsi al valore nominale,
oppure al di sotto o al di sopra dello stesso, il che implica nel primo caso un minor
flusso finanziario in entrata e un maggior rendimento per i sottoscrittori contro un
maggior flusso finanziario in entrata per l’impresa e un minor rendimento per i
sottoscrittori nel secondo. La disciplina delle obbligazioni è contenuta nel codice
civile agli articoli 2410–2420-ter. In Italia possono ricorrere al finanziamento
obbligazionario solo le imprese costituite in forma società per azioni o in accomandita
per azioni. Il valore complessivo delle obbligazioni in circolazione non deve superare
il valore del capitale sociale versato, se non in presenza di garanzie reali.Con la
riforma societaria del 2003 anche le Società a responsabilità limitata possono
emettere “titoli di debito”, assimilabili per natura alle obbligazioni ma non soggetti alla
loro disciplina; tali “titoli di debito” non possono essere collocati direttamente presso il
pubblico dei risparmiatori, ma possono essere sottoscritti solo da investitori
istituzionali (art.2483) Vi sono sul mercato alcune particolari tipologie di obbligazioni,
tra cui le principali sono:
Obbligazioni indicizzate Le obbligazioni indicizzate consentono, in periodi di
elevata inflazione, di limitare la perdita di potere di acquisto, legando, secondo
diverse modalità contenute nel regolamento del prestito, il capitale o l’interesse, o
entrambi ad un parametro che tiene conto della perdita di potere d’acquisto della
moneta.
Obbligazioni convertibili L’obbligazione convertibile presenta un profilo finanziario
analogo a quello dell’obbligazione tradizionale, ma è presente a favore del
sottoscrittore un’opzione di conversione del titolo obbligazionario in titolo azionario.
L’opzione, esercitabile secondo tempi e modi stabiliti, consente al sottoscrittore di
trasformare la natura dell’investimento, i relativi diritti e il proprio status, divenendo
finanziatore a titolo di capitale di rischio. Per l’impresa emittente l’esercizio
dell’opzione comporterà un allargamento della compagine societaria.
Obbligazioni con warrant Sono obbligazioni che presentano uno schema
contrattuale analogo a quello delle obbligazioni convertibili, in quanto presentano
un’opzione che nel caso specifico garantisce il diritto di sottoscrivere un determinato
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
188
numero di azioni, ad un prezzo predefinito ed entro un termine prestabilito. Il
“warrant” vive in genere autonomamente dal titolo principale, nel senso che può
essere negoziato. In Italia i titoli obbligazionari che rispettano determinati requisiti
possono essere negoziati sul MOT (Mercato Obbligazionario Telematico) gestito da
Borsa Italiana S.p.A. Le modalità di quotazione sono disciplinate dall’art. 2.2.5 del
Regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana S.p.A.
6.
Strumenti derivati
L’impresa può avere a disposizione degli strumenti derivati che, secondo una
corretta logica di gestione aziendale, dovrebbero essere destinati all’attenuazione o
alla copertura del rischio connesso ad altri strumenti finanziari in essere quali
contratti di finanziamento, mutui, leasing, di vendita o acquisto. Il termine Strumenti
Derivati viene utilizzato per indicare particolari categorie di contratti a termine che
“derivano” da attività sottostanti (reali o finanziarie), dalle quali dipende il prezzo dello
strumento. Tali contratti appartengono alla categoria dei contratti differenziali, in
quanto alla scadenza vengono solitamente conclusi con la semplice regolazione
monetaria della differenza tra il prezzo indicato in contratto ed il prezzo corrente. La
loro utilizzazione oltre che per fini speculativi e di arbitraggio, viene sovente posta in
essere dagli operatori economici per fronteggiare rischi di natura finanziaria e
valutaria, così definiti:
Rischio di tasso Il rischio di tasso di interesse consiste nella possibile variazione di
valore di un’attività o passività finanziaria al variare dei tassi. Ad esempio nel caso di
finanziamenti a tasso variabile lo strumento derivato consente all’operatore
economico di definire il futuro costo complessivo dei finanziamenti mediante la
copertura del rischio di variazione del tasso di interesse. La copertura dal rischio di
tasso consente quindi di stabilizzare la componente di oneri finanziari in capo
all’azienda o comunque di fissarne un tetto massimo.
Rischio di cambio Il rischio di cambio è legato a variazioni avverse dei prezzi della
valuta estera nella quale si detiene una qualsiasi attività o passività finanziarie. Le
imprese operanti in divisa estera sono esposte a possibili fluttuazioni dei cambi e
conseguentemente al rischio che ne deriva. Sulla base della propria esposizione al
rischio valutario, e compatibilmente col grado di propensione al rischio è possibile
impostare un’opportuna strategia di copertura al fine di ottimizzare il proprio profilo di
rischio-rendimento. La negoziazione degli strumenti derivati può avvenire sui mercati
regolamentati, ove si stipulano contratti standardizzati le cui regole di contrattazione
sono ben definite, oppure sul mercato over the counter dove invece il prezzo non
sempre è trasparente e dove vi è una quasi totale assenza di controllo, di regole di
negoziazione e di procedure standardizzate.I due mercati regolamentati più
importanti sono il LIFFE di Londra e il MATIF di Parigi. In Italia operano il MIF
(Mercato Italiano Future) e l’IDEM (Italian Derivates Market). Gli strumenti derivati
che hanno maggiore diffusione sono Swap, Opzioni, Forward e Futures
Swap
Lo swap è un contratto col quale due parti si scambiano flussi di cassa a date certe,
secondo una modularità predefinita tra di esse. I flussi di cassa possono essere
espressi nella stessa valuta oppure in valute differenti. La determinazione della
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
189
quantità di flussi da scambiarsi richiede la definizione di una variabile sottostante. Le
tipologie di swap maggiormente utilizzate dalle imprese sono: Interest Rate Swap.
E’ il contratto mediante il quale due parti si impegnano a scambiarsi, a date
prestabilite, flussi di cassa, secondo uno schema convenuto. Un tipico schema è
quello in cui una parte A s'impegna a pagare all'altra parte, B, flussi di cassa pari agli
interessi calcolati ad un prefissato tasso fisso su un capitale nominale, per un certo
numero di anni. Contemporaneamente, B, si impegna a pagare ad A flussi di cassa
pari agli interessi calcolati ad un tasso variabile sullo stesso capitale nominale, per lo
stesso periodo di tempo. Currency Swap Tale forma contrattuale prevede che il
capitale e gli interessi espressi in una divisa siano scambiati contro capitale ed
interessi espressi in un'altra divisa. Sebbene siano molteplici le possibilità di
adoperare gli swap nonché gli obiettivi perseguiti, generalmente, gli swap sono usati
per ricoprire o modificare posizioni di rischio e per adeguare un determinato flusso
finanziario ad una struttura desiderata.
Forward – Future Il forward è un contratto a termine con cui due controparti si
impegnano ad acquistare o vendere, ad una data futura, una determinata quantità di
merce o attività finanziaria ad un prezzo prefissato. Una particolare tipologia di
contratto forward utilizzato per la copertura del rischio derivante da possibili
variazioni del tasso di interesse è il Forward Rate Agreement.
Il FRA è’ un contratto con il quale due soggetti si impegnano a trasferirsi flussi
d’interessi facenti riferimento ad importi convenzionali che non vengono trasferiti né
all’inizio né alla fine della transazione. Il regolamento degli interessi dovuti avviene in
via differenziale:chi acquista un FRA riceverà la differenza, se negativa, fra un tasso
d’interesse predeterminato (tasso base) ed un tasso di riferimento; chi vende un FRA
pagherà la differenza, se positiva, tra un tasso d’interesse che costituisce la base, ed
un tasso di mercato che costituisce il tasso di riferimento. Le imprese che si sono
indebitate ad un tasso variabile e che prevedono un forte aumento dei tassi di
interresse nel breve periodo, mediante l’acquisto di un forward possono riuscire a
fissare il tasso di interesse ad un livello giudicato vantaggioso. I future presentano lo
stesso schema contrattuale dei forward ma a differenza di questi ultimi, hanno
caratteristiche standard e sono scambiati su mercati regolamentati (in Italia il MIF)
nei quali appositi organi di garanzia vigilano sul corretto adempimento delle
controparti. Anche per i future l’attività sottostante può essere una merce (commodity
futures) o un’attività finanziaria (financial futures). I financial future possono essere a
loro volta distinti in: Currency Future Sono contratti che impegnano a vendere o a
comprare a termine valuta ad un tasso di cambio prefissato. La posizione si chiude
con l’effettivo ritiro o consegna della valuta a scadenza del contratto, oppure tramite
la vendita o l’acquisto dei contratti entro tale data. Interest Rate Future E’ un
contratto che rappresenta l’impegno alla cessione o all’acquisto a termine di titoli a
reddito fisso o depositi in eurodivise a tasso fisso con caratteristiche determinate ad
un prezzo prefissato. La posizione degli operatori si chiude con l’effettiva consegna o
l’effettivo ritiro dei titoli in questione alla data di scadenza, oppure tramite la vendita o
l’acquisto dei contratti entro tale data.
Option Le Opzioni sono contratti finanziari che – contro il pagamento di un premio –
conferiscono il diritto, ma non l’obbligo, di acquisire (call option) o di vendere (put
option) una attività reale o finanziaria ad un prezzo determinato (strike price) ad una
certa data predeterminata (opzione europea) oppure entro un certo periodo di tempo
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
190
prefissato (opzione americana). L’operazione vede la presenza necessaria di due
soggetti: colui che acquista il diritto ad esercitare l’opzione (chiamato holder) contro il
pagamento di un premio – definito prezzo dell’opzione – ed un soggetto che vende
tale diritto (definito writer). Le attività finanziarie sottostanti ad un option sono
generalmente le seguenti: titoli, tassi di interesse, divise estere, future.
5.7
Gli Organi di controllo sul sistema finanziario
Gli organi di controllo sui mercati finanziari sono vari, forse anche troppi, in quanto
sono accaduti fatti in cui il mancato controllo si è verificato proprio per un conflitto di
competenze. Di seguito si riporta un prospetto di riepilogo.
Organo
C.I.C.R
Ministero dell’economia
e finanze (MEF)
BANKITALIA
U.I.C
CONSOB
ISVAP/COVIP
ANTITRUST
funzioni
organo di vertice con poteri di indirizzo e di
regolamentazione Presidente del C.i.C.R (Ministro
Economia e Finanza)
responsabile della spesa e controllo funzioni di
emissione di Bankitalia
emissione moneta e governo del credito vigilanza sugli
intermediari creditizi e mobiliari
attuazione della politica valutaria e monitoraggio
operazioni
regolamentazione e controllo dei mercati mobiliari
vigilanza sulle assicurazioni private/fondi pensione
autorità garante della concorrenza
Il CICR
Istituito nel 1947, il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio è composto
dal Ministro dell’economia e delle finanze, nella qualità di presidente, e dai titolari dei
dicasteri aventi competenze economiche. In particolare, ai sensi dell’art. 2 del TUB
(d.lgs. n. 385/1993) essi sono: il Ministro delle attività produttive, il Ministro delle
politiche agricole e forestali, il Ministro delle infrastrutture e trasporti e il Ministro per
le politiche comunitarie. Alle sedute del CICR partecipa anche il Governatore della
Banca d’Italia. Il presidente può invitare altri ministri a intervenire a singole riunioni. Il
CICR è validamente costituito con la presenza della maggioranza dei suoi membri e
delibera con il voto favorevole della maggioranza dei presenti. Il direttore generale
del Ministero dell’economia e delle finanze svolge funzioni di segretario. Il CICR
determina le norme concernenti la propria organizzazione e il proprio funzionamento.
Per l'esercizio delle proprie funzioni il CICR si avvale della Banca d'Italia: ciò esclude
la possibilità da parte del Comitato di effettuare interventi diretti sulle banche o su
altri intermediari finanziari.
Al CICR compete l’alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio, di cui
sono destinatari le banche, i gruppi bancari e gli intermediari finanziari. I criteri
ispiratori dell’azione del CICR, così come quelli sanciti per le altre autorità di
vigilanza creditizie, fanno riferimento “alla sana e prudente gestione dei soggetti
vigilati, alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema
finanziario, nonché all’osservanza delle disposizioni in materia creditizia”. Per quanto
concerne la natura degli atti posti in essere dal CICR, si distinguono atti
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
191
amministrativi e provvedimenti amministrativi: i primi rappresentano dei pareri, i
secondi dei veri e propri provvedimenti di tipo normativo, di natura regolamentare,
che il Comitato è chiamato a emanare. Ad esempio il CICR stabilisce limiti e criteri,
anche con riguardo all'attività e alla forma giuridica dei soggetti, in base ai quali non
costituisce raccolta del risparmio tra il pubblico quella effettuata presso soci e
dipendenti o presso società controllanti, controllate o collegate ai sensi dell'articolo
2359 del codice civile e presso controllate da una stessa controllante. Al CICR sono
inoltre conferiti poteri decisionali in ordine ai reclami contro provvedimenti adottati
dalla Banca d’Italia nell’esercizio dei poteri di vigilanza.
Il Ministero dell'economia e delle finanze (ex Ministero del tesoro)
Al Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) sono attribuite competenze nei
settori della politica economica, finanziaria e di bilancio, da esercitare anche in
funzione del rispetto dei vincoli di convergenza e di stabilità derivanti
dall’appartenenza all’Unione Europea dell’Italia. In termini di politica economica e
finanziaria il MEF ha competenze in materia di problemi economici, monetari e
finanziari nazionali e internazionali, vigilanza sui sistemi finanziari e sul sistema
creditizio. In particolare, nell’ambito bancario il MEF, oltre a convocare e presiedere il
CICR, propone l’oggetto delle deliberazioni non di esclusiva competenza della Banca
d’Italia e può, in caso di urgenza, sostituirsi al CICR stesso.
Più operativi, tuttavia, sono gli interventi del Ministero in tema di:
determinazione dei requisiti di onorabilità e professionalità dei soci e degli esponenti
aziendali delle banche (art. 25-26 TUB), nonché di quelli dei soci e degli esponenti
aziendali delle società di intermediazione mobiliare (SIM), delle società di gestione
del risparmio (SGR), delle società di gestione dei mercati regolamentati e dei
promotori finanziari; apertura, con decreto, dei procedimenti di amministrazione
straordinaria e di liquidazione coatta delle banche, nonché delle SIM, delle SGR e
delle società di investimento a capitale variabile (SICAV);
determinazione dei criteri generali cui devono uniformarsi i fondi comuni di
investimento con riguardo all'oggetto dell'investimento, alle categorie di investitori cui
è destinata l'offerta delle quote, alle modalità di partecipazione ai fondi aperti e chiusi
con particolare riferimento alla frequenza di emissione e rimborso delle quote,
all'eventuale ammontare minimo delle sottoscrizioni e alle procedure da seguire,
all'eventuale durata minima e massima, alle condizioni e alle modalità con le quali
devono essere effettuati gli acquisti o i conferimenti dei beni (sia in fase costitutiva
sia in fase successiva alla costituzione del fondo) nel caso di fondi che investano
esclusivamente o prevalentemente in beni immobili, diritti reali immobiliari e
partecipazioni in società immobiliari (decreto 228/1999);
individuazione di ulteriori soggetti da sottoporre alle norme relative alla trasparenza
bancaria (art. 115 TUB);applicazione di sanzioni amministrative previste per gli
esponenti aziendali; individuazione delle caratteristiche dei mercati all’ingrosso (art.
61 TUF).
La Banca d’Italia
La Banca d’Italia rappresenta sicuramente l’autorità di vigilanza più importante nel
panorama del nostro paese. Si tratta di una istituzione che avuto origine nel 1893
della fusione di tre dei sei istituti di emissione allora operanti (Banca nazionale nel
Regno d’Italia, Banca nazionale toscana e Banca toscana di credito per le industrie
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
192
e il commercio d’Italia). Nel 1926 si giunse poi alla definitiva unificazione della
funzione di emissione in seno alla sola Banca d’Italia.
Le funzioni della Banca d’Italia
«Credibilità, indipendenza e responsabilità, così come espresso dalla stessa
istituzione sul suo sito, sono i valori base della tradizione istituzionale e organizzativa
della Banca d’Italia, che da oltre un secolo si pone al servizio dell’Italia con l’intento
di contribuire al suo sviluppo economico e sociale».
Nello svolgimento dei suoi compiti l’Istituto agisce in condizioni di autonomia e
indipendenza. Concorre ad assicurare la stabilità del valore della moneta e opera per
l’efficienza del sistema finanziario, obiettivi irrinunciabili di uno Stato moderno e
democratico. L’equilibrio delle azioni di politica economica presuppone
l’indipendenza della banca centrale, rafforzata dalla norma costituzionale a
protezione del risparmio, funzione coerentemente affidata alla Banca d’Italia.
Ma quali sono concretamente le principali funzioni (per un più ampio esame si
rimanda al sito www.bancaditalia.it) della Banca d’Italia? Bisogna innanzitutto
osservare che la tradizionale funzione di politica monetaria è stata ceduta a partire
dal 1° gennaio 1999 a favore del Sistema europeo de lle banche centrali (SEBC); la
Banca d’Italia, nel nuovo contesto istituzionale, è chiamata a svolgere un duplice
compito che prevede da un lato la partecipazione al processo decisionale e alle
determinazioni del SEBC, e dall’altro, secondo il principio di sussidiarietà, gli
interventi in ambito nazionale. In pratica, sul mercato italiano, la Banca d’Italia dà
attuazione alle decisioni prese dal Consiglio direttivo della Banca centrale europea
(BCE) in materia di politica monetaria e del cambio, di gestione delle riserve in
valuta, di sorveglianza e gestione del sistema dei pagamenti, di emissione delle
banconote.
La Banca d’Italia resta però impegnata nell’esercizio di talune funzioni già svolte in
passato; in particolare essa vigila sulla sana e prudente gestione e sulla stabilità
sistemica delle banche e degli intermediari finanziari in generale, tutela la
concorrenza tra banche e vigila sul sistema interbancario e su quello dei titoli di
Stato, svolge il servizio di Tesoreria dello Stato.
La politica monetaria e del cambio nel quadro istituzionale europeo
I compiti di politica monetaria sono quelli che più direttamente evocano la banca
centrale. Con l’adesione al Sistema europeo di banche centrali (SEBC), il ruolo della
Banca d’Italia in difesa della stabilità monetaria si inscrive nel contesto istituzionale
europeo. La Banca concorre, con la presenza del Governatore nel Consiglio direttivo
della Banca centrale europea (BCE), a determinare le decisioni di politica monetaria
per l’intera area dell’euro; attua nel mercato nazionale, in linea con i princìpi di
decentramento e di sussidiarietà stabiliti a livello europeo, le decisioni assunte dal
Consiglio direttivo; partecipa, con propri rappresentanti a vari livelli, ai numerosi
Comitati e Gruppi di lavoro costituiti nell’ambito del SEBC per l’analisi delle questioni
attinenti ai compiti istituzionali del Sistema. Il Sistema europeo di banche centrali
(SEBC) è composto dalle Banche centrali nazionali (BCN) degli Stati membri
dell’Unione europea e dalla Banca centrale europea (BCE). L’Eurosistema è
costituito dalle BCN dei paesi che hanno adottato l’euro, tra cui l’Italia, e dalla BCE.
L’organo di vertice dell’Eurosistema è il Consiglio direttivo, composto dai Governatori
delle BCN e dai membri del Comitato esecutivo della BCE. L’Eurosistema ha il
compito di definire la politica monetaria unica. Il capitale della BCE è sottoscritto
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
193
dalle BCN. Secondo quanto stabilito dal Trattato di Maastricht, gli obiettivi della
politica monetaria sono, in primo luogo, il mantenimento della stabilità dei prezzi e, in
subordine, il sostegno alle politiche economiche generali nell’area dell’euro. Nel
perseguimento di questi obiettivi, le BCN e la BCE devono restare indipendenti dalle
istituzioni e dagli organi comunitari, dalle autorità nazionali e da qualsiasi altro
organismo. Le decisioni riguardanti la politica monetaria dell’Eurosistema vengono
attuate dalle BCN, secondo il principio del decentramento operativo, attraverso una
vasta gamma di strumenti. Tra questi figurano le operazioni di rifinanziamento
principali, quelle a più lungo termine, le operazioni attivabili su iniziativa delle
controparti (istituzioni finanziarie), quelle di fine tuning, la riserva obbligatoria. Gli
interventi sul mercato dei cambi possono essere eseguiti dalla Banca d’Italia e dalle
altre BCN. Per lo svolgimento di compiti attuativi della gestione delle riserve ufficiali
nazionali in valuta, la Banca d’Italia si avvale anche dell’Ufficio italiano dei cambi
(UIC), ente strumentale della Banca stessa.
Per quanto attiene ai compiti di vigilanza creditizia e finanziaria, il quadro disciplinare
è stabilito, innanzitutto, dagli artt. 4 e 5 TUB e dall’art. 5 del TUF, nei quali sono
specificate le finalità che devono presiedere all’esercizio della vigilanza. Al riguardo,
come osservato, è aperto il dibattito sull’ampiezza dei compiti di vigilanza della
Banca d’Italia, e ciò anche in ragione del fatto che nel nostro paese le funzioni di
vigilanza e di supervisione da essa svolte si sovrappongono talora ai compiti di
istituzioni già esistenti quali la CONSOB, con cui, peraltro, la Banca d’Italia deve
collaborare. In particolare, la cosiddetta vigilanza per finalità, che attribuisce
responsabilità distinte ad Autorità diverse, non trova ancora coerente e completa
applicazione. Ciò è dovuto anche alla crescente integrazione operativa tra i diversi
intermediari presenti sul territorio: banche operanti nel settore assicurativo,
assicurazioni che costituiscono una banca all’interno del proprio gruppo, società di
intermediazione e società finanziarie di vario genere che si trasformano in banche
sono ormai all’ordine del giorno.
Collaborazione tra autorità di vigilanza e segreto di ufficio
Ai sensi dell’art. 4 del TUF, la Banca d'Italia, la CONSOB, la Commissione di
vigilanza sui fondi pensione, l'ISVAP e l'Ufficio italiano dei cambi collaborano tra loro,
anche mediante scambio di informazioni, al fine di agevolare le rispettive funzioni.
Dette autorità non possono reciprocamente opporsi al segreto d'ufficio. La Banca
d'Italia e la CONSOB collaborano, anche mediante scambio di informazioni, con le
autorità competenti dell'Unione Europea e dei singoli Stati comunitari, al fine di
agevolare le rispettive funzioni. Al medesimo fine, la Banca d'Italia e la CONSOB
possono cooperare, anche mediante scambio di informazioni, con le autorità
competenti degli Stati extracomunitari. La Banca d'Italia e la CONSOB possono
scambiare informazioni con autorità amministrative e giudiziarie nell'ambito di
procedimenti di liquidazione o di fallimento, in Italia o all'estero, relativi a soggetti
abilitati; con gli organismi preposti all'amministrazione dei sistemi di indennizzo; con
gli organismi preposti alla compensazione o al regolamento delle negoziazioni dei
mercati; con le società di gestione dei mercati, al fine di garantire il regolare
funzionamento dei mercati da esse gestiti. Anche l’art. 7 del TUB, pur dichiarando
che tutte le notizie, le informazioni e i dati in possesso della Banca d'Italia in ragione
della sua attività di vigilanza sono coperti da segreto d'ufficio anche nei confronti
delle pubbliche amministrazioni, a eccezione del Ministro dell’economia e delle
finanze, presidente del CICR, stabilisce che la Banca d'Italia, la CONSOB, la COVIP,
l'ISVAP e l'UIC collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, al fine
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
194
di agevolare le rispettive funzioni. Per quanto attiene alle finalità della vigilanza, l’art.
5 del TUF stabilisce che sui mercati finanziari la Banca d'Italia è competente per
quanto riguarda il contenimento del rischio e la stabilità patrimoniale, mentre la
CONSOB è competente per quanto riguarda la trasparenza e la correttezza dei
comportamenti degli operatori. La Banca d'Italia e la CONSOB esercitano i poteri di
vigilanza nei confronti dei soggetti abilitati; ciascuna vigila sull'osservanza delle
disposizioni regolanti le materie di competenza. La Banca d'Italia e la CONSOB
operano in modo coordinato anche al fine di ridurre al minimo gli oneri gravanti sui
soggetti abilitati e si danno reciproca comunicazione dei provvedimenti assunti e
delle irregolarità rilevate nell'esercizio dell'attività di vigilanza.
Come osservato, la vigilanza sull’attività bancaria persegue gli obiettivi della sana e
prudente gestione degli intermediari, della stabilità complessiva, dell’efficienza e
della competitività del sistema, dell’osservanza delle disposizioni in materia creditizia.
Nell’ambito delle Autorità creditizie, la Banca d’Italia esercita, quale organo di
vigilanza, un ruolo centrale, sul piano sia della normazione secondaria sia
dell’esercizio dei controlli: emana regolamenti, impartisce istruzioni e assume
provvedimenti nei confronti degli intermediari. Svolge una funzione propositiva nei
confronti del CICR, alle cui sedute partecipa il Governatore; in questo contesto
fornisce, tra l’altro, elementi di risposta al Ministro dell’Economia e delle Finanze, in
quanto presidente del CICR, per lo svolgimento di atti di sindacato ispettivo
parlamentare in materia creditizia.
La vigilanza nel settore dell’intermediazione finanziaria riguarda, in specie, le
imprese di investimento e gli organismi di investimento collettivo del risparmio. Si
prefigge il rispetto dei criteri di trasparenza, correttezza dei comportamenti, sana e
prudente gestione dei soggetti vigilati, per assicurare la stabilità, la competitività e il
buon funzionamento del sistema finanziario. In tale ambito, la competenza della
Banca d’Italia concerne gli aspetti del contenimento del rischio e della stabilità degli
intermediari. Alla CONSOB, invece, spetta di vigilare sul rispetto delle norme poste a
presidio della trasparenza e della correttezza dei comportamenti.
L’evoluzione delle forme di vigilanza
Per comprendere appieno il ruolo svolto dalla Banca d’Italia, è inoltre opportuno
osservare come la “filosofia” di intervento della stessa si sia modificata nel corso del
tempo. Per oltre cinquant’anni, a partire dal 1936, l’azione della Autorità si è ispirata
in sostanza al modello della banca centrale “regista” del mercato finanziario, ossia di
chi decideva “le scene e i movimenti degli operatori”. La Banca d’Italia agiva cioè,
prevalentemente, secondo un’ottica di vigilanza strutturale, modellando la struttura e
l’operato dei soggetti controllati in funzione degli obiettivi generali della politica
creditizia, e in special modo perseguendo la stabilità del sistema bancario, spesso a
discapito della concorrenza tra intermediari. Le forme di controllo adottate erano
dunque di stampo prevalentemente discrezionale e autorizzativo; occorreva ad
esempio una specifica autorizzazione per aprire nuove banche o semplicemente
nuovi sportelli.
A partire dalla fine degli anni 1970 si è assistito a una revisione del modello di
vigilanza che ha condotto alla progressiva affermazione di controlli di tipo
prudenziale, richiedenti cioè il rispetto da parte dei soggetti vigilati di generali regole
di comportamento che costituiscono la cornice entro cui ogni intermediario può
svolgere in piena autonomia la propria attività, senza richiedere preventive
autorizzazioni. La Banca d’Italia diviene, allora, “arbitro” (e non più regista) della
partita. L’azione di supervisione viene ad assumere la veste di attività volta a
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
195
prevedere, e se possibile prevenire, le irregolarità nelle gestioni bancarie, attraverso
strumenti di tipo conoscitivo e adeguate capacità di valutazione. All’obiettivo della
stabilità, a cui rispondevano i controlli strutturali, si affiancano allora obiettivi di
competitività ed efficienza del sistema bancario/finanziario.
Nell’ambito di tale evoluzione si inseriscono le tre tipiche forme di vigilanza svolte
dalla Banca d’Italia (e ai sensi dell’art. 5 e seguenti del TUF anche dalla CONSOB):
la vigilanza informativa, la vigilanza regolamentare e la vigilanza ispettiva.
La vigilanza informativa consiste nella messa a disposizione della Banca d’Italia di un
flusso continuo di informazioni sui dati, contabili ed extra-contabili degli enti creditizi.
Ai sensi dell’art. 51 del TUB le banche inviano alla Banca d'Italia, con le modalità e
nei termini da essa stabiliti, le segnalazioni periodiche nonché ogni altro dato e
documento richiesto. Esse trasmettono anche i bilanci con le modalità e nei termini
stabiliti dalla Banca d'Italia. La stessa norma viene ripresa dall’art. 8 del TUF, dove si
afferma che la Banca d'Italia e la CONSOB possono chiedere, per le materie di
rispettiva competenza, ai soggetti abilitati la comunicazione di dati e notizie e la
trasmissione di atti e documenti con le modalità e nei termini dalle stesse stabiliti.
La vigilanza regolamentare (art. 53 TUB) prevede che la Banca d'Italia, in conformità
delle deliberazioni del CICR, emani disposizioni di carattere generale aventi a
oggetto, in relazione alle banche: l'adeguatezza patrimoniale; il contenimento del
rischio nelle sue diverse configurazioni; le partecipazioni detenibili; l'organizzazione
amministrativa e contabile e i controlli interni. Inoltre la Banca d'Italia può: convocare
gli amministratori, i sindaci e i dirigenti delle banche per esaminare la situazione delle
stesse; ordinare la convocazione degli organi collegiali delle banche, fissandone
l'ordine del giorno, e proporre l'assunzione di determinate decisioni; procedere
direttamente alla convocazione degli organi collegiali delle banche; adottare, ove la
situazione lo richieda, provvedimenti specifici nei confronti di singole banche per le
materie di competenze. Anche in questo caso, la stessa forma di vigilanza viene
ripresa dal TUF, dove si specifica che la Banca d'Italia, sentita la CONSOB,
disciplina con regolamento (per quanto riguarda i soggetti abilitati nello svolgimento
di servizi di investimento e del servizio di gestione collettiva): l'adeguatezza
patrimoniale, il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, le
partecipazioni detenibili, l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli
interni; le modalità di deposito e di sub-deposito degli strumenti finanziari e del
denaro di pertinenza della clientela; particolari regole applicabili agli organismi di
investimento collettivo del risparmio (OICR).
Infine, per quanto attiene alla vigilanza ispettiva, è previsto che la Banca d’Italia
possa acquisire informazioni sulle banche anche tramite ispezioni presso le stesse,
richiedendo l’esibizione dei documenti e degli atti necessari all’espletamento della
funzione di monitoraggio. Anche la vigilanza ispettiva, ampliata alla attività della
CONSOB, viene ripresa dal TUF (art. 10), dove si ribadisce che la Banca d'Italia e la
CONSOB possono, per le materie di rispettiva competenza e in armonia con le
disposizioni comunitarie, effettuare ispezioni e richiedere l'esibizione dei documenti e
il compimento degli atti ritenuti necessari presso i soggetti abilitati (qui non solo
banche ma anche altri intermediari che possono svolgere servizi di investimento).
Ciascuna autorità comunica le ispezioni disposte all'altra autorità, la quale può
chiedere accertamenti su profili di propria competenza. La Banca d'Italia e la
CONSOB possono, inoltre, chiedere alle autorità competenti di uno Stato comunitario
di effettuare accertamenti presso succursali di SIM e di banche, stabilite sul territorio
di detto Stato ovvero concordare altre modalità per le verifiche. Viceversa, le autorità
competenti di uno Stato comunitario, dopo aver informato la Banca d'Italia e la
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
196
CONSOB, possono ispezionare, anche tramite loro incaricati, le succursali di
imprese di investimento e di banche comunitarie dalle stesse autorizzate, stabilite nel
territorio della Repubblica. Se le autorità di uno Stato comunitario lo richiedono, la
Banca d'Italia e la CONSOB, nell'ambito delle rispettive competenze, procedono
direttamente agli accertamenti ovvero concordano altre modalità per le verifiche. La
Banca d'Italia e la CONSOB possono concordare, per le materia di rispettiva
competenza, con le autorità competenti degli Stati extracomunitari modalità per
l'ispezione di succursali di imprese di investimento e di banche insediate nei rispettivi
territori.
Ricordiamo poi che, ai sensi dell’art. 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, la Banca
d’Italia è l’Autorità garante della concorrenza nel settore del credito, ossia svolge il
ruolo di Antitrust nel sistema bancario. La concorrenza viene tutelata e promossa
quale condizione necessaria di efficienza e di solidità del sistema bancario e
finanziario. Nell’ambito di questa attribuzione, la Banca d’Italia dispone di strumenti
specifici sia per evitare che le operazioni di concentrazione costituiscano o rafforzino
posizioni dominanti nei mercati nazionale e locali, sia per intervenire nei casi di
abuso di posizione dominante e di collusione fra intermediari. Le decisioni della
Banca d’Italia per la tutela della concorrenza sono tuttavia assunte tenuto conto del
parere espresso dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
La Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi (UIC), inoltre, sono impegnati, anche in
sede internazionale, a contrastare il riciclaggio dei capitali attraverso il sistema
bancario e finanziario. L’ordinamento attribuisce alla Banca d’Italia e all’UIC i compiti
di:
analizzare sotto il profilo finanziario le operazioni sospette;
effettuare studi e analisi del fenomeno del riciclaggio ai fini della prevenzione;
collaborare, per gli aspetti di competenza, con l’autorità giudiziaria per la repressione
dei fatti illeciti.
In tale ambito, la Banca d’Italia emana istruzioni per gli intermediari bancari e
finanziari che contengono le regole organizzative e procedurali in materia di
antiriciclaggio, nonché una casistica delle operazioni e dei comportamenti anomali da
segnalare all’UIC.
La Banca d’Italia collabora con gli organi dello Stato nella prevenzione e nella
repressione del fenomeno dell’usura. A tal fine, effettua insieme con l’UIC una
rilevazione trimestrale del “tasso effettivo globale medio” praticato dalle banche e
dagli intermediari finanziari per diversi tipi di operazioni.
LE ALTRE AUTORITÀ DI VIGILANZA
Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB)
La CONSOB è stata istituita con la legge 7 giugno 1974, n. 216. È un'autorità
amministrativa indipendente con il compito di controllare il mercato degli strumenti
finanziari italiano. La sua attività è rivolta alla tutela degli investitori, all'efficienza e
alla trasparenza del mercato. La Commissione è un organo collegiale, composto da
un presidente e da quattro membri nominati con decreto del Presidente della
Repubblica, adottato su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri. Per
quanto attiene più specificamente al funzionamento dei mercati regolamentati italiani,
la CONSOB approva il regolamento delle società mercato (Borsa Italiana spa e TLX
spa) per l'ammissione, l'esclusione e la sospensione degli strumenti finanziari dal
mercato regolamentato.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
197
Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo
(ISVAP)
L'ISVAP è un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico ed è stato istituito
con legge 12 agosto 1982, n. 576, per l'esercizio di funzioni di vigilanza nei confronti
delle imprese di assicurazione e riassicurazione nonché di tutti gli altri soggetti
sottoposti alla disciplina sulle assicurazioni private, compresi gli agenti e i mediatori
di assicurazione. L'ISVAP svolge le sue funzioni sulla base delle linee di politica
assicurativa determinate dal Governo. Organi dell'ISVAP sono il Presidente, che oltre
ai poteri di rappresentanza esercita anche le funzioni di direttore generale, e il
Consiglio, le cui attribuzioni riguardano sia l'ambito organizzativo interno sia quello
dei rapporti esterni. La normativa ha attribuito all'ISVAP funzioni di controllo e di
regolamentazione, qualificando l'Istituto come un'amministrazione indipendente,
dotata di autonomia giuridica, patrimoniale, contabile, organizzativa e gestionale, che
dispone di specifica competenza tecnica e ampi strumenti operativi. L'obiettivo
dell’ISVAP è quello di assicurare la stabilità del mercato e delle imprese nonché la
solvibilità e l'efficienza degli operatori, a garanzia degli interessi degli assicuraticonsumatori e in generale dell'utenza. Funzione primaria dell'Istituto è, dunque,
l'esercizio della vigilanza nei confronti delle imprese di assicurazione, che si esercita
attraverso il controllo sulla loro gestione tecnica, finanziaria, patrimoniale e contabile,
verificandone la rispondenza alle disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative vigenti. In particolare, l'ISVAP provvede ad autorizzare le imprese
all'esercizio e all'estensione in altri rami dell'attività assicurativa nonché a svolgere
tutte le attività connesse con il rilascio di tale autorizzazione, verificando la
sussistenza delle previste condizioni di esercizio. Nell'ambito dei compiti di
supervisione prudenziale demandati all'ISVAP e volti a garantire la sana e prudente
gestione dell'impresa assicurativa, assume un rilievo particolare la vigilanza
finanziaria, che consiste nel costante controllo della situazione patrimoniale e
finanziaria dell'impresa, con riguardo, in particolare, al possesso del margine di
solvibilità e di riserve tecniche sufficienti in rapporto all'insieme dell'attività svolta
nonché di attivi congrui alla loro integrale copertura.
Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP)
La Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) è un organismo dotato di
personalità giuridica di diritto pubblico, istituito dalla legge con lo scopo di perseguire
la corretta e trasparente amministrazione e gestione dei fondi pensione per la
funzionalità del sistema di previdenza complementare. La COVIP esercita l'attività di
vigilanza sui fondi pensione e in tale ambito:
autorizza l'esercizio dell'attività dei fondi pensione;
approva gli statuti e i regolamenti dei fondi, nonché le relative modifiche;
autorizza le convenzioni per la gestione delle risorse dei fondi con gli intermediari
abilitati;
valuta l'attuazione dei principi di trasparenza nei rapporti con i partecipanti ai fondi;
esercita il controllo sulla gestione tecnica, finanziaria, patrimoniale e contabile dei
fondi, anche mediante ispezioni;
pubblica e diffonde informazioni utili alla conoscenza della materia della previdenza
complementare.
La Commissione, istituita nella sua attuale configurazione agli inizi del 1996, è un
organo collegiale formato dal Presidente e da quattro commissari. Le deliberazioni
della Commissione sono adottate a maggioranza dei votanti e comunque con non
meno di tre voti favorevoli.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
198
Il dibattito in corso sulle autorità di vigilanza
L’analisi dei ruoli e dei compiti svolti dalle principali autorità di vigilanza presenti nel
sistema bancario e finanziario italiano ha messo in luce – così come nelle parole
usate dal Ministro dell’economia e delle finanze nella sua relazione al Parlamento
sull’attività della CONSOB – che «l’attuale frammentazione delle competenze e le
modalità del loro esercizio inducono a una riflessione sulla necessità di ricondurre i
poteri a un’unica autorità preposta alla tutela del risparmio». Ecco dunque rispuntare
il dibattito sull’unificazione delle funzioni/autorità di vigilanza, teso a ridimensionare il
ruolo di alcune di esse, in particolar modo della Banca d’Italia. Le affermazioni del
Ministro Giulio Tremonti hanno ovviamente scatenato una serie di reazioni da parte
di chi, da un lato, sostiene (anche all’interno della maggioranza) il ruolo storico della
Banca d’Italia, e di chi, dall’altro, pretendendo “giustizia” per il risparmio truffato dai
recenti scandali finanziari, invoca una revisione dell’impalcatura che regola e vigila
sui comportamenti degli operatori bancari/finanziari. Sono dunque in cantiere diverse
proposte di legge che prevedono una ridefinizione dei compiti di vigilanza e un nuovo
ruolo per la Banca d’Italia: alcuni propongono la creazione di un’unica Authority
competente su banche, assicurazioni, promotori e fondi pensione; altri chiedono
semplicemente di ricondurre all’Antitrust la tutela della concorrenza nel credito
lasciando invariato l’attuale assetto della Banca d’Italia (si veda al riguardo
Un’Autorità unica per il risparmio, in Il Sole 24 Ore del 23 ottobre 2003). Nel dibattito
in corso, peraltro, non sono decisivi le scelte compiute in altri paesi europei e negli
Stati Uniti: sembra infatti non esservi un trend preciso, almeno allo stato attuale, sulla
conformazione ideale della vigilanza sui mercati finanziari e sugli intermediari che in
essi sono attivi. Ad esempio, in Inghilterra si è optato per un modello di
regolamentazione estremamente piramidale e integrato sotto il cappello della
“onnipotente” FSA (Financial Services Authority), e similmente sembra accadere in
Francia con la creazione della Authoritè des marchès financiers. Negli Usa invece
operano più organi (SEC, Federal Riserve, New York Stock Exchange, Office of the
Comptroller of the Currency ecc.) incaricati del controllo di diversi operatori finanziari,
contemperati però da un maggior ricorso all’autoregolamentazione.
Qualunque sia la scelta (per forza di cose politica) a cui si dovesse e volesse
arrivare, è a nostro avviso necessario che la discussione non scada, come spesso
accade in Italia, in uno scontro di poteri istituzionali e in una conseguente soluzione
di compromesso che salvi lo status quo. Alcuni aspetti essenziali della normativa
attualmente in vigore, specie quelli inerenti l’integrazione del settore
bancario/assicurativo/finanziario, richiedono una veloce chiarificazione. Ciò anche al
fine di meglio tutelare l’interesse dei risparmiatori-investitori e di rendere più fluido il
funzionamento e l’operatività degli intermediari.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
199
CAPITOLO 6
LE FONTI FINANZIARIE CORRENTI: I PRESTITI BANCARIE A
BREVE TERMINE,LE OPERAZIONI DI FINANZIAMENTO ALLE
IMPRESE A LUNGO TERMINE. LE OPERAZIONI PARABANCARIE.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
200
6.1
Le esigenze finanziarie dell’impresa
Nel capitolo 4 abbiamo visto come determinare il fabbisogno finanziario di
un’impresa nel corso del suo funzionamento. Dobbiamo ora chiederci se tale
modalità di calcolo possa essere utilizzata anche per una nuova azienda e quali
esigenze informative debbano essere soddisfatte per poter acquisire capitali sul
mercato da finanziatori terzi.
Per richiedere un finanziamento ad una banca o altro intermediario oppure un
contributo in conto capitale a un soggetto pubblico, occorre fornire non solo la
situazione storica dell’azienda ma soprattutto quella prospettica. Questa prassi è
ancor più importante nelle tre fasi tipiche della vita aziendale quali:
La fase di start up iniziale
La fase di crescita
Il turnaround ovvero la ristrutturazione.
A tal fine è necessario predisporre un Business plan dell’iniziativa.
Di seguito si riporta uno schema di Business Plan che pone in evidenza come le
informazioni siano di
natura quantitativa i bilanci passati e le previsioni future, con conto economico che
stato patrimoniale e fabbisogno finanziario atteso con la relativa modalità copertura).
Natura qualitativa quali le informazioni sul mercato, il prodotto, i soci,
Le Funzione del business plan
Il business plan ha tra le sue funzioni quelle di:
1. Stimolare l’imprenditore a riflettere sulla propria idea di business, nonché sulle
risorse da utilizzare e sul mercato in cui operare;
2. Valutare preventivamente la fattibilità del progetto;
3. Facilitare la presentazione dell’idea imprenditoriale all’esterno;
4. Permettere controllo e monitoraggio.
Si può comprendere pertanto quale sia l’importanza di mostrare ai terzi sia che
finanziatori che potenziali soci il business dell’impresa e i suoi punti di forza.
Il progetto d’impresa
Nel caso della nascita di una nuova impresa la medesima nasce da un’idea, da un
intuizione: quale la scoperta di una nuova tecnologia, l’espansione della domanda di
un prodotto/servizio, la modificazione dei gusti e delle propensioni di acquisto dei
consumatori, il successo di altre imprese, l’individuazione di un bisogno e di una
carenza del mercato. Da questa intuizione dell’imprenditore, deve partire un
processo organizzato di verifica dell’idea. Questo processo di analisi porta alla
redazione del piano di fattibilità o business plan per verificare se l’idea
imprenditoriale ha un mercato e se il prodotto/servizio può essere acquistato dal
consumatore e a che prezzo.
In dettaglio si riportano le caratteristiche che da questo progetto di impresa
emergeranno:
le caratteristiche tecniche che avrà il prodotto/servizio
le tecnologie/attrezzature necessarie
il tipo di mercato che si intende servire
l’immagine che si vuole dare all’impresa le politiche promozionali che si
intendono attivare
le politiche di prezzo
il capitale necessario per avviare e gestire l’impresa
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
201
i soci/collaboratori da coinvolgere
La forma giuridica più adeguata
Gli adempimenti burocratici da espletare
Per un’azienda in fase di crescita che magari ha la necessità di finanziare o trovare
soci per una nuova iniziativa o uno sviluppo dell’attuale business, il progetto sarà più
focalizzato su determinati aspetti essendo l’azienda già operante.
Di seguito in sintesi si riportano gli aspetti salienti da riportare nel Business Plan.
Definizione della missione aziendale
Attraverso l’illustrazione dell’idea imprenditoriale, lo stato di avanzamento del
progetto, le motivazioni, i caratteri distintivi e gli eventuali elementi di innovazione
Definizione della formula imprenditoriale
Va evidenziata il sistema di prodotto/servizio offerto, quale sia il mercato di
riferimento, i clienti potenziali o attuali, i concorrenti, l’attività commerciale che sarà
svolta, la struttura organizzativa (risorse, organizzazione dell’attività, forma di
gestione, ecc) le caratteristiche professionali dei promotori e le loro precedenti
esperienze imprenditoriali ( aspetto molto importante nel caso di nuove iniziative).
Definizione dei numeri attesi
Questo aspetto è di particolare importanza perché tocca la fase quantitativa del
Business Plan. I potenziali investitori o finanziatori si attendono una previsione dei
numeri aziendali sia come ricavi che risultato economico atteso, ma soprattutto
vogliono capire come sarà finanziato il piano degli investimenti e quali saranno le
risorse finanziarie che i soci promotori dell’iniziativa apporteranno al progetto.
Sarà necessario quindi definire il piano degli investimenti, la loro destinazione, Il loro
ammortamento al fine di determinare il pay out del medesimo.
L’azienda dovrà predisporre anche un Budget analitico dei costi di prodotto al fine di
determinare il punto di pareggio nonché un Preventivo del conto economico, con
relativa previsione delle entrate e delle uscite e del Fabbisogno finanziario di breve,
medio e, lungo periodo con le relative fonti di copertura.
In ultima analisi si dovrà dimostrare all’investitore che cosa si offre e che cosa si
chiede in cambio.
Di seguito si riportano alcuni esempi di tabelle che evidenziano i dati aziendali.
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6.2
LA BANCA E IL MERCATO DI RIFERIMENTO
La legge Bancaria, l. 385. introdotta dal 1/1/1993, connessa alla graduale
liberalizzazione dei mercati imposta dalla CEE ha portato il sistema bancario aduna
profonda modificazione.
Infatti, fino a tale data l'ordinamento dei sistema bancario era basato sul concetto
della specializzazione e sulla netta separazione fra Banca e Impresa.
La normativa era volta ad evitare le problematiche registrate dopo la prima guerra
mondiale, quando si erano prodotte devastanti crisi bancaria conseguenti alla troppo
stretta connessione fa le banche e le imprese clienti.
La Legge Bancaria dei 1936 aveva negato alla Banche di partecipare al capitale di
rischio delle imprese e aveva specializzato il credito in quello a breve termine e in
quello a medio- lungo termine.
Poiché il mercato europeo stava operando in senso difforme la Banca di Italia con la
revisione della legge Bancaria ha reso possibile un’unitarietà di modalità operative
nell'ambito della Cee.
Pertanto le Banche italiane possono partecipare al capitale di rischio con determinati
limiti (15% dei propri fondi e/o 60% dei propri fondi per cumulo di partecipazioni) e
soprattutto oggi operano tranquillamente nell'impiego a medio- lungo termine pur con
limitazioni correlate al patrimonio e alla durata della propria raccolta.
Queste limitazioni sono imposte per mantenere un equilibrio nelle fonti finanziamento
delle banche.
Quanto sopra connesso alla possibilità di ampliare l'operatività anche nel
parabancario e alla liberalizzazione totale degli sportelli ha determinato una profonda
modificazione dei sistema bancario.
Infatti, oggi ci troviamo di fronte ai seguenti fenomeni principali:
accorpamento di istituti di credito con razionalizzazione delle reti di sportelli
individuazione di player nazionali ed internazionali nel settore delle banche
forte espansione nel retail
ampliamento dei canali distributivi e del numero degli intermediari
forte espansione degli impieghi a medio lungo termine (soprattutto nei privati)
con conseguente sviluppo delle operazioni di securitation.
rilevanza sempre inferiore nei conti economici bancari dei margine interesse.
Si è verificato un cambiamento dello scenario operativo delle banche in
conseguenza dei mutamenti strutturali imputabili a:
deregolamentazione
mutamento della natura dei vincoli operativi e di vigilanza
disintermediazione
A tale cambiamento le banche hanno fronte con
Nuove metodologie di valutazione del merito di credito allineate a Basilea 2.
nuovi strumenti operativi,
modelli di segmentazione della clientela
Nuove strutture organizzative (retail, corporate, private).
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
205
Ottenendo così un miglioramento di processo e del proprio business ponendone il
focus sulla relazione con il cliente.
6.2.1 La segmentazione della clientela e il mutamento organizzativo
L’attività creditizia delle banche, in conseguenza dei mutamenti del mercato e dei
processi d’accorpamento del settore, ha subito profonde modificazioni.
Infatti, il modello commerciale tradizionale, basato sugli sportelli e sulla copertura di
tutte le possibili esigenze rivenienti dal cliente, si è modificato rivolgendo la massima
attenzione al “valore “ rappresentato dalla clientela.
A tal fine sono stati introdotti nuovi modelli organizzativi e distributivi.
Organizzativi
Suddivisione della clientela in TARGET:
RETAIL (con possibili ulteriori divisioni), rappresentata dalle famiglie produttrici di
reddito, liberi professionisti e piccole imprese
CORPORATE (con possibili ulteriori divisioni su base dimensionale) rappresentata
dalle imprese
Tale suddivisione consente una razionalizzazione delle strutture organizzative
dedicate a seguire i vari target (gestori di relazione).
Distributivi
Al fine di raggiungere il maggior numero di clientela potenziale e seguire al meglio
quella esistente, le banche hanno avviato canali distributivi alternativi e
complementari alla tradizionale struttura rappresentata dagli sportelli.
Pertanto il prodotto bancario è collocato per mezzo di una struttura multicanale
quale:
Rete di sportelli
Promotori e Private Bankers
Negozi e/o punti vendita in franchising
Internet, con rete distributiva dedicata
In base a quanto sopra riportiamo in dettaglio la matrice dei prodotti creditizi suddivisi
per Target di clientela.
CORPORATE
Aperture di credito
Affidamenti smobilizzo crediti e factoring.
Operazioni a medio- termine e leasing
Crediti di firma
Operazioni di copertura rischi tasso, cambio etc.
Finanza d’Azienda (start up, finanziamenti in pool).
Emissione/sottoscrizione obbligazioni
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206
RETAIL-PRIVATE
Aperture di credito
Crediti di firma
Prestiti a medio termine
Mutui
Operazioni connesse ad operatività in derivati e titoli.
6.3
Le “ regole bancarie” nella valutazione e concessione del
credito.
6.3.1 Definizioni
L’attività creditizia quantunque “deregolamentata” necessita di una classificazione in
base alla scadenza, alla tipologia, al rischio e al target di riferimento della
clientela.
Scadenza
Finanziamenti a breve termine
Gli interventi tendono a soddisfare due tipi d’esigenze tra loro molto diverse:
Esigenze di natura finanziaria saltuaria e non connesse a piani programmati.
Fabbisogno finanziario programmato secondo esigenze prospettiche già
definite.
Nel primo caso significa poter disporre di strumenti elastici in grado di
garantire disponibilità di risorse finanziarie in tempi brevi, tipico esempio è
l’apertura di credito in conto corrente, lo sconto, l’accredito salvo buon fine e lo
smobilizzo crediti, nel secondo caso lo sconto di pagherò diretti,
l’anticipazione su beni, il factoring, il riporto di banca, la polizza di credito
commerciale, l’accettazione bancaria e la cambiale finanziaria.
Finanziamenti a medio- lungo termine
La funzione dei finanziamenti a medio- lungo termine è quella di coprire esigenze
finanziarie durature, connesse all’investimento in immobilizzazioni o al
consolidamento di passività a breve termine.
L’ottenimento di tali finanziamenti richiede tempi spesso non brevi e presuppone la
concessione d’adeguate garanzie (in genere ipotecarie).
Gli strumenti più diffusi sono il mutuo, il leasing e l’emissione di titoli obbligazionari.
Tipologia
OPERAZIONI PER CASSA
Sono gli interventi che consentono al cliente di avere a disposizione una somma di
denaro; pertanto le varie forme tecniche tradizionali sono da considerare interventi
per cassa.
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207
OPERAZIONI DI FIRMA
Tali operazioni presuppongono l’assunzione di un impegno di firma da parte della
Banca a favore di terzi nell’interesse del proprio cliente.
I principali crediti di firma possono essere così classificati:
Credito di fideiussione
Credito di avallo
Credito di accettazione
Credito documentario
Operazioni connesse a coperture finanziarie (opzioni, I.R.S).
Rischio
Le operazioni creditizie sono suddivise secondo categorie di rischio che tengono
conto dell’organizzazione della Banca e delle segnalazioni obbligatorie di vigilanza.
Il criterio di classificazione adottato in quattro categorie può così essere riassunto:
prima
Operazioni che non consentono il controllo
dell'utilizzo e senza una specifica fonte rimborso
Operazioni che non consentono il controllo
dell'utilizzo.
Operazioni con un’identificata fonte di rimborso ma
con incasso non certo.
Operazioni di smobilizzo crediti ad una sola firma
Operazioni a fronte delle quali il patrimonio
responsabile è solo quello del richiedente.
seconda
Operazioni di smobilizzo crediti con doppia firma,
con cessione del credito
terza
Operazioni con garanzia reale, ipotecaria e su altri
beni.
quarta
Operazioni con garanzia reale su denaro, titoli di
stato o equiparabili, fideiussione di primaria banca
6.3.2 La metodologia
L’ISTRUTTORIA
L’attività consiste nell’acquisizione e nell’analisi della documentazione necessaria, da
parte dei gestori della clientela (addetti della rete e della Direzione Generale al fine
di:
Effettuare un'adeguata valutazione del merito creditizio del richiedente sotto il
profilo reddituale, finanziario e patrimoniale;
Determinare una corretta remunerazione del rischio assunto.
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208
Di seguito sono specificati i principi generali d'approccio alla fase istruttoria.
Occorre fare una differenziazione fra persone fisiche (privati o produttrici di reddito
come da classificazione Bankit) e persone giuridiche
Documentazione
Persone fisiche:
Privati
Identificazione
(documento di identità e codice fiscale )
Situazione personale
Con dettaglio delle proprietà personali, degli
affidamenti presso il sistema e degli impegni per mutui leasing, stato civile e
regime patrimoniale
Richiesta con indicazione della destinazione dell’affidamento.
Dichiarazioni fiscali modello unico o mod. 730 del richiedente e/o dei garanti
Liberi professionisti
Indicazione sull’appartenenza ad albo professionale e descrizione dell’attività.
artigiani
Indicazione sull’attività
Modello unico
bilancio
La richiesta dovrà essere sottoscritta dalla persona fisica,
Nel caso di richieste avanzate da:
•
Minori di età
•
interdetti
•
inabilitati
•
procuratori
dovranno essere effettuate valutazioni specifiche di carattere legale.
Persone giuridiche:
atto costitutivo e statuto sociale con aggiornamenti al fine di determinare i poteri
di firma
visura della Camera di Commercio
presentazione dell’attività aziendale e del management
richiesta con indicazione della destinazione dell’affidamento
bilanci approvati degli ultimi 3 esercizi
budget previsionale
dichiarazioni fiscali
affidamenti presso il sistema
situazione degli impegni a medio termine ( mutui, finanziamenti,leasing ecc.)
appartenenza a gruppi societarie
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209
business plan analitico (per nuove iniziative o per progetti di investimento
poliennale o di importo considerevole rispetto alle dimensioni aziendali o
poliennali).
Ulteriori informazioni
Da fonti esterne
visure ipo-catastali
tramite professionisti incaricati dalla Banca
protesti e Bilanci
tramite il collegamento con CERVED
1° informazione Centrale Rischi, utilizzando la Pr ocedura
analisi del settore di appartenenza
perizie di stima su immobile
tramite di professionisti incaricati dalla Banca
Da fonti interne
eventuali richieste declinate in precedenza e problematiche pregresse
situazione dell’andamento del rapporto (per clienti della Banca)
informazioni sui collegamenti giuridico -economico con altri soggetti affidati
LA VALUTAZIONE
In questa fase sulla scorta del sopracitato quadro informativo, da approfondirsi con la
validazione e l’interpretazione delle informazioni assunte, si accerta la capacità di
rimborso del richiedente il fido, in relazione alla potenzialità economica e reddituale e
alla sua capienza patrimoniale.
Pertanto dovranno essere presi in considerazione per
le dichiarazioni fiscali
la busta paga
il patrimonio responsabile, personale o dei garanti
la coerenza dell’importo, della forma tecnica e della durata in correlazione alla
capacità di rimborso del richiedente e alla destinazione del finanziamento
Persone giuridiche
i progetti di investimento e i programmi futuri
le capacità di reddito
i fabbisogni finanziari attuali e prospettici
la situazione finanziaria e patrimoniale
l’esposizione diretta e indiretta degli obbligati, nei confronti della banca e del
sistema tenuto conto dell’’andamento del settore economico di appartenenza
l’esposizione verso il sistema bancario -finanziario
le informazioni presenti nel sistema informativo della banca
l’eventuale appartenenza ad un gruppo e la relativa esposizione
le indicazioni del business plan
L’analisi potrà differenziarsi secondo la natura giuridica del richiedente, privati,
imprese o gruppi economici. Per quanto riguarda le aziende, la valutazione sotto il
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
210
profilo economico - finanziario dovrà considerare il posizionamento sul mercato e
l’andamento del settore economico d'appartenenza correlato ai dati di bilancio.
Altri aspetti da considerare nella valutazione del merito creditizio sono i seguenti:
Vincoli posti dalla normativa di Vigilanza; (gruppo d'appartenenza e limite sui
Grandi Rischi).
Rilievi e segnalazioni interne;
Dati di lavoro precedenti;
Entità dell’esposizione;
Risultanze della Centrale dei Rischi;
Garanzie offerte.
L’importo, la forma tecnica e la durata dell’affidamento devono risultare congruenti
con le finalità dichiarate ed in linea con la capacità di rimborso determinata.
La fase di valutazione trova completamento nella PROPOSTA che rifletterà:
I risultati dell’attività svolta durante l’istruttoria,
le condizioni essenziali per la gestione del rapporto,
le eventuali motivazioni strategiche o commerciali sottese alla relazione, legate
alle opportunità di mercato e agli effetti indotti dal radicamento del rapporto.
il rischio dell’affidamento misurato con le metodologie definite dalla Direzione e
approvate dal Consiglio d'Amministrazione.
La Delibera
L’organo referente in materia deliberativa su tutto il sistema della concessione di
credito è il Consiglio d'Amministrazione, il quale, ai sensi di quanto disposto dallo
statuto sociale, può delegare parte delle proprie attribuzioni ad altri organi o funzioni
aziendali.
Questa materia è disciplinata con specifiche delibere, avuto riguardo ai profili di
rischio, alle esigenze organizzative e alle competenze operative delle unità delegate.
Le Garanzie, Il Perfezionamento E L’erogazione
Le garanzie
Le garanzie che la Banca potrà acquisire a tutela del rischio assumendo sono
normalmente suddivisibili in due categorie:
Garanzie REALI
Pegno
Ipoteca
Privilegio
Garanzie PERSONALI
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211
Fidejussione
Avallo
Esiste un’ulteriore tipologia di tutele intermedie normalmente connesse ad
un’operazione specifica:
Altre GARANZIE
Cessione del credito
Delegazione di pagamento
Lettera di patronage
Il perfezionamento e l’erogazione
Le linee di credito concesse e deliberate diventeranno operative solo ad avvenuto
perfezionamento di quanto previsto nella delibera.
A tal fine il servizio competente provvederà direttamente o tramite il gestore della
relazione ad acquisire le garanzie previste utilizzando la specifica modulistica e
predisporrà lo schema contrattuale richiesto dalla specifica forma tecnica
d'erogazione e dalla natura del contraente; coerenti con quelli della delibera di
concessione dell’affidamento.
A perfezionamento avvenuto la linea di credito sarà messa disposizione per cassa o
per firma nella forma tecnica deliberata.
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212
6.4 Le esigenze di finanziamento del cliente e le forme tecniche
Il ruolo fondamentale di sostegno finanziario alle imprese è svolto dalle banche, le
quali rappresentano i tradizionali “prestatori di fondi” nel sistema economico. Il
sistema bancario affianca il tessuto produttivo attraverso una politica del credito di
ampia liquidità, volta a finanziare sia gli investimenti che il capitale circolante. Le
banche hanno, negli anni, sviluppato un’ampia offerta di prodotti capaci di soddisfare
le diverse necessità che le imprese incontrano sia nella fase di start up che nella fase
di sviluppo in particolare è possibile classificare i tradizionali prodotti finanziari offerti
dalle banche sulla base degli obiettivi gestionali e strategici che essi soddisfano:
•
•
•
•
finanziamenti del circolante
finanziamenti per lo sviluppo
finanziamenti per operazioni con l’estero
crediti di firma
Una volta emersa dall'istruttoria, comunque condotta, l'affidabilità del richiedente
sarà quindi essenziale approfondire con. Il potenziale cliente le necessità aziendali
ed orientare la successiva fase di esame in rapporto alle esigenze prospettate. Sono
comunque anche numerosi i casi in cui sia lo stesso funzionario della banca a dover
orientare il richiedente verso la giusta risposta alle sue generiche necessità di
credito, e ciò in base all'esame della struttura patrimoniale dell'azienda, della sua
capacità di reddito, della sua situazione finanziaria.
L' azienda richiedente potrà avere delle necessità di investimento in immobilizzi di
varia natura, oppure manifestare esigenze di liquidità immediate.
Nel primo caso sarà necessario intervenire con operazioni a medio e lungo termine
(cioè oltre l'anno), nel secondo si interviene con il credito a breve.
INTERVENTI A BREVE
Sono destinati al finanziamento dell'attività corrente di produzione e vendita
dell'azienda. Esaminiamo le principali forme tecniche e la loro destinazione.
1 –Apertura di credito in conto corrente.
E' la forma più diffusa e in genere gradita dal cliente ma è anche la più pericolosa per
la banca e la più onerosa per il cliente. La forma tecnica è destinata a finanziare gli
squilibri temporali che si producono nel processo di lavorazione e vendita dei
prodotto, e, più precisamente tra il momento dell'esborso di cassa sostenuto per il
pagamento della materia prima e il momento dell'incasso dei crediti dal proprio
cliente, o, più frequentemente, di smobilizzo presso la banca del credito verso i clienti
formatesi con la vendita del prodotto.
ESEMPIO
Supponiamo di avere un'azienda con un fatturato di 6 milioni di euro annui, che abbia
un periodo di lavorazione e immagazzinamento delle merci medio di 80 giorni, un
pagamento delle materie prime a 60 gg. e un incasso dei crediti mediamente a 90
gg. In questo caso vi sarà una necessità di copertura finanziaria per 110 giorni (cioè
tempi di lavorazione -tempo di pagamento della materia prima + tempo di incasso dei
crediti) che, se si ricorrerà allo smobilizzo del credito mediante sconto o anticipo su
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213
fatture sarà sostenuto per circa 90 giorni dalle linee di credito specifiche per
smobilizzo crediti e per circa 20 gg dall'apertura di credito in c/c.
Questo cliente quindi dovrebbe necessitare presso il sistema, ipotizzando un
andamento delle vendite distribuito regolarmente nel corso dell'esercizio, di fidi in c/c
per circa € 300.000 e commerciali per circa € 1.500.000. Il calcolo è valido, quando vi
è corrispondenza esatta tra capitale circolante e l’esposizione debitoria a breve, cioè,
quando tutta l'attività corrente dell'azienda è finanziata con capitali di prestito a
breve. Se una parte è finanziata con mezzi propri o con prestiti oltre il breve, invece,
il fabbisogno in c/c diminuirà. Ma se la situazione tra passivo a breve e attivo di
realizzo è pressoché in equilibrio, non devono risultare consistenti differenze negli
utilizzi in CR rispetto al calcolo sopra esposto; se risultano maggiori utilizzi in c/c,
vuoi dire che l'azienda utilizza lo scoperto per finanziare gli immobilizzi, o, peggio,
per coprire perdite in corso di esercizio; se invece risultano eccessivi utilizzi per
smobilizzo di crediti, può essere il segno di irregolarità nell'emissione di portafoglio o
di anticipi su fatture.
2 – Apertura di credito straordinarie e sovvenzioni cambiarie.
Sono operazioni di finanziamento equivalenti alle aperture di credito ordinarie in c/c,
ma destinate al finanziamento di esigenze straordinarie e stagionali; hanno scadenza
fissa, anziché a revoca. Quelle cambiarie, in verità ormai desuete, possono offrire il
vantaggio di avere a disposizione in caso di mancato rientro alla scadenza un titolo
esecutivo scaduto da azionare, rendendo più spedito l'avvio di eventuali azioni
esecutive; per la clientela più sprovveduta, inoltre, assumono forma più cogente per il
rispetto della scadenza, non essendo a tutti noto che i titoli diretti non sono protestati,
vista l'assenza di firme di girata.
3 - Finanziamenti all'importazione
In genere l'acquisto di materie prime dall'estero non consente all'acquirente il ricorso
a dilazioni di pagamento, per la difficoltà di una conoscenza diretta tra i due soggetti
della vendita; è pertanto richiesto alla banca o un credito di firma per garantire un
pagamento dilazionato (aperture di credito all'importazione), oppure di effettuare con
fondi propri il pagamento all'estero delle merci acquistate così da consentire
all'azienda acquirente di effettuare la lavorazione dei materiali e la vendita del
prodotto derivato. Spesso si interviene con entrambi le linee di credito,
concretizzando in una prima fase un intervento per credito di firma e trasformandolo
poi per cassa all'atto del pagamento. Una volta effettuata la vendita del prodotto
trasformato, comunque, il finanziamento deve rientrare o per contanti, se la vendita è
avvenuta con pagamento immediato, o mediante l'anticipo del credito cui la vendita
ha dato origine. Pertanto la durata del finanziamento deve essere rapportata, nella
media, ai tempi consueti per la lavorazione e commercializzazione del prodotto. Le
eccezioni devono essere giustificate.
4 - Sconto
E' l'operazione classica di anticipo su crediti, da tempo in realtà divenuta meno
consueta per il costo del bollo sui titoli di credito. Il ricorso alla circolazione cambiaria
oggi avviene prevalentemente nei casi in cui la più comune forma di pagamento, la
ricevuta, non è onorata dal debitore; ciò è particolarmente vero per le accettazioni,
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214
che in genere sono sottoscritte da nominativi in altro modo insolventi. Accanto a
questa forma legale è andata sempre più sviluppandosi quella illegale dell'assegno
postdatato, che nei fatti evade l'imposta dì bollo, e sulla quale nessuna operazione è
possibile. Nel caso dello sconto avviene una regolare cessione del credito tra cliente
e banca mediante l'apposizione della firma di gira sui titoli scontati; se si tratta di
accettazioni o di tratte accettate, la cessione è anche opponibile al debitore.
5 - Anticipi di crediti non assistiti da titoli di credito.
La forma più comune è l'anticipo sbf di ricevute, cartacee o elettroniche.
L'operazione è completamente in bianco per la banca la quale tutt'al più può
richiedere per controllo copia delle fatture a fronte delle quali sono state emesse le
ricevute. L'operazione avviene tecnicamente con modalità diverse; in alcuni casi
l'importo della presentazione viene accreditato sul c/c ordinario del cliente con valuta
a scadere; si produce così una scopertura per valuta sui prelevamenti che il cliente
effettua prima del maturare della valuta, ad un tasso stabilito; in altri casi l'accredito
sul conto ordinario del cliente avviene con valuta corrente, mentre la scopertura si
produce su apposito conto di servizio, anche solo dì evidenza, per l'intero importo o
per gli importi richiesti dal cliente secondo le sue necessità, in modo che il c/c
ordinario risulta sempre coperto per valuta; altra possibilità è quella di applicare il fido
sbf sul conto unico ove è incardinata l'apertura di credito, cumulando su di esso i due
affidamenti e stabilendo tassi differenziati a seconda dei loro limiti.
Oggi si è anche molto diffuso l'anticipo a fronte di fatture, generalmente a carico di
primari nominativi che pagano a rimessa diretta; il credito deve essere canalizzato
sulla banca che anticipa o tramite mandato all'incasso o tramite cessione del credito.
Procedure praticamente analoghe, dopo la liberalizzazione del commercio
internazionale, seguono gli anticipi all'esportazione. Per commesse consistenti,
prevalentemente estere ma anche nazionali, si può intervenire, naturalmente in
percentuali ridotte, anche per finanziare contratti di un certo importo, allo scopo di
fornire al cliente accompagnamento finanziario nell'esecuzione di grosse commesse
che richiedono tempi di realizzazione notevoli e corrispondente impegno finanziario.
Può anche accadere che le imprese ricorrano, pur in presenza di liquidità propria, al
finanziamento in valute diverse dall’euro di operazioni di esportazione, a volte
anche richiedendo la misura del 100%; tali richieste sono dettate in tal caso dalla
volontà di assicurare il ricavo contro il rischio di cambio relativo al periodo di
dilazione concesso all'acquirente estero
Anche per lo sconto e gli anticipi su crediti l'entità delle linee di credito complessive
offerte dal sistema bancario dovrà essere rapportato al fatturato e alla media dei
tempi di incasso dei crediti (es. fatturato 1.000 mensile; velocità rotazione crediti 90
gg.; esigenze di fidi di smobilizzo 1000 x3 = 3.000).
6 – Aperture di credito ipotecaria in conto corrente
L'A/c ipotecaria vera e propria, da distinguersi dalla semplice apertura di credito in
c/c assistita da garanzia ipotecaria, consiste in una linea di credito pluriennale, in
genere di importo decrescente, da utilizzarsi in c/c specifico ove non possono
consentirsi eccedenze. La durata massima è di dieci anni, l'addebito degli interessi
trimestrale, la revisione del tasso annuale. La decurtazione dell'a/c è di nonna
semestrale, ad importi fissi o crescenti. E' un'operazione oltre il breve per le banche,
ma date le caratteristiche di elasticità di utilizzo del c/c, assume per le imprese forme
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assimilabili al credito a breve. E' sempre possibile il rimborso anticipato, ma la
cancellazione dell'ipoteca deve essere accordata solo nel caso che non si corrano
rischi di revocatoria del pagamento. Il trattamento fiscale dell'operazione è favorevole
prevedendo solo un'imposta sostitutiva dell'imposta di bollo e di registro. L'ipoteca,
se rispetta le caratteristiche previste dagli articoli 38 e segg. della legge 385, assume
le caratteristiche dell'ipoteca fondiaria.
7 - Riporti.
La banca si impegna a finanziare il cliente acquistando a pronti titoli di sua proprietà,
mentre il cliente si assume l'obbligo di riacquistare a termine titoli della stessa specie
a un prezzo maggiorato degli interessi.
8 -Altri strumenti di finanziamento (operazioni in pool).
Per clientela di elevata rispondenza e standing sono in uso anche operazioni di
finanziamento più complesse e con modalità operative più raffinate. Intanto hanno
una certa diffusione le operazioni in pool ove numerose banche concorrono proquota ad un'unica operazione di finanziamento organizzata e gestita dalla banca
capogruppo; questa, in cambio di una commissione, si occupa della fase gestoria
dell'operazione e della sua regolarizzazione contabile, ripartendo i profitti tra le
partecipanti. Ciascuna banca partecipa anche per importo differenziato. I tassi
possono essere uguali prefissati con rivedibilità in genere trimestrale e ancoraggio a
precisi parametri. A volte il tasso fra le banche partecipanti è diverso; in questo caso
la società affidata in pool preavvisa una traenza di un determinato importo alla banca
capogruppo, la quale utilizza le linee di credito delle banche aderenti partendo da
quella che ha offerto il tasso più basso e proseguendo in ordine di tasso crescente,
per cui le banche con tassi più elevati potranno non ricevere utilizzi o riceverli in
misura ridotta (clausola bid-line, cioè con opzione di offerta). Spesso tali linee di
credito comportano anche la clausola che un gruppo di banche, dette sottoscriventi,
si impegnano comunque a erogare il finanziamento alla società ad un tasso
predeterminato nel caso in cui le banche partecipanti, che costituiscono il secondo
gruppo, non offrano tassi più vantaggiosi per assicurarsi l'utilizzo; le sottoscriventi,
però, ricevono in questo caso una commissione di mancato utilizzo del credito.
Ovviamente le offerte di tasso pervengono singolarmente alla capofila che si
impegna a non portarle a conoscenza delle altre banche aderenti all'operazione.
Nelle operazioni in pool il rischio è ripartito pro-quota tra le banche aderenti,
ciascuna delle quali si impegna a non avviare azioni di recupero senza preavvisare le
altre o concordarlo con loro; per l'impresa si ha il vantaggio di un rapporto con più
banche amministrato come se fosse un unica linea di credito e con il tasso medio più
favorevole disponibile. Le operazioni di questo tipo, ma anche linee di credito
consistenti erogate singolarmente dalle banche in unica tranche prefissata, possono
essere integrate da clausole particolari che rendono lo strumento più flessibile; tali
clausole sono:
stand-by che è la possibilità di graduazione di utilizzo con predeterminazione
del tasso, ancorato a parametri precisi, preavviso e commissione di mancato
utilizzo;
evergreen che prevede la possibilità di rimborsi e riutilizzi, sempre con
preavviso.
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9 - 1 crediti di firma
Per fidejussioni passive si intendono le garanzie fidejussorie prestate dalla banca a
favore di un terzo nell'interesse di un cliente della banca stessa.
Due sono le forme diffuse nell'operatività; fidejussioni a garanzia della solvenza e
fidejussione a prima richiesta, o automatiche. Nel primo dei due casi, la banca si
rende solo garante della solvibilità del suo cliente. Se ne danno due casi: nel primo,
perché la banca sia chiamata a rispondere dovrà prima accertarsi l'insufficienza
patrimoniale del cliente, che andrà quindi preventivamente escusso. Nel secondo,
più frequente, non è pattuito il beneficio della preventiva escussione; anche in questo
secondo caso, comunque, se vi dovesse essere contestazione del credito, la banca
si asterrà dal pagare fino alla pronuncia di sentenza avversa al proprio cliente. E'
anzi meglio sottolineare con apposita clausola questa circostanza.
In pratica fidejussioni di questo tipo richiedono come unica indispensabile
valutazione quella circa il merito creditizio del cliente che ne fa richiesta; se esso è
sufficiente, e considerando che viene, assunta analoga controgaranzia nei confronti
della banca, non dovrebbero esserci particolari problemi. Tra l'altro il rilascio di
controgaranzia non è nient'altro che un rafforzamento della previsione di legge
relativa all'azione di regresso e non costituisce un vero e proprio impegno
fideiussorio correlato al primo, per cui il termine controfidejussione, d'uso comune, è
improprio.
Sotto il profilo tecnico si è soliti classificare il credito di firma in due categorie,
secondo la loro natura:
crediti di firma che assistono obbligazioni di fare del cliente, destinati, in
sostanza, a sostituire i depositi cauzionali richiesti da terzi;
crediti di firma che facilitano al cliente il soddisfacimento del fabbisogno
finanziario, e che pertanto sono sostitutivi di affidamenti per cassa (es. garanzie
a terzi per un finanziamento).
Alcuni crediti della prima categoria sono impegni di firma che hanno in realtà solo
l'apparenza del credito di firma, per la loro trasformabilità immediata e certa in
esborsi di cassa; tali sono i crediti documentari irrevocabili con pagamento a vista,
sui quali la traenza è sotto la potestà di terzi. La banca può assumere nelle
operazioni di firma la veste di obbligato diretto, come appunto nei crediti documentari
o nelle accettazioni bancarie, o di coobbligato, come nelle fidejussioni, molte delle
quali, però, essendo a prima richiesta, hanno praticamente caratteristiche analoghe
all'obbligo diretto. Di quest'ultimo tipo sono anche le obbligazioni di avallo.
Cerchiamo ora di chiarire più in dettaglio le caratteristiche di queste obbligazioni,
partendo dalle più diffuse che sono appunto le fidejussioni passive. L'atto è
comunque importante, in quanto in esso il cliente dichiara di prendere attenta, nota
dei suoi impegni correlati alla operazione, per cui è di fondamentale importanza che
venga esattamente riportato il testo della fidejussione richiesta alla banca e che
venga pattuita la durata dell'impegno fino alla restituzione dell'atto rilasciato dalla
banca o alla lettera di scarico da parte del garantito. Anche l'atto di controgaranzia è
atto impegnativo del patrimonio, e va quindi sottoscritto dall'organo competente per
la straordinaria amministrazione. Purtroppo la fidejussione a garanzia della semplice
solvenza è andata progressivamente rarefacendosi in favore dell'altra forma, la
cosiddetta fidejussione automatica o a prima richiesta, che comporta ben altra
problematica. Tale forma di garanzia è molto diffusa anche nelle operazioni con
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217
l'estero; i rapporti intervengono in questo caso, di norma, tra due banche
corrispondenti perciò l'impegno fideiussorio è preso nei confronti di banca estera.
GLI INTERVENTI OLTRE IL BREVETERMINE: IL CREDITO FONDIARIO
INTERVENTI E MEDIO E LUNGO TERMINE
Sono costituiti da mutui dì credito fondiario, in genere a privati, e da operazioni
industriali verso imprese. Si ricorda che per la loro durata essi richiedono la presenza
di garanzie reali, in genere ipoteca, più raramente, per le imprese, privilegio speciale
su macchinari. Per esse finanziano investimenti di lungo respiro (stabilimenti,
impianti, talora macchinari) che richiedono notevoli esborsi liquidi immediati ma che
produrranno benefici reddituali graduali, divisi in più esercizi. Fondamentale per la
concessione di questi finanziamenti non è tanto la capienza della copertura
ipotecaria (che pure è necessaria) quanto l'analisi della capacità di rimborso, data
dalle prospettive di reddito futuro dell'azienda in relazione all'investimento
programmato. Nel caso di privati, invece, occorrerà tener conto dei redditi prodotti
per valutare la sostenibilità delle rate. A tale scopo, all'esame dei bilanci pregressi
dell'azienda richiedente, andrà affiancato quello dei budget futuri, contenenti
previsioni attendibili circa gli sviluppi del reddito d'impresa e quindi dei flussi di cassa
(cash-flow), dai quali dovranno pervenire i fondi necessari al pagamento delle rate
semestrali del mutuo. Ai privati, oltre alla certificazione dei redditi prodotti, si chiederà
di indicare le spese mensili e gli eventuali introiti di diversa provenienza, per valutare
l'effettiva liquidità disponibile per far fronte agli impegni delle rate. Il credito fondiario
è materia per la quale la più recente legislazione ha innovato in modo
particolarmente significativo, trasformando radicalmente l'impianto tecnico
tradizionale. Le vecchie leggi, infatti, distinguevano tra credito fondiario e credito
edilizio; il primo era relativo all'acquisto dei beni immobili già esistenti, il secondo,
invece, alla costruzione di nuovi immobili. Il credito fondiario prevedeva la forma
tecnica del mutuo ad ammortamento rateale, di norma semestrale, e
dell'anticipazione fondiaria a scadenza unica fissa dal 18° mese in poi. L'erogazione
di operazioni della specie era demandata ad Istituti di Credito Speciale e alle Sezioni
Speciali di banche di diritto pubblico; alla specializzazione degli impieghi oltre il breve
termine corrispondeva analoga caratteristica sul versante della raccolta. Alle banche
di credito ordinario non era del tutto precluso il comparto operativo oltre il breve
termine, ma le loro erogazioni non rientravano nella specifica normativa prevista dal
fondiario e, in particolare, non si aveva il consolidamento agevolato, in 10 giorni,
dell'ipoteca. La 385 (nuova legge bancaria), come è noto, si basa sul presupposto
della despecializzazione bancaria, allineando la normativa italiana a quella
dominante nell'Unione Europea e, in particolare, al sistema creditizio tedesco.
La despecializzazione consente l'operatività nel settore fondiario a tutte le banche,
senza più alcuna distinzione, e, di conseguenza, allarga ai vecchi Istituti di Credito
Speciale l'operatività nel settore del breve. La LEGGE 385 ha previsto anche una
nuova normativa fondiaria, aggiornando e semplificando le vecchie procedure
consolidatesi negli anni e prevedendo anche l'abrogazione della normativa
precedente incompatibile.La semplificazione conseguita, però, ha determinato, e
tuttora determina, non pochi problemi interpretativi, su molti dei quali, tra l'altro, non è
ancora possibile fornire un'interpretazione sicura, mancando pronunciamenti della
giurisprudenza.Per quanto attiene al fondiario, dunque, esso è un credito speciale in
senso debole, non prevedendo la legge una particolare destinazione del
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218
finanziamento. Al suo interno, però, è presente la sottofigura del credito edilizio,
questo sì vero credito di scopo.La prima domanda da porsi è cosa deve ora
intendersi per credito fondiario. La risposta sembra essere la seguente: si tratta di un
finanziamento, svincolato da precise forme tecniche, ma caratterizzato da durata
oltre il breve (cioè oltre i 18 mesi), assistito da garanzia ipotecaria, di importo non
superiore a quello determinato dalla Banca d'Italia (80% del valore, elevabile al
100% in presenza di garanzie integrative), con contestualità tra acquisizione della
garanzia e concessione del finanziamento. Non è più richiesto che l'iscrizione sia di
primo grado, purché si rispetti tra la nuova erogazione e la somma del capitale
residuo delle precedenti il limite di finanziabilità sopra ricordato.Per quanto attiene
alle garanzie integrative che consentono l'elevamento del limite di finanziabilità
dall'80% al 100%, esse sono al momento individuate in fidejussioni bancarie e
assicurative, garanzie rilasciate da fondi pubblici di garanzia o da consorzi e
cooperative di garanzia fidi, cessioni di credito verso lo Stato, cessioni di annualità o
contributi a carico dello stato o di enti pubblici, pegni in titoli di Stato.ltro non è
richiesto, perciò l'erogazione è ammessa a qualsiasi soggetto proprietario di
immobili, anche imprese, indipendentemente dalla destinazione della somma
erogata. Salta subito all'occhio il problema della conflittualità di una tale normativa
con le esigenze della tutela dei creditori in sede di fallimento e quindi con l'esercizio
della revocatoria sulla garanzia ipotecaria.Prima di esaminare più in dettaglio le altre
innovazioni normative che riguardano il fondiario, è però opportuno rammentare che
la legge 385 ha introdotto per il finanziamento a medio e lungo termine alle imprese
un nuovo privilegio previsto dall'art. 46 della 385 come ulteriore garanzia reale.La
previsione normativa dell'art. 46 risponde all'esigenza di introdurre nel ns.
ordinamento un tipo di garanzia reale che è già presente in altri diritti europei e che
ha la funzione di ampliare notevolmente la platea dei beni disponibili per le aziende
come garanzia da offrire a sostegno del proprio bisogno di credito. Il privilegio può
essere costituito a garanzia di qualsiasi finanziamento oltre il breve,
indipendentemente dalla sua forma tecnica. E' speciale, cioè individua chiaramente i
beni su cui grava; deve risultare da atto scritto anche diverso dal contratto di
finanziamento; richiede come pubblicità costitutiva la trascrizione nel registro dei
macchinari (art. 1524 c.c.) e la pubblicazione sul FAL; si colloca in grado elevato
(solo dopo le spese di giustizia e i super-privilegi); in caso il bene risulti venduto a
terzo acquirente in buona fede, il privilegio si trasferisce sul corrispettivo. Torniamo
ora al credito fondiario, riportando le altre caratteristiche specifiche che la legge 385
ha attribuito ad esso. Esiste una serie di deroghe al diritto comune e previsioni
normative particolari che sono:
facoltà per la banca di eleggere domicilio in circoscrizione di Tribunale diversa
da quella ove si trova il bene;
consolidamento accelerato dell'ipoteca;
esonero dei pagamenti da revocatoria fallimentare;
procedimento esecutivo derogato e avvantaggiato;
possibilità di modificare il tasso di interesse nel caso in cui si ricorra al doppio
contratto (condizionato e atto di quietanza);
possibilità di inserire clausole di indicizzazione, con adeguamento automatico
dell'ipoteca;
diritto per, il mutuatario di ottenere riduzione e restrizione dell'ipoteca;
diritto alla suddivisione in caso di ipoteca gravante su complessi condominiali;
tariffa notarile di favore;
possibilità di estinzione anticipata;
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219
disciplina particolare del rapporto tra ritardato pagamento e risoluzione del
contratto (il pagamento entro 30 giorni non è ritardo; la banca deve accettare il
pagamento fino al 180° giorno; la risoluzione potrà essere da essa richiesta solo
dopo il 180° giorno o dopo il sesto pagamento, anch e non consecutivo,
avvenuto tra il 300 e il 180° giorno dalla scadenza ).
prevalenza dell'ipoteca sul privilegio del promittente acquisito con compromesso
registrato, se il finanziamento fondiario è stato oggetto di accollo o se è stato
utilizzato per l'acquisto del bene compromesso.
Non poche di queste previsioni specifiche comportano problematiche interpretative
assai complesse e tutt'altro che definite, la più rilevante delle quali è relativa al
consolidamento accelerato dell'ipoteca. La mancata caratterizzazione del credito
fondiario come credito di scopo fa sorgere infatti non pochi problemi sulla difendibilità
del consolidamento accelerato dell'ipoteca fondiaria. Infatti, stabilito che
un'operazione a medio e lungo termine assistita da garanzia ipotecaria contestuale,
di grado primo o successivo, con rapporto tra valore del cespite ed entità
dell'erogazione mantenuto nei parametri fissati dalla Banca d'Italia, deve qualificarsi
come un'operazione fondiaria appare evidente che anche un finanziamento ad
imprese che abbia queste caratteristiche e che rivesta però un intento evidentemente
finanziario, utilizzando l'immobile preesistente solo come mero mezzo per ottenere
liquidità, si può considerare come beneficiata di tutti i vantaggi che la
caratterizzazione di fondiario comporta. Fatta questa premessa, resta però da
chiedersi se un erogazione di tipo fondiario, come previsto dalla 385, concessa ad
un'impresa per il ripianamento delle proprie passività a breve verso la banca
erogante sia davvero inattaccabile. Intanto è chiaro che il ripianamento
dell’esposizione c/c, se avvenuto entro l'anno dal fallimento, è certamente soggetto a
revocatoria; resta da valutare se è davvero eliminato il rischio del mancato
consolidamento dell'ipoteca sul mutuo concesso e quindi del conseguente duplicarsi
dell'esposizione in bianco a seguito dell'esercizio della revocatoria fallimentare.
Infatti, non sono mancate sentenze anche autorevoli che, nel caso in cui l'erogazione
del mutuo sia servita alla banca per ripianare precedenti esposizioni in bianco
contestualmente o posteriormente revocate, abbiano considerato tale operazione
come simulata, per cui alla garanzia ipotecaria sia stata reputata mancante una delle
caratteristiche essenziali per essere ritenuta fondiaria, cioè la contestualità con
l'erogazione, dovendosi individuare il momento dell'erogazione stessa con quello
dell'originaria concessione del fido in bianco. Secondo quest'ottica, l'ipoteca verrebbe
a consolidarsi secondo le modalità ordinarie (cioè, considerandosi a fronte di credito
preesistente non revocato, in due anni - Cass 12342 del 18-11-92). Da rilevare
anche che una sentenza di Cassazione, la 12123 del 21-12-90, ha esteso a due anni
la revocatoria fallimentare sui rientri solutori in c/c effettuati con accrediti di mutui
erogati dalla banca stessa, considerandoli come pagamenti avvenuti con mezzi
anormali. Ultima avvertenza è quella di non incorrere mai nell'errore di procedere
all'addebito di rate di mutui incapienti in c/c; difatti l'addebito della rata in c/c
determina la perdita, per novazione del credito, della garanzia ipotecaria. Sul
concetto di novazione si vedano gli articoli 1230 e segg. del codice civile; in pratica
quando ad un credito se ne sostituisce un altro si vengono a perdere tutti gli
accessori che assistevano il primo: nel caso specifico sostituendo alla rata impagata
del mutuo un debito in c/c si perde la garanzia ipotecaria.
IL CREDITO FONDIARIO. RIEPILOGO SINOTTICO
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
220
GARANZIE INTEGRATIVE:
FIDEIUSSIONI BANCARIE E ASSICURATIVE
FIDEIUSSIONI RILASCIATE DA FONDI PUBBLICI DI GARANZIA
FIDEIUSSIONI RILASCIATE DA CONSORZI E COOPERATIVE DI
GARANZIA FIDI
CESSIONI DI CREDITI VERSO LO STATO
CESSIONI DI ANNUALITÀ' O CONTRIBUTI A CARICO DELLO STATO O DI
ENTI PUBBLICI
PEGNI IN TITOLI DI STATO
GLI INTERVENTI OLTRE IL BREVE. IL LEASING
A -Tipologie di leasing.
Come è noto la legge 385, nuova legge bancaria, ha esteso a tutte le banche la
possibilità operativa nel campo del leasing, attività finanziaria prima esercitata tramite
collegate. Tale possibilità, insieme con un generale ridimensionamento del comparto,
collegato anche ad una normativa fiscale meno favorevole in materia, ha spinto
molte banche a incorporare le finanziarie di leasing appositamente costituite, molte
delle quali gravate da perdite di bilancio, e ad esercitare direttamente tale attività. In
altri casi, invece, si è preferito mantenere l'autonomia delle finanziarie, inserite nel
modello del gruppo polifunzionale; in altri ancora le società di leasing, essendo
collegate a più istituti di credito, o avendo raggiunto un rilievo dimensionale notevole,
hanno, in forza di ciò, mantenuto una propria struttura indipendente e autonoma. Il
leasing in senso moderno è nato negli USA nel 1952, con la nascita della "United
States Leasing" ideata da D.P.Boothe Jr. industriale del settore alimentare, per le
esigenze di utilizzo di macchinari connesse ad una grossa fornitura commissionatagli
dall'esercito; l'attività ebbe subito un notevole successo e un rapido sviluppo. In
Europa l'attività fu importata a partire dal 1960 in Gran Bretagna; il paese dove si è
raggiunto il maggiore sviluppo tra quelli europei è tuttavia la Francia, dove l'attività ha
avuto un notevole impulso per iniziativa del governo anche per le agevolazioni ad
essa collegate e per il regime fiscale favorevole anche alle operazioni immobiliari.
Con il termine leasing, comunque, si intendono due attività abbastanza diverse tra
loro, che costituiscono due sottotipi chiaramente individuabili. Essi sono:
- il leasing operativo, forma primitiva, che può essere considerato un contratto di
noleggio di beni strumentali di breve durata senza la previsione della possibilità di
acquisto da parte del locatario alla scadenza; nel contratto sono compresi tutti i
servizi collaterali; di norma tale contratto è stipulato col produttore;
- il leasing finanziario ha invece per oggetto qualsiasi bene mobile o immobile
occorrente all'azienda locataria per un periodo che, di solito, corrisponde alla durata
economica del bene stesso. L'ammontare dei canoni corrisposti è superiore al valore
del bene locato, per cui viene stabilita la possibilità di acquisto ad un modesto valore
residuo. I servizi collaterali non sono inclusi nel canone. L'operazione si realizza, in
genere, mediante una terzo soggetto che ha la veste di acquirente del bene dal
produttore e di locante dello stesso all'utilizzatore. In questi ultimi due anni sta
prendendo sempre più piede, soprattutto in campo automobilistico, il contratto vero e
proprio di Noleggio a Lungo termine (Long rental) in sostituzione del leasing su
autoveicoli. Tale operazione che non rientra nella fattispecie del leasing ha un
risultato finale molto simile, in quanto l’utilizzatore finale (azienda) usufruisce
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
221
dell’auto come in full leasing corrispondendo un canone comprensivo di tutti gli oneri
accessori dell’auto (bollo- assicurazione-manutenzione ecc).
La dottrina, a proposito di operazioni di leasing finanziario, ha ormai pacificamente
acquisito che l'operazione ha appunto la natura di finanziamento a medio e lungo
termine e non quella di un contratto di vendita rateale o di locazione.
Le caratteristiche che individuano appunto le operazioni della specie si possono così
riassumere:
tipica operazione di finanziamento, con tutte le spese e gli oneri relativi a carico
del locatario;
durata oltre il breve;
oggetto del contratto: beni mobili o immobili specializzati;
presenza di un intermediario finanziario;
contratto di locazione irrevocabile (salvo il caso che il locatario corrisponda tutti i
canoni residui al momento del recesso);
canoni periodici commisurati al costo del bene;
opzioni alla scadenza: rinnovazione della locazione a canoni molto ridotti,
restituzione del bene, acquisto alla somma pattuita ab origine.
All'interno del leasing propriamente detto si sono sviluppati nella realtà internazionale
numerosi settori: leasing automobilistico, aeronautico, agricolo, azionario (non
consentito dalle norme civilistiche italiane, consiste nella delibera da parte della
società utilizzatrice di un aumento di capitale che viene sottoscritto dalla società
finanziaria che stipula con l'emittente delle nuove azioni un contratto di leasing che
attribuisce ad essa il godimento delle azioni stesse a fronte della corresponsione di
canoni concordati, con patto di riscatto al termine. Alla fine del contratto le azioni,
trasferite all'emittente, vengono in genere annullate; in tal modo la società finanziata
incrementa il capitale di rischio con frazionamento nel tempo dell'onere e senza
alterare l'assetto proprietario); leasing di container; leasing immobiliare,leasing
nautico, di aeromobili.
Nel settore immobiliare sta incontrando un certo favore da, quando è stata
riconosciuto come operazione fiscalmente consentita, una particolare forma di
leasing detta "sale and lease-back" o, più semplicemente, lease-back.
Questo contratto consiste nella cessione alla società di leasing di un immobile in uso
all'azienda; tale immobile è successivamente locato in leasing alla stessa azienda
che l’ha in uso, con riscatto finale al termine del periodo di locazione. Il contratto è
caratterizzato in genere da un prezzo di vendita solitamente inferiore al valore di
mercato, da un unico complesso contratto ove è definito sia l'aspetto di vendita che
quello di locazione, da una durata e importo di canoni correlata al prezzo pagato per
l'acquisto, con modico canone di riscatto finale, dal carico al locatario di tutte le
spese di manutenzione e oneri accessori, tasse comprese, relative all'immobile.
I vantaggi sono notevoli per il venditore-locatario, che riesce a smobilizzare
finanziariamente un proprio consistente immobilizzo di non sempre facile
commerciabilità e comunque in uso all'azienda, conseguendo vantaggi finanziari e, in
genere, anche fiscali. Date queste caratteristiche, in sostanza, l'operazione si
presenta come un finanziamento a medio e lungo termine che assume a base di
garanzia un immobile strumentale; è, in sostanza, un'operazione alternativa al mutuo
ipotecario. Proprio per queste caratteristiche il lease-back immobiliare è caduto in
Italia sotto il tiro incrociato dell'amministrazione finanziaria e della magistratura.
L'amministrazione finanziaria, infatti, ha assimilato l'operazione al mutuo, non
consentendo né l'ammortamento da parte della finanziaria acquirente del bene
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222
immobile, né la deducibilità completa dei canoni all'utilizzatore. La magistratura
tributaria, però, non ha condiviso in sede di giudizio soprattutto la riqualificazione
interpretativa del contratto volta ad escludere l'ammortamento del cespite da parte
della società locante. La magistratura ordinaria, dal canto suo, ha addirittura talvolta
interpretata l'operazione come un'operazione illecita assimilandola ad un mutuo
ipotecario con violazione del patto commissorio, prevedendo l’attribuzione della
proprietà del cespite al finanziatore in caso di inadempienza del finanziato. Tale
illiceità è stata però esclusa dalla Cassazione con una sentenza del 1989, mentre
permangono i rilievi in merito alla lesione del principio della par-condicio che tale,
operazione comporterebbe. Sotto il profilo giuridico, che ha dato adito a non pochi
problemi interpretativi, la Corte di Cassazione ha distinto tra due differenti tipologie di
leasing; la prima s'inquadra, secondo la volontà delle parti, in una funzione di
finanziamento e godimento del bene, per cui i canoni costituiscono il corrispettivo di
tale godimento; la seconda, invece, prevede che il bene, data la sua natura, conservi
alla scadenza un valore apprezzabile, per cui il trasferimento di esso in proprietà del
locatario non è una eventualità accessoria ma è proprio il contratto ad avere "ab
origine" natura traslativa. Ora per il leasing di godimento, contratto di durata, trova
applicazione l'art 1458 c.c. per cui in caso di inadempienza dell'utilizzatore e di
apprensione del bene da parte del locante, i canoni restano a quest'ultimo; il leasing
traslativo, invece, ha una natura che lo rende assimilabile alla vendita rateale, per cui
ad esso si applica quanto previsto dall'art. 1526 cc., con conseguente restituzione,
dopo la risoluzione del contratto per inadempienza del locatario, dei canoni percepiti
dal locante, salvo il giusto compenso previsto.
PARTICOLARI FORME DI CREDITO. IL FACTORING
Con il termine factoring si definisce un contratto mediante il quale un imprenditore
(cedente) si impegna a cedere ad un altro (factor) tutti i crediti derivanti o derivanti
dall'esercizio della sua impresa o da una particolare fornitura dietro corrispettivo; il
factor, a sua volta, si impegna a fornire una serie di servizi differenziati, come la
gestione, la contabilizzazione, l'incasso dei crediti ceduti, la garanzia dell'eventuale
inadempimento, la concessione di anticipi parziali o totali. Non tutti i servizi sono
collegati ai singoli contratti, non essendo sempre richiesta la garanzia
all'inadempimento o l'anticipo. Come si vede il rapporto di factoring giuridicamente
integra la fattispecie di un contratto atipico misto, basato sulla prestazione di
servizi; la cessione del credito non rappresenta la finalità dell'accordo ma solo lo
strumento dell'erogazione dei servizi; non si tratta pertanto di un contratto di garanzia
o di sconto di crediti. La cessione è in genere pro-solvendo, cioè senza garanzia
dell'incasso; nel caso che avvenga pro-soluto il factoring assume anche la funzione
assicurativa dei credito; l'accredito al cedente può essere anticipato, per cui
l'operazione ha natura di finanziamento, o avvenire alla scadenza o a una certa data
successiva alla scadenza. Come si vede i vantaggi che possono derivare all'impresa
cedente sono numerosi, per la possibilità di gestire in modo ottimale la propria
creditoria, assicurare i rischi di insolvenza o di ritardo degli incassi, acquisire tramite
il factor più facilmente informazioni commerciali sugli acquirenti, economizzare la
gestione. Se il factoring non implica la concessione di anticipi, esso viene chiamato
"maturità factoring"; diversamente viene detto "credit-cash factoring". Le fatture del
cedente possono recare o no la notifica della cessione al factor del credito; in tal
caso si parla di "notification factoring".
In genere caratteristiche dei contratto di factoring sono:
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223
clausola di esclusiva: non sempre presente, che comporta l'obbligo del cedente
a non porre in essere altri rapporti di factoring;
obblighi del cedente a trasferire i documenti probatori dei credito, a trasferire le
garanzie e, gli accessori, a sottoporre ad approvazione preventiva del factor le
operazioni;
obblighi del factor a esaminare preventivamente i crediti e a fornire eventuali
servizi collaterali richiesti, quali informazioni commerciali o ricerche di mercato;
clausola che riconosce al factor la potestà di ridurre o di revocare le
approvazioni del credito;
clausola eventuale che consente al factor il controllo sulle scritture, contabili del
cedente;
clausola di reciproca rescissione del contratto.
Il factor è remunerato, oltre che con gli interessi sugli eventuali anticipi concessi, con
una commissione in genere oscillante tra il l% e il 3%; i rapporti si svolgono in c/c. I
contratti sono regolati dalle norme sulla trasparenza.Sulla materia è intervenuta la
legge 52 del 1991 che ha dato una regolamentazione specifica alla cessione dei
crediti di impresa, modificando la disciplina civilistica della cessione dei crediti; non
ha tuttavia introdotto nel nostro sistema una disciplina strutturata organica del
factoring.
La legge si applica alle seguenti condizioni:
il cedente deve essere imprenditore;
i crediti devono sorgere da contratti stipulati nell'esercizio dell'impresa;
il cessionario deve avere personalità giuridica e l'acquisto dei crediti deve
essere espressamente, previsto dall'oggetto sociale e il fondo di dotazione non
deve essere inferiore a 10 volte il capitale minimo delle Spa.
La legge prevede:
- possibilità della cessione anche per i crediti futuri, anche in massa e anche per
contratti non stipulati ma che si stipuleranno nei due anni successivi, in deroga alla
normativa civilistica che prevede solo i crediti futuri derivanti da rapporti già
esistenti al momento della cessione;
- se la cessione è pro-solvendo, la garanzia di solvenza del cedente vale solo nei
limiti del corrispettivo (anticipo) pattuito;
il cessionario può rendere la cessione opponibile ai terzi, oltre che con la procedura
di notifica prevista dal codice civile, anche in seguito al semplice pagamento in data
certa del corrispettivo pattuito, anche se in minima misura, dal cessionario al
cedente, cioè con l'effettuazione dell'anticipo;
- il trasferimento del credito ha effetto sul terzo ceduto a prescindere da qualsiasi
comunicazione, per cui il factor può pretendere il pagamento alla scadenza; in
assenza di comunicazione, però, il pagamento effettuato al cedente è liberatorio
per il debitore ceduto;
il debitore può opporre al cessionario tutte le eccezioni che derivano dai rapporti
precedenti alla cessione, salvo l'incedibilità convenzionale del credito, se non
provando che il factor ne era a conoscenza al tempo della cessione.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
224
CAPITOLO 7
IL CAPITALE DI RISCHIO E GLI INVESTITORI
ISTITUZIONALI: I FONDI DI INVESTIMENTO,IL PRIVATE
EQUITY
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7.1
Introduzione
L’eccessivo indebitamento limita non solo il tasso di sviluppo ma anche la capacità
netta di autofinanziamento e tutte le leve competitive e finanziarie
successivamente attivabili. Le tardive operazioni di ristrutturazione finanziaria non
potranno, dopo che si è caduti nella “trappola del debito”, creare dal nulla tutto il
valore che in precedenza tale tipo di crescita ha portato a perdere. Ne deriva,
quindi, la necessità di impiegare capitale qualitativamente, oltre che
quantitativamente, idoneo: strada che in fin dei conti solo il capitale di rischio può
garantire. I canali di finanziamento dello sviluppo attraverso capitale di rischio
sono, attualmente, assai più articolati che in passato.
Agli inizi degli anni Ottanta, con il termine venture capital si definiva l'apporto di
capitale azionario, o la sottoscrizione di titoli convertibili in azioni, da parte di
operatori specializzati, in un'ottica temporale di medio-lungo termine, effettuato nei
confronti di imprese non quotate e con elevato potenziale di sviluppo in termini di
nuovi prodotti o servizi, nuove tecnologie, nuove concezioni di mercato.
Nell'ambito di tale definizione, la partecipazione veniva generalmente intesa come
temporanea, minoritaria e finalizzata, attraverso il contributo congiunto di know
how non solo finanziario, allo sviluppo dell'impresa, all'aumento del suo valore ed
alla possibilità di realizzazione di un elevato capital gain in sede di dismissione.
Nel corso degli anni, pur rimanendo invariati i presupposti di fondo, le
caratteristiche dell'attività di investimento istituzionale nel capitale di rischio sono
mutate, diversificandosi in funzione del sistema imprenditoriale di riferimento e del
grado di sviluppo dei diversi mercati e offrendo, oggi, una più variegata gamma di
possibilità di intervento. Di fatto, il comune denominatore rimane l'acquisizione di
partecipazioni significative in imprese, in ottica di medio lungo-termine, e il
conseguente obiettivo di sviluppo finalizzato al raggiungimento di una plusvalenza
sulla vendita delle azioni, ma la presenza delle ulteriori caratteristiche ha assunto
connotati molto variabili.
7.2 Le più recenti evoluzioni terminologiche
Da un punto di vista strettamente terminologico, il concetto di investimento
istituzionale nel capitale di rischio ha assunto, in passato, connotati differenti fra
Stati Uniti ed Europa. Negli USA, questo concetto, definito della sua globalità
"attività di private equity", è distinto, in funzione della tipologia di operatore che
pone in essere il finanziamento, tra venture capital e buy out. Alla prima categoria
corrispondono due tipologie specifiche di investimenti: - l'early stage financing,
ovvero l'insieme dei finanziamenti (seed financing e start up financing) a sostegno
delle imprese nei primi stadi di vita; - l'expansion financing, ovvero quella serie di
interventi effettuati in imprese già esistenti che necessitano di capitali per
consolidare e accelerare la crescita in atto. Al contrario, in Europa, il termine
venture capital era in passato esclusivamente riferito alle operazioni finalizzate a
sostenere la nascita di nuove imprese, mentre con il termine private equity si
intendeva l'insieme delle operazioni poste in essere per sviluppare attività esistenti
o risolvere problemi connessi con la proprietà di un'impresa, incluso il fenomeno
del passaggio generazionale. Oggi, a seguito di un processo di standardizzazione
metodologica, anche in Europa e in Italia si aderisce alla definizione utilizzata negli
Stati Uniti.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
226
7.3 Il ruolo dell'investimento in capitale di rischio in un moderno
sistema finanziario
Il ruolo che l'investimento in capitale di rischio ha in un moderno sistema
finanziario è rilevante sotto numerosi profili. Innanzitutto, sul fronte dell'impresa, la
possibilità di far riscorso ad operatori specializzati nel sostegno finanziario
finalizzato alla creazione di valore, consente alle stesse di reperire capitale
"paziente", che può essere utilizzato per sostenere la fase di start up, piuttosto che
piani di sviluppo, nuove strategie, acquisizioni aziendali, passaggi generazionali o
altri processi critici del loro ciclo di vita. In particolare, tale capitale può essere
utilizzato dall'impresa per sviluppare nuovi prodotti e nuove tecnologie, per
espandere il circolante, per finanziare acquisizioni, o per rafforzare la struttura
finanziaria di una società. Il private equity può anche essere impiegato per
risolvere problemi connessi con la proprietà di un'impresa o con il fenomeno del
passaggio generazionale. Inoltre, è lo strumento privilegiato per la realizzazione di
operazioni di buy out / buy in, effettuate da manager esperti. Poiché, inoltre, il
supporto dell'investitore istituzionale non si esaurisce nella mera fornitura di
capitale di rischio, un ulteriore vantaggio deriva dalla disponibilità di know how
manageriale che l'investitore mette a disposizione dell'impresa per il
raggiungimento dei suoi obietti di sviluppo. Ciò si traduce anche nella possibilità di
supporto alla crescita esterna, attraverso contatti, investimenti, collaborazioni ed
altro, con imprenditori dello stesso o di altri settori. Spesso la crescita attraverso
fusioni e/o acquisizione offre sensibili vantaggi in virtù della tempestività con la
quale è possibile entrare in nuovi settori o guadagnare nuove quote di mercato. Il
socio istituzionale possiede una profonda esperienza basata su una moltitudine di
realtà imprenditoriali diverse e, pertanto, gode di un invidiabile esperienza cui la
società può accedere. L'investitore istituzionale nel capitale di rischio ha, per
esempio, solitamente esperienza anche in tema di accompagnamento alla
quotazione, capacità preziosa in tale delicato processo e che può essere d'aiuto
nel definire il timing e le procedure interne ottimali. È poi comprovato che alle
imprese partecipate da investitori istituzionali siano riconducibili performance
economiche superiori rispetto alle altre realtà imprenditoriali, apportando un
beneficio a livello di sistema. L'attività di investimento nel capitale di rischio
contribuisce, dunque, notevolmente allo sviluppo del sistema industriale e
dell'economia nel suo complesso, selezionando imprese a rapido tasso di crescita
e fornendo loro il capitale necessario per svilupparsi.
7.4 Gli obiettivi dell'investitore istituzionale
L'obiettivo dell'investitore istituzionale è quello di realizzare, nel medio termine, un
importante guadagno di capitale (capital gain) attraverso la cessione della
partecipazione acquisita. Per guadagno di capitale si intende l'incremento di valore
della partecipazione maturato dal momento dell'assunzione della partecipazione a
quello della cessione e monetizzazione della stessa. In generale, il buon esito
dell'intervento è determinato dalla capacità dell'investitore di contribuire a creare
valore all'interno dell'impresa, generando, così, nella maggior parte dei casi,
ricchezza anche per l'intero tessuto economico e imprenditoriale del Paese.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
227
L'investitore istituzionale nel capitale di rischio è, per definizione, un socio
temporaneo, seppur di medio -lungo termine, che, come tale, dovrà prima o poi
cedere la partecipazione acquisita per realizzare il proprio obiettivo.
7.5
Le imprese target dell’investitore istituzionale
L'investitore istituzionale concentra la sua attenzione sui progetti caratterizzati da
un elevato potenziale di sviluppo, cioè su iniziative per le quali l'apporto di capitale
e di competenza professionale da parte sua possa accelerare il processo di
creazione di valore.
L'investitore, in particolare, tenderà a privilegiare:
imprese con un valido progetto di sviluppo e con prospettive di crescita sia
dimensionale, che reddituale. Si tratta quindi di imprese con un
prodotto/servizio di successo, caratterizzato da scarsa imitabilità e bassa
sostitituibilità rispetto ai prodotti concorrenti, il cui mercato di riferimento
presenti ancora elevate potenzialità di espansione;
imprese guidate da un imprenditore valido, che si dimostri determinato,
ambizioso e corretto nella realizzazione del progetto di sviluppo.
L'imprenditore deve quindi perseguire obiettivi di sviluppo dell'impresa e di
affermazione personale impegnativi, ma realistici, tali da suscitare fiducia
nell'investitore;
imprese con un buon management, formato da persone con consolidata
esperienza e con conoscenza specifica del settore;
imprese per le quali sia possibile prevedere in prospettiva una modalità di
disinvestimento, che consenta di facilitare il realizzo del capital gain.
7.5.1 I criteri di selezione
Oltre agli strumenti utilizzati nelle operazioni tradizionali di finanziamento (analisi
dei bilanci, modelli di analisi finanziaria, analisi d'azienda), l'investitore nel capitale
di rischio:
giudica innanzitutto la competenza dell'imprenditore e del management,
investendo nel team che ha maggiori capacità di realizzare un progetto di
sviluppo, piuttosto che nel progetto stesso;
valuta l'andamento del mercato e le reazioni della domanda all'introduzione di
una nuova tecnologia o di un prodotto/servizio innovativo, al fine di capirne lo
sviluppo potenziale;
cerca di stimare le tendenze, osservando con attenzione l'evoluzione dei
settori più competitivi e ascoltando le opinioni degli esperti. L'obiettivo è di
selezionare le iniziative imprenditoriali "vincenti", che consentano di realizzare
un guadagno elevato nel medio termine.
7.5.2 Il rapporto tra investitore e impresa
L’investitore istituzionale partecipa alle scelte strategiche dell'azienda, limitando
il suo intervento alle decisioni che possono modificare la combinazione
prodotto/mercato/tecnologia su cui si basa l'azienda e alle decisioni di investimento
più significative . Lascia al socio imprenditore e/o al gruppo dirigente piena
autonomia nella gestione operativa quotidiana dell'azienda; nel rapporto con
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
228
l'imprenditore, vuole la disponibilità ad un colloquio leale, aperto e costruttivo, ed
una totale trasparenza, nell'interesse dello sviluppo aziendale.
A differenza delle tradizionali forme di finanziamento, come il ricorso al capitale di
debito, la partecipazione al capitale di rischio di investitori istituzionali richiede uno
stretto rapporto di collaborazione tra l'imprenditore e l'investitore istituzionale
che condivide il rischio d'impresa ed è cointeressato al successo dell'impresa. Oltre
al capitale, l'investitore apporta competenze professionali strategiche,
finanziarie, di marketing, di organizzazione, manageriali e offre una rete di contatti
utili, finanziari e non, in ambito nazionale e internazionale. Il rapporto costruttivo tra
imprenditore ed investitori istituzionali è fondamentale per esaltare queste
competenze.
L'apertura del capitale di un'impresa ad un socio istituzionale, determina,
generalmente, una serie di cambiamenti importanti, specialmente nel caso di
imprese a carattere famigliare. Per raggiungere il suo obiettivo, infatti, l'investitore
eserciterà un'azione tendente ad elevare la trasparenza e la qualità nella
comunicazione dell'impresa, a professionalizzarne la gestione e
l'organizzazione, a far introdurre od evolvere sistemi di pianificazione e controllo e
di monitoraggio dei risultati aziendali.
Sarà necessario, magari gradualmente, realizzare:
la netta separazione tra il patrimonio famigliare e quello aziendale;
la revisione del bilancio;
l'introduzione di sistemi di budgeting e di controllo di gestione;
la predisposizione di relazioni periodiche sulla performance dell'impresa.
Oltre agli apporti più strettamente finanziari, per l’impresa vi sono alcuni specifici
vantaggi che possono essere ottenuti grazie alla partecipazione al capitale di un
investitore istituzionale:
collaborazione nel tracciare una strategia di sviluppo e nel perseguirla,
sfruttando le occasioni di crescita esterna, attraverso acquisizioni, fusioni,
concentrazioni, joint venture con altre imprese del settore;
maggiore funzionalità della compagine sociale, che facilita anche la eventuale
liquidazione dei soci che non sono più interessati a partecipare all'impresa,
senza drenare risorse dalla società;
un contributo alla realizzazione di una gestione più professionale e
manageriale, attraverso l'attenuazione degli eventuali condizionamenti che
provengono dalla sfera degli interessi personali e familiari e, comunque, la
migliore o più professionale regolamentazione dei rapporti impresa-famiglia;
crescita del potere contrattuale dell'impresa, grazie alla presenza
dell'investitore come azionista di rilievo;
miglioramento dell'immagine dell'impresa nei confronti delle banche e del
mercato finanziario, che eleva l'affidabilità finanziaria dell'impresa e agevola il
reperimento di finanziamenti anche per lo sviluppo del capitale circolante;
maggior capacità di attrarre management capace ed esperto.
7.6
Le forme di finanziamento a confronto
All'imprenditore sono generalmente note le "regole" del finanziamento di tipo
tradizionale, ottenibile, ad esempio, da un istituto di credito. Egli sa, dunque, che la
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
229
capacità di ripagare il debito, sottoforma di quote di capitale e di interessi, è
garantita dal patrimonio aziendale e, talora, dai suoi beni personali. Nel caso in cui
risulti impossibile il rimborso del prestito, la banca può chiedere che l'azienda
venga messa in liquidazione e può rivalersi sul suo attivo. L'investitore nel capitale
di rischio, invece, non chiede garanzie, ma si accolla una parte del rischio di
impresa come gli altri azionisti. Le banche, d'altra parte, in qualità di fornitori di
capitale di debito, non sono direttamente interessate al processo di creazione di
valore dell'impresa, ma solo alla solvibilità finanziaria, mentre l'investitore, che
condivide con l'imprenditore l'incremento di valore della partecipazione, farà di
tutto per aiutare la crescita
Capitale di rischio
Finanziamento a medio e lungo
termine
Non prevede scadenze di rimborso ed
il disinvestimento avviene di norma con
cessione al mercato od a terzi, senza
gravare l'impresa
È una fonte flessibile di capitali, utile
per finanziare processi di crescita
La remunerazione del capitale dipende
dalla crescita di valore dell'impresa e
dal suo successo
L'investitore nel capitale di
rischio rappresenta un partner che può
fornire consulenza strategica e
finanziaria
7.7
Capitale di debito
Finanziamento a breve, medio e lungo termine
Prevede precise scadenze di rimborso a
prescindere dall'andamento dell'impresa e nel
caso di finanziamento a breve è revocabile a
vista
È una fonte rigida di finanziamento, la cui
possibilità di accesso è vincolata alla presenza
di garanzie e alla generazione di cash flow
Il debito richiede il pagamento regolare degli
interessi a prescindere dall'andamento
dell'azienda ed è garantito da mantenimento del
valore degli attivi
L'assistenza fornita è di tipo
accessorio al finanziamento
Le modalità di accesso ad una operazione di venture capital
Sebbene non esista un imprenditore ideale, vi sono alcuni aspetti legati al suo
carattere e alla sua esperienza che costituiscono dei prerequisiti indispensabili per
attrarre l'attenzione dell'investitore:
la credibilità del proponente l'iniziativa;
il know how maturato nel settore in cui vuole operare;
la capacità di leadership;
il commitment nel progetto imprenditoriale;
la disponibilità ad un discorso leale, aperto e trasparente.
Di seguito si riportano le ipotesi principali in cui un imprenditore si può avvicinare
ad un’operazione sul capitale di rischio.
7.7.1 Sviluppare un'attività esistente
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
230
Le imprese già esistenti possono ricorrere all'investimento in capitale di rischio per
espandere il proprio business, con l'obiettivo, ad esempio, di aumentare la
capacità produttiva o di consolidare l'immagine del proprio prodotto/servizio
attraverso l'ampliamento della propria quota di mercato e al fine di rimanere
competitive in Europa e globalmente. L'ampliamento della pressione
competitiva, anche a livello geografico, richiede, infatti, sempre più il
raggiungimento di dimensioni adeguate al contesto internazionale. In questi casi
(expansion financing), l'investitore sarà interessato ad intervenire solo se
ritiene che esistano buone prospettive per tale espansione in termini
economicamente interessanti. In questa fase, l'azienda ha già dimostrato di
riuscire a competere sul mercato con profitto, perciò il rischio di insuccesso,
quantomeno totale, è più basso. È quindi più facile "convincere" l'investitore,
offrendogli informazioni di tipo storico, oltre che previsionale, utili per meglio capire
e valutare le potenzialità dell'azienda nella quale egli si accinge a
Le esigenze finanziarie dell'impresa in funzione di un progetto di sviluppo,
determinano la necessità di procedere ad un aumento di capitale sociale,
sottoscritto, in tutto o in parte, dall'investitore istituzionale.
7.7.2 Liquidare i vecchi soci
Nelle fasi di espansione e maturità la continuità dello sviluppo aziendale
richiede, talora, la riorganizzazione dell'azionariato. In questi casi l'investitore
istituzionale può sostituirsi, temporaneamente, a uno o più soci uscenti
(replacement capital). In questo modo, si evita che alcuni soci, non più
soddisfatti dall'orientamento strategico dell'impresa, o desiderosi di disinvestire per un
qualche motivo, frenino lo sviluppo aziendale. L'investitore istituzionale si sostituisce
ai soci uscenti sulla base di un nuovo patto di sviluppo, e senza che l'uscita del
socio depauperi ed indebolisca l'impresa.
7.7.3 Rilevare l'azienda di famiglia
Nel corso della vita di un'impresa famigliare, può avvenire che uno dei membri della
famiglia decida di rilevarla, anche alla luce dell'eventuale calo motivazionale
nel progetto imprenditoriale da parte degli altri componenti. In questo caso
l'investitore istituzionale può rappresentare un partner ideale per la realizzazione
dell'operazione di acquisizione (family buy out), non limitando il suo apporto alle
sole risorse finanziarie, ma fornendo anche un rilevante contributo di tipo
manageriale ed organizzativo. L'investitore istituzionale, preoccupandosi anche della
strutturazione tecnica dell'operazione, si occuperà direttamente degli aspetti
negoziali con gli
azionisti uscenti.
7.7.4 Acquistare l'impresa per cui si lavora
In alcuni casi, la continuità dello sviluppo aziendale è subordinata al mutamento
della responsabilità imprenditoriale e all'individuazione di una nuova guida. Ecco
allora, che l'investitore istituzionale può organizzare l'operazione di finanziamento
dell'acquisto della maggioranza dell'impresa da parte del management della
stessa (management buy out) o, addirittura, da un più folto gruppo di dipendenti
(employee buy out). Spesso, il management può essere interessato ad acquisire
rami di azienda non considerati più "strategici" dalla proprietà, ma che possono
essere redditizi come attività autonome. La funzione di sostegno si concretizza,
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
231
allora, nell'agevolare il cambiamento parziale della struttura proprietaria e
nell'aiutare il management a reperire le risorse necessarie per l'acquisizione.
L'investitore può anche supportare un gruppo di manager esperti estranei
all'impresa nell'acquisto della maggioranza della stessa (management buy in).
7.7.5 Risanare un'azienda in perdita
In questi casi, l'investitore finanziario si inserisce in una situazione di crisi
aziendale (turnaround financing), sostituendo chi non è più in grado di
proseguire nell'attività e gestendo direttamente tutte le fasi connesse alla
ristrutturazione e al rilancio dell'attività. Soprattutto in queste operazioni,
l'investitore tende a preferire l'assunzione, almeno temporanea, di quote di
maggioranza, per poter prendere decisioni fondamentali per la sopravvivenza
dell'impresa (come, per esempio, la sostituzione del management che ha
contribuito all'insorgere della crisi).
7.7.6. Gli investitori istituzionali
Avviare un'attività, farla crescere, rilevarla, richiede una disponibilità di capitale di
rischio non sempre disponibili al soggetto coinvolto. L'individuazione della fonte più
appropriata risulta pertanto fondamentale per realizzare il progetto. Esistono
diverse tipologie di investitori istituzionali, che si distinguono per la struttura
giuridica e organizzativa, per le strategie di raccolta e di investimento dei capitali e
per le correlate scelte operative. Un imprenditore che sia alla ricerca di capitale di
rischio può trovare numerosi investitori pronti a finanziare il suo progetto
imprenditoriale. Tale varietà, se offre opportunità di scelta, può anche determinare
difficoltà di scelta. È bene dunque che l'imprenditore si sforzi di individuare
l'alternativa più adatta al suo caso, informandosi sulle caratteristiche e sulle
preferenze in tema di investimento di ciascun operatore in modo da
aumentare le probabilità di riuscita della trattativa. In questa scelta, prezioso
può essere il ruolo di professionisti e consulenti.
Le società di Venture Capital e Private Equity
Diversi sono, dunque, i soggetti che svolgono professionalmente l'attività di
investimento nel capitale di rischio. Diverse sono le loro emanazioni, le loro forme
organizzative, e, talora, il loro campo d'azione.
Le principali categorie degli investitori presenti in Italia sono le seguenti:
operatori di emanazione bancaria;
fondi chiusi italiani;
fondi chiusi ed altri operatori internazionali;
finanziarie di partecipazione di emanazione privata o industriale;
operatori di emanazione pubblica.
Ognuna di queste categorie presenta delle caratteristiche particolari, soprattutto in
termini di tipologie di investimenti preferenziali e atteggiamento nei confronti
dell'impresa partecipata. Conoscere alcuni di questi particolari, quindi,
rappresenta un primo passo verso la scelta dell'interlocutore più adatto.
Il fondo chiuso è uno strumento finanziario che raccoglie capitali presso
investitori istituzionali (quali imprese, fondazioni, compagnie assicurative, fondi
pensione) e presso privati, per investirli in imprese non quotate ad alto
potenziale di sviluppo.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
232
Il fondo viene definito "chiuso" perché non è concesso ai sottoscrittori delle quote
di riscattare queste in qualsiasi momento, ma solo ad una scadenza
predefinita. Né è consentito a nuovi sottoscrittori del fondo di entrare nello
stesso, una volta che la raccolta del capitale programmata è completata. Ciò
garantisce ai gestori del fondo la disponibilità di un determinato ammontare di
capitali per un periodo di tempo predeterminato e di durata medio-lunga, in modo
da poter investire "con tranquillità" in aziende medio-piccole e non quotate. In
prossimità della data di scadenza (in genere con un certo anticipo) i gestori
provvedono a liquidare gli investimenti precedentemente effettuati, per poi
procedere al rimborso delle quote maggiorate dell'eventuale rendimento.
I business angels
Una categoria particolare di investitori, da tempo presente in altri paesi e da
qualche tempo anche in Italia, è rappresentata dai cosiddetti business angels, cioè
imprenditori, ex titolari di impresa o ex manager che dispongono di mezzi finanziari
(anche limitati), di una buona rete di conoscenze e di una solida capacità
gestionale da impiegare in piccole e medie imprese. Tali investitori sono per lo più
interessati al finanziamento di start up tecnologici, che coinvolgano un
ammontare medio di risorse non superiore ai € 300.000 e la cui sede operativa sia,
generalmente, vicina all'area dove operano e risiedono.
7.7.8 Il Business Plan
Il business plan è il piano nel quale il progetto viene sviluppato in termini di
linguaggio aziendale. Esso è la base per la richiesta del capitale di rischio e
quindi è, spesso, per l'imprenditore il primo strumento di contatto con
l'investitore istituzionale. È quindi necessario dedicare cure ed attenzione
all'elaborazione di questo documento che rappresenta il biglietto di
presentazione dell'imprenditore, dell'impresa e del progetto. Il processo di preparazione
del business plan deve coinvolgere tutta l'azienda e deve esplicitare, in termini
quantitativi, gli obiettivi da raggiungere e la loro compatibilità con le risorse
(finanziarie, tecnologiche, conoscitive e umane) di cui l'impresa dispone o vorrebbe
disporre, tenendo conto delle caratteristiche dell'ambiente competitivo in cui
l'impresa si misura e del mercato al quale si rivolge.
La realizzazione di un business plan da sottoporre a investitori istituzionali nel
capitale di rischio, necessita di una particolare attenzione perché: sulla base delle
informazioni contenute nel business plan, l'interlocutore deciderà se andare a
fondo nell'esame del progetto o se scartarlo; coloro che andranno a discutere il
business plan si troveranno di fronte ad attenti e preparati interlocutori, che
cercheranno di individuare i punti di debolezza o le eventuali incoerenze presenti nel
documento.
Nella stesura del business plan il management dovrà quindi considerare che i
potenziali finanziatori giudicheranno il lavoro svolto con criteri diversi rispetto a
quelli utilizzati dalla direzione aziendale. L'enfasi sarà infatti sulla capacità del business
plan di creare valore per l'investitore, e di facilitare la sua successiva uscita
dall'investimento.
Non poca attenzione sarà inoltre dedicata dall'investitore alla comprensione delle
modalità di elaborazione del business plan e alle competenze del
management.
In questo senso, costituiranno punti di forza non indifferenti:
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
233
l'aver concepito il business plan come sintesi di una analisi di più scenari possibili
(ad esempio, ottimistico - medio - pessimistico) a ciascuno dei quali è stata
attribuita una probabilità di verificarsi;
l'aver coinvolto l'organizzazione aziendale nel processo di business planning
nei termini già discussi e il fatto che sia presente un management
motivato, compatto, capace di fare gioco di squadra, con un track record di
successo e con competenze riconosciute nel settore.
7.8
Dal contatto all'investimento
7.8.1 I contatti e i tempi dell’esame
Dopo avere individuato un investitore che potrebbe essere interessato al proprio
progetto di sviluppo, l'imprenditore può contattarlo telefonicamente o per lettera.
Se si riscontra una ragionevole disponibilità, è bene far pervenire
immediatamente un succinto progetto, preliminare al vero e proprio business plan.
Di rado, infatti, la selezione delle proposte parte dall'esame di una
documentazione fornita dall'imprenditore. Quasi sempre si avvia un colloquio fra
le parti e i primi contatti avvengono sulla base di una proposta scarsamente
formalizzata. È consigliabile, dunque, inviare inizialmente una sorta di estratto del
business plan, che sintetizzi il piano aziendale, piuttosto che l'intero documento,
per aumentare la probabilità di ricevere attenzione e non abusare della
disponibilità dell'investitore. Se il primo contatto non va a buon fine, si può provare
con altre società. È opportuno però riflettere sui motivi del mancato avvio del
colloquio ed, eventualmente, ripensare il progetto, rivedendo in chiave critica la
sua impostazione e la sua presentazione. Nel caso venga iniziata la trattativa, si
deve tenere presente che, generalmente, passano dai tre ai sei mesi dal
momento della presentazione del business plan alla decisione da parte
dell'investitore di finanziarlo. Tali tempi si restringono in funzione della chiarezza e
della completezza dei dati forniti dall'imprenditore, nonché della complessità del
business.
7.8.2 Gli accordi
Nella fase di stipula del contratto preliminare le parti sottoscrivono un accordo di
riservatezza che le impegna a non diffondere le informazioni aziendali se non a
quei consulenti esterni, che è necessario coinvolgere per valutare alcuni aspetti
dell'investimento. L'impegno sottoscritto riguarda ovviamente le informazioni
strettamente aziendali e non quelle inerenti il più vasto mercato su cui l'azienda
opera ed il settore in cui compete. L'imprenditore deve impostare la trattativa in
modo da massimizzare la probabilità di successo, dal momento che, in caso di
fallimento, nulla impedisce all'investitore, né giuridicamente né moralmente, di
attivare una ricerca su aziende concorrenti, attive nello stesso settore. Se dalla
lettura del documento di presentazione dell'iniziativa l'investitore trae il
convincimento di trovarsi di fronte ad una buona opportunità, sottopone
all'imprenditore una prima serie di quesiti per approfondire alcuni aspetti chiave
dell'operazione in esame. Se, poi, da questa successiva fase emerge una
concreta possibilità di accordo, si passa alla firma di una lettera di intenti nella
quale vengono definiti gli aspetti economici, legali e societari salienti che dovranno
essere ripresi e rielaborati in dettaglio nel contratto di investimento. Tale lettera
deve esplicitare tutti gli aspetti che entrambe le parti ritengono essenziali per
concludere in modo soddisfacente l'accordo, tra i quali: il valore dell'azienda, la
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
234
presenza dell'investitore nel Consiglio di Amministrazione, gli obblighi informativi
ai quali l'imprenditore deve impegnarsi in caso di investimento e le eventuali
clausole previste per il disinvestimento. La lettera condiziona la firma del contratto
definitivo ad una serie di accertamenti, aventi natura sia formale che sostanziale,
che fanno parte delle analisi e delle verifiche (due diligence) condotte
dall'investitore, tipicamente con il concorso di consulenti esterni alla sua
organizzazione.
7.8.3 Dalla due diligence al contratto
Durante la fase di valutazione dell'opportunità di investimento viene svolta quella
che è comunemente definita "due diligence". Il termine, mutuato dalla terminologia
anglosassone, può essere definito come quell'insieme di attività, svolte
dall'investitore, necessarie per giungere ad una valutazione finale, analizzare lo stato
attuale dell'azienda (compresi i rischi potenziali e le eventuali cause di fallimento
dell'operazione o "deal breakers") e le sue potenzialità future. Gli investitori
istituzionali investono solitamente capitali di terzi che l'attività di due diligence
contribuisce a tutelare. L'attività di due diligence, seppur presente durante tutta
l'attività di negoziazione, s'intensifica durante la fase che segue la firma della lettera
di intenti, fino alla stipulazione del contratto vero e proprio. La due diligence può essere
svolta direttamente dall'investitore istituzionale oppure, tramite professionisti di sua
fiducia che si occuperanno di specifiche aree aziendali e di business. Un buon
andamento della due diligence è una garanzia per entrambe le parti di una chiusura della
negoziazione in maniera rapida e permette all'investitore di venire in possesso di quelle
informazioni necessarie ad effettuare l'investimento in maniera professionale. Inoltre, la
due diligence tende ad evitare che, dopo la firma del contratto, insorgano
contestazioni o contenziosi. L'attività necessaria per la due diligence richiede un forte
impegno sia da parte dell'investitore e dei suoi professionisti che da parte dell'impresa:
imprenditore, management (dirigenti e quadri) ma anche, molto spesso, personale
esecutivo, saranno tutti coinvolti in prima persona nel collaborare al processo e nel far
fronte alle necessarie richieste.Se le analisi effettuate dall'investitore hanno dato esito
positivo, si giunge alla firma del contratto che definisce in dettaglio i termini
dell'accordo tra la società ed i suoi azionisti da una parte e l'investitore dall'altra. Il
contratto di acquisto prevederà le normali clausole a garanzia dell'acquirente sulla
correttezza e completezza dei dati e dei fatti rappresentati e sull'inesistenza di
passività occulte, nonché le procedure di risoluzione delle controversie. Alcuni accordi
che regolano i rapporti tra gli azionisti vengono normalmente inclusi nel contratto
d'investimento, che svolge così anche funzione di patto parasociale tra gli azionisti originari
e quelli entranti. Tali forme di accordo possono riguardare:
la "corporate governance". Quest'area comprende le regole per la nomina ed il
funzionamento degli organi sociali, per il funzionamento del controllo di
gestione, per le maggioranze qualificate richieste per atti particolari (come
acquisto e cessione di azioni e/o di partecipazioni);
il disinvestimento. Si tratta di accordi sulle regole di disinvestimento e
sull'esercizio dei diritti di opzione.
Una volta raggiunto l'accordo sul prezzo e sull'entità della partecipazione da
assumere e sugli altri aspetti regolati dal contratto finale, l'operazione si concretizza con il
trasferimento delle azioni, il pagamento del prezzo, il rilascio delle garanzie, l'eventuale
sostituzione degli amministratori e la firma di eventuali contratti accessori. Da questo
momento in poi investitore e imprenditore sono a tutti gli effetti soci della stessa
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
235
iniziativa e devono cominciare a lavorare insieme per massimizzare la creazione di
valore.
7.9
Le forme tecniche di intervento e il periodo successivo
L' investitore istituzionale fornisce capitale sulla base di un "pacchetto" finanziario,
composto in funzione delle varie esigenze di controllo e redditività che si vogliono
soddisfare. L'acquisizione di quote azionarie di nuova emissione o vendute da soci
preesistenti rappresenta la modalità tecnica di investimento più frequente. In
alternativa, si possono utilizzare forme di finanziamento "intermedie" tra il debito e l'equity
con un mix tra le varie forme.
7.9.1 I principali strumenti di finanziamento
Equity: definito anche "capitale di rischio", rappresenta il capitale proprio dell'azienda,
versato, generalmente, attraverso la sottoscrizione di titoli azionari. La sua
remunerazione dipende, pertanto, dalla redditività e dal successo dell'iniziativa, sia
in termini di utile prodotto e distribuito agli azionisti tramite dividendi, sia in termini di
aumento di valore delle azioni.
Prestito obbligazionario convertibile: capitale di debito raccolto attraverso
l'emissione di particolari obbligazioni, convertibili, entro determinati lassi di tempo e in
base a rapporti di cambio prefissati, in azioni della stessa società emittente o di altre
società. Le obbligazioni convertibili, pertanto, offrono al loro sottoscrittore la facoltà di
rimanere creditore della società emittente (quindi di conservare lo status di
obbligazionista), e di ricevere i proventi attraverso il pagamento degli interessi,
assumendo, solo in un secondo momento, lo status di azionista attraverso la
conversione in azioni delle obbligazioni.
Finanziamento mezzanino (mezzanine financing): si tratta di un insieme di
strumenti finanziari che presentano caratteristiche tecniche differenti e sono
generalmente riconducibili a forme articolate di debito e obbligazioni, il cui rendimento
è in parte fisso o comunque determinato (tasso di interesse) e in parte legato
all'apprezzamento del valore della società alla quale questo prestito è destinato.
Debito subordinato (subordinated debt): si tratta di un finanziamento a titolo di
capitale di debito e a medio-lungo termine. Il suo rimborso è privilegiato rispetto al
capitale proprio, ma postergato rispetto alle altre forme di debito.
Senior debt: rappresenta la forma più classica di capitale di debito a medio-lungo
termine, privilegiato, nel rimborso, rispetto a tutte le altre forme di finanziamento.
7.9.2 Il monitoraggio dell'investimento
Tale attività è quella che qualifica in modo più specifico l'intervento dell'investitore
istituzionale nel capitale di rischio e la sua capacità di collaborare alla creazione di
valore per l'impresa. Dopo avere assunto la partecipazione, infatti, l'investitore richiede,
di norma, un'informativa dettagliata e costante per poter tenere sotto controllo
l'andamento della società e individuare con tempestività i problemi. Il monitoraggio
dell'investimento viene effettuato su gran parte degli aspetti che caratterizzano la vita
aziendale, sia attraverso l'analisi costante di alcuni indicatori economico-reddituali, sia
attraverso la partecipazioni alle riunioni del Consiglio di Amministrazione, alle quali
rappresentanti dell'investitore, di norma, partecipano. È importante ricordare che
l'investitore non si sostituisce all'imprenditore e quasi mai pretende di partecipare
alle scelte operative del management, mentre vuole essere parte attiva nell'ambito
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
236
delle scelte di carattere strategico e nella verifica dell'andamento, tramite la presenza
nel Consiglio di Amministrazione. In realtà, in funzione di alcune variabili (tipologia di
investitore, tipologia di operazione, problemi interni all'azienda), l'investitore può
assumere un atteggiamento più o meno incisivo nella conduzione aziendale,
partecipando in misura maggiore o minore alla vita della stessa.
7.9.3 Il disinvestimento
L'investitore istituzionale nel capitale di rischio rappresenta un socio temporaneo dell'
imprenditore, interessato a monetizzare il proprio investimento ed a realizzare un guadagno
di capitale attraverso la vendita della partecipazione, una volta raggiunti gli obiettivi
prefissati. Il disinvestimento consiste, dunque, nella cessione, totale o parziale,
della partecipazione detenuta dall'investitore, che, in alcuni casi, può anche decidere di
conservare una minima quota di capitale nell'impresa in via più duratura. Il
momento dell'uscita dell'investitore dal capitale dell'impresa non è quasi mai
predeterminato, ma è funzione dello sviluppo della società. Sempre più spesso,
tuttavia, gli investitori cercano di prevedere, al momento dell'acquisto della
partecipazione, gli eventuali canali di uscita ed i tempi di realizzo, al fine di
pianificare al meglio anche questa fase finale dell'operazione. Nei casi di successo, si
disinveste quando l'azienda ha raggiunto il livello di sviluppo previsto ed il valore
della società, e quindi della partecipazione, si è conseguentemente
incrementato. Nell'eventualità in cui l'iniziativa fallisca, perché, ad esempio, il nuovo prodotto
o la nuova tecnologia non riescono ad affermarsi sul mercato, si disinveste quando
matura la convinzione che non è più possibile risolvere la situazione di crisi che si è creata.
In entrambe le situazioni, i tempi e le modalità del disinvestimento sono definiti, di norma,
con l'accordo di tutti i soci. Diverse sono le modalità di disinvestimento, dipendenti sia dalla
tipologia di impresa e di operazione precedentemente posta in essere, che dai risultati
raggiunti. I tipici canali utilizzati dagli investitori per cedere le azioni in loro possesso
sono:
la quotazione in Borsa dei titoli dell'impresa partecipata;
la vendita dei titoli ad un'altra impresa industriale o ad un altro investitore
istituzionale;
il riacquisto della partecipazione da parte del gruppo imprenditoriale
originario.
la vendita a nuovi e vecchi soci, risultanti da un'operazione di concentrazione tra
diverse imprese del settore nel frattempo realizzata.
È ovviamente da mettere in previsione anche l'ipotesi che tutta l'operazione non vada a
buon fine e che, quindi, non si verifichi un vero e proprio disinvestimento, ma un
azzeramento del valore della partecipazione. Ciò è più frequente soprattutto nelle
operazioni di "start up" di imprese tecnologiche.
La quotazione in Borsa
Il canale più ambito di disinvestimento è la quotazione in Borsa dei titoli della società
partecipata. Dal momento che in Borsa è possibile collocare anche una minoranza del
capitale dell'impresa, tale strada permette, all'investitore, di cedere con profitto il proprio
pacchetto di azioni, ed all'imprenditore di mantenere il controllo della società. Inoltre,
avere un investitore istituzionale come socio nel capitale di rischio vuole dire avere già
fatto un percorso importante verso la trasparenza e quindi essere già abbastanza
pronti ad affrontare la quotazione. La presenza dell'investitore istituzionale,
anticipando molti dei passaggi necessari, contribuisce a mitigare i rischi e gli svantaggi
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
237
derivanti dal processo di quotazione. Il significato e l'ampiezza dei vantaggi specifici
legati alla quotazione e dei relativi oneri dipendono dal soggetto interessato.
La cessione delle quote ad un'altra impresa industriale
Oltre alla quotazione esistono altre modalità di smobilizzo, e il caso di cessione della
partecipazione a un'altra azienda è una delle vie maggiormente seguite. L'offerta di
acquisto può presentarsi in modo spontaneo, oppure viene attentamente costruita,
cercando potenziali imprese interessate, dall'investitore di comune accordo con
l'imprenditore. Questo canale apre una prospettiva di sviluppo per l'impresa, dal
momento che l'acquirente può essere un altro gruppo imprenditoriale interessato a
sviluppare la propria area di business realizzando sinergie operative e strategiche. La
scelta di vendere ad un solo acquirente, inoltre, comporta un impegno di
persuasione più ristretto rispetto alla necessità di convincere l'intero mercato e,
generalmente, tempi più ristretti.
Uno degli svantaggi più rilevanti del trade sale può essere l'opposizione del
management, che teme di perdere la propria indipendenza a seguito del
cambiamento dei vertici della società. È sempre più frequente, tuttavia, il caso in cui
l'azienda acquirente voglia mantenere la stessa struttura organizzativa (e a volte lo
stesso imprenditore originario, seppur con quote di minoranza) per non perdere i
vantaggi competitivi e le conoscenze maturate nel tempo.
La cessione delle quote ad un altro investitore istituzionale
In alcuni casi il processo di disinvestimento può essere realizzato attraverso il
"passaggio del testimone" da un investitore ad un altro. Ciò si verifica soprattutto quando
l'impresa non è ancora pronta ad essere affidata al mercato, ma necessita di ulteriori
capitali e conoscenze per proseguire il suo processo di crescita. Al tempo stesso,
l'investitore originario, potrebbe considerare esaurito il suo compito, preferendo
cedere la partecipazione ad un nuovo operatore, magari maggiormente specializzato
nelle fasi successive di sviluppo.
Il riacquisto delle quote da parte del gruppo imprenditoriale originario
L'imprenditore può riacquistare la quota ceduta originariamente all'investitore
istituzionale nel capitale di rischio. Tale eventualità può essere prevista
contrattualmente fin dall'inizio dell'intervento, affidandone l'attivazione
all'imprenditore (call) o all'investitore (put). In tali casi l'investitore istituzionale
rappresenta un partner temporaneo che si impegna a "traghettare" l'intera
compagine sociale, e non solo l'impresa, verso una dimensione o una struttura più
adeguata alle esigenze del mercato. Il riacquisto può però anche essere causato da
una performance insoddisfacente, che non rende quindi l'impresa sufficientemente
attraente per altri potenziali acquirenti, così come può essere provocato
dall'opposizione, da parte dei soci non finanziari, all'intervento di nuovi soggetti nella
compagine azionaria.
Il default
L'attività di venture capital e private equity, come detto, comporta la piena
partecipazione al rischio di impresa da parte dell'investitore istituzionale. Quindi, qualora
l'iniziativa imprenditoriale fallisca, l'investitore non potrà far altro che annotare la perdita
di valore della partecipazione, fino al suo totale azzeramento.
7.10 Le attività dell’investitore
7.10.1 Raccolta
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
238
Il processo di raccolta è una fase, oltre che estremamente delicata, molto
impegnativa dal punto di vista delle risorse e del tempo; generalmente l'attività di
fund raising impegna gli investitori per un periodo di circa un anno. Sulla base di
una schematizzazione realizzata dall'European Private Equity and Venture Capital
Association (EVCA), è possibile suddividere il processo di raccolta in sette fasi: 1.
identificazione del mercato target;2. pre-marketing;3. strutturazione del fondo;4.
preparazione e distribuzione del materiale di marketing;5. incontri con i potenziali
investitori;6. preparazione della documentazione legale;7. chiusura. Nella fase di
identificazione del mercato target, prima di procedere ai contatti con i potenziali
investitori, l'operatore identifica quali sono i mercati strategicamente più appetibili
per la sua raccolta. È importante che, prima di rivolgersi a investitori internazionali,
l'operatore acquisti stima e riscontri positivi presso il proprio mercato nazionale.
Successivamente è possibile dare avvio alla fase di pre-marketing, rappresentata
da un naturale prolungamento di quanto esposto in precedenza. La scelta dei primi
investitori cui rivolgersi, infatti, viene realizzata soprattutto per attrarne altri di
dimensioni maggiori e originare così un circolo virtuoso. Esistono anche particolari
soggetti, i cosiddetti gatekeepers, che per i fondi chiusi di piccola dimensione
rappresentano, spesso, l'unica via per accedere ad alcuni mercati
geograficamente lontani dal proprio. Questi soggetti, infatti, sono consulenti,
gestori di portafogli di fondi e manager di grandi investitori istituzionali e
rappresentano a loro volta un alto numero di investitori. La buona accoglienza
presso alcuni di questi soggetti dà una sorta di "marchio di garanzia" per altri
potenziali investitori. Tale garanzia è data, in parte, dall'esperienza maturata da
costoro e, in parte, dalle rigorose e standardizzate procedure di due diligence che
essi, data la loro dimensione, possono mettere in atto. Preparandosi al fund
raising, che ci si avvalga o meno di una rete di advisors, è necessario che il
promotore strutturi il proprio fondo nei minimi dettagli, sotto il profilo tecnico, legale
e fiscale. Una volta strutturato il fondo secondo tutte le direttrici, occorre preparare
un documento di presentazione (il placement memorandum) che, come una sorta
di business plan, costituisce il biglietto da visita dell'operatore. In molti casi il
memorandum si rivela non solo la prima, ma anche l'ultima opportunità per attrarre
nuovi investitori: un piano di marketing sbagliato può indurre gli investitori a
tralasciare un progetto d'investimento buono, ma mal presentato (e quindi non
compreso). Nel documento, il management del fondo deve riuscire a sintetizzare
ciò che è stato fatto in passato, con le relative performance ottenute, come pensa
di agire per mantenere o migliorare tali risultati e quale è il proprio vantaggio
competitivo rispetto ad altri soggetti (ciò che dovrebbe indirizzare la scelta verso il
proprio fondo). Un esauriente placement memorandum deve, in primo luogo,
contenere la descrizione di tutti i termini e delle condizioni, includendo, quindi, dati
e prospetti a proposito di: - dimensione del fondo;- dimensione delle quote di
partecipazione;- durata del fondo;- politiche di distribuzione dei proventi;management fee;- costi di organizzazione e struttura;- altri costi;- attività di report
verso gli investitori. Quanto realizzato fino a questo punto è ovviamente finalizzato
all'incontro con gli investitori, durante il quale essi valutano se proseguire i contatti
o se interromperli, nel caso non siano soddisfatti da quanto offerto, o non lo
comprendano a fondo. Infine, deve essere predisposta la documentazione legale,
rappresentata da tutti gli atti e i contratti necessari per la conclusione
dell'investimento, quando ormai la scelta dell'investitore è pressoché fatta e siglati i
quali l'attività di fund raising può definirsi conclusa. Tradizionalmente, i principali
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
239
soggetti erogatori di capitale nel settore del private equity e del venture capital
sono, essi stessi, investitori istituzionali. Trattasi, per lo più, di fondi pensione (in
particolare nei mercati anglosassoni) e istituzioni bancarie (Europa continentale,
Italia compresa), impossibilitati a svolgere direttamente tale attività ma, al tempo
stesso, interessati ai ritorni ottenibili nel medio -lungo periodo. Un ruolo via via
crescente all'interno del panorama dei soggetti "fornitori" di risorse finanziarie per il
mercato del capitale di rischio internazionale lo stanno assumendo i cosiddetti
fondi di fondi. Si tratta di veri e propri fondi con disponibilità di capitali molto
ingenti, spesso lanciati da banche di investimento, che impiegano le risorse da loro
raccolte prevalentemente in quote di altri fondi di private equity e venture capital,
invece che direttamente in partecipazioni di imprese.
7.10.2 Le valutazioni dell’investitore sull’investimento
L'approccio classico
La più classica e diffusa segmentazione del mercato del capitale di rischio, le cui
categorie, seppur con minimi adattamenti geografici, sono internazionalmente
adottate dagli operatori, dalle associazioni e dai centri di ricerca, anche ai fini
statistici, classifica le tipologie di investimento, sostanzialmente, a seconda delle
diverse fasi del ciclo di vita dell'impresa target. In tale ottica, si parla di seed
(finanziamento dell'idea) e start up financing per individuare gli interventi cosiddetti
di early stage, volti cioè a finanziare le primissime fasi di avvio dell'impresa.
Successivamente, qualora l'investimento sia finalizzato a supportare la crescita e
l'implementazione di programmi di sviluppo di aziende già esistenti, vengono
utilizzati i termini expansion financing o development capital, mentre si parla di
replacement capital (capitale di sostituzione) per riferirsi ad interventi che, senza
andare ad incrementare il capitale sociale dell'impresa, si pongono l'obiettivo di
sostituire parte dell'azionariato non più coinvolto nell'attività aziendale. Ancora,
tutte le operazioni orientate al cambiamento totale della proprietà dell'impresa, sia
a favore di manager interni alla stessa società (management buy out) che di
manager esterni (management buy in), con il frequente uso della leva finanziaria
come strumento di acquisizione (leveraged buy out), vengono generalmente
raggruppate nella categoria dei "buy out"; così come si parla di turnaround per
indicare gli investimenti di ristrutturazione di imprese in crisi e di bridge financing
con riferimento agli interventi finalizzati, sin dal momento della loro realizzazione,
nell'accompagnare l'impresa in Borsa. All'interno delle dette categorie sono, a loro
volta, individuabili ulteriori tipologie di investimento, a seconda della specifica fase
aziendale e dello specifico tipo d'intervento
Una evoluzione
La crescente complessità dei settori "merceologici" e delle peculiari problematiche
ad ognuno di essi riconducibile (si pensi all'ampio comparto dell'Information
Technology ed a quanto sta avvenendo nei sistemi economici più avanzati, dove
aziende "neonate" sono già pronte alla quotazione in Borsa) fa sì che, in
determinati casi, lo stadio di sviluppo delle diverse imprese, e le esigenze
finanziarie ad esso collegate, poco si prestino ad una schematizzazione classica.
In più, gli operatori nel capitale di rischio sviluppano di continuo avanzati strumenti
di ingegneria finanziaria, sempre più complessi e sofisticati, attraverso i quali si fa
uso contemporaneo di diverse leve e che, per questo motivo, sono difficilmente
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
240
catalogabili. Alla luce di ciò, oggi si adotta una più corretta classificazione, basata
sulla macro ripartizione tra le diverse esigenze strategiche dell'impresa, le
problematiche ad esse riconducibili e gli obiettivi di soddisfacimento di queste che
si pone l'investitore. In tale ottica, gli interventi degli investitori istituzionali nel
capitale di rischio possono essere raggruppati, classificati e caratterizzati sulla
base di tre principali tipologie:
finanziamento dell'avvio;
finanziamento dello sviluppo;
finanziamento del cambiamento/ripensamento.
la prima categoria viene ricondotta l'attività propriamente detta di venture capital,
mentre la seconda e la terza rientrano nel segmento del private equity.
Di seguito vengono riportate le tre categorie in dettaglio
Figura 1: le principali categorie di investimento nel capitale di rischio
Fonte: A. Gervasoni, F.L. Sattin, Private Equity e Venture Capital, manuale di
investimento nel capitale di rischio, Guerini e Associati, Milano 2004
.
7.10.3
Il finanziamento dell'avvio
All'interno di tale categoria sono ricondotti tutti gli interventi il cui obiettivo è quello
di supportare la nascita di una nuova iniziativa imprenditoriale, sia essa ancora
nella fase embrionale, che nelle primissime fasi di avvio. Dal punto di vista della
domanda (impresa), la richiesta di intervento è generalmente riconducibile a un
imprenditore - o aspirante tale - intenzionato a sviluppare una nuova invenzione, o
a migliorare/implementare un prodotto/processo produttivo esistente. Prima che la
commercializzazione del nuovo prodotto sia avviata e consegua i primi successi,
servono spesso ricerche (di base, di mercato, ecc…) o altre attività, le quali
richiedono investimenti a volte onerosi. Inoltre, ciò di cui il portatore della nuova
idea imprenditoriale ha spesso grande bisogno è un apporto in termini di capacità
imprenditoriale, di competenze aziendali e manageriali. Nelle operazioni di avvio, o
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
241
di early stage, l'uomo necessita spesso, più che di un mero contributo in termini di
capitali, di un aiuto nella definizione della formula imprenditoriale e nella riflessione
sulla propria posizione competitiva. Al tempo stesso, l'investitore deve
necessariamente avere fiducia non solo nelle potenzialità del business, ma anche
negli uomini che con lui lo condurranno. Una distinzione deve poi essere effettuata
tra il lancio di prodotti e servizi ad alto contenuto tecnologico (high tech) e attività di
tipo più tradizionale. La necessità di conoscenze altamente specializzate e ancora
non particolarmente consolidate (specie nei paesi dell'Europa continentale), unita
alla rapidità di obsolescenza dei prodotti e dei processi tipica dei settore
tecnologici, caratterizzano gli investimenti effettuati in tale comparto, soprattutto in
termini di necessità di valutazione delle capacità imprenditoriali più che reddituali
dell'impresa e di diminuzione dei tempi di permanenza del socio istituzionale nella
compagine azionaria
7.10.4 Il finanziamento dello sviluppo
La seconda macro categoria di interventi effettuati da investitori istituzionali nel
capitale di rischio è riconducibile a tutte quelle situazioni nelle quali, a diverso titolo
e secondo diverse modalità, l'impresa si trovi di fronte a problematiche connesse
al suo sviluppo. Lo sviluppo di un'attività imprenditoriale che ha già raggiunto un
determinato livello di maturità, può essere generalmente perseguito attraverso
l'aumento o la diversificazione diretta della capacità produttiva (sviluppo per vie
interne), l'acquisizione di altre aziende o rami di azienda (sviluppo per vie esterne),
oppure l'integrazione con altre realtà imprenditoriali, fermo restando un elevato
grado di autonomia operativa delle singole unità (sviluppo "a rete"). Nel primo
caso, il contributo dell'investitore nel capitale di rischio sarà prevalentemente di
natura finanziaria, anche se, essendo generalmente presenti ancora molte aree di
sviluppo inesplorate, soprattutto in termini di diversificazione produttiva e
geografica, l'elemento consulenziale potrà rilevarsi estremamente prezioso. Nel
caso si intendessero perseguire gli obiettivi di sviluppo attraverso una crescita per
vie esterne, particolare importanza è assunta dal network internazionale che
l'investitore è in grado di attivare per l'individuazione del partner ideale. In virtù di
ciò, questo genere di interventi risulta particolarmente congeniale agli operatori
che dispongono di una consolidata esperienza di carattere internazionale e una
notevole rete di conoscenze in seno a realtà economiche e industriali di paesi
diversi. Nel terzo caso, infine, si fa riferimento ad una tipologia di intervento
finalizzata al raggruppamento (cluster) di più società operative indipendenti,
integrabili verticalmente od orizzontalmente e caratterizzate da considerevoli
similitudini in termini di prodotti, mercati e tecnologie, possedute da una holding
svolgente un ruolo di coordinamento strategico e dove la maggioranza è detenuta
da una o più società di investimento.
7.10.5
Il finanziamento del cambiamento
La terza categoria di interventi in capitale di rischio è finalizzata al finanziamento di
processi di cambiamento interni all'azienda, che, seppur fondati su motivi differenti,
spesso portano ad una modifica, più o meno profonda, dell'assetto proprietario
della stessa. Si tratta della categoria maggiormente indipendente, rispetto alle
altre, dallo stadio di sviluppo raggiunto dall'impresa, che invece colloca la
necessità di ricorso ad un investitore istituzionale nell'esigenza di un suo
"ripensamento". Le motivazioni che si pongono alla base del cambiamento
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
242
possono risiedere tanto nel cosciente raggiungimento, da parte dell'impresa, di
una fase anagrafica, strategica o patrimoniale di "stallo", per il cui superamento è
necessario una modifica del suo assetto, quanto nel verificarsi involontario di
eventi negativi.
7.10.6
Il disinvestimento
La fase dello smobilizzo costituisce la parte finale della sequenza del processo di
investimento, una fase estremamente delicata perché è in questo stadio che può
realizzarsi un guadagno di capitale, che rappresenta lo scopo ultimo dell'investitore
istituzionale nel capitale di rischio. Tale operatore, infatti, non rimane per sua
natura legato troppo a lungo alle imprese finanziate (se così non fosse si
trasformerebbe in holding di partecipazione), visto che si propone come partner
temporaneo e che il suo obiettivo finale è quello di realizzare un capital gain nel
medio-lungo periodo. Riassumendo le modalità di disinvestimento in uno schema,
esse possono essere distinte nel modo seguente:
1. la vendita delle azioni sul mercato borsistico;
2. la cessione della partecipazione a un socio di natura industriale (trade sale);
3. la cessione della partecipazione a un altro operatore di private equity o venture
capital (replacement e secondary buy out)
4. il riacquisto della partecipazione da parte del socio originario (buy back);
5. l'azzeramento della partecipazione a seguito di fallimento (write off).
La scelta del canale di disinvestimento, seppur indicativamente già definita al
momento della negoziazione, deriva da una serie di fattori legati alla tipologia
dell'impresa target (dimensioni, settore di attività, caratteristiche organizzative
ecc.), ai risultati raggiunti attraverso la collaborazione tra investitore e
imprenditore, a elementi congiunturali, nonché alle specifiche volontà e preferenze
di tutti gli shareholders. Di fatto, nessuna delle vie sopra indicate è realmente
programmabile con un grado di certezza assoluta: tutto dipende dalla qualità del
lavoro svolto e dal suo successo. La quotazione dei titoli della società partecipata
su un mercato regolamentato rappresenta, nella maggior parte dei casi, la più
ambita via di dismissione della partecipazione da parte dell'investitore istituzionale.
I principali vantaggi riconducibili alla dismissione tramite IPO sono attribuibili ai
seguenti fattori:
la possibilità di spuntare un prezzo più alto (estremamente dipendente da
elementi esogeni);
la maggior facilità di incontrare le preferenze del management dell'impresa;
la possibilità di un guadagno ulteriore derivante dall'incremento del valore,
post quotazione, delle azioni rimaste in portafoglio dell'investitore istituzionale
Sul fronte opposto, i principali svantaggi sono rappresentati da:
a la dimensione dei costi, maggiore rispetto ad altre alternative di dismissione;
b le clausole di lock up che impediscono agli investitori presenti nella compagine
azionaria prima della quotazione di cedere immediatamente tutte le partecipazioni
detenute;
c- l'illiquidità di molti mercati europei;
d la necessità, affinchè l'IPO vada a buon fine, di attrarre un vasto numero di
investitori; e il fatto che tale opzione sia, in realtà, impercorribile per alcune piccole
imprese. Allo stesso tempo, tuttavia, l'ammissione al listino ufficiale di Borsa non è
un processo semplice per le imprese minori e, quindi, tale canale può essere
inserito in un'ottica di medio-lungo termine, come modalità avente un ragionevole
grado di certezza, solo per quelle società che hanno già raggiunto un certo
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
243
sviluppo e una certa maturità. Nell'ambito della gamma delle possibilità di
disinvestimento, la modalità internazionalmente più diffusa è comunque
rappresentata dalla cessione delle quote della partecipata a nuovi soci industriali, o
dalla fusione con altre società. I principali vantaggi riconducibili a questa tipologia
di dismissione sono attribuibili ai seguenti fattori: 1) gli acquirenti possono pagare
un prezzo maggiore, riconducibile al premio attribuibile all'importanza strategica
che ha per loro l'acquisto dell'impresa target; 2) è possibile liquidare
immediatamente il 100% della partecipazione posseduta; 3) si tratta di
un'operazione più economica, veloce e semplice rispetto a un IPO; 4) a volte è
l'unica opzione per alcune imprese minori; 5) è necessario convincere un solo
soggetto acquirente, anziché l'intero mercato. In termini di svantaggi, invece, si
sottolineano i seguenti: - spesso il management dell'impresa target è contrario
all'operazione; - in alcuni paesi non ci sono molti trade buyers; - alcuni investitori
istituzionali non sono disposti a concedere le garanzie tipicamente richieste dagli
acquirenti. Oltre alla possibilità di quotazione in Borsa dell'impresa partecipata e al
trade sale, altre importanti tipologie di disinvestimento sono rappresentate dalla
vendita a un'altra istituzione finanziaria e dal riacquisto delle quote da parte del
management o degli altri azionisti. L'azzeramento (write off) della partecipazione a
seguito della sua totale perdita di valore non rappresenta di fatto una vera e
propria modalità di disinvestimento, in quanto non contiene alcun elemento
discrezionale da parte dell'investitore. Il caso di cessione ad altro investitore
istituzionale, situazione in passato poco frequente, rappresenta di fatto una
tipologia di way out che si sta diffondendo sempre di più, in particolar modo nelle
ipotesi di secondary buy out, quando, cioè, è una quota di maggioranza o
addirittura l'intera azienda che passa di mano da un investitore a un altro. Il
riacquisto della quota dell'investitore istituzionale nel capitale di rischio da parte
dell'imprenditore è, invece, una modalità di cessione della partecipazione spesso
prevista contrattualmente fin dall'inizio dell'intervento partecipativo, affidandone
l'attivazione all'imprenditore (call) o all'investitore (put) e può rappresentare
un'alternativa offerta all'imprenditore qualora questi non voglia intraprendere un
processo di quotazione o cessione della propria quota.
Il materiale del Presente capitolo è tratto dal material ottenuto dall’AIFI che si
ringrazia per la collaborazione.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
244
CAPITOLO 8
L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE E LE
PRINCIPALI FORME DI REGOLAMENTO E
FINANZIAMENTO DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
245
8. 1 IL COMMERCIO CON L’ESTERO
8.1.1 Esportare o Importare: come fare?
Esportare o importare beni e servizi, comporta una serie di problemi di tipo
economico, normativo e valutario, a volte semplici ed a volte più complessi. Un
piano di esportazione consiste principalmente di due fasi: una fase informativa ed
una fase operativa. Per quanto riguarda la fase informativa è innanzitutto
necessario compiere una valutazione preliminare delle aree potenzialmente più
interessanti per il prodotto da esportare. A tal fine si possono utilizzare per
esempio i dati relativi ai flussi commerciali per prodotto e per area geografica
disponibile presso l'ISTAT e l'UIC. Nella fase di tipo informativo è essenziale
reperire quante più informazioni è possibile in tempi brevi ed a costi accessibili.
Per questo motivo, il ruolo dei servizi all’internazionalizzazione per sistemi di
imprese, erogati dal mercato privato o da strutture pubbliche o rappresentative di
interessi aggregati, è andato fortemente crescendo negli ultimi anni, in
connessione e parallelamente con i processi di internazionalizzazione e di
mondializzazione dell’economia e con gli sviluppi del processo di integrazione
dell’Europa comunitaria. Il problema principale del settore dei servizi
all’internazionalizzazione, pur nel contesto della sua crescente rilevanza per i
sistemi di impresa, sta ancora oggi nei limiti di visibilità e di definizione. Infatti, esso
si colloca molto spesso nel quadro di strutture di servizio più generali, che erogano
una molteplicità di servizi, fra i quali, e spesso in misura ancora marginale, quelli
all’internazionalizzazione (questo accade ad esempio per le banche o per le
società di pubblicità o ancora per la maggior parte degli studi professionali). Le
stesse strutture di servizio pubbliche o associative, presentano in molti casi una
caratteristica simile, cioè offrono servizi all’internazionalizzazione (e in misura
limitata) solo nel contesto di funzioni più generali. Questo fatto rende il settore dei
servizi all’internazionalizzazione ancora poco visibile e trasparente. In altre parole,
questi servizi, sembrano collocarsi in un mercato per più aspetti “imperfetto” dove
domanda ed offerta hanno non poche difficoltà a riconoscersi e quindi ad
incontrarsi proficuamente. In particolare, sembra ancora molto debole, un’esplicita
domanda di servizi all’internazionalizzione da parte delle PMI. Esse tendono ad
esprimere una domanda esplicita, solo se sollecitate da soggetti “visibili” ed
“attraenti”. In un contesto, sostanzialmente di mercato ancora in costruzione, il
ruolo delle strutture di offerta pubbliche e delle strutture rappresentative di interessi
aggregati (associazioni ed anche consorzi di export) appare particolarmente
importante e per certi aspetti strategico.
Le organizzazioni che offrono un apporto all’internazionalizzazione delle imprese
per quanto riguarda l’offerta pubblica sono:
le Regioni,
i centri esteri delle Camere di commercio,
le banche dati (tra queste ricordiamo: ITIS, Mark, IBIS, STEN, NODO)
l’Istituto Nazionale per il Commercio con l’estero.
8.2 Analisi di un mercato estero
Vediamo ora nel dettaglio come si fa l’analisi di un mercato estero.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
246
Per vendere all’estero un prodotto il primo passo che le imprese devono compiere
è quello di procedere ad un’attenta analisi dei mercati esteri, al fine di raggiungere
due obiettivi principali:
individuare nuovi mercati
seguire costantemente i mercati nei quali l’impresa già opera ed individuare
tempestivamente eventuali variazioni della domanda.
Poiché inoltre, l’ingresso in un mercato comporta sempre il sostenimento di costi,
prima di trovare una forma di penetrazione commerciale all’estero occorre trovare
un metodo per selezionare i mercati che hanno una domanda potenziale superiore
ad una soglia minima accettabile.
Per individuarli bisogna passare attraverso tre fasi:
1. Selezione dei mercati con maggiore potenziale;
2. Analisi “a tavolino”;
3. Analisi in profondità: Rapporto prodotto/mercato.
Va poi sottolineato che quando l’impresa è già entrata su un mercato ed ha già
sviluppato una certa politica commerciale è comunque necessario continuare a
fare analisi molto attente per più ragioni: la domanda cambia costantemente, i
concorrenti propongono prodotti nuovi e le prospettive di lungo termine possono
cambiare. In questo caso la ricerca si deve limitare non solo a quanto è avvenuto o
sta avvenendo, ma si deve spingere a previsioni di breve e medio periodo. E’
necessario quindi predisporre un sistema di analisi dei sintomi che preannunciano i
cambiamenti della situazione economica, sociale e politica, occorre seguire
costantemente le strategie adottate dalla concorrenza, l’evoluzione dei gusti del
consumatore per quanto riguarda i beni di consumo e le esigenze dei potenziali
compratori per quanto riguarda i beni strumentali.
8.3
L'attività doganale negli scambi con l'estero
L’intervento dello stato negli scambi internazionali di merci è provocato
principalmente da due esigenze: la necessità di regolare l’attività commerciale e
l’interesse a procurarsi un flusso di entrate tributarie. Tale intervento è attuato
attraverso l’azione delle dogane, che costituiscono per tale ragione, gli organi di
politica commerciale ed economica della Stato. La loro attività non attiene solo agli
aspetti economici e tributari, ma anche ai settori sanitario, fitopatologico, di difesa
del patrimonio artistico, di polizia e di statistica. L’attività economica internazionale,
che ha assunto un rilievo sempre maggiore negli ultimi anni, è stata regolata ed
istituzionalizzata mediante accordi e organizzazioni internazionali. Particolare
importanza nel contesto della cooperazione internazionale, ai fini della progressiva
liberalizzazione degli scambi commerciali, ha assunto l’attività che si è sviluppata a
seguito della conclusione il 30 Ottobre 1947 a Ginevra, dell’accordo generale sulle
tariffe e sul commercio (Gatt). Sull'attività doganale hanno avuto un forte impatto la
creazione della Ceca nel 1951 e della Cee e Ceca nel 1957. Ai sensi dell’articolo
XXIV del Gatt, nell’ “unione doganale” si ha la sostituzione di un solo territorio
doganale a due o più territori doganali in modo che:
•
dazi doganali ed altre norme restrittive degli scambi commerciali siano
eliminati nel complesso dei territori costitutivi dell’unione;
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
247
•
dazi doganali identici, e altre norme pure identiche, siano applicati da
ciascuno dei membri dell’unione al commercio con i territori che non fanno
parte della stessa.
Gli Stati dell’unione doganale, a differenza di quelli della “zona di libero scambio”,
applicano nei confronti degli Stati terzi, una tariffa doganale e una politica
commerciale comune. Vige inoltre al suo interno il principio della “libera pratica” e
non il principio dell’origine. Questo significa che possono circolare liberamente
all’interno dell’unione sia i prodotti originari degli Stati membri, sia quelli provenienti
da Paesi terzi per i quali siano state adempiute in uno degli Stati membri le
formalità di importazione e riscossi i dazi doganali e che non abbiano beneficiato di
un ristorno totale o parziale dei dazi. In particolare nella Comunità europea, la
libera circolazione delle merci è consentita alle merci originarie della comunità
stessa ed alle merci terze per le quali sono stati assolti, in un paese membro i dazi
previsti dalla tariffa esterna comune, e le altre formalità previste all’importazione
per le merci extracomunitarie, venendo così a trovarsi in una posizione simile a
quella delle merci comunitarie, che è definita di libera pratica dal trattato.
8.4 accordi con gli Stati terzi
Essi vanno suddivisi in base alla reciprocità o meno del trattamento preferenziale.
Si avranno quindi: accordi basati sull’istituzione progressiva di un’unione doganale
o di una zona di libero scambio ai sensi delle regole del Gatt; accordi che
stabiliscono trattamenti preferenziali da parte della Comunità, senza obbligo di
reciprocità, a taluni Paesi a titolo di “aiuti allo sviluppo”, accettati dal Gatt come
compatibili con le regole dell’accordo medesimo. Con alcuni Paesi non membri
esistono particolari accordi che facilitano il commercio internazionale. Si parla in
questi casi di :
Accordi preferenziali reciproci
TURCHIA
L’accordo in questione prevede l’istituzione di un’unione doganale.Gli scambi
avvengono sulla base di una nozione di “libera pratica” diversa da quella in vigore
per gli scambi all’interno dell’unione doganale comunitaria, in quanto ne sono
escluse le merci importate nella Comunità o in Turchia da Paesi terzi con un
regime doganale particolare, a causa della loro origine o provenienza per esempio
da Paesi legati ad accordi preferenziali. Le merci in questione non possono
considerarsi in libera pratica quando vengono riesportate nell’altra parte
contraente. La loro ammissione al beneficio delle disposizioni previste dall’accordo
è subordinata alla riscossione, nello Stato di esportazione, di un prelievo di
compensazione.
CIPRO E MALTA
L’obiettivo degli accordi con questi Paesi è realizzare un’unione doganale. Negli
scambi con i Paesi terzi Cipro e Malta non adottano per ora la tariffa doganale
della Comunità europea e, quindi, la circolazione delle merci è disciplinata come
negli accordi per l’istituzione di una zona di libero scambio. Vengono applicate
tariffe agevolate solo alle merci considerate “originarie” delle parti contraenti, in
base alle regole stabilite dagli accordi medesimi. Sono invece interamente aboliti,
tranne che per un ristretto numero di prodotti agricoli, per i quali è prevista una
riduzione progressiva, i dazi doganali e le tasse di effetto equivalente.
Paesi Efta
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
248
Quando tre dei Paesi facenti parte dell’Efta entrarono a far parte delle Comunità
europee, al fine di mantenere il regime preferenziale già esistente tra questi e i
Paesi Efta non aderenti, la Comunità stipulò con ciascuno di questi accordi che
rappresentano altrettante zone di libero scambio limitatamente ai prodotti
industriali classificati nei capitoli dal 25 al 99 della tariffa doganale. Evoluzione di
tali accordi è la creazione dal 1° Gennaio 1994 del lo Spazio Economico Europeo
tra l’Unione europea e i Paesi già facenti parte dell’Efta, esclusa la Svizzera che
non lo ha ratificato. L’accordo comporta una maggiore integrazione dei Paesi in
questione con la Comunità, ma non l’abolizione delle formalità doganali.
Polonia, Ungheria, Rep.Ceca, Slovacchia,Bulgaria e Romania
Gli scambi con questi Paesi sono regolati da accordi aventi come obiettivo la
realizzazione di altrettante zone di libero scambio. Viene realizzato l’abbattimento
daziario per tappe successive, per taluni prodotti nell’ambito di contingenti o
massimali annuali. Il trattamento è applicato ai prodotti considerati originari in base
alle regole di origine stabilite in ciascun accordo. Con l’allargamento previsto tutti
gli accordi verranno eliminati
Israele
Anche l’accordo con questo Paese ha come obiettivo la realizzazione di una zona
di libero scambio. L’abbattimento daziario è completo tranne che per un certo
numero di prodotti agricoli. E’ applicato ai prodotti considerati originari in base alle
regole stabilite dall’accordo.
Accordi preferenziali non reciproci
Maghreb-Machrak
Hanno come obiettivo la realizzazione da parte della Cee della politica
mediterranea. I prodotti originari di questi Paesi sono ammessi all’importazione
nella Comunità in esenzione da dazi e senza restrizioni quantitative. L’origine è
attestata da certificati di circolazione.
Ex Iugoslavia
L’accordo, sottoscritto quando si trattava ancora di un unico Paese, spingeva al
miglioramento delle condizioni di accesso dei prodotti di questo al mercato
comunitario, attraverso l’abolizione dei dazi doganali e delle restrizioni quantitative,
facendo eccezione per alcuni prodotti. Partendo dalle differenze nelle condizioni di
sviluppo la Cee non ha preteso reciprocità di trattamento. Dopo la separazione del
Paese in Stati indipendenti, il trattamento preferenziale previsto dall’accordo è per
ora riservato a Bosnia- Erzegovina, Croazia, Slovenia e alla Repubblica iugoslava
di Macedonia.
Stati Acp
Gli scambi commerciali con questi Paesi sono regolati dalla Terza convenzione di
Lomè conclusasi l’8 dicembre 1984.All’interno dell’accordo è tra l’altro stabilito il
libero accesso nella Comunità, in esenzione da dazi e senza restrizioni
quantitative, di alcuni prodotti industriali e agricoli, che rientrano nella politica
agricola comune e che sono considerati originari degli Stati Acp in base alle regole
di origine stabilite dalla convenzione.
Trattamenti preferenziali concessi in via unilaterale
Paesi e territori d’oltremare
(Ptom) Attraverso decisioni rinnovate dalla Comunità europea ogni cinque anni e
secondo l’art.131 del trattato di Roma e la relativa convenzione allegata, tali Paesi
sono associati automaticamente alla Comunità. Gli scambi commerciali sono
regolati facendo riferimento alla regolamentazione stabilita per i Paesi Acp.
Paesi in via di sviluppo (Pvs)
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
249
La Comunità europea accorda a tali Paesi, in via unilaterale, concessioni tariffarie
che vanno sotto il nome di “preferenze tariffarie generalizzate”. Queste sono
rinnovate di anno in anno e sono concesse con delle limitazioni:
per alcuni prodotti agricoli: esenzione dai dazi per le importazioni dai Pvs
meno progrediti; riduzione parziale dei dazi per le importazioni dagli altri Pvs;
per i prodotti tessili: esenzione dai dazi nell’ambito di massimali o di
contingenti nel rispetto dell’accordo Multifibre;
per prodotti semilavorati e finiti del settore industriale: esenzione dai dazi
nell’ambito di contingenti per ogni singolo Paese fornito e di massimali (oltre i
quali i dazi possono essere reintrodotti).
Non possono però essere imputate le importazioni che beneficiano già di esenzioni
daziarie ai sensi di un altro regime preferenziale concesso dalla Comunità.
8.5 Applicazione delle tariffe doganali
La tariffa doganale rappresenta lo strumento primario con il quale un Paese regola,
nell’ambito della propria politica economica, gli scambi commerciali con il resto del
mondo. Si tratta di una raccolta sistematica, per settori merceologici, di posizioni
nelle quali trovano collocazione le merci oggetto di scambi internazionali. Per ogni
merce, attraverso la tariffa doganale vengono stabilite: l’imposta doganale, cioè i
dazi o altri diritti di effetto equivalente, a cui le merci devono essere assoggettate
all’atto dell’importazione. Per quanto riguarda la Comunità economica europea, dal
1968, momento in cui ha avuto attuazione l’unione doganale, i Paesi membri
hanno adottato un’unica tariffa doganale verso l’esterno, sia per quanto riguarda la
nomenclatura sia per l’imposizione daziaria. L’entrata in vigore del sistema
armonizzato ha determinato un adeguamento della tariffa doganale comunitaria. Il
passaggio al nuovo sistema non è avvenuto con la semplice trasposizione dal
vecchio al nuovo codice, in quanto la Commissione delle Comunità europee ha,
con l’occasione, riordinato il suo sistema di classificazione numerico. Partendo dal
Sa la Comunità ha istituito una “nomenclatura combinata (Nc)” che ha sostituito
unificandoli i due documenti precedentemente utilizzati al fine sia di attribuire le
aliquote daziarie ai prodotti considerati (tariffa doganale comune) sia di rilevare le
statistiche del commercio fra gli Stati membri della stessa (Nimexe). La tariffa
esterna della Comunità, oltre a coprire le aliquote dei dazi autonomi e
convenzionali applicabili alle importazioni dei Paesi terzi, prevede una gamma
molto ampia di dazi preferenziali, a seconda del Paese di origine delle merci e di
altre misure specifiche. Per gestire tutte queste misure non sarebbero state
sufficienti le 9500 linee della NC. Per tale ragione la Commissione ha provveduto a
introdurre a partire dalla NC le suddivisioni comunitarie complementari necessarie
per la designazione delle merci che formano oggetto di tali misure, con ulteriori
due cifre del codice che si aggiungono al codice Nc. Nasce in questo modo la
Tariffa integrata comunitaria (Taric) che contiene circa 13.000 voci identificate da
un codice ad 11 cifre.Oltre al dazio previsto dalla tariffa esterna comune, sono
applicati all’importazione altri diritti doganali che non vengono stabiliti a livello
comunitario e che continuano ad essere gestiti autonomamente dagli Stati membri;
ci si riferisce in particolare all’imposta sul valore aggiunto ed alle accise. Per
l’applicazione della tariffa doganale, il Ministero delle Finanze, in Italia ha
strutturato sulla base della tariffa integrata comunitaria, la tariffa nazionale d’uso
integrata che comprende, oltre alle misure comunitarie stabilite dalla Taric, anche
le relative misure nazionali.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
250
8.6 Operazione doganale
Nel rapporto doganale vanno distinti un soggetto attivo ed un soggetto passivo.
Sono i soggetti passivi che devono provvedere al compimento delle operazioni
doganali secondo una delle seguenti modalità:
•
in proprio, o anche attraverso propri dipendenti muniti di appositi poteri e
agenti sotto la responsabilità del proprietario;
•
rappresentanza diretta, riservata agli spedizionieri doganali iscritti nell’albo
professionale istituiti con la legge 22 dicembre 1960 n.1612, i quali agiscono
in nome e per conto del proprietario;
•
rappresentanza indiretta, riservata: agli spedizionieri iscritti negli elenchi di cui
alla legge 14 novembre 1941, n.1442; alle imprese esercenti attività di
trasporto, per le merci dalle stesse trasportate; a coloro che esercitano attività
di deposito, per le merci destinate a essere depositate nei loro locali, aree o
magazzini. Essi agiscono in nome proprio e per conto del proprietario, e
possono agire a mezzo di propri dipendenti muniti degli appositi poteri.
Da quanto detto deriva che non esiste l’obbligo che l’operazione doganale sia
effettuata in nome e/o per conto dell’effettivo proprietario della merce. Va però
sottolineato che alcune destinazioni doganali fanno sorgere in capo al “dichiarante”
una serie di diritti ed obblighi specifici: in questi casi è necessario che la bolletta
doganale sia intestata all’acquirente o, rispettivamente, al venditore verso l’estero.
L’attività doganale e i relativi istituti sono disciplinate principalmente dalle norme di
funzionamento dell’Unione doganale comunitaria. La legislazione di base che si
applica agli scambi tra i dodici Paesi membri e i Paesi terzi, è contenuta nel
“Codice doganale comunitario” entrato in vigore il 1° Gennaio 1994 e successivi
aggiornamenti La legislazione doganale è invece contenuta principalmente nel
“Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale”, le cui norme si
applicano in quanto non incompatibili con quelle comunitarie, considerata
comunque la prevalenza della norma comunitaria su quella nazionale. Nei testi
menzionati non sono comunque contenuti tutti i provvedimenti applicabili agli
scambi. Ne sono in particolare escluse le disposizioni tariffarie, applicabili prodotto
per prodotto, per le quali occorre consultare la Tariffa doganale e le misure
preferenziali derivanti da accordi commerciali con Paesi terzi. Le procedure
doganali che disciplinano gli scambi con le merci hanno subito notevoli modifiche a
partire dal 1° Gennaio 1993. La regola generale da allora applicata è che per le
merci comunitarie scambiate fra i Paesi membri sono stati completamente aboliti i
controlli e le formalità doganali, fatte salve alcune eccezioni; di conseguenza i
termini “importazione” ed “esportazione” sono riferiti esclusivamente agli scambi
con i Paesi terzi.
Analizziamo ora le fasi della procedura doganale normale, ovvero applicabile
alla generalità degli operatori:
•
presentazione alla dogana delle merci e della dichiarazione doganale;
•
registrazione della dichiarazione, con l’indicazione del numero e della data;
•
pagamento dei diritti, o annotazione nel conto di debito se l’operatore è
ammesso al pagamento periodico e/o differito;
•
controllo della dichiarazione e dei documenti ad essa allegati;
•
eventuale verifica fisica della merce;
•
rilascio della merce.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
251
Esistono anche procedure più agevoli di quella normale sopra descritta. Queste
possono essere utilizzate dagli operatori appositamente autorizzati dalla pubblica
Amministrazione. Loro caratteristica comune è la possibilità di prescindere dalla
presentazione alla dogana delle merci che devono formare oggetto di operazioni
doganali relative ad alcuni regimi doganali: importazione definitiva, temporanea
importazione, reimportazione e introduzione in deposito, per le merci provenienti
dall’estero; esportazione definitiva e temporanea, riesportazione o transito, per le
merci destinate all’estero.
8.7 I Mezzi di Pagamento Internazionali
Quando si parla di regolamenti valutari delle operazioni con l’estero, ci si riferisce
al pagamento dei debiti ed alla riscossione dei crediti in contropartita con i non
residenti.
Per operazioni valutarie si intendono invece le operazioni relative al trasferimento
di valuta estera e/o di lire in esecuzione di operazioni con l’estero.
I mezzi di pagamento sono gli strumenti tecnici attraverso i quali si effettuano i
trasferimenti di valuta tra debitori e creditori residenti in Paesi diversi.
Le cose sono notevolmente cambiate con la liberalizzazione valutaria, in quanto
essa ha introdotto il principio della “libertà” delle relazioni economiche e finanziarie
con l’estero.
In particolare i residenti sono autorizzati a:
·
detenere valuta estera sotto qualsiasi forma in Italia ed all’estero;
·
intrattenere liberamente conti in lire e/o valuta estera presso banche in Italia
ed all’estero;
·
regolare le operazioni con l’estero attraverso:
a- operazioni canalizzate: eseguite cioè attraverso il canale bancario e
l’amministrazione postale;
b - operazioni decanalizzate: eseguite mediante il passaggio diretto della valuta
tra residente e non residente.Le valute utilizzabili per effettuare i pagamenti con
l’estero sono le valute convertibili.
8.8 I mezzi di pagamento
Le forme tecniche di regolamento delle operazioni con l’estero sono:
1-·LA RIMESSA DIRETTA con:
a) bonifico bancario
b) assegno
c) banconote
a- Bonifico Bancario
Si tratta di un trasferimento di fondi ordinato da un debitore a favore di un creditore
ed effettuato tramite una o più banche.
I soggetti che intervengono in tali operazioni sono:
- l’ordinante
- il beneficiario
- la banca dell’ordinante
- la banca del beneficiario
Il bonifico può essere effettuato in vari modi:
via Swift
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252
- via lettera
- via telegramma
- via telex
Il bonifico può inoltre essere fatto:
1. - in via anticipata
2. - in via posticipata
Il bonifico è uno strumento di pagamento estremamente semplice ed è il meno
costoso ma implica sempre che uno dei due partner rimanga in rischio. Per il
debitore esiste infatti il rischio di inadempienza dell’esportatore, mentre per il
creditore esiste il rischio di insolvenza del debitore, al quale si aggiunge il rischio
Paese.
La banca prima di formalizzare il bonifico al beneficiario lo sottopone ad una serie
di controlli per accertare:
·
l’autenticità dell’ordine
·
l’eseguibilità dell’ordine in relazione all’esatta identificazione e reperibilità del
beneficiario ed all’assenza di disposizioni o istruzioni speciali che vincolino
l’accredito a formalità che la banca non è in grado né vuole espletare.
Dal punto di vista valutario, per effetto della liberalizzazione, le banche non hanno
più nessun obbligo di accertamento ma devono fornire all’Uic, per fini statistici, le
informazioni e i dati di flusso concernenti le operazioni con l’estero.
Il bonifico avviene su input del beneficiario. Gli elementi indispensabili per
eseguirlo sono:
·
i dati identificativi del beneficiario
·
la banca del beneficiario
·
il motivo del pagamento
·
la scelta del mezzo di trasmissione
·
l’importo del bonifico.
L’ordine del bonifico va firmato dall’ordinante (o da una persona da lui delegata) se
è una persona fisica; o da chi ha i poteri di firma a norma di statuto, se l’ordinante
è una società.
b-Assegno
L’assegno è un titolo di credito, astratto, formale e completo, che contiene l’ordine
incondizionato, diretto ad una banca, di pagare a vista una determinata somma,
all’ordine di una persona o al portatore.
Per i pagamenti internazionali vengono usati vari tipi di assegni tra cui:
·
assegno bancario
·
assegno piazzato
·
International Money Order
Nel nostro Paese l’assegno è considerato valuta estera quando è espresso in
moneta avente corso legale all’estero oppure in euro.
In tal caso l’assegno deve sottostare alle seguenti norme:
·
emissione: è libera l’emissione in lire o valuta da parte di residenti
·
circolazione: la consegna di assegni espressi in lire o valuta in Italia e
all’estero è libera ma bisogna tener conto che l’importazione o esportazione
di assegni o altri titoli di credito è soggetta ad alcuni vincoli
·
inquadramento dell’operazione: il pagamento o l’introito che avviene a mezzo
assegno va considerato operazione decanalizzata
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
253
·
segnalazioni statistiche: in conseguenza del punto precedente il residente,
per importi superiori a 20 milioni deve segnalare l’operazione all’Uic.
Chi riceve l’assegno può sia utilizzarlo come mezzo di pagamento (girandolo), sia
presentarlo alla propria banca per la negoziazione.
c-banconote
Un’operazione con l’estero può essere regolata tramite banconote anche se il loro
utilizzo è vincolato dall’art. 3 della legge 227 del 4 agosto 1990. E' questa una
delle ragioni per cui il loro utilizzo è assolutamente marginale rispetto al totale dei
pagamenti internazionali. L’operatore che riceve in pagamento banconote estere
può decidere se detenerle o cederle ad una banca abilitata per il successivo
utilizzo.
Se vuole cambiarle deve tenere conto del fatto che il “cambio banconota” è diverso
dal cambio commerciale “cable” e compensa la banca dei giorni di valuta
necessari per ottenere la trasformazione delle banconote in fondi liquidi presso la
banca centrale e delle spese sostenute per la loro custodia e sicurezza.
2-·L’INCASSO CONTRO DOCUMENTI
E’ quella formula di pagamento che prevede il regolamento della compravendita
all’atto del trasferimento al compratore dei documenti rappresentativi della merce.
In compratore per ricevere i documenti che gli consentono il ritiro della merce deve
provvedere all’adempimento dei suoi obblighi contrattuali. La stessa formula di
pagamento può essere utilizzata anche quando si è in presenza di documenti non
rappresentativi della merce, di documenti finanziari o di documenti attestanti
l’erogazione di un servizio. Sono state predisposte, a questo proposito, dalla
Camera di Commercio internazionale una serie di disposizioni denominate “Norme
uniformi relative agli incassi (Nui)” che disciplinano ruoli, responsabilità e
procedure relative all’incasso di effetti e/o di documenti. Le norme in questione
sono autonome dalle varie legislazioni e sono vincolanti per tutte le parti che
intervengono.
L’incasso, indipendentemente dai documenti inviati potrà essere: semplice o
documentario.
A seconda delle prestazioni richieste al debitore si avranno differenti forme di
incasso:
·
documenti contro pagamento (D/P)
·
documenti contro accettazione (D/A)
·
documenti contro trust receipt (impegno pagamento banca)
Un aspetto molto importante dell’incasso contro documenti è rappresentato dalla
bollatura degli effetti, ovvero dall’aspetto fiscale. Infatti quando una rimessa
documentaria contiene uno o più titoli di credito, gli effetti per poter esercitare i
diritti giuridici relativi all’esecutività del titolo stesso, devono aver assolto agli
obblighi previsti dalle norme fiscali italiane, ed in particolare: le cambiali devono
essere sottoposte alla bollatura prima dell’accettazione; le cambiali e le ricevute, a
carico di importatori italiani, sono soggette all’imposta di bollo solo in caso d’uso.
L’incasso contro documenti sembra rappresentare una forma di pagamento senza
rischi in quanto vincola entrambi i partner ad adempiere agli obblighi contrattuali.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
254
Nella realtà esistono delle aree di elevata criticità che portano ai seguenti
rischi.
Per l’esportatore:
·
mancato ritiro dei documenti giunti presso la banca presentatrice da parte
dell’importatore per rifiuto della merce
·
mancato ritiro dei documenti perché l’importatore è per qualche motivo già
riuscito a sdoganare la merce
·
insolvenza dell’importatore che alla scadenza non onora gli effetti accettati;
·
rischio Paese
L’esportatore che vuole utilizzare questa formula di pagamento deve verificare
alcune condizioni:
accertarsi del grado di solvibilità, della serietà ed onestà commerciale
dell’acquirente estero;
accertare se il prodotto venduto è un prodotto di largo consumo, facilmente
collocabile anche presso eventuali acquirenti nel luogo di destino;
accertarsi di quali siano nel Paese di destinazione le procedure per
l’ottenimento di visti, licenze o permessi di importazione, e quali documenti
sono necessari per lo sdoganamento;
concordare con l’acquirente che deve accollarsi le spese e le commissioni
bancarie che di norma vengono ripartite tra i due contraenti;
accertarsi di quali siano le norme relative all’eventuale protesto per mancata
accettazione e/o per mancato pagamento dell’effetto, per poter trasmettere
alla banca trasmittente istruzioni dettagliate e precise in merito;
controllare il grado di rischiosità del Paese dove si va ad esportare.
Per l’importatore:
·
pagare o impegnarsi a farlo senza aver potuto esaminare la merce (N.B.);
·
rischi ed oneri per la sosta in dogana della merce che arriva prima che i
documenti giungano alla banca presentatrice.
Un ruolo fondamentale in queste operazioni hanno le banche che devono attenersi
in maniera estremamente scrupolosa alle istruzioni ricevute in merito alla gestione
dei documenti e alla consegna degli stessi all’importatore trassato, alle procedure
da osservare per il trasferimento dei fondi ed alle azioni da intraprendere in caso di
mancato ritiro dei documenti o di insolvenza del debitore, così come stabilito nelle
Norme. Le banche non si assumono però alcun obbligo né alcuna responsabilità
relativamente al buon fine dell’operazione.
Quando si è in presenza di vendite con grosse dilazioni di pagamento, viene
generalmente utilizzata la cambiale internazionale, mezzo di pagamento regolato
dalla convenzione di Ginevra del 1930 in vigore nei Paesi che l’ hanno sottoscritta.
Il titolo di credito in questione ha le caratteristiche di autonomia, astrattezza e
letteralità: il debitore sottoscrive con l’emissione della cambiale un impegno di
pagamento inderogabile, che assume una propria fisionomia giuridica
indipendente dalla buona esecuzione del contratto sottostante. Il beneficiario per
tale ragione non deve più dimostrare la validità della transazione che ha originato
l’obbligazione: è sufficiente il possesso del titolo.
Il creditore può inoltre richiedere che l’effetto venga garantito da un avvallante
solitamente rappresentato da una banca primaria o da un organismo equivalente,
nel Paese dell’importatore. In tal modo il beneficiario potrà in seguito smobilizzare
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
255
il proprio credito vendendo i titoli, con una cessione pro-soluto o pro-solvendo, sul
mercato finanziario internazionale.
Per utilizzare le cambiali internazionali è necessario avvalersi degli appositi moduli
redatti in lingua inglese e francese e predisposti per l’utilizzo nel commercio
internazionale. Essi sono completi di tutti i requisiti formali richiesti dalle leggi per i
titoli di credito. Sotto il profilo fiscale esse devono rispettare le leggi vigenti in Italia
in merito alla bollatura degli effetti.
Crediti documentari.
La Camera di Commercio Internazionale di Parigi ha elaborato le "Norme ed Usi
Uniformi" che disciplinano i crediti documentari, prevedendo ruoli, responsabilità e
procedure per le parti interessate.Il credito documentario, lo strumento più diffuso
per il pagamento del corrispettivo dei contratti internazionali, consiste nell'impegno
assunto da una banca, su istruzioni dell'acquirente/importatore, ad effettuare una
certa prestazione a favore del venditore, contro presentazione dei documenti
richiesti, nei limiti di una somma prestabilita ed entro una scadenza fissata.
Titoli di credito.
Si tratta di mezzi di pagamento regolamentati dalla Convenzione di Ginevra del
1930, tutt'oggi in vigore per i paesi aderenti. Il titolo di credito presenta le
caratteristiche di autonomia, astrattezza e letteralità. Il debitore, sottoscrivendo
l'impegno, assume una obbligazione inderogabile indipendentemente dal contratto
di fornitura sottostante. La cambiale internazionale può assumere la forma di
promissory note o bill of exchange.
Altri sistemi di pagamento
La progressiva deregulation valutaria, che tende ad abbattere le barriere normative
tra gli Stati, e l'incremento degli accordi di collaborazione tra le banche a livello
mondiale, hanno consentito negli ultimi tempi l'espansione di sistemi di pagamento
internazionali sempre più raffinati e perfezionati, che, grazie a circuiti elettronici,
garantiscono un notevole abbattimento dei costi ed un miglioramento
dell'efficienza nel trattamento delle operazioni commerciali internazionali. Tra
questi sistemi di pagamento rientrano:
il Lock Box System, mediante il quale l'esportatore si fa pagare tramite assegno
dai propri clienti ed i pagamenti affluiscono ad una casella postale gestita da una
banca di sua fiducia nel paese del compratore;
il Check Disbursement System, che consiste nell'effettuazione via Swift di un
ordine di bonifico ad una banca estera e l'emissione di assegni internazionali a
valere sul bonifico stesso;
il Sistema RID, caratterizzato da una esazione automatizzata, per conto del
creditore, di incassi di natura diversa, mediante addebito preautorizzato sul conto
del debitore;
il Banklastscrift, che consente all'esportatore/creditore di poter incassare i suoi
crediti con semplice richiesta di pagamento indirizzata alla banca del debitore, a
questo scopo precedentemente autorizzata dal debitore stesso.
il “Cash on delivery” (Cod).
E’ una formula di incasso che avviene tramite il vettore, che può consegnare la
merce all’importatore soltanto dopo che quest’ultimo ha assolto ai suoi obblighi di
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
256
pagamento o rilascio di un effetto accettato. E’ diffuso soprattutto nell’ambito della
Cee, dove le distanze relativamente brevi ed il sistema di trasporto via camion
consentono la consegna delle merci in tempi brevi. Con la crescita del traffico
internazionale tale formula dovrebbe essere diffusa anche a Paesi extra-europei.
Anche con questa formula non viene in alcun modo tutelato il rischio Paese.
8.9
L'ASSISTENZA CREDITIZIA NELL'INTERSCAMBIO CON
L'ESTERO
8.9.1 Premessa
La globalizzazione dei mercati é la conseguenza della progressiva
internazionalizzazione che investe tutte le principali aree economiche del mondo.
Tale evoluzione é ancor più vivace nel contesto europeo ove la realizzazione del
Mercato Unico, dell'Unione Economica e di quella monetaria hanno dato luogo ad
un sistema economico aperto e orientato verso un mercato molto competitivo. In
questo contesto e, a fronte di questa prospettiva, le imprese italiane si trovano
esposte alla concorrenza crescente sia di aziende extraeuropee sia di quelle degli
altri paesi dell'Europa in fase d’ingresso nella UE. Le aziende italiane seppur
tradizionalmente presenti sui mercati non domestici scontano purtroppo una
carenza ed una discontinuità di presenza su tali mercati.In particolare ciò è
maggiormente vero per le piccole e medie imprese la cui attività di import export
non è sostenuta da adeguate politiche commerciali capaci di contrastare le
frequenti fluttuazioni della domanda internazionale. Le imprese di minori
dimensioni (tra l'altro riconosciute dalla Comunità come il motore dello sviluppo
economico) si trovano nella necessità di dover definire adeguate strategie
industriali commerciali e finanziarie atte a sostenere i processi di
internazionalizzazione sopraricordati. Abbisognano quindi di assistenza, di
consulenza di carattere tecnico,giuridico, commerciale e finanziario; a tale bisogno
le banche ed, in particolare quelle di maggiori dimensioni e vocazione
internazionale ,rispondono fornendo il loro sostegno .I servizi offerti in generale
possono variare da Banca a Banca e dovrà essere l'operatore che effettuerà la
sua scelta in base alle sue esigenze.
Per fornire una chiave di lettura più semplice possibile i servizi offerti sono stati
suddivisi in due Macro Aree:
A- SERVIZI COMMERCIALI
Si riferisce a quelli offerti dalle Banche per agevolare la penetrazione commerciale
delle imprese sui mercati esteri,
B-SERVIZI FINANZIARI
Riguarda i più tradizionali
internazionale dell'azienda.
supporti
alla
gestione
finanziaria
dell'attività
Di seguito vedremo in dettaglio le due aree.
8.9.2 Il Contesto Normativo
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
257
L'attuale contesto in cui le imprese e le banche si trovano ad operare, se
confrontato con quello di alcuni anni fa (fine anni 80) in scenari completamente
modificati. Infatti, l'adozione di norme di tipo " europeo" ha radicalmente modificato
il modo di operare delle aziende, ma soprattutto ha inciso profondamente
nell'attività delle banche.Il passaggio da un regime valutario "controllato" basato su
norme rigide ad uno completamente aperto ha avuto profonde conseguenze nel
modo di operare delle aziende favorendone appunto la progressiva
internazionalizzazione.
Le norme prevedono ai fini valutari solo n. 2 categorie di operatori
a)
residenti (persone fisiche e/o giuridiche)
non residenti
e disciplinano:
Operazioni con l'estero
operazioni Correnti
•
importazioni
•
esportazioni
•
transito
•
cessioni di merci allo stato estero
•
prestazioni di servizi o beni immateriali
•
transazioni invisibili
Investimenti diretti
(all'estero)
Operazioni di natura finanziaria
b) Operazioni valutarie
(trasferimento di divise in dipendenza di operazioni con l'estero)
c)
Operazioni in cambi
Le conseguenze più significative che si sono verificate negli ultimi anni sono state :
eliminazione del monopolio dei cambi dell'UIC
i residenti possono aprire conti all'estero e conti in divisa con le banche italiane
libera circolazione delle merci e dei capitali come:
•
eliminazione delle dogane alle frontiere
•
liberta di insediamento per gli intermediari finanziari e riconoscimento
reciproco delle norme di regolamento e controllo del paese di origine
•
armonizzazione fiscale con l'adozione di trattati contro la doppia imposizione,
con la normativa "madre figlia" regolante i rapporti fiscali tra società…
controllate e /o branches estere
Introduzione di un sistema di monitoraggio fiscale
•
volto a monitorare i movimenti di capitale
•
volto a contrastare il riciclaggio di denaro sporco
8.9.3 Monitoraggio Fiscale
DL. 28/6/1990 N. 167 CONVERTITO NELLA LEGGE N. 27 DEL 4/8/90 E Succ.
INTEGRAZIONI
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
258
La normativa attuale si muove lungo due direttrici e riguarda le movimentazioni tra
l’Italia e l’area dei paesi UE di fatto quasi coincidente con area euro:
a) Fiscale
attraverso il monitoraggio dei movimenti di capitale, dall'estero e per l'estero,
effettuati dai residenti non soggetti ad obblighi di bilancio con un limite minimo di €
75.000.(organismo delegato Banca d’Italia attraverso la sezione Uic)
b) non tributario
mirante a contenere, per quanto possibile, l'uso del denaro contante nelle
transazioni (ponendo precisi vincoli alla possibilità di effettuare importazioni ed
esportazioni di denaro, titoli e valori mobiliari ) onde evitare eventuali operazioni di
riciclaggio proveniente da operazioni illecite
Il monitoraggio fiscale delle operazioni, da e per l'estero, si sostanzia in realtà in
una serie di obblighi e adempimenti che possono interessare:
-
solamente le banche abilitate e gli altri intermediari che si interpongono
nell'esecuzione delle operazioni
solamente i soggetti che effettuano le operazioni stesse (persone fisiche, enti
non commerciali, società semplici, società di persone, società di armamento
e associazioni fra professionisti.
entrambi le categorie di soggetti
Il monitoraggio fiscale delle operazioni da e per l'estero si sostanzia in una serie di
obblighi e adempimenti in relazione a:
1- trasferimenti effettuati attraverso intermediari bancari e non
2- trasferimenti effettuati attraverso non residenti
3- trasferimenti effettuati informa diretta.,attraverso l'importazione o l'esportazione
al seguito ovvero mediante plico postale di denaro titoli e valori mobiliari
1- trasferimenti effettuati attraverso intermediari (bancari e non )
Adempimenti delle Banche
- istituzione di un archivio e obbligo di segnalazione di movimenti superiori a €
75.000 effettuate dalle persone fisiche e assimilate sopradescritte in relazione ad
investimenti all'estero e o in attività finanziarie estere
Adempimenti dei soggetti interessati al provvedimento:
obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi gli investimenti all'estero e le
attività finanziarie estere superiori ai € 75.000,nonché l'ammontare dei
trasferimenti da e per l'estero sempre di importo superiore ai € 12.500,00 e relativi
agli investimenti e attività finanziarie estere detenute e /o acquistate
2- trasferimenti effettuati attraverso non residenti (con o senza il tramite delle
banche e degli intermediari )
obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi l'ammontare dei trasferimenti da e
per l'estero sempre di importo superiore ai € 12.500,00 e relativi agli investimenti e
attività finanziarie estere detenute e /o acquistate attraverso tali canale.
3- trasferimenti effettuati in forma diretta,
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
259
attraverso l'importazione o l'esportazione al seguito ovvero mediante plico postale
di denaro Importazione/esportazione: Libero sino a € 12.500,00 per somme in
valuta e titoli al portatore Per importi superiori a € 12.500,00 dichiarazione in
dogana
8.9.4. I servizi Bancari
A-
. AREA DI INTERVENTO DEI SERVIZI COMMERCIALI
Come ricordato in precedenza le strategie commerciali di penetrazione nei mercati
esteri sono la base per quell'internazionalizzazione che i mercati globali
richiedono, pertanto le imprese, per avere un quadro di riferimento delle
opportunità offerte dai mercati esteri e dei possibili sviluppi di relazioni, possono
usufruire dalle banche di servizi del seguente tipo:
Servizi a Supporto delle Strategie Commerciali sui Mercati Esteri
1- servizi per l'identificazione di canali potenziali di commercializzazione
2- servizi di informazione di gare ,appalti ecc, promossi da organismi multilaterali
internazionali ecc
3- servizi di consulenza valutaria, doganale, societaria, fiscale
4- servizi di assistenza nella gestione di polizze assicurative sui crediti
all'esportazione
a)
Identificazione sbocchi commerciali
Per poter sfruttare le possibilità aperte dalla internazionalizzazione dei mercati è
necessario conoscere la realtà dei vari paesi.A tal fine un servizio offerto dalle
Banche è quello delle schede paese che possono essere semplici reports su un
paese oppure studi più approfonditi che possano permettere all'operatore di
prendere le sue decisioni.I punti salienti di un buon report sarebbero:
-dati macroeconomici
-andamento economia reale e ipotesi di sviluppo previsti
-mercato interno
-valutazione economica finanziaria del paese
-problematiche societarie e fiscali
Esigenze più specifiche possono essere soddisfatte da
-ricerche di mercato su specifici settori merceologici
-ricerche di partners
La ricerca di partners è un supporto all'azienda offerto dalle banche attraverso i
canali di interscambio usuali con le corrispondenti. Questo canale informativo,oggi,
con la diffusione informatici è molto diffuso anche fuori dal settore bancario,in
particolare nell'area europea è diventato una prerogativa delle CCIIA, degli
eurosportelli e di tutti quegli organismi operanti in tale settore.
La ricerca di partners può interessare tre aree:
-COMMERCIALE
collaborazione nella distribuzione di prodotti e servizi
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260
-TECNICO INDUSTRIALE
collaborazione che investe un settore più ampio con scambio di licenze, know how,
le operazioni di partnership hanno lo scopo di verificare possibili intese senza
effettuare investimenti nella ricerca
-FINANZIARIO
L'evoluzione principalmente in tale settore è manifestata in modo precipuo verso i
paesi a basso costo di manodopera al fine di permettere una delocalizzazione
delle attività. La partnership i tal caso riguarda sia acquisizioni sia joint-ventures
con partner locali. In tal caso oltre all'impegno finanziario alla società che intende
investire normalmente viene richiesto un impegno tecnologico.
a)
Servizi di informazione di gare, appalti ecc promossi da organismi
multilaterali internazionali ecc
In tale settore le banche, piucchè fornire un supporto informativo su GARE E
APPALTI all'estero, settore abbondantemente coperto dagli organismi istituzionali,
sono maggiormente presenti nell'assistenza attraverso l'emissione di garanzie di
firma.
Tali garanzie possono essere rilasciate direttamente dalla Banca (magari in pool
per diminuire il rischio) ma soprattutto sono emesse da banche del paese ove la
gara si svolge per conto delle banche italiane:
-BID BOND
Garanzia per la partecipazione alla gara di solito in percentuale dell'importo
dell'appalto
-TENDER BOND
Garanzia di mantenimento dell'offerta per il periodo di tempo in cui la gara è
indetta (di solito abbinata al bid bond)
Questa è la fase di partecipazione, qualora il cliente italiano risultasse
aggiudicatario dovranno essere rilasciate altre garanzie quali
-PERFORMANCE BOND
Garanzia a tutela della mancata esecuzione della prestazione da parte
dell'impresa appaltante
-RETENTION BOND
Garanzia sostitutiva del deposito cauzionale (decimi di garanzia)
Qualora la stazione appaltante effettuasse pagamenti anticipati sarebbe
necessaria anche
-ADVANCE PAYMENT BOND
Garanzia per la restituzione delle somme anticipate
Le garanzie sopra riportate sono chiaramente una linea di credito concessa dalla
banca italiana al suo cliente. Tali garanzie,in moltissimi paesi, per vincoli
contrattuali dovranno essere emesse obbligatoriamente da parte di una banca
locale. Le richieste di escussione sono normalmente a first demand e quindi le
garanzie sono escutibili dal beneficiario con una semplice dichiarazione di
mancato pagamento da parte del cliente italiano.
Sempre collegati agli appalti ci sono i servizi di informazione sulle :
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261
AGEVOLAZIONI FINANZIARIE CONCESSE DA ISTITUZIONI ITALIANE E/O
ESTERE destinate ad investitori italiani in determinati paesi.
Esistono,oltre ad agevolazioni per investimenti in particolari aree europee (di solito
zone con settori in crisi o deindustrializzate) esistono ampi piani di intervento per i
PVS, paesi in via di sviluppo. Normalmente le opportunità sono offerte o da
organismi internazionali(BIRS, IDA, IFC; BANCA ASIATICA PER LO SVILUPPO,
BANCA MONDIALE ecc)o da europei (FONDO Sociale ecc)o da programmi
interni. Di particolare interesse sono i crediti di Aiuto ai PVS, di fatto dei regali ai
paesi poveri destinati al finanziamento di programmi di intervento infrastrutturale
realizzati da un’azienda italiana. Altra fonte di intervento sono i finanziamenti
agevolati per la costituzione di joint ventures all'estero in paesi in via di sviluppo
o insufficientemente sviluppati.
Da ultimo ricordiamo i fondi agevolati destinati allo smobilizzo di crediti a medio
lungo termine sorti in dipendenza di forniture o lavori, se garantiti da banca del
paese estero.
c) servizi di consulenza valutaria, doganale, societaria, fiscale
Le Banche di maggiori dimensioni e con stabile presenza all'estero mettono a
disposizione degli operatori una serie di servizi riguardante la consulenza valutaria
in particolare. Infatti, per non incorrere in inadempienze derivanti dalla mancata
conoscenza della normativa valutaria e doganale le aziende debbono poter
utilizzare supporti informativi in materia, e, infatti, le banche unitamente agli
organismi internazionali sono piuttosto presenti. Un ulteriore forma di assistenza
agli operatori può essere fornita sia nel campo della contrattualistica sia soprattutto
nell'insediamento di una branch estera dell'azienda.
Sì può affermare che un’effettiva assistenza dovrebbe fornire:
-il quadro di insieme delle problematiche connesse all'iniziativa
gli adempimenti e i vincoli per la realizzazione
-i costi da sostenere e il piano economico finanziario
-le eventuali possibilità agevolative
-i riferimenti in loco per l'assistenza
Per completezza di informazione va ricordato che esistono delle possibilità di
finanziamento per piani di penetrazione commerciale all'estero.
d)
Servizi di assistenza nella gestione di polizze assicurative sui crediti
all'esportazione
Uno dei problemi che l'operatore con l'estero deve fronteggiare, soprattutto quando
affronta rapporti commerciali nuovi e significativi in rapporto al fatturato
dell'azienda è quello delle garanzie di pagamento del credito derivanti dalla
concessione di dilazioni alla controparte. Parlare di assicurazioni per
l'operatore significa essenzialmente tutelarsi dai rischi di mancata insolvenza
dovuto sia a rischi commerciali sia politici, rischi imputabili sia a eventi politici,
catastrofici, modificazioni di leggi, impossibilità di trasferimenti valutari etc. Questi
rischi sono normalmente coperti da SACE ex società di emanazione pubblica che
si occupa di coprire appunto tali rischi. Il principale settore di intervento della Sace
è la copertura dei rischi di insolvenza per gli eventi sopra ricordati di crediti sorti in
dipendenza di operazioni dilazionate (anche di vari anni) soprattutto in PVS.
Pertanto c'è una valutazione del paese, il rischio di mancato pagamento dello
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262
stesso, la Sace opera a valere sui fondi messi a disposizione dallo Stato attraverso
il Mediocredito Centrale (l.227), copertura del 70 % e i crediti sono normalmente
assistiti da garanzie bancarie o avallo su effetti da parte di enti statali
Altro settore è quello della copertura dei rischi di insolvenza
commerciali a breve, in tale settore è presente fortemente la Euler--Siac che
provvede ad assicurare sia tutti i crediti verso un determinato paese che verso un
singolo debitore attraverso la concessione di plafonds. Di fatto tale operatività è
assimilabile a quella delle società di factoring internazionale.
B
- SERVIZI A SUPPORTO DELLA GESTIONE FINANZIARIA
L'internazionalizzazione sempre più spinta e la gestione dei rischi valutari insiti
nell'attività dell’impresa inserita in un mercato globale, la finanziarizzazione
progressiva della gestione aziendale con lo sviluppo delle transazioni finanziarie in
modo più marcato della stesse transazioni commerciali. La gestione delle
operazioni commerciali in valuta fa si che le aziende di maggiori dimensioni, con
largo interscambio con l’estero o con società estere, si trovano a gestire una
tesoreria multivaluta con la necessità di affrontare il problema della copertura dei
rischi di cambio connessi alle transazioni. e ciò è ancor più vero in funzione delle
dimensioni aziendali. In questo settore la Banche, vuoi per una connotazione
naturale di appoggio, vuoi per ricercare canali di sbocco per le proprie attività,
possono concretamente svolgere un’azione di supporto alle piccole e medie
aziende.
Tale operatività si svolge in tre macro aree:
a- sistemi di pagamento e di incasso
b- linee di credito e servizi finanziari
c- assistenza e gestione della tesoreria
A--SISTEMI DI PAGAMENTO E DI INCASSI
Nell'esaminare la prima area dobbiamo prima ricordare quali siano le modalità…
corrente di incasso e pagamento con l'estero.
Se consideriamo un’analogia con il mercato domestico il regolamento di
un’esportazione o importazione può essere
1-a vista
2-a scadenza
1-REGOLAMENTO A VISTA
Il regolamento a vista a sua volta può essere:
a mezzo bonifico bancario
rimessa diretta di assegni
Il bonifico bancario, in analogia con il mercato domestico, viene effettuato in rete
ma attraverso una rete internazionale particolare che è lo swift, sia in euro che in
altra valuta. Una precisazione va fatta sulla opportunità di emissione della fattura in
euro o in altra valuta, dipendendo la stessa dai rapporti commerciali esistenti con
la controparte estera con l'emissione in valuta il nostro operatore domestico non
avrà rischi di cambio trasferendo al cliente estera tale onere. Operando in valuta la
fatturazione potrà essere multivaluta in funzione dei mercati di sbocco. Ritornando
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
263
al regolamento in termini pratici la Banca riceverà dall'estero un importo che sarà
accreditato al cliente che a sua volta provvederà ad indicare la causale per
permettere (in caso di importo superiore a €12.500 ) la comunicazione valutaria
statistica all' Ufficio Italiano dei cambi.
Anche con il regolamento a mezzo assegno si ha una analogia con il mercato
domestico in quanto gli assegni possono essere :
emessi direttamente dal cliente
emessi come assegni circolari dalla Banca
Nel primo caso si hanno i rischi ordinari di accettazione di un pagamento a mezzo
assegni .Possono essere in euro o in altra valuta ed essere tratti direttamente dal
cliente sul proprio conto .Da tenere presente che tali assegni in caso di mancato
pagamento non hanno la possibilità,come previsto dalla legge italiana, di svolgere
una funzione esecutiva .Diverso è l'assegno emesso da una banca cioè un
assegno circolare, anche in questo caso il titolo viene emesso in euro o divisa.
L'unico rischio,peraltro molto modesto in quanto tale controllo è demandato alla
banca italiana, è che l'assegno sia irregolarmente emesso dalla Banca estera.
Pertanto anche in questo caso l'accettazione come modalità di pagamento ha il
solo rischio insito nella negoziazione di assegni circolari. Una parola va infine
spesa per gli incassi dell'estero a favore di non residenti; infatti il concetto di
residente ai fini valutari è legato alla produzione di un reddito in Italia ,pertanto un
non residente può avere tranquillamente un conto estero in Italia. Tali conto
soggetti alle norme dei conti bancari in Italia possono essere alimentati da fondi
provenienti dall'estero (in qualsiasi forma lecita). La banca può agevolare il cliente
attraverso la Negoziazione sbf degli assegni esteri. Infatti il rischio che viene
assunto dalla Banca è analogo a quello dell'accoglimento di un versamento da
parte del cliente di assegni emessi su banche italiane in Italia.
I problemi da non sottovalutare sono:
il diverso tempo per la compensazione dell'assegno e quindi il tempo
necessario per ottenere l'esito del pagato o meno
la diversa valenza giuridica del titolo in funzione della normativa italiana
sull'assegno. Infatti gli assegni esteri non sono generalmente titoli di credito
pertanto non protestabili nè sono titoli esecutivi
2- REGOLAMENTO A SCADENZA
Il regolamento a scadenza delle operazioni ordinarie non documentate puo'
avvenire :
a mezzo ricevute bancarie
a mezzo rilascio di “pagherò internazionali''
Il regolamento a scadenza delle operazioni ordinarie documentate puo' avvenire
attraverso
operazioni documentate semplici
documenti Contro pagamento o accettazione
crediti documentari o lettere di credito
operazioni ordinarie non documentate
Tale forma di regolamento, in analogia ad operazioni commerciali nel paese
residente, può essere effettuato con emissione di ricevute bancarie inviate
all’incasso (ad esempio tale sistema è piuttosto efficiente in Francia ove le ricevute
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
264
provenienti da altri paesi vengono gestite attraverso il sistema centralizzato di
incassi ).
Altra forma abbastanza usata in vari paesi è l'emissione di pagherò internazionali
BILLS. Anche in questo caso le problematiche di rischio riguardano la solvibilità del
sottoscrittore il titolo, in molti casi, a garanzia della solvibilità del debitore, tali titoli
vengono accettati da banche del luogo o internazionali o da primarie società
finanziarie.
Tale modalità è tipica per il pagamento dilazionato di forniture legate ad accordi
internazionali tra l’Italia e il paese estero (di solito in via di sviluppo)e pertanto si ha
una accettazione degli effetti da parte della banca centrale.
operazioni ordinarie documentate
Tra le varie modalità di pagamento o incasso previste nell'interscambio con l'estero
un peso ancora elevato è quello mantenuto dalle operazioni con regolamento
assistito da documenti.
Le operazioni si suddividono in:
Operazioni di documenti contro pagamento (D/P)
operazioni di documenti contro accettazione (D/A)
La prima tipologia prevede l'intervento di quattro soggetti:
ESPORTATORE e/o IMPORTATORE IN ITALIA
BANCA ITALIANA
BANCA STRANIERA
OPERATORE COMMERCIALE ESTERO
L'esportatore italiano attraverso la Banca Italiana trasmette alla banca
dell'operatore estero i documenti rappresentativi della merce, in pratica i
documenti necessari a poter ritirare la merce, incaricando la Banca italiana non
solo di incassare in sua vece ma di far rilasciare i documenti dalla banca estera
all'operatore estero contro l'immediato pagamento dell'importo o attraverso
l'accettazione di un effetto incassabile a scadenza. Il mandato conferito alla banca
italiana è ben definito e quindi le istruzioni devono essere impartite in modo chiaro
sia per quanto riguarda l'incasso parziale o totale della somma sia per il
comportamento da tenere in caso di mancato pagamento . Questa tipologia di
pagamento è molto usata soprattutto in presenza di documenti rappresentativi
della merce come la polizza di carico o bill of lading sia marittima che aerea o la
lettera di vettura per trasporti ferroviari o camionistici. Altri documenti
comunemente usati sono:i certificati di assicurazione,provenienza,sanitari etc.
.Questa modalità di regolamento di fatto comporta che il rischio di viaggio della
merce sia a carico dell'esportatore italiano fino all'arrivo a destinazione, ove per
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
265
poter essere acquisita in proprietà dall'importatore, deve essere espletata la
clausola base del contratto di incasso documentario e precisamente la
controprestazione che appunto può essere il pagamento o l'accettazione di un
impegno di pagamento .
E’ evidente che la presente forma di regolamento si basa su una reciproca fiducia
tra i due partner commerciali, ma ciò non basta perché in moltissimi casi vuoi per
la scarsa fiducia reciproca, vuoi per le usanze commerciali dei vari mercati si
preferisce adottare lo strumento principe del commercio internazionale cioè il
CREDITO DOCUMENTARIO.
Storicamente la lettera di credito nasce con il colonialismo e precisamente con in
traffici della Compagnia delle Indie, quando i mercanti per poter acquistare su
mercati lontani si facevano rilasciare dalle Banche Londinesi, in primo luogo, delle
Lettere di credito che erano pagabili ai presentatori in buona fede di tali documenti,
pertanto anche ai venditori stranieri . Il presupposto dell'incasso documentario è
che esiste una promessa della Banca di pagare al portatore della Lettera di credito
o a terzi nel credito documentario. E' quindi una promessa condizionata di pagare,
su ordine del cliente acquirente, direttamente al presentatore di tale documento
subordinando il tutto all'espletamento di determinati clausole documentarie. Non è
un vero rapporto astratto cartolare ma solo il rispetto di regole ben precise, infatti
se il presentatore in buona fede adempie a tutte le clausole indicate per poter
essere pagato, verrà regolarmente pagato dalla Banca promittente. E'
evidentemente la forma piu' semplice di lettera di credito, ma già emerge una
caratteristica fondamentale che è quella della sostituzione del debitore che diventa
la Banca. Infatti la Banca pagherà se saranno soddisfatte le previste clausole di
tipo documentario, non entrando nel merito del rapporto principale fra le due
imprese. Per poter offrire ancora maggiori garanzie e opportunità per l'acquirente
venne introdotta una forma più complessa. Il CREDITO DOCUMENTARIO.
Il contesto giuridico del Credito documentario può esplicitarsi in vari modo con
alcune modificazioni ma comunque i soggetti in gioco sono i seguenti:
cliente estero
estero
cliente
documenti
cliente italiano
banca estera
banca italiana
Il cliente estero apre un credito documentario a favore dell'esportatore italiano:
1^ fattispecie
La banca estera, su mandato del suo cliente, mette a disposizione
dell'esportatore una somma utilizzabile solo se verranno rispettate determinate
condizioni di tipo documentale.
La banca Italiana può eseguire il semplice mandato da parte della Banca estera
di avvisare il cliente italiano che è stata messa a sua disposizione la somma.In tal
caso siamo nella configurazione del mandato, l'esame della conformità o meno dei
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
266
documenti alle clausole contrattuali del Credito spetta alla Banca estera che
assume in proprio l'obbligazione di pagare direttamente al cliente italiano non
entrando nel merito del rapporto sottostante.La documentazione viene esaminata
secondo standard conformi che sono le regole internazionali della CCI (Camera
Commercio Internazionale), emanate a suo tempo per dare uniformità e
omogeneità nei criteri di esame e di interpretazione.In questa prima configurazione
l'obbligato principale è quindi la Banca estera.
2^fattispecie
Questa prima configurazione può essere modificata con la banca estera che da
mandato alla banca italiana di esaminare in sua vece i documenti e pagare se
ritenuti conformi. E' evidente che in questo caso la tutela per il beneficiario è
maggiore in quanto la decisione di pagamento si sposta alla banca italiana che
paga in forza del mandato avuto. La struttura giuridica diventa una delegazione di
pagamento ,in quanto la Banca italiana ha l'incarico di esaminare le formalità del
credito e paga in sostituzione della Banca estera.
3^fattispecie
Tale situazione diventa ancor più migliorativa per il cliente italiano qualora la
Banca italiana appone la sua conferma al credito documentario, infatti secondo
tale configurazione la banca italiana diventa obbligata principale nei confronti
del cliente italiano.
Riassumendo i tre livelli del credito documentario sono:
esame dei documenti e pagamento sulle casse della Banca ordinante
esame dei documenti e pagamento sulle casse della Banca italiana in forza
di preciso incarico
come nella fattispecie di cui sopra ,ma alla banca italiana viene richiesto di
coobbligarsi per il pagamento,per cui è utilizzabile presso le sue casse
Nel primo e nel secondo caso il rischio per il cliente italiano, è solo l'insolvenza
della banca straniera. Nel terzo caso, qualora la Banca italiana aggiunga la sua
conferma al credito documentario, siamo in presenza di una vera e propria
traslazione del rischio sulla Banca italiana.
Nel parlare di crediti documentari occorre tener conto di altri due aspetti:
1- I crediti documentari sono irrevocabili
2- I crediti documentari sono soggetti a norme uniformi che permettono la
standardizzazione delle formalità e del giudizio di merito nell'esame di tali
formalità. Ciò comporta che il giudizio della banca italiana sia uniforme e
perfettamente confrontabile ed equiparabile con quello della banca estera. Questa
necessità di equiparabilità ha portato alla creazione di un contesto di regole
universalmente accettate e riconosciute, la cui accettazione diventa strumento
operativo dello stesso credito documentario. I crediti documentari, al pari delle altre
forme di regolamento commerciale , possono quindi essere:
A VISTA
con pagamento del controvalore subito dopo l'esame dei documenti
A SCADENZA dilazionato ad un certo n°. giorni dopo l'esame de i documenti.
Gli elementi caratterizzanti del credito documentario sono:
l'ordinante
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267
la somma messa a disposizione
il tempo entro cui tale disponibilità deve essere utilizzata
il tempo massimo per l'esecuzione contrattuale e quindi il tempo per la
spedizione etc.
la modalità di pagamento ( a vista o a scadenza).
la documentazione da presentare e quindi l'aspetto formale da assolvere
l'indicazione sulle casse di quale Banca sia pagabile il credito documentario.
Oltre agli elementi di cui sopra, sempre presenti in ogni fattispecie, esistono varie
forme di credito modellate su determinati usi commerciali quali :
- il credito stand by
(sostitutivo di una fideiussione bancaria, viene messa a disposizione dell’operatore
italiano una certo plafond per un periodo di tempo determinato, utilizzabile più
volte)
- il credito revolving
un credito documentario utilizzabile più volte con le stesse modalità
- il credito trasferibile
utilizzabile da più beneficiari
A completamento di tutte le varie forme di incasso e pagamento vanno anche
inseriti anche i conti in valuta accesi a residenti e non residenti . L'unica differenza
fra le due tipologie sono le modalità di alimentazione .La opportunità di avere conti
in divisa estera nasce dalla possibilità di poter utilizzare proprie disponibilità o linee
di credito in maniera tale da ridurre o eliminare il rischio di cambio .
B-LINEE DI CREDITO E SERVIZI FINANZIARI
Il primo aspetto che si intende esaminare è quello delle :
LINEE DI CREDITO SPECIFICHE
L'azienda, che nel mercato domestico a fronte del proprio fatturato ha la possibilità
di smobilizzare i propri crediti, vuoi attraverso l'anticipo sbf di ricevute, lo sconto di
portafoglio o l'anticipo su fatture, ha analoghe possibilità anche operando sul
mercato internazionale. Infatti le operazioni che possono essere effettuate vanno a
coprire le esigenze finanziarie dell'operatore,
- finanziamento non connesso ad operazioni commerciali
- finanziamento a fronte di importazioni
La prima suddivisione che potremmo fare in questa disamina delle linee di credito
è quella classica fra interventi di CASSA e di FIRMA.
AFFIDAMENTI PER CASSA
1. APERTURE DI CREDITO E/O FINANZIAMENTI
1.1- finanziamento senza connessione con operazioni commerciali
Trattasi in effetti di un finanziamento in divisa estera di durata a revoca ,o meglio di
durata prefissata con possibilità di estinzioni o ripristini.
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268
La richiesta del cliente di tale forma di finanziamento normalmente è basata sulla
presunzione di pagare un tasso di interesse ridotto, rispetto ad una apertura di
credito in c/c .
Quanto sopra può essere vero qualora i tassi per la valuta siano inferiori all’euro,
ma al rischio creditizio o del finanziamento va aggiunto il rischio di cambio che il
cliente potrebbe correre.
1.2 finanziamenti all'importazione
Trattasi di linea di credito destinata al pagamento di importazioni e/o prestazioni di
servizi .
1.3- finanziamento di fornitura
1.4- anticipo su contratti e/o lettere di credito o crediti documentari
a
anticipo su contratto
Trattasi del classico anticipo SU CONTRATTO, in bianco, che rientrerà
progressivamente con l'anticipo sulle fatture mano a mano che verranno emesse .
B
-anticipo su lettera di credito o credito documentario
La differenza con quanto sopra è che il contratto di fatto è rappresentato dalla
Lettera di credito o dal Credito documentario pertanto le modalità e la fonte di
rimborso dell'anticipo sono conosciute .L'estinzione dell'anticipo avverrà con
l'incasso della lettera di credito (se a vista ) o con anticipo sulle fatture emesse a
valere sulla L/C o CREDOC qualora il pagamento sia previsto dilazionato .
2 .OPERAZIONI DI SMOBILIZZO DI CREDITI
2.1- anticipi all'esportazione
In questo raggruppamento rientrano tutte le tipologie di finanziamento delle
esportazioni .
Vanno comunque effettuate delle distinzioni in dipendenza delle modalità di rientro
e di incasso:
2.2-anticipo su fatture estere
Tali fatture potrebbero essere incassate a mezzo bonifico (in tal caso il cliente
dovrebbe indicare la sua banca come banca di appoggio) o a mezzo assegno (
modalità molto diffusa soprattutto in Europa)
La soluzione ideale sarebbe quella che il cliente assicurasse i suoi crediti per non
avere rischi di insolvenza commerciale.
2.3 anticipo su fatture emesse a fronte di documenti inviati per l'incasso
A differenza del caso sub 1 oltre alla fattura potrebbero esserci altri documenti
quali effetti, documenti di spedizione etc .
2.4- anticipo su fatture emesse a fronte di lettere di credito con incasso
dilazionato o pagabili all'estero.
In questo caso esiste la certezza dell'incasso, qualora la lettera di credito fosse
utilizzata sulle casse della banca del cliente, l'operazione diverrebbe garantita in
quanto il debitore sarebbe la banca stessa.
e- sconto effetti
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269
Trattasi di operazioni di smobilizzo di effetti (tratte accettate e/ promissory notes)
rilasciati da non residenti a fronte di di operazioni all'esportazione
3- CREDITI DI FIRMA
3.f-rilascio di garanzie commerciali su estero
Trattasi delle garanzie che la banca rilascia sia a fronte di una pagamento
dilazionato che soprattutto a fronte di emissione di aperture di credito Import .
In tale categoria rientrano anche le garanzie connesse alle operazioni di
realizzazione di impiantistica all'estero come:
Tender bond
(partecipazione a gara di appalto)
Bid bond
(mantenimento dell'offerta per una gara )
Performance bond
(buona esecuzione)
Advance payment bond
(restituzione dell'acconto)
3.2-rilascio garanzie finanziarie su estero
Trattasi di rischi di firma concessi alla clientela a fronte di operazioni finanziarie o a
fronte di operazioni di options, futures, outrights, swaps, etc.
4.LINEE DI CREDITO PARTICOLARI
L'attuale offerta di servizi finanziari è molto ampia e le aziende di maggiori
dimensioni possono ricorrere anche a
-finanziamenti in pool e syndicated loans
Trattasi di finanziamenti messi a disposizioni da un pool di banche, di cui una
capofila che ha il mandato di trattare la linea di credito che poi verrà erogata
secondo le quote di partecipazione al" sindacato". Tradizionalmente tali operazioni
vengono effettuate sull'Euromercato con riferimento all’euroribor o al $
-credito fornitore
Una delle forme più usate di finanziamento alle esportazioni con regolamento
dilazionato è rappresentata appunto dal Credito Fornitore che si traduce in:
Anticipazioni Prosolvendo della quota dilazionata di crediti insorti in dipendenza
di una fornitura o più spesso di lavori etc. Non vengono assunti normalmente
impegni circa il buon fine o meno dei crediti, gli interventi qualora non rientrino fra
quelli previsti dal Mediocredito Centrale (agevolati) vengono effettuati ai tassi di
mercato. Qualora ci sia l'intervento del Mediocredito Centrale lo stesso è effettuato
in base ai tassi previsti dal "consensus" , accordo internazionale fra i vari paesi
industrializzati. Intervento analogo è quello dello:
Sconto Prosolvendo degli effetti avuti in pagamento dalla controparte estera, gli
effetti di cui sopra possono essere altresì garantiti da società o banche del paese
compratore.Le operazioni di cui sopra di fatto prendono in considerazione lo
standing della controparte italiana in quanto la linea di credito è data
all’esportatore.
Lo Sconto Prosoluto o forfaiting mira a superare le limitazioni di quelle pro
solvendo.
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Tale operazione si sostanzia nell'acquisto da parte di una società finanziaria di un
portafoglio di effetti ottenuti in pagamento di una esportazione di beni e servizi con
pagamento differito a medio termine, senza rivalsa verso il precedente possessore
dei titoli. Alla base c'è quindi una esportazione di beni durevoli ( lavori) con
pagamento dilazionato in più anni. Salvo nel caso che il debitore sia di importanza
internazionale, l'istituto che procede al "forfaiting" richiede che il credito sia
assistito da garanzia bancaria o sotto forma di avallo dei titoli di cambiari o di
lettera di garanzia separata.
Qualora l'operazione abbia i requisiti per la forfettizzazione i vantaggi per
l'esportatore sono :
-smobilizzo di un credito differito
-eliminazione di rischi di insolvenza commerciale
-eliminazione dei rischi politici
-eliminazione dei rischi di cambio
-semplificazione delle procedure di incasso.
I vantaggi di cui sopra sono in effetti caricati sul costo dell'operazione che
genere , se non rientra fra quelle agevolate dal mediocredito centrale,
abbastanza elevato. L'operazione di forfaiting può essere anche effettuata
valere sulle possibilità previste dalla Legge 227 (Ossola) che regolamenta
operazioni assicurando all'esportatore, in presenza di determinate condizioni,
sconto a tasso agevolato.Le operazioni a valere sulla LEGGE 227 hanno
garanzia SACE (statale)sui rischi commerciali e politici .
Una forma di intervento ancor più particolare è quella del:
in
è
a
le
lo
la
credito compratore (buyer's credit).
Tali operazioni si traducono in un linea di credito concessa dallo Stato Italiano o da
una banca italiana ad un paese estero (di solito in via di sviluppo) attraverso una
banca di tale paese destinata al pagamento di forniture effettuate da esportatori
Italiani .Pertanto vengono predeterminati importi, ambiti, condizioni per gli utilizzi di
tali linee. Infatti gli interventi sono :
closed
destinati a finanziare una specifica fornitura
open
destinati a finanziare una serie ampia di esportazioni.
Le particolari modalità di tali interventi, con l’utilizzo da parte del paese estero della
linea di credito, consentono un rapido incasso da parte dell'operatore italiano
Molto spesso tali crediti, in caso di mancato rimborso da parte del debitore estero,
vengono trasformati dall’Italia in CREDITI DI AIUTO cioè a fondo perduto.
Da ultimo parliamo di ulteriori forme di finanziamento ancor più particolari e
precisamente:
Project Financing
Leasing Internazionale
Factoring internazionale
Le caratteristiche del Project financing ne fanno uno strumento finanziario in fase
di sviluppo ,in quanto è destinato in forma precipua alla realizzazione di grossi
investimenti in infrastrutture o strutture produttive, si pensi all'EUROTUNNEL
Ferroviario ad esempio. In tali casi insieme al progetto operativo, viene presentata
la copertura finanziaria che può utilizzare il finanziamento a mezzo emissione di
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
271
titoli sull' Euromercato, oppure un consorzio di finanziamento composte di banche
internazionali etc. Il progetto esecutivo e la relativa copertura finanziaria vengono
proposti chiavi in mano per realizzare un’opera che, per la caratteristica di
infrastruttura potrebbe avere carattere pubblico, con la contropartita dello
sfruttamento in forma privatistica dell'investimento per un certo numero di anni.
Il Leasing Internazionale è una contratto di leasing a tutti gli effetti caratterizzato
dal fatto che il proprietario e l'utilizzatore del bene locato, risiedono in paesi diversi
Tali operazioni presentano solo particolarità dovute alle possibili asimmetrie tra le
legislazioni e le norme tributarie correnti nei paesi delle società partecipanti
all'operazione.
Da ultimo ricordiamo il Factoring Internazionale, non dissimile da quello
domestico fatto salvo che i creditori ceduti sono residenti in paesi esteri .
La società di factoring acquisirà quindi i crediti e girerà questo credito ad un Factor
corrispondente residente nel paese del debitore .
Questo Factor svolgerà pertanto tutte le operazioni relative alla gestione di tali
crediti per conto della società italiana a cui l'esportatore avrà ceduto il credito.
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272
C-
ASSISTENZA NELLA GESTIONE DELLA TESORERIA
Le forme di intervento possono essere sintetizzate in due comparti :
a) gestione dei flussi e dell'indebitamento in valuta
b) copertura dei rischi di cambio
a) gestione dei flussi e dell'indebitamento in valuta
La GESTIONE dei FLUSSI derivanti dall'attività commerciale e quindi dai rapporti
con le banche rappresentano il fulcro dell'attività finanziaria in valuta. Infatti la
corretta gestione mirata all'ottimizzazione delle risorse finanziarie e al
contenimento dei costi dei mezzi finanziari di terzi diventa un po' più complessa se
le fonti sono in valuta e soprattutto multivaluta. Infatti in tal caso è compito della
gestione operativa presiedere ai rischi di cambio e tasso connessi all'incasso e
pagamenti in valuta.
Una delle modalità per il contenimento dei rischi connessi alle attività in valuta è
quella del bilanciamento della posizione mirante a fronteggiare passività ed attività
in valuta con posizioni appunto bilanciate. Tipica applicazione è riscontrabile nelle
multinazionali con una tesoreria centralizzata intergruppo che funga da clearing
(compensazione ) fra flussi espressi in valute diverse.
Quanto sopra trova di norma applicazione solo nelle multinazionali mentre la
maggior parte degli operatori è rappresentata da Piccole e Medie Imprese, ove
spesso è scarsamente presente la consapevolezza dei rischi valutari.
b)copertura dei rischi di cambio
Affinché possa essere perseguita in modo efficace una gestione dei flussi valutari
è innanzitutto necessario definire quale sia il rischio che l'azienda intende
assumersi.
Infatti l'impresa che esporta può fatturare in euro, in valuta o in una combinazione
dei due in funzione dei rapporti commerciali e contrattuali instaurati.La decisione di
incassare o pagare in valuta appunto comporta l'assunzione del rischio di cambio,
senza spesso aver precisa consapevolezza degli elementi interni ed esterni che lo
influenzano.Si può ricordare tra gli elementi esterni le variabili macroeconomiche
del paese la cui valuta si intenda utilizzare. Tali informazioni sono disponibili sul
mercato ed è una caratteristica delle Banche specializzate nell'operatività in divisa
fornire un servizio agli operatori. Tra gli elementi interni ricordiamo la situazione
economica interna, la politica monetaria esistente e l'influenza sulla bilancia dei
pagamenti .
Alle imprese che vogliano predeterminare il livello del rischio cambio si offrono
numerose possibilità di scelta quali:
Anticipo dei crediti nella medesima valuta in cui si incasserà
Vendita/acquisto a termine della valuta
Domestic currency swaps
Option su currency
1-Anticipo crediti in divisa
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273
L'anticipo di crediti (fatture o altro) espressi in divisa è la forma più semplice di
fissare il cambio sulle somme che saranno incassate in dipendenza
dell'esportazione.
L'indebitamento che viene creato rientrerà progressivamente con i vari incassi,
qualora l'azienda non abbia necessità di utilizzo immediato delle somme ma può
aspettare la maturazione effettiva dell'incasso, potrà procedere ad un investimento
in euro della liquidità creata dall'indebitamento in valuta, al fine di sfruttare un
eventuale differenziale positivo del tasso euro contro divisa .
2-Acquisto e vendita a termine di divisa
Parallelamente alle transazioni a contanti esiste un mercato della divisa a termine
destinato appunto a soddisfare le esigenze di copertura degli operatori. Gli acquisti
e vendite a termine consistono in una compravendita di valuta a cambi concordati
fra le parti ,la cui effettiva esecuzione dovrà avvenire in un momento successivo a
scadenze concordate. Tecnicamente le operazioni a termine si distinguono in due
tipologie :
a- outright (termine secco)
ovvero la compravendita a termine senza movimento dei fondi al momento della
sottoscrizione del contratto ma solo a scadenza
b- swap
ovvero la doppia compravendita con cambio differente e regolamento a scadenza
del solo differenziale fra i due cambi
Entrambe le operazioni poggiano sullo scarto tra il cambio Spot (a pronti) e quello
del termine derivante dal differenziale dei tassi fra le divise .
2a- outright (termine secco)
Nella prima fattispecie l'operatore che intende tutelarsi da un rialzo della divisa
(importatore) o da un ribasso della divisa (esportatore) effettuerà l'acquisto o la
vendita della divisa estera oggetto della contrattazione con la Banca. L'operatore
quindi si impegna a ritirare o consegnare alla scadenza la divisa estera relativa al
contratto commerciale sottoscritto ( o all'attività finanziaria in suo possesso) ad
cambio fissato . Il cambio concordato sarà :
cambio a pronti + premio = cambio a termine(forward)
Lo scarto a termine o premio (tassato con l'aliquota del 12,50%)è uguale a :
(tasso euro-tasso divisa)*gg(periodo riferimento)* cambio pronti
-----------------------------------------------------------------365 * 100 P
Premio su base annua =
premio* 365*100
-------------------------------------gg(periodo rif.)* cambio pronti
tale valore esprime la percentuale da calcolare sul cambio a pronti per avere il
termine e determina in presenza di un finanziamento chiuso a scadenza con una
operazione a termine il costo effettivo della copertura . Tale costo in linea di
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274
massima dovrebbe esprimere solo un differenziale fra due tassi ma in realtà
esprime (anche se in misura minore delle opzioni) anche le aspettative sulla divisa.
2b-Swap
Le operazioni di swap consistono in uno scambio fra due posizioni opposte
(importatori con debiti in valuta ed esportatori con crediti in valuta ) incrociate fra
loro da un intermediario .Tale scambio si basa sulla determinazione di un cambio
alla scadenza pattuita che sia accettato da entrambe le controparti.Il cambio a
scadenza viene cosi' determinato :
M=C(1+(i-j))*gg/360
Cambio = cambio pronti*(1+(tasso euro -tasso divisa))* durata/360
a scadenza
L'intermediario che stipula due contratti con le controparti assicura che alla
scadenza della operazione avvenga lo scambio del differenziale fra il cambio
concordato e il cambio a pronti :Le operazioni di Domestic Currency Swap sono
state utilizzate in particolari momenti in alternativa alle operazioni a termine per
motivi di semplificazione.
3-option su divise
Uno strumento di copertura piu' sofisticato è l'utilizzo di option su currency.
Si definisce Option il contratto stipulato tra un venditore (writer) e un compratore
(holder) che conferisce al secondo il diritto, ma non l'obbligo,di acquistare (CALL)o
di vendere (PUT) una determinata attività (divisa,titolo, futures etc)ad un prezzo
determinato entro una data scadenza (tipo americano) o alla scadenza
predeterminata (tipo europeo).Tale diritto è conferito all'acquirente dietro
corresponsione di un premio al venditore, commisurato al rischio (volatilità/tempo)
sopportato da quest'ultimo. Le call option costituiscono una opportunità per
l'acquirente del diritto di poter comprare ad una scadenza fissa una determinata
quantità di divisa ad un cambio predeterminato.
Se alla scadenza di tale impegno :
il cambio spot è minore del prezzo di esercizio l'operatore abbandonerà il diritto e
comprerà la divisa sul mercato
il cambio spot è superiore al prezzo di esercizio l'operatore eserciterà l'opzione
E’evidente come tali operazioni si prestino ottimamente alla copertura di passività
o di impegni di acquisto a termine effettuando una difesa in caso di incrementi del
rapporto di cambio della lira sulla divisa oggetto della transazione.
Le put option rappresentano opportunità esattamente contrarie in quanto
costituiscono una opportunità per l'acquirente dell'option di vendere una quantità di
divisa ad una scadenza predeterminata ad un cambio prefissato.
Se alla scadenza di tale impegno :
il cambio spot è minore del prezzo di esercizio l'operatore eserciterà l'opzione
il cambio spot è superiore al prezzo di esercizio l'operatore abbandonerà il diritto e
vendere la divisa sul mercato.
E’evidente come tali operazioni si prestino ottimamente alla copertura di attività o
di impegni di vendita a termine effettuando una difesa in caso di decrementi del
rapporto di cambio della lira sulla divisa oggetto della transazione.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
275
L'acquirente della Call di fatto assume una posizione LUNGA cioè rialzista sul
rapporto di cambio e pertanto vuole assicurarsi oltre alla copertura del rischio
anche la possibilità di fare profitti in caso di rialzo e pertanto per tale facoltà paga
un premio.
L'acquirente della Put di fatto assume una posizione CORTA, cioè ribassista sul
rapporto di cambio e pertanto vuole assicurarsi oltre alla copertura del rischio di
cambio di poter beneficiare di eventuali profitti in caso di ribassi.
Il premio abbiamo detto è calcolato attraverso complesse funzioni matematiche
che tengono conto di :
differenziale tassi fra le divise prese
la durata dell'operazione
la volatilità, intesa come variabile che esprime una valutazione soggettiva del
writer sulla rischiosità teorica dell'operazione in funzione di una possibile
evoluzione dello scenario .
Da ultimo ricordiamo per completezza di informazione un ulteriore strumento di
copertura dai rischi di cambio che il FUTURE su divisa .
Il financial future su divisa al pari di quelli su titoli e su indici si realizza attraverso
contratti di acquisto o vendita standardizzati trattati in mercati regolamentati (LIFFE
Londra ad esempio) per quantità standard e su scadenze standard. La quotazione
future è una estrapolazione della quotazione a pronti e rapportata alla consegna
differita. In effetti trattasi sempre di un mercato a termine con il vantaggio della
standardizzazione dei contratti e della estrema liquidità del mercato che appunto
ne permette una operatività ampia.
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276
Allegato :
I CREDITI DOCUMENTARI
COMMENTO a: Norme ed Usi Uniformi pubblicazione numero 500 rev. 1993 della
Camera di Commercio Internazionale
Introduzione
I Crediti documentari sono stati e saranno ancora per molti anni uno strumento
indispensabile per il buon andamento del commercio internazionale. Sono inoltre il segno
indiscutibile che la comunità internazionale, di qualunque razza o religione, quali siano gli
usi ed i costumi, nella necessità di una crescita della comunità, è in grado di giungere ad
un accordo su qualsiasi problema. Questo testo, per ovvi motivi, riporta in lingua italiana i
termini ed i nomi; quando però ne esiste anche una versione in altra lingua, o una
abbreviazione, che risultano essere di uso comune, queste vengono riportate tra parentesi
accanto alla terminologia italiana.
Parte I°
Uno dei principali compiti della Camera di Commercio Internazionale di Parigi (CCI) è
facilitare i rapporti commerciali tra imprenditori di paesi diversi, contribuendo così
all'espansione del commercio internazionale.
L'attività della CCI, per portare a termine questo compito, consiste appunto nel preparare
strumenti universali, riconosciuti ed accettati da tutti gli operatori del mondo, che
consentano la sicurezza nelle transazioni commerciali.
Le Norme ed Usi Uniformi n. 500 Rev. 1993, relative ai Crediti Documentari.
1.
2.
3.
4.
Le Norme ed Usi Uniformi n. 522 Rev. 1995, relative agli incassi.
Le ISP 98 n. 590, relative alle regole e prassi internazionali sulle Standby Letters of
Credit.
Le Norme ed Usi Uniformi n. 458, relative alle garanzie su domanda.
Le Norme ed Usi Uniformi n. 525, relative ai rimborsi fra banca e banca.
Il Credito Documentario è il miglior strumento per le operazioni di export verso tutti quei
paesi in cui esiste, oltre al normale rischio commerciale, legato a qualsiasi operazione,
anche un rischio politico legato alle difficoltà economiche o alle tensioni sociali (c.d. rischio
paese), che potrebbero creare difficoltà nel recupero delle somme dovute all'esportatore.
Questa operazione, anche se un po' costosa, può poi essere messa in atto anche per
assicurare quelle esportazioni verso paesi più sicuri, quando manca la fiducia nella
controparte (per es. quando si entra in affari per la prima volta con un compratore
sconosciuto di cui non si hanno informazioni commerciali). Il credito documentario è
dunque uno strumento di regolamento garantito, che consiste in un impegno irrevocabile,
assunto dalla banca estera del compratore a favore dell'esportatore, di pagare l'importo
previsto dal credito contro la presentazione di documenti conformi. Una definizione molto
asettica, ma chiara, la possiamo anche trovare nell'articolo 2 delle norme. Un principio
base, che deve entrare nella mente di ogni persona che utilizza questi strumenti, è quello
sancito dagli art. 3 e 4 - e cioè che tutta l'operazione è fondati sui documenti, e non sugli
accordi sottostanti, siano essi contratti o semplici strette di mano. Sarà quindi l'esame dei
documenti richiesti, e nient'altro, che permetterà alla banca incaricata di effettuare il
pagamento o di rilasciare l'impegno di pagare alla scadenza. Un Credito Documentario
deve essere chiaro, completo e preciso - Art. 5 - le banche, anche nel loro interesse,
devono scoraggiare il tentativo di inserire nei crediti eccessivi dettagli, sia per quanto
riguarda le istruzioni sia per quanto riguarda i documenti. Il beneficiario di un credito, ha
comunque la possibilità di fare modificare quelle parti che non gradisce, sia richiedendo
alla banca avvisante di intervenire sulla banca emittente (Via indiretta) sia contattando il
cliente e richiedendo modifiche desiderate (Via diretta e solitamente più veloce). L'utilizzo
di un credito è comunque un atto facoltativo, il beneficiario non è assolutamente obbligato
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
277
a farlo, ma, se decide di utilizzarlo, dovrà sottostare alle norme che ne regolano
l'operatività.
Forma e Tipologia dei Crediti Documentari
Nella forma un credito può essere revocabile o irrevocabile (Art. 6). In mancanza di
esplicita indicazione nel testo il credito si intende irrevocabile.Con l'emissione di un
Credito Documentario irrevocabile la banca emittente si impegna in maniera inderogabile
nei confronti del beneficiario, a patto che tutte le condizioni siano correttamente
rispettate(Art.9). Al contrario un credito revocabile può essere annullato o modificato in
qualsiasi momento ed il beneficiario non può opporre alcuna eccezione, salvo pretendere
il rimborso di documenti conformi presentati prima di ricevere l'avviso di annullamento o
modifica (Art.8 ). L'accettare ed utilizzare un Credito Documentario revocabile espone il
beneficiario ad un alto grado di rischio, che deve essere attentamente valutato. Un credito
può essere avvisato direttamente dalla banca emittente, ma nella pratica questo non
avviene quasi mai. La banca emittente si servirà invece di una banca avvisante, risiedente
quanto più vicino possibile alla piazza di residenza del beneficiario. Questi può comunque
indicare all'ordinante, preventivamente, quale è la sua banca preferita, o successivamente
alla notifica, chiedere che il Credito venga appoggiato su altra banca più gradita. Tutto è
più semplice quando il credito risulta "liberamente negoziabile" (available with any bank),
questo significa che pur essendo stato avvisato dalla banca x, esso può essere utilizzato,
presentandone il testo insieme ai documenti, presso qualunque banca gradita al
beneficiario. Quando una banca avvisa un Credito Documentario al beneficiario significa
anche che ha impiegato una ragionevole cura nel controllarne l'autenticità della
provenienza.Se così non fosse la banca avvisata deve comunicare al beneficiario che non
è stata in grado di controllarne l'autenticità, facendone chiara menzione all'atto dell'avviso.
Sulla tipologia dei crediti documentari è ora necessario fare una ulteriore
distinzione (Art.9).
A) Crediti avvisati. - Nel credito avvisato l'intera responsabilità, vale a dire l'impegno
irrevocabile (o revocabile) di pagamento ricade unicamente sulla banca emittente. Cosa
vuol dire questo? Che a fronte di documenti conformi la banca emittente deve pagare
senza eccezione (o rilasciare impegno di pagamento a scadenza o accettare le tratte
emesse a suo carico).
B) Crediti confermati. - Nel credito confermato, un'altra banca (banca confermante) su
autorizzazione della banca emittente, aggiunge il suo impegno inderogabile al pagamento,
all'accettazione o al rilascio di impegno di pagare a scadenza. Questa aggiunta di
conferma, quando avviene da parte di una banca del nostro paese, toglie al credito
qualunque alea di rischio politico e commerciale, perché la banca italiana confermante
eseguirà la prestazione di utilizzo dei documenti in Italia, dando all'esportatore la totale
sicurezza che, a fronte di documenti conformi verrà pagato senza alcuna eccezione.
Ovviamente questa conferma ha un costo: la commissione di conferma; che viene
calcolata dalle banche in base a vari parametri, quali la rischiosità politica del paese
dell'importatore, lo standing internazionale della banca emittente, la durata del credito,
eventuali clausole particolari; in più, nel caso di pagamento a scadenza, sarà richiesta al
beneficiario una commissione di "pagamento differito", che verrà calcolata in base agli
stessi parametri. Queste commissioni si possono equiparare a tutti gli effetti a dei premi di
assicurazione, che danno all'operatore la tranquillità assoluta sull'esito dell'esportazione.
L'art. 9 contiene ancora due importanti affermazioni:
1.
Un credito può essere modificato; ma:
A.
è necessario l'accordo della banca emittente, della banca confermante e del
beneficiario. Queste modifiche vincolano le parti in momenti diversi:
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
278
a) per la banca emittente il vincolo nasce nel momento dell'emissione della
modifica, cioè della sua comunicazione alle altre parti.
b) Per la banca confermante nasce nel momento in cui avvisa la modifica al
beneficiario. Detta banca potrebbe anche rifiutare di aggiungere la conferma
alla modifica, ma in questo caso deve chiaramente specificarlo sia al
beneficiario che alla banca emittente.
c) Per il beneficiario la modifica è vincolante solo quando viene accettata; la
presentazione di documenti conformi significa implicita accettazione della
modifica.
B.
non è corretto imporre al beneficiario un tempo limite per rifiutare la modifica,
ma è bene che questi, per evitare confusioni, valuti subito la portata delle
modifiche che gli vengono avvisate, e, se necessario, le rifiuti subito e per
scritto.
C. Se con un unico avviso vengono comunicate più modifiche queste devono
essere accettate o rifiutate in blocco, in quanto l'accettazione parziale non è
consentita a nessuna delle parti.
Se un credito prevede l'emissione di tratte, queste dovrebbero essere
emesse a carico della banca emittente o confermante, e non a carico
dell'ordinante.
2.
L'art. 10 continua la serie delle distinzioni sulla tipologia dei Crediti
Documentari:infatti ogni credito deve chiaramente indicare se è utilizzabile per il
pagamento a vista o a scadenza, per l'accettazione o la negoziazione. Un Credito
Documentario può prevedere l'utilizzo dei documenti presso la stessa banca emittente, ma
solitamente è previsto che ci sia una banca "designata", che è autorizzata a pagare, a
rilasciare impegno di pagamento differito, ad accettare o negoziare tratte.Diversamente un
credito può anche essere utilizzabile liberamente presso qualsiasi banca per negoziazione
(any bank).
Vediamo ora il significato dei termini di utilizzo. Un Credito Documentario può essere
utilizzabile:
Per pagamento a vista (by payment). - Significa che la banca designata, contro la
presentazione di documenti conformi, paga in via liberatoria il beneficiario. è il tipo di
pagamento più conveniente per l'esportatore, il quale viene pagato in via definitiva,
ciò significa che, se anche i documenti, ad un successivo controllo, non fossero
riscontrati in regola, questa contestazione non gli sarebbe più opponibile.
Contro rilascio di impegno di pagamento differito (by deferred payment). significa che la banca designata, contro presentazione di documenti in ordine, è
autorizzata a rilasciare un impegno scritto incondizionato di pagamento ad una
scadenza già preventivamente stabilita nel testo del credito . anche in questo caso si
tratta di una prestazione a carattere liberatorio; tutte le vicende del credito o dei
documenti che accadono dopo il rilascio dell'impegno non riguardano più il
beneficiario. Nella forma l'impegno di pagamento differito corrisponde solitamente ad
una lettera della banca designata indirizzata al beneficiario, nella quale, dopo un
preciso richiamo ai dati del Credito Documentario, viene enunciato l'impegno di
pagare una determinata cifra ad una determinata scadenza. Nella sostanza si tratta
di un documento che si potrebbe equiparare ad una cambiale (promessa di
pagamento a scadenza) e di valore certamente alto visto l'elevato standing di chi l'ha
rilasciata. La stessa banca emittente l'impegno è solitamente favorevole allo sconto
del medesimo, quando il beneficiario ha la necessità di attualizzare il ricavo, ed il
tasso di sconto è certamente favorevole data l'assenza di rischio.
-
Per accettazione (by acceptance). - Il significato è uguale al precedente. La banca
incaricata, in questo caso, a fronte di documenti in regola accetta una cambiale a
scadenza emessa a suo carico ed a favore del beneficiario del credito. Bisogna dire
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
279
-
che le banche italiane, normalmente rifiutano di accettare un effetto, e rilasciano
invece un impegno scritto; questo conferma tutto quanto già detto al punto
precedente.
Per negoziazione (by negotiation). - Si intende in questo caso, il riconoscimento al
beneficiario, da parte della banca negoziatrice, di un importo a fronte di documenti
conformi. Questo riconoscimento è però effettuato "salvo buon fine" e non in via
liberatoria; vale a dire che le vicende dei documenti, successive a questo
riconoscimento di corrispettivo, investono il presentatore beneficiario, mettendolo in
pericolo anche per eventuali "non conformità" dei documenti, sollevati dalle banche
emittenti a volte anche in maniera pretestuosa.
Vi è poi una particolare tipologia di Credito Documentario, molto frequente nella pratica,
che presente le seguenti condizioni:
•
•
•
Utilizzo: per negoziazione presso una banca designata o qualsiasi banca.
Conferma: No.
Pagamento o rimborso: istruzioni di rimborso omesse; "a ricezione di documenti in
ordine la banca emittente provvederà direttamente a rimborsare la banca
negoziatrice secondo le sue istruzioni.
Questa tipologia, particolarmente usata dalle banche dell'estremo oriente, è piuttosto
pericolosa per il beneficiario, perché lo mette di fronte alla seguente situazione:
La banca negoziatrice esegue solo una semplice verifica dei documenti, non essendo
in grado di negoziarli effettivamente in quanto mancano, nel testo del Credito
Documentario le istruzioni di rimborso; il vero esame definitivo, ed il successivo
pagamento competono quindi alla banca emittente, che provvederà solo quando i
documenti saranno giunti a destino e saranno stati controllati.
l pagamento, anche se "a vista", sarà quindi dilazionato per il numero di giorni
necessari al "viaggio" dei documenti ed al tempo occorrente per il loro controllo,
sempre che, con pretestuosi cavilli, questo "tempo necessario", non venga
artatamente dilazionato (per il tempo necessario al controllo dei documenti vedi il
commento all'articolo 13).
Il rischio di smarrimento dei documenti è a totale carico del beneficiario, che non
verrà pagato se i documenti non perverranno alla banca emittente per qualsiasi
motivo. Lo smarrimento o un disguido nel recapito dei documenti è un'evenienza che
per fortuna si verifica raramente, ma va comunque tenuta presente nella valutazione
dei rischi e dei costi dell'imprenditore.
Facciamo un esempio:
Caio spedisce un carico di merci particolarmente ingombranti in oriente via mare; il
pagamento avverrà a vista presso la banca emittente "a ricezione documenti in ordine".La
banca designata verifica i documenti (senza impegno come servizio di consulenza) e,
rilevandoli in ordine, li spedisce alla banca emittente via corriere espresso. Dopo due
settimane dalla partenza la merce arriva a destino; l'ordinante del credito richiede con
urgenza i documenti in quanto necessari per lo sdoganamento. La banca designata, dopo
un controllo, appura che il corriere ha smarrito i documenti, e si rende necessario
l'emissione di duplicati. Il tempo tecnico necessario è di circa una settimana.La merce, in
sosta nei magazzini doganali del porto di destinazione, sempre che non sia deperibile,
paga una tassa che può anche essere molto alta. A questo punto il compratore, se non è
un filantropo, può rifiutare la merce se i documenti sono giunti in ritardo, e quindi non
pagare il credito, oppure obbligare il venditore ad accettare una riduzione del prezzo
almeno pari alle spese di sosta. Ne il venditore può tentare di rivalersi sul corriere, che,
come recitano chiaramente le polizze di trasporto dei documenti, è responsabile al
massimo per il valore materiale dei documenti trasportati (cioè il valore della carta), e non
per il valore che essi rappresentano.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
280
Nella sostanza questi crediti documentari sono dunque delle semplici operazioni di invio
documenti al dopo incasso, con la sola maggior sicurezza data dalla irrevocabilità del
Credito Documentario. Diverso discorso sarebbe stato se si fosse trattato di un vero
credito di negoziazione con clausola di rimborso. In questo caso la banca negoziatrice
avrebbe infatti avvisato la banca emittente dell'utilizzo, e questa avrebbe lamentato il
mancato arrivo dei documenti dopo pochi giorni e non dopo due settimane. Meglio ancora,
nel caso di Credito Documentario confermato, il rischio di viaggio dei documenti ricade
sulla banca emittente dal momento in cui questi le vengono spediti, e quindi l'attenzione è
ancora maggiore.
La trasmissione delle istruzioni Nella prassi ordinaria i Crediti Documentari sono
trasmessi in forma telematica autenticata; è quindi normalmente esclusa la forma
epistolare, e, se una conferma scritta venisse inviata, sarebbe comunque inutile e priva di
effetto, a meno che il messaggio telematico non specifichi che i dettagli contenuti nella
lettera costituiscano parte integrante ed operativa del credito (art. 11). Se una banca
emittente si avvale di una determinata altra banca per avvisare il credito, dovrà avvalersi
della stessa anche per avvisare le modifiche e le eventuali riserve. Il preavviso di
emissione di un credito può essere revocabile o irrevocabile, in questo secondo caso la
banca che lo invia sarà vincolata secondo i termini stabiliti nel preavviso. Le istruzioni
impartite dalle banche emittenti devono essere chiare, complete e precise. Una banca
incaricata di notificare o confermare un credito non è tenuta a fornire alcuna prestazione in
caso di incertezza sulle istruzioni, ma al massimo può fornire al beneficiario un semplice
avviso a titolo informativo nelle more di ricevere le dovute precisazioni (Articolo 12).
criteri generali per l'esame dei documenti.
Momento culminante nella vita del Credito Documentario è quello della presentazione dei
documenti alla banca incaricata. Tale attività, tecnicamente denominata "utilizzo" consiste
nell'esame dei documenti e nell'esecuzione della prestazione, vale a dire il pagamento,
l'accettazione di una tratta a scadenza o il rilascio di un impegno di pagamento. Prima di
approfondire la delicata casistica dei singoli documenti, l'art. 13 fissa alcuni criteri
generali per uniformare questa operazione in tutte le banche di tutto il mondo.
I.
II.
III.
L'esame dei documenti deve essere eseguito con ragionevole cura per accertare la
loro conformità formale al dettato del credito. Quindi le banche non devono fare un
esame di carattere inquisitorio, sostituendosi agli organi finanziari o doganali, ma
procedere con "ragionevole cura" ad un esame di carattere "formale".
Gli articoli delle Norme e Usi Uniformi stabiliscono una prassi bancaria
internazionale; quindi l'esame dei documenti eseguito da banche italiane, coreane,
marocchine, brasiliane o di qualunque altro paese, avviene secondo gli stessi criteri.
Esiste un "principio generale di concordanza dei documenti" che non è possibile
trascurare, e che deve guidare tutta la procedura dell'esame.
Se vengono presentati documenti non richiesti le banche (nessuna delle banche coinvolte
nel credito) non li esamineranno, e li respingeranno al presentatore, a meno che venga
loro richiesto, senza responsabilità, ed al di fuori delle condizioni del credito, di inoltrarli
all'ordinante.
Ogni banca ha a disposizione un ragionevole periodo di tempo per esaminare i documenti
presentati, ma questo periodo non può comunque eccedere i sette giorni lavorativi.
Se un credito prevede una determinata condizione, ma non è richiesto nessun documento
relativo a tale previsione, essa sarà ignorata dalle banche.
Facciamo un esempio:
a.
il beneficiario deve dare avviso di spedizione all'ordinante entro due giorni dalla data
di partenza della nave. CONDIZIONE NON DOCUMENTALE
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
281
b.
il beneficiario deve dare avviso di spedizione via fax all'ordinante entro due giorni
dalla data di partenza della nave, il report del fax deve essere allegato ai documenti.
condizione documentale
Il buon senso comunque consiglia di chiedere all'ordinante una sollecita modifica del
credito che cancelli la condizione non documentale o specifichi il documenta richiesto.
documenti discordanti.
A fronte di documenti conformi, presentati entro i termini previsti, la banca emittente o
confermante è contrattualmente obbligata a rimborsare la banca designata e quindi il
beneficiario (Art. 14). Bisogna tenere presente che, superato il termine di scadenza,
cessano gli obblighi contrattuali delle banche operanti, che possono anche rifiutare i
documenti nonostante il benestare dell'ordinante.
Nei casi ordinari comunque, la banca designata, che rilevi documenti non conformi, è
tenuta a darne avviso entro il termine stabilito di sette giorni lavorativi alla banca da cui li
ha ricevuti o al beneficiario presentatore, specificando tutte le discordanze ed indicando se
i documenti vengono resi o tenuti a disposizione.
È importante ricordare che il beneficiario ha il diritto di sostituire i documenti non conformi
con altri nuovi fino alla scadenza del credito; ed il nuovo esame potrà riguardare solo i
nuovi documenti, mentre quelli riscontrati in ordine nel primo esame non potranno più
essere contestati.
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282
CAPITOLO 9
I FINANZIAMENTI AGEVOLATI E LA CREAZIONE DI
NUOVA IMPRENDITORIALITÀ
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283
9.1
LE AGEVOLAZIONI FINANZIARIE ALLE IMPRESE
Come abbiamo visto i finanziamenti alle Imprese si suddividono in due categorie
- • Finanziamenti ordinar!
- • Finanziamenti agevolati
9.1. Definizioni di agevolazione
Dei primi abbiamo già esaminato un ampio dettaglio, per i secondi occorre prima
definire alcuni concetti base
Attualmente il sistema di agevolazioni all'impresa si basa su due tipologie di
intervento:
a) finanziamenti agevolati (contributi su interessi)
b) contributi che tendono a ridurre il costo dell’'indebitamento per
l'impresa
contributi in conto capitale)
contributi che riducono il costo dell'investimento per l'impresa
c) Agevolazioni automatiche(solo nazionali)
Trattasi di agevolazioni in termini di risparmio di imposta applicabile
all’impresa che effettua investimenti (Tremonti, L. 341 etc)
Nota bene :La attuale politica del governo mira a ridurre sempre più i contributi a
fondo perduto sostituendoli con contributi in conto interessi
Le tre tipologie di cui sopra sono disciplinate da una serie di norme che, nel
rispetto delle indicazioni delle UE, tendono a limitare le agevolazioni solo a casi
ben determinati.
d) Criteri di concessione
Le agevolazioni sono concesse alle imprese :
>
a fronte di investimenti da effettuare o in alcuni casi effettuati(solo alcuni casi
di leggi regionali)
>
in base all'area territoriale in cui l'investimento è intrapreso
>
in base al settore in cui l'impresa opera(incentivi ed esclusioni)
Ulteriore fondamentale distinzione è la suddivisione della provenienza dei fondi
per cui abbiamo :
Agevolazioni a carattere europeo
Agevolazioni a carattere nazionale
Agevolazioni a carattere regionale.
In alcuni casi può esserci un mix fra i vari strumenti .
Primo criterio è la definizione dello scopo per cui tali interventi sono finalizzati
principalmente al finanziamento di progetti d’investimento per:
Creazione di nuove imprese
Costruzione di nuovi impianti
Sviluppo di attività economiche
Ampliamenti
Ammodernamenti
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284
Ristrutturazioni
Riconversioni
Riattivazioni
Trasferimenti
Secondo criterio è la suddivisione delle agevolazioni per nuovi investimenti
per area.
Infatti attualmente le agevolazioni sotto forma di contributi a fondo perduto sono
utilizzabili solamente dalle imprese che effettuano investimenti nell'area "obiettivo
1" Scopo dell’Obiettivo 1 è di promuovere lo sviluppo e l’adattamento strutturale
delle regioni a sviluppo arretrato. Le regioni ammissibili all’obiettivo 1 sono le
regioni il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media comunitaria.
L’ambito territoriale dell’obiettivo 1 comprende integralmente le regioni meridionali
Le aree "ex obiettivo2"
L'Obiettivo 2 (che raggruppa gli ex Obiettivi 2 e 5b del periodo 1994-1999, ma non
comprende necessariamente gli stessi Comuni) mira a sostenere la riconversione
economica e sociale delle zone caratterizzate da difficoltà strutturali (un ritardo
nello sviluppo, o presentano disoccupazione forte o sono state oggetto di processi
di riconversione industriale) Tali zone sono state suddivise in quattro tipi:
industriali, rurali, urbane e dipendenti dalla pesca
La suddivisione di cui sopra è importante in quanto è applicata a livello europeo
per cui ogni Stato indica alla Cee le aree monitorandone poi le variazioni di
parametro.
Le aree in phasing out sono quelle in cui nel 2013 termineranno le agevolazioni ad.
esempio il Molise, qualche comune in Abruzzo, nelle Marche e nel Lazio)
In termini di agevolazioni territoriali vanno ricordati :
Patti territoriali e/o contratti d'area (limitato ad un territorio promosso dagli enti
locali competenti) che hanno l’obiettivo di incentivare gli investimenti delle imprese
in una determinata e specifica area.
Il terzo criterio applicabile è quello settoriale
Infatti le norme determinano da un lato le agevolazioni rivolte ad un settore
specifico, ad esempio la ricerca, la Pesca, l'artigianato, il turismo e dall’altro le
esclusioni .Infatti alcuni settori (acciaio, automobili, navi etc ) non sono finanziabili
in modo agevolato in nessun modo anche se magari è un nuovo investimento in un
area depressa. In tal caso la soluzione viene trovata con i contratti d’area che
possono derogare alle norme generali in funzione di un superiore interesse quale
quello dell’occupazione in aree depresse.
Il quarto criterio che subordina l’ammissibilità dei benefici e ne gradua in
alcune zone l’entità, è quello della dimensione:
Vengono considerate due tipologie di imprese :
Piccole e medie imprese artigiane di produzione
Grandi imprese di produzione
A) Le PMI sono classificate con i seguenti parametri:
occupati < 250
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
285
fatturato < € 40 ml
attivo investito < € 27 ml
eventuale quota di partecipazione di grandi imprese < al 25%
B) le grandi imprese superano i parametri di cui sopra .
Ulteriore suddivisione può essere applicata (per graduare l’entità
dell’agevolazione) individuando le Piccole imprese che debbono rispettare i
seguenti limiti :
occupati < 50
fatturato < € 7ml
attivo investito < € 5 ml
9.2 Riepilogo delle norme attuali
Nell'ambito del rispetto di tali normativa le Regioni possono poi porre ulteriori
vincoli delimitando ancor più l'accessibilità delle risorse da parte delle imprese,in
funzione delle priorità regionali.
Le agevolazioni di tasso normalmente sono molto limitate e vengono concesse su
a fronte di investimenti in settori specifici come ad esempio: l'acquisizione in
proprietà o in leasing di macchinari ad alta tecnologia
Di seguito si riportano le principali forme di agevolazioni basate su interventi
comunitari e nazionali.
Agevolazioni a carattere comunitario
Concessione di Garanzie Finanziarie FEI (Fondo Europeo per gli Investimenti) a
fronte di specifici programmi di investimento
Fondi Strutturali C.E.E.
Fondo Europeo di Sviluppo Regionale "F.E.S.R."
Fondo Sociale Europeo "F.S.E."
Fondo Europeo Agricolo Orientamento e Garanzia "F.E.A.O.G."
Strumento Finanziario di Orientamento della Pesca "S.F.O.P."
Programma di Iniziativa Comunitaria "Pesca"
Programma di Iniziativa Comunitaria "P.M.I."
Programma di Iniziativa Comunitaria "Leader II"
Finanziamenti di progetti di investimento nei paesi in via di sviluppo
Finanziamenti di progetti di investimento nei paesi dell'Europa Centro Orientale
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Agevolazioni a carattere nazionale
Finanziamenti agevolati per l'acquisto di automezzi per trasporti specifici (legge
949/52)
Sconto di effetti collegati alla compravendita o locazione finanziaria di macchine
utensili o di produzione (Legge Sabatini)
Finanziamenti agevolati per le operazioni di credito inerenti esportazioni ed
esecuzione di lavori all'estero (Legge Ossola)
Finanziamenti ai consorzi e società consortili tra PMI (Legge 240/81)
Finanziamenti per la penetrazione commerciale all'estero (Legge 394/81)
Agevolazioni finanziarie per la promozione e lo sviluppo della imprenditorialità
giovanile (Legge De Vito)
Finanziamenti per joint venture all'estero (Legge 100/90)
Crediti d'imposta o contributi in c/capitale per la realizzazione di investimenti
innovativi nell'industria e nei servizi (Legge 317/91)
Spese di ricerca (Legge 317/91 art. 8)
Finanziamenti agevolati e/o contributi in c/capitale per il sostegno dei consorzi di
servizi (legge 317/91 artt. 17-22, 24)
Agevolazioni a sostegno di società consortili miste (Legge 317/91 art. 27)
Agevolazioni finanziarie per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditoria femminile
(Legge 215/92)
Nuovo "Intervento Ordinario" per la realizzazione di iniziative produttive
nell'industria e nei servizi (Legge 488/92 Industria e Servizi)
Agevolazioni per la realizzazione di iniziative produttive nel settore turistico (Legge
488/92 Turismo)
Agevolazioni finanziarie per la promozione di nuove imprese giovanili nel settore dei
servizi
Finanziamenti agevolati per interventi destinati alla tutela ambientale
Agevolazioni in forma automatica
Fondo di garanzia crediti
Agevolazioni fiscali a sostegno delle innovazioni nelle imprese industriali (Legge
341/95 art. 2)
Agevolazioni a carattere regionale
Le regioni operano con agevolazioni mirate volte ad incentivare particolari attività
come gli Agriturismi o settori come gli Artigiani o l’ attività di
internazionalizzazione in linea con gli obiettivi di sviluppo regionale, per cui si è
ritenuto non utile fare una disamina della normativa delle varie regioni.
Un ultima considerazione da fare è quella che,salvo alcuni interventi specifici, le
agevolazioni sono concedibili a fronte di una richiesta che deve essere presentata
con una metodologia standard.
Tale metodo prevede la :
> realizzazione di uno specifico progetto
>la predisposizione di uno specifico Business Pian
>la richiesta all’ente gestore dei fondi
Tale Ente (Regione, Provincia, Ministero o altro ) utilizzerà per l’ Istruttoria tecnico
economica un soggetto terzo di solito una banca o una società specializzata.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
287
Una volta concesso il contributo verrà erogato a fronte delle documentazione di
spesa presentata dalla ditta e già dalla medesima pagata.
Pertanto la decisione imprenditoriale di avviare l'investimento dovrebbe essere
presa indipendentemente dal contributo concedibile, in realtà questo non sempre
avviene con ovvi problemi poi di gestione nell’impresa(soprattutto se di nuova
costituzione).
Brevemente e a titolo esemplificativo si riporta l’iter metodologico per la
predisposizione del BUSINESS PLAN
Definizione degli obiettivi e delle strategie dell'idea del business e elaborazione del
piano di marketing
Analisi del mercato e del settore di riferimento
Analisi della concorrenza
Collegamento tra analisi di mercato e piano di marketing
Costruzione del piano di marketing: individuazione degli obiettivi, delle strategie e del
target di clientela
Leve operative del marketing: elementi caratteristici e loro impostazione gestionale
Piano delle vendite
Elaborazione del piano degli investimenti
Piano degli investimenti e sua formazione
Scelta degli impianti e macchinari: caratteristiche tecniche e tipologia di processo
produttivo
Piano di produzione
Ciclo produttivo
Piano della manodopera
Elaborazione dei piani economico-finanziari
Raccordo tra le scelte strategiche e gestionali ed i valori economico-patrimoniali di bilancio
Formalizzazione delle previsioni economiche e finanziarie
Costruzione dei valori di bilancio previsionali
Piano di copertura dei fabbisogni economico-finanziari
Redditività dell’impresa
Bilanci previsionali ed il processo di elaborazione dei flussi di cassa
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
288
9.3 LA CREAZIONE DI NUOVA IMPRESA
Dopo l’analisi in via generale analizziamo due specifiche forme di intervento
destinate alla Creazione di Nuova Impresa In particolare per donne e giovani.
Le leggi attualmente esistenti, ma la pochezza dei fondi ne limita l’operativa , sono
le seguenti:
9.3.1 L 95/95 (ex L 44/86) IMPRENDITORIA GIOVANILE
Obiettivo favorire lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile nelle aree depresse
(obiettivo 1) e a livello regionale ove recepita da specifica norma
La legge 95/95 è rivolta esclusivamente all'imprenditoria giovanile. Questa
riguarda solamente le società di giovani costituite, ma non attive. La norma si
occupa dei finanziamenti verso gli investimenti in beni materiali ed immateriali e
spese di gestione. Le facilitazioni in oggetto sono erogate con un contributo in
conto capitale, in conto gestione, mutuo agevolato.
I destinatari:
Le imprese beneficiarie sono le società di persone e di capitale, (comprese le
cooperative) costituite in maniera prevalente o totalitaria da giovani. Esistono però
dei requisiti fondamentali per l'ottenimento di tali finanziamenti: L'impresa deve
essere costituita e formata da d'età compresa tra i 18 ed i 29 anni che abbiano la
maggioranza assoluta numerica e di quote di partecipazione, oppure imprese
composte esclusivamente da giovani di età compresa tra i 18 ed i 35 anni; in
entrambi i casi i soci dovranno essere residenti nei Comuni compresi nelle zone di
operatività della legge. Le attività devono avere per oggetto la produzione di beni
in agricoltura, artigianato ed industria o la fornitura di servizi alle imprese. Le
imprese devono essere già costituite all'atto della presentazione della domanda
ma non ancora in attività.
Le spese ammissibili:
Le spese ammissibili (IVA esclusa) sono quelle relative agli investimenti in beni
durevoli ed alle spese di gestione. A seconda dei generi di contributo sono
agevolate le seguenti tipologie di spesa: Acquisto del terreno. Opere edilizie.
Allacciamenti, macchinari, impianti ed attrezzature nuovi di fabbrica. Altri beni
materiali ed immateriali durevoli. Studi di fattibilità comprensiva dell'analisi di
mercato. Spese per acquisti di materie prime, semilavorati e prodotti finiti. Spese
per prestazioni di servizi. Oneri finanziari, esclusi gli interessi relativi ai mutui
agevolati concessi in base alla presente legge.
Il Contributo:
L'agevolazione si differenzia in base al tipo di spesa. Per le spese relative agli
investimenti essa consiste in contributi a fondo perduto ed in un mutuo agevolato,
calcolati secondo criteri e modalità fissati dall'Unione Europea che possono coprire
una percentuale degli investimenti fino al 90% circa. Per le spese di gestione
consiste, nei primi anni d'attività, in un contributo a fondo perduto secondo
percentuali che variano in base ai territori d'ubicazione della sede operativa
aziendale. Le percentuali di contributo variano a seconda del territorio in cui è
ubicata la sede operativa dell'azienda.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
289
9.3.2 L 236/93 IMPRENDITORIA GIOVANILE (fornitura servizi)
Obiettivo : fornire incentivi per lo sviluppo di nuove imprese giovanili nei settori
dell'innovazione tecnologica, della tutela ambientale, della fruizione dei beni
culturali, del turismo e della manutenzione di opere civili ed industriali.
La legge 236/93 è rivolta a società o cooperative composte da giovani tra i 18 ed i
35 anni. I finanziamenti comprendono progetti relativi alla fornitura di servizi nei
settori della fruizione di beni culturali, del turismo e della manutenzione di opere
civili ed industriali, dell'innovazione tecnologica e della tutela ambientale. Anche se
i fondi necessari sono minimi, in teoria sono previsti contributi in conto capitale,
mutui a tasso agevolato, contributi per spese di gestione, assistenza tecnica
(tutoraggio), formazione e qualificazione professionale.
I destinatari:
beneficiari di questi interventi sono tutte le Società o Cooperative composte
esclusivamente da giovani tra i 18 ed i 35 anni o in alternativa le Società e le
Cooperative composte prevalentemente da giovani tra i 18 ed i 29 anni che
abbiano la maggioranza assoluta sia numerica che di quota sempre residente nei
territori.
Il contributo:
Per i beneficiari di questa legge sono previsti diversi tipi d'intervento: Formazione e
qualificazione professionale. Contributi per spese di gestione. Mutui a tasso
agevolato. Contributo in conto capitale. Formazione e qualificazione professionale.
A seconda del tipo di intervento che si adotta vengono definiti dei parametri che
influenzano la percentuale di erogazione del contributo. Tali parametri sono in
funzione dell'ubicazione territoriale e della tipologia di spesa. Le spese ammissibili:
Le spese ammissibili
sono quelle relative alla fornitura di servizi nella fruizione dei beni culturali, del
turismo e della manutenzione d'opere civili ed industriali, dell'innovazione
tecnologica e della tutela ambientale. Le spese che possono essere finanziate con
questa legge sono: Acquisto del terreno necessario all'iniziativa; Opere d'edilizia
(fino ad un massimo del 40% della spesa complessiva); Studio di fattibilità del
progetto (fino ad un limite del 2% dell'investimento); Acquisto macchinari, impianti,
attrezzature (il tutto deve necessariamente essere nuovo); o Allacciamenti;
Acquisto di altri beni direttamente collegabili al ciclo produttivo; o Spese di
gestione; Spese di formazione.
I contributi per le spese di gestione vengono concessi per i primi quattro anni di
attività e vengono ripartiti in funzione della suddivisione territoriale. L'attività
d'impresa prevista nel progetto dovrà essere svolta per un periodo di almeno
cinque anni.
9.3.3 L . 215/92 - IMPRENDITORIA FEMMINILE
Obiettivo: fornire incentivi per lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali femminili
o di imprese gestite in prevalenza da donne
Attualmente vigono norme anche per facilitare lo sviluppo dell'imprenditoria al
femminile. La legge 215 si rivolge a Piccole imprese a predominante
partecipazione femminile. Questa norma facilita e contribuisce al finanziamento
per investimenti in beni materiali ed immateriali e spese per acquisizione di servizi
reali.
I destinatari:
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
290
I soggetti beneficiari sono le nuove imprese, gestite prevalentemente da donne,
non facenti parte di gruppi e che rispondono alla definizione di piccola impresa.
Possono essere ditte individuali, società di persone e cooperative (costituite per
almeno il 60% da donne) e società di capitale (la composizione del capitale e degli
organi amministrativi deve essere per i due terzi riservata a donne). Industria,
agricoltura, artigianato, commercio, turismo, servizi sono i settori in cui tali entità
devono operare secondo tre tipologie d'iniziative riguardanti la creazione di nuove
od il miglioramento delle imprese esistenti, la formazione di nuove imprenditrici e la
qualificazione professionale delle stesse.
Il contributo:
Le agevolazioni constano di contributi in conto capitale. Le percentuali a seconda
della tipologia di investimento variano da zona a zona. Le spese ammissibili: Avvio
di nuove attività: Progettazione e direzione lavori (per un massimo del 5% del
costo totale). Impianti generali. Macchinari ed attrezzature. Brevetti e software.
Acquisizione attività preesistenti: Impianti, macchinari ed attrezzature.
Progettazione e studi di fattibilità. Brevetti e software. Personale adibito alla
realizzazione del progetto
9.3.4 L . 608/96 - PRESTITO D'ONORE
Obiettivo Fornire finanziamento e assistenza tecnica di progetti che prevedano la
realizzazione di un'attività autonoma in forma individuale da parte di disoccupati
I destinatari
sono i disoccupati e gli inoccupati di età superiore ai 18 anni, residenti:.
Cosa si può fare: Le iniziative possono riguardare qualsiasi settore (produzione di
beni e fornitura di servizi). Sono agevolate solo le ditte individuali. Gli investimenti
complessivi non possono superare i 25.500 euro. Le agevolazioni finanziarie: Gli
investimenti sono finanziabili al 100%. Il 60%, fino a un massimo di € 15.500, viene
erogato sotto forma di contributo a fondo perduto e il restante 40%, fino a un
massimo di 10.916.euro, in forma di prestito agevolato, da restituire in 5 rate
annuali posticipate. Al momento della stipula del contratto di agevolazione, è
possibile avere un anticipo pari al 30% del totale degli investimenti ammessi. Per
la gestione viene erogato un contributo a fondo perduto pari a un massimo di 10
milioni di lire per le spese ammissibili effettivamente sostenute nel corso del primo
anno di attività. L'assistenza tecnica (tutoraggio): Nella fase di avvio dell'iniziativa
sono previsti servizi totalmente gratuiti di consulenza/assistenza tecnica da parte
di organismi specializzati (i cosiddetti "tutor"). La selezione/formazione: Per
accedere alle agevolazioni occorre compilare l'apposito modulo di domanda
illustrando sinteticamente la propria idea. Può essere presentata una sola
domanda di agevolazione. Le domande regolarmente presentate sono esaminate
in ordine cronologico e sottoposte a una prima selezione in base alle potenziali
attitudini e capacità dei proponenti e all'esistenza di presupposti di fattibilità tecnica
e redditività dell'idea. I soggetti selezionati sono invitati a partecipare alle attività di
formazione - non retribuite e con frequenza obbligatoria - della durata di due mesi,
al termine delle quali viene effettuata la selezione definitiva.
Tali leggi sono in realtà rivolte solo alle aree depresse (obiettivo 1) e sono poi
replicate in alcune regioni. Nell’ambito dell’attività Istituzionale di supporto alla
creazione di occupazione un ruolo importante svolge SVILUPPO ITALIA, agenzia
controllata dal Ministero Attività Economiche.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
291
9.3.5 La CREAZIONE NUOVA IMPRENDITORIALITÀ DA PARTE DI SVILUPPO
ITALIA
Nuova imprenditorialità giovanile
Le misure a favore delle imprese giovanili gestite da Sviluppo Italia sono dirette a
favorire lo sviluppo di una nuova imprenditorialità giovanile nelle aree
economicamente svantaggiate del Paese. Sviluppo Italia con l'erogazione diretta
degli incentivi finanziari previsti dal Titolo I del D. Lgs. 185/00, promuove la
creazione e lo sviluppo d'imprese costituite da giovani nelle aree depresse del
Paese attraverso quattro diverse misure:
produzione di beni e servizi alle imprese
cooperative sociali
subentro in agricoltura
fornitura di servizi.
Sviluppo Italia rispetto a queste misure è impegnata nel:
selezionare le proposte imprenditoriali e valutare i progetti d'impresa
erogare direttamente gli incentivi finanziari sulla base degli investimenti realizzati
monitorare le performance delle nuove imprese.
I TERRITORI
Le agevolazioni sono applicabili nei seguenti territori:
le aree Obiettivo 1, 2 e “phasing out” dei Fondi Strutturali dell’Unione Europea
le aree “in deroga” ai sensi del Trattato UE
Si tratta di oltre 2.000 comuni del Sud (le intere regioni Campania, Puglia,
Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna) e di più di 3.600 comuni del Centro-Nord,
pari complessivamente a più del 70% del totale dei comuni italiani.
I RIFERIMENTI NORMATIVI
Le agevolazioni per la creazione d’imprese giovanili gestite da Sviluppo Italia fanno
capo al Titolo I “Autoimprenditorialità”del Decreto legislativo 185/2000, .
Attualmente le agevolazioni per i giovani imprenditori sono disciplinate, oltre che
dalla normativa UE applicabile, dalle seguenti Leggi e dai relativi Regolamenti di
attuazione:
legge 95/95 - Produzione di beni e servizi alle imprese
legge 448/98 - Cooperative sociali
legge 135/97 - Subentro in agricoltura
legge 236/93 - Fornitura di servizi
Microimpresa
I destinatari
sono le società in nome collettivo, semplici e in accomandita semplice (sono
pertanto ESCLUSE le ditte individuali, le società di capitali, le cooperative, le
società di fatto e le società aventi un unico socio) in cui almeno la metà numerica
dei soci, che detenga almeno la metà delle quote di partecipazione, sia in
possesso dei seguenti requisiti:
maggiore età alla data di presentazione della domanda
non occupazione nei sei mesi precedenti la presentazione della domanda
Si considerano occupati:
i lavoratori dipendenti (a tempo determinato e indeterminato, anche part-time)
i titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa
i liberi professionisti
i titolari di partita IVA
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
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gli artigiani, gli imprenditori, i familiari e i coadiutori di imprenditori
residenza alla data del 1° gennaio 2003 nei territo ri di applicazione della normativa
(il solo requisito della residenza è relativo all'intero territorio di quei comuni che
anche solo in parte ricadono nelle aree agevolabili).
Nei medesimi territori deve essere ubicata la sede legale, amministrativa e
operativa delle iniziative.
Cosa si può fare
produzione di beni,fornitura di servizi.
Sono ESCLUSE le iniziative che si riferiscono a:
produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli
trasporti (di merci conto terzi e di persone in numero superiore a 9)
commercio.
Gli investimenti complessivi non possono superare i 129.114 euro.
Le agevolazioni finanziarie
Nella delibera CIPE del 9 maggio 2003, n. 16 - pubblicata sulla G.U. n. 156 dell’8
luglio 2003 - sono stati richiamati i principi di cui all’art. 72, comma 2 della legge
289 anche in merito alle gestione delle misure agevolative di cui al Titolo II del D.
Lgs. 185/00; pertanto le agevolazioni concedibili per la misura Microimpresa
comunque entro il limite de minimis - sono le seguenti:
contributo a fondo perduto e mutuo agevolato (restituibile in sette anni con le
modalità di cui all’art. 7 del DM 295 del 28 maggio 2001) a completa copertura
dell’investimento presentato;
contributo a fondo perduto sulle spese di gestione per il 1° anno.
Attenzione: Il mix delle agevolazioni potrà, comunque, essere determinato in base
alle specificità di ciascun progetto, e sempre nel rispetto dei criteri dell’art. 72 della
Legge finanziaria 2003 e della regola del “de minimis”.
Assistenza tecnica
Nella fase di avvio dell'iniziativa è previsto un servizio gratuito di assistenza
tecnica per un periodo massimo di un anno
Lavoro autonomo:franchising
franchising
I destinatari
Le agevolazioni per il franchising sono rivolte a coloro che intendono avviare
un’attività in qualità di franchisee (affiliati) con i franchisor (affilianti) che hanno
stipulato la Convenzione di accreditamento con Sviluppo Italia.
Le iniziative possono essere proposte sia da singoli (sotto forma di ditta
individuale) sia in gruppo (costituendosi nelle varie tipologie di società, ad
esclusione delle cooperative e delle società di fatto). I requisiti soggettivi richiesti
ai proponenti l'iniziativa in franchising (il titolare nel caso di ditte individuali, almeno
la metà numerica dei soci, che detenga almeno la metà delle quote di
partecipazione, nel caso di società) sono i seguenti:
maggiore età alla data di presentazione della domanda
non occupazione nei sei mesi precedenti la presentazione della domanda.
Si considerano occupati:
i lavoratori dipendenti (a tempo determinato e indeterminato, anche part-time)
i titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa
i liberi professionisti
i titolari di partita IVA
gli artigiani
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293
residenza alla data del 1° gennaio 2003 nei territo ri di applicazione della normativa
(il solo requisito della residenza è relativo all'intero territorio di quei comuni che
anche solo in parte ricadono nelle aree agevolabili).
Nei medesimi territori deve essere ubicata la sede legale, amministrativa e
operativa delle iniziative
Cosa si può fare
Sono agevolabili le attività di:
commercializzazione di beni
commercializzazione di servizi.
Sono escluse le iniziative che si riferiscono a:
trasporti (di merci conto terzi e di persone in numero superiore a 9)
produzione, trasformazione, commercializzazione e distribuzione di prodotti
agricoli; in particolare sono escluse attività di presentazione e/o trasporto di
prodotti agricoli al mercato (imballaggio, stoccaggio, movimentazione) e attività
connesse all'esportazione
Le agevolazioni finanziarie
Ai sensi della delibera CIPE del 9 maggio 2003, n. 16 - pubblicata sulla G.U. n.
156 dell’8 luglio 2003 - sono stati richiamati i principi di cui all’art. 72, comma 2
della legge 289 anche in merito alle gestione delle misure agevolative di cui al
Titolo II del D Lgs. 185/00; pertanto le agevolazioni concedibili per la misura
Franchising – comunque entro il limite de minimis - sono le seguenti:
un contributo a fondo perduto e mutuo agevolato (restituibile in un minimo di 5
anni e in un massimo di dieci anni con le modalità di cui all’art. 7 del DM 295 del
28 maggio 2001);
un contributo a fondo perduto sulle spese di gestione (con le modalità previste
all’art. 29 del D.M. 295 del 28 maggio 2001 e sue successive modifiche)
Il mix delle agevolazioni potrà, comunque, essere determinato in base alle
specificità di ciascun progetto, e sempre nel rispetto dei criteri dell’art. 72 della
Legge finanziaria 2003 e della regola del “de minimis”.
Nota Bene
L’agevolazione sottoposta alla regola “De minimis “ è una agevolazione che viene
erogata a favore del medesimo soggetto, anche a valere si vari strumenti, per un
massimo di € 100.000 in tre anni.(si applica normalmente alle agevolazioni a
carattere regionale)
Materiale predisposto utilizzando le informazioni di Sviluppo Italia.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
294
CAPITOLO 10
LA VALUTAZIONE DEL MERITO DI CREDITO ALLA
LUCE DELLA NORMATIVA DI BASILEA 2
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
295
10.1-IL RUOLO DEL CAPITALE NELLE BANCHE E LA SUA
REGOLAMENTAZIONE.
Nelle politiche del sistema creditizio, nazionale e internazionale, il capitale assume
un ruolo centrale. La disponibilità di capitale è fondamentale non solo per far fronte
ad eventuali crisi ma anche perché fornisce alle banche un certo livello di
flessibilità finanziaria che consente loro di sfruttare al meglio eventuali opportunità
di crescita. Un sistema bancario adeguatamente capitalizzato è in grado di fornire
credito alle imprese e finanziare opportunità d’investimento che incoraggiano la
crescita, l’aumento dell’occupazione e contribuiscono a rendere più solida
l’economia. L’importanza del capitale e il ruolo che esso svolge, viene recepito
formalmente nel 1974 con la costituzione del Comitato di Basilea per la vigilanza
bancaria. Il Comitato opera in seno alla BRI, Banca dei Regolamenti Internazionali,
con sede a Basilea, un organismo internazionale che ha lo scopo di promuovere la
cooperazione fra le banche centrali, ed altre agenzie equivalenti, per perseguire la
stabilità monetaria e finanziaria. Il Comitato è composto dai rappresentanti delle
Autorità di Vigilanza dei paesi del G10 (Belgio, Canada, Francia, Germania,
Giappone, Gran Bretagna, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Stati Uniti, Svezia e
Svizzera).E’ un organismo che non possiede alcuna autorità sovranazionale e le
sue conclusioni non hanno forza legale; le raccomandazioni sono formulate
nell’aspettativa che le singole autorità nazionali redigano disposizioni operative che
tengano conto delle realtà dei singoli stati. Nel luglio del 1988, dopo un processo di
consultazione che ha interessato anche le Autorità di Vigilanza dei paesi non
appartenenti al G10, il Comitato di Basilea ha proposto l’adozione di un sistema di
requisiti minimi di capitale uniformi per le banche comunemente noto come
“Accordo di Basilea sul capitale”.
10.2- L’ACCORDO DI BASILEA SUL CAPITALE DELLE
BANCHE - OBIETTIVI
Prima della ratifica dell’Accordo del 1988, effettuata da circa 150 paesi, ogni Stato
regolava l’adeguatezza del capitale del sistema bancario secondo criteri propri.
Negli Stati Uniti alle banche veniva richiesto di finanziare almeno il 5% delle loro
attività (escluse le attività fuori bilancio), tralasciando del tutto il rischio; in Francia
e nel Regno Unito, dalla fine degli anni 70, venivano introdotti dei sistemi di
requisiti patrimoniali con la previsione di esplicite ponderazioni di rischio per le
attività bancarie. Anche in Italia erano stati introdotti dal 1987 (delibera del CICR
del 23 dicembre 1986) dei coefficienti patrimoniali correlati al rischio.I sistemi di
regolamentazione adottati dai vari paesi presentavano comunque sostanziali
differenze; queste creavano condizioni di disparità, in termini di concorrenza, tra i
sistemi stessi soprattutto a causa del verificarsi, nel corso degli anni 80, di una
crescente competizione internazionale fra le banche.
L’Accordo di Basilea del 1988, per la prima volta ha stabilito delle regole precise
sui requisiti di capitale, che “legano” gli stessi ai rischi creditizi delle banche.
Gli obiettivi perseguiti erano principalmente due:
•
rafforzare la solidità e solvibilità del sistema bancario internazionale
attraverso l’introduzione di requisiti minimi di capitale correlati al rischio;
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
296
•
ridurre le differenze competitive fra le banche attive a livello internazionale
attraverso l’introduzione di un “approccio standard”.
Entrambi gli obiettivi perseguivano un'unica finalità: ridurre il verificarsi di crisi
bancarie senza minare la concorrenza internazionale all’interno dell’industria
bancaria.
10.3- I REQUISITI DI CAPITALE.
Il Comitato ha strutturato i requisiti di capitale attraverso la definizione di tre
elementi:
1. Il Capitale di vigilanza: è costituito dalle poste destinate a “coprire” la banca
nell’eventualità’ di perdite. Il capitale di vigilanza viene diviso in due blocchi
denominati TIER 1 (patrimonio di base) e TIER 2 (patrimonio supplementare). Il
TIER 1 comprende il Capitale Sociale, Utili non distribuiti e Riserve palesi
mentre il TIER 2, che non può superare il 50% del TIER 1 (percentuale portata
al 100% nelle successive revisioni dell’Accordo), è composto dalle Riserve
occulte, dal Debito subordinato, dai Fondi Rischi e dagli strumenti ibridi di
capitale e di debito.
2. Il Rischio di Credito: rischio di inadempienza della controparte agli obblighi
contrattuali. Il rischio delle varie esposizioni creditizie, sia quelle in bilancio che
quelle fuori bilancio, viene quantificato in base a determinate ponderazioni: 0%
per le attività considerate a rischio nullo; 20% per le attività a rischio minimo;
50% per le attività a medio rischio e 100% per quelle a più alto rischio.
Tabella 1 – Le ponderazioni di rischio dell’Accordo di Basilea del 1988
Ponderazioni di
Attività“in bilancio”
Attività “fuori bilancio”
rischio
0%
20 %
50 %
100 %
3.
Contante e valori assimilati, crediti vs. Banche
centrali paesi OCSE; titoli di Stato emessi da
governi paesi OCSE
Crediti vs. Banche multilaterali di sviluppo o
garantiti da tali istituzioni o da titoli emessi dalle
medesime; titoli emessi da enti pubblici USA
Mutui integralmente assistiti da garanzia
ipotecaria su immobili residenziali occupati dal
mutuatario o locati
Crediti vs. imprese private; partecipazioni in
imprese private, crediti vs. Banche e governi di
paesi non OCSE
Impegni analoghi all’erogazione di
credito con scadenza < 1 anno
Impegni di firma legati ad operazioni
commerciali (crediti documentari con
garanzia reale)
Facilitazioni in appoggio all’emissione di
titoli; altri impegni all’erogazione di
credito con scadenza > 1 anno
Sostituti diretti del credito (fideiussioni e
accettazioni); cessioni di attività pro
solvendo con rischio di credito a carico
della banca
Il rapporto minimo tra il capitale e il rischio: l’accordo prevede che le Banche
detengano capitale in misura pari almeno all’8% delle attività ponderate per il
rischio.
BANK’S CAPITAL RATIO = TIER 1 + TIER 2 / A* = 8 %
Esempio: su un prestito a PMI di 500 Euro si applicherà una ponderazione del
100% (vedi tabella 1) quindi il capitale che la Banca deve detenere deve essere
pari almeno a 40 Euro (40/500 = 8 %); in caso di Mutuo dello stesso importo a
soggetto privato garantito da ipoteca su immobile residenziale si applicherà un
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
297
coefficiente di ponderazione del 50% (vedi tabella 1) quindi A* sarà uguale a 250
(500 Euro x 50 %) e il capitale minimo da detenere sarà pari ad almeno 20 Euro
(20/250 = 8%).
10.4- OSSERVAZIONI E CRITICHE
I requisiti di capitale previsti dall’accordo di Basilea del 1988 sono stati oggetto di
critiche in quanto sin dall’origine e’ emerso che le indicazioni contenute non
riflettono il rischio sottostante.
In particolare e’ stato sostenuto che:
a) la diversità del merito di credito delle controparti, all’interno delle varie
categorie, non è considerata adeguatamente attribuendosi un’eguale
ponderazione a banche, imprese e stati sovrani con diversa rischiosità;
b) la scadenza dei crediti non viene considerata un fattore di rischio mettendo
sullo stesso piano prestiti a breve, medio e lungo termine;
c) il principio di diversificazione del portafoglio e’ del tutto trascurato;
d) non e’ previsto un adeguato incentivo all’utilizzo di tecniche di mitigazione del
rischio quali, ad esempio, garanzie reali, garanzie personali, credit derivatives
e compensazioni di attività “in bilancio”;
e) nella determinazione di A* vengono presi in considerazione esclusivamente i
rischi di credito escludendo sia i rischi di mercato che i rischi operativi.
L’evoluzione delle gestioni bancarie negli ultimi anni e, in particolare, dei rischi di
credito (si pensi ad esempio ai credit derivatives e alle complesse operazioni di
securitisation) che le banche fronteggiano ha indotto il Comitato di Basilea a
rivedere l’accordo originario.
Attraverso numerose consultazioni si e’ giunti, nel gennaio 2001, alla
pubblicazione del “Nuovo accordo di Basilea sul capitale” comunemente definito
“BASILEA 2”; il testo originario è stato, e sarà ancora, oggetto di ulteriori interventi
sulla base dei suggerimenti e indicazioni delle autorità di vigilanza.
L’obiettivo è quello di giungere, attraverso il confronto con le autorità di vigilanza e
una serie di indagini quantitative, ad un testo definitivo entro la fine del 2003,
mentre l’attuazione dell’accordo è prevista per la fine del 2006.
10.5- LA STRUTTURA DI “BASILEA 2”
L’accordo del 1988 offriva sostanzialmente una sola opzione per misurare
l’ammontare di capitale appropriato per le banche, basata su coefficienti fissi. La
proposta di Nuovo Accordo presenta invece tre approcci differenti, con diversi
livelli di complessità metodologica, sia per la misurazione dei rischi di credito, sia
per la misurazione dei rischi operativi. L’impianto è quindi più complesso, ma
consente alle banche di utilizzare metodologie di misurazione più sensibili ai rischi
effettivamente sostenuti.
Gli approcci delineati nella proposta hanno in particolare due finalità specifiche.
La prima e’ quella di saper cogliere nel modo più ampio possibile i rischi
dell’attività’ bancaria attivando un sistema di protezione più sensibile alla loro
effettiva portata ed eliminando così uno dei principali inconvenienti dell’Accordo del
1988.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
298
La seconda e’ quella di mantenere l’attuale livello di capitale regolamentare a
livello di Sistema e, andando a differenziare tra le banche, premiare quelle con i
portafogli di migliore qualità e penalizzare le altre.
Basilea 2 si articola in tre “pilastri” che congiuntamente dovrebbero contribuire
alla sicurezza e alla stabilità dei sistemi finanziari:
Primo pilastro: requisiti minimi di capitale;
Secondo pilastro: processo di revisione e controllo prudenziale da parte del
regolatore nazionale;
Terzo pilastro: disciplina di mercato.
Il primo pilastro stabilisce i requisiti minimi di capitale, mantenendo sia la
definizione dell’accordo del 1988 di capitale (capitale di base e capitale accessorio
– Tier 1 e Tier 2) sia il requisito minimo dell’8% tra capitale ed attivo ponderato per
il rischio.
Patrimonio di Vigilanzai
__________________________ ≥ 8%
Attività Ponderate per il Rischio
La novità sostanziale riguarda i miglioramenti nella misurazione dell’attivo a
rischio, ossia il denominatore del rapporto.
I metodi per la misurazione del rischio di credito sono più elaborati e viene
introdotta per la prima volta una misura dei rischi operativi (rischi di perdite dirette
o indirette risultanti dall’inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse
umane e sistemi interni, oppure da eventi di origine esterna).
I rischi di mercato (rischio tasso di interesse e rischio azionario nei portafogli di
negoziazione, rischio valutario e rischio sulle posizioni in merci della banca) invece
erano già stati presi in esame in occasione delle modifiche apportate nel 1996.
Il rischio di tasso di interesse sul banking book viene approfondito nel secondo
pilastro.
Il Comitato ha formulato le seguenti ipotesi sul peso percentuale dei rischi nel
requisito patrimoniale previsto dal nuovo accordo:
•
Rischio di Credito 72%
•
Rischio Operativo 20%
•
Rischio di Mercato 8%.
Il secondo pilastro è teso a verificare che ogni banca abbia processi interni
validi per valutare l’adeguatezza del proprio capitale, basati su una valutazione
comprensiva dei propri rischi. In questo pilastro e’ compresa la validazione, da
parte del supervisore, dei sistemi interni di rating e la valutazione di strumenti,
strutture organizzative e processi gestionali finalizzati all’utilizzo dei sistemi di
misurazione e gestione del rischio di credito.
Il controllo prudenziale si fonda sull’applicazione di quattro principi chiave:
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
299
a)
b)
c)
d)
le banche devono disporre di un procedimento per determinare l’adeguatezza
patrimoniale complessiva in rapporto al proprio profilo di rischio e di una
strategia per il mantenimento dei livelli patrimoniali;
le autorità di vigilanza devono verificare e valutare il procedimento interno di
determinazione dell’adeguatezza patrimoniale delle banche e la connessa
strategia, nonché la loro capacità di monitorare e assicurare la conformità con
i requisiti patrimoniali obbligatori. Le autorità di vigilanza devono adottare
appropriate misure prudenziali qualora non siano soddisfatte dei risultati di
tale processo;
le autorità di vigilanza devono attendersi che le banche operino con una
dotazione patrimoniale superiore ai coefficienti minimi obbligatori e devono
avere la facoltà di richiedere alle banche di detenere un patrimonio superiore
al minimo regolamentare;
le autorità di vigilanza devono intervenire preventivamente per evitare che il
patrimonio di una banca scenda al di sotto dei livelli compatibili con il suo
profilo di rischio e devono esigere pronte misure correttive se la dotazione di
patrimonio non è mantenuta o ripristinata.
Il terzo pilastro punta ad un’accresciuta disciplina di mercato, attraverso una
maggiore trasparenza e comunicazione da parte delle banche per quanto riguarda
il proprio profilo di rischio e la relativa adeguatezza del capitale detenuto, nonché
gli strumenti, le metodologie e i processi implementati.
10.6 L’APPLICAZIONE DI BASILEA 2 E I POSSIBILI RIFLESSI
PER LE IMPRESE
Le possibili conseguenze dell’applicazione, a partire dal 1/1/2008 (il termine
iniziale del 2007 è stato spostato), della presente normativa potrebbero riguardare:
1-penalizzazione del finanziamento alle piccole e medie imprese (PMI) in
conseguenza dei sistemi di rating interni adottati dalle banche.
Le piccole e medie imprese, normalmente dotate di minor capitale di rischio,
potrebbero quindi andare incontro a una contrazione dei prestiti all'investimento
concessi. Così, gli imprenditori delle PMI a causa di minori garanzie creditizie,
vedrebbero peggiorare le condizioni loro praticate con un effetto di compressione
della loro capacità di indebitamento e di revisione delle opportunità di
indebitamento.
In pratica, le banche sarebbero indotte a ridurre il credito destinati alle PMI e, al
contempo, ad aumentare i tassi di interesse.
2. problematiche legate alla prociclicità finanziaria: nei periodi di rallentamento
economico, l’Accordo avrebbe l’effetto di indurre le banche a ridurre gli impieghi,
causa il crescere del rischio, con la potenziale conseguenza di inasprire la crisi
stessa;
3. possibile sostenimento di costi aggiuntivi da parte delle PMI nel rapporto con
gli intermediari finanziari;
4. possibile spersonalizzazione del rapporto banca-impresa, a causa di un
utilizzo maggiore della tecnologia e delle metodologie quantitative.
A questi potenziali rischi si contrappongono opportunità, al contrario sono state
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
300
ipotizzate anche delle opportunità per le PMI quali :
a. il miglioramento allocativo delle risorse finanziarie da parte del sistema
bancario, evitando il razionamento del credito;
b. la significativa riduzione delle distorsione di prezzo (mispricing) tra le PMI
“meritevoli” e quelle “non meritevoli”, invece di un aumento generalizzato del costo
del credito, per cui il rating diverrà variabile strategica per regolare l’accesso al
credito e il relativo costo per le PMI;
c. il possibile rafforzamento nel rapporto Banca-Impresa che sarà maggiormente
orientato alla trasparenza reciproca. Tale rafforzamento porterà benefici nel medio
-lungo termine, determinato dalla accresciuta disponibilità di informazioni;
d. la possibilità di individuare, all’interno del macro-segmento PMI, dei micro
segmenti sulla base di diverse formule imprenditoriale ed esigenze finanziarie.
Un ‘altra possibile variazione potrebbe riguardare Il ruolo dei Confidiii.
Il nuovo accordo di Basilea 2 ha suscitato preoccupazioni sulle possibili
conseguenze sul finanziamento delle PMI e ha portato in primo piano il problema
della validità delle garanzie utilizzabili ai fini della mitigazione del rischio di credito,
cioè delle tecniche per ridurre i rischi di credito a cui incorrono le banche. Di
conseguenza si pone l’accento anche sul ruolo dei Confidi. Basilea 2, infatti,
prevede una serie di criteri e di condizioni specifiche per il riconoscimento delle
garanzie ai fini della mitigazione del rischio di credito, che potrebbero portare ad
escludere le garanzie di tipo consortile.
Mentre in passato, secondo i canoni di Basilea 1 ogni banca godeva di ampia
discrezionalità nel decidere il valore da attribuire alla garanzia conferita da un
Confidi, nel nuovo contesto questa garanzia ha valore solo nella misura in cui
permette di migliorare il rating della controparte interessata. E per determinare
questo miglioramento del rating dell’impresa garantita il Confidi deve possedere
esso stesso un rating, esterno o interno, più elevato di quello dell’impresa assistita
e riuscire a trasmettere il suo rating, più elevato, a beneficio dell’impresa assistita
nel rapporto debitore di quest’ultima con la banca.
Le garanzie riconosciute utili ai fini della mitigazione dell’assorbimento del capitale
sono:
•
le garanzie reali (financial e physical collateral)iii, che hanno la funzione di
ridurre la perdita in caso di insolvenza (Loss Given Default – LGD)iv;
•
le garanzie personaliv (rilasciate da persone fisiche o giuridiche);
•
i derivati di credito, che consentono la sostituzione della probabilità di
insolvenza (Probability of Default- PD)vi del soggetto garantito con quella del
garante o per la riduzione della LGD.
Come si vede, tra gli strumenti di mitigazione non vengono esplicitamente
riconosciute le garanzie collettive dei Confidi. Tradizionalmente hanno operato per
rendere più agevole e meno oneroso l’accesso al credito da parte delle PMI ed
hanno giocato un ruolo importante per lo sviluppo di determinate aree geografiche
e/o per l’attenuazione di problemi concernenti specifiche fasce di prenditori,
sebbene attraverso un’offerta largamente diversificata. Non a caso la loro funzione
si è andata rafforzando nei periodi in cui determinati fattori esogeni (crisi
congiunturale, recessione economica, inflazione, normative con effetti restrittivi sul
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
301
credito) hanno reso maggiore l’onerosità dell’indebitamento o del razionamento del
credito nei confronti di prenditori marginali.
A titolo esemplificativo si ricorda che i Confidi prestano garanzie alle banche
convenzionate sui finanziamenti che le banche erogano agli associati dei Confidi.
A garanzia dell’assolvimento dell’impegno fidejussorio di solito limitato dal 30% al
50% del rischio dei credito i Confidi costituiscono:
•
i fondi rischi monetari,
il fondo collettivo di garanzia, è costituito dai contributi versati dagli associati, sia
fissi che in percentuale, alla garanzia ottenuta. Tale fondo viene utilizzato dai
Confidi per far fronte alle richieste effettuate dalle banche finanziatrici circa la
copertura totale o parziale delle perdite originate da insolvenza degli associati.
Secondo Basilea 2 tale forma di garanzia non soddisfa i requisiti per una
deduzione delle ponderazioni, in quanto tale garanzia ha solo la capacità di ridurre
le perdite sopportate in caso di insolvenza dell’affidato. Secondo le attuali
convenzioni tra banche e Confidi, è previsto, per esempio, che il fondo monetario
copra il 50% delle perdite generate dai prestiti garantiti, non producendo di fatto
alcuno sconto. Anche secondo Basilea 2 le garanzie dei Confidi non sono
direttamente inquadrabili come garanzie reali o personali, in quanto non
possiedono i requisiti oggettivi (minimivii e operativiviii) e i requisiti soggettivi del
garanteix, caratteristiche che le garanzie dei Confidi dovrebbero rispettare per
poter essere riconosciute valide per l’attenuazione della copertura patrimoniale
dell’esposizione al rischio di credito delle banche. La loro capacità di mitigazione
varia anche in relazione ai metodi di valutazione del rischio che saranno adottati
dalla banca: con il metodo standard (standard approach) o l’Approccio di Base
(Foundation) i requisiti previsti sono più restrittivi, mentre con il metodo IRB
Avanzato (Advanced) le banche hanno maggiore discrezionalità nell’utilizzo delle
garanzie; infatti devono solo dimostrare all’Autorità di Vigilanza la capacità delle
garanzie acquisite di attuare un’effettiva mitigazione del rischio di credito,
indicando il grado di copertura, gli obblighi e la tempistica del rimborso.
Le banche che invece adotteranno l’approccio avanzato (advanced) possono
procedere, sulla base di criteri validati dall’organo di vigilanza, ad una stima
autonoma di tutte le componenti di rischiox e, quindi, anche degli strumenti di
garanzia che incidono su tali componenti.
Pertanto, gli elementi oggettivi portano ad escludere l’ammissibilità delle garanzie
individuali rilasciate dai Confidi, in quanto tali garanzie reali sono prestate a fronte
del fondo monetario costituito dal Confidi presso la banca che però è posto a
copertura di una pluralità di affidamenti bancari e in base ad una certa percentuale:
pertanto gli affidamenti garantiti non risultano singolarmente coperti dal fondo
rischi, come invece richiesto dal documento di Basilea.
Il timore che tale situazione potesse determinare un ridimensionamento del ruolo
tipico dei Confidi ha condotto il legislatore italiano a introdurre nell'ordinamento
una completa e organica riforma del settore dei Confidi (L. 326 del 24/11/2003
“Riforma Confidi), che sta gia creando le condizioni per un rafforzamento
strutturale ed operativo del sistema dei Confidi coerenti con lo scenario normativo
e di mercato che si va delineando a seguito dell’emanazione del Nuovo Accordo di
Basilea. La legge infatti circoscrive l’ambito di applicazione della materia offrendo
la definizione di Confidi sia dal punto di vista soggettivo, che dal punto di vista
oggettivo, chiarendo inoltre che l’attività di garanzia collettiva consiste
“nell’utilizzazione di risorse provenienti in tutto o in parte dalle imprese consorziate
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
302
o sociexi, per la prestazione mutualistica e imprenditoriale di garanzie volte a
favorirne il finanziamento da parte delle banche e degli altri soggetti operanti nel
settore finanziario”. Dall’entrata in vigore della legge, i Confidi già costituiti avranno
due anni di tempo per adeguare la propria struttura patrimoniale all’insieme dei
requisiti dimensionali previstixii. .
Accanto ai Confidi “tradizionali” che continuano ad essere regolati dall’art. 155 del
TUB e la cui attività è limitata alla prestazione di garanzie a favore delle PMI
aderenti, sono previste due nuove tipologie di Confidi:
•
gli “intermediari finanziari”
•
le “banche di garanzia”,
che, al raggiungimento di determinate soglie di volume di attività e di patrimonio,
sono tenuti ad iscriversi all’elenco speciale degli intermediari finanziari non
bancari, che comporterà l’assoggettamento alla vigilanza della Banca d’Italia e la
possibilità di diversificare le proprie attività: attività di prestazione di garanzia a
favore dei soci, attività finanziarie a favore di soci e di terzi e attività nei confronti
del pubblico, sebbene quest’ultima in via residuale.
Agli “intermediari di garanzia” inoltre, è stato imposto l’obbligo di dotarsi di un
sistema informativo e contabile, di metodi di misurazione e gestione dei rischi e di
strutture di controllo interno adeguati al volume ed alla complessità delle attività
svolte, permettendo loro di produrre importanti risultati in termini di rafforzamento
della loro credibilità nei confronti del sistema bancario e le premesse per lo
sviluppo di nuovi servizi di tipo informativo da offrire alle banche e alle società di
rating interessate alla valutazione delle PMI aderenti.
Attualmente molti confidi, anche attraverso operazioni di accorpamento, si sono
trasformati in intermediari ex art. 107 e sottoposti alla Vigilanza della Banca
d’Italia.
Mentre per i Confidi più grandi la trasformazione in banca di garanzia, invece,
costituisce il superamento degli ostacoli imposti da Basilea 2, dato che il garante
viene a coincidere con la banca, che costituisce uno dei soggetti abilitato alla
prestazione di garanzie personali.
10.7 – I NUOVI REQUISITI PER LA CONCESSIONE DEL CREDITO
a- Il Rating
Tra le novità più importanti introdotte dal documento di Basilea 2 c’è l’esplicito
inserimento del rating come metodologia per il calcolo del rischio di credito (merito
creditizio, solidità e capacità di rimborso). Il Nuovo Accordo sul Capitale si pone
l’obiettivo di rendere i requisiti patrimoniali più sensibili ai rischi sottostanti alle
attività finanziarie, sensibilità non prevista dal precedente Accordo del 1988.
"Ratingxiii" significa semplicemente "valutazione": valutazione dell'impresa e della
sua attitudine a generare nel tempo le risorse necessarie al pagamento dei debiti
contratti per l'acquisizione dei fattori produttivi, quindi del loro specifico livello di
solvibilità. Può essere valido per un solo anno, per l’intera durata dell’operazione o
per quella del rapporto con l’azienda, per permettere sia una diversa attribuzione
del rating iniziale, sia un mutamento nel tempo dello stesso. Il Comitato consente
alle banche la scelta tra due metodologie per il calcolo dei requisiti patrimoniali a
fronte del rischio di credito:
•
l’Approccio Standard
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
303
•
l’Approccio dei Rating Interni (IRB), suddiviso in IRB base o Foundation e IRB
avanzato o Advanced.
La novità dell’Approccio Standard consiste nell'introduzione di diversi livelli di
ponderazione nell’ambito della stessa categoria di soggetti mentre nell’Accordo del
1988, per le imprese, per esempio,era previsto un solo coefficiente di
ponderazione di 100%. Le diverse ponderazioni previste dal Comitato all'interno di
ogni categoria corrispondono ai diversi livelli di rischio di credito espresso in
termini di rating, dalle agenzie di rating specializzatexiv. Le banche che adottano
questo metodo, quindi, in presenza di un soggetto dotato di rating esterno
potranno immediatamente individuare il coefficiente di ponderazione
corrispondente ad un determinato livello di rischio.
L’Approccio dei Rating Interni (IRB), invece, è fondato sullo sviluppo, da parte di
ogni banca, di un sistema interno di rating a condizione di possedere alcuni
requisiti minimixv validati dalle Autorità di Vigilanza nazionali, nel nostro caso la
Banca d’Italia.
I coefficienti di ponderazione, pertanto, non sono rigidi come nel metodo standard
ma vengono calcolati attraverso specifiche funzioni di ponderazione, che, oltre ad
essere ripartiti in relazione a determinate categoriexvi, a tener conto delle diverse
caratteristiche delle controparti e della tipologia di attività, dovranno anche essere
basati su una molteplicità di parametri quali:
•
la probabilità di insolvenza della controparte (Probability of Default –
•
PD), cioè la probabilità che un soggetto diventi insolvente: dipende
essenzialmente dalle condizioni economico-finanziarie dell’impresa e del
relativo settore;
•
il tasso di perdita in caso di insolvenza (Loss Given Default – LGD), cioè la
perdita definitiva del credito rispetto all’ammontare erogato, che dipende in
misura rilevante dalle garanzie;
•
l’esposizione economica al momento del default (Exposure at default – EAD);
•
la vita residua dell’operazione (Maturity – M)che è di due anni e mezzo nella
versione base, mentre nella versione avanzata la maturità viene calcolata
sulla singola esposizione;
•
la mitigazione del rischio (Guaranty – G), in presenza di garanzie;
•
La nuova normativa considera anche un altro elemento di rischio:
•
il grado di diversificazione del portafoglio impieghi di una banca Granularity),
secondo cui le banche, definito un portafoglio di riferimento, devono valutare
se il proprio portafoglio presenta un grado di diversificazione migliore o
peggiore rispetto al benchmark. Nel caso sia migliore sono previsti “sconti”
sui requisiti da applicare alla somma degli attivi del portafoglio bancario; nel
caso sia peggiore sono previste delle penalità.
L’IRB Base prevede, come regola generale, che le banche stimino internamente
solo la probabilità di insolvenza (PD) mentre i parametri relativi alle altre variabili
vengono forniti dall’Autorità di Vigilanza (Banca d’Italia); nell’IRB Avanzato invece
la stima di tutte le variabili di rischio è lasciata alla banca a condizione che
vengano rispettati gli specifici requisiti di cui sopra. I modelli, attualmente messi a
punto da parte delle Banche, prevedono la determinazione del valore del
parametro PD come risultante di una valutazione effettuata su 3 componenti
fondamentali:
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
304
1 - la “Componente quantitativa” riguarda essenzialmente l’esame del bilancio,
effettuato tramite le tecniche degli indici (ratios) e dei flussi.
I ratios di bilancio infatti forniscono indicazioni segnaletiche di sintesi sulle
condizioni patrimoniali (indicatori di solidità), economiche (indicatori di redditività)
e finanziarie (indicatori di liquidità) dell’impresa.
L’ esame dei flussi finanziari ( flussi finanziari globali, di capitale netto e di cassa)è
pertanto finalizzato a verificare il fabbisogno finanziario dell’impresa.
Vengono altresì effettuate analisi quantitative di tipo previsionale per quantificare la
capacità di rimborso dell’impresa. In tal caso, dal punto di vista tecnico, gli
strumenti utilizzati sono i bilanci prospettici, attraverso i quali si cerca di costruire, a
una o più date future, il conto economico e lo stato patrimoniale e, quindi, i redditi
previsti ed i fabbisogni finanziari futuri.
2 - la “Componente comportamentale” basata su dati storici relativi al rapporto
Banca-Impresa. Per cui riguarderanno:
il rapporto con la banca e il sistema bancario (le movimentazioni del conto
corrente, i beneficiari degli assegni emessi, i traenti degli assegni accreditati, le
firme, la natura e la regolarità, le scadenze originarie, i rinnovi e i richiami del
portafoglio cambiario, le eventuali segnalazioni della Centrale dei Rischi sulla
posizione globale di rischio).
3 - la “Componente qualitativa” basata sulla raccolta di informazioni di tipo
qualitativo sull’impresa; riguardanti, da un lato, la struttura e l’andamento del
settore in cui opera l’impresa e, dall’altro, le caratteristiche generali e le politiche di
gestione dell’impresa stessa con particolare riferimento all’andamento dei rapporti
con il sistema bancario, nonché la fondatezza dei suoi programmi futuri. Per cui
riguarderanno:
- la situazione generale del settore in rapporto allo stato della congiuntura
economica;
- la struttura del settore (tipologia dei prodotti, tecnologia e sistemi di produzione,
capacità produttiva installata e utilizzata, i volumi e i costi di produzione, il numero
e le dimensioni delle imprese, il grado di concentrazione, il fatturato e le quote di
mercato, i prezzi di vendita, i canali di distribuzione, le politiche di marketing e le
previsioni sull’andamento del settore);
- le caratteristiche generali e le politiche di gestione dell’impresa (la struttura
organizzativa e la capacità dei dirigenti, le politiche di produzione, di
approvvigionamento e la gestione delle scorte, le politiche di vendita, la posizione
dell’impresa nei confronti della concorrenza, la valutazione della fondatezza dei
futuri programmi e le previsioni sull’andamento delle principali quantità
economiche aziendali).
Le principali trasformazioni che l’adozione da parte delle banche del sistema di
rating comporterà nel modo di fare impresa, riguarderanno la funzione finanziaria e
la comunicazione. Il rating quindi si può definire come il risultato di un articolato
processo di analisi delle tre componenti sopra esposte, per cui l’imprenditore sarà
chiamato a fornire maggiori informazioni sulla propria condizione operativa,
economica e finanziaria. Peseranno pertanto i risultati ottenuti, le scelte strategiche
attuate, l’attendibilità dei dati di bilancio, la frequenza e la precisione delle
informazioni finanziarie ed economiche a consuntivo e la capacità di elaborare
informazioni finanziarie ed economiche a preventivo. La comunicazione passerà
sempre più attraverso informazioni di natura contabile ed extracontabile. Cambierà
il rapporto banca-impresa, che rappresenterà un’opportunità per introdurre dei
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305
cambiamenti organizzativi, sul piano interno e ridisegnerà le reciproche modalità
di relazione, su quello esterno.
Ma quali sono le misure che le PMI dovrebbero adottare in funzione della
valutazione di rating da parte delle banche (processo peraltro in corso e in fase di
test):
1 - aumentare la capitalizzazione,
potenziando la gestione strategica e finanziaria. Qualsiasi sistema di rating, infatti,
prende in esame i dati di bilancio, i mezzi propri utilizzati dall’impresa e il livello di
indebitamento. Un buon livello di capitalizzazione, quindi, è la prima condizione da
soddisfare per aspirare a un buon giudizio di rating. Per capitalizzazione s’intende
il progressivo incremento del patrimonio netto aziendale (o gestione del capitale
proprio o mezzi propri) rispetto al totale delle attività/passività, mediante il
rafforzamento del capitale sociale, delle riserve di utili, delle riserve di capitale e di
rivalutazione.Il patrimonio di un’impresa nasce con l’apporto del capitale sociale,
ma dovrebbe poi crescere attraverso l’accumulo degli utili aziendali non distribuiti.
Se ciò non dovesse accadere, non è dovuto sempre all’incapacità dell’imprenditore
di generare redditi, quanto piuttosto alla sottostima dei componenti positivi del
reddito stessoxvii.Anche se il processo
di capitalizzazione in Basilea 2
sostanzialmente riguarda le banche, queste richiederanno, di conseguenza, alle
imprese di migliorare il rapporto tra debito e patrimonio. Con la “riforma del diritto
societario” il legislatore italiano ha voluto dare una risposta all’esigenza di
patrimonializzazione delle Pmi italiane, introducendo delle novità in materia di
conferimenti e di finanziamenti socixviii volte a favorire questa esigenza. Il
rafforzamento della struttura finanziaria, invece, consente all’impresa di utilizzare
correttamente le fonti finanziarie rispetto ai fabbisogni finanziari (cioè finanziare gli
investimenti con prestiti a m/l termine) e ottenere una gestione economica
equilibrataxix, cioè la capacità di remunerare adeguatamente le fonti di
finanziamentoxx.
2 - migliorare l’organizzazione interna,
migliorando, per esempio, il sistema di controllo interno che può garantire una
migliore affidabilità dei dati trasmessi all’esterno;
3 - valorizzare le potenzialità positive dell’impresa, come ad esempio, la qualità,
il design, elementi che l’impresa deve trasmettere al suo principale referente, la
banca appunto.
4 - imparare a comunicare in modo continuo, efficiente e professionale con il
sistema finanziario.
b) La funzione finanziaria e la comunicazione
Le PMI italiane sono caratterizzate da un assetto proprietario a forte valenza
familiare, con riflessi non secondari sul piano del governo dell’impresa. Per quanto
riguarda in particolare la finanza d’impresa, le PMI evidenziano spesso delle
carenze nella funzione finanziaria, funzione che non viene percepita
dall’imprenditore come strategica, al pari di altre funzioni, come per esempio la
funzione produzione o la funzione commerciale. Sul piano operativo, l’assenza di
un direttore finanziario distinto dal direttore amministrativo, si potrebbe riflettere in
una sostanziale scarsità di strumenti di previsione e di pianificazione, sia di breve
che di medio- lungo termine, e nella mancanza di adeguate metodologie di analisi
e valutazioni a supporto delle decisioni di investimento e finanziamento.
L’adozione da parte delle banche di sistemi trasparenti fondati su una base
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
306
oggettiva di analisi, capaci di discriminare tra debitori di migliore qualità e debitori
con una solvibilità peggiore, dovrebbe indurre le PMI a prestare maggiore
attenzione alla funzione finanza, spingendole di fatto a una più attenta auto-analisi
e ad attuare una pianificazione strategica e finanziaria. Le PMI in pratica, si
dovrebbero rendere conto che hanno la possibilità di affrontare la prova dei rating
in modo pro-attivo e non di subirlo passivamente, che hanno, anzi, la possibilità di
far leva su questo per accedere al credito a condizioni più favorevoli. Serve la
consapevolezza che fare impresa non significa soltanto attuare processi produttivi,
ma che bisogna anche saperli organizzare in maniera efficiente, valutando in via
preventiva i fabbisogni finanziari che essi generano, individuando le opportune
fonti di finanziamento da utilizzare, garantendo nel contempo una congrua
remunerazione per i conferenti capitali. Sul piano interno, le PMI dovrebbero
provvedere al rafforzamento della funzione strategica e finanziaria attraverso
l’implementazione di un sistema informativo aziendale in grado di gestire in modo
efficace le informazioni economico-finanziarie che si producono in azienda nelle
diverse aree funzionali. La cultura del rating avvantaggerà di fatto quelle imprese
che sapranno individuare, analizzare e valutare i propri fattori di rischio,
riscontrabili nel settore di appartenenza e nell’ambiente competitivo di riferimento,
e a determinare i propri punti di forza e le opportunità da far valere o cogliere,
nonché i punti di debolezza e le minacce da affrontare. È pertanto indispensabile
introdurre in azienda l’uso di modelli di pianificazione sia di breve che di lungo
termine, basati sull’attività di business planning e di simulazione.
A livello finanziario, invece, è opportuno integrare un’attività di budgeting di breve
periodo alla formulazione di piani previsionali a medio termine e a un sistema di
reporting efficace. La pianificazione nel tempo della struttura finanziaria non può,
tuttavia, prescindere dallo scenario di mercato e dalle strategie competitive che si
intendono adottare. Per quanto riguarda la comunicazione, il sistema di regole
delineato dal primo pilastro del Nuovo Accordo evidenzia l’importanza, sul piano
relazionale, di una comunicazione di qualità tra le banche e le PMI.
Quest’ultime saranno chiamate a cambiare il loro approccio culturale e strutturale
nei confronti delle banche e a fornire loro informazioni attendibili in modo continuo,
veloce e comprensibile, pena una maggiore percezione del rischio da parte delle
banche e, di conseguenza, maggiore difficoltà di accesso al credito. La
certificazione del bilancio potrebbe costituire un valido supporto per una crescita
qualitativa globale dell’impresa, favorendo allo stesso tempo un rapporto bancaimpresa più trasparente e fiduciario e un rating migliore all’impresa. Le PMI
dovranno dimostrare al sistema finanziario la validità dei propri progetti,
abbandonando, innanzitutto, le attuali politiche di bilancio tradizionalmente volte a
minimizzare l’imposizione fiscale, causa spesso di scarsa trasparenza dei bilanci
attuali. In secondo luogo, l’Accordo intende spingere le imprese a ridurre il ricorso
esclusivo al capitale di terzi (indice di sottocapitalizzazione dell’impresa),
finalizzato spesso a coprire i fabbisogni dell’impresa e i prelevamenti dei soci,
qualora i margini generati dalla gestione non siano adeguati a remunerare e a
rimborsare il capitale di terzi. Siccome Basilea 2 impone alle banche la copertura
del rischio attraverso mezzi propri, è evidente che le banche, a loro volta,
chiederanno alle imprese una maggior presenza di capitale proprio (capitale di
rischio) e minore indebitamento finanziario. L’efficienza delle scelte relative alla
struttura patrimoniale e finanziaria, nonché la valutazione della capacità di crescita,
diventano presupposti fondamentali per l’equilibrata gestione dell’impresa.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
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10.8 – LE NUOVE FORME DI FINANZIAMENTO ALLE PMI
1. Le opportunità offerte dalla riforma del diritto societario
Le PMI italiane, come si sa, sono prevalentemente orientate a un finanziamento di
tipo bancario, che, sebbene abbia svolto un ruolo primario nella crescita
economica delle imprese, non sempre è stato utilizzato in modo equilibrato e
corretto. Spesso, infatti, prestiti a breve termine sono stati utilizzati per finanziare
investimenti di lungo termine, irrigidendo la struttura del passivo di molte imprese.
L’esigenza di una struttura patrimoniale equilibrata è fondamentale per consentire
alle PMI di crescere, competere e per affrontare Basilea 2 e i criteri di valutazione
basati sul rating, che come visto sopra, è legato al grado di solvibilità dell’impresa
e al suo livello di capitalizzazione e indebitamento. Per promuovere lo sviluppo
della finanza d’impresa diventa quindi necessario, innanzitutto, sviluppare una
consapevolezza sulle possibilità di finanziamento alternative. Con la riforma del
diritto societario, la riforma fiscale e l’adozione dei nuovi principi contabili
internazionali (IAS), sono stati introdotti nuovi strumenti volti a favorire la
patrimonializzazione delle imprese. In merito al diritto societario sono stati
apportati cambiamenti nei confronti:
dei conferimenti
dei finanziamenti soci
La nuova disciplina dei conferimenti ha esteso il concetto di conferibilità a
qualsivoglia bene che può essere oggetto di una valutazione economica,
comprendendo, per esempio,anche le prestazioni d’opera dei soci, i marchi e i
brevetti, purché accompagnato da una relazione giurata di un esperto o di una
società di revisori contabili o da una società di revisione iscritta nell’apposito
registro alboxxi.
Nella nuova disciplina dei finanziamenti soci, il decreto pone l’accento sul
concetto di postergazione dei finanziamenti, obbligando l’impresa a formalizzare
la rinuncia di rimborso di quei finanziamenti soci diventati con il tempo mezzi propri
dell’impresa. In pratica, il principio implica che in caso di rimborso dei finanziamenti
soci antecedente allo stato di crisi dell’impresa, il rimborso possa essere
“richiamato”.Anche in ambito fiscale sono state introdotte norme volte a
contrastare il fenomeno della sottocapitalizzazione (thin capitalization): la
limitazione della deducibilità degli interessi passivi derivanti da indebitamenti
fiscalmente “anomali” contratti dalle imprese con i propri soci o con parti correlate
con i soci stessi. Qualora si verifichi un rapporto fra debiti e patrimonio netto
superiore a quello consentito, l’imprenditore deve poter dimostrare che i
finanziamenti eccedenti derivano dalla capacità di credito dell’impresa e non da
quella del socio. Nel caso non potesse fornire tale prova, ai fini fiscali gli oneri
finanziari, riferiti a tale finanziamento, saranno indeducibili.
La terza innovazione riguarda invece l’applicazione dei principi contabili
internazionali (IAS – International Accounting Standards) che hanno effetto sulla
patrinonializzazione e che riguardano:
il leasing finanziario,
•
gli ammortamenti anticipati
•
le rimanenze di magazzino.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
308
Secondo il metodo finanziario previsto dallo IAS 17 il bene oggetto del contratto di
locazione finanziaria non viene più iscritto tra le attività del concedente, bensì tra
quelle dell'utilizzatore il quale a fronte di ciò iscrive un debito per l'operazione. Ne
deriva che l'utilizzatore imputerà a conto economico le quote di ammortamento del
bene e gli interessi passivi che costituiscono la componente finanziaria dei canoni
di leasing. Per quanto riguarda la riforma degli ammortamenti anticipati, il principio
contabile internazionale prevede che le opportunità e i vantaggi tributari siano
gestiti in sede di redazione della dichiarazione dei redditi. Ne consegue che gli
ammortamenti anticipati o eccedenti la quota civilisticamente corretta non possono
più essere iscritti nel conto economico, ma sono deducibili se indicati nell’apposito
prospetto incluso nel modello unico. Infine, la valutazione delle rimanenze di
magazzino, secondo la riforma IAS, prevede l’obbligo di valutazione delle
rimanenze al minore tra il costo e il valore netto di realizzo. Le metodologie di
valutazione del costo considerate valide sono:
- costi standard o dei prezzi al dettaglio,
- costi specifici,
- FIFO o costo medio ponderato
escludendo di fatto il metodo LIFO adottato finora in prevalenza da molte imprese
italiane e prevedendo un incremento dei valori che concorreranno a formare il
reddito in quote costanti nell'esercizio in cui sono iscritti e nei quattro successivi.
b) I Covenants
Tra i nuovi strumenti che assistono le operazione di finanziamento a medio/lungo
termine rientra il “”Covenant””.
Il covenant è una speciale pattuizione contrattuale a tutela del credito del
finanziatore che evita il ricorso a forme di garanzia reale in cambio di clausole
contrattuali inserite nei contratti, stipulati di norma per affidamenti a medio/lungo
termine e concessi a scopo produttivo e commercial. Tali clausole tendono a
fissare dei “paletti” (rapporto indebitamento/patrimonio; ebidta etc) che mirano a far
si che l’impresa finanziata, nell’ambito della gestione corrente e per il periodo in cui
è in essere il finanziamento, non compia atti che potrebbero pregiudicare
l’interesse del finanziatore, o comunque alterare il profilo di rischio rispetto
all’assunzione della delibera d’affidamento. Il punto centrale dell’assunzione del
credito sta nell’affidabilità e capacità creditizia dell’azienda, da cui discende che la
banca finanziatrice nel caso di mancato rispetto dei covenants potrà rinegoziare o
revocare il credito in quanto l’azienda, in sostanza, si era assunta un obbligo di
fare (affermative covenants) o un impegno di non fare (negative covenants). Le
clausole, che vengono rinegoziate secondo necessità, sono riferite al bilancio
dell’impresa affidata, analizzando la serie storica delle principali grandezze
economiche-finanziarie e fissando dei punti fermi, affinché la struttura patrimoniale
e quella finanziaria siano sempre compatibili con il nuovo volume di debiti assunti.
c) Gli strumenti offerti dal mercato finanziario
Con la legge n. 43 del 13 gennaio 1994, vengono introdotte anche in Italia le
cambiali finanziarie, strumento di finanziamento di breve termine, alternativo al
finanziamento bancario e particolarmente efficaci per la le PMI con esigenza di
copertura di un fabbisogno stagionale o momentaneo.
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309
Le cambiali finanziarie sono titoli di credito all’ordine, emessi in serie, con
scadenza non inferiore ad un mese e non superiore a diciotto mesi dalla data di
emissione e di taglio non inferiore a 10.000 euro.
Sono considerate a tutti gli effetti dei valori mobiliari, equiparate giuridicamente alla
cambiale ordinaria, tramite le quali, le imprese che le emettono, possono usufruire
della raccolta del risparmio presso il pubblico, a costi più contenuti. Come cambiali
devono contenere la promessa incondizionata di pagare una certa somma e le
informazioni sulle caratteristiche del prestito. In più devono essere indicati il
capitale sociale dell'impresa emittente, l'ammontare complessivo dell'emissione di
cui la cambiale fa parte e, in caso di emissione da parte di società non quotate, il
nome del garante e l'importo della garanzia. Sono girabili esclusivamente con la
clausola «senza garanzia» o equivalenti. La remunerazione di un investimento in
cambiali finanziarie è data dalla differenza tra valore nominale di rimborso e valore
di acquisto. Possono essere emesse da società ed enti con titoli quotati in un
mercato regolamentato, come pure da società non quotate, tra cui rientrano le
PMI. Nel caso di quest’ultime, l’ammontare dell’emissione non dover superare il
limite del capitale più le riserve, i bilanci degli ultimi tre esercizi devono essere in
utile e il 50% dell’ammontare delle cambiali emesse deve essere coperto da
garanzia bancaria o assicurativa. La rimozione di tali vincoli è prevista nel caso in
cui l’impresa emittente sia dotata di rating o abbia i bilanci degli ultimi tre esercizi in
utile e certificati da un revisore contabile o da una società di revisione iscritta al
registro dei revisori contabili; in tale caso i titoli devono essere assistiti da garanzie
in misura non inferiore al 25 per cento del loro valore di sottoscrizione rilasciate da
soggetti vigilatixxii.
Tra gli strumenti di finanziamento di lungo periodo rientrano invece:
1. i prestiti obbligazionari,
strumento con cui un’impresa contrae un debito a lunga scadenza con una
pluralità di soggetti, per una somma non eccedente il doppio del capitale sociale,
della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio
approvato. Costituisce una valida alternativa al finanziamento bancario tradizionale
per quelle imprese aventi una riconosciuta solidità economico - finanziaria, un
valido posizionamento di mercato e una riconosciuta affidabilità tali da attrarre la
fiducia dei risparmiatori. Gli amministratori hanno il potere di emettere obbligazioni,
prestabilendo con una certa flessibilità la durata, i costi e tutte le altre condizioni
del prestito, in relazione alla capacità dell’impresa di sopportare il peso degli
interessi. È inoltre possibile l’emissione di prestiti obbligazionari convertibili che
attribuiscano al sottoscrittore la facoltà di rimanere creditore della società o di
convertire, in tempi e modi prestabiliti, l’obbligazione in azione.
2– I prestiti partecipativi
sono una forma particolare di finanziamento a medio/lungo termine, che
rappresentano una diretta partecipazione al capitale di rischio dell'impresa da
parte della banca finanziatrice in quanto il rendimento dipende dal risultato
economico dell'azienda. Il tasso di interesse è variabile in funzione della redditività
aziendale. In questo modo gli oneri finanziari gravano sull’impresa in misura
diversa, a seconda dell’andamento aziendale. In pratica l'istituto di credito accetta
di essere remunerato in parte mediante gli utili di esercizio dell'impresa finanziata.
Sono, quindi, una sorta di ricapitalizzazione indiretta, che consentono all'impresa
di indebitarsi anche per importi rilevanti, per realizzare programmi di sviluppo,
ammodernamento, innovazione o ristrutturazione, che ne migliorino sensibilmente i
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
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risultati economici e ne accrescano il valore. All’impresa spettano gli oneri
finanziari, mentre l’obbligo di rimborso del capitale spetta ai soci.
Tali prestiti sono uno strumento che si rileva particolarmente adatto a soddisfare le
esigenze delle piccole e medie imprese che vogliono diversificare le fonti di
finanziamento senza perdere la propria autonomia di gestione con l'ingresso di
nuovi soci.
3. – Private Equity e Venture Capital.
Il Venture Capital, attraverso l’early stage financing, rappresenta la forma tecnica
di investimento maggiormente impiegata a livello internazionale, per garantire la
nascita di imprese ad alta tecnologia. Le Private Equity, invece, sono gli
investimenti nel capitale di rischio realizzati nelle fasi di vita aziendale successive
all'iniziale.
Entrambi gli strumenti sono finalizzati a piani di sviluppo, acquisizioni, nuovi
prodotti, nuove tecnologiexxiii, rafforzamento della struttura finanziaria oppure per
risolvere problemi connessi con la proprietà dell'impresa, fra i quali il passaggio
generazionale. Normalmente il nuovo socio, oltre all’apporto di capitale, aggiunge
anche il know how manageriale, prezioso per la definizione della strategia di
sviluppo dell'azienda. La partecipazione di un soggetto qualificato e specializzato,
qual è il private equity investor, contribuisce a professionalizzare la gestione
dell'azienda, a migliorarne l'immagine e a distinguere gli interessi personali
dell'imprenditore da quelli dell'impresa. Trattasi di strumenti ad elevati livelli di
rischio legati alla ricerca di opportunità di rendimenti più alti.
4. – Cartolarizzazione dei crediti
La Cartolarizzazione dei crediti (Securitization) è una tecnica finanziaria attraverso
la quale i flussi di cassa derivanti dal portafoglio di attività (asset) di un’impresa
(originator) vengono ceduti ad un soggetto specializzato, la società cessionaria
(Special Purpose Vehicle – S.P.V.), che si occupa di presentarli sul mercato sotto
forma di titoli (Asset Backed Securities)xxiv aventi caratteristiche di
rendimento/rischio coerenti con le condizioni prevalenti del mercato stesso e
quindi collocabili presso gli investitori. Si spostano, pertanto, i flussi finanziari dal
mercato del credito al mercato dei capitali.
Il processo di cartolarizzazione può avvenire in due modi:
1. - attraverso l’emissione delle quote di partecipazione in fondi comuni
specializzati, forma utilizzata principalmente in Francia (i c.d. Fonds communs de
créances)xxv e in Spagna (Fondos de Titulizacion Hipotecaria);
2. – attraverso la modalità pay-through, in base al quale gli asset vengono ceduti
all’ S.P.V., il quale emette in contropartita titoli sul mercato obbligazionario.
Tale possibilità per le PMI è di scarsa potenziale applicazione in primo luogo per i
costi connessi all’operatività dello strumento e per il piccolo taglio dei crediti in
portafoglio.
In conclusione si può dire che l’avvento di Basilea 2, superata la fase iniziale, potrà
apportare un miglioramento nel rapporto Banca Impresa a condizione che le
Imprese percepiscano in tempo la diversa impostazione che sarà adottata nella
concessione del credito.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
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NOTE ESPLICATIVE SU ALCUNI TERMINI
i
Altrimenti definita “riserva”, è il capitale di supporto per le diverse tipologie di rischio che
la banca affronta esercitando le proprie funzioni (rischio di mercato, di credito e operativo).
Per mantenere l’equilibrio, il patrimonio di vigilanza deve essere proporzionale alla somma
dei rischi e quindi aumentare in proporzione al crescere di quest’ultima.
ii
Confidi: organismi aventi struttura cooperativa e consortile, che esercitano in forma
mutualistica l’attività di garanzia collettiva dei finanziamenti in favore di imprese socie o
consorziate. Fonte: www.confapi.org
iii
Tra le Garanzie Reali rientrano: deposito di contanti presso la banca creditrice; titoli di
Stato con rating minimi BB-; titoli di banche e altri soggetti con rating BBB-; titoli di banche
senza rating, ma con stringenti condizioni di ammissibilità (quotati in mercati ufficiali, debiti
senior, ecc..); azioni quotate in mercati ufficiali.
iv
Cioè la perdita definitiva del credito rispetto all’ammontare erogato
v
Tra le Garanzie Personali rientrano: governi e banche centrali; enti del settore pubblico;
banche e Sim; altri soggetti con rating non inferiore ad A- (o probabilità di insolvenza
equivalente).
vi
Cioè la probabilità che un soggetto diventi insolvente. L’insolvenza della controparte
viene riconosciuta a livello internazionale come un mancato pagamento superiore ai 90
giorni oltre la scadenza dell’obbligazione oppure quando la banca giudica improbabile,
senza il ricorso ad azioni quali l’escussione di eventuali garanzie, che l’obbligato adempia
in toto alle sue obbligazioni creditizie verso il gruppo bancario In Italia, la Banca Centrale
ha utilizzato il proprio potere discrezionale elevando il limite, per un periodo transitorio di
cinque anni, a 180 giorni. (Fonte: Banca dei Regolamenti Internazionale).
vii
Requisiti minimi: copertura irrevocabile(la garanzia non può essere revocata
unilateralmente dal garante), diretta (possibilità di escussine del garante a “prima
richiesta” e non sussidiarie), copertura esplicita (riferita ad una specifica esposizione e non
alla perdita), , copertura incondizionata (garante è comunque obbligato a garantire),
completa (copre la totalità dell’esposizione del garantito).
viii
Requisiti operativi: escussione diretta del garante(in caso di insolvenza il finanziatore
può rivalersi immediatamente sul garante), copertura in base all’esposizione, valore legale
(la garanzia deve essere giuridicamente accettata negli ordinamenti interessati)
ix
Requisiti soggettivi (soggetti ammissibili a subentrare al garantito): Stato, ente pubblico,
banca/intermediario finanziario con Pd inferiore al debitore, imprese con rating > o = ad A
nel caso di Appoccio Standard o con Pd equivalente nel caso di Approccio IRA foundation.
I Confidi, pertanto, essendo strutture mutualistiche, non rientrano tra le tipologie di garanti
riconosciuti.
x
Componenti del rischio di credito: la probabilità di insolvenza della controparte
(Probability of default-Pd), la perdita subita in caso di insolvenza (Loss given default-Lgd),
l’esposizione economica al momento del default (Exposure at default-Ead), la scadenza
residua dell’esposizione (maturity-M), mitigazine del rischio (Guaranty-G). Fonte: Banca
dei Regolamenti Internazionali (22 giugno 2004).
xi
Le imprese consorziate o socie sono quelle imprese industriali, commerciali, turistiche e
di servizi, agricole e artigiane, che soddisfano i requisiti della disciplina comunitaria in
materia di aiuti di stato a favore delle piccole e medie imprese determinati dai relativi
decreti del Ministro delle attività produttive e del Ministro delle politiche agricole e forestali.
xii
Fondo consortile o capitale di un Confidi non può essere inferiore a 100.000 euro; la
quota di partecipazione di ciascuna impresa non può essere superiore al 20% del fondo
consortile o del capitale sociale, né inferiore a 250 euro; il patrimonio netto dei Confidi,
comprensivo dei fondi rischi indispensabili, non può essere inferiore a 250 mila euro.
FINANZA E IMPRESA –materiale preparato dal docente prof. Bruno Pirozzi
312
xiii
Per “sistema di rating” si intende l’insieme di metodi, procedimenti, controlli, dati e
sistemi informativi che fungono da supporto alla valutazione del rischio di credito,
all’attribuzione dei gradi interni di merito e alla stima quantitativa delle inadempienze e
delle perdite (definizione tratta da: Banca dei Regolamenti Internazionale).
xiv Standard & Poor’s, Moody’s, Fitch IBCA, agenzie per il credito all’esportazione o da
altre istituzioni qualificate).
xv Devono garantire che i sistemi e processi interni forniscano una attendibile valutazione
del debitore e delle caratteristiche della transazione; una significativa differenziazione del
rischio; ed una stima quantitativa del rischio stesso ragionevolmente accurata e coerente.
Inoltre tali sistemi e processi devono consentire un effettivo ed efficace utilizzo interno
delle stime ottenute.
xvi
Il Comitato di Basilea ha predisposto specifiche formule di ponderazione in relazione
alle seguenti categorie: banche, mutuatari sovrani, imprese, retail e partecipazioni
azionarie.
xvii
Se l’impresa ha strutturato in modo opportuno l’indebitamento, questo deve essere
coperto dal margine operativo lordo (MOL), il quale deve essere in grado di coprire la
quota di capitale e la quota di interessi dei finanziamenti.
xviii
Si intendono quelli che sono stati concessi in un momento in cui risulta un eccessivo
squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione
finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.
xix
In percentuale, il rendimento degli investimenti ROI (Return on Investment) deve esser
> o = alle remunerazioni attese dalle fonti di finanziamento (costo medio ponderato del
capitale o WACC – Weighted Avarage Cost of Capital). Il WACC è dato dalla media
ponderata tra la remunerazione attese dal capitale di terzi (i% atteso) e le remunerazioni
attese dal capitale proprio (ROE atteso). Tanto maggiore è il costo sulle fonti e tanto più
elevata dovrà essere la redditività aziendale per garantire l’equilibrio economico. (Fonte: Il
Sole 24 ore)
xx
Le fonti di finanziamento che l’imprenditore dovrebbe usare per coprire il fabbisogno di
capitale fisso, sono le cosiddette fonti durevoli, ossia il capitale proprio e il capitale di terzi
a m/l termine, che fa da temporaneo sostituto del capitale proprio, dato che con la
progressiva accumulazione dei mezzi propri tramite utili si ottengono le risorse per far
fronte al piano di rimborso del finanziamento.
xxi
art. 2464-2465 c.c.
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