diagnostica per immagini e radioterapia 8/10/07 8 - Digilander

DIAGNOSTICA PER IMMAGINI E RADIOTERAPIA
proff. vari 8/10/07
8.30;10.30
Questa sbobinatura è inutile, quindi, a meno che non siate Giuseppe Sabino, che può permettersi di
perdere tempo, non leggetela.
PRESENTAZIONE DEL CORSO
Prof. Marano: saluto rapido agli studenti e ai suoi colleghi. E’ riuscito ad esprimere solo il 50%
delle parole che voleva dire perché l’altra metà se l’è mangiata;
Prof. Bonomo:
In passato, e spesso ancora oggi, si parlava di Radiologia. Il corso si chiama Diagnostica per
immagini (Dpi) e Radioterapia perché dagli anni 60-70 ad oggi è cambiato tantissimo. La Medicina
è nata con l’uomo, la Radiologia è nata nel novembre 1895, quando un fisico tedesco di nome
Rengen ha scoperto dei raggi in grado di attraversare la materia del corpo umano e produrre delle
immagini del suo interno. Fu la signora Rengen che prestò la sua mano al marito perché potesse
farci su i suoi esperimenti . Col passare degli anni, accanto a questa forma di energia, i Raggi x, se
ne sono aggiunte altre: pensate all’energia meccanica degli ultrasuoni, ai campi magnetici per la
risonanza magnetica, all’energia termica per la termografia. Sono tutte forme di energia che
possono produrre immagini. Si è passato, quindi, dalla sola Radiologia alla Dpi, che è un grande
contenitore al cui interno ci sono diverse modalità, che impiegano forme di energia differenti, che
integrandosi sono in grado di dare immagini del corpo umano. Accanto a essa, nella denominazione
del corso, è stata posta quella di “Radioterapia”, una costola che si è separata dal corpo iniziale
della radiologia, che non ha una finalità diagnostica ma terapeutica.
Fino al 5/11 ci sarà una trattazione generale; a essa seguirà la parte specialistica in cui le tre anime,
Radiologia, Medicina Nucleare e Radioterapia, si combineranno nell’ambito delle varie patologie:
toracica, gastrointestinale, urogenitale, endocrina, cardiovascolare, etc. Di radioterapia vi
presenteremo gli aspetti generali.
L’acronimo PEI, che trovate nel programma, sta per: processo di estrazione delle immagini, quindi
c’è un PEI in radiologia tradizionale, un PEI in TAC, un PEI in ecografia.
Nelle esercitazioni partiremo da un problema clinico e seguiremo l’iter diagnostico: sarete dei
piccoli radiologi per un giorno (io non commento, ndr).
OBIETTIVI DIDATTICI ESSENZIALI DEL CORSO DI DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
1. Formulare correttamente la richiesta di procedure di Diagnostica per Immagini: il
pz viene da voi perché ha una data sintomatologia e il vostro scopo è quello di
raccogliere una precisa anamnesi, di effettuare un esame clinico e di effettuare delle
ipotesi diagnostiche. Es: se viene un pz con un episodio di emottisi, già il sintomo vi
orienta verso una patologia otorinolaringoiatrica o polmonare. Passate quindi all’EO del
torace, dopodichè ipotizzate una serie di diagnosi che hanno bisogno di una conferma e
perciò vi avvalete di strumenti, che possono essere esami di laboratorio o di diagnostica
strumentale, al cui interno la parte più importante è occupata dalla diagnostica per
immagini. Quindi l’esame diagnostico indicato quale potrebbe essere? Risponde Chiara
con fervore: radiografia del toraceeee! Il nostro scopo è questo, che voi alla fine del
corso sappiate fare una formulazione corretta di richiesta di procedura di Diagnostica per
immagini e sapere come queste si formano.
Piccola digressione: Perché le lastre si chiamano lastre? Poiché le prime immagini
radiologiche non potevano essere ottenute su materiale plastico (che non esisteva), le
immagini venivano riprodotte su lastre di vetro. Oggi nell’attività quotidiana si impiegano le
pellicole ma i supporti su cui viaggiano le informazioni di dpi sono in continua evoluzione.
1
In futuro molte delle informazioni radiologiche saranno trasmesse a livello informatico
senza l’ausilio “plastico-cartaceo”.
2. Utilizzare adeguatamente le informazioni prodotte dal radiologo: il referto (dal
latino refero, che vuol dire relazione) è la relazione che il medico radiologo produce
circa l’esame strumentale effettuato. Alla fine del corso vorremmo che voi foste in grado
di utilizzare adeguatamente le informazioni che il radiologo produce circa l’indagine e
inserirla nel contesto della vostra valutazione clinica e delle informazioni provenienti da
altre indagini di diagnostica strumentale e laboratoristica. Tornando al pz con l’emottisi,
è probabile che a livello laboratoristico troviate un aumento della VES; questa può
essere una spia che vi orienti verso un determinata patologia, così come un aumento dei
globuli bianchi. Quindi la relazione che accompagna l’indagine strumentale dev’essere
adeguatamente inquadrata nell’ambito della situazione clinica del paziente.
Per poter fare quanto detto sopra, sono necessarie delle conoscenze preliminari. Una di queste è
l’anatomia di base. I colleghi del corso di Anatomia utilizzano delle immagini con le quali voi
potete familiarizzare con la visione radiografica dei vari organi e apparati. Su quelle conoscenze
noi torneremo illustrandovi come quell’anatomia può essere visualizzata con varie indagini e
come le diverse componenti anatomiche siano visibili. Oltre all’anatomia di base è necessaria la
conoscenza dell’anatomia radiologica, l’anatomia in DpI: tornando all’esempio del torace, voi
dovete conoscere come appare il torace studiandolo in Rx, in TAC e in RM. Soltanto così,
sapendo ciò che l’esame riesce a visualizzare, voi potrete sapere se un dato esame può aiutarvi a
risolvere un particolare problema clinico.
Seguono le slides di quanto ha già detto prima. Le riporto per scrupolo ma ripete le stesse cose con
qualche aggiunta.
CORRETTA INDICAZIONE ALLE PROCEDURE DIAGNOSTICHE
 ANAMNESI, ESAME CLINICO E 1° ORIENTAMENTO DIAGNOSTICO
Quando è indicato un esame radiologico per un dato problema? Facciamo un esempio: una donna
che per caso si accorge di avere una “massa” in prossimità della mammella (il/la pz non dirà mai la
parola “nodulo”).
La corretta indicazione alle procedure diagnostiche deve partire dalla raccolta anamnestica, quindi
si chiede in che fase del ciclo mestruale si trova, se ha avuto dei traumi, delle infezioni, se lo aveva
già notato altre volte…; si passa poi all’esame clinico: si procede con l’ispezione in piedi, si
osservano le mammelle i capezzoli, si valuta la simmetria, si ricercano eventuali tumefazioni,
alterazioni dell’aspetto; la palpazione: dimensioni, mobilità del nodulo. Dopodichè si avanza
un’ipotesi diagnostica: nel caso specifico bisogna escludere che si tratti di un cancro della
mammella. Importante è valutare anche l’età della paziente, perché a seconda dell’età ci sono delle
indagini più indicate e meno indicate. Questo perchè la struttura istologica della mammella cambia
a seconda dell’età, in un soggetto di giovane età la componente più espressa è quella ghiandolare, in
una signora di età avanzata il tessuto subisce un’involuzione fibroadiposa. Da qui ci rifacciamo al
concetto che la conoscenza dell’anatomia e dell’anatomia in DpI è fondamentale. Concludendo, è
più indicato chiedere un esame mammografico se si tratta di una donna matura, altrimenti se la pz è
giovane, bisogna richiedere un esame ecografico.

CORRETTA VALUTAZIONE DELLE CONDIZIONI DI URGENZA ED EMERGENZA
2

CONOSCENZA DELLE INDAGINI RICHIESTE
- MODALITA’ DI ESECUZIONE: dovete sapere sommariamente come si esegue un
esame, conoscenze generali, senza andare troppo nello specifico fino ai valori di
esposizione perché sono conoscenze troppo specialistiche…è il pz stesso a chiedervi
come si svolge l’esame (“dottore, dottore, ma come si svolge l’esame? M’infilano un
tubo in bocca, un ago nella mano, un dito nell’occhio, che altro? ”);
- POTENZIALITA’ DIAGNOSTICHE: (si riveda anche l’esempio della mammella e
del dilemma ecografia-mammografia). Se viene un pz in PS di cui si sospetta una
patologia acuta cerebrale e bisogna decidere tra Rx, TAC e RM, l’indicazione è in
base alle potenzialità diagnostiche in rapporto al problema clinico specifico
(maddaiiiii???...non aggiunge altro);
- EFFETTI COLLATERALI E RISCHI: non esiste esame diagnostico che sia innocuo
al 100% , ci possono essere degli effetti collaterali o addirittura dei rischi legati a
determinate procedure. Il medico che propone un’indagine radiologica dev’esserne a
conoscenza, sia per sapere se quel pz è più facilmente a rischio, sia per spiegarlo al
pz (è il pz di prima, che chiede: “dottò, ma mi fa male?”). Sentirete parlare dei mezzi
di contrasto, che come tutti i farmaci possono avere degli effetti collaterali; questi
effetti molte volte li hanno particolari categorie di pazienti. Si pensi anche alla
radioterapia, agli effetti collaterali che può avere su un pz, o agli esami di medicina
nucleare su bambini, donne in età fertile... Tutto ciò apre un capitolo vastissimo,
ovvero le problematiche legate all’indicazione di una procedura diagnostica e/o
terapeutica, e la protezione dei pz nei confronti delle radiazioni;
- DISPONIBILITA’ E COSTI: alcune strumentazioni non sono presenti dappertutto.
A seconda della disponibilità il medico dev’essere bravo ad adattarsi con ciò che
trova (cioè se un pz ha bisogno di una PET e il medico ha solo l’apparecchio per Rx,
gli fa l’Rx…e io che credevo che un bravo medico sapesse anche materializzare un
apparecchio per eseguire la PET). Inoltre, bisogna rendersi conto delle spese:
nell’inquadrare ciò che è meglio per il pz, a parità di informazioni che si possono
estrapolare da due esami strumentali diversi, bisogna optare per quello meno
invasivo e allo stesso tempo più economico.
COMPLETO UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI)
Cioè utilizzare al meglio le informazioni che il radiologo trasmette: ICONOGRAFIA (immagini di
tutti i generi, formati e provenienza) e REFERTO. Dipende dal ruolo, dalle competenze e dalle
possibilità operative del medico (medico generale, specialista medico o chirurgo).
- Capacità di seguire il processo diagnostico utilizzato dal radiologo: il radiologo utilizza una
terminologia specifica, che varia a seconda dell’indagine che stiamo considerando. Se
parliamo di una radiografia, un’ipotetica massa potrà essere definita dalla sua opacità o
trasparenza, in risonanza magnetica si parla di ipointensità o iperintensità, in TAC
parleremo di ipodensità o iperdensità, in ecografia di ipoecogenicità o iperecogenicità. C’è
tutta una semantica diversa in funzione dell’indagine. Voi dovete conoscere questa
semantica per non essere all’oscuro quando vi giunge il referto di un radiologo.
Ricordate inoltre che il radiologo non è la verità assoluta, in più molte volte ci può essere
un’incongruenza tra referto clinico, dati di laboratorio e esame diagnostico, quindi voi
medici sarete il collettore finale in grado di trovare un razionale e correlare la clinica ai
referti;
- possibilità di riconoscere i reperti essenziali;
- necessità di verificare la congruenza clinico-radiologica;
- richiede conoscenze di anatomia radiologica, almeno di base.
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Prof. Colosimo
Nell’esempio pratico che segue ci riferiamo ad uno dei campi di applicazione della diagnostica per
immagini: la diagnostica del sistema nervoso, parliamo di Neuroradiologia. E’ uno dei campi dove
si è partito da pochi mezzi a disposizione e c’è stata una grossa evoluzione. Il radiologo specialista
deve avere dei requisiti particolari:
 Nozioni di base di scienze neurologiche;
 Completo dominio della fine anatomia del SN e del suo ambiente anatomico;
 Utilizzo mirato delle apparecchiature e delle tecniche;
 Continua interazione con il clinico (neurologo e/o neurochirurgo);
 Integrazione con le tecniche di medicina nucleare e ottimizzazione del trasferimento delle
informazioni al radioterapista;
 Possibilità di passaggio diretto dalla fase diagnostica a quella terapeutica con le tecniche di
neuroradiologia interventistica (vedi dopo: Angiografia interventistica, ndr).
NEURORADIOLOGIA: RIVOLUZIONE NEGLI ULTIMI 30 ANNI
 Prima del 1975 (anno del 1° impianto TAC in Italia) i mezzi a disposizione erano:
Rx Cranio→ es: per accertarsi della presenza di ipertensione endocranica, si ricercavano i
segni indiretti sul cranio, ma molto spesso il pz moriva prima di svilupparli);
Pneumoencefalografia gassosa→ come mdc si utilizzava l’aria, che veniva iniettata per
puntura lombare. Facendo fare una “capriola” al pz, immobile su una sorta di sedia elettrica,
l’aria per gravità arrivava fino ai ventricoli cerebrali e il razionale era cercare di capire se
fossero spostati da qualcosa. Era gravata da imponenti effetti collaterali, i pz vomitavano per
3 giorni, e anche da morte;
Mielografia;
Angiografia cerebrale;
si trattava dunque di metodiche senza dimostrazione diretta dell’encefalo e del midollo
spinale, per lo più invasive e gravate da rischi ed effetti collaterali, con scarsa sensibilità e
specificità. Di tutte le tecniche che abbiamo considerato, nessuna offriva una visione diretta
dell’encefalo ;
 Oggi: RM e TC→ dimostrazione diretta dell’encefalo, del midollo spinale e delle strutture
che li accolgono, quindi il cranio, la colonna, le meningi, i muscoli paravertebrali, i
legamenti. Sensibilità ≈ 100% ed elevata specificità. Le metodiche invasive non sono più di
prima istanza, perché queste sono state sostituite, ma possono essere scelte come prosieguo
di quelle non invasive a discrezione del radiologo interventista, es:
Angiografia cerebrale→ quasi esclusivamente interventistica: il 50% degli aneurismi sono
trattati direttamente dal neuroradiologo (anziché dal chirurgo) con embolizzazione
(attraverso un catetere si inseriscono delle spirali metalliche che escludono l’aneurisma dal
circolo).
Proietta un’immagine: Il contrasto viene creato dall’apparecchiatura: indipendentemente dal
tipo di strumento, il nostro punto di riferimento è il liquor cefalorachidiano.
LA DPI DELLA PATOLOGIA ENDOCRANICA
 TC e RM: specifiche modalità d’impiego, possibilità e limiti nell’ambiente endocranico;
 Anatomia essenziale dell’encefalo;
 Regole generali della semeiotica TC/RM nelle patologie endocraniche, con enfasi sui mdc e
barriera ematoencefalica;
 Indicazioni, modalità di studio, reperti principali e impatto clinico sulla neuroradiologia in:
ictus/stroke, trauma cranico-encefalico, malattie infettive, flogistiche, demielinizzanti,
demenze e malattie neurodegenrative e tumori cerebrali.
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Prof. Cellini
Incontrerete l’insegnamento di Radioterapia l’anno prossimo nel corso integrato di Oncologia
Clinica; non è una ripetizione. In questo corso abbiamo puntato a vedere quello che unisce le tre
anime, la diagnostica per immagini, la radioterapia e la medicina nucleare, cioè l’imaging e
l’imaging in questo momento si avvale di un neologismo, teragnostica (derivante dalla fusione dei
due termini terapia e diagnostica) di cui sentirete parlare sempre di più.
Proietta un’immagine di Rengen, da cui prende il nome il tubo Rengen, che è alla base delle
metodiche diagnostiche più praticate.
La radioterapia riconosce altri due genitori, i coniugi Curie: la Curie-terapia, che deriva dalla
scoperta della radioattività naturale della polvere nera chiamata “radion”, ha contribuito alla cura e
alla guarigione del tumore. Essa permette di portare la sostanza radioattiva direttamente a contatto o
all’interno della massa neoplastica.
Mostra l’immagine di una macchina che sarà impiantata a breve al Gemelli, una macchina ibrida
diagnostico-terapeutica che consente di eseguire una TAC ogni volta che viene eseguita la
radioterapia con generatore lineare; quindi permette di eseguire una radioterapia altamente
raffinata.
Come può essere caratterizzata da un pdv clinico la radioterapia? E’ vicina alla chirurgia, e questa
definizione è stata data da un neurochirurgo che ha messo a punto una tecnica di un bisturi a raggi γ
per trattare alcune patologie cerebrali: il razionale è che il bisturi “invisibile” arriva laddove non
può arrivare il bisturi tradizionale.
Inoltre permette la conservazione dell’organo, ci si sposta sempre di più verso un concetto di miniinvasività.
Pierpaolo Tarzia
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