VIRUS HCV E COINFEZIONE HIV/ HCV
In tempi non sospetti, quando l’HIV/AIDS era considerata all’unanimità
una malattia ad esito infausto, la salute delle persone sieropositive
dipendeva esclusivamente dai valori del sistema immunitario e dei CD4.
Con l’avvento della HAART (terapia antiretrovirale altamente attiva) la
maggior parte delle persone “sopravvive” all’HIV e si trova ad affrontare
vecchie e nuove problematiche che per anni sono state considerate “ il
male minore”. Una di queste è certamente l’epatite C.
Mentre la mortalità per le infezioni opportunistiche correlate all’Aids è
diminuita, nell’ultimo biennio una delle principali cause di morte delle
persone con HIV/AIDS sono state le malattie epatiche. Tra queste, quella
di maggiore impatto è l’epatite C (HCV), tanto importante da essere
considerata, dalle USPHS/IDSA Guidelines del 1999 (linee guida per le
infezioni opportunistiche) un’infezione opportunistica associata all’AIDS.
In questo opuscolo cercheremo di approfondire il tema della coinfezione
HIV/HCV e di dare al paziente ed alla paziente con questa coinfezione un
piccolo supporto informativo.
Il Fegato
Il fegato è un organo che svolge una serie di funzioni di fondamentale importanza per l’organismo:
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Immagazzina le riserve di ferro così come quelle delle vitamine e dei minerali.
Detossifica le sostanze chimiche tossiche, tra cui l'Alcool, i farmaci, ed ogni altra sostanze
legale ed illegale.
Agisce da filtro per convertire queste sostanze in modo che possano essere usate e/o espulse dal
corpo.
Converte il cibo che mangiamo in energia, e tutto ciò che serve al corpo per vivere e crescere.
Produce nuove proteine
Elabora gli elementi coagulanti, per aiutare il sangue a coagularsi.
Rimuove le tossine dell'aria, dei gas di scarico, del fumo, e degli agenti chimici che respiriamo.
Produce ed esporta sostanze importanti per l’organismo. Una di queste è la bile, una sostanza
giallo-verdastra, essenziale per la digestione dei grassi nel piccolo intestino.
Per queste sue funzioni è un organo di vitale importanza per tutte le persone e per le persone con
HIV/AIDS, in particolar modo se le persone utilizzano una terapia antiretrovirale.
Che cosa sono le epatiti
Le epatiti sono un’infiammazione del fegato e possono essere associate a motivi differenti. Le
epatiti virali sono malattie infettive causate da virus che attaccano il fegato. I tipi di epatite virale
più importanti sono l’epatite A (alimentare), B (da siero), e C (in passato chiamata epatite non A,
non B), D (epatite Delta), E (trasmessa attraverso feci infette) CRYPTOGENICA (o Non A, B, C,
D, E, G), G (un virus trasmesso attraverso i prodotti con sangue infetto). Si stanno via via
scoprendo nuovi virus di epatite.
Altri virus, tipo quello della Febbre Gialla, il virus Epstein Barr, il Citomegalovirus, così come altri
parassiti e batteri, possono causare epatiti, come effetto secondario dell’infezione.
Le forme non virali possono essere causate da agenti tossici (farmaci o agenti chimici), alcool o
processi autoimmuni. L'epatite tossica è un deterioramento delle cellule del fegato causato da agenti
chimici, alcool, droghe, composti industriali. L'abuso di Alcool è una causa comune del danno
tossico al fegato.
In questa dispensa affronteremo esclusivamente l’epatite di tipo C (HCV), che per le sue
caratteristiche rappresenta una delle forme più insidiose di epatite, in special modo se associata
all’infezione da HIV
Epidemiologia delll’HCV
L'epatite C è una malattia infettiva che causa gravi infiammazioni e danno epatico. La principale via
di trasmissione dell'HCV è il contatto con il sangue infetto. Nel 1987, Michael Houghton e colleghi,
al Chiron Corporation, in California, scoprirono parte del materiale genetico dell'HCV usando la
tecnologia della riassociazione molecolare. A metà del 1995 il virus dell'epatite C fu osservato per
la prima volta al microscopio elettronico dagli scienziati. Il virus HCV è un singolo filamento
lineare di RNA (Acido ribonucleico) grande circa 40-50 nanometri.
Il virus è stato isolato nel 1998. Dopo il 1998 è stato
possibile produrre i test, riducendo a zero la
trasmissione dovuta alle trasfusioni con plasma
infetto. Da allora la via di trasmissione più comune
del virus HCV è lo scambio di aghi e siringhe infette
tra i consumatori di droga per via endovenosa.
Si calcola che oltre tre milioni di persone abbiano
un’infezione cronica da HCV. Il virus HCV è dieci
volte più infettivo dell'HIV. Per tale ragione, nei
centri urbani, l'incidenza dell'HCV nella popolazione
sieropositiva supera il 70%. Alcuni studi, condotti su
consumatori di sostanze stupefacenti per via
endovenosa, dimostrano che oltre il 70% dei soggetti
sono positivi al virus HCV, ed il 30% sono positivi
sia al virus HCV sia al virus HIV. Per tale ragione,
vista la diffusione dell'HIV tra i tossicodipendenti, un
numero sempre maggiore di persone ha una
coinfezione HIV/HCV.
Trasmissione
Abbiamo già detto che l’HCV si trasmette principalmente attraverso il sangue infetto. La maggior
parte delle persone con l'epatite C l'hanno contratta ricevendo una trasfusione di sangue, oppure
entrando in contatto con prodotti sanguigni (plasma etc.) infetti con HCV, o sono persone che
hanno usato droghe per via endovenosa condividendo siringhe o altre attrezzature utilizzate per
preparare le sostanze da iniettare con persone portatrici del virus HCV. Prima del 1990 il sangue
non poteva essere monitorato per l'HCV. Grazie ai moderni test HCV effettuati con metodi
sensibili, il rischio di acquisire HCV dalle trasfusioni di sangue è inferiore all’1%. Le altre persone
a rischio sono il personale infermieristico e gli operatori sanitari, il personale dei laboratori che
possono pungersi con siringhe o strumenti infetti, le persone che si sottopongono a cure dentali, le
persone che si sottopongono ad emodialisi, le persone che si fanno il "body piercing", o le persone
che sono state tatuate con un equipaggiamento sterilizzato male.
Casi di epatite C non-associate a trasfusioni di sangue, scambio di siringhe etc, sono dette infezioni
sporadiche. In che modo questi individui si siano infettati è sconosciuto.
Alcuni ricercatori hanno messo in relazione l’utilizzo di cocaina e l’infezione da HCV sottolineando
che sniffare cocaina utilizzando e/o scambiando la stessa cannuccia può essere considerato un
comportamento a rischio per contrarre l’HCV. Infatti, l’uso di cocaina per via nasale produce
piccole ulcere alle pareti interne del naso e alle mucosa che possono causare una fuoriuscita di
sangue.
In che modo l’HCV *non* è trasmesso
Il virus dell'epatite C non si trasmette per via aerea e NON si diffonde
• Starnutendo o tossendo
• Stringendo la mano
• Baciando
• Usando lo stesso bagno di una persona con HCV
• Mangiando cibo preparato da qualcuno che ha il virus HCV
• Nuotando nella stessa piscina con persone con HCV
L'epatite C può trasmettersi usando:
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Rasoi, forbici o tagliaunghie
Spazzolini da denti
Tatuaggi o aghi per il body piercing
Aghi per perfusioni endovenose, oggetti personali
Tampax o assorbenti
Il virus deve entrare nel corpo attraverso la pelle o le mucose delle membrane.
Trasmissione per via sessuale
Il rischio di trasmissione per via sessuale del virus dell'epatite non è stato completamente appurato,
ma sembra essere minimo. Alcuni studi hanno dimostrato che non esistono rischi di trasmissione
per via sessuale, mentre altri studi hanno dimostrato che il rischio sarebbe in ogni caso molto basso.
Il Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie degli Stati Uniti (CDC) non raccomanda di
modificare le abitudini sessuali per le persone che abbiano una relazione a lungo termine con un
partner con HCV (non precludono, quindi, rapporti sessuali non protetti per le coppie eterosessuali
in cui uno dei due partner sia positivo al virus HCV, e l'altro no). Tuttavia, tra le coppie
omosessuali, la percentuale di trasmissione sembra essere più' elevata. Le persone con la malattia in
fase acuta, e che cambiano spesso partner sessuale, possono tuttavia essere un veicolo di infezione,
e dovrebbero usare il profilattico per ridurre il rischio di acquisire o trasmettere l'HCV, così come
altre malattie infettive che si trasmettono per via sessuale. Il rischio aumenta se il partner HCV
positivo è anche immuno compromesso poiché la carica virale dell’HCV nel sangue può aumentare.
Il sesso praticato durante il ciclo mestruale dovrebbe essere evitato, per via del contatto di sangue
che può esserci in quel periodo.
La ragione per cui molti studi enfatizzano i rapporti con "svariati partner sessuali", quando si
riferiscono al rischio di trasmissione di HCV attraverso le vie sessuali, è dovuto al fatto che le persone
con “svariati partner sessuali”, che non usano il profilattico, corrono un grosso rischio di contrarre altre
malattie sessualmente trasmesse, che possono causare ferite e/o lesioni aperte, e quindi un maggior
rischio di contatto con il sangue.
Esistono anche alcuni co-fattori che riguardano la trasmissione dell’HCV, per esempio in presenza
dell’herpes genitale; in questo caso la trasmissione risulta facilitata dalle lesioni genitali. Inoltre, si
pensa che il virus HCV tenda ad "appoggiarsi" al virus dell'herpes. Le persone che sono soggette a
herpes genitale sono molto più esposte al rischio di contrarre o trasmettere il virus.
Storia naturale dell'infezione da HCV
Nella maggior parte dei casi l'HCV non è associato ad alcun sintomo al momento della
sieroconversione. Dopo il contatto con il virus, circa il 15% delle persone riesce ad eradicare l’infezione
naturalmente. Il restante 85% non svilupperà alcun sintomo per decenni. Normalmente la diagnosi viene
fatta attraverso programmi di controllo estensivo sui gruppi a rischio, controlli sulle persone che hanno
ricevuto trasfusioni di sangue prima del 1985, oppure tramite il test, dopo che i valori epatici risultano
alterati. Considerato il fatto che molte persone rimangono asintomatiche per molti anni dopo l'infezione,
e che per tale ragione esse non vengono diagnosticate, esistono numerose interferenze relative agli studi
sul decorso naturale dell'infezione da HCV. Questo succede perché gli operatori sanitari hanno
generalmente a che fare con persone già malate, senza considerare il fatto che molte altre persone hanno
contratto l'infezione pur non avendo alcun sintomo. Circa il 25% delle persone con infezione cronica
non trattate può sviluppare una cirrosi epatica. Quando l’infezione cronica causa un danno permanente
dovuto alla cicatrizzazione del fegato questa si definisce cirrosi. In questo caso il tessuto cicatrizzato
danneggia la struttura del fegato ed impedisce il passaggio del flusso sanguigno.
L’infezione cronica da HCV aumenta la possibilità di sviluppare il tumore al fegato (carcinoma
epatocellulare HCC). Molti casi di tumore avvengono durante la fase cirrotica. Il rischio di tumore per
una persona con epatite cronica va dall’1% al 5 %.
Le complicazioni potenzialmente fatali possono comparire non prima di 10 o 20 anni dal momento
dell'infezione. Una delle maggiori sfide rispetto alla determinazione della percentuale di progressione
dell'infezione da HCV è la necessità della biopsia epatica per determinare il danno e l'infiammazione del
fegato. Nè gli esami del sangue (SGOT, SGPT), né la carica virale sono necessariamente associati al
danno epatico. Età', sesso maschile, e consumo di alcool sono associati al rischio di progressione
Come si ricerca l’HCV nel sangue
L’HCV viene ricercato tramite un test per la ricerca degli anticorpi su un campione di sangue. I test
dell'anticorpo indicano se l’organismo è stato esposto al virus e se ha prodotto gli anticorpi per
combatterlo. Questi test non determinano se vi sia ancora virus circolante oppure no, o da quanto tempo
vi sia stata l’infezione.
Il test è disponibile dal 1989. Si tratta un test che utilizza la metodologia ELISA che però può dare falsi
positivi. Per tale ragione, se il test ELISA risulta positivo, viene immediatamente eseguito sullo stesso
campione di sangue un test di conferma con metodologia RIBA
Di solito la diagnosi viene fatta dopo aver individuato gli anticorpi anti- HCV nel sangue. Ciò indica che
la persona è stata esposta al virus e che il suo sistema immunitario ha prodotto gli anticorpi. Il test può
dare falsi positivi e sono necessarie successive conferme per determinare la presenza del virus dell’HCV
nel sangue, usando la tecnica PCR (Polymerase Chain Reaction), un test estremamente sensibile per
l'RNA virale. Il virus è rilevabile entro 15-150 giorni dal contatto.
I test HCV PCR sono test sviluppati di recente, e sono sul mercato dalla fine del 1994. Il test HCV PCR
ricerca la presenza del virus nell’organismo. Le informazioni ricavate dall'HCV PCR possono essere
utili nell'interpretare i test anticorpali, che spesso risultano poco chiari. Il test HCV PCR non può
determinare da quanto tempo una persona abbia contratto l’HCV.
Esistono tre test importanti per l'HCV.
1. Il test ELISA che scopre gli anticorpi al virus
2. Il test RIBA che è il test di convalida per l'HCV
3. Il test HCV PCR Quantitativo, che misura la quantità di virus che circola nel flusso sanguigno di
una persona.
Un altro esame da effettuare dopo una carica virale positiva è la ricerca del genotipo virale
I genotipi sono i seguenti:
•
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1a, 1b, 1c: sono considerati i peggiori perché, generalmente, sono quelli che rispondo meno al
trattamento
2a, 2b, 2c: sono considerati sensibili alla terapia
3a, 3b, 4, 5, 6 (rarissimo). Il genotipo 3a ha il tasso di risposta più alto all'interferone. Le persone
che hanno questo genotipo sono generalmente le più giovani, e tendenzialmente sono state, o sono,
consumatori di droghe.
CRONICA PERSISTENTE O CRONICA ATTIVA - QUALE E' LA DIFFERENZA?
L'epatite C è considerata cronica se persiste per un periodo più lungo di 6 mesi. Il termine "Cronica
Persistente" era usato per definire epatiti che persistevano per più di 6 mesi senza alcun danno epatico. Il
termine "Cronica Attiva" era usato per definire epatiti che persistevano per più di 6 mesi e che stavano
danneggiando il fegato. La differenziazione tra "persistente" e "attiva" non è più usata così
frequentemente. Ora si parte dal presupposto che se il virus esiste, sta causando un danno, sia che stia
replicando velocemente oppure no.
Circa l'85% delle persone che entrano in contatto con il virus HCV non riescono ad eliminare il virus
entro 6 mesi, e sviluppano un’epatite cronica che persiste, sebbene la viremia (PCR) a volte sia
intermittente. Una piccola percentuale di pazienti con epatite cronica da HCV, forse meno del 20%,
sviluppa sintomi non specifici, tra cui affaticamento e malessere.
Sebbene pazienti con epatite C e livelli ALT normali siano stati definiti portatori "sani" dell’HCV, la
biopsia epatica può mostrare evidenze istologiche di epatite cronica in molti di questi pazienti.
Le AST e le ALT sono gruppi di enzimi presenti nel fegato, comunemente dette Transaminasi.
Le transaminasi si diffondono nel circolo sanguigno quando le cellule del fegato sono danneggiate.
Il monitoraggio delle AST e le ALT è usato per determinare se l’infezione è cronica e per stabilire se la
terapia per l’HCV sta funzionando
ALT = GPT valori normali = 5 – 40
AST = GOT valori normali = 5 - 37
Altri valori da tenere sotto controllo sono:
FOSFATASI ALCALINA valori normali 98-279
GAMMA GGT valori normali 11-50
La Fosfatasi Alcalina e le Gamma GGT alterate indicano l'occlusione del sistema biliare.
La biopsia epatica
L’unico esame risolutivo per determinare un eventuale danno epatico è la biopsia. La biopsia epatica
indica il livello di un eventuale necrosi cellulare (la distruzione delle cellule epatiche), l'infiammazione
(infiltrazioni cellulari e/o ingrossamento) e la cicatrizzazione (tessuto cicatrizzato che inizia a
rimpiazzare le cellule del fegato che funzionano).
La biopsia epatica è una procedura diagnostica invasiva che richiede il prelievo di un piccolo campione
di tessuto epatico, che viene successivamente esaminato al microscopio per determinare lo stadio e
l’estensione del danno epatico. Si tratta di un esame che viene effettuato in regime ambulatoriale e che
richiede una semplice anestesia locale. Il paziente può essere dimesso entro 3-6 ore, purché non vi siano
complicazioni o emorragie. Occasionalmente, alcuni pazienti hanno un calo di pressione subito dopo la
biopsia epatica. Il rischio di una biopsia epatica è generalmente molto basso. Il rischio di morte per una
biopsia epatica è inferiore allo 0,1% allo 0,01%. Il rischio principale è il sanguinamento nel punto di
ingresso dell'ago (meno dell'1). Nel caso in cui l'emoglobina sia inferiore a 9-10 g/dl e le piastrine siano
inferiori a 50.000-60.000 non è consigliabile effettuare la biopsia.
L’HCV ha qualcosa di simile all’HIV?
Sì e no. HCV e HIV sono entrambi virus con
RNA. Significa che entrambi usano l'RNA (acido
ribonucleico) per veicolare il loro codice
genetico fintantoché non trovano un ospite.
Tuttavia, questi virus appartengono a due
famiglie totalmente differenti ed essi hanno
strategie di replicazione e sopravvivenza
totalmente differenti.
L'HIV è un retrovirus: nel momento stesso in cui
il virus penetra in una cellula umana, duplica il
DNA e si trasferisce all’interno del nucleo della
cellula, unendosi al genoma ospitante, e replica
ogni volta che la cellula ospite duplica il suo
DNA. Retro significa che (ritorna) un virus DNA
nel momento in cui è dentro la cellula.. Si calcola
che L’HIV si replichi nell’organismo con una
velocità di bilioni di virioni al giorno.
L'HCV è un flavivirus ed è la causa principale
della maggioranza dei casi di epatite che in
passato erano chiamati epatite non-A e non-B. Si
Somiglianze tra HIV ed HCV
• Il test degli anticorpi è utile per lo screening sia
nell’HIV sia nell’HCV
• La PCR quantitativa è l’esame principale per la
diagnosi
• Ogni giorno vengono prodotte grandi quantità di
virus
• La risposta al trattamento è correlata alla cinetica
• La percentuale delle mutazioni è maggiore
rispetto all’HIV
• L’evoluzione delle quasispecie è maggiore
rispetto all’HIV
replica fabbricando filamenti di RNA positivo e negativo e non produce DNA o si unisce al genoma
ospitante. Si calcola che L’HCV si replichi nell’organismo con una velocità astronomica di trilioni di
virioni al giorno.
La PCR quantitativa è l’esame di base per la diagnosi, la carica virale dell’HCV ha valori molto più alti
rispetto a quella delll’HIV. Una carica virale (HCV) sotto i due milioni di copie non è considerata alta,
sopra i due milioni è considerata alta. Dopo il trattamento il virus può non essere rilevabile nel sangue
(carica virale negativa) ma essere presente nell’organismo, per esempio nel fegato.
Anche il virus dell’HCV, come quello dell’HIV, commette errori nella replicazione virale e ciò
comporta la formazione di ceppi mutanti, meno sensibili al trattamento. Si possono anche formare
resistenze, e ciò può avvenire con tempi molto più rapidi che rispetto all’HIV.
COINFEZIONE HIV/HCV
Esiste una stretta correlazione tra infezione da HIV ed
infezione da HCV rispetto alla popolazione dei
consumatori di sostanze per via endovenosa. Si
calcola che oltre 250.00 persone siano coinfette con
HCV/HIV solamente negli Stati Uniti. La prevalenza
dell’HCV tra i consumatori di sostanze stupefacenti
per via endovenosa è maggiore di quella associata
all’HIV, ma il numero delle persone con coinfezione
HIV/HCV sta aumentando in modo preoccupante.
Diversi riportano una percentuale di coinfezione del
23% rispetto al 75% dei consumatori di sostanze per
via endovenosa colpite dall’HCV. Uno studio
condotto su 213 persone sieropositive, di cui il 35%
con coinfezione HIV/HCV, ha concluso che le
persone comprese tra i 40 ed i 49 anni di età corrono
un rischio maggiore di contrarre l’infezione da HCV.
Non è stata rilevata alcuna associazione con il sesso e
con la razza.
La presenza dell’infezione da HIV può ridurre
l’attendibilità del test per la ricerca degli anticorpi
all’HCV. Esiste, infatti, un rischio sensibilmente
maggiore sia di falsi positivi sia di falsi negativi nelle
persone sieropositive. Le attuali linee guida americane
per la prevenzione delle infezioni opportunistiche in
persone con HIV raccomandano che il test positivo
all’HCV sia sempre confermato sia dal test RIBA
(recombinant immunoblot assay) sia dalla carica
virale HCV RNA (PCR) Inoltre, si raccomanda che le
persone negative al test HCV, ma con sofferenza
epatica senza apparenti spiegazioni, si sottopongano
al test HCV (PCR).
Diversi studi condotti in epoca precedente
all’introduzione degli antiretrovirali hanno dimostrato
che, mentre il decorso dell’infezione da HIV nelle
In che modo l’HIV influenza l’epatite C ?
• La carica virale HIV è correlata alla carica
virale HCV (ed è inversamente proporzionale
al numero dei CD4)
• La carica virale HCV è scarsamente correlata
alla prognosi ed all’esito della biopsia
• L’esito della biopsia è correlato alla
progressione verso la cirrosi ed alla
sopravvivenza
In che modo l’HIV influenza l’epatite C ?
• La cirrosi è generalmente più frequente (33%)
nei pazienti con coinfezione rispetto ai
pazienti positivi solamente all’HCV (11%)
• Sulla base di molti studi la mortalità è
maggiore nei pazienti coinfetti. Gli ultimi dati
sembrano indicare una mortalità dell’ 11% nei
pazienti coinfetti rispetto al 6.8% nei pazienti
sieropositivi senza infezione HCV
• La trasmissione materno fetale aumenta dal
7% al >25%
Effetto dell’HCV sull’HIV
• Lo studio Royal Free Hemophilia study ha
dimostrato una maggiore progressione verso
l’AIDS per il genotipo 1a/1b rispetto agli altri
genotipi
• Lo studio US/ Greece Hemophilia study: ha
confermato il dato
• I pazienti coinfetti avrebbero maggiori
probabilità di avere una carica virale maggiore
ed una riduzione dei CD4+
persone con coinfezione HIV/HCV non cambia, il decorso dell’infezione da HCV è più rapido nelle
persone sieropositive. Alcuni dati dimostrano che i casi di cirrosi sono significativamente più frequenti
nei pazienti con coinfezione HIV/HCV (33%) rispetto hai pazienti con solo HCV (11%).
L’HIV è correlato alla carica virale dell’HCV (ne aumenta il valore), come anche il basso numero di
CD4 sembra aumentare il valore dell’HCV RNA. Tuttavia, la questione ancora senza risposta è quale sia
l’impatto dell’immunoricostituzione conseguente alla terapia HAART rispetto al decorso dell’infezione
da HCV nelle persone con infezione HIV/HCV.
Il fatto che l’alcool peggiori la situazione è un dato ormai acquisito. L’indicazione generale è di
sospendere l’uso di qualsiasi sostanza alcolica, in caso di infezione da HCV. Inoltre, per persone con
infezione da HCV dovrebbero vaccinarsi contro l’epatite B, qualora non risultino già immuni. La
ragione è che un’epatite acuta, A oppure B, può peggiorare in modo drammatico il decorso dell’epatite
C fino a risultare, in alcuni casi, fatale.
Trasmissione Materno/ Fetale
Il rischio di trasmissione neonatale dell’HCV è intorno al 5% ma può aumentare fino al 25% se la madre
è coinfetta con l’HIV. Alcuni studi Giapponesi hanno dimostrato che soltanto il 6% dei bambini nati da
madri HCV positive hanno contratto l'epatite C. Come per l’infezione da HIV, molti bambini mostrano
gli anticorpi alla nascita, ma dopo 18 mesi solitamente il virus scompare. Il rischio di trasmissione
materno fetale aumenta se la trasmissione è simultanea con le infezioni da HIV o HBV, o se la madre è
contagiata da più ceppi di virus dell’HCV, oppure se ha un alto tasso di HCV nel sangue (alta carica
virale). In quest’ultimo caso le ricerche giapponesi hanno stimato che il rischio di trasmissione può
essere approssimativamente del 10%.
Per le donne che hanno una coinfezione HIV/HCV i metodi attuali utilizzati per evitare la trasmissione
verticale (materno/ fetale) dell’HIV [il parto cesareo elettivo, programmato prima che inizi il travaglio]
valgono anche rispetto alla trasmissione dell’HCV.
Gravidanza e Allattamento
Vari studi sembrano indicare che la quantità di HCV RNA circolante nel sangue, non aumenta le
complicazioni o i rischi in gravidanza. Molte donne HCV positive asintomatiche hanno avuto figli, e
non sembra che la gravidanza induca ad una malattia epatica sintomatica. Quindi la gravidanza non è un
fattore di rischio per le madri HCV+. La maternità non porta ad un aggravamento della malattia epatica
e l'infezione da HCV non incrementa il rischio di complicazioni nella gravidanza. Anche rispetto
all’HIV ormai si può affermare che, in linea di massima, la gravidanza non aggrava la situazione
immunologica della donna con HIV/AIDS.
Allattamento
Il virus dell'epatite C non è stato individuato nei campioni di latte materno prelevato da donne HCV+. Il
rischio di trasmissione tramite il latte materno è perciò molto improbabile.
TRATTAMENTO DELL’HCV
La misura dell’efficacia del trattamento dell’HCV è definita dalla proporzione delle persone che
mantengono una carica virale HCV RNA irrilevabile sei mesi dopo il trattamento (risposta sostenuta al
trattamento). Alcune evidenze cliniche suggerirebbero tuttavia che alcune persone potrebbero trarre
vantaggio dal trattamento anche in assenza di una risposta sostenuta al trattamento. Inoltre, le persone
con cirrosi epatica potrebbero trarre vantaggio dal trattamento con interferone e/o con
Interferone/Ribavirina sebbene siano regolarmente escluse dal trattamento. Sfortunatamente, la maggior
Interferone
L'Interferone (IFN) è un prodotto elaborato
geneticamente, approvato nel 1986 per il
trattamento delle leucemie. Il 25 febbraio 1991
l’FDA ha autorizzato l'uso dell'Interferone anche
per l'epatite C. Il prodotto Interferone Alfa, è il
primo trattamento efficace contro questa forma di
Epatite. Secondo gli studi del produttore
(SCHERING PLOUGH) usando una dose di 3
milioni di unità di Interferone 3 volte alla
settimana come trattamento per l'epatite C, si
ottiene una percentuale di risultati soddisfacenti
nel 25% dei casi. Prima della Leucemia e
dell'Epatite C, l'Interferone era autorizzato per il
sarcoma di Kaposi associato all'AIDS, e per le
verruche genitali.
L’IFN standard viene amministrato tre volte la
settimana tramite iniezione sottocutanea. La
somministrazione può essere associata a sintomi
di tipo influenzale dopo ogni iniezione, ed è
significativamente associato alla depressione.
Molti pazienti hanno anche altri effetti collaterali
tra i quali la diminuzione del numero delle
piastrine nel sangue, (le piastrine sono necessarie
per la coagulazione del sangue) e/o una
diminuzione dei globuli bianchi (necessari per
combattere infezioni e malattie). L’IFN può dare
anche problemi alla tiroide
I fattori strettamente associati alla risposta
dell'interferone sono:
1) L'assenza di fibrosi o cirrosi
2) Un genotipo differente dall'1 (uno)
3) Livelli di RNA nel sangue più bassi di 2
milioni/ml
4) Una durata breve dell'infezione
L’effetto della terapia HAART sull’HCV
• Gli inibitori della proteasi non hanno alcuna
attività contro il virus HCV
• Una carica virale <400 HIV RNA c/mL non ha
alcun effetto sulla carica virale dell’HCV
• Tuttavia, l’inizio della terapia HAART potrebbe
casuare una aumento dei valori ALT/AST e
delle carica virale HCV nei primi 3/4 mesi.
Dopo un anno, entrambi i valori tornerebbero
normali
La tossicità epatica associata alla HAART è
correlata all’epatite C?
• Diversi studi associano l’iperbilirubinemia
correlata ad indinavir-associated alle epatiti
croniche
• Sulla base di uno studio esteso (JHU), il
ritonavir era la causa principale associata alla
tossicità epatica (10% gr 3-4) ma non era
correlato all’epatite C
• L’epatote C satrebbe un fattore indipendete
predittivo dell’epatotossittà della ART
L’interferone nella coinfezione HIV/HCV
• 6 studi con misura dei valori ALT e nessuna PCR
hanno dimostrao una percentuale di risposta
sostenuta dall’8% al 44%
• Madrid: SR (ALT) 22% HIV+ e 26% HIV- con 3MU
TIW dopo 1 yr: follow-up su 107 pazienti a tre
anni
• La risposta sembra scarsamente correlata al
numero di CD4+
L’interferone nella coinfezione HIV/HCV
!
Studio prospettico
Francese
⇒ HCV+ alone (n=64)
⇒ HCV+/HIV+ (n=63)
⇒ CD4 >350
⇒ IFN 3MU TIW ×
6mo
!
La cariva cirale HCV
era maggiore nei
pazienti HCV/HIV
Nessuna differenza
significativa tra i
due gruppi
30
25
ALT response (%)
parte degli studi clinici con interferone e
ribavirina, e peg-interferon e ribavirina non
prevede l’eligibilità delle persone sieropositive.
20
15
HCV
HCV/HIV
10
I migliori risultati si ottengono utilizzando in
5
!
combinazione interferone e ribavirina,
0
utilizzando sia interferone standard sia il nuovo
EOT
SR
interferone peghilato a lento rilascio (peginterferon). Il Peg-Interferon (pegylated-40K
interferon alfa-2a) è una formulazione
dell'Interferone più solubile all’acqua, con una
maggiore biodisponibilità che permette al farmaco di rimanere in circolo più a lungo, consentendo
inoltre un rilascio costante e continuo del principio attivo, evitando i "picchi" e le "cadute" tipici della
terapia con IFN Standard somministrato a giorni alterni o tre volte la settimana. Il PEG – IFN ha la
particolarità di poter essere iniettato una sola volta la settimana. Gli effetti collaterali sono
sostanzialmente simili a quelli dell'IFN standard, forse più blandi, proprio per l'assenza dell'effetto di
picco. Il farmaco, attualmente utilizzato negli Stati Uniti, è disponibile per la sperimentazione anche nei
centri specializzati di Epatologia Italiani. In uno studio condotto su 155 persone trattare con il PEG, nel
76% dei casi il virus non era più rintracciabile nel sangue entro le prime 12 settimane, e nel 36% dei
pazienti responder il virus ha continuato ad essere "non rintracciabile" anche dopo 34 settimane
dall’interruzione del trattamento.
Ribavirina
Molti pazienti con epatite C mostrano una
netta risposta biochimica alla ribavirina, con
un abbassamento dei livelli delle
transaminasi. In ogni caso la ribavirina da
sola, non elimina il virus e la ricaduta avviene
di solito appena si smette di prendere il
farmaco. La ribavirina associata
all’interferone ha aumentato la risposta alla
terapia dal 10% / 26% al 50%.
Effetti collaterali associati al trattamento
con Interferone/Ribavirina
• I pazienti devono essere preparati ad una riduzione
della qualità della vita
• Depressione
– Profilassi con antidepressivi ?
• Neutropenia
• Anemia
–Evitare la zidovudina
–Riduzione del dosaggio della Ribavirina dose a
800 mg o 600 mg
– EPO è efficace per il trattamento dell’anemia
Nel maggio 1988, l’FDA ha approvato
ufficialmente la terapia combinata
Interferone/Ribavirina per il trattamento
dell'Epatite C. Uno degli effetti collaterali
tipici della ribavirina è l’Anemia Emolitica.
La ribavirina è considerato inoltre un farmaco
altamente teratogeno (può causare malformazioni al feto). Per tale ragione è consigliato l’uso del
profilattico, sia per la donna sia per l’uomo in trattamento con ribavirina, fino a sei mesi dopo
l’interruzione del trattamento.
Attualmente in Italia la Ribavirina non essendo ancora registrata, è disponibile solo in protocollo di
ricerca. Si utilizza Ribavirina in un secondo momento dopo un primo tentativo di trattamento con IFN
rivelatosi inefficace.
Trattamento dell’HCV in caso di coinfezione HIV/HCVSebbene vi siano diversi dati che dimostrano
che le persone con infezione da HCV corrono maggiori rischi di alterazione delle funzione epatiche a
causa della terapia HAART, la maggior parte dei clinici concorda sul fatto che in caso di coinfezione sia
possibile trattare contemporaneamente sia l’HIV sia l’HCV. Le raccomandazioni sono di trattare prima
l’infezione da HIV, per contare sulle migliori condizioni immunologiche per il trattamento dell’HCV.
Ma la maggior parte delle persone può essere trattata sia per l’una sia per l’altra infezione,
contemporaneamente, visto che gli effetti collaterali della maggior parte dei farmaci anti-HIV sono
troppo pesanti per un fegato danneggiato dall’infezione da HCV. Tuttavia questi due trattamenti assieme
causano alla persona che li assume molti effetti collaterali. Esistono inoltre alcune preoccupazioni
rispetto alle potenziali interazioni farmacologiche tra ribavirina ed inibitori nucleosidici della trascrittasi
inversa (NRTI), anche se non pare che tali interazioni siano significative da un punto di vista clinico.
Perché la terapia HAART può peggiorare la funzionalità epatica
Esistono molte ragioni per le quali gli indicatori della funzione epatica potrebbero risultare alterati nel
corso della terapia HAART:
•
•
Gli inibitori della proteasi possono danneggiare ulteriormente il fegato e la tossicità epatica sembra
più grave se come IP viene utilizzato il Norvir (ritonavir) a dose intera.
Diversi studi mettono in relazione l’iperbilirubinemia associata a Crixivan (indinavir) con l’epatite
cronica
•
•
•
La concentrazione plasmatica degli Inibitori della proteasi potrebbe essere troppo alta nelle persone
con infezione da HCV
Un aumento della risposta immunitaria e la comparsa della “sindrome da immunoricostituzione”
potrebbero peggiorare il danno epatico dovuto all’infezione da HCV
La terapia HAART potrebbe aumentare la replicazione del virus HCV, l’inizio della HAART può
incrementare i valori ALT/AST per i primi 4 mesi.
Esistono inoltre una serie di dati che sembrerebbero indicare che l’immunoricostituzione associata alla
terapia HAART potrebbe favorire la capacità del sistema immunitario a controllare la replicazione del
virus HCV ed il danno epatico associato. Il Dott. Benhamou ha riportato che le proiezioni relative
all’incidenza del danno epatico decrescono significativamente in associazione all’utilizzo di una terapia
HAART con inibitore della proteasi. Non è ancora chiaro per quale ragione la terapia con IP sia
maggiormente associata alla riduzione del danno epatico rispetto alla HAART senza IP, che
sembrerebbe avere la stessa efficacia rispetto alla carica virale ed al numero di CD4.
L’esclusione delle persone positive all’HCV dalla maggior parte degli studi clinici sulla terapia HAART
ha prodotto un’inaccettabile carenza di dati rispetto a tali questioni. Esistono parametri definiti per i
quali le persone con HCV sono escluse dagli studi clinici sulla terapia HAART: limitazioni relative
all’esito dei test relativi alle funzioni epatiche, limitazioni relative al consumo di sostanze stupefacenti,
sottovalutazione dell’eligibilità delle persone con HIV/HCV negli studi clinici, esclusione delle persone
in trattamento sostitutivo con metadone ed esclusione esplicita delle persone con infezione da HCV. Il
risultato è che non è stato fino ad ora possibile condurre alcuno studio sul controllo immunologico
dell’infezione da HCV e sul modo in cui l’HCV produce il danno epatico e la fibrosi. Salvo che non vi
siano motivi di carattere scientifico che giustifichino l’esclusione delle persone con HCV le persone con
Epatite C dovrebbero essere arruolate negli studi clinici che prevedono l’utilizzo di terapia HAART.
Il gruppo ACTG (Aids Clinical Trials Group) ha messo in cantiere uno studio che mette a confronto
l’interferone standard con il peg-interferon, sempre in associazione con ribavirina, in persone con
coinfezione HIV/HCV. Esistono sino ad ora pochissimi studi che abbaino valutato l’efficacia e la
tossicità del trattamento contro l’HCV nelle persone sieropositive. I (pochi) dati preliminari sembrano
indicare una maggiore incidenza di anemia associata all’uso della ribavirina. Per tale ragione sono
attualmente allo studio dosaggi ridotti di ribavirina (da 800 mg a 600) e l’uso di farmaci che favoriscono
la produzione dei globuli rossi. Rispetto alla possibile depressione causata dall’IFN alcuni consigliano
anche una profilassi con antidepressivi.
Altri dati preliminari consigliano la sostituzione dell’AZT (zidovudina) se è presente nella HAART.
Sebbene vi sia una temporanea riduzione dei CD4 durante il trattamento dell’HCV (l’IFN è considerato
un farmaco immunosoppressore), i valori tornano normali subito dopo l’interruzione del ciclo di
trattamento. Sfortunatamente, la maggior parte delle persone con HCV ha il genotipo-1 che è associato
alla peggiore risposta al trattamento.
Un altro problema è che le persone con HIV/HCV non sono generalmente ammesse al trapianto del
fegato. La ragione sarebbe che, le potenziali interazioni tra i farmaci immunosoppressivi ed i farmaci
contro l’HIV non sono note. Ma le persone in ogni caso muoiono perché gli è negato il trapianto,
sebbene non esistano ragioni concrete per escludere le persone sieropositive dai programmi di trapianto.