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Venerdì 21 Agosto 2015
ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA
In Germania dai musei ai teatri fino ai grandi restauri è tutto un premiare la professionalità tricolore
Gli italiani tra i migliori tedeschi
Nessuno ha avuto dubbi ad affidare Potsdamer Platz a Piano
S
un tedesco, sia pure sposato a
una fiorentina, agli Uffizi. Non
c’erano italiani all’altezza? Ma
sarebbero mai stati prescelti?
Probabilmente sarebbero stati
nominati i soliti amici dei politici, oppure ex ministri, come
la signora Melandri al Maxxi
di Roma.
tonica finisca sotto il controllo
degli stranieri. La sezione del
Rinascimento italiano alla
Gemäldegalerie, che ospita
capolavori di Caravaggio e
Raffaello, è affidata al fiorentino Roberto Contini. A
quanto pare per i tedeschi era
il migliore.
Da noi si è scatenata la
consueta polemica perché
il ministro alla cultura, Franceschini, ha nominato sette
intendenti stranieri su 20 a
dirigere i nostri musei. Perfino
Non conosco i sette stranieri, non sono in grado di
valutare le nomine, mi basterebbe sapere che sono bravi,
italiani o inglesi o francesi,
poco importa. Quel che mi interessa è lo sdegno nazionalistico, da cui siamo presi sempre
allo stadio o quando qualcuno
compra una nostra azienda.
Vendere l’Alitalia ai francesi?
Giammai, meglio farla andare
in malora. E l’Alfa Romeo ai
tedeschi? Un sacrilegio, anche
se probabilmente ne avrebbero salvato il mitico prestigio,
come hanno fatto con la Rolls,
la Jaguar e la Mini.
A Roma, Eef non oserebbe
girare in bicicletta, ma l’avrebbero mai assunto?
A Berlino nessuno si preoccupa che la cultura teu-
Lo chiameranno mai a
dirigere gli Uffizi nella sua
città natale? Lo Schloss, il castello dell’ultimo Kaiser, viene
ricostruito dall’architetto
vicentino Franco Stella
che ha vinto il regolare
concorso internazionale. Affidare a un
italiano il simbolo
della Prussia? Warum nicht? Perché
no, se ha elaborato il
progetto più razionale. E, tra l’altro, sta
rispettando i tempi di consegna.
Berlino
ha un
da Berlino
ROBERTO GIARDINA
e in una giornata di
pioggia, a Berlino, vedete un signore compassato, in giacca e cravatta, su una bicicletta nera,
pedalare impassibile protetto
da un ombrello tenuto saldamente nella destra, sappiate
che è il mio amico Eef, nome
semplice, cognome complicato, Overgaauw, diretto alla
sua Staatsbibliothek, dove è
responsabile della sezione dei
preziosissimi manoscritti medioevali. Il professor doktor
Eef parla un italiano invidiabile, decifra incunaboli in latino e greco vecchi di secoli. I
tedeschi l’hanno scelto perché
probabilmente è il più autorevole specialista al mondo nel
suo campo. Che sia olandese ai
prussiani non importa.
cuore italiano: la Potsdamer
Platz, ridotta a una distesa
di sabbia dopo la guerra, è
stata ricostruita dal genovese
Renzo Piano. E dato che non
è un folle egocentrico ha affidato alcuni palazzi a colleghi
di ogni nazionalità. Sul Reichstag scintilla una cupola di
cristallo opera dell’architetto
Norman Foster, di Manchester. Alla Philarmonie, l’eredità dell’austriaco von Karajan
fu raccolta dal nostro Abbado,
che sarebbe potuto rimanere sul podio a vita,
se avesse voluto.
Quando si dimise,
nominarono Simon Rattle, di
Liverpool come i
Beatles, e quando anche lui se ne
andrà, nel 2018, arriverà il russo Kirill
Petrenko. Nessuno
si chiede se non ci
siano direttori
d’orche-
Renzo Piano
stra tedeschi all’altezza.
L’opera di Lipsia è stata
affidata al milanese Roberto Chailly. Un altro milanese,
Roberto Ciulli, dirige da oltre trent’anni il teatro di Mülheim an der Ruhr, uno dei più
apprezzati dai critici. Giovanni di Lorenzo, per la verità
con doppio passaporto, madre
tedesca padre di Rimini, dirige
la Zeit, il settimanale dell’intellighenzia tedesca, l’unico a
non perdere copie. Infine, il siciliano Giuseppe Vita è stato direttore della Schering,
la più grande industria della
capitale, ed è sempre l’italiano
più stimato in Germania. Un
tedesco avrebbe mai diretto
la Fiat?
Sono i nomi che ricordo, e sicuramente ne ho dimenticati
altri. I tedeschi, che riteniamo
nazionalisti, non sono sciovinisti come gli italiani. Noi siamo pronti ad accettare senza
problemi gli stranieri solo sul
campo di calcio, meglio se possono vantare una nonna, o un
bisnonno italiani.
© Riproduzione riservata
PIÙ CONOSCIUTO DELLA MEZZALUNA E DELLA STELLA DI DAVID
Lo conferma uno studio su Lancet
Il simbolo della falce e martello
piace ancora al 73% dei russi
La musica aiuta
anche in corsia
DI
MAICOL MERCURIALI
D
i simboli con la falce e il martello se
ne trovano a migliaia in giro per la
Russia: da Mosca al più piccolo paesino della steppa ogni centro abitato
conserva l’immagine di riconoscimento che
identifica il comunismo. In cima ai palazzi
oppure scolpito in un muro, nella metropolitana o in un monumento, la falce e martello
continua a far parte della vita quotidiana dei
russi. Sarà per questo che la maggioranza dei
cittadini ha una visione generalmente positiva di questo simbolo: la pensa così il 73%
dei russi stando ai dati diffusi dall’Istituto di
ricerca Wciom. I sondaggisti hanno scandagliato l’opinione pubblica per capire cosa ne
pensassero i russi di alcuni simboli, oltre alla
falce e martello anche la stella a cinque punte
sovietica, la bandiera delle Nazioni Unite,
la mezzaluna araba, la stella di David, la
bandiera ucraina e la svastica.
Le effigi comuniste sono dunque ben
accette. Sempre restando sulla falce e martello c’è solo un 11% del campione (sono state
intervistate 1.600 persone di 46 regioni russe)
che ha una percezione negativa, mentre un
6% non sa cosa significhi. Una percentuale
che sale al 10% nel caso della stella rossa
a cinque punte, che è comunque ben vista
dal 66% della popolazione russa. Un russo
su quattro, invece, non conosce la bandiera
delle Nazioni Unite e un 44% le attribuisce
un significato positivo, mentre il 17% dà un
giudizio negativo.
Se i simboli sovietici sono comunque
molto conosciuti e, nonostante gli anni di
regime, hanno una buona reputazione, non si
può dire la stessa cosa dei simboli religiosi.
La mezzaluna, simbolo dell’Islam e
presente nelle bandiere di diversi stati, dà
una percezione positiva solo al 41% dei russi
mentre un 23% si esprime negativamente.
Ma quasi un russo su cinque non sa che cosa
significa. La stella di David, invece, è sconosciuta al 22% dei russi e il simbolo ebraico è
visto positivamente dal 32% del campione e
negativamente dal 28%.
Da un anno a questa parte i rapporti
tra Russia e Ucraina si sono logorati. Il
sondaggio ha chiesto un giudizio anche sulla
bandiera ucraina, percepita positivamente
solo dal 27% dei russi, mentre il 34% dà un
parere negativo.
Sulla svastica c’è un giudizio netto: il
74% ha una cattiva opinione del simbolo del nazismo, ma in Russia c’è un 8% che
risponde positivamente. Non è un caso che
movimenti neonazisti si stiano sviluppando
a Mosca e nelle altre città della Federazione. E poi c’è un 7% che la svastica non la
riconosce proprio e non sa che cosa simboleggi. Tuttavia la maggior parte dei russi
(62%) pensa che la svastica dovrebbe essere
vietata, anche se un quinto del campione è
dell’idea che il simbolo nazista non dovrebbe
essere bandito. Per il 50% dei russi la stella
di David non dovrebbe essere vietata, percentuale che sale al 55% nel caso della mezzaluna musulmana.
Per quanto riguarda i simboli sovietici, invece, la stragrande maggioranza dei
russi non li metterebbe mai al bando: il 72%
si oppone al divieto di usare la falce e martello e il 68% al divieto d’utilizzo della stella
rossa.
©Riproduzione riservata
La musica, oltre ad attenuare l’ansia prima di un’operazione,
è in grado di diminuire il ricorso a sedativi e analgesici
L
a musica è in grado
di attenuare l’ansia
dei pazienti prima di
un’operazione e può
aiutare in modo significativo
il recupero dopo l’intervento
chirurgico.
La conferma arriva da
un’analisi pubblicata su Lancet, che raccoglie i risultati di
una settantina di studi effettuati su un totale di 7 mila
pazienti.
Secondo i lavori dei ricercatori, la musica, oltre ad attenuare l’ansia prima di un’operazione, è in grado di diminuire
il ricorso a sedativi e analgesici
nel decorso post operatorio: il
dolore percepito, in una scala
da 1 a 10, è infatti ridotto di
due punti.
In ogni caso diffondere melodie per alleviare le sofferenze
dei malati è una pratica in voga
già dall’Ottocento. Elizabeth
Ball, coautrice dello studio,
ricorda che Florence Nightingale, la pioniera dell’assistenza
infermieristica moderna, utilizzava la musica con i feriti della
guerra di Crimea (1853-1856).
«Gli studi condotti finora
sugli effetti analgesici della
musica erano di troppo scarsa ampiezza per convincere la
comunità scientifica», spiega
la ricercatrice. «Ma la compilazione dei dati che noi abbiamo effettuato fornisce ora una
prova solida».
Quanto all’efficacia, non è
stata riscontrata alcuna differenza tra i diversi generi musicali. Gli autori dello studio raccomandano soltanto di lasciare
libero il paziente di scegliere a
seconda dei propri gusti. Unica
condizione: la musica non deve
disturbare il lavoro di personale medico e paramedico.
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