GROTTE DI CATULLO E MUSEO ARCHEOLOGICO SIRMIONE (BS)

GROTTE DI CATULLO E MUSEO
ARCHEOLOGICO
SIRMIONE (BS)
LAVORI DI SISTEMAZIONE LOCALE NUOVI BAGNI E SPOGLIATOI PER
IL PERSONALE
A – RELAZIONE TECNICO-ILLUSTRATIVA
Polo Museale della Lombardia:
Direttore: dott. Stefano L’Occaso
Responsabile unico del procedimento: geom. Tino Pacchieni
Il progettista: geom. Tino Pacchieni
data:
dicembre 2016
POLO MUSEALE REGIONALE DELLA LOMBARDIA
Palazzo Litta, Corso Magenta, 24 – 20123 Milano – tel. 02 80294261
email: [email protected] – Pec: [email protected]
C.F. 97716720152
POLO MUSEALE DELLA LOMBARDIA
RELAZIONE TECNICO-ILLUSTRATIVA
Sirmione, Grotte di Catullo e Museo Archeologico; ingresso area archeologica.
REALIZZAZIONE DI NUOVI BAGNI PER I VISITATORI E SPOGLIATOIO PER
IL PERSONALE IN SERVIZIO.
Cenni storici e descrizione del sito
La grande villa, al di sotto della quale sono state rinvenute strutture del I secolo a.C. viene
edificata agli inizi del I secolo d.C. La villa doveva essere in stato di abbandono già nel III
secolo d.C. quando parte della sua decorazione architettonica viene reimpiegata nell’altra
villa romana di Sirmione, quella di Via Antiche Mura. Fra il IV secolo e il V secolo le
imponenti strutture superstiti della villa vengono incluse nelle fortificazioni che recingono la
penisola di Sirmione e all’interno dei resti dell’edificio romano vengono realizzate delle
sepolture.
Nel corso dei secoli, come si è detto, diversi cronisti e viaggiatori visitano le rovine, ma i
primi studi concreti su di esse vengono effettuati solamente nel 1801 dal generale La Combe
St. Michel, comandante d’artiglieria dell’esercito di Napoleone Bonaparte.
Successivamente, il conte veronese Giovanni Girolamo Orti Manara esegue scavi e rilievi,
ancor oggi fondamentali, che pubblica nel 1856.
Nel 1939 la Soprintendenza per i beni archeologici avvia un ampio programma di scavi e
restauri, acquisendo infine nel 1948 l’intera area per permettere un’adeguata tutela del
complesso, immerso nel suo ambiente naturale. Durante gli anni novanta del Novecento
ulteriori studi hanno confermato che la costruzione è stata realizzata attraverso un progetto
unitario, che ne ha definito l’orientamento e la distribuzione degli spazi interni secondo un
preciso criterio di assialità e di simmetria.
Il complesso archeologico, ancora oggi portato alla luce solo parzialmente, copre un’area di
circa due ettari. La villa ha pianta rettangolare, di 167 x 105 metri, con due avancorpi sui
lati corti nord e sud. Per superare l’inclinazione del banco roccioso su cui fu impostato
l’edificio vennero create grandi opere di sostegno (sostruzioni) nella parte settentrionale e
furono effettuati imponenti tagli per modellare il banco roccioso. Questi ultimi sono
particolarmente ben visibili sul lato ovest (Grande Criptoportico) e sul lato orientale
dell’avancorpo settentrionale.
Il piano nobile, corrispondente agli ambienti di abitazione del proprietario, risulta il più
danneggiato, sia perché era il più esposto sia perché la villa, dopo il suo abbandono, è stata
per secoli una cava di materiali. Meglio conservati sono il piano intermedio e quello
inferiore. L’ingresso principale dell’edificio si trovava nell’avancorpo meridionale. La villa
era caratterizzata da lunghi porticati e terrazze aperti verso il lago lungo i lati est e ovest,
comunicanti a nord con un’ampia terrazza belvedere, munita di velarium.
Lungo il lato occidentale, oggi è visitabile il criptoportico, una lunga passeggiata un tempo
coperta. Le parti residenziali dell’edificio erano situate nelle zone nord e sud, mentre la
parte centrale, costituita oggi dal Grande Oliveto, era occupata da un esteso giardino. Sul
lato meridionale, sotto un pavimento in opus spicatum, si trova una grande cisterna lunga
quasi 43 metri, che raccoglieva l’acqua necessaria per gli usi quotidiani. L’ampio settore
termale della villa, costituito da diversi vani situati nella zona sud occidentale, tra i quali la
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cosiddetta piscina, fu ricavato probabilmente all’inizio del II secolo. I vari ambienti della
villa possiedono suggestivi nomi convenzionali, derivati da una tradizione locale
consolidata oppure da interpretazioni e denominazioni date durante i primi scavi. Fra le
rovine, ad esempio, si possono trovare l’Aula a tre pilastri, il Lungo corridoio, la Trifora del
Paradiso, il Grande Pilone, la Grotta del Cavallo, il Grande Oliveto prima citato e l’Aula dei
Giganti.
Nel 1999, all’interno del parco che accoglie i resti della villa, è stato inaugurato il
Museo. Esso ospita numerosi reperti provenienti dagli scavi della villa romana delle “Grotte
di Catullo”, da altre ville romane situate sul lago di Garda (villa di via Antiche Mura a
Sirmione e villa di Toscolano) e da altri siti archeologici della zona. Il Museo è organizzato
in più sezioni.
Il Museo archeologico di Sirmione
sito all’interno dell’area archeologica, è stato aperto al pubblico nel giugno 1999 in
sostituzione del precedente piccolo Antiquarium per offrire alla pubblica fruizione un
numero maggiore di reperti rinvenuti nell’area archeologica delle Grotte di Catullo.
Il Museo, che si configura come un supporto alla visita della villa romana e degli altri resti
monumentali conservati a Sirmione, raccoglie le testimonianze della storia più antica della
cittadina, dagli oggetti recuperati nelle palafitte sommerse lungo le coste della penisola (San
Francesco, Maraschina, Porto Galeazzi, Lugana Vecchia) a quelli rinvenuti nei numerosi
scavi di età romana e medievale fra cui, per importanza, si distinguono quelli relativi al
grandioso edificio romano di Via Antiche Mura, alle chiese di San Pietro in Mavino e San
Salvatore nonché alla necropoli longobarda del colle di Cortine.
I LAVORI
Nel quadro delle attività di riqualificazione e valorizzazione del sito museale denominato
“Grotte di Catullo e Museo Archeologico” di Sirmione, si intende procedere alla
riqualificazione dell’area d’ingresso; oggetto della presente nota è il fabbricato adibito a
spogliatoio per il personale di vigilanza.
Nel DVR redatto in data 22 luglio 2015, il RSPP ing. Claudio Farina ha segnalato (p. 2) la
necessità di dotare il personale del sito di locali spogliatoio e bagni adeguati alle
prescrizioni del Testo Unico della Sicurezza, realizzando spogliatoi e armadi per il vestiario,
con spogliatoi separati per entrambi i sessi e comprensivi di almeno un bagno (in prossimità
dello spogliatoio) con vano latrina separato. La recente rottura dei bagni collegati al Museo
e la necessità di intervenire in maniera radicale anche nell’impiantistica dei medesimi, ci
impongono di realizzare in tempi brevi gli adeguamenti richiesti.
Le indicazione del medesimo RSPP sono state reiterate con DVR del 30 maggio 2016 (p. 3).
Un ulteriore passo, per la riqualificazione di un luogo di straordinario valore culturale,
archeologico e paesaggistico, è l’esecuzione di opere che possano portare a ripristinare le
necessarie condizione di decoro e uso regolare degli spazi demaniali.
L’intervento riguarda la realizzazione di 2 piccoli fabbricati (uno a uso igienico e uno
adibito a spogliatoio), posti sui due lati liberi dell’attuale edificio guardiola/spogliatoio
all’ingresso del parco archeologico “Grotte di Catullo” (Sirmione, BS).
L’addosso dei nuovi corpi di fabbrica verranno eseguiti con la stessa tecnica muraria di
quella esistente (corsi regolari a vista in pietra di Prun bianco/rosa); in alcune parti la
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muratura sarà intonacata dello stesso colore degli edifici già presenti in area; si è scelto di
accostare le murature per permettere una visione continuativa della muratura senza
interruzioni.
Sulla copertura piana sarà stesa una membrana impermeabilizzante bituminosa giuntata a
caldo con quella esistente.
Gli infissi saranno in legno. La pavimentazione esterna sarà in lastre di pietra di Prun delle
stesse dimensioni di quelle esistenti.
NORMATIVA DI TUTELA DELL’AREA E SUA DESCRIZIONE
Nella dichiarazione di rilevante interesse pubblico della penisola di Sirmione, decretata con
provvedimento del 18 novembre 1955, si accenna all’importanza della pubblica fruizione
dei luoghi: “riconosciuto che la penisola predetta ha notevole interesse pubblico perché con
la particolare ubicazione del suo territorio, oltre a costituire un quadro naturale di singolare
bellezza panoramica, offre dei punti di vista accessibili al pubblico dai quali si può godere la
magnifica visuale del Lago di Garda e del Monte Baldo”.
Il sito è di interesse culturale, come da decreto del Ministro della Pubblica Istruzione, 24
gennaio 1946.
Il progetto intende coniugare conservazione e fruizione pubblica e di conseguenza il
progetto sottoposto ad autorizzazione paesaggistica si articola in due principali interventi,
momenti di un unico lavoro:
● Realizzazione volume nuovo spogliatoio;
● Realizzazione volume nuovi bagni.
L’orientamento progettuale assunto intende evitare interventi intrusivi e obliterativi e
rispettare lo straordinario quadro culturale e paesaggistico entro cui l’intervento si pone.
I lavori sono stati autorizzati dal Comune di Sirmione con nota 16261 del 29 settembre
2016, con parere vincolante della Soprintendenza, la cui autorizzazione è stata inoltrata con
prot. 5469 del 2 dicembre 2016.
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Mappa catastale dell’area delle Grotte di Catullo
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Paesaggi dei laghi insubrici
Questo paesaggio non è solo uno dei più peculiari della fascia prealpina, ma è anche uno dei
più significativi e celebrati della Lombardia e d’Italia. Esso richiama la storia geologica
della formazione delle Alpi, le vicende climatiche, e con queste, anche le morfologie e le
forme di insediamento di periodo storico. I laghi occupano la sezione inferiore dei bacini
vallivi che scendono dalle catene più interne. Questi invasi sono il risultato di fratture
antiche e di modellamenti glaciali pleistocenici. Tutti sono racchiusi dalle dorsali prealpine.
Solo in corrispondenza del lago di Garda l’espansione delle acque di accumulo ha superato i
limiti della valle del Sarca investendo con un largo arco di sbarramento morenico una parte
della pianura. La presenza dei laghi condiziona fortemente il clima e l’abito vegetale dei
luoghi assumendo quella specificità - detta insubrica - rappresentata da una flora spontanea
o di importazione (dai lecci, all’ulivo, al cipresso) propria degli orizzonti mediterranei. Ma
alla presenza delle acque lacustri si devono numerosi altri elementi di singolarità riguardanti
l’organizzazione degli spazi (tipo di colture, di insediamento, attività tradizionali come la
pesca, interrelazioni per via d’acqua…) e le testimonianze storiche, la percezione e la
fruizione del paesaggio come scenario di soggiorno e turismo. Al richiamo del paesaggio
lacustre si collega la formazione dell’immagine romantica e pittorica dei luoghi, delle ville e
dei giardini, vero e proprio ‘paesaggio estetico’, declamato nella letteratura classica
(Catullo, Goethe, Kafka, Mann, Gide, D’Annunzio) e di viaggio, raffigurato nel vedutismo e
nella pittura di genere. La fascia spondale, così caratterizzata, è poi sovrastata da fasce
altitudinali che si svolgono lungo i versanti in modi tradizionalmente non tanto dissimili da
quelli delle valli proprie.
Indirizzi di tutela (paesaggi dei laghi insubrici)
Al paesaggio dei laghi prealpini il piano territoriale paesistico deve rivolgere l’attenzione
più scrupolosa, per l’importanza che esso riveste nel formare l’immagine della Lombardia.
La tutela va esercitata anzitutto nella difesa dell’ambiente naturale, con verifiche di
compatibilità di ogni intervento che possa turbare equilibri locali o di contesto. Difesa
quindi della residua naturalità delle sponde, dei corsi d’acqua affluenti a lago, delle
condizioni di salute delle acque stesse che sono alla base della vita biologica di questi
ecosistemi, difesa delle emergenze geomorfologiche. Dalle rive deve essere assicurata la
massima percezione dello specchio lacustre e dei circostanti scenari montuosi. La
trasformazione, quando ammessa, deve assoggettarsi oltre che al rispetto delle visuali di cui
sopra, anche alla salvaguardia del contesto storico. Gli alti valori di naturalità impongono
una tutela assai rigida di tutto ciò che compone la specificità insubrica (dalle associazioni
arboree dei versanti alla presenza di sempreverdi ‘esotici’ quali olivi, cipressi, palme…). Le
testimonianze dell’ambiente umano, che spiccano in particolare modo nell’ambito dei laghi
(borghi e loro architetture, porti, percorsi, chiese, ville nobiliari…), vanno tutelate e
valorizzate. Tutela specifica e interventi di risanamento vanno esercitati sui giardini e i
parchi storici (si pensi al solo, esecrabile, caso di abbandono dello storico giardino del
Merlo, fra Musso e Dongo), sul paesaggio agrario tradizionale (si pensi agli splendidi ripiani
coltivi della Muggiasca o a quelli dei Borai di Predore). Anche i livelli altitudinali posti al di
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sopra delle sponde lacustri vanno protetti nei loro contenuti e nel loro contesto, nella loro
panoramicità, nel loro rapporto armonico con la fascia a lago.
L’acqua:
È l’elemento naturale dominante del paesaggio nella regione insubrica, sia essa distesa nei
grandi specchi dei laghi, sia essa tumultuosa e rumoreggiante negli orridi e negli anfratti dei
gradini glaciali, sia ancora raccolta e regolata negli alvei dei grandi fiumi. La sua presenza,
oltre a stabilire precisi influssi sul microclima e sulla vegetazione, arricchisce lo scenario,
attenuando la severità dei rilievi, delineando linee di fuga orizzontali sui divergenti profili
dei monti. Va tutelata e rispettata, va disinquinata. Va disincentivato l’uso di mezzi nautici a
motore. Se necessari, darsene e porti turistici si devono realizzare secondo criteri
localizzativi accurati, con dimensioni contenute e con l’adozione di elementi decorativi che
traggano spunto dalla tradizione. Infine, tutta la cultura materiale che ha tratto dalla risorsa
acqua un grande bagaglio di tecniche e conoscenze va rispettata e non dimenticata: dalle
pratiche di pesca, ai commerci via lago, alle tipologie delle imbarcazioni (basti pensare
all’immagine della barca lariana nell’identificazione del paesaggio lariano).
Le sponde:
Le sponde dei laghi sono l’essenza e il fulcro del paesaggio insubrico. La loro
compromissione ha assunto caratteri deleteri solo da data relativamente recente. In passato,
specie nell’Ottocento, la costruzione dei lungolaghi (sebbene criticabile sotto il profilo della
conservazione dell’originaria trama dei borghi lacuali, perpendicolari e non paralleli alla
sponda) e l’infoltimento delle ville borghesi aveva assunto caratteri e dimensioni tali da non
compromettere l’estetica dei luoghi, anzi aveva generato una sua estetica propria,
largamente idealizzata dalla propaganda turistica. La successiva costruzione delle strade
litoranee (conclusa solo nella prima metà del XX secolo), la privatizzazione degli arenili,
l’edificazione e la sostituzione edilizia negli abitati ha stravolto il delicato equilibrio
preesistente. Occorre qui delineare una nuova filosofia che interpreti il senso di ogni
ulteriore trasformazione in questi luoghi, riprendendo magari i criteri che accompagnarono
le prime realizzazioni urbane, ricche di decoro, stile e misura. Sono particolarmente
criticabili tutti gli interventi ‘fuori scala’ rispetto al contesto ambientale, così minuto e
parcellizzato, l’uso di materiali edilizi impropri, tinteggiature non confacenti. Le sponde dei
laghi non devono essere ulteriormente alterate, ma al contrario si deve esaltarne la residua
naturalità. Si deve evitare la costruzione di infrastrutture di grosso peso o si devono
mimetizzare con grande efficacia. Tutte le aree di risulta, rese tali dall’ammodernamento
della rete viaria (vecchi tracciati stradali dismessi), devono essere recuperate per uso
turistico come piste pedonali o ciclabili valorizzando la loro funzione paesaggistica.
Un problema particolare è quello della conservazione di parchi e giardini storici, sempre più
soggetti a disinvolte operazioni di smembramento e lottizzazione.
Il clima e la vegetazione:
La rilevante funzione termoregolatrice dei laghi esercita benefici influssi sulla vegetazione
che si manifesta con aspetti assolutamente unici a queste latitudini e a così prossima
vicinanza con gli ambienti freddi degli orizzonti alpini. Per questo motivo, la flora
insubrica, nella sua consistente varietà di specie, deve essere largamente protetta. Ma la
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protezione non deve riguardare solo la singola specie, ma in molti casi l’intero scenario
naturale che le fa da contorno. Vanno tutelate e incentivate le colture tipiche di questi
ambienti: i frutteti, i vigneti, gli uliveti e, a un gradino più in su, i castagneti. In pari tempo
vanno governate e mantenute le associazione vegetali del bosco ceduo di versante e le
sistemazioni agrarie terrazzate. Vanno censite e governate tutte le essenze esotiche dei
parchi e dei giardini storici. Va migliorato il patrimonio boschivo, laddove si segnalino
estese rinaturalizzazioni.
Gli insediamenti e le percorrenze:
L’impianto urbanistico del borghi lacuali assume connotati di assoluta unicità con andamenti
e assi pedonali perpendicolari alla sponda e sistemazioni edilizie a gradonate. Tale disegno
dovrebbe essere mantenuto evitando che le espansioni recenti consegnino una lettura
complessiva alterata. Si osserva infatti la comune tendenza ad espandere i nuclei seguendo
le sinuose ramificazioni delle strade che dal vecchio nucleo risalgono i versanti secondo una
disposizione a schiera di lotti edificabili. Tale criterio comporta un enorme consumo di
suolo, su lembi di ben conservato paesaggio agrario, e si rivela l’esatto opposto della
consolidata sistemazione edilizia a ripiani sovrapposti e degradanti verso lago.
Evidentemente la necessità di fornire a ogni residente un accesso veicolare ha determinato
questa scelta. L’impiego di parcheggi collettivi, peraltro condizione obbligata per i residenti
nei vecchi nuclei, potrebbe comportare una diversa organizzazione urbanistica delle aree in
via di nuova edificazione e un più consono dialogo con le preesistenze.
L’ampliamento e la sistemazione dei lungolaghi devono riprendere i caratteri decorativi
tradizionali evitando l’eccessivo impiego di elementi standardizzati di arredo urbano. Anche
la preziosa concatenazione dei nuclei temporanei di mezza costa (‘monti’ o ‘alpi’) va
conservata nella sua integrità con l’adozione di criteri riabilitativi congrui con la tradizione.
Va disincentivata la costruzione di strade carrozzabili sulle pendici che sporgono a lago, sia
per il loro non evitabile impatto, sia per le loro spesso eccessive dimensioni. Si deve
propendere invece per tracciati che consentano l’accesso a soli mezzi speciali per i frontisti,
mantenendo tipologie costruttive tradizionali (selciati, muri in pietra, pendenze anche sentite
che evitino un eccessivo sviluppo planimetrico del tracciato). Si deve evitare la
compromissione e l’abbandono dei precedenti tracciati pedonali, anzi se ne deve valorizzare
la funzione escursionistica recuperando tutti i loro elementi costitutivi: gradonate, selciati,
muri, santelle, fontane, soste ecc.
L’ammodernamento dei tracciati stradali principali lungolago deve sottostare a precise
indicazioni per il loro perfetto inserimento nel paesaggio. Sotto questo profilo si può
affermare che non sempre la soluzione in galleria risulti la più efficace poiché viene a
cadere la funzione attiva della strada stessa nella percezione del paesaggio. Inoltre la
costruzione di gallerie, specie di quelle solo parzialmente coperte, deve contemplare criteri
di mitigazione dell’impatto molto più ricercati di quelli attuali. L’impiego di travature
lineari risulta in questo senso sconsigliato e risulta più idonea l’assimilazione di forme a
volta, largamente impiegate nel passato, provvedendo sempre al rivestimento in pietra e a
intensivi interventi di arredo vegetale.
AMBITO GEOGRAFICO
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Estratto “Unità tipologiche di paesaggio” – P.T.P.R. Lombardia, elaborazione personale
Il lago e la montagna sono i due elementi che definiscono la cornice paesistica del bacino
superiore del Garda. Il contrasto è di particolare effetto lungo la riviera bresciana soprattutto
per l’accidentata morfologia orografica, costituita da un basamento sedimentario prealpino
ma rotto di continuo da scorrimenti, pieghe, fessurazioni, ulteriormente plasmato poi da
erosioni glaciali e fluviali.
La zona interessata all’intervento è sita nel complesso archeologico “Grotte di Catullo”;
tutt’oggi la grande villa è la testimonianza più importante del periodo romano (fine I sec.
a.C. - I sec. d.C.) nel territorio di Sirmione ed è l’esempio più imponente di villa romana
presente nell’Italia settentrionale. La villa doveva essere in stato di abbandono già nel III
secolo d.C. quando parte della sua decorazione architettonica viene reimpiegata nell’altra
villa romana di Sirmione, quella di Via Antiche Mura. Fra il IV secolo e il V secolo le
imponenti strutture superstiti della villa vengono incluse nelle fortificazioni che recingono la
penisola di Sirmione e all’interno dei resti dell’edificio romano vengono realizzate delle
sepolture.
Nel corso dei secoli diversi cronisti e viaggiatori visitano le rovine, ma i primi studi concreti
su di esse vengono effettuati solamente nel 1801 dal generale La Combe St. Michel,
comandante d’artiglieria dell’esercito di Napoleone Bonaparte. Successivamente, il conte
veronese Giovanni Girolamo Orti Manara esegue scavi e rilievi, ancor oggi fondamentali,
che pubblica nel 1856.
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Nel 1939 la Soprintendenza per i beni archeologici avvia un ampio programma di scavi e
restauri, acquisendo infine nel 1948 l’intera area per permettere un’adeguata tutela del
complesso, immerso nel suo ambiente naturale. All’interno dell’area archeologica, dal 1999
è aperto il piccolo ma rilevante Museo archeologico di Sirmione, che espone reperti
provenienti da Sirmione e da alcuni siti del basso Garda.
La villa occupa un’area di circa 2 ettari ed è circondata da uno storico uliveto composto da
oltre 1500 piante.
Paesaggi delle colline e degli anfiteatri morenici e indirizzi di tutela:
Paesaggio caratterizzato dalla deposizione di materiali morenici che con ampie arcature
concentriche cingono i bacini inferiori dei principali laghi. Caratteristica è anche la presenza
di piccoli laghi rimasti chiusi da sbarramenti morenici, di torbiere e superfici palustri. La
vicinanza di questo ambito all’alta pianura industrializzata, da cui è sovente indissociabile,
ne ha fatto, almeno nei settori più intimamente legati all’espansione metropolitana, un
ricetto preferenziale di residenze e industrie ad elevata densità.
Vanno tutelati la struttura geomorfologica e gli elementi connotativi del paesaggio agrario.
Sulle balze e sui pendii è da consentire esclusivamente l’ampliamento degli insediamenti
esistenti, con esclusione di nuove concentrazioni edilizie che interromperebbero la
continuità del territorio agricolo. Va inoltre salvaguardata, nei suoi contenuti e nei suoi
caratteri di emergenza visiva, la trama storica degli insediamenti incentrata talora su castelli,
chiese romaniche e ricetti conventuali aggreganti gli antichi borghi.
Gli insediamenti:
Più che dalle dimore isolate, il paesaggio collinare è contraddistinto dall’aggregazione in
nuclei, anche modestissimi, ma densamente distribuiti. Interventi edilizi di restauro e
manutenzione in tali contesti devono ispirarsi al più rigoroso rispetto della tradizione e delle
tipologie locali. A criteri di adeguato inserimento devono invece ispirarsi tutti gli interventi
di adeguamento tecnologico (reti) e, in genere, tutte le opere di pubblica utilità:
dall’illuminazione pubblica, all’arredo degli spazi pubblici, alle pavimentazioni stradali,
all’aspetto degli edifici collettivi.
Le ville, i giardini, le architetture isolate:
Le morbide groppe collinari della Lombardia sono state per molto tempo favorito ricetto
della nobiltà e della borghesia lombarda a cui la tradizione letteraria e iconografica ha
spesso fatto riferimento. Di fatto, specie fra ’700 e ’800, al già combinato paesaggio delle
colline bresciane si aggiunsero due ulteriori segni distintivi: la villa e il suo parco. In quei
due secoli sia l’una che l’altro percorrono tutte le possibili varianti stilistiche compilando un
regesto artistico che forse ha eguali solo nel Veneto e nella Toscana. È un patrimonio che
riguarda l’architettura, le arti decorative, l’arte dei giardini, ma anche l’urbanistica e lo
studio del paesaggio qualora si annotino le valenze di sistema territoriale nelle ville e nella
loro distribuzione.
Occorre prestare al problema massima attenzione avviando programmi di recupero e
intervento diretto da parte delle amministrazioni pubbliche o forme congiunte di gestione
pubblico/privato. Ma occorre anche rivalutare la globalità di queste opere, prima ancora di
una loro distinzione qualitativa che ancora oggi appare più determinata dal pregio
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architettonico dell’edificio che non dal suo possibile valore paesistico. Per cui grande
attenzione, e possibili progetti d’intervento, vanno proposti laddove, per estensione e
diffusione, questi complessi connotano ampie porzioni di territorio garantendo la non
compromissione delle aree interstiziali.
Ma gli elementi peculiari di questo passaggio proseguono anche oltre rilevando come, in
tanti casi, le valenze estetiche siano dopotutto definite da semplicissimi manufatti,
architetture isolate (talvolta un cippo, una stele, talaltra un “casino”, un “berceau”, una
fontana) che per funzione storica o per posizione o, ancora, per qualità formale inducono a
un rispetto, per la verità, fino a oggi ben poco osservato. Ma si tratta anche di piccoli edifici
religiosi (santuari, oratori, cappelle votive, “triboline”, capitelli), di manufatti stradali (ponti,
cippi, selciati), insomma di una folta serie di oggetti ‘minori’ che formano il connettivo
spesso sottaciuto ma contestuale della storia e della memoria dei luoghi.
Sirmione si colloca nelle Aree e ambiti di degrado paesistico provocato da processi di
urbanizzazione, infrastrutturazione, pratiche e usi urbani e nello specifico:
- ambito del “sistema metropolitano lombardo” con forte presenza di aree di frangia
destrutturante
- conurbazioni lineari (lungo i tracciati, di fondovalle, lacuale)
Fenomeni di degrado/compromissione paesistica provocati da processi di urbanizzazione, di
infrastrutturazione e di diffusione di pratiche e usi urbani:
I fenomeni più consistenti e percepibili di degrado/compromissione paesistica rilevabili nel
territorio lombardo sono certamente connessi alle recenti dinamiche di sviluppo economico
insediativo che spingono i nuovi processi di urbanizzazione, di infrastrutturazione e di
diffusione di pratiche e usi urbani a sovrapporre sul territorio una moltitudine di interventi
settoriali, spesso contraddittori tra loro, senza un adeguato confronto con una visione di
insieme, determinando una condizione sempre più estesa di obliterazione dei caratteri
identitari e di marcato disordine, non solo fisico, con effetti rilevanti anche sulle condizioni
ambientali e sulla qualità della vita.
Tali processi investono sempre più non solamente le aree periurbane, dove si sono
storicamente manifestati con maggiore evidenza, ma anche i centri e i nuclei storici, i
territori aperti agricoli e gli ambiti naturali, dove gli effetti di degrado/compromissione
dovuti ai processi di urbanizzazione assumono scale e connotazioni particolari nei diversi
contesti locali.
Tra gli effetti di degrado/compromissione paesistica provocati dai processi di
urbanizzazione sono da valutare anche quelli dovuti a interventi di recupero e
riqualificazione, come a esempio interventi di arredo urbano nei centri storici realizzati
applicando modelli impropri e/o standardizzati che producono banalizzazione e
omologazione e, talvolta, la perdita di autenticità irriproducibili.
Si segnalano inoltre i fenomeni di forte degrado/compromissione paesistica e ambientale
che è possibile registrare nelle aree contermini alle aree di cantiere di grandi opere
infrastrutturali e edilizie prolungate nel tempo, la cui presenza, ancorché non stabilmente
localizzata nel territorio, è diventata ormai un segno permanente e invasivo del paesaggio
contemporaneo; fenomeni di degrado che si manifestano non solo durante l’esecuzione delle
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opere stesse ma anche, in molti casi, al termine, per il mancato o insufficiente risarcimento
del cantiere stesso.
Aree ed ambiti di degrado/compromissione paesistica provocata da processi di
urbanizzazione, di infrastrutturazione e di diffusione di pratiche e usi urbani:
aree di frangia destrutturante: ovvero quelle vaste parti del territorio perturbano costituite da
piccoli e medi agglomerati, caratterizzate dalla presenza di spazi aperti ‘urbanizzati’ e
oggetti architettonici molto eterogenei fra loro, privi di relazioni spaziali significative, dove
si rileva una forte alterazione/cancellazione dell’impianto morfologico preesistente e la
sostituzione con un nuovo assetto privo di alcun valore paesistico e ecosistemico.
Conurbazioni: formate sia dalla saldatura di nuclei e centri urbani diversi che dai nuovi
sistemi di urbanizzazione lineare continua lungo i principali tracciati di collegamento (in
pianura, nei fondovalle e lungo le coste dei laghi) e dalla diffusione puntiforme
dell’edificato in pianura e nei sistemi collinari.
Rischi idrogeologici e classificazione sismica
Per quanto riguarda i rischi idraulici e idrogeologici nell’intero territorio del comune
vengono individuati due pozzi quali elementi a rischio idraulico e idrogeologico. L’area
oggetto di intervento però non presenta tali rischi.
La classificazione sismica del territorio nazionale ha introdotto normative tecniche
specifiche per le costruzioni di edifici, ponti ed altre opere in aree geografiche caratterizzate
dal medesimo rischio sismico. In basso è riportata la zona sismica per il territorio di
Sirmione, indicata nell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274/2003,
aggiornata con la Delibera della Giunta Regionale della Lombardia dell’11 luglio 2014
n.2129 entrata in vigore il 10 aprile 2016.
Sirmione si trova in ZONA SISMICA 2 (zona con pericolosità media dove possono
verificarsi terremoti abbastanza forti); l’accelerazione massima presente all’interno del
territorio comunale è di 0,163095 Ag (I criteri per l’aggiornamento della mappa di
pericolosità sismica sono stati definiti nell’Ordinanza del PCM n. 3519/2006, che ha
suddiviso l’intero territorio nazionale in quattro zone sismiche sulla base del valore
dell’accelerazione orizzontale massima (ag) su suolo rigido o pianeggiante, che ha una
probabilità del 10% di essere superata in 50 anni.)
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Fig. 7: “tutele e valorizzazione dei laghi lombardi” riferito al comune di Sirmione, P.T.P.R.
Lombardia, elaborazione personale
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TAVOLA PAESISTICA:
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“tavola paesistica” riferita al comune di Sirmione, P.T.P.R. Lombardia, elaborazione
personale
QUADRO VINCOLISTICO:
L’area è classificata nel vigente P.R.G. come “ZONA PER ATTREZZATURE DI
INTERESSE GENERALE- ZONA TERRITORIALE OMOGENEA “F”
L’area è gravata dai seguenti vincoli:
1 - Area inserita all’interno di parchi e/o riserve nazionali o regionali;- all’Art. 142, c.1, lett.
“F” del Dlgs 42/04 e s.m.i. in quanto è situata all’interno del Parco Archeologico Grotte di
Catullo.
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Fig.9- Estratto mappa PGT, fonte Comune di Sirmione, elaborazione personale
Fig.10- Particolare mappa PGT, fonte Comune di Sirmione, elaborazione personale
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NOTE DESCRITTIVE DELLO STATO ATTUALE DELL’AREA TUTELATA:
Il sito ove verrà realizzato il nuovo corpo di fabbrica è ubicato in Sirmione (BS), piazzale
Orti Manara, n. 4. Le coordinate geografiche del sito sono, Latitudine 45°50’04“ Nord e
Longitudine 10°60’52” Est.
Il progetto del fabbricato di che trattasi è stato corredato da una relazione generale
descrittiva che ne illustra, tra l’altro, i profili architettonici, compositivi e di finitura
percepibile.
Il contenuto è di seguito riportato:
DESCRIZIONE
DELL’OPERA:
DELL’INTERVENTO
E
DELLE
CARATTERISTICHE
L’AREA
I lotti oggetti di intervento rientrano in ZONA PER ATTREZZATURE DI INTERESSE
GENERALE- ZONA TERRITORIALE OMOGENEA “F” del PRG, individuati con i
mappali n. 8, 1, 2, 4, 5, 12, foglio 1 – particella 762.
DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI:
Oggetto della variante riguarda la realizzazione di due piccoli fabbricati, all’ingresso del
parco archeologico “Grotte di Catullo” (Sirmione, BS).
L’intervento ha una consistenza di 17,85 mq per quanto riguarda il nuovo spogliatoio, e
33,79 mq in merito ai nuovi bagni; tali edifici (adibiti uno a uso igienico e uno a
spogliatoio) verranno realizzati in corrispondenza dei due lati liberi dell’attuale edificio
guardiola/ spogliatoio.
L’addosso dei nuovi corpi di fabbrica verranno eseguiti con la stessa tecnica muraria di
quella esistente (corsi regolari a vista in pietra di Prun bianco/rosa); in alcune parti la
muratura sarà intonacata dello stesso colore degli edifici già presenti in area; si è scelto di
accostare le murature per permettere una visione continuativa della muratura senza
interruzioni.
Sulla copertura piana sarà stesa una membrana impermeabilizzante bituminosa giuntata a
caldo con quella esistente.
Gli infissi saranno in legno. La pavimentazione esterna sarà in lastre di pietra di Prun delle
stesse dimensioni di quelle esistenti.
EFFETTI CONSEGUENTI ALLA REALIZZAZIONE DELL’OPERA
Gli effetti conseguenti la realizzazione dell’opera in relazione agli elementi di tutela, poiché
trattasi di edifici di modeste dimensioni, risultano pressoché minimi dal punto di vista
vedutistico, in quanto trattasi di interventi analoghi per tipo e materiali, a costruzioni
presenti sul territorio con peculiarità del tutto in linea con il patrimonio agricolo montano.
L’intervento inoltre tiene conto delle caratteristiche del luogo e degli edifici preesistenti; la
realizzazione di tali fabbricati sostituisce (per quanto riguarda i servizi igienici) e integra (in
riferimento al locale spogliatoio) i locali serventi del parco archeologico, in quanto si
prevede la dismissione dei bagni attualmente in uso.
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Inoltre, si tiene conto che:
è posto in zona soggetta a vincolo di tutela paesaggistica ex legge 1497/1939 (ora D.Lgs.
42/2004)
l’area limitrofa è caratterizzata da particolari presenze naturalistiche, agronomiche etc
è adeguata all’impianto urbanistico esistente
la scelta della tipologia costruttiva proposta è stata dettata dalla ricerca di un inserimento in
linea con le tipologie esistenti nella zona e nel rispetto degli unici elementi naturalistici
esistenti
Quanto ai materiali utilizzati per la costruzione e la finitura vengono previsti gli stessi
materiali e colori esistenti nel corpo di fabbrica esistente e quanto precedentemente
progettato ed autorizzato. “Per i nuovi volumi di ampliamento” – precisa l’autorizzazione
della competente Soprintendenza ai lavori in oggetto – “siano utilizzate le stesse finiture di
rivestimento di quello esistente cui si collegano, compresi i serramenti e le lattonerie”
In riferimento a tale intervento le operazioni da svolgere sono:
modificazione della compagine vegetale (abbattimento di alberi e/o sradicamento e
riposizionamento di alcune essenze arboree)
scavo di fondazione
getto di fondazione in c.a.
elevazione setti verticali portanti in muratura e realizzazione solaio
finiture (serramenti, piastrelle, sanitari, lavabi)
tinteggiatura
MITIGAZIONE DELL’ IMPATTO DELL’INTERVENTO
La modifica oggetto del progetto, per tipologia e materiali costruttivi, non si pone in
contrasto con l’esigenza di tutela del vincolo, rispetta il contesto (anche se prevede lo
sradicamento di alcune essenze arboree): pertanto consente di sostenere che l’intervento è
paesisticamente compatibile con il vincolo e lo stesso pienamente rispettato e non presente
modifiche all’assetto percettivo, scenico o panoramico in modo evidente.
Il progetto evidenzia perciò i principali elementi di mitigazione ambientale:
- Utilizzo del materiale in armonia con il contesto naturale esistente.
- Equilibrio volumetrico nello spostamento terra
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ORTOFOTO REGIONALI
VISTA COMPLESSIVA AREA INGRESSO DA PIAZZALE ORTI MANARA (sulla
sinistra, coperto delle piante, il fabbricato oggetto dell’intervento)
FOTO PARETE EST, PORZIONI
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FOTO PARETE NORD
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FOTO PARETE SUD
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PIANTA DEMOLIZIONI/COSTRUZIONI
FOTO INSERIMENTI STATO ATTUALE
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PIANTA STATO DI PROGETTO
FOTO INSERIMENTI STATO DI PROGETTO
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SEZIONI
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