Un ragazzo del `99 - Centenario Prima Guerra Mondiale 1914

Associazione Nazionale
Bande Italiane Musicali Autonome
Un ragazzo del '99
Il musicista perugino Claudio Belati
Stefano Ragni
Storie e racconti in musica dalla Grande Guerra
dagli incontri per celebrare il
Centenario della Grande Guerra
Università per Stranieri di Perugia
Tutto inizia all'Università per Stranieri
di Perugia con gli Incontri lanciati dal
pianista e musicologo Prof. Stefano
Ragni per raccontare i più significativi
passaggi della storia e della cultura italiana agli studenti ed ai concittadini.
L'uso della musica quale lingua universale consente ai giovani strumentisti e cantanti coinvolti, provenienti dai
diversi paesi del mondo, di sentirsi partecipi e protagonisti del racconto.
L'approssimarsi del bicentenario della
n a s c i t a d i G i u s e p p e Ve r d i è
l'occasione, che si presenta, nel 2012,
per coinvolgere, accanto all'Università
per Stranieri, il perugino Archivio Storico Tito Belati e l'ANBIMA, associazione delle bande musicali italiane, in un percorso che, attraverso le grandi celebrazioni nazionali, sia capace di intrecciare il passato, il presente, il futuro della
nostra creatività legando alla storia il melodramma e la musica popolare tradizionale bandistica. Nasce così il Progetto Le musiche di Giuseppe Verdi e le
bande musicali per l'Italia unita, che ora prosegue con il Progetto La Grande
Guerra. Suona la banda.
L'Incontro didattico musicale del 16 dicembre 2014, tenuto nell'Aula Magna
dell'Ateneo alla presenza del Magnifico Rettore, anticipa le celebrazioni
sull'entrata in guerra dell'Italia nel 1915 e presenta un memoriale, magistralmente letto dal Prof. Gianfranco Bogliari, dedicato al giovane musicista perugino Claudio Belati, un ragazzo del '99, che ha attraversato la Grande Guerra per
tornare a scrivere pagine di impegno culturale ed imprenditoriale per la sua città
natale, Perugia, e per il mondo bandistico italiano.
Associazione Nazionale
Bande Italiane Musicali Autonome
Un ragazzo del '99
Il musicista perugino Claudio Belati
Stefano Ragni
Storie e racconti in musica dalla Grande Guerra
Realizzazione Archivio Storico Tito Belati - Perugia
Volume non in vendita
E' vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle immagini
senza la preventiva autorizzazione degli aventi diritto
Con la collaborazione
Tipografia Giostrelli
Collezione privata Francesco Cutroni e Bartolo Stimolo
Barcellona Pozzo di Gotto - Messina
Collezione privata Carlo Pagliucci - Roma
Stefano Ragni
Stefano Ragni è docente, musicologo e
musicista.
Docente al Conservatorio “Francesco Morlacchi” e all'Università per Stranieri a
Perugia ha da sempre nel cuore le bande e
le loro tradizioni musicali e sociali. Profondo conoscitore degli intrecci tra storia e
musica popolare nel lungo percorso che,
partendo dall'Inno di Cimarosa di fine Settecento, hanno attraversato l'Ottocento e la prima parte del
Novecento accompagnando l'Italia al suo status di “nazione
unita” anche sotto il profilo culturale e musicale.
Incontra Tito Belati e lo Stabilimento Musicale Tito Belati nel
corso della redazione di un libro dedicato alla vita del M° Pietro
Franceschini, suo mentore e personaggio di grande prestigio
nel settore bandistico umbro.
Successivamente pubblica due libri sul periodico musicale
L'Amico dei Musicisti, fondato nel 1911 per volontà di Tito Belati, e
sta svolgendo ricerche su altri aspetti culturali delle attività
della ditta e del suo fondatore.
Il suo generoso contributo culturale alle iniziative sviluppate
dall'ANBIMA, associazione nazionale delle bande musicali, unitamente all'Archivio Storico Tito Belati ed all'Università per Stranieri di Perugia nel 200° anniversario della nascita di Giuseppe
Verdi è risultato prezioso per affrontare con coerenza e continuità gli impegni attuali in occasione del 100° anniversario della
Prima Guerra Mondiale che vedono le bande musicali impegnate per ricordare il loro contributo durante il conflitto.
Giampaolo Lazzeri
Presidente Nazionale ANBIMA
Un ragazzo del '99
Claudio Belati: la gran rinuncia
Il mio avvicinamento alla figura di Claudio Belati è motivato dal
mio interesse per una dinastia di imprenditori musicali che
dall'anno 1900, quello della Tosca di Puccini, hanno esercitato ai
massimi livelli possibili il mestiere di editori musicali per banda.
Oltretutto c'entra anche un pizzico di Genius loci perché ogni
volta che passo per piazza Italia non posso non pensare che in
questo palazzo Calderini, primo edificio perugino pensato come
un condominio, una specie di vascello che si impenna sulla pianura di Assisi, si è maturato uno dei più antichi processi democratici della città da poco strappata al dominio dei papi-re. Un
imprenditore di particolare fisionomia, un musicista militare,
Tito Belati, impiantava una impresa che avrebbe superato, per
longevità e continuità, tutte quelle presenti a Perugia, dai pastai,
ai tessitori, ai cioccolatai.
Dopo aver conosciuto il nipote di Tito, Mario Belati, personaggio
“ di governo”, alto dirigente statale, un uomo dai tratti affabili e
dall'eleganza di un gentiluomo d'altri tempi, decisi di passare ai
fatti impiantando una ricerca finanziata dall'Università per Stranieri. Ne nacque un libro sulla casa editrice Belati, e un paio
d'anni dopo ne seguì un altro, ambedue doverosi tributi a chi, con
la diffusione di spartiti per banda, aveva portato il nome di Perugia da Macao a Valparaiso, seguendo le orme della emigrazione
italiana.
Lavorando anche su un'altra figura di maestro perugino, Pietro
Franceschini, incrociai ancora questa misteriosa fisionomia di
Claudio Belati, il figlio di Tito e il padre di Mario. Ne avevo già
letto il nome quando compulsavo certi periodici perugini degli
anni a cavallo tra il 1926 e il '30. Lo vedevo giovane violinista
seriamente impegnato in politica, che era quella, ovviamente,
dell'incombente regime fascista. Ma allora chi non lo era? Poi
me ne parlò Mario, come di un padre severo, ma giusto, scisso
tra un amore per la musica non realizzato e il dovere di essere
partecipe di una piccola dinastia di Buddenbrok perugini.
Anche perché con papà Tito, protagonista di uno dei primi casi
giudiziari di separazione legale, c'era poco da scherzare. Venni
a sapere di un Claudio violinista provetto che era in procinto per
spiccare il volo verso gli Stati Uniti, dove certamente l'avrebbe
atteso una brillante carriera di solista: ma c'era l'azienda di
famiglia, e qualcuno doveva pur prendersene carico, soprattutto se era figlio unico. Di qui un violino appeso al chiodo la “gran
rinuncia”, e l'ingresso in un progetto imprenditoriale di enorme
portata, dalle edizioni, allo stabilimento musicale, al periodico
L'Amico dei Musicisti di cui fu direttore dal 1927 al '31. Praticamente i Belati, dallo stabilimento di palazzo Calderini e dalle botteghe di via Marzia mandavano spartiti e strumenti a fiato in
tutto il mondo. Oggi che l'Archivio Storico “Tito Belati” progetta
una mostra permanente all'Università per Stranieri, fioccano
da ogni parte segnalazioni di vecchi strumenti Belati conservati
in case private o nei depositi delle bande.
Questa fisionomia di Claudio, tuttavia, manteneva un volto sfuggente. Niente di lui negli archivi della casa editrice, zero testimonianze familiari, poche tracce per quanto concerne la direzione dell'Istituto Musicale dedicato a Francesco Morlacchi, un
accenno di percorso per la fondazione della Sagra Musicale
Umbra, dati gli accertati rapporti col mitico Francesco Siciliani. Neanche il violino è sopravvissuto alla “rinuncia”.
Difficile lavorare su una memoria tanto ostile all'indagine. Le
poche foto sorridenti di Claudio che si conoscono nascondono
certamente una drammatica relazione col proprio destino e la
fatalità di una appartenenza familiare superiore al destino e alle
aspettative di un giovane votato alla musica.
Ci soccorre oggi un provvidenziale taccuino, un albumetto di foto
e di annotazioni redatto da un ragazzo del '99 come era Claudio,
uno dei tanti giovani mandati al macello della Grande Guerra.
Lo ha ritrovato Mario tra le cose di casa e lo abbiamo utilizzato
subito per i nostri concerti del progetto Grande Guerra-AnbimaArchivio Storico “Tito Belati”.
Offrirlo oggi a chi ci segue è un doveroso omaggio alla memoria
di un uomo che ha percorso con coerenza e con dignità la sua storia di italiano.
Un ragazzo del '99
Il racconto
Li hanno chiamati “I ragazzi del '99”, i giovani volontari studenti
della classe 1899 che a 16 anni hanno abbandonato la scuola e
sono partiti per andare a combattere, in tutte le armi, contribuendo con il loro valore ed il loro sacrificio al completamento del
sogno risorgimentale dell'unità d'Italia riportando i territori del
nord-est sotto al tricolore. Ed ai volontari si sono poi aggiunti,
nel 1917, i coscritti; anche loro sono entrati nella storia come i “ragazzi del '99” e con il loro eroismo, spesso oscuro, sono arrivati
al “fronte” in momenti particolarmente difficili per risollevare le
sorti del nostro esercito.
Uno dei volontari, Claudio Belati, era un
promettente musicista, un giovane
allievo dell'Istituto Musicale Morlacchi
di Perugia, con una innata predisposizione nelle varie espressioni dell'arte,
anche quelle che stavano nascendo con
l'utilizzo delle nuove tecnologie.
Parte da Perugia per combattere gli
austriaci contro il volere del padre Tito,
inventore dell'omonimo Stabilimento
Musicale di musica per banda che guardava con le sue vetrine il Palazzo del Governo, che sperava in una
guerra più breve tale da non coinvolgere il suo unico figlio ed erede, e salutando in gran segreto la madre, altera signora piemontese della Savoia che in quegli anni si era separata giudizialmente dal marito Tito assurgendo ai clamori della cronaca locale.
La sua destinazione sono le Alpi ove operano i reggimenti di artiglieria da montagna, con i loro piccoli cannoni da 75 mm. trasportati a dorso di mulo verso le battaglie; il violino e la musica
sono rimasti a casa. Il compito degli artiglieri è semplice ed intuitivo: dare adeguata copertura di fuoco per liberare gli spazi vita-
li per le avanzate dei fanti e delle truppe d'assalto durante le
azioni di guerra. Gli addetti ai pezzi regolano il loro tiro seguendo “i segnalatori”, ossia dei soldati posti ai lati dello schieramento che indossano sulla schiena appositi contrassegni identificativi. Ma questi uomini coraggiosi sono, sovente, i primi a
morire con la conseguenza pratica che gli artiglieri rimangono
senza punti di riferimento e seguitano a sparare senza allungare il tiro, colpendo i soldati italiani con il così detto “fuoco
amico”. A un volontario studente tutto ciò sembra ingiusto e ..
poco umano, ne parla ai superiori e, dopo un periodo di
discussioni, viene tolto dai pezzi
d'artiglieria per essere assegnato alla guardia alla “polveriera” del Reggimento: otto e
più ore immobili in mezzo alla
neve tenendo il mento appoggiato alla baionetta per non
addormentarsi e poter sempre
rispondere alle ispezioni notturne, le più pericolose. Dopo
qualche mese, una mattina il
mulo lo riporta in branda con le
gambe congelate. Tutto va per il
meglio e la lunga convalescenza sta per concludersi all'Ospedale Militare di Santa Giuliana a
Perugia; siamo nel 1918 e la Guerra sta finendo, ma anche a
Perugia scoppia l'epidemia di “spagnola”, una influenza letale
che porta i civili meno abbienti a riempire l'Ospedale Militare
per ricevere assistenza sanitaria ed i soldati, e tra questi Claudio, diventano prontamente degli infermieri a rischio contagio.
La Prima Guerra Mondiale è terminata, l'Italia ha vinto ed i confini nazionali ora comprendono i territori ancora mancanti.
Ma non tutti i “Ragazzi del '99” tornano subito a casa. Uno di
questi, Claudio Belati, è destinato alla guarnigione dell'isola di
Rodi per fornire, insieme ai Carabinieri, il necessario supporto
al Corpo di Spedizione italiana per l'occupazione dell'Anatolia,
territori dove si indirizzano le aspirazioni espansionistiche
della Grecia confermando le tradizioni elleniche della Guerra
di Troia.
Così, alla fine dell'anno 1918 Claudio Belati si imbarca, con la
sua foto-camera, su una nave della Regia Marina e sbarca
nell'isola di Rodi: un territorio ricchissimo di storia e di bellezze naturali che lo affascina e gli consente di fissare su pellicola
una storia di costume e di presenza di civiltà diverse. Ma non
tutto è così idilliaco a Rodi,
tra uno scatto
e l'altro occorre difendersi
dai greci e dai
turchi che non
sono secondi a
n e s s u n o
nell'uso del coltello e molti sono i commilitoni che non potranno rivedere
l'Italia.
Una testimonianza inedita, riscoperta aprendo un album fotografico con la copertina dipinta a mano, in stile liberty, come si
conviene ad una raccolta di immagini del primo novecento. E le
immagini testimoniano le capacità artistiche del giovane musicista con inquadrature di grande sensibilità nello sposare sempre le figure con il patrimonio storico e paesaggistico.
Al rientro dalla missione all'Isola di Rodi il giovane “ragazzo
del '99” Claudio Belati viene congedato con il grado di Caporal
maggiore e può tornare alla vita civile, ai suoi studi al Conservatorio ed al suo amato violino.
Roma è la città che predilige per passare le vacanze estive,
anche perché non mancano le passeggiate al mare di Sabaudia
con i parenti ed i loro amici. Proprio a Roma conosce una
ragazza che, rapidamente, diventerà sua moglie.
La fidanzata ha una storia famigliare un po' particolare e molto
collegata ai percorsi
dell'unità d'Italia. Infatti ha:
un avo siciliano, Francesco
Paolo Barocchiere, che è
stato uno dei primi carbonari
fucilato a Palermo dai Borboni a seguito della fallita
rivolta del 1 settembre 1831;
un avo romano, ciabattino a
Via Frattina, divenuto famoso nel quartiere per aver confezionato un paio di stivali a
Giuseppe Garibaldi durante
la Repubblica romana nel
1849.
L'arrivo a Roma del feretro
del Milite Ignoto viene vissuto dai due giovani con particolare intensità, tanto che Claudio non può mancare alla cerimonia di tumulazione nell'Altare della Patria; è pur sempre un
suo commilitone che ha combattuto come lui, ma è stato meno
fortunato. E il cuore d'artista del giovane musicista prende il
sopravvento per commemorare questo soldato in una forma
meno ufficiale e più partecipata: immagina quindi che, come è
avvenuto a lui durante la prima visita a Roma, il suo compagno
voglia incontrare la sua nuova città, nella quale dovrà rimanere
per tanto, tanto tempo.
Quale occasione migliore per
passeggiare simbolicamente
insieme lungo un percorso
che, almeno nella mente di
Claudio, rappresenti la romanità più genuina? Partendo da
Piazza Venezia, e non potrebbe essere diversamente, si
affronta la Salita del Grillo per
conoscere la storia popolare
nel quartiere dei negozi di carbone; poi si riscende su Piazza di
Spagna per andare ad una sosta ai giardini del Pincio, dove il
romanticismo è di casa; Piazza del Popolo e Piazzale Flaminio
per arrivare a Ponte Milvio, un simbolo dell'antica Roma.
Seguendo il Tevere ci si avvia verso San Pietro dove una preghiera non può mancare. Ed infine il ritorno all'Altare della
Patria, dopo aver curiosato intorno al Campidoglio. La passione di Claudio per la fotografia torna ad esprimersi e la passeggiata viene fissata attraverso una carrellata di foto, su lastre di
vetro e scattate con una lucidissima fotocamera streoscopica
di ultima generazione, che ci mostrano una Roma in bianco e
nero, ma in 3D.
Una storia forse banale, ma è il ricordo che Claudio Belati
sente di esprimere sulla sua partecipazione alla Grande Guerra: una sintesi degli inverni alpini in trincea e dell'estate a Rodi,
il modesto contributo di un ragazzo alla storia patria.
Claudio Belati ci ha lasciato di quel periodo, che conclude le
guerre per l'Italia unita, queste due inedite testimonianze storiche ed artistiche, quelle che
oggi si chiamano servizi di
documentazione fotografica e
che sono ora recuperate
dall'Archivio Storico Tito Belati per renderle pubbliche in
occasione delle Celebrazioni
del centenario della Prima
Guerra Mondiale.
Ma perché queste immagini
interessano anche il mondo
della musica ed in particolare
quello bandistico? Perché Claudio Belati finita la guerra e
terminati gli studi di violino al
Conservatorio di Pesaro,
abbandona una promettente
carriera concertistica per
dedicarsi alla musica bandistica con lo Stabilimento Musicale
Tito Belati, portando alla banda il suo grande amore per la
musica classica e per il melodramma. E questo amore lo riversa anche nei confronti delle
altre iniziative della sua città, sempre e comunque in
difesa della musica e della
cultura.
Ed in sintesi, con lo stesso
spirito con cui a 16 anni è
partito per la guerra, a 28 è
direttore del periodico musicale L'Amico dei Musicisti,
a 34 è direttore dell'Istituto
Musicale Morlacchi di Perugia che rivoluziona per
avviarlo al “pareggiamento” con gli Istituti statali, a 38 partecipa alla nascita della Sagra
Musicale Umbra. Impegni che prosegue nel secondo dopoguerra in stretto raccordo con il Maestro Francesco Siciliani.
Un ragazzo del '99
La Grande Guerra e gli scatti fotografici di Claudio Belati
Selezione e restauro delle immagini a cura di Paolo Ficola
Paolo Ficola
Ho conosciuto Claudio Belati negli anni
sessanta come genitore del mio caro
amico Mario e lo ricordo come un
signore gentilissimo molto interessato
alla mia passione per la fotografia, passione che poi è diventata la mia ragione
di vita e di lavoro.
Ma la vera scoperta è stata pochi anni
fa quando un giorno Mario, in arrivo da
Roma dove lavorava da tanti anni, mi
portò con noncuranza un vero e proprio
archivio di foto e di filmati per darci un'occhiata e per vedere se
alcune delle immagini potessero avere un valore di documentazione storica e non solo affettivo. Mi disse semplicemente: le
ha fatte mio padre.
Ed ancora oggi sto lavorando su quelle immagini.
Il centenario della Grande Guerra è stata l'occasione per
approfondire le foto più antiche scattate da un ragazzo di circa
venti anni che però dimostrava una capacità espressiva raramente ritrovata in un dilettante. Dalle sue immagini si evidenzia una accurata scelta dei volumi, dei piani e delle profondità,
quasi una ricerca della visione tridimensionale. E proprio questa ricerca di realismo lo portava, pochi anni più tardi, a comperare una moderna macchina fotografica tedesca tridimensionale a doppio scatto con immagini impresse su lastra di
vetro e visualizzabili con stereoscopio di grande precisione,
quasi a prevedere, con la visione lungimirante di molti artisti, i
tempi attuali “100 anni fa”.
A me è stato affidato l'ingrato compito di operare una selezione
tra le immagini d'archivio per le riproduzioni da inserire in questo volume: io avrei voluto pubblicare tutti gli scatti, anche quelli in precario stato di conservazione, per non limitare ai lettori
le emozioni che la storia “visiva” ci concede.
Rodi 1919
Il Milite Ignoto incontra Roma
1921
L'Altare della Patria – Galleria superiore
L'Altare della Patria – La Vittoria
Piazza Venezia dall’Altare della Patria
Piazza di Spagna
Panorama dalla terrazza del Pincio
Il laghetto di Villa Borghese
Da Villa Borghese la Galleria Nazionale d'Arte Moderna
Basilica di San Pietro
Campidoglio - Scalinata
Perugia - Palazzo Calderini
Il Maestro perugino Tito Belati nel 1900 inventa la pubblicazione a
stampa delle parti di musica per gli strumentisti delle bande.
Nel 1908 lo Stabilimento Musicale Tito Belati inizia la produzione
degli strumenti musicali a Palazzo Calderini nel centro della città e
porta il nome e il grifo di Perugia nel mondo.
Da Macao a Valparaiso le bande degli emigranti italiani suonano con
gli strumenti e la musica della Belati.
Associazione Nazionale
Bande Italiane Musicali Autonome
Musica e bande alla Grande Guerra
Progetto