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diritto
di sciopero
regolato?
il disegno di legge n.1473
sulla revisione del diritto di sciopero
Atti del Convegno organizzato
dall’Associazione “The Polis”
Roma, 22 aprile 2009
a cura di
Antonio Foccillo
Copyright © MMX
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133/A–B
00173 Roma
(06) 93781065
isbn 978–88–548–3529–0
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: ottobre 2010
Indice
7 Prefazione
di Antonio Foccillo
35 atti delconvegno
37 Introduzione
di Guido Fantoni
41 Regolazione e prevenzione dei conflitti collettivi di lavoro con
riferimento alla libera circolazione delle persone
di Edoardo Ghera
interventi
49 Lo sciopero da diritto a titolarità individuale a diritto a titolarità collettiva?
di Giuseppe Santoro Passarelli
53 La conflittualità nel nostro Paese
di Mario Ricciardi
5
6
Indice
65 La rappresentatività di chi proclama lo sciopero
di Antonio Martone
73 La regolazione deve rispettare il principio di libertà di cui ogni
organizzazione gode
di Franco Liso
79 Lo sciopero visto dagli utenti dei servizi
di Carlo Pileri
85 Contemperamento dei diritti dei cittadini con quelli dei lavoratori
di Arturo Maresca
91 Conclusioni
di Antonio Foccillo
Il diritto di sciopero regolato?
ISBN 978–88–548–3529–0
DOI 10.4399/97888548352901
pp. 7–34
Prefazione
di Antonio Foccillo
Questo volume raccoglie gli atti del Convegno dell’Associazione “The Polis” dal titolo Il diritto di sciopero regolato?
Per introdurre il tema ho elaborato una breve traccia dell’evoluzione di questo diritto.
1. Aspetti giuridici
Lo sciopero è una forma di autotutela che può esprimersi in
una serie di condotte che hanno come finalità quella di esercitare
pressione nei confronti della controparte (datore di lavoro, Governo) per indurla a fare o non fare qualcosa e per determinare in
tale modo un differente equilibrio tra i fattori della produzione e
del lavoro.
Lo sciopero era considerato reato dal codice penale sardo del
1859.
Nel 1889 con l’emanazione del codice penale Zanardelli, lo
sciopero non poteva essere più considerato reato, se non quello
violento, anche se nel tempo la giurisprudenza ha continuato ad
esercitare una funzione volta alla repressione dello sciopero, che
pur se non più penalmente rilevante era, comunque, considerato sicuramente un inadempimento contrattuale.
Con il fascismo e l’emanazione del Codice Rocco del 1930
si ritornò alla repressione dello sciopero attraverso gli articoli
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Il diritto di sciopero regolato?
5021–5082 c.p. e gli articoli 3303 e 3334 c.p. che consideravano
delitto contro la pubblica amministrazione l’interruzione di un
pubblico servizio.
Con la Carta Costituzionale lo sciopero viene affrontato nell’articolo 405 che realizza l’ipotesi dello sciopero — diritto che elimina
il profilo dell’inadempimento contrattuale, consentendo al lavoratore scioperante di rifiutare legittimamente la prestazione dovuta6.
Il diritto di sciopero, quindi, è garantito dalla Costituzione italiana e, con riferimento ai servizi di pubblica utilità (come trasporti
e sanità), è regolamentato dalla legge che stabilisce le modalità e
i tempi dello sciopero sanzionando eventuali violazioni. In alcuni
servizi di interesse pubblico lo sciopero può essere annullato di fatto
tramite la precettazione da parte delle autorità di pubblica sicurezza,
dei Trasporti o della Sanità.
1. Art. 502 c.p. – Serrata e sciopero per fini contrattuali: «Il datore di lavoro che, col
solo scopo di imporre ai suoi dipendenti modificazioni ai patti stabiliti, o di opporsi
a modificazioni di tali patti, ovvero di ottenere o impedire una diversa applicazione
dei patti o usi esistenti, sospende in tutto o in parte il lavoro nei suoi stabilimenti,
aziende o uffici, è punito con la multa non inferiore a lire due milioni . I lavoratori
addetti a stabilimenti, aziende o uffici, che, in numero di tre o più, abbandonano
collettivamente il lavoro, ovvero lo prestano in modo da turbarne la continuità o la
regolarità, col solo scopo di imporre ai datori di lavoro patti diversi da quelli stabiliti,
ovvero di opporsi a modificazioni di tali patti o, comunque, di ottenere o impedire
una diversa applicazione dei patti o usi esistenti, sono puniti con la multa fino a lire
duecentomila».
2. Art. 508 c.p. – Arbitraria invasione e occupazione di aziende agricole o industriali.
Sabotaggio: «Chiunque, col solo scopo di impedire o turbare il normale svolgimento
del lavoro, invade od occupa l’altrui azienda agricola o industriale, ovvero dispone
di altrui macchine, scorte, apparecchi o strumenti destinati alla produzione agricola
o industriale, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa non inferiore
a lire duecentomila. Soggiace alla reclusione da sei mesi a quattro anni e alla multa
non inferiore a lire un milione, qualora il fatto non costituisca un più grave reato, chi
danneggia gli edifici adibiti ad azienda agricola o industriale, ovvero un’altra delle cose
indicate nella disposizione precedente».
3. Art. 330 c.p. – Abrogato dalla legge 12 giugno 1990, n. 146.
4. Idem.
5. Art. 40 Cost.: «Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo
regolano».
6. Cassazione 10 febbraio 1971 n. 357, in MGL, 1971, 371
Prefazione
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Pertanto lo sciopero è una forma di protesta dei lavoratori che
la Costituzione riconosce come diritto. Trattandosi di un diritto né
consegue che il lavoratore che si astiene dalla prestazione lavorativa non può essere considerato inadempiente. Il riconoscimento del
diritto di sciopero conferisce al principio della libertà di organizzazione, espresso nell’articolo 39 della Costituzione, e in particolare
all’organizzazione sindacale, un potente strumento di effettività
dando allo sciopero il ruolo di strumento giuridico atto a rimuovere
la disuguaglianza sociale effettiva che caratterizza la posizione del
prestatore nei rapporti con il datore di lavoro7.
La qualificazione del diritto di sciopero come diritto pubblico di
libertà, intendendo con questo diritto il complesso delle leggi che regolano l’organizzazione e l’attività dello Stato e dei suoi enti nei rapporti tra loro stessi e con i privati, individua l’ambito di applicazione
della norma nel rapporto tra Stato e cittadino, nel senso di divieto
di emanazione di alcun provvedimento legislativo, amministrativo o
giurisdizionale che contrasti con tale diritto8.
L’aspetto più importante è che il diritto di sciopero esplica i suoi
effetti anche nei rapporti intersoggettivi privati, inibendo al datore
di lavoro la possibilità di compiere, nella gestione dei rapporti di lavoro, atti diretti a mortificare l’esercizio di tale diritto.
A seguito poi dello Statuto dei Lavoratori, assumere personale
per sostituire gli scioperanti, decurtare la paga degli scioperanti più
del salario giornaliero oppure aumentarla ai non aderenti, per ridurre le adesioni allo sciopero, sono forme di condotta antisindacale.
Le pratiche dette in precedenza sono illecite anche quando lo
sciopero è stato vietato dalla precettazione del Ministero competente. Il mancato rispetto della precettazione è un reato di interruzione
di pubblico servizio, ma non è “giusta causa“ di licenziamento.
Durante lo sciopero il rapporto di lavoro è sospeso e sono temporaneamente congelati anche gli obblighi delle parti. Sono consentite
la propaganda, le assemblee all’interno dell’azienda per illustrare e
7. P. Calamandrei, Il significato costituzionale del diritto di sciopero, in Riv.giur. lav., 1952,
I, p. 221 ss.
8. P. Calamandrei, op. cit., p. 221 ss.
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Il diritto di sciopero regolato?
dibattere i motivi dello sciopero; l’informazione e l’opera di persuasione non devono però trasformarsi in costrizioni, violando altrimenti la libertà di lavoro.
Lo sciopero può anche essere definito un diritto individuale ad
esercizio collettivo, la sua titolarità spetta ad ogni singolo lavoratore,
ma il suo esercizio si esplica collettivamente.
Il sindacato può proclamare uno sciopero ed organizzarne l’attuazione, ma la titolarità del diritto resta comunque in capo ai singoli lavoratori; la proclamazione, tutt’al più, può avere l’effetto di
rendere legittimo lo sciopero svolto dall’unico lavoratore che abbia
deciso di aderire.
La proclamazione deve tradursi in un momento collettivo, non
può essere proclamato dal singolo, ma da una pluralità di lavoratori
che non necessariamente deve essere organizzata in un vero e proprio sindacato.
In secondo luogo, la finalità dello sciopero deve consistere nella
tutela di un interesse collettivo.
In tema di finalità si sono registrati in giurisprudenza profondi
cambiamenti. Il dato di partenza è rappresentato dal divieto di sciopero sancito dal codice Rocco (art. 502 e ss. c.p.).
Con l’entrata in vigore della Costituzione, la Corte Costituzionale non ha ritenuto abrogate le norme del codice penale, ma è intervenuta attraverso sentenze interpretative.
La Corte Costituzionale (sent. n. 29/1960) dichiarò l’illegittimità
costituzionale dell’articolo 502 c.p. per contrasto con gli articoli 399
e 40 della Costituzione.
L’articolo 40, però, non era valido sia nei rapporti di diritto pubblico che nei rapporti interprivati, solo successivamente ciò fu san-
9. Art. 39 Cost.: «L’organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere
imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo
le norme di legge.È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità
giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare
contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce».
Prefazione
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cito dall’articolo 410 della legge n. 604/1966 che dichiarò nullo il licenziamento determinato dalla partecipazione ad attività sindacali
come lo sciopero. Tutela che venne ulteriormente ampliata negli
articoli 1511 e 1612 e dall’articolo 2813 dello Statuto dei lavoratori. La
titolarità dello sciopero non è un’esclusiva dei sindacati, può essere
anche di un gruppo non organizzato in sindacato. Possono scioperare i lavoratori pubblici e privati, subordinati e autonomi.
10. Art. 4., legge 604/1966: «Il licenziamento determinato da ragioni di credo politico
o fede religiosa, dell’appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacabili è nullo, indipendentemente dalla motivazione adottata».
11. Art. 15., legge 300/70 – Atti discriminatori: «È nullo qualsiasi patto od atto diretto a: a) subordinare l’occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o
non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di farne parte; b) licenziare un
lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua
affiliazione o attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero. Le
disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti a fini
di discriminazione politica o religiosa».
12. Art. 16., legge 300/70 – Trattamenti economici collettivi discriminatori: «È vietata la
concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi carattere discriminatorio a
mente dell’articolo 15. Il pretore, su domanda dei lavoratori nei cui confronti è stata attuata
la discriminazione di cui al comma precedente o delle associazioni sindacali alle quali questi
hanno dato mandato, accertati i fatti, condanna il datore di lavoro al pagamento, a favore
del Fondo adeguamento pensioni, di una somma pari all’importo dei trattamenti economici di maggior favore illegittimamente corrisposti nel periodo massimo di un anno».
13. Art. 28., legge 300/70 – Repressione della condotta antisindacale: «Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l’esercizio
della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli
organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore
del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la
violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed
immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione
degli effetti. L’efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla scadenza con cui il tribunale definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo.
Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti al tribunale che decide con sentenza
immediatamente esecutiva. Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al
primo comma, o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punito ai sensi
dell’articolo 650 del codice penale. L’autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della
sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall’articolo 36 del codice penale».
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Il diritto di sciopero regolato?
Quanto alla sua natura giuridica, una parte della dottrina ha definito lo sciopero come diritto potestativo del lavoratore. Con l’esercizio di questo diritto si costituirebbe un negozio giuridico che farebbe venir meno il diritto del datore di lavoro alla prestazione lavorativa. Secondo questa premessa il diritto di sciopero non potrebbe che
esercitarsi se non in funzione di una pretesa diretta contro il datore di lavoro. In base a questa costruzione denominata disponibilità
della pretesa lo sciopero è legittimo solo se concerne rivendicazioni
la cui soddisfazione sia nelle mani del datore di lavoro. Tale teoria
fu molto criticata perché lascerebbe fuori una vasta fenomenologia
dello sciopero (ad es. quello nei confronti della pubblica autorità,
quello di solidarietà e così via).
A nostro giudizio, lo sciopero va inquadrato come diritto assoluto della persona. Se guardiamo allo sciopero in questa prospettiva
(come diritto assoluto della persona condizionato all’esistenza di
un contratto di lavoro, ma non necessariamente inerente il datore
di lavoro) possiamo giungere ad una definizione più comprensiva,
più adeguata dello sciopero ammettendo la sua legittimità sia sotto
il profilo penale che privatistico anche dello sciopero di solidarietà
e di quello diretto ad esercitare una pressione sulla pubblica autorità per influenzare i provvedimenti che riguardano le condizioni di
lavoro (il cosiddetto “sciopero economico–politico”).
In relazione allo sciopero di solidarietà, la Corte Costituzionale, in linea di continuità con la ratio che lo sciopero è legittimo per soli fini contrattuali, con la sentenza n. 123/1962 ne ha sancito la sua legittimità.
Tale tipologia di sciopero si verifica, quando un gruppo di lavoratori si astengono dalla prestazione non per avanzare una pretesa
che influisca sul loro rapporto di lavoro, ma per solidarizzare con le
rivendicazioni di altri gruppi oppure contro la lesione degli interessi
di un singolo lavoratore. Questa ipotesi che era prevista come reato
dall’articolo 50514 c.p. è stata legittimata dalla sentenza n. 123/1962 a
14. Art. 505 c.p. – Serrata o sciopero a scopo di solidarietà o di protesta: «Il datore di lavoro
o i lavoratori, che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, commettono uno dei
fatti preveduti dall’articolo 502 soltanto per solidarietà con altri datori di lavoro o con
altri lavoratori ovvero soltanto per protesta, soggiacciono alle pene ivi stabilite».
Prefazione
13
patto che il giudice di merito accertasse una comunanza di interessi
fra i due gruppi di lavoratori (tale clausola limita la libera valutazione dell’esistenza di un interesse del gruppo sindacale).
In merito allo sciopero politico, invece, deve evidenziarsi che le
sue vicissitudini si sono diversificate in riferimento ai diversi periodi
storici. In un primo momento l’astensione dal lavoro per fini politici
fu considerata illegittima. Per questo è utile distinguere tra sciopero
politico in senso stretto cioè volto al prevalere di questa o di quella
determinata decisione politica e lo sciopero economico–politico diretto ad ottenere o contrastare interventi della pubblica autorità che
riguardano le condizioni socio–economiche dei lavoratori (quest’ultimo considerato assolutamente legittimo).
Lo sciopero politico configura un’ipotesi di reato solo in due
casi:
1) quando lo sciopero e diretto a sovvertire l’ordinamento costituzionale;
2) quando oltrepassando i limiti di una legittima forma di pressione si converta in uno strumento atto ad impedire a ostacolare
l’esercizio libero di quei diritti con cui si esprime la sovranità
popolare.
La linea di discriminazione della legittimità di uno sciopero risiede nel principio giurisprudenziale della proporzionalità tra l’astensione ed il danno recato al datore di lavoro.
Nel linguaggio sindacale esistono molte definizioni di sciopero
secondo le diverse modalità o ampiezza della platea di lavoratori in
rivendicazione o protesta. Pertanto lo sciopero è:
— generale quando riguarda tutti i lavoratori di un Paese;
— settoriale se interessa un solo settore economico o una categoria di lavoratori (metalmeccanici, chimici, ecc.);
— locale se sono interessati i lavoratori di una certa zona;
— sciopero bianco quando i lavoratori anziché astenersi dal lavoro
applicano alla lettera i regolamenti, causando disagi;
— a gatto selvaggio quando in una catena di montaggio le varie
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Il diritto di sciopero regolato?
sezioni scioperano in tempi diversi, in modo da arrestare la
produzione per il massimo tempo possibile.
Vi sono poi i cosiddetti “scioperi articolati” di cui fanno parte:
—lo sciopero a singhiozzo che è caratterizzato da interruzioni
brevi (10 minuti ogni ora). Tale modalità di sciopero spesso
è illegittima in quanto il danno derivante dallo spegnimento
e accensione degli impianti è spesso sproporzionato rispetto
all’entità temporale di astensione dal lavoro dei lavoratori;
—lo sciopero a scacchiera in cui vi è un’astensione dal lavoro
effettuata in tempi diversi da diversi gruppi di lavoratori le
cui attività siano interdipendenti nell’organizzazione del lavoro;
— lo sciopero con corteo interno indica invece uno sciopero in cui
i manifestanti, anziché organizzare picchetti agli ingressi del
luogo di lavoro, si muovono in formazione all’interno bloccando i vari reparti che attraversano.
Mentre per quanto riguarda, i picchetti, la delegazione di scioperanti che rimane agli ingressi e alle uscite dei luoghi di lavoro, non
può trattenere quanti manifestano l’intenzione di entrare nel luogo
di lavoro, oppure di uscire.
Impedire l’uscita di una persona dal luogo di lavoro configura un
reato di sequestro di persona; diverso, è porre degli ostacoli all’ingresso dei colleghi, che rimangono liberi di muoversi fuori della sede
di lavoro, in uno spazio aperto.
Fino agli anni ’80 con la sentenza n. 711/1980 la giurisprudenza
ha affermato l’illegittimità dello sciopero articolato cioè:
a) sciopero a singhiozzo (astensione dal lavoro frazionata nel
tempo in periodi brevi);
b) sciopero a scacchiera (astensione dal lavoro effettuato in tempi
diversi da differenti gruppi di lavoratori le cui attività siano interdipendenti nell’organizzazione del lavoro).
Prefazione
15
Queste tipologie erano adattate per produrre il massimo danno
per datore di lavoro e la minima perdita di retribuzione per gli scioperanti.
Il primo problema che ci si è posto di fronte a ciò ha riguardato
l’individuazione dei limiti cui l’esercizio del diritto deve soggiacere,
in quanto sia la Costituzione sia le leggi ordinarie nulla dicono in
proposito.
In questa situazione di vacatio legis un ruolo importante lo hanno
avuto la giurisprudenza e la dottrina che hanno fatto ricorso ad una
tecnica interpretativa che ha portato all’individuazione di una serie
di limiti interni, coessenziali alla nozione di sciopero.
La giurisprudenza, quindi, ha elaborato la cosiddetta “teoria del
danno ingiusto e della corrispettività dei sacrifici”, secondo cui al
danno subito dall’imprenditore corrisponde la perdita della retribuzione da parte dei lavoratori. Tale corrispettività viene meno nello
sciopero articolato. Un passo in avanti è stato compiuto dalla dottrina, quando sulla base dei principi della responsabilità aquiliana (art.
2043 c.c.15) ha stabilito che danno ingiusto sarebbe quello che lede
l’interesse del datore di lavoro alla conservazione dell’organizzazione aziendale (non certo lo svolgimento della attività produttiva).
Il criterio del danno ingiusto ha, però, lasciato dei dubbi per la
sua indeterminatezza e per il fatto che la determinazione del danno
sarebbe affidata all’arbitrio dell’interprete. Inoltre «l’entità del danno, in mancanza di una legge che le attribuisca questo effetto, non è
elemento di qualificazione dello sciopero come legittimo o meno»16.
Allo stesso modo è parso poco convincente il tentativo giurisprudenziale volto a limitare l’esercizio del diritto di sciopero mediante l’applicazione dei principi di correttezza e buona fede ex articoli 117517 e
15. Art. 2043 c.c. – Risarcimento per fatto illecito: «Qualunque fatto doloso o colposo
che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire
il danno».
16. Giugni G., op. cit.
17. Art. 1175 c.c. – Comportamento secondo correttezza: «Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza [in relazione ai principi della solidarietà corporativa]».
16
Il diritto di sciopero regolato?
137518 c.c., in quanto «essi operano nel momento dell’esecuzione del
contratto e non possono essere estesi allo sciopero, che costituisce
invece un momento di non esecuzione della prestazione e produce
la sospensione degli effetti del contratto»19. Sembrerebbe più corretto l’orientamento che considera ingiusto il danno lesivo dell’interesse del datore alla conservazione dell’organizzazione aziendale, in
quanto in capo agli scioperanti grava comunque l’obbligo di rispetto
dell’altrui sfera giuridica ex articolo 2043 20c.c.
Un cambiamento di prospettiva si è avuto con la sentenza n.
711/1980 della Corte di Cassazione, che ha definito lo sciopero come
«un’astensione collettiva dal lavoro, disposta da una pluralità di lavoratori, per il raggiungimento di un fine comune»21. La nozione si
è ampliata notevolmente includendo tutte le possibili e molteplici
forme che, di volta in volta, sono state giudicate efficaci o come le
sole idonee a far conseguire il risultato voluto22.
Tuttavia, il problema dei limiti da porre all’esercizio del diritto
perdura.
Con la sentenza n. 711/1980 si è avuto il superamento della tecnica interpretativa dei “limiti interni”, aprendo la strada alle possibilità
offerte dal ricorso alla tecnica dei cosiddetti “limiti esterni”, quelli
rinvenibili «in norme che tutelino posizioni soggettive concorrenti,
su un piano prioritario o quanto meno paritario, con quel diritto»23.
Ad esempio, partendo dal combinato disposto degli articoli 4, comma 1 e 41, comma 1, della Costituzione si è ricavata la regola secondo la quale l’esercizio del diritto di sciopero non deve causare
un danno alla produttività: «il diritto va esercitato in modo da non
pregiudicare, in una determinata ed effettiva situazione economica
18. Art. 1375 c.c. – Esecuzione di buona fede: «Il contratto deve essere eseguito secondo
buona fede».
19. Giugni G., op. cit.
20. Art. 2043 c.c. – Risarcimento per fatto illecito: «Qualunque fatto doloso o colposo
che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire
il danno».
21. Cass. N. 711/1980.
22. Ghezzi G., Romagnoli U., Il diritto sindacale, 1997, Zanichelli.
23. Cass. N. 711/1980.
Prefazione
17
generale o particolare, irreparabilmente, la produttività dell’azienda, cioè la possibilità per l’imprenditore di svolgere la sua iniziativa
economica»24. Eventuali danni alla produttività possono integrare
un’ipotesi di responsabilità extra–contrattuale ex articolo 2043 c.c.
Quando lo sciopero concerne servizi erogati dalle amministrazioni pubbliche il danno ricade sia sulla finanza pubblica che sulla
generalità dei cittadini (utenti).
Per la particolarità e la delicatezza del tema il legislatore emanò
la legge n. 146/1990 sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi
pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Prima di questa disciplina la materia era
affidata agli articoli 330 e 33325 c.p. che prevedevano i reati di abbandono collettivo ed individuale di un pubblico servizio. Una disciplina
speciale che limitava lo sciopero era stata introdotta per particolari
categorie di lavoratori in particolari settori come gli addetti agli impianti nucleari; i controllori di volo; i nucleari e per il personale della
polizia di Stato.
La legge n. 146/1990 ha quindi introdotto limiti al diritto di sciopero nei servizi essenziali per contemperare l’esercizio del diritto
di sciopero con il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. L’uso dell’espressione “diritti della persona” esclude
che possono essere considerati come limiti il diritto economico–patrimoniale. I diritti della persona sono individuabili nel diritto alla
vita, alla salute, alla libertà, alla sicurezza, alla libertà di circolazione,
all’assistenza e prevenzione sociale, all’istruzione e alla libertà di comunicazione. La legge in seguito, per definire i servizi essenziali, li
considera quelli finalizzati a garantire certi diritti costituzionalmente garantiti.
La legge n. 146/1990 però non colpiva le astensioni dei lavoratori autonomi, professionisti o piccoli imprenditori che comunque
incidono sulla funzionalità di servizi pubblici essenziali per cui a colmare questa grave lacuna fu la legge 11 aprile 2000 n. 83. L’ambito
24. Cass. N. 711/1980.
25. Art. 333 c.p., abrogato dalla legge 12 giugno 1990, n. 146.
18
Il diritto di sciopero regolato?
di applicazione della legge n. 146/1990 è così esteso a tutte le forme
di astensione dal lavoro, a prescindere dalla natura subordinata o
autonoma del lavoro. In caso di astensione (o di sciopero) dal lavoro
nei servizi pubblici essenziali la legge n. 146/1990 nel suo assetto
originario prevedeva:
a) l’obbligo di preavviso;
b) la necessaria indicazione preventiva della durata delle singole
astensioni dal lavoro;
c) il rispetto di misure dirette a consentire l’erogazione delle prestazioni indispensabili.
La legge n. 146/1990 fu poi modificata ed integrata con una previsione, per i settori disciplinati dalla legge, che i contratti collettivi
contenessero procedure di raffreddamento e di conciliazione delle
controversie da esperire prima della proclamazione dello sciopero.
Al fine di valutare l’idoneità delle misure volte ad assicurare il
contemperamento del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati, fu istituita una “Commissione di garanzia dell’attuazione della legge”, composta da nove
membri scelti, su designazione dei Presidenti della Camera e del Senato, tra esperti in materia di diritto costituzionali, del lavoro e delle
relazioni industriali, nominati dal Presidente della Repubblica.
La competenza della Commissione risultava ampia sotto il profilo
dell’attività promozionale volta al superamento del conflitto, nonché della sorveglianza in ordine al rispetto degli accordi o dei codici
di autoregolamentazione, ma nello stesso tempo risultava lacunosa
in relazione a ad alcuni aspetti.
La Commissione aveva il potere di valutare il comportamento
delle parti in conflitto. Tale potere è sottoposto a vincoli procedurali: l’apertura del procedimento può avvenire d’ufficio o su istanza delle parti che hanno trenta giorni per presentare osservazioni
e chiedere di essere sentite. Per i lavoratori che partecipano ad uno
sciopero illegittimo possono essere comminate sanzioni disciplinari
che devono essere irrogate dal datore di lavoro. Tra le sanzioni non
rientra il licenziamento. Per i sindacati che non rispettano le dispo-
Prefazione
19
sizioni previste dalla legge n. 146/1990 sono previste: la sospensione
dei permessi sindacali retribuiti, la mancata percezione dei contributi sindacali trattenuti sulla retribuzione, l’esclusione dalle trattative.
Per i datori di lavoro, se non erogano le prestazioni indispensabili
sono previste sanzioni pecuniarie.
La Commissione non aveva, però, margini di manovra nell’ipotesi in cui le parti fossero comunque inerti nel redigere accordi o codici di autoregolamentazione; in secondo luogo la condotta delle parti
che integrasse una violazione degli accordi, ovvero il rifiuto delle
parti di rispettare gli inviti e le proposte della Commissione, erano
sanzionati in maniera insufficiente, ponendo dunque seri problemi
di effettività della tutela.
Proprio per superare questi limiti il legislatore è intervenuto, per
rafforzarne il ruolo, con la legge n. 83/2000 che ne ha puntualizzato
lo svolgimento delle funzioni e l’esercizio di poteri.
Se associamo alle norme di queste leggi, quelle dei codici di autoregolamentazione, possiamo, in effetti, asserire che esiste nel nostro
ordinamento un corpo di regole scritte sullo sciopero, con le quali si
pongono dei limiti alla sua effettuazione, per meglio contemperarlo
con le esigenze della collettività.
Il Parlamento recentemente si è occupato del diritto di sciopero
delegando il Governo alla elaborazione di un provvedimento legislativo. La delega data al Governo deve uniformarsi ad alcuni principi e
criteri direttivi da valere altresì come principi ispiratori per gli accordi e codici di autoregolamentazione ovvero nelle regolamentazioni
provvisorie sui servizi minimi da garantire in caso di sciopero nei
settori o nelle attività che incidano sul diritto alla mobilità e alla libertà di circolazione, che sono i seguenti:
a) previsione della necessità di proclamazione dello sciopero da
parte di organizzazioni sindacali complessivamente dotate, a
livello di settore, di un grado di rappresentatività superiore al
cinquanta per cento. Per le organizzazioni sindacali che non
superano la soglia del cinquanta per cento, previsione dell’istituto del referendum preventivo obbligatorio tra i lavoratori dei
settori o delle aziende interessate dallo sciopero, a condizione
20
Il diritto di sciopero regolato?
che le organizzazioni sindacali che indicono il referendum siano
complessivamente dotate, a livello di settore, di un grado di rappresentatività superiore al venti per cento. In quest’ultimo caso
la legittimità dello sciopero è condizionata al voto favorevole
del trenta per cento dei lavoratori interessati dallo sciopero;
b) previsione per via contrattuale o, in assenza di accordo o contratto collettivo, nelle regolamentazioni provvisorie della dichiarazione preventiva di adesione allo sciopero stesso da parte del singolo lavoratore almeno con riferimento a servizi o
attività di particolare rilevanza;
c) previsione per via contrattuale dell’istituto dello sciopero virtuale, inteso come manifestazione di protesta con garanzia
dello svolgimento della prestazione lavorativa, che può essere reso obbligatorio per determinate categorie professionali le
quali, per le peculiarità della prestazione lavorativa e delle specifiche mansioni, determinino o possano determinare, in caso
di astensione dal lavoro, la concreta impossibilità di erogare il
servizio principale ed essenziale;
d) predisposizione di adeguate procedure per un congruo anticipo della revoca dello sciopero al fine di prevenire i pregiudizi
causati dalla diffusione della notizia dello sciopero e di una più
efficiente disciplina delle procedure di raffreddamento e conciliazione in ragione della specificità dei singoli settori oggetto
della presente delega;
e) semplificazione delle regole relative agli intervalli minimi tra
una proclamazione e la successiva anche in funzione del grado
di rappresentatività dei soggetti proclamanti, nonché di una
revisione delle regole sulla concomitanza di scioperi che incidano sullo stesso bacino di utenza;
f) disciplina del fermo dei servizi di autotrasporto con specifico
riferimento alle prestazioni essenziali da garantire e alla durata
massima della astensione;
g) attribuzione di specifiche competenze e funzioni di natura arbitrale e conciliativa, anche obbligatorie per i conflitti collettivi, alla Commissione per le relazioni di lavoro di cui al successivo articolo 3 la quale può avvalersi, a questo specifico fine e
Prefazione
21
ferma restando l’esclusione di oneri aggiuntivi per la finanza
pubblica, di strutture e personale del Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali nell’ambito delle loro competenze istituzionali.
Su questo provvedimento governativo si è svolto il dibattito che
proponiamo.
2. Un breve esame dell’evoluzione storica
Lo sciopero fu subito perseguito come un reato di cospirazione
tanto in Gran Bretagna (Combination Acts dal 1799 al 1824) quanto
in Francia26, ma non fu debellato, nonostante le dure repressioni,
che raggiunsero l’apice in Inghilterra nel 1819 con il massacro di
Peterloo27.
Gli scioperi si intensificarono e nel 1892 –1893, in Francia, si diffuse l’idea dello sciopero generale, sostenuta da A. Briand e F. Pelloutier (sindacalismo rivoluzionario28) e adottata come strumento
26. Dove la legge Le Chapelier del 1791 fu in tal senso recepita dal codice napoleonico.
27. Da Wikipedia: «Con l’espressione di “massacro di Peterloo” si indica lo scontro
tra la cavalleria e la popolazione in rivolta che si verificò a Manchester il 16 agosto 1819,
in località St. Peter Fields. Durante un comizio pacifico convocato per chiedere al Parlamento britannico la riforma elettorale, la folla di circa 60.000 persone fu dispersa con la
forza dalla cavalleria che provocò undici morti e diverse centinaia di feriti».
28. Il sindacalismo rivoluzionario — sorto in Francia verso la fine del XIX secolo dalle
teorie di G. Sorel, che lo riteneva valido strumento per l’affermazione del proletariato, per
l’abbattimento dello stato e per dare il potere economico ai lavoratori — fu successivamente proposto come strumento di lotta pacifica e legale e sviluppò una concezione della
funzione del sindacato che faceva perno sulle bourses du travail quali organismi in grado di
recepire le necessità e le aspirazioni del proletariato industriale. Questa linea fu adottata
dalla Cgt nel congresso di Amiens del 1906. Tra il 1902 e il 1908 la pratica dell’azione diretta consentì in Francia il conseguimento di considerevoli successi, ma negli anni seguenti
si rivelò un profondo sfasamento tra l’azione quotidiana diretta e la propaganda rivoluzionaria, La crisi provocata dalla Prima guerra mondiale travolse anche i sindacalisti rivoluzionari francesi, malgrado il rifiuto di molti di loro di aderire all’union sacrée nazionale
proclamata dai riformisti (1914–1918), così denominata nel dal presidente della repubblica
22
Il diritto di sciopero regolato?
di lotta dal congresso di Amiens della Cgt nel 1906. In Francia più
di trentanni di scioperi portarono, nel 1864, al riconoscimento per
legge del diritto di coalizione per il mantenimento dei livelli salariali
e nel 186729.
Mentre in Inghilterra vi fu l’abolizione della pena del carcere per
la deroga ai patti di lavoro mediante sciopero.
Negli Stati tedeschi lo sciopero dei tipografi di Lipsia (1838) e
le lotte dei tessitori della Slesia fecero adottare dal Governo, nel
1845, una “legge industriale” che sanzionò il divieto di sciopero e
di coalizione.
Tale divieto fu abolito, dopo oltre vent’anni, nel 1869 quando con
la libertà del commercio e dell’industria, venne riconosciuto anche
il diritto di sciopero.
A cavallo fra l’Ottocento e il Novecento gli scioperi si intensificarono in tutti i paesi industriali benché nessuno di essi, ad eccezione
del Canada, riconoscesse espressamente la libertà di sciopero.
Particolare significato assunse in questo contesto la ricorrenza del
1° Maggio, festa dei lavoratori proclamata nel 1890, in cui l’astensione generalizzata dal lavoro ebbe dimensione internazionale.
La constatazione che la rapida e generale introduzione delle macchine innalzava continuamente la produttività del lavoro portò alla
rivendicazione della giornata di otto ore, che fu portata avanti, nel
1844 negli Stati Uniti, nelle città di Filadelfia, New York, Baltimora e
Boston, in Inghilterra ma perfino in Australia, dove nell’aprile 1856,
a Melbourne ebbe esito positivo. Dopo di che non solo i lavoratori
australiani in sciopero per l’intero Paese portarono avanti la rivenRaymond Poincaré. Il sindacalismo rivoluzionario contò molti appoggi tra gli anarchici,
per il suo carattere antiautoritario. In Italia il sindacalismo rivoluzionario si affermò in
primo luogo all’interno del Psi grazie a Arturo Labriola ed Enrico Leone. L’influenza dei
sindacalisti rivoluzionari si affermò al congresso di Bologna, ma cominciò a declinare con
le elezioni che seguirono lo sciopero generale del 1904. Dopo aver promosso con Alceste
De Ambris il grande sciopero di Parma del 1908 fondarono, nel 1912, l’Unione sindacale
italiana (Usi). Nel dibattito del 1914 –1915 sulle scelte di intervento o neutralità, la frazione
interventista fu battuta dal neutralismo antimilitarista dell’anarchico Armando Borghi e i
suoi aderenti fondarono l’Unione italiana del lavoro.
29. Master and Servant Act.
Prefazione
23
dicazione dei “tre otto”: “8 ore di lavoro — 8 ore di ricreazione — 8
ore di riposo”, ma essa si diffuse dappertutto.
Nel 1866, si formava la National Labor Union, che è il primo tentativo postbellico di costituire una centrale sindacale nazionale e il
primo veicolo per la diffusione in tutto il Paese della rivendicazione
delle otto ore.
Poco dopo la Prima Internazionale riunita in congresso a Ginevra
si esprimeva nello stesso modo.
Nell’agosto del 1891 il II congresso dell’Internazionale, riunito a
Bruxelles, decise di rendere permanente la ricorrenza del 1° Maggio
designata come la «festa dei lavoratori di tutti i Paesi, nella quale i
lavoratori dovevano manifestare la comunanza delle loro rivendicazioni e della loro solidarietà».
Nell’aprile del 1891, a Milano, viene organizzato un comizio
internazionale per i diritti dei lavoratori con il fine di aderire alla
partecipazione del 1° maggio. Il 1° maggio è, però oggetto di
una violenta repressione poliziesca, si registrano gravi incidenti a
Roma, centinaia sono gli arrestati e i processati, due i morti e un
centinaio i feriti.
La polizia interviene anche a Firenze, Milano, Bologna, Sampierdarena, Ravenna. Intanto in America una piccola confederazione
sindacale nata nel 1881, la Federation of Organized Trade and Labor Unions (FOTLU), si fece promotrice di un movimento nazionale
tendente a imporre le otto ore al padronato statunitense e propose a
tutte le forse operaie di unirsi per far sì che le otto ore costituissero
“la giornata lavorativa a partire dal primo maggio 1886”.
Per questa data fu convocato uno sciopero generale operaio in
tutte le maggiori città statunitensi e quasi quattrocentomila lavoratori scioperarono in tutto il Paese, la maggior parte dei quali a
Chicago, dove fra sindacalisti, socialisti, anarchici e aderenti al movimento riformatore dei Knights of Labor30 si contarono 80 mila dimostranti.
30. Cavalieri del Lavoro si proponeva di cooperare alla emancipazione dei lavoratori dal servaggio e dalla miseria della schiavitù salariata.. Perseguiva obiettivi come la
riduzione del lavoro a otto ore giornaliere, retribuzioni più eque, la regolamentazione
24
Il diritto di sciopero regolato?
La manifestazione di Chicago assunse una tensione particolare
e gli avvenimenti che si succedettero dettero una svolta decisiva al
movimento operaio mondiale: il 3 maggio, davanti alla fabbrica McCormick, la polizia uccise alcuni scioperanti; il giorno dopo, durante
un comizio di protesta per i morti operai, fu lanciata una bomba tra
i poliziotti che si preparavano a caricare i dimostranti. Otto anarchici
furono arrestati come responsabili del lancio della bomba e al termine del processo, sette di loro furono condannati a morte.
L’11 novembre 1887 George Engel, Adolph Fischer, Albert Parsons e August Spies furono impiccati; Louis Lingg si uccise (o fu
ucciso) prima dell’esecuzione; Samuel Fielden, Oscar Neebe e Michael Schwab furono risparmiati grazie alla commutazione della
condanna in lunghi anni di prigionia. Uno dei condannati (Spies) in
seguito ai fatti di Chicago, così si rivolse al giudice: «Qui calpesterete
una scintilla, ma là e là, dietro e di fronte a voi, dovunque le fiamme
divamperanno. È un fuoco sotterraneo, non potrete spegnerlo». E
così è stato.
Sei anni dopo, nel 1893, il John P. Altgeld, governatore dell’Illinois, riconobbe l’innocenza dei condannati, liberando Neebe, Fielden e Schwab.
Il 1° maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei “moti per il
pane“31, che investono tutta Italia e si contano 3 morti a Minervino,
mentre nelle manifestazioni a Firenze e a Sesto Fiorentino, la polizia
spara sui lavoratori in fuga provocando 5 morti e 10 feriti; a Milano i
militari, comandati dal generale Bava Beccaris, reprimono la rivolta
sparando sui manifestanti con fucili e cannoni.
dei monopoli e dei trust, l’abolizione del lavoro minorile. Contrario allo sciopero come
mezzo di lotta operaia, non poté evitare di ricorrervi. Scomparve definitivamente nel
1917.
31. La carestia provoca il notevole aumento del prezzo del grano e, conseguentemente, di quello del pane, a cui si aggiunge la diminuzione dei salari dei lavoratori, sui quali è
stato fatto ricadere in gran parte il peso della grave crisi economica che travaglia la nazione. Nella Milano del ’98 un operaio guadagnava 18 centesimi all’ora e per acquistare un
chilo di pane ne occorrevano 40. Era quindi ovvio il diffuso malcontento popolare che,
pilotato dalle Sinistre per la prima volta alleate, sfocerà nell’imponente manifestazione
di protesta del 6 maggio.
Prefazione
25
Il processo di industrializzazione fu accompagnato in Italia da lotte operaie che nonostante il codice penale sardo, sfociarono negli
scioperi agricoli della valle padana nel 1884, degli edili nel 1887 e operai del 1888; dei metallurgici nel 1891 e nelle azioni del movimento
anarchico e socialista dei Fasci siciliani nel periodo 1889–1894.
Nel periodo della legislazione del codice penale sardo lo sciopero veniva punito quale reato, la penalizzazione dello sciopero continua fino al 1889, quando il successivo codice Zanardelli del 1889
non punisce più lo sciopero, ma solo l’eventuale comportamento
violento o minaccioso diretto verso un lavoratore, per costringerlo
ad astenersi dal lavoro, ma comunque lo sciopero era sanzionabile
sul piano disciplinare. Dai dati dell’epoca risulta che con il codice
Zanardelli gli scioperi siano aumentati: lo sciopero dunque viene
considerato quale reato solo se messo in atto con violenza o minaccia.
La giurisprudenza interpreta in termine penalizzante il concetto
di violenza o minaccia. Il codice Zanardelli prevede che lo sciopero
comporti il rischio di licenziamento dovuto ad inadempimento contrattuale, i giudici del periodo del codice Zanardelli seguono un tipo
di interpretazione sulla scia del codice Sardo.
La dinamica degli scioperi si intensificò con le lotte dei bracciantili del 1902–1904, culminando nello sciopero generale del 1904.
Nel settembre del 1904, durante una rivolta operaia, scoppiata
per reclamare migliori condizioni lavorative e salari più alti, i socialisti rivoluzionari per manifestare contro l’uccisione di quattro minatori sardi, avvenuta il 4 settembre 1904 nelle miniere di Buggerru da
parte delle truppe inviate da Giolitti invitarono i lavoratori italiani a
sperimentare per la prima volta il sistema di lotta sociale propugnato
in Francia da Georges Eugène Sorel: lo sciopero generale.
Per quattro giorni consecutivi ogni attività del Paese rimane paralizzata, i giornali non escono, le fabbriche si fermano, i servizi
pubblici non funzionano e a Venezia perfino i gondolieri incrociano le braccia.
Ebbero luogo gli scioperi di Torino del 1917, che vennero messi
a tacere anche per l’atteggiamento collaborazionista della maggioranza dei sindacati.
26
Il diritto di sciopero regolato?
La festa del 1° maggio nel 1920 è turbata in Italia da violenze.
Due bombe contro le guardie a Torino: un agente ucciso, uno moribondo, due cittadini morti e 40 feriti. Con l’avvento del fascismo
la festa venne soppressa ufficialmente e sostituita da un’altra festa
del lavoro, da celebrare il 21 aprile, giorno del cosiddetto “Natale di
Roma”.
Il 1° maggio assume una connotazione “sovversiva”, divenendo
occasione per esprimere, in forme diverse dal garofano rosso all’occhiello, alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alle bevute
in osteria l’opposizione al regime. Gli irriducibili ripristinarono però
clandestinamente i riti tradizionali del movimento operaio.
Alla fine della guerra la spinta rivoluzionaria proveniente sia dalle
tensioni accumulate sia dalla rivoluzione d’ottobre esplose in una
ripresa acutissima della conflittualità sociale: in Gran Bretagna la frequenza degli scioperi fu rilevante fino al 1924 e toccò il suo punto
più alto nello sciopero generale del 1926, il Great Strike, di solidarietà
con i minatori, fronteggiato e contenuto con abilità dal governo, che
ne uscì vincitore.
Due anni più tardi poté così essere approvato il Trade Disputes
Act che vietava gli scioperi di solidarietà, abolito solo nel 1945 dal
Governo laburista.
Gli scioperi di stampo politico del primo biennio postbellico lasciarono il posto a una fitta conflittualità negli anni venti e, ancor più,
dopo la crisi del 1929. In Italia dal 1925 e in Germania dopo il 1933 lo
sciopero fu messo fuori legge durante il fascismo, mentre in Francia
l’avvento del Fronte popolare (1936) fu sostenuto e accompagnato da
una grande mobilitazione operaia che portò anche al riconoscimento
della contrattazione collettiva (accordi di Palazzo Matignon). Negli
Stati Uniti il New Deal incentivò le rivendicazioni collettive.
Dopo la Seconda guerra mondiale lo sciopero assunse, nelle società industriali avanzate, due forme: le agitazioni promosse dalle
organizzazioni sindacali riconosciute su temi contrattuali, occupazionali, dei diritti del lavoratore; e quelle nascenti da esigenze di
gruppi più o meno estesi sul posto di lavoro.
Tra gli scioperi organizzati dai sindacati assunsero maggiore
peso, nel quadro di una funzione sostanzialmente riconosciuta,
Prefazione
27
quelli indirizzati ai poteri pubblici perché intervenissero con decisioni favorevoli ai lavoratori e quelli dimostrativi o simbolici: così
gli scioperi promossi, soprattutto nel periodo più acuto della guerra fredda (1947–1960) in Italia e in Francia, dalle organizzazioni di
ispirazione socialcomunista, che unirono rivendicazioni politiche a
quelle di stampo economico–normativo. A ciò corrispondeva però
l’atteggiamento tenuto dai sindacati per frenare le rivendicazioni dei
lavoratori al fine di sostenere un governo amico (come avvenne nei
confronti del governo laburista in Inghilterra tra il 1945 e il 1951).
Una frattura di notevole rilevanza fu costituita dal ciclo di lotte
1968–1974 che toccò, pur in misura differente, tutti i paesi industrializzati e che fece emergere necessità e richieste di componenti spesso neglette dalle politiche sia dei sindacati sia delle organizzazioni
politiche e delle istituzioni. Quell’ondata di scioperi mise in luce esigenze di nuovi rapporti di rappresentanza e di democrazia in fabbrica. Negli stessi anni emersero, accanto ai tradizionali protagonisti
operai, anche nuovi soggetti del conflitto di lavoro: gli addetti del
terziario e soprattutto della pubblica amministrazione e dei servizi.
Ciò complicò il quadro degli scioperi nelle società industriali avanzate, in quanto si verificò una terziarizzazione del conflitto anche nel
senso che gli addetti al terziario chiamavano in causa, come destinatari del danno dello sciopero, non i detentori del potere (economico
o politico), ma gli utenti dei pubblici servizi. Questa nuova realtà
apriva complessi e delicati problemi in merito alla regolamentazione
e alla gestione dello sciopero nei paesi industriali avanzati.
3. L’esercizio di sciopero nei Paesi dell’Unione Europea
Questa panoramica serve a mostrare il diverso modo di concepire
e regolamentare lo sciopero (per alcuni Paesi si parla di “libertà”,
mentre per altri di “diritto”), da cui emerge, inoltre, che per gli altri
Paesi europei la fonte principale è costituita dalle norme costituzionali e della giurisprudenza.
In Italia fra le varie libertà collettive garantite dalla Costituzione,
si annoverano in particolare la libertà e il pluralismo sindacale (art.
28
Il diritto di sciopero regolato?
39, comma 1) e la libertà di conflitto elevata a rango di diritto. In assenza di una legge ordinaria, le sentenze della Corte Costituzionale
e della giurisprudenza ordinaria, hanno svolto un ruolo sussidiario,
dichiarando la legittimità di scioperi attuati per fini contrattuali e
per fini non contrattuali, riconoscendo anche la legittimità del cosiddetto “sciopero di solidarietà” (sentenza 123/62).
Nei servizi pubblici essenziali, la legge 146 prima, e la 83/2000
dopo, sono intervenute in materia o richiedono per poter proclamare lo sciopero almeno un preavviso minimo di 10 giorni. Lo sciopero
deve avere come scopo la protezione degli interessi collettivi dei partecipanti. Tra i motivi (pronuncia del 1979 della Suprema Corte) vi è
anche quello della “difesa degli interessi di altri lavoratori” (da cui la
legittimità degli scioperi secondari).
In Francia, la Costituzione dice: «Il diritto di sciopero è esercitato nel rispetto delle leggi che lo regolano» quindi è un diritto costituzionalmente protetto e riguarda non solo i dipendenti del settore
privato, ma anche gli impiegati pubblici. Ad eccezione del settore
pubblico, i cui scioperi sono regolati, lo sciopero non è soggetto ad alcun periodo di preavviso. La legge prevede una volontaria
procedura di conciliazione per i conflitti industriali ed i lavoratori
non sono obbligati ad attendere l’esito della stessa per poter scioperare. I lavoratori sono liberi di scegliere la durata di esercizio
dello sciopero, il cui diritto appartiene ad ogni singolo individuo,
ma può essere esercitato collettivamente e siccome i sindacati non
posseggono il monopolio sulle azioni di sciopero, anche un piccolo gruppo di lavoratori di un’impresa, può legalmente scioperare.
Lo sciopero deve avere fini occupazionali o professionali, quindi lo
sciopero politico e lo sciopero di solidarietà possono essere sanzionati, in particolare lo sciopero politico costituisce abuso del diritto
poiché diretto contro lo Stato. Ciò non significa che tutti gli scioperi diretti contro lo Stato costituiscano un abuso, infatti, gli scioperi
contro una politica sociale ed economica che influenza i salari e le
condizioni di lavoro, oggi sono giustificati, ma non nel passato. Il
Codice del lavoro, non prevede la rottura del contratto individuale
di lavoro per colui che partecipi ad un’azione di lotta, eccetto nei
casi di grandi offese. Il contratto viene unicamente sospeso per
Prefazione
29
tutta la durata dello sciopero. Per la soluzione dei conflitti il sistema francese attribuisce ai Tribunali del Lavoro (Conseil des Prud’
hommes) il compito di esaminare quei “conflitti di lavoro individuali” che abbiano ad oggetto contratti individuali di lavoro. In tale
ambito, sono di competenza dei Tribunali del Lavoro, i conflitti di
diritti, mentre i conflitti di interessi, avendo basi essenzialmente
economiche, non appartengono alla loro competenza. L’attuale
sistema di soluzione dei conflitti aventi interesse collettivo, prevede procedure di arbitrato volontario e di conciliazione. Esistono
commissioni di conciliazione a livello nazionale, regionale e dipartimentali. L’“arbitrato” è volontario. Nel caso di fallimento della
procedura di conciliazione, le parti possono attivare l’arbitrato. La
decisione dell’arbitro può essere appellata alla Suprema Corte di
Arbitrato.
Nei servizi pubblici essenziali anche in Francia sono state introdotte diverse leggi ordinarie32 che pongono delle limitazioni nei
confronti di coloro che svolgono attività pubbliche e che quindi
coinvolgono diritti dell’utenza. Poiché in Francia esiste una legge
ordinaria sulla rappresentatività possono essere le Organizzazioni
sindacali aventi il diritto di proclamare sciopero, in quanto maggiormente rappresentative sul piano nazionale, e Organizzazioni
prive di tale diritto.
In Belgio dal 1921, è stata abolita la norma del Codice Penale
che prevedeva l’illegalità degli scioperi e quindi in Belgio, esisteva
la completa libertà di sciopero, salvo la previsione di una procedura
con la quale vengono garantiti i servizi essenziali. Poi nel dicembre
1981, la Suprema Corte sostenne che lo sciopero sospende il contratto di lavoro con tutte le conseguenze negative a ciò connesse.
Nel 1991, il Belgio ratificò la Carta Sociale Europea che, all’articolo 6, comma 4, riconosceva il diritto di sciopero e di serrata; per
cui possiamo dire che, in Belgio, lo sciopero è divenuto un vero
e proprio diritto solo nel 1991. Ciò comunque non significa che
32. Legge 63/777 del 1963 «relative à containes modalites de la greve dans les services publics».
30
Il diritto di sciopero regolato?
l’ordinamento belga abbia accolto l’esercizio di qualunque forma
di sciopero. Sono, infatti, ritenuti illegali lo sciopero bianco, altre
forme di azione di lotta passiva, e lo sciopero politico ed infine il
Tribunale del Lavoro vieta lo sciopero selvaggio. Tutte le altre forme di lotta sono legali, inclusi gli scioperi di solidarietà.
Nell’ordinamento belga non vi è una esplicita definizione legislativa del diritto di sciopero, tuttavia l’esistenza di tale diritto è stata
riconosciuta dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, almeno
come causa sospensiva del rapporto di lavoro. Implicita nel principio di libertà di sciopero, è la necessità che vengano assicurate le
prestazioni di servizi pubblici essenziali, poiché il diritto di sciopero
deve essere bilanciato con gli altri legittimi diritti ed interessi della
società. I lavoratori che partecipano ad uno sciopero, non possono
reclamare alcuna remunerazione.
Nei servizi pubblici essenziali la fonte del diritto di sciopero è, in
Belgio, la giurisprudenza, poiché non esiste una legge ordinaria che
disciplina tale istituto. Le limitazioni soggettive, sono contenute nel
Regio Decreto del 1937 (in cui è stabilito il divieto per gli agenti delle
Amministrazioni Centrali dello Stato, di esercizio del diritto di sciopero). Soglie minime di servizio sono previste, in caso di sciopero,
per tutti i servizi pubblici essenziali, sia pubblici che privati.
Per la prevenzione e soluzione dei conflitti industriali in Belgio,
la procedura principalmente utilizzata è la conciliazione, le cui regole
sono indicate nei contratti collettivi e in cui svolgono un ruolo importante sia il comitato sindacale che i comitati uniti, i cui membri,
in caso di vertenza individuale, di diritto assistono il lavoratore che
promuove la vertenza. Esistono 3 livelli di conciliazione: locale, regionale e nazionale. Lo scopo della procedura di conciliazione, è
fare in modo che le parti giungano ad un accordo; la procedura di
conciliazione può chiudersi sia con un accordo tra le parti sociali,
che viene considerato allo stesso modo di un contratto collettivo o
con la mancanza di un accordo, nel qual caso le parti hanno piena libertà di esercitare l’azione di lotta. In Belgio, non esiste l’arbitrato.
In Germania non vi è una specifica regolamentazione legislazione del diritto di sciopero che, non essendo espressamente vietato
da alcuna norma, viene ammesso come libertà e trae origine dal
Prefazione
31
principio costituzionale della libertà di associazione. Uno sciopero
è definito come una “sospensione dal lavoro decisa ed esercitata collettivamente” da un considerevole numero di lavoratori di un’industria
o di un impianto, con lo scopo di risolvere una vertenza lavorativa.
Lo sciopero non determina la cessazione del contratto di lavoro e
sospende l’obbligo di prestare il servizio e la corresponsione della
retribuzione.
Il diritto di sciopero è limitato dalle regole presenti nei contratti
collettivi, in particolare dalla regola contrattuale che prevede il dovere di pace sindacale. Lo sciopero è illegale se abbia avuto inizio
prima dell’esperimento di tutte le possibilità di negoziazione pacifica e prima dell’eventuale procedimento di mediazione e conciliazione. Tuttavia l’effettuazione di scioperi corti (2 o 3 ore) mentre
è in corso una contrattazione e nel caso in cui lo sciopero voglia
influenzare la stessa contrattazione, non è ritenuta illegale.
Lo sciopero ed il suo esercizio, vedono sempre la responsabilità
del sindacato di riferimento e siccome la Germania utilizza lo strumento del referendum. Quindi, le regole procedurali riguardanti
la proclamazione dello sciopero prevedono che la proposta di sciopero venga sottoposta a Referendum tra i lavoratori occupati negli stabilimenti interessati dallo sciopero e qualora essa ottenga il
consenso della maggioranza qualificata, pari al 75% dei lavoratori,
lo sciopero può essere proclamato. Gli “scioperi selvaggi”, effettuati
senza il supporto o l’approvazione delle organizzazioni sindacali e
senza una precedente votazione, sono illegali, a meno che, nel corso dell’astensione dal lavoro, il sindacato ne dia l’approvazione. La
Corte Federale del Lavoro, per valutare la legalità di uno sciopero,
stabilì il “principio dell’adeguatezza sociale”, che faceva riferimento
a ciò che è generalmente accettato dalla società come legale. In
realtà questo criterio si manifestò insufficiente per definire la legittimità di uno sciopero e quindi, la Corte Federale del Lavoro nel
1971, applicò “principio di proporzionalità” da cui ha desunto specifici requisiti dello sciopero:
— lo sciopero deve essere visto come ultima risorsa (il cosiddetto
“principio dell’ultima ratio”);
32
Il diritto di sciopero regolato?
— lo sciopero deve essere preceduto da una votazione segreta.
Nei servizi pubblici essenziali, in Germania, non esiste una legge
sullo sciopero. I limiti alla libertà di sciopero, vengono stabiliti dalla
giurisprudenza ed in via di autoregolamentazione, dagli accordi e
dagli Statuti sindacali. I limiti posti dalla giurisprudenza sono stati
individuati:
—nella esclusione di proclamazione;
—nei limiti relativi alla finalità dello sciopero stesso: liceità dello sciopero diretto esclusivamente al miglioramento delle
condizioni dei lavoratori e dunque solo per il rinnovo o la
stipula di contratti collettivi, restando in tal modo esclusa
qualsiasi finalità di natura politica;
— nel rispetto del cosiddetto “obbligo di pace”, cioè la possibilità
di scioperare solo allorché sia venuta meno la validità del contratto;
—nel divieto di porre in essere scioperi diretti a comprimere
l’altrui libertà di associazione sindacale e la cosiddetta “libertà negativa”.
Il “principio di proporzionalità” è utilizzato, quando lo sciopero
coinvolge servizi essenziali per cui l’interesse dell’intera popolazione, non deve essere compromesso. Esistono diritti quali quello alla
salute, alla sicurezza, alla vita delle persone, che hanno la priorità sul
diritto di sciopero. Le prestazioni essenziali da assicurare in caso di
sciopero devono essere definite dal datore, insieme ai sindacati.
In Gran Bretagna lo sciopero, e soprattutto gli scioperanti, sono
garantiti grazie all’istituto delle “immunità”, in mancanza delle quali
i lavoratori partecipanti dovrebbero rispondere in termini di responsabilità civile dell’interruzione dal lavoro. Comunque, lo sciopero
non è legalmente garantito come “diritto”, poiché, nella legislazione
inglese, non esiste una definizione giuridica di “sciopero”. In base
al Trade Union & Labour Relation Act del 1992, una controversia di
lavoro che conferisce immunità ai lavoratori (nel senso di non essere citati per danni), è una vertenza tra lavoratori e loro datori. Tale
Prefazione
33
vertenza deve essere significativamente correlata a specifici problemi inerenti al posto di lavoro e vedere come parti: i lavoratori ed il
loro datore. È inoltre prevista una votazione “segreta ed effettuata
in modo corretto” e l’approvazione di una maggioranza dei votanti
come requisito fondamentale per effettuare uno sciopero. Successivamente33 per la votazione è necessario che:
— la votazione avvenga per posta; se sono coinvolti il 50% o più
dei lavoratori, l’organizzazione coinvolta nomini uno scrutatore indipendente per supervisionare la votazione;
— il datore di lavoro venga informato della votazione per iscritto
e nei 7 giorni precedenti la stessa;
— al datore sia comunicato l’esito della votazione e riceva entro
7 giorni la comunicazione dello sciopero;
— la notizia provenga dalle categorie dei lavoratori coinvolti.
Nel caso in cui gli scioperi siano effettuati senza l’osservanza
delle suddette procedure, ed al fine di non incorrere nel rischio di
una citazione per danni, o l’organizzazione rifiuta di effettuare (revoca) lo sciopero comunicandolo ai lavoratori aderenti, oppure organizza una votazione per regolarizzare la situazione. Se un datore
crede che si stia procedendo ad uno sciopero illegale o effettuato
in mancanza di una preventiva votazione, può citare in giudizio
gli esecutori dello sciopero. Una via parallela, è quella di ottenere
dal tribunale una ingiunzione per intimare ai partecipanti di desistere dallo sciopero in corso o di non effettuarlo qualora non sia
ancora iniziato. Se tale ingiunzione non dovesse essere rispettata,
gli scioperanti — disobbedienti alla Corte — corrono il rischio di
eventuali pesanti sanzioni, come il sequestro di beni ed, eventualmente, il carcere.
Nel settore pubblico, in Gran Bretagna, non esistono norme che
limitino il diritto di sciopero, che è interdetto agli agenti di polizia
33. Trade Union Reform & Employment Rights Act del 1993, modificato dall’Employment
Relations Act del 1999.
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Il diritto di sciopero regolato?
ed ai militari di terra, aria e mare. Per alcuni settori esistono delle limitazioni che riguardano essenzialmente la categoria civile dei
marittimi, i dipendenti dei servizi postali, i dipendenti del servizio
telecomunicazioni.
In Spagna, lo sciopero è divenuto diritto nel 1978, dopo la caduta
del regime franchista. Nella Carta Costituzionale spagnola, all’articolo 28, si parla, infatti, di «diritto di sciopero» ed il «limite nell’esercizio di tale strumento» consiste nel garantire «la salvaguardia dei
diritti e degli interessi degli utenti, tramite il “mantenimento dei servizi fondamentali per la comunità”».
Nei servizi pubblici essenziali, la Spagna, con il Real Decreto–Ley
del 4.03.1977, n. 17, si è dotata di una fonte di regolamentazione
del diritto di sciopero. Vengono definiti i soggetti legittimati a proclamare lo sciopero e cioè i lavoratori, attraverso le loro rappresentanze e sulla base di un preventivo procedimento di consultazione;
direttamente dagli stessi lavoratori, dopo una preventiva consultazione. Inoltre, nei 5 giorni che precedono l’effettuazione dello sciopero, deve essere data comunicazione scritta al datore di lavoro e nei
10 giorni, che precedono l’effettuazione dello sciopero, avviene la
comunicazione agli utenti. Il Governo spagnolo, tramite un proprio
provvedimento, procede alla definizione dei minimi di servizio da
garantire. Tale provvedimento può essere impugnato con ricorso,
davanti al giudice amministrativo (l’impugnazione non sospende
l’esecutività del provvedimento) e per coloro che non ottemperino
al provvedimento dell’Autorità amministrativa o al provvedimento
governativo, di prestare il servizio essenziale per il quale si è stati
comandati, è previsto il licenziamento per giusta causa.